Per le donne con cancro del seno la cicogna viene dal Cilento

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Per le donne con cancro del seno la cicogna viene dal Cilento
VITA DI RICERCATORE
LL
La scienza per la fertilità
In questo articolo:
cancro del seno
fertilità
triptorelina
Per le donne con cancro
del seno la cicogna viene
dal Cilento
Laureata in medicina a Napoli, trasferitasi a Genova
per seguire il marito oncologo e per crescere da “mamma
del Sud” due bellissimi figli, Lucia Del Mastro ha scoperto
un farmaco che permette di conservare la fertilità anche
dopo una chemio per tumore della mammella
a cura di FABIO TURONE
e oggi le donne colpite in
età giovanile da un tumore della mammella possono conservare buone prospettive di diventare
mamme senza dover rinunciare alle
migliori cure antitumorali disponibili, gran parte del merito va
alle ricerche condotte da
Lucia Del Mastro, con il finanziamento di AIRC. Cilentana, da molti anni trapiantata a Genova, dove lavora
allo sviluppo di terapie innovative nel reparto di oncologia dell’IRCCS San Martino-Istituto nazionale per la
ricerca sul cancro, ha pubblicato nel 2011 la ricerca
condotta insieme al marito
Marco Venturini su JAMA,
una delle riviste cliniche più
prestigiose del mondo, che
all’importante novità terapeutica ha significativamente dedicato anche un editoriale.
“Quando lo studio è uscito, ed è stato
citato dai giornali di tutto il mondo, i
miei figli mi hanno chiesto: ‘Mamma,
S
Lucia Del
Mastro in
compagnia
delle sue
collaboratrici
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ma era quel lavoro per cui ti alzavi tutti i
giorni alle cinque e andavi avanti a lavorare fino a mezzanotte?’” racconta con
orgoglio Del Mastro nel suo studio nell’ospedale sulla collina genovese affacciata sul mare. Anche in quel periodo di
lavoro incredibilmente intenso, aggiunge subito, la famiglia e i figli hanno
avuto comunque la priorità: “Sono una
mamma del Sud”
spiega con un
ampio sorriso e con
un accento che qua
e là ancora tradisce
le origini campane,
cui è molto attaccata. “Sono nata ad Agnone Cilento, in provincia di Salerno. Un paese di circa 800
abitanti, con il pregio impagabile di essere sul mare. Chi nasce sul mare ne rimane condizionato in maniera positiva
per tutta la vita. Diventa difficile vivere
in un posto dove il mare non c’è”.
iscriversi a medicina a Napoli, distante
200 chilometri. “Uno dei motivi per cui
ho fatto medicina è stata l’insistenza
con cui mia mamma Margherita si è
sempre detta certa che dei suoi otto figli
sarei stata io a fare il medico, come lo
zio”. A Napoli Lucia condivide un appartamento con altre studentesse, tra
cui una compagna delle medie anche lei
iscritta a medicina. A partire dal quarto
anno comincia a frequentare il reparto
di oncologia, coltivando un particolare
interesse per gli effetti del tumore della
mammella sulla fertilità delle donne
giovani, su cui scrive la tesi di laurea.
La laurea con 110 e lode coincide con
la prima borsa di studio triennale di
AIRC, per lavorare a una ricerca su un
trattamento innovativo, in esame nel reparto diretto da Angelo Raffaele Bianco.
Poi, come spesso accade a chi è concentrato sulla ricerca, è durante un
congresso internazionale, a Francoforte, che inaspettato arriva il colpo di fulmine: “Lì ho conosciuto Marco, che sarebbe poi diventato mio marito; lavorava come aiuto all’Istituto dei tumori di
Genova”. Era il 1991. L’anno dopo
Lucia si trasferisce a Genova, nello stesso reparto del marito: “Anche lui si occupava di tumore della mammella, per
cui da allora abbiamo cominciato a lavorare e a fare ricerca insieme. All’inizio venivo un po’
vista come la fidanzata dell’aiuto primario, ma ho ben
presto chiarito di
avere non solo il mio caratterino, ma
anche indipendenza e autonomia professionale. Da allora abbiamo lavorato
insieme in modo sinergico, riuscendo a
fare in modo che uno più uno facesse
assai più di due. Insieme abbiamo imparato l’importanza del confronto,
anche per avere un aiuto critico che
metta in luce gli aspetti migliorabili di
qualsiasi lavoro”. Tra i segni tangibili
di questo affiatamento professionale,
la nascita del Gruppo italiano mammella, che oggi riunisce oltre cento
centri oncologici.
L’oncologia è una
passione precoce
fin dai primi anni
di medicina
Con AIRC
fin da giovanissima
Dopo il liceo classico ad Agropoli, a
27 chilometri da casa, la decisione di
Dalla cucina
all’ospedale
Dopo il matrimonio, e l’acquisto
della casa “piccolissima ma con terrazzo
vista mare”, all’inizio del 2000 arrivano
i due gemelli Carlo Andrea e Margherita (chiamata così in onore della nonna).
“È stato il giorno più bello della nostra
vita” ricorda con orgoglio materno
misto a commozione. “Il lavoro è sempre stato molto importante per me, ma
loro sono subito diventati il mio primo
pensiero, senza che questo comportasse
alcun rammarico. Con molta serenità”.
Visto che le famiglie di origine sono
lontane, in Campania e in Toscana, i
piccoli Venturini diventano subito ospiti fissi del congresso annuale dell’Associazione italiana di oncologia medica,
di cui il papà in seguito sarebbe anche
stato presidente: “Fin da quando avevano un anno me li sono sempre portati
dietro, con la baby sitter, per poter stare
con loro senza rinunciare a presentare i
miei lavori. Per questo conoscono tutti
gli oncologi italiani” racconta ridendo.
“Ancora oggi li accompagno a scuola
tutte le mattine e fino alle elementari
andavo anche a prenderli al pomeriggio
per riportarli a casa, dove ho sempre un
sacco di cose da fare e in genere non mi
porto il lavoro”.
Un’eccezione fu fatta ovviamente
per la revisione dello studio AIRC da
pubblicare su JAMA: in quel periodo era
a casa in convalescenza e passava l’intera giornata a rispondere alle richieste di
chiarimenti dei revisori, ben cinque,
chiamati dalla rivista a valutare la ricerca in ogni dettaglio. “In tutto alla fine
ho spedito ben 17 pagine di risposte e
precisazioni”.
Ma al risveglio antelucano, in realtà,
la Del Mastro è abituata da sempre: “Mi
sveglio verso le cinque e mezzo e trovo
in casa moltissime cose da fare. Mi occupo delle piante, e in particolare del
melograno che sono molto fiera di aver
portato da Agnone e di essere riuscita a
far crescere rigogliosamente. E siccome
mi piace moltissimo cucinare, alle volte
mi piace far trovare ai bambini, al risveglio, una torta appena sfornata, insieme
al pranzo che lascio in frigo per mezzogiorno, visto che da quando sono alle
medie tornano a casa da soli. Spesso al
pomeriggio preparo una delle ‘merende
speciali’ per cui sono famosa in tutta la
scuola: conosco tutti i loro compagni e
c’è sempre qualche loro Lucia Del Mastro
amico che si ferma a con i figli Carlo Andrea
mangiare e a dormire da e Margherita
noi, dopo una cena in cui
di solito passiamo un sacco di tempo a
raccontarci come è andata la giornata”.
È stato anche il suo modo – da
“mamma del Sud” – di superare insieme
a loro il lutto che li ha colpiti crudelmente nel dicembre 2011, quando
Marco se n’è andato per un infarto durante un intervento di angioplastica, ad
appena 57 anni: “Ha continuato a lavorare fino al giorno prima dell’intervento, perché l’unica cosa che ha amato più
del suo lavoro di medico e della ricerca
oncologica sono i figli”. Allora la vicinanza dei parenti è stata importantissima: “Per me e i miei figli è stato fondamentale avere tutti i miei fratelli e le
mie sorelle vicino. È bello essere una famiglia numerosa” ricorda.
E forse anche la dimestichezza con la
malattia ha in qualche modo aiutato, almeno un po’. “Nel corso degli anni mi è
capitato spesso di ospitare a casa molti
compaesani con problemi di salute. Ad
Agnone, dove continuiamo a passare le
vacanze estive, ci si conosce tutti, e per
molti è naturale pensare che a Genova ci
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VITA DI RICERCATORE
“
A RIPOSO PER IL FUTURO
i chiama triptorelina, ed è la
sostanza – tecnicamente
definita un analogo
dell’ormone che rilascia le
gonadotropine – che permette di
“mettere a riposo” le ovaie
quando una donna giovane deve
sottoporsi a una chemioterapia,
così da limitare al massimo i
rischi che la terapia salvavita
comprometta la sua fecondità
negli anni a venire. La ricerca che
ne ha dimostrato l’efficacia,
finanziata da AIRC, ha coinvolto
281 giovani donne colpite da un
tumore della mammella, e ha
confermato che l’uso della
triptorelina riduce
significativamente il rischio di
dover rinunciare alla maternità:
“Tenere in braccio i primi bambini
nati dalle pazienti che hanno
partecipato allo studio mi ha dato
una grande emozione” racconta
Lucia Del Mastro. Ora sta
portando avanti un progetto per
permettere alle donne di
congelare i propri ovuli prima di
sottoporsi alla chemioterapia: “La
crioconservazione degli ovociti
rimane l’opzione più sicura, per
cui la nostra scommessa è quella
di riuscire a indurre la
stimolazione ovarica con farmaci
S
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”
che non abbiano effetti negativi”.
Il team con cui lavora è
costituito da sei medici (in gran
parte giovani, specializzandi,
borsisti o contrattisti),
un’infermiera di ricerca, due data
manager e un ricercatore di
laboratorio: “Quando si lavora
insieme su una patologia come
il tumore della mammella,
il rapporto che si sviluppa
all’interno del team è molto
profondo. Si condividono, dal
punto di vista clinico, sconfitte
e vittorie umanamente molto
coinvolgenti. Ogni vittoria è di
tutto il gruppo, anche se io cerco
di fare in modo che ciascuno
conservi la voglia di coltivare e
portare avanti le proprie idee.
Sarebbe più facile per me dare
indicazioni da seguire, ma non
è questo che fa crescere un
gruppo”.
Del Mastro si prefigge ora lo
stesso obiettivo con il lavoro nel
Comitato tecnico scientifico di
AIRC, in cui è chiamata a
scegliere le ricerche più
promettenti e meritevoli di
essere finanziate con i soldi dei
donatori: “Ho contribuito a
valutare ben 350 progetti” spiega
con giustificato orgoglio.
Lucia Del Mastro
col suo gruppo
che segue il
progetto 5 per
mille dedicato
alla lotta contro
il cancro del seno
siano non solo ottime
cure ma anche una persona che può aiutarli.
La domanda che i bambini hanno sempre
fatto quando avevamo
qualcuno ospite da noi
è ‘Ma guarisce?’ Io ho
sempre pensato che sia importante trovare il modo per dire loro la verità: è importante dare una risposta ponderata, senza
mentire. È un aspetto fondamentale
anche per le donne colpite da tumore del
seno, cui cerco sempre di spiegare che
quando in famiglia c’è un problema
grave, la cosa peggiore per i bambini è
sentirsi esclusi, lasciati all’oscuro. Lo spavento peggiore nasce dal non sapere,
mentre invece è importante trovare il
modo perché sentano di poter collaborare, nel loro piccolo, a far stare un po’ meglio la persona cara che soffre” spiega.
Oggi i suoi ragazzi rispondono in
modo molto personale alla domanda se
pensino di fare il medico da grande:
“Margherita mi ha detto che non farà il
medico perché non vuole vedere le persone che soffrono, mentre Carlo Andrea
– che ha una grande passione per gli
animali ed è vegetariano molto convinto – ha sempre detto di voler fare il veterinario, ma ultimamente pensava di
fare oncologia pediatrica”.