L`omaggio a Teseo Tesei di Monsieur

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L`omaggio a Teseo Tesei di Monsieur
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Il vero cavaliere
DAL LIBRO «EUGENIO WOLK» DI BRUNA POMPEI (RITTER)
Negli anni 30 sulla foce del fiume toscano si plasmò un profondo
cameratismo tra assaltatori subacquei sempre pronti al sacrificio
supremo. Un solo credo: la Patria. Scrissero alcune delle pagine più
gloriose della Marina, rispettando un codice etico oggi disonorato,
ma che non cadrà mai nell’oblio grazie alle gesta di Teseo Tesei
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LO SPIRITO EROICO
DEL SERCHIO
DI ALESSANDRO BOTRÉ
SOPRA, UN GAMMA (GUASTATORE) ESCE DA UN SOMMERGIBILE TASCABILE CA (LIVORNO, 1944). L’EQUIPAGGIAMENTO ERA ALL’AVANGUARDIA: LA TUTA SUBACQUEA BELLONI IN
STOFFA GOMMATA E L’AUTORESPIRATORE A CIRCUITO CHIUSO ARO PIRELLI MODELLO G50. A FIANCO, LA CASA COLONICA DI BOCCA DI SERCHIO, CHE OSPITÒ GLI ASSALTATORI
SUBACQUEI DEI MEZZI D’ASSALTO DELLA REGIA MARINA. PER LE IMMAGINI E I DOCUMENTI SI RINGRAZIA L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARDITI INCURSORI MARINA (WWW.ANAIM.IT).
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AVEVA L’ANIMO DEL
È
UNA VERGOGNA. Una testimonianza, ulteriore,
di come l’Italia abbia serie difficoltà a progettare il proprio futuro se non riesce neppure a
tutelare le proprie radici. Questa è una storia
che deve obbligare tutti a una riflessione profonda sul
significato dell’essere italiani. C’è una casa alla foce
del Serchio, tra Viareggio e Marina di Pisa, che cade in
rovina. Odora di eroi e gesta condannati all’oblio dalla pochezza quotidiana. Qui si stabilì dal 1936 al 1943 il nucleo
segretissimo di assaltatori subacquei della Prima flottiglia
Mas (dal 1941 denominata Decima flottiglia Mas). Il reparto italiano che fece disperare gli inglesi che non riuscivano a
capire come fosse articolato, dove si addestrasse, come fosse
giunto a elaborare tattiche e tecnologie belliche tanto irrazionali quanto geniali. Ma soprattutto efficaci. In questo casolare i primi incursori della Regia Marina, simili agli Uomini gamma, si preparavano per le azioni contro le navi inglesi (non contro gli equipaggi), dove il nemico si sentiva invulnerabile, cioè
nei porti. Si sottoponevano a esercitazioni subacquee notturne
al limite della resistenza fisica, impratichendosi di armi segrete quali il siluro a lenta corsa (Slc), passato alla storia col simpatico appellativo di maiale. Fu Teseo Tesei (Maggiore del Genio navale della Regia Marina, con brevetto di palombaro, un elbano di Marina di Campo, fiorentino d’adozione) a battezzar-
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GUERRIERO FILOSOFO
lo così. Un giorno, al rientro da un’esercitazione, riferendosi al grugnito prodotto da un vortice d’acqua sotto la testa esclamò: «Ma
lega un po’sto maiale!». Ne aveva tutto il diritto: era la sua creatura, concepita e realizzata in pochi mesi assieme all’amico Elios
Toschi, compagno all’Accademia navale, fratello d’armi, e a un
pugno di infaticabili meccanici. Un siluro spinto da motore elettrico, modificato per esser cavalcato e timonato da due uomini. La prua, staccabile, celava 300 chili di tritolo. Solo così si poteva condurre un attacco subacqueo. Facile, a dirsi.
Gli operatori, immergendosi fino a 30 metri, utilizzavano primitivi autorespiratori a ossigeno, a ciclo chiuso, fabbricati dalla Pirelli e modificati per consentirne l’utilizzo dai 20 minuti originari
fino a poco più di tre ore. Piccolo particolare: era un gas tossico se
respirato oltre gli otto metri sotto il livello dell’acqua... Ancora. Unico riparo dal gelo delle profondità marine erano le maglie di lana e
le tute di stoffa gommata che però facevano acqua dopo pochi minuti e si raggrinzivano, piagando la pelle. Solo gli assidui allenamenti
preparavano le menti a controllarne gli effetti, come racconta Toschi
«a resistere, controllare fino all’estremo le nostre reazioni coscienti e anche quelle incoscienti del terrore, dell’affanno che prende l’uomo prossimo a svenire sott’acqua», a vincere l’orrore dell’oscurità, navigando solo con bussole fosforescenti al radiomir e cronometri, strumentazioni della ditta Panerai. I fisici erano portati all’estremo: tutti soffrivano di reumatismi per le notti trascorse fradici d’umidità, le gole arse per l’ossigeno.
SOPRA, TESEO TESEI (1909-1941); AL CENTRO, IL REGISTRO DELLE SUE IMMERSIONI E IL PASSAPORTO; IN ALTO, LA RAPPRESENTAZIONE DEL FORZAMENTO DEL PORTO DI ALESSANDRIA
D’EGITTO CON TRE SLC TRASPORTATI DAL SOMMERGIBILE SCIRÈ CHE DANNEGGIÒ GRAVEMENTE LE CORAZZATE VALIANT E QUEEN ELIZABETH E UNA PETROLIERA (DICEMBRE 1941).
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ACCADEMIA NAVALE, 1928: TESEI DIMOSTRÒ AGLI AMICI CHE LA VOLONTÀ TRIONFA SULLO SPIRITO DI CONSERVAZIONE. IN UN GIORNO DI FORTISSIMO LIBECCIO SI ARRAMPICÒ
SPAVALDAMENTE SULL’ALBERO DI TRINCHETTO DEL BRIGANTINO DA ESERCITAZIONE, METTENDOSI IN PIEDI SULLA «FORMAGGETTA» E SPALANCANDO LE BRACCIA CONTROVENTO.
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MODIFICAVANO I MAIALI IN
U
n giorno il capitano medico Falcomatà, dopo aver costretto questi uomini a sottoporsi a radiografie toraciche, trovò delle «cavernuccie» nei polmoni. Voleva che sospendessero gli allenamenti per curarsi. Tesei sentenziò: «Il nostro Esculapio, il nostro “paglietta”... però non ci sa dire chi dovrebbe allenarsi al nostro posto
e come riparare le cavernuccie». Qui sul fiume Serchio si plasmò un sentire comune, una profonda forma di cameratismo tra uomini che lottavano pronti al sacrificio supremo. Per la patria. Quel codice etico fu chiamato lo Spirito del Serchio. La cosa straordinaria è che questi audaci mettevano a punto gli avveniristici e letali Slc all’interno del casolare (che oggi
casca a pezzi), mentre a pochi metri una contadina badava all’aia, al porcile e ai bambini mentre i cani scorrazzavano e i pescatori di un vicino villaggio, sospesi tra l’ignaro e l’accondiscendente, riparavano pacificamente
le loro reti, misteriosamente squarciate durante la notte. Chissà come mai.
I nostri scrissero pagine di puro eroismo, per l’Italia che amavano sopra
ogni cosa.Teseo Tesei era il primo fra loro. Per inventiva, audacia, vivacità spirituale. Lui che a 15 anni era entrato nell’Accademia di Livorno, che aveva
studiato con profitto ingegneria navale a Napoli e che aveva anticipato, di circa 30 anni, l’impresa del Nautilus ideando una strategia per attraversare la calotta polare. Tesei era così. Andava in azione con il tricolore piegato e sistemato in una tasca cucita appositamente sul petto: in caso di morte (questo il
messaggio) che gli inglesi sappiano chi sono gli italiani. Il vecchio casino di
caccia di Bocca di Serchio ha ottenuto solo nel 2008 la tutela dal ministero
per i Beni e le attività culturali, è sottoposto a un vincolo storico-artistico che
rende difficoltoso qualsiasi intervento per contrastare gli effetti del tempo e
delle intemperie. Il tetto rischia di crollare da un momento all’altro.Tutto ciò
nel disinteresse dell’amministrazione e del Paese intero che, a prescindere dall’orientamento politico, dovrebbe onorare chi era pronto a sacrificare la vita
per difendere valori come patria e libertà, non negoziabili, di cui certa retorica ama gonfiarsi le guance. E finisce così che si gettano denari in targhe commemorative e monumenti, ma di fronte a un tempio celebrativo della potenza
dello spirito umano e di ciò che esso può portare a compimento se crede fer-
SOPRA, DA SINISTRA: CATALANO, MARTELLOTTA, SPACCARELLI, CHERSO, MARCEGLIA, VESCO, MANISCO, MAGELLO, DE LA PENNE, VISINTINI. IN ALTO, SI SCAVA UN CANALE VERSO
IL FIUME. NON ERA UN AMBIENTE FORMALE DAL PUNTO DI VISTA MILITARE: LE GERARCHIE FRA GLI UOMINI ERANO REGOLATE DA UNA DISCIPLINA INTRINSECA. L’ETICA ERA TUTTO.
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UN CASOTTO, FUORI I PESCATORI RAMMENDAVANO LE RETI
mamente in qualcosa, ci si gira dall’altra parte. Dovrebbe vergognarsi, sempre ne sia capace, chi potrebbe fare qualcosa e invece glissa. L’Anaim (Associazione nazionale arditi incursori di Marina) da anni lotta per ridare a questo posto il decoro che merita, con la speranza che un giorno possa diventare un museo dedicato alla storia degli incursori di Marina.
Che è poi la nostra storia. Cosa peraltro che sarebbe già avvenuta in qualsiasi altro Paese civile. Deplorevole il fatto che la stessa Marina militare non
muova un dito per risollevare le sorti di quella che fu la base dei suoi primi
assaltatori, i precursori dalle cui radici nacque il Comsubin, il Comando
raggruppamento subacquei e incursori Teseo Tesei (una componente delle nostre forze speciali). Fu Gino Birindelli in qualità di suo primo comandante
a volere che si chiamasse così. La dedica a un amico, un cavaliere, l’esempio.
Valori scomodi in questa nostra povera italietta: senso del dovere, spirito di
abnegazione, amor di patria (sì, con la p minuscola, come direbbe Tesei la P
maiuscola è per i palloni gonfiati del patriottismo). Potranno rinnegare la storia, ma questo riguarda solo loro e chi li sta ad ascoltare: non potranno mai
cambiarla. Essa è come lo spirito. Racconta Tesei nel suo testamento spirituale, in quella lettera che precedette l’ultima azione: «Occorre che tutto il mondo sappia che ci sono degli italiani che si recano a Malta nel modo più temerario. Se affonderemo qualche nave o no poco importa; quel che conta è
che si sia capaci di saltare in aria con il nostro apparecchio sotto gli occhi degli inglesi, avremo indicato ai nostri figli e alle future generazioni a prezzo di
quali sacrifici si serva il proprio ideale e per quali vie si pervenga al successo... Ricorda che lo spirito non muore con la morte. Solo la meschinità o il
materialismo possono uccidere lo spirito». Guardandoci intorno pare proprio
che l’esempio non sia stato colto, anzi. La nostra amata Italia è sempre più il
Paese delle apparenze. Anni di ignoranza hanno fatto sì che tutti coloro che
fecero il loro dovere di uomini, di militari e di italiani fossero bollati come male assoluto, obliati o addirittura trattati come traditori della patria. Tesei era
un italiano. Di più, era lo spirito di un guerriero greco sopravvissuto fino al
ventesimo secolo, incarnatosi in un corpo... brutto, fisicamente sgraziato,
per usare le parole dell’ammiraglio Birindelli, suo amico e fratello d’armi.
SOPRA, UNA DELLE NUMEROSE PARTITE DI PALLAVOLO ORGANIZZATE PER MANTENERSI IN FORMA; IN ALTO, UN’ALTRA FOTOGRAFIA DI GRUPPO. IN PIEDI: TESEI, STEFANINI,
SCONOSCIUTO, TOSCHI, BERTOZZI, GIORGINI, FRANZINI, BIRINDELLI, FALCOMATÀ, BIRADELLI. IN GINOCCHIO: CALCAGNO, CACIOPPO, PEDRETTI, LAZZARONI, PACCAGNINI, LAZZARI.
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GLI INGLESI NON CAPIVANO COME FOSSERO ARTICOLATI
L
ui d’altronde non aveva mai badato all’apparenza, quanto alla sostanza. L’animo era del guerriero filosofo, di una statura morale
enorme. La concezione della vita era ascetica, intellettuale. Scrive di lui Toschi: «Tesei è un duro. Con se stesso più che con gli altri. Ma di un duro umano, simpatico, molto più vicino alla gente semplice,
pacifica, cordiale, che ai “grandi”». Anche gli ammiragli, vicino a lui,
sembrano semplici marinai. Continua Toschi: «Le donne costituivano per lui un raptus fuori dal normale, senza una spiegazione razionale. In esse apprezzava più l’intelligenza e la sintonia con le
sue idee che la bellezza. Egli vede la vita terrena come un brevissimo accidente della vita dello spirito e come tale la valuta.
Cioè come un esperimento, senza particolare attaccamento».
Dopo gli estenuanti allenamenti notturni, seguiti da goliardici
pasti a base di maccheroni, Birindelli commentava: «S’ha da far
meglio!».Tesei controbatteva con accento elbano: «A Malta, spolettando a zero, e saltando tutti per aria, questo s’ha da fare». E
così fu. Malta, davanti al porto della Valletta, la notte tra il 25
e il 26 luglio 1941. L’Italia dell’Asse entrava vittoriosa nel secondo
anno di guerra contro gli Alleati. La Decima flottiglia Mas
aveva subito dolorose perdite, riuscendo tuttavia a beffare l’Inghilterra, come recita il suo inno, a Suda e Gibilterra. Determinanti
per il successo si rivelarono le doti di navigatore del capitano di corvetta sommergibilista Junio Valerio Borghese, comandante del sommergibile avvicinatore Scirè. Il futuro comandante della Decima Mas
grazie alla conoscenza dei fondali e delle correnti marine, nonché a una eccezionale perizia e sangue freddo nel dare gli ordini per sfuggire all’intensa
caccia nemica, arrivò a posare lo Scirè sul fondale della baia di Gibilterra esattamente nel punto ideale per la partenza dei maiali. Bisogna tuttavia riconoscere
che, in questa occasione, si rivelò prezioso il suggerimento avanzato da Birindelli in un attimo di smarrimento dell’orientamento del comandante.
Lui, Borghese, aveva perso il senso dell’orientamento. Non sapeva dire, a metà della missione, dove ci si trovasse. Né i suoi aiutanti furono d’aiuto. Solo Birindelli, dal fondo della sala osò. E lui, il comandante, lo accolse, di fronte a tutto l’equipaggio, dimostrando un senso d’umiltà e un carattere fuori dal comune. Qui, la notte del 30 ottobre 1940,
Birindelli lasciò la sua firma sullo scafo della corazzata inglese Barham pur non affondandola: rimasto senza il secondo uomo per
un guasto al respiratore, abbandonato a soli 70 metri dal
bersaglio dal motore del maiale, lo trascinò sul fondo roccioso del porto di Gibilterra a 15 metri di profondità
con sforzi indicibili avvicinandosi soltanto di qualche
metro verso prua, azionando la spoletta appena prima di lasciarsi venire a galla semisvenuto. Finirà prigioniero. Teseo Tesei quella notte non riuscì ad avere
soddisfazione: con entrambi i respiratori fuori uso fu costretto ad annullare la sua missione e rientrare.Tesei era ormai un uomo formato, vissuto, in declino fisicamente in
conseguenza ai duri anni di imprese subacquee.
SOPRA, OROLOGIO OFFICINE PANERAI IN DOTAZIONE AI MEZZI D’ASSALTO; AL CENTRO, DUE OPERATORI A CAVALCIONI DEL SILURO A LENTA CORSA, DETTO MAIALE, PRONTI A PARTIRE
PER L’ESERCITAZIONE; I CILINDRI POPPIERI DEL SOMMERGIBILE SCIRÈ CHE ALLOGGIAVANO I MAIALI; IN ALTO, DISEGNO DEL SILURO A LENTA CORSA. ARMA ROZZA, MA GENIALE.
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A MALTA SPOLETTÒ A ZERO. FU L’APOTEOSI DELL’EROE
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ichiarato, in seguito a una visita medica del medico Falcomatà «inidoneo a sommozzare per sei mesi per grave vizio cardiaco», accolse il verdetto con lo spirito indomito: inaccettabile. Assaltare Malta, quella sì che era una pazzia. In cuor loro tutti lo
sapevano. Soprattutto Tesei: qualche mese prima, parlando sul ponte della torpediniera Calipso con l’amico Toschi rifletteva: «Siamo del resto vicini a Malta, quella sarà la base nemica più importante da attaccare, proprio perché la
riuscita è praticamente impossibile». Doveva assolutamente averne la prova.
La sua missione consisteva nel far saltare in aria la rete metallica difensiva che
pende dal ponte di Sant’Elmo (Breakwater viaduct), posto all’imboccatura del porto della Valletta con la carica esplosiva del
maiale. Avrebbe aperto la via ai nove barchini esplosivi
che attendevano nell’oscurità, 1.000 metri al largo,
pronti a scagliarsi contro le unità ormeggiate. I
soliti dannati imprevisti, avarie a un maiale, il
ritardo si fece fortissimo. L’eroe Tesei decise di muovere lo stesso, con queste ultime
parole: «Io parto da solo. Alle quattro e
mezza la rete deve saltare e salterà. Se sarà
tardi spoletterò al minuto». È il guerriero che
si immola. Il cavaliere che parte per l’ultima
carica. Come precisa Toschi: «Per dimostrare ai
tiepidi, ai tranquilli, agli inseguitori del solo benessere materiale, agli intrigati della carriera, che il ro-
manticismo del coraggio e della morte vive ancora». Arrivò alla rete circa alle 4:15 con il suo secondo, Pedretti. Non c’era tempo per sistemare la carica
e mettersi in salvo dalla terribile onda d’urto prodotta dell’esplosione.
Sopra il pelo dell’acqua gli inglesi erano in agguato, avevano individuato
gli assalitori grazie a un invenzione ancora sconosciuta: il radar. Erano pronti a far scattare una trappola irta di cannoni, riflettori e mitragliatrici spianate. Alle 4:30 Tesei spolettò sullo zero.Tradotto: non aveva alcuna via di fuga.
Giorgio Giobbe, il comandante dei barchini ormai in spasmodica attesa, dette l’ordine: «Si va». Partirono i primi due piloti: Frassetto e Carabelli. Il primo
puntò sull’arcata esterna del ponte e a 80 metri di distanza bloccò lo sterzo,
gettandosi in mare. La vampata dette il segnale agli inglesi che illuminarono
a giorno lo specchio d’acqua. Seguì l’esplosione del maiale pilotato da Tesei.
La sublimazione del sacrificio si era compiuta. La deflagrazione fu tanto forte che distrusse la rete, ma fece crollare il ponte su se stesso, contrariamente alle previsioni. Il porto era inaccessibile. Seguì il barchino di Carabelli, che lanciato a tutta velocità si schiantò volontariamente sotto la prima arcata; Frassetto dall’acqua lo vide scagliato a braccia in aria in mezzo alla fiammata. Forse aveva voluto seguire l’esempio di Tesei. Tutti i piloti si lanciarono verso la
loro sorte. L’uragano di fuoco inghiottì come un vortice gli italiani, non lasciando
scampo a nessuno. Dice il poeta Tirteo: «Bello è cadere morto per un uomo
valoroso, combattendo in prima fila per la patria». Kalos Thanatos, la bella morte. Arrivare all’estremo sacrificio, apparentemente insignificante da un punto
di vista tattico e dell’atto pratico se considerato in sé, ma di incalcolabile potenziale strategico per il suo valore etico e morale. L’impossibile non esiste.
SOPRA, PROFONDIMETRO OFFICINE PANERAI; AL CENTRO, IL PONTE DI SANT’ELMO CROLLATO IN SEGUITO ALL’ESPLOSIONE DEL MAIALE DI TESEI; VEDUTA AEREA DELLA VALLETTA
RIPRESA DA UN RICOGNITORE TEDESCO NEL MARZO 1941 (CERCHIATO DI ROSSO IL PONTE, TRATTEGGIATE LE RETI METALLICHE). IN ALTO, ANATOMIA DEL BARCHINO ESPLOSIVO MTM.
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