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Il principio di autodeterminazione dei popoli e gli interessi geopolitici: il caso del Kosovo e dell'Ucraina orientale a confronto 2015 Edoardo Corradi www.geopoliticalreview.org © Geopolitical Review Pensiero Storia e Attualità Geopolitica Roma, giugno 2015 Autore Edoardo Corradi Edoardo Corradi è Dottore in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Genova discutendo una tesi con la cattedra di Relazioni Internazionali da titolo ‘L’imperialismo nell’analisi marxista: da Lenin ai neomarxisti contemporanei’. Si occupa inoltre della ex Repubblica Jugoslava di Macedonia su cui ha pubblicato vari articoli su diverse riviste di geopolitica. Parla inglese, spagnolo e sta apprendendo da autodidatta il macedone. La presente pubblicazione può essere scaricata da: www.geopoliticalreview.org È consentita la riproduzione di parte della presente utilizzando i seguenti riferimenti: E. Corradi, Il principio di autodeterminazione dei popoli e gli interessi geopolitici: il caso del Kosovo e dell'Ucraina orientale a confronto, Geopolitical Review (www.geopoliticalreview.org), Roma, Giugno 2015 1 Il principio di autodeterminazione dei popoli e gli interessi geopolitici: il caso del Kosovo e dell'Ucraina orientale a confronto di Edoardo Corradi Nel 1918, in un discorso tenuto presso il Senato degli Stati Uniti d'America, il Presidente statunitense Woodrow Wilson, del Partito Democratico, enunciò quelli che passarono alla storia come “i quattordici punti”, ossia un decalogo delle attività che secondo l'allora capo di stato statunitense erano necessari per la costruzione di una pace duratura nel mondo. Il discorso, denominato nelle opere di Wilson come “The conditions of peace” racchiude intrinsecamente un concetto, quello dell'autodeterminazione dei popoli. In particolare, nei punti dal 5 al 14 Wilson espone la teoria del libero autosviluppo degli Stati sulla base dell'integrità territoriale e della sovranità dei popoli1. La dichiarazione di Wilson sembrava andare controcorrente a una volontà che è intrinseca al sistema capitalista, ossia la spartizione violenta del globo per gli interessi della propria borghesia. L'autodeterminazione dei popoli nel diritto internazionale A differenza del diritto interno, nel diritto internazionale il soggetto primario non è l'individuo bensì gli “enti collettivi” di cui gli Stati sono i rappresentanti per antonomasia. Il diritto internazionale nacque proprio sulla base del concetto di sovranità e indipendenza, secondo i giuristi, con la conclusione della Trattato di Westfalia del 1648; difatti, «il diritto internazionale dell'era moderna ha origine proprio quando, nel XVII secolo, gli Stati si affermano storicamente su un determinato popolo e territorio come enti caratterizzati da indipedenza e sovranità»2. Il concetto di sovranità territoriale è pertanto fondamentale nel diritto internazionale e nei rapporti che si instaurano tra gli Stati. Wilson, sulla scorta delle trattative tra bolscevichi e tedeschi prima della firma della Pace di Brest-Litovsk, incentrò molto il concetto di autodeterminazione dei popoli su quello di “sovranità”. Wilson riconobbe la libertà del popolo russo nella scelta della propria forma di governo e la necessità del mantenimento dell'integrità territoriale del Belgio, della Francia, della Romania, della Serbia e del Montenegro, l'allargamento dei confini italiani sulla base del concetto di “popolo”, la possibilità di autodecisione del processo politico per l'Austria-Ungheria e la creazione di due Stati indipendenti, la Polonia e la Turchia. Il significato di autodeterminazione si intreccia quindi in maniera molto stretta con quello di indipendenza. Secondo il diritto internazionale, «l'indipedenza (da qualsiasi altro ente o sistema normativo) dello Stato […] deve essere valutata soprattutto (se non esclusivamente) in termini di “indipendenza giuridica”; e cioè, di indipendenza dell'ordinamento giuridico dello Stato rispetto ad altri ordinamenti o sistemi normativi»3. Pertanto lo Stato che vuole 1 2 3 Woodrow Wilson, «President Wilson's Addresses», Gutenberg, The conditions of peace, www.gutenberg.org AA. VV., Istituzioni di diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 2011, p. 4. Ibidem, p. 7. 2 autodeterminarsi, che vuole ottenere la propria indipendenza giuridica, deve dimostrare la propria indipendenza dall'ordinamento giuridico di un altro Paese o da una unione o confederazione di Stati. Questo concetto verrà molto utile quando si analizzeranno le recenti dichiarazioni di indipendenza, talune dichiarate legittime ed altre no. Da un punto di vista giuridico, l'indipendenza significa la possibilità di essere riconosciuti come soggetto internazionale, tramite il possesso di una personalità giuridica internazionali, e la possibilità di intrattenere rapporti di qualsiasi natura con Stati terzi. La mancanza di indipendenza causata dall'imposizione giuridica della propria volontà di uno Stato egemone non permette a uno Paese di legittimarsi sullo scenario internazionale. Il concetto di dipendenza tuttavia è molto sottile: la dipendenza deve essere solo ed esclusivamente giuridica per far sì che un Paese sia considerato dipendente da uno Stato terzo; la dipendenza economica o politica, tipica dell'era del capitalismo imperialista recente, non incide sulla reale indipendenza giuridica di uno Stato. Il principio di autodeterminazione ha un importante peso nella definizione del soggetto statale indipendente. Difatti, il «controllo ed esercizio del potere di imperio e di governo […] deve essere legittimato da, e garantire il, c.d. diritto all'autodeterminazione (interna) dei popoli»5, come è riportato nella Dichiarazione relativa alle relazioni amichevoli ed alla cooperazione fra gli Stati del 19706 che sottolinea l'impossibilità di usare qualsiasi mezzo coercitivo o violento affinché questo principio non sia riconosciuto ai popoli. Questo ha portato, insieme all'Atto finale di Helsinki della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa del 1975, alla nascita di numerosi soggetti statali, riconosciuti internazionalmente, come ad esempio Timor Est. Il diritto all'autodeterminazione dei popoli non è sempre e comunque riconosciuto. A seguito delle spinte secessioniste del Québec dal Canada, la Corte Suprema del Canada ha stabilito che devono sussistere determinate condizioni affinché l’autodeterminazione dei popoli possa scavalcare, da un punto di vista giuridico, l’integrità territoriale, come il dominio militare, coloniale o una reale subalternità delle minoranze etniche7. La facilità con cui si può dichiarare la propria indipendenza si scontra tuttavia con il riconoscimento internazionale che risulta essere il vero ostacolo affinché un popolo, una volta adoperato lo strumento dell'autodeterminazione, indipendentemente della restrizione di cui sopra, possa avere voce in capitolo sullo scenario internazionale. Gli esempi, 5 AA. VV., op. cit., p. 13. 6 «Ogni Stato ha il dovere di astenersi dal ricorso a qualunque misura coercitiva suscettibile di privare del loro diritto all’autodeterminazione, alla libertà e all’indipendenza i popoli menzionati nella formulazione dei principi di uguaglianza di diritti e del diritto all’autodeterminazione» in Dichiarazione relativa ai principi di diritto internazionale, concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite 2625 (XXV) del 24 ottobre 1970, http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20041124231820.pdf. 7 Cour Suprême du Canada, 1998, Renvoi relatif à la sécession du Québec [1998] 161 D.L.R. (4 th), 385, in Journ. dr. Int., 1999, 797 in AA. VV., Istituzioni di diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 2011, p. 15. 3 lampanti, dell'importanza del riconoscimento internazionale sono la Transnistria, l'Abcasia, l'Ossezia del Sud, la Palestina e le recenti Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk. Il ruolo del riconoscimento internazionale Che cos'è il riconoscimento internazionale? Il riconoscimento internazionale è solo una pratica dichiarativa che non possiede alcun valore costituzionale. Difatti, uno Stato esiste indipendentemente dal riconoscimento internazionale. Questo perché si potrebbe abusare del riconoscimento, se questi avesse valore costituzionale, per ottenere concessioni economiche, politiche oppure per contrastare l'emergere di nuovi soggetti nello scenario internazionale. Tuttavia il riconoscimento risulta essere una formalità necessaria prima dell’instaurazione dei normali rapporti diplomatici e commerciali, nonché come prova per lo Stato riconosciuto di una sua effettiva esistenza8. Il riconoscimento internazionale è il passo effettivo affinché uno Stato venga considerato come un interlocutore reale nello scenario globale dei rapporti internazionali: sono molti gli Stati non riconosciuti globalmente, ma che comunque reclamano il loro diritto all’esistenza. Cosa comporta il mancato riconoscimento internazionale? Se da un lato «il riconoscimento di uno Stato è la formale ammissione da parte di un altro Stato che un determinato ente possiede i requisiti della statualità … e comporta l'impegno di trattare tale ente come uno Stato»9, dall'altro il mancato riconoscimento non fa sì che quel territorio sia considerato come terra nullius oppure non può essere aggredito militarmente. Tuttavia, giacché «lo Stato non riconosciuto […] non può pretendere di far valere, nei confronti degli Stati che non lo riconoscono, alcun diritto ad attivare i procedimenti di formazione volontaria delle norme di diritto internazionale al fine di instaurare rapporti di collaborazione ed assistenza interstatale»10, ciò fa sì che lo Stato non riconosciuto si trovi in una posizione subordinata agli altri Paesi del sistema internazionale, conferendogli debolezza e precarietà. Il mancato riconoscimento risulta tuttavia essere la dimostrazione della non volontà di riconoscere le modalità o la forma di governo instauratasi. Questo tuttavia causa delle implicazioni non di poco conto: difatti, il mancato riconoscimento fa sì che lo Stato il cui riconoscimento viene negato rischia di non poter intrattenere i normali rapporti diplomatici, economici e commerciali che, nel sistema internazionale, causa dei forti impedimenti nello sviluppo autonomo del Paese. Il riconoscimento è quindi un'arma importante anche se non possiede valore giuridico. In un sistema internazionale multipolare l'utilizzo del riconoscimento ha una forte valenza geopolitica. L'interesse di un determinato blocco verso determinate aree territoriali, può far propendere le potenze a destabilizzare la regione, fomentare gli eventuali nazionalismi con spinte secessioniste e poter ottenere il controllo politico ed economico in un'area 8 AA. VV., op. cit., p. 17. 9 Restatement of the Foreign Relations Law of the United States, Third, St. Paul, Minn., 1987, sec. 202-203 in AA. VV op. cit., p. 17. 10 AA. VV., op. cit., p. 17. 4 precedentemente sotto il controllo avversario. Un esempio è il Kosovo, che verrà analizzato successivamente nel dettaglio, che ha dato la possibilità ai Paesi del blocco NATO ad ottenere una posizione geografica e geopolitica all'interno dei Balcani, storicamente area di influenza russa. D'altronde, «la geografia ha da sempre influenzato la politica» 11. Due pesi e due misure: Kosovo e Novorossija Nell'analisi del ruolo del principio di autodeterminazione dei popoli nei riguardi delle dichiarazioni unilaterali di indipendenza emergono chiaramente le differenze sorte in determinate situazioni. Il caso kosovaro presenta delle differenze sostanziali nei risultati ottenuti nei confronti della recente secessione degli oblast' di Donetsk e Lugansk a seguito della rivolta ucraina denominata Evromajdan. I tre casi presi in esame presentano tutti una caratteristica sostanziale di fondo: un forte senso patriottico, che talune volte può sfociare nel nazionalismo, che spinge verso richieste secessioniste in quanto la popolazione non si sente più parte dello Stato originario. Kosovo Il Kosovo è stato storicamente una regione della Serbia. Il 15 giugno del 1389, secondo il calendario giuliano, nel giorno di San Vito (Vidovdan in serbo) si tenne la storica battaglia della Piana dei Merli nell'attuale regione del Kosovo, che vide contrapposti gli eserciti serbo e ottomano. La battaglia, ricordata come Battaglia di Kosovo (Boj na Kosovu in serbo) sancì la capitolazione serba all'invasore ottomano, in una guerra di conquista non solo territoriale ma anche religiosa. I precetti islamici degli ottomani si svilupparono fortemente nella regione balcanica e conquistarono anche l'ultima roccaforte cristiana della regione orientale del continente, Costantinopoli, trasformando la storica Basilica di Santa Sofia in una moschea 12. Numerose città che ora fanno parte del territorio kosovaro, sia esso considerato come Stato o come Provincia Autonoma, appartenevano nell'epoca dei regni medievali balcanici a quelli di cultura serba, ossia la Serbia Moravica e il Regno di Vuk Branković. Nonostante questo, sarebbe riduttivo considerare l'esistenza di un'entità statale nell'epoca attuale sulla base dell'appartenenza ai grandi imperi del passato. Ciò che tuttavia è importante comprendere è come l'attuale Kosovo abbia sviluppato forti sentimenti anti-serbi pur essendo stata una regione storicamente serba. Secondo l'ultimo censimento demografico, a noi disponibile, del Kosovo, effettuato nel 2011, la regione sarebbe abitata da un 92,93% di persone di etnia albanese, a fronte di una popolazione di etnia serba pari all'1,47% 13. Tra il 1683 e il 1699 la popolazione di etnia albanese inizia a spostarsi verso la regione del Kosovo a seguito della Grande Guerra Turca tra gli Asburgo e gli Ottomani. La sconfitta degli Asburgo, che erano arrivati a conquistare anche Pristina, fece sì che la popolazione 11 12 13 AA. VV., Relazioni internazionali, Bologna, Il Mulino, 2007, p. 133. E. Hösch, Storia dei Balcani, Bologna, Il Mulino, 2013. «Kosovo: risultati dell'ultimo censimento demografico», Albanianews, www.albanianews.it, 27/09/2012. 5 serba cristiana, che giurò fedeltà alla famiglia Asburgo, dovette emigrare verso nord, nelle attuali regioni della Vojvodina e favorendo l'immigrazione da sud della popolazione di etnia albanese, che accettò la conversione forzata all'Islam 14. Nei secoli a seguire si tentò una costante “slavizzazione” della regione in quanto la popolazione di etnia albanese era ritenuta pericolosa dai regnanti slavi. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e la salita al potere di Tito, il Kosovo ottenne la denominazione di Provincia Autonoma della Serbia, all'interno della Jugoslavia, come la Vojvodina, ma le ambizioni nazionaliste kosovare propendevano per uno status paritario a quello delle altre repubbliche. Con la morte di Tito nel 1980 i sentimenti sciovinisti sono emersi e sono sfociati, a seguito della disgregazione della Jugoslavia, nella guerra tra la Serbia di Milošević e l'UÇK, l'esercito di liberazione nazionale del Kosovo. Gli Stati appoggiarono senza indugio la richiesta kosovara, affermando che il principio di autodeterminazione dei popoli doveva essere consentito alla popolazione kosovara. Il 17 febbraio 2008 le autorità kosovare dichiararono l'indipendenza dalla Serbia sostenendo l’indipendenza del Kosovo seguendo le raccomandazioni dell’Inviato Speciale delle Nazioni Unite Martti Ahtisaari15. La prima cosa che si denota è l'intervento diretto dell'ONU nella risoluzione della questione kosovara, che peraltro ha amministrato e continua a fare ma, soprattutto, dell'ingerenza della NATO in uno Stato appartenente al Movimento dei Paesi Non Allineati. Infatti, nel 1999, tramite la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite, il Kosovo venne messo sotto la giurisdizione delle Nazioni Unite e, nell'appendice 2, viene riportato che «la presenza di sicurezza internazionale, con un sostanziale aiuto della NATO, deve agire per la creazione di un ambiente sicuro per tutti gli abitanti del Kossovo e per facilitare il ritorno a casa di tutti i rifugiati e sfollati»16. L'interesse dell'ONU e della NATO nei confronti della questione kosovara era per intensificare la propria presenza nei Balcani, storica regione di ingerenza russa. Difatti, nessuna base della NATO è presente sul territorio serbo, a meno che non si consideri la città di Ferizaj come appartenente al territorio serbo. Ucraina A seguito della deposizione del Presidente Vyktor Yanukovyč, l'Ucraina è stata trasportata in una violenta guerra civile tra Kiev e le regioni orientali del Paese. Tra le forze politiche che hanno preso parte alle manifestazioni del movimento denominato dai media Evromajdan ci sono state numerose forze ultranazionaliste, con richiami al fascismo e al nazismo. L'esacerbato nazionalismo ucraino si è diretto nei confronti della Russia, dalla quale l'Ucraina è sempre stata legata. Le regioni orientali dell'Ucraina, ricche di zone minerarie come il Donbass, hanno sempre accettato i valori russi e la cultura del “grande 14 Mario Olu, «La questione Kosovo – Dalle origini all'era Milošević», Europae – Rivista di Affari Europei, www.rivistaeuropae.eu, 03/11/2013. 15 «Dichiarazione di indipendenza del Kosovo», federalismi.it, www.federalismi.it 16 http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=17231 6 vicino” a differenza degli ucraini occidentali, tanto che la popolazione è divisa persino su quale lingua adottare. A causa delle continuate violenze delle squadre paramilitari di Kiev, in particolare quella che ha visto protagonista la Casa dei Sindacati di Odessa, ha portato alla necessità da parte delle forze politiche degli oblast' di Donetsk e Lugansk di dichiarare la propria indipendenza, sulla stregua del principio di autodeterminazione dei popoli e basandosi sulle grandi differenze culturali, etnico e linguistiche che potrebbero creare dei pericoli per la popolazione russofona dell'Ucraina orientale. Tuttavia, a differenza del Kosovo, il principio di autodeterminazione non è stato applicato e la volontà di porre fine al conflitto è per non aggravare ulteriormente la situazione economica ucraina. Difatti, a fronte delle numerose manifestazioni popolari favorevoli all'indipendentismo da Kiev e da qualsiasi altro Stato sovrano, le autorità europee e statunitensi non hanno preso in considerazione il principio di autodeterminazione, che non violerebbe nemmeno il diritto internazionale per quanto riguarda l'eventuale indipendenza giuridica da un Paese terzo. Le differenze linguistiche in Ucraina sono notevoli. Secondo le indagini svolte a seguito dell'elezione del Presidente Yanukovyč17, le regioni dell'est e del sud ucraino sono in prevalenza di lingua russa, con percentuali che vanno da un minimo del 66% della popolazione nell'oblast' di Mykolaiv fino agli apici di Donetsk (93%) e la Crimea (95%). Come emerge dai dati ottenuti dallo studio effettuato da Analitik, la separazione etnica colpisce tutta la parte orientale del Paese creando una spaccatura che un Paese unito non può sopportare. Due pesi e due misure Con il ritorno prepotente della Russia sullo scenario politico internazionale, la NATO, le Nazioni Unite e gli Stati Uniti d'America sono tornati alla geopolitica della guerra fredda. Pertanto, poter sottrarre dei territori alla Russia sarebbe un risultato importante, nella logica di un costante accerchiamento per poter svolgere pressioni più efficaci sul governo russo. La secessione del Kosovo rientra in questa logica: l'indipendentismo kosovaro ha fatto sì che gli Stati Uniti potessero intensificare la propria presenza nei Balcani occidentali, accerchiando militarmente la Serbia per poterla sottrarre all'influenza russa. L'appoggio militare NATO nei confronti dell'UÇK, che secondo quanto riportato da numerose fonti si autofinanziava tramite il quasi totale controllo del traffico di eroina e cocaina verso l'Europa occidentale e con il traffico di organi umani18, era funzionale agli interessi geopolitici 17 «Портрет электоратов Ющенко и Януковича», Analitik, www.analitik.org.ua, 18/01/2005. 18 Cfr. Matteo Zola, «KOSOVO: Traffico d'organi, il parlamento europeo approva la risoluzione Marty», East Journal, eastjournal.net, 27/11/2011; Matteo Zola, «KOSOVO: L'Uck, la droga e il traffico d'organi. Cosa legittima il parere dell'Aja», East Journal, eastjournal.net, 22/08/2010; «KOSOVO: L'Uck e il traffico d'organi, un libro inchiesta», East Journal, eastjournal.net, 22/08/2010; «Claude Covassi non può pubblicare la sua indagine sul PJAK e l'UCK», Rete Voltaire, voltairenet.org, 11/02/2013. 7 statunitensi di infiltrazione nei Balcani. Tuttavia, il riconoscimento internazionale verso il Kosovo ha fatto sì che questi ottenesse un ruolo giuridico come Stato indipendente. Differente nei modi, ma non nella sostanza, il caso ucraino. Numerose fonti analizzano il sostegno statunitense nel golpe orchestrato contro il Presidente Yanukovyč 19 per cercare di portare l'Ucraina verso l'influenza occidental cercando di assestare un duro colpo alla Russia che in Ucraina, prima del referendum che ha portato la Crimea sotto il controllo giuridico russo, possedeva la più importante base navale militare, quella della Flotta del Mar Nero nella città di Sebastopoli. Il mancato supporto alle volontà secessioniste e indipendentiste della popolazione russofona residente nel Donbass è per cercare di non violare l'integrità territoriale di un'Ucraina “occidentalizzata” ma che, a parti inverse, avrebbe sicuramente sostenuto, e soprattutto per non privare il nuovo partner statale della sua regione più ricca, ossia il Donbass. Due pesi e due misure sono stati usati per determinare i complessi processi politici che hanno investito il Kosovo e l'Ucraina: questa differenza nell'utilizzo del principio dell'autodeterminazione dei popoli, ha avuto il medesimo risultato, ossia cercare di avere nuovi partner politici in regioni che mai sono state alleate del “blocco occidentale”, con il fine ultimo di alimentare e allargare la propria egemonia verso l'est del continente europeo. Nel secondo caso, tuttavia, emerge con chiarezza l'ambiguità dell'utilizzo del principio di autodeterminazione. Da un lato furono salutate con soddisfazione le proteste di Evromajdan, come dimostrazione dell'interesse del popolo ucraino di uscire dalla sfera di influenza russa e poter decidere da sé con quali partner politici e commerciali dialogare, in questo caso l'Unione Europea. Tuttavia, quando una parte della stessa popolazione ucraina, che non aveva partecipato alle violenze delle manifestazioni di Evromajdan, chiese di poter decidere da sé del proprio destino, ossia quello di rimanere dalla parte dello storico alleato russo, questi furono chiamati “secessionisti” e “terroristi”. L'autodeterminazione è quindi uno strumento palese nelle mani della potenza egemone nel mondo imperialistico contemporaneo: in base ai propri interessi economici e geostrategici può avallare le richieste indipendentistiche di una determinata popolazione. Se la richiesta all'autodecisione dei propri interessi nazionali viene avanzata da popolazioni che si porrebbero in un blocco antagonista e contrario a quello ora egemone, ossia quello statunitense-europeo, il diritto all'autodeterminazione viene a mancare. 19 Cfr.. Angela Manganaro, «Se Soros e la finanza scelgono il governo dell'Ucraina», Il Sole 24 Ore, www.ilsole24ore.com, 03/12/2014; Gian Micalessin, «Così l'America si è comprata l'Ucraina», Il Giornale, www.ilgiornale.it, 09/09/2014; Lorenzo Biondi, «La “mano” americana in Ucraina. La gaffe telefonica del dipartimento di stato», Europa Quotidiano, www.europaquotidiano.it, 07/02/2014. 2015 A cura di: Geopolitical Review. Pensiero Storia e Attualità Geopolitica Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia. www.geopoliticalreview.org