Orrore e morte in India

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Orrore e morte in India
Anno III - Numero 127 - Venerdì 30 maggio 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Attualità
Cronaca
Società
Da Confindustria
cambiale a Renzi
Scandalo Carige:
Berneschi in carcere
Brunello falso
made in Italy ko
Vignola a pag. 2
Calvo a pag. 3
Fruch a pag. 11
PRONTO IL RIMPASTO DI GOVERNO, CHI ENTRA E CHI ESCE
di Igor Traboni
unica rottamazione che potrebbe riuscire
a Matteo Renzi
è quella di alcuni ministri. A rischiare
grosso sono Maurizio Lupi
(Infrastrutture), Stefania Giannini (Pubblica Istruzione) e
Federica Mogherini (Esteri).
Certo, Renzi anche ieri, a
margine dell’ennesima direzione Pd, ha smentito. Ma
con frasi così di circostanza
che rasentano un “Lupi-Giannini-Mogherini state sereni”:
l’anticamera della ‘cacciata’,
come per Letta.
Facciamo ordine: Maurizio
Lupi in realtà vorrebbe andar via lui, per dedicarsi
all’europarlamento, dove è
stato eletto con il Nuovo
centrodestra. Il segretarioAlfano, che ieri sera ha riunito i suoi, ha provato a glissare: “La nostra squadra al
governo non cambia”. Ma
deve fare i conti non solo
con il volere di Lupi, ma anche con quello di Renzi, intenzionato ad accogliere le
dimissioni del ministro ciellino, senza però sostituirlo
con un altro Ncd. Per il premier si tratterebbe di un discorso tutto politico: ‘Siete
andati male alle Europee,
per cui riducete la vostra pattuglia
al governo oppure sparite del tutto’. Con quest’ultimo invito rivolto
alla Giannini (montiana), che sembra avere i giorni contati: il suo
mancato decisionismo alla pub-
L’
I MARTIRI
donne deve sostituirla con
un’altra figura ‘di genere’.
Paola De Micheli, lettiana,
è quotatissima per sostituire
la Mogherini, soprattutto
dopo il riavvicinamento di
queste ore tra Renzi e il suo
predecessore. Al posto di
Lupi, finirebbe quindi un altro Pd: Matteo Richetti o l’attuale capogruppo alla Camera, Roberto Speranza
sono in prima fila. Ma a Renzi piace l’opzione Gennaro
Migliore, di Sel, ma in rotta
con Nichi Vendola: Migliore
muore dalla voglia di fare
il ministro e accetterebbe
anche di lasciare Sel. Per la
Pubblica istruzione, il premier potrebbe spostare
qualche casella interna, facendo così entrare nell’esecutivo Guglielmo Epifani e
pagando la ‘cambiale’ firmata quando l’ex segretario
Cgil ha traghettato il partito
nella fase post- Bersani. Ma
c’è anche la componente
catto-comunista che preme,
rivendicando presunti meriti
nell’avanzata del Pd alle Europee, per Andrea Riccardi:
dopo la non felice parentesi
con Monti, il barbuto professore ha snobbato Scelta
Civica, per cui si sentirebbe
legittimato a rituffarsi nell’agone governativo, con
tanto di indicazioni di qualche pezzo grosso d’oltre Tevere.
Solo che Riccardi punta agli Esteri,
mentre Renzi non vuole privare il
suo Pd di un dicastero così importante, per cui alla fine non se
ne farà niente.
Il premier vorrebbe far fuori Lupi, Giannini e Mogherini, polverizzando i montiani
e riducendo Ncd ai minimi termini. Altro spazio al Pd e Sel verso la scissione
blica istruzione l’ha ridotta a comparsa alle Europee, con un migliaio
di miseri voti raccattati qua e là.
Poi c’è il discorso Mogherini: anche
le mura della sede nazionale del
Pd sanno che Renzi non gradisce
la sua politica estera, dalla storia
dei Marò (il premier freme per riportarli a casa, giusto per mettersi
quest’altra medaglia al bavero, ma
la sua ministra tentenna) a quella
dei bambini arrivati dal Congo,
PIÙ PARTENZE CHE ARRIVI
con tanto di ‘gelosie’ con la Boschi,
pupilla del premier.
A questo punto, si apre la girandola
delle sostituzioni: conoscendo Renzi e la sua voglia di apparire, è
chiaro che almeno una delle due
DUE RAGAZZINE STUPRATE DAL BRANCO: FINISCONO IMPICCATE
Orrore e morte in India
di Valter Brogino
Siamo tornati
terra di emigrati
Musumeci a pag 4
GUERRA CIVILE AD UN PASSO
Elicottero abbattuto
in Ucraina: 14 vittime
Ceccarelli a pag 5
na nuova ondata di orrore scuote l’India. Un
altro agghiacciante crimine a sfondo sessuale, che
riapre ferite mai cicatrizzate.
Sì, perché nel sub-continente
la violenza contro le donne
sta raggiungendo livelli tali
da gelare il sangue. Ultime
vittime, altre due anime innocenti: due ragazzine di 14
e 15 anni Dalit, cioè senza
casta, sono state stuprate da
un branco di sette uomini e
poi sono state trovate impiccate a un albero di mango.
È accaduto nel villaggio di
Katra, nello Stato settentrionale dell'Uttar Pradesh.
Caso non nuovo. L'India è purtroppo ormai da anni teatro sempre più frequente
di orribili violenze contro le donne.
L'emergenza è scoppiata quando nel
dicembre 2012, una studentessa di 23
anni fu violentata da sei uomini a New
Delhi mentre tornava a casa in autobus.
U
La giovane morì dopo dieci 10 giorni di
agonia. Nel febbraio scorso è stata aggredita una bimba di 9 anni che giocava
nel cortile di casa e a gennaio una dodicenne era stata stuprata e bruciata viva
e una turista danese violentata e picchiata.
Tornando a quest’ultimo episodio, L’autopsia ha chiarito l’orrenda agonia a cui
le adolescenti sono state sottoposte. Al momento dell'impiccagione erano infatti vive,
tanto che non è stato possibile
in questa fase alle autorità
escludere l’ipotesi di un doppio suicidio. Fatto sta che il
principale sospettato è stato
arrestato dopo la denuncia
dei parenti delle due ragazzine e la polizia ha mobilitato
50 agenti per trovare gli altri
sei: ma fra essi, particolare
per niente incoraggiante, ci
sono due poliziotti.
Anche per questo gli abitanti
del villaggio, inferociti, hanno accusato la polizia di essersi mossa con troppo ritardo, dopo la presentazione
della denuncia, che è arrivata mercoledì sera, e hanno anche bloccato una
strada per protesta.
Un quadro assolutamente poco incoraggiante sulla tenuta sociale di un Paese al
quale, in maniera davvero inopinata, si
sta facendo decidere della sorte di due
marò italiani.
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Venerdì 30 maggio 2014
Attualità
IERI L’ATTESA RELAZIONE DEL PRESIDENTE DAVANTI ALL’ASSEMBL E A ANNUAL E DI CONF INDUS T RIA
Squinzi: chi visse sperando...
“Il Governo Renzi ha avuto un risultato straordinario, confidiamo nelle riforme e nel semestre di presidenza Ue”
di Robert Vignola
e speranze, certo. Anche
perché di risultati ce ne
sono pochi. L’assemblea
annuale di Confindustria
che si è tenuta ieri è quotata
attorno alla relazione del presidente
Giorgio Squinzi. Lunga e articolata,
com’è normale che sia. Zeppa di numeri ed anche di indicazioni alla politica, anche qui come da prassi. E
come sempre, sulla natura di tali indicazioni ci si divide: quasi tutti i commentatori, ebbri di riflesso dell’aria
da sbornia elettorale che spira nel
vento post-europee, vi leggono l’adesione senza se e senza me degli industriali al renzianesimo, nuova religione laica. Altri (pochissimi) si permettono di stonare rispetto al coro e
di mettere in evidenza che speranza
è diverso da fiducia: chiave semantica
nella quale potrebbe affondare le radici anche il famoso 41%...
L
Gioverà forse, allora, rifarsi
alle parole di Squinzi. “Il governo può agire con determinazione, con il vento della
legittimazione popolare alle
spalle”. E poi mister Mapei
parla di risultato elettorale
“straordinario”, di azione “vivace” dell’esecutivo, cose
che “ci fanno sperare che la
stagione delle riforme istituzionali adesso parta per
davvero”.
Alcuni si ristampano nella mente la
prima pagina del giornale confindustriale pubblicata nei burrascosi
giorni del novembre 2011: quel “Fate
presto” a caratteri cubitali, così poco
da Il Sole24 Ore, che anticipò di
qualche ora la caduta del governo
Berlusconi, oggi (a distanza giusto
di due anni e mezzo) ammantata dal
poco gradevole tono di grigio proprio
a un golpe di velluto. Cosa sia successo all’economia in questi due anni
e mezzo, da quell’urlo implorante
(“fate presto!”) non è dato sapere.
Giusto lo spread è tornato a quote
più normali, ma l’unica impennata di
vendite l’hanno avuta solo i pezzi di
corda con cui gli imprenditori italiani
si sono impiccati.
Tant’è che in mezzo a tanta speranza
Squinzi deve pur parlare di numeri:
ed anche in prospettiva di speranza,
rebus sic stantibus, ce n’è poca: “anche quest'anno la crescita che vor-
remmo vedere non ci sarà
e, assieme alla crescita, non
ci sarà il lavoro”. La realtà è
d’altronde l’inquietante 0,1% stimato da Istat per il
Pil del primo trimestre. Da
un trimestre a un semestre:
quello di presidenza dell’Ue
che, dice Squinzi, può essere
l'occasione per ridurre il
peso delle politiche di austerity. Come se il tabaccaio
sotto la redazione non sembra aspettare altro… “L'Italia è il
Paese più adeguato e convinto per
sostenerlo e ha oggi un mandato
forte”. La ricetta anti-austerity cotta
sui fornelli dei giornaloni nostrani è
d’altronde ormai nota. “Bene farà la
Bce a intervenire per spezzare sul
nascere l'eventualità di un effetto
combinato di recessione e deflazione
che metterebbe nuovamente l'Unione
e l'euro a repentaglio”, sostiene ancora Squinzi.
L’ANALISI DEL VOTO ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PD DIVENTA UN ALTRO SPOT
Dal premier una raffica di annunci
P
iù Europa, più riforme. D’altronde,
non potevano esserci sorprese nell’analisi del voto del capo di un governo che è stato baciato lingua in bocca
dalle urne. Solo, occorre un po’ aggiornare
il calendario, giacché i ritardi si sono
puntualmente accumulati. Peccato veniale
che Matteo Renzi d’altronde, ieri alla direzione del Pd in streaming, non ha sentito
il bisogno – chissà perché? – di mettere
troppo in evidenza.
“Il tempo delle riforme è questo. Non ci
sarà alcun rinvio”. Sono state le sue
prime parole. Con il lavoro che, tanto
per tenersi a debita distanza dalla pericolosa tentazione di cedere il passo alla
retorica (sia mai!), sarà “la madre di tutte
le battaglie”. E poi, “entro l'estate la riforma della Carta e subito dopo il varo
della nuova legge elettorale”.
Capitolo lavoro, appunti. “Faremo - ha
spiegato Renzi - un passo avanti sul ddl
delega. Su questo tema saremo giudicati
più che dai mercati internazionali, da
potenziali investitori. Mai
come ora c'è uno sguardo
di attenzione verso l'Italia”.
È sull’analisi del voto che
l’ex sindaco di Firenze dimostra almeno un po’ di sobrietà. “Abbiamo detto in
campagna elettorale che
non sarebbe stato un referendum sul governo. Adesso
che abbiamo vinto possiamo dire che non si è trattato
di un referendum sul governo: abbiamo il dovere
di presentarci a quella storica battaglia europea togliendo ogni alibi a chi dice
che il problema dell'Europa
è l'Italia e il problema dell'Italia sono le istituzioni europee”, ha detto successivamente, riservando una cerchiobottista
stoccata all’Europa e l’altra ai “populisti”.
“Per questo auspico che entro l'estate si
chiuda il capitolo legge elettorale, subito
dopo la riforma della Costituzione ma
non per andare al voto”.
Ma non basterà: ci vorrà pure una
qualche azione governativa. “Sulla
scheda uscita dall'urna c'è scritto:
fate le riforme”. Squinzi nel dirlo alza
un po’ il tono della voce, la platea
scatta e applaude: in rapida successione vengono citati legge elettorale
e la revisione della Costituzione e
del Titolo V, azioni a sostegno del lavoro, a cominciare da una maggiore
flessibilità dei contratti a tempo indeterminato e finendo con formazione
e ricollocazioni. Il mantra è insomma
ripetuto, come la formazione dell’Italia
ai mondiali del 1982. Solo che a decantarlo è Giorgio Squinzi, patron
del Sassuolo che si è salvato alla penultima giornata in serie A. Quando
la linea di galleggiamento è vista
come un miracolo, allora anche il
Governo attuale può andare bene.
Ma Renzi non è Bearzot e la sua formazione non pare in grado di vincere
una sfida mondiale. Men che meno,
quella europea…
IL RETROSCENA
Mogherini-Boschi:
intrecci e treccine
F
oto di gruppo su palchi
festanti, ricchi premier e
cotillons. Ma dietro la crosta
aurea che il Governo si è ritagliato col voto domenicale,
facendo godere di luce riflessa anche il Pd, si muovono
torbidi sentimenti. Nella fattispecie, c’è qualcuno che
prenderebbe volentieri a capelli Maria Elena Boschi. Anzi
a treccine. Ed è il ministro
degli Esteri Laura Mogherini,
che avrebbe voluto tanto salire sul volo per il Congo e
incassare così la visibilità di
un’operazione cui, d’altronde,
hanno lavorato per mesi i
funzionari del suo ministero,
la Farnesina. Macché: il premier Renzi ha scelto il Ministro per le Riforme e, come
sempre quando di mezzo c’è
Fondi ai gruppi in regione, nuovi indagati in Sardegna
di Giuseppe Giuffrida
i allarga ancora, l’inchiesta
della Procura di Cagliari
sui fondi destinati ai Gruppi del Consiglio regionale della Sardegna. Le scorse ore, infatti, Guardia di Finanza e Carabinieri hanno notificato almeno una decina di avvisi a
comparire per i nuovi indagati.
Il registro di coloro che dovranno rispondere al pm Marco Cocco di peculato, dunque,
sarebbe salito oltre gli attuali
66 consiglieri. Tra i nomi, c’è
anche l’ex tesoriere del gruppo di Forza Italia dal 2004 al
2009, Mariano Contu, assessore al lavoro e all’agricoltura
nella giunta guidata da Ugo
Cappellacci. “Sono tranquillo
e sereno –ha dichiarato al-
S
l’Adnkronos Contu-, sapendo
di non aver mai toccato un
solo centesimo di denaro pubblico.” A dare notizia dell’avviso di garanzia è stato anche
un altro ex assessore di Cappellacci, Antonello Liori (Fratelli d’Italia), che sulla propria
pagina Facebook ha scritto di
aver “ricevuto l’invito del Pm
Cocco a presentarmi come
persona sottoposta ad indagini
in relazione all’inchiesta dei
fondi dei gruppi regionali”.
Secondo le indiscrezioni, tra
gli indagati ci sarebbe anche
l’ex presidente del Consiglio
regionale, Claudia Lombardo,
finita recentemente nelle cronache per aver richiesto ed
ottenuto dal Consiglio la pensione di 5.129 euro a soli 41
anni.
la Boschi, i gossipari della
politica si sprecano in… dietrologie sull’accaduto. Che
comunque, va detto, cela un
aspetto quanto meno irrituale
sulla preferenza optata nell’occasione.
Tant’è: gli spifferi che arrivano dalla Farnesina parlano
comunque di una Mogherini
che si sarebbe “chetata”,
tanto per rubare lessico al
toscano, dietro la promessa
di un aggiustamento dei posti di comando interni al
Ministero attraverso uomini
a sua diretta immagine e
somiglianza, con relativi riposizionamenti anche nelle
ambasciate di mezzo mondo. Come dire: a mettere a
posto le cose si fa sempre
in tempo…
R. V.
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Venerdì 30 maggio 2014
Attualità
CARIGE: DOPO L’INTERROGATORIO E IL NUOVO BLITZ DELLA FINANZA, PER IL BANCHIERE SI APRONO LE PORTE DEL CARCERE
“Depistava le indagini”, Berneschi finisce dentro
Avrebbe cercato di movimentare somme di denaro anche durante la detenzione
domiciliare - Il Procuratore Capo di Genova: “Nessuna talpa con la toga”
di Marcello Calvo
DOPO LE CASE SEQUESTRATE A SCAJOLA
nchiesta Carige, terremoto giudiziario: Giovanni Berneschi finisce in carcere. Dopo l’interrogatorio di garanzia e l’ennesimo
blitz della Finanza nel suo appartamento alle porte della stazione di
Genova Brignole, il “potente” è finito
dietro le sbarre.
Per gli inquirenti avrebbe violato il divieto
di contatti esterni al di fuori dell’ambito
familiare, cercando di movimentare somme di denaro anche durante la detenzione domiciliare.
Un vero e proprio autogoal quello del
“Magro”, che a 76 anni sarà ora costretto
a difendersi dalle pesantissime accuse
mosse nei suoi confronti dall’interno
della Casa Circondariale di Marassi.
Avrebbe dovuto chiarire tutto davanti al
gip, il “potente della Lanterna”, ma secondo alcune indiscrezioni trapelate dal
Palazzo di Giustizia genovese, l’interrogatorio di garanzia è servito solo a peggiorare le cose. Testimonianza del fatto,
le dichiarazioni dei pm, che nel corso
dell’audizione hanno confidato che il
ras dell’istituto di credito stava “raccontando la sua verità”. Forse alludendo al
fatto che le risposte ottenute non hanno
soddisfatto minimamente gli inquirenti.
Aveva detto di volere rispondere a tutte
le contestazioni, ma a quanto pare il
“Magro” si sarebbe riservato di contestare alcune accuse mosse nei suoi confronti in “altra sede”.
Sarebbe stato meglio avvalersi della fa-
Mancata scorta a Biagi:
l’inchiesta entra nel vivo
I
rosegue la nuova inchiesta
della Procura di Bologna
sulla mancata scorta a Marco Biagi, l’economista ucciso
12 anni fa nella città emiliana.
Ieri è stato preso a verbale Luciano Zocchi, ex segretario dell’allora ministro Claudio Scajola.
"Io ho sempre dato per scontato
che il ministro ha ascoltato le
mie richieste e secondo me ha
fatto quello che doveva fare. Io
penso sempre bene delle persone fino a prova contraria", ha
detto poi Zocchi ai cronisti.
L'ex segretario di Scajola è stato
sentito per circa un'ora e mezza
dai magistrati. "Ho risposto alle
domande del sostituto procuratore Gustapane, in particolare
in riferimento ai due appunti
che scrissi al ministro Scajola
la mattina del 15 marzo 2002 –
ha detto ancora Zocchi ai giornalisti che lo aspettavano - e
alla successiva telefonata che il
ministro mi fece attorno alle 21
della stessa giornata. Credo di
aver contribuito a chiarire, per
quanto mi compete, al raggiungimento della ricostruzione di
P
coltà di non rispondere, depositando,
tramite i suoi legali, una memoria difensiva volta a chiarire alcuni aspetti fondamentali. E invece Berneschi è finito alle
corde e non sarebbe riuscito ad uscire
dall’angolo, messo alle strette da pugili
(pubblici ministeri) agguerriti.
Dopo Tanzi, Rizzoli e Frigerio, nonostante
la sua non più giovanissima età, anche
Berneschi finisce in prigione.
Sono arrivate anche alcune precisazioni
(alquanto stizzite) da parte del Procuratore
Capo di Genova Michele Di Lecce, circa
la presenza in Tribunale di presunte talpe
con la toga: “In 7 mesi di indagine su
Carige non c’è stata alcuna interferenza
da parte di alcun magistrato. Se ci sono
stati comportamenti censurabili sono relativi a altre sedi e procedimenti”. Ma c’è
chi non sembra essere d’accordo…
quanto avvenne in quei giorni.
E mi auguro che celermente si
pervenga ad una verità, per lo
meno quella giudiziaria su questo
argomento che ancora lascia
tanta tristezza a tutti. Lo dobbiamo al professor Biagi e alla
sua famiglia e anche allo Stato
democratico che ha avuto un
vulnus in questo episodio tragico
di 12 anni fa. Biagi era il terzo
collaboratore del ministro del
Lavoro, sudava e lavorava. E
non dimentichiamo che qui ci
sono in mezzo le Br, tutto il
resto va ai cultori".
L'inchiesta contro ignoti, aperta
sull'ipotesi di reato di omicidio
per omissione, prende spunto
proprio da alcuni appunti dello
stesso Zocchi e vistati dall'ex
ministro, trovati tra le carte sequestrate a Scajola dopo il recente arresto dell’ex ministro.
Sempre ieri, i magistrati hanno
sentito anche Giuseppe Procaccini, all’epoca vice capo di gabinetto del Viminale, cui Zocchi
si sarebbe rivolto per parlargli
della questione della scorta da
assegnare a Marco Biagi.
TUTTI CONTRO TUTTI NEI GRILLINI. L’EX CAPOGRUPPO ALLA CAMERA LOMBARDI NON ESCLUDE ALTRE EPURAZIONI
Terremoto a 5 stelle, nasce un nuovo partito?
Il sindaco di Parma, Pizzarotti, pronto alla scissione. L’indiscrezione: “E’ questione di giorni”
di Federico Colosimo
el movimento pentastellato la tensione
sale alle (5) stelle. E adesso è in arrivo la
resa dei conti.
Dopo il mezzo flop alle Europee è tutti contro
tutti. E già si torna a parlare di nuove epurazioni.
L’intoccabile Roberta Lombardi, travolta dalle
polemiche online per la storia della segretariababy sitter pagata dai contribuenti con la diaria
da deputato, torna a dare sfogo a un malumore
ormai evidente e avverte i dissidenti: “O Currò,
Rizzetto e gli altri ribelli si adeguano alle posizioni
della maggioranza oppure, se non sono d’accordo,
per dignità dovrebbero andarsene, perché non
N
possiamo più permetterci di avere nemici in
casa. Se il massacro interno continuerà, non va
esclusa l’ipotesi di nuove espulsioni”.
Altro che inversione di rotta, in casa M5s il leitmotiv è sempre lo stesso: chi solo si azzarda a
criticare le scelte del leader viene cacciato.
L’ex capogruppo a Montecitorio se la prende
con tutti e si scaglia anche contro il primo
cittadino della Stalingrado gialla, Federico Pizzarotti, orma in guerra aperta con il duo GrilloCasaleggio: “Ma non ha niente da fare? Dovrebbe
pensare più a essere un bravo sindaco. Sui temi
nazionali, non conoscendo nel dettaglio le questioni, forse sarebbe preferibile che evitasse di
intervenire”.
Non solo defenestrazioni e diktat, ormai la situazione in casa 5 stelle è irrecuperabile. E
adesso lo scontro è interno, tra militanti ed eletti
grillini. Mentre Casaleggio junior studia da leader
– di padre in figlio, alla faccia della meritocrazia
e della tanto odiata Casta – il fronte dei dissidenti
si allarga. Visibilmente provati da un conflitto
senza fine, c’è chi vuole rompere gli indugi e costruire un partito diverso sfruttando la scossa
elettorale.
Sono tantissimi, i deputati-senatori che vedrebbero
a capo di un’ala moderata del grillismo proprio
Pizzarotti. C’è chi lo invita a rompere gli indugi e
a uscire allo scoperto. E secondo le ultime indiscrezioni, ormai ci siamo: “E’ solo questione di
giorni”, ha rivelato al Giornale d’Italia un esponente
del movimento pentastellato.
In tutto questo caos, monta la polemica per la
possibile alleanza con l’Ukip di Farage, che non
piace a nessuno: “Gli euroscettici inglesi ci fanno
schifo”, il commento caustico della deputata
Giulia Sarti.
E il “cerchio magico” del partito, guidato da
Alessandro Di Battista, torna ad attaccare i mezzi
di informazione: “Sono asserviti come nell’Argentina del dittatore Videla”. E’ questo il cambio
di strategia del Movimento 5 stelle. Insulti,
attacchi e urla dovevano essere messe da parte,
e invece si continua sulla stessa lunghezza
d’onda. D’altronde cosa ci si poteva aspettare?
Chi nasce tondo non può morire quadrato.
Dalle stoccate al ridicolo. Il volto telegenico del
movimento, senza vergogna, definisce “un trionfo”
il risultato del gruppo pentastellato alle Europee.
Tra commenti deliranti e liti interne, il M5s è alla
frutta. E i consensi continuano a precipitare.
L’EX PREMIER, PIÙ NOIOSO DI UN DISCO STONATO, CONTINUA AD ERGERSI A SALVATORE DELLA PATRIA
Dopo la sberla, Monti ci riprova
di Giuseppe Giuffrida
A
volte è difficile accettare il
giudizio degli elettori. Ne
sa qualcosa il professor
Mario Monti, che pur aver assistito
allo sfascio della sua creatura, Scelta Civica, alle elezioni europee,
non si dà pace e tenta il possibile
per salvare la faccia. Ci prova con
un’intervista in collegamento da
Berlino (e già la dice lunga…) al
programma Rai “Agorà”. L’ex premier, della cui esperienza a Palazzo
Chigi gli italiani ricordano solo
tasse, lancia messaggi lusinghieri
a Matteo Renzi, che definisce un
prosecutore della dimenticata
“agenda Monti”:“La linea che Renzi sta con capacità politica affermando è –ha dichiarato il senatore
a vita-, mi permetto di dire, la linea
del mio governo: mantenere disciplinati i conti e fare riforme
strutturali per la crescita, avendo
voce in Europa”. Siamo rovinati,
dunque.
Nel corso dell’intervista, Monti è
anche ritornato su quanto accadde
nel 2011, con l’ormai appurata
spallata a Berlusconi coordinata
da Berlino e il conseguente ingresso al governo dell’economista:
“Normalmente una persona che
si occupa di politica lo fa per entrare in una posizione di potere. A
me non è capitato così – ha aggiunto Monti - Napolitano mi ha
chiamato per un’operazione di salvataggio che è stata fatta.” Sarà.
Fatto sta che lo stesso intervistato,
ripercorrendo il passato, racconta
di quando, nel finire del 2012, tentò
di imbandire un matrimonio con
l’allora segretario del Partito De-
mocratico Pierluigi Bersani per intestarsi la vittoria alle nazionali di
febbraio 2013. Evidentemente,
dopo solo un anno di governo, anch’esso dev’essersi inebriato del
profumo del potere. Tant’è: “Ho
chiesto a Bersani se era disposto
a fare un Pd non preda di Fassina
e della Cgil e mi disse di no”, ha
confessato Monti. Da qui, la sventurata idea di fondare Scelta Civica.
Di raccontare il susseguirsi di divisioni interne, e il recente flop
elettorale, il professore non ci pensa. Piuttosto, tenta di cacciare un
ragno dal buco e lo fa nel peggiore dei modi: “Il partito che ho
fondato ha avuto il merito di fermare Berlusconi: senza di noi oggi
lui sarebbe Presidente della Repubblica”. Convinto lui, convinti
tutti. Del resto, data l’irrilevanza
politica venuta fuori dalle urne,
sarebbe anche inutile controbattere. Basterebbe solo ricordare
che Berlusconi, pur consapevole
della trappola organizzatagli, per
un semplice quanto raro senso
delle istituzioni, fece un passo indietro lasciando strada libera al
professore. Quanto, poi, Mario
Monti realizzò con il suo governo,
è noto a tutti gli italiani che, purtroppo, ne pagano ancora le conseguenze.
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Venerdì 30 maggio 2014
Attualità
NON SOLO ESPATRI PER STUDIO. ADESSO VANNO VIA ANCHE GLI OPERAI. LA CINA DESTINAZIONE PIÙ AMBITA
Italia sedotta e abbandonata
Per la prima volta da decenni, le ‘uscite’ dal nostro Paese superano gli ingressi. Clandestini inclusi
di Giorgio Musumeci
U
na volta l’Italia era una delle
mete più ambite per chi ambiva ad un futuro sicuro e
felice. Oggi, dati alla mano,
il nostro Paese non piace
più a nessuno. Né agli stranieri, né
tantomeno agli italiani stessi, che preferiscono fuggire via. Secondo quanto
rileva la Caritas Migrantes, infatti, pur
considerando il flusso enorme di extracomunitari che ogni giorno sbarca
sulle coste della Sicilia, coloro i quali
varcano i nostri confini con l’idea
piantare le radici, sono ampiamente
meno rispetto a coloro che, passaporto
alla mano, volano via. Un dato sconcertante, che la dice lunga sulla condizione in cui versa il Paese.
Nel 2011, 90 mila italiani hanno cercato rifugio all’estero, l’anno dopo
erano solo 60 mila, poi 75 mila. Ma il
peggio verrà registrato quest’anno,
quando verrà superata la soglia dei
100 mila. Nessun margine di errore.
Come ha dichiarato Sergio Durando
della Caritas Migrantes, infatti, “questi
numeri sono calcolati per difetto”,
perché si basano su statistiche ufficiali, ad esempio dell’Aire, l’anagrafe
dei residenti all’estero, “e non considerano chi si trasferisce senza cambiare residenza o senza comunicarlo
alle autorità italiane”.
Il dato riguardante gli stranieri che
arrivano in Italia, invece, è crollato
dai 300mila degli anni scorsi ai 30mila
che si prevedono quest’anno. “La capacità attrattiva dell’ Italia è certamente
diminuita, anche perché la crisi qui
ha penalizzato gli immigrati più degli
italiani”, ha spiegato Ferruccio Pastore,
direttore del Forum internazionale ed
europeo di ricerche sull’immigrazione.
“La domanda di lavoro immigrato esiste ancora, ma oggi è in parte assorbita
da stranieri che sono già in Italia e
hanno perso il lavoro. Per chi arriva
da fuori, quindi, le opportunità si sono
ridotte”. Un fenomeno, questo, già accaduto in quei Paesi travolti da una
devastante crisi economica, quali Spagna e Grecia. Per queste ultime, il
saldo migratorio si era invertito un
paio d’anni fa, anche perché molti
stranieri sono tornati ai Paesi d’origine.
Dal canto suo, l’Italia ha resistito qualche anno, ma oggi si trova nelle stesse
condizioni.
Esaminando l’identikit di coloro che
espatriano, questi sono oltre 4 milioni,
LA PROPOSTA DI LEGGE PASSA ORA AL SENATO
Divorzio breve,
sì della Camera
una svolta epocale, che
ha messo d’accordo tutti
i partiti, eccezion fatta per
l’Udc, unica nota stonata a Montecitorio.
Dalla Camera è arrivato il primo
via libera al divorzio breve. Basteranno 12 mesi di separazione
giudiziale, o addirittura 180 giorni di consensuale, indipendentemente dalla presenza o no di
figli, per fare calare definitivamente il sipario sul matrimonio.
E’ la prima riforma tripartisan
della legislatura. I voti a favore
sono stati 381, 30 i contrari,
14 gli astenuti. E il testo passerà
ora al Senato per l’approvazione
definitiva, ma il suo transito
sarà piuttosto agevole, perché
esiste una quasi unanimità di
vedute fra i vari schieramenti.
L’applauso scrosciante in Aula
subito dopo la votazione, ha
evidenziato – su questo capitolo
– l’unione di intenti delle varie
forze politiche.
“Con questa proposta di legge
– il primo commento di Luca
D’Alessandro, segretario della
È
in media quarantenni, senza sostanziali
differenze tra uomini e donne. Quasi
la metà ha una laurea o un diploma.
L’altra metà no, ed è il segno che
l’emigrazione si è estesa - come accadeva decenni fa - alla manodopera.
A dimostrarlo sono i 3500 italiani che
nel 2013 sono emigrati in Cina: non
solo imprenditori e laureati, ma anche
cuochi attratti dal boom della ristorazione italiana in Oriente che cresce
a due cifre. Proprio l’Asia, secondo
le statistiche, è il continente più gettonato dagli emigranti, con una percentuale che cresce di quasi il 20 per
cento.
Tuttavia, la metà di coloro che lasciano
il nostro Paese si ferma in Europa,
immaginando dunque di poter tornare. Anche in questo caso, però, gli
Stati preferiti sono cambiati nel corso
degli anni. Un tempo era la Spagna,
invasa negli anni scorsi da 90 mila
italiani. Oggi, ironia della sorte, si
guarda a Est. La storia alla rovescia.
Stavolta siamo noi a emigrare in Romania, Ungheria, Polonia, Russia. Nei
primi mesi del 2014 oltre 6 mila italiani
sono andati ad abitare a Mosca. Dal
2011, gli italiani che vivono a Budapest
sono decuplicati, da 400 a 4 mila.
LA CASSAZIONE: PENE DA RIDETERMINARE
Spaccio lieve di droga:
liberi migliaia di detenuti
a Cassazione ha dato il
via libera alla rideterminazione della pena al ribasso per i condannati in via
definitiva per spaccio lieve di
droga, per effetto di due verdetti,
quello del 2012 e quello più
recente del 2014, della Consulta
sulla legge Fini-Giovanardi. I
supremi giudici - presieduti dal
primo presidente Giorgio Santacroce – hanno accolto un ricorso della procura di Napoli
contro la decisione del tribunale,
che aveva negato ad un condannato recidivo per piccolo
spaccio di ottenere il ricalcolo
della pena a seguito della sentenza della Consulta che aveva
dichiarato incostituzionale la
norma della Fini-Giovanardi che
vietava la concessione delle
circostanze attenuanti prevalenti
nel caso di recidivi.
L
I condannati definitivi con recidiva
per piccolo spaccio, potranno
ora ottenere il ricalcolo della
pena per l'incostituzionalità della
norma che vietava loro la concessione delle circostanze attenuanti. Inoltre, il giudice dell'esecuzione incaricato del ricalcolo dovrà tenere presente della
'abolizione' della Fini-Giovanardi
nella parte che non distingueva
tra droghe leggere e pesanti,
con effetti di aggravio di pena
anche per le ipotesi lievi.
Per effetto della decisione
delle sezioni unite penali della
Cassazione "potranno uscire
dal carcere migliaia di detenuti condannati per piccolo
spaccio, qualora venisse accolta la loro richiesta di revisione del trattamento sanzionatorio", affermano fonti
della Suprema corte.
Eurosky Tower .
Entrare in casa e uscire dal solito.
Commissione Giustizia della
Camera per Forza Italia – abbiamo reso al passo con i tempi
la legislazione senza cadere
nella tentazione della voglia di
emulazione degli altri Paesi. E’
una scelta di laicità senza estremismi a favore del matrimonio.
Perché non alimenta la paura
dell’odissea giudiziaria cui bisogna sottoporsi se le cose finiscono male”.
La parte migliore è quando si torna a casa
Queste, in sintesi, le novità
approvate a Montecitorio:
1) Stop alla separazione di tre
anni prima di chiedere il divorzio.
Il termine scende a 12 mesi
per la separazione giudiziale, a
sei per la consensuale e decorre
dalla notifica del ricorso.
2) La comunione dei beni si
scioglie quando il giudice autorizza i coniugi a vivere separati
o al momento di sottoscrivere
la separazione consensuale.
3) Il “divorzio breve” sarà operativo anche per i procedimenti
in corso.
Federico Colosimo
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5
Venerdì 30 maggio 2014
Esteri
ESCALATION DELLA VIOLENZA DA PARTE DEI SEPARATISTI FILORUSSI, TRA LE VITTIME ANCHE UN GENERALE
Abbattuto un elicottero ucraino: 14 morti
Si avvia invece a soluzione la vicenda dei quattro osservatori Ocse rapiti martedì scorso
di Francesca Ceccarelli
ribelli separatisti filorussi dell’Ucraina orientale hanno abbattuto ieri un elicottero a Slavyansk,
causando la morte di 14 militari
ucraini, tra cui un generale dell’esercito: a riferirlo il presidente Oleksandr Turchynov, nel corso di una seduta
in Parlamento: “Ho appena ricevuto la
notizia che vicino Slavyansk i terroristi,
usando un sistema portatile di difesa
anti-aerea di fabbricazione russa, hanno
abbattuto un nostro elicottero”, ha spiegato Turchynov. “Sono morti 14 dei nostri
militari, tra cui il generale Volodymyr
Kulchytskiy” ha aggiunto. L'elicottero è
stato colpito subito dopo che aveva trasportato un gruppo di soldati in una
base militare.
I
Intanto fonti locali hanno riferito che
davanti all'obitorio del principale ospedale della città sono allineate una trentina
di bare di cittadini russi morti nella battaglia dell'aeroporto di Donetsk. Le
bare verranno rimpatriate a bordo alcuni
camion. Li riporteremo a casa, in Russia":
ha detto il leader dei ribelli di Donetsk:
"Erano volontari arrivati per aiutarci"
Per quanto riguarda invece la vicenda
degli osservatori Ocse, l'autoproclamato
sindaco di Slavyansk, Vyacheslav Ponomaryov, lo ha ammesso: i quattro osservatori Osce spariti da martedi' sono in
mano ai miliziani: "Il gruppo di quattro
persone sparito a sud di Donetsk, sappiamo dove si trova e stanno tutti bene.
Li avevamo avvertiti che non sarebbero
dovuti andare da nessun parte per un
po' di tempo, pero' quattro di loro non ci
hanno ascoltato e sono stati arrestati."
“I quattro- (di nazionalita' estone, turca,
svizzera e danese) potrebbero essere
liberati nelle prossime ore - ha aggiunto
il leader dei ribelli nella roccaforte filorussa. "Nessuno li ha arrestati, li abbiamo
fermati. Quando chiariremo chi sono,
dove andavano e a far cosa, li lasceremo
andare", ha continuato Ponomaryov, lasciando intendere che vuole esclude
che i quattro siano spie che lavorano
per le autorita' ucraine.
La missione speciale in Ucraina di osservatori dell'Osce, l'Organizzazione per
la Sicurezza e la Cooperazione in Europa,
e' attiva dal mese di marzo e puo' contare
su circa 280 persone, tra cui 200 osservatori civili di 41 Paesi diversi.
Solo mercoledi' l'Osce aveva comunicato
che un altro gruppo di cui si erano perse
le tracce ( e tra quelli che mancavano
all'appello 'era anche una donna italiana)
era invece tornato a Donetsk. "Non abbiamo contatti con i nostri quattro osservatori da lunedi', ma speriamo di ripristinarli presto": ha dichiarato Michael
Bociurkiw, portavoce della Missione speciale di monitoraggio Osce in Ucraina,
aggiungendo di non voler commentare
per ora le dichiarazioni dell'autoproclamato sindaco di Slavyansk, Vyacheslav
Ponomaryov, il quale ha riconosciuto
che i quattro osservatori, di cui si erano
perse le tracce a Donetsk, sono in mano
ai miliziani separatisti. "Si tratta di speculazioni che non commentiamo", ha
concluso Bociurkiw.
LO AFFERMA JEROME VIGNON
I cattolici francesi
a sostegno di Le Pen
n cattolico su cinque in
Francia ha scelto alle elezioni europee la leader
del Front National, Marine Le
Pen, nonostante le raccomandazioni diverse, a favore dell’Europa, lanciate dall’Episcopato:
ad affermarlo è Jérôme Vignon,
presidente delle Settimane sociali
francesi, intervistato dal Sir, servizio di informazioni religiose
(www.agensir.it) sugli esiti del
voto transalpino.
“Credo che abbiano inciso l’argomentazione identitaria, la difesa dell’identità cristiana dell’Europa, la paura di un’Europa
che si apre troppo alla immigrazione, con un Islam imponente che ha profondamente
cambiato il volto delle città spiega Vignon all’agenzia diretta
da Domenico Delle Foglie - è
l’immagine di un cattolicesimo
di identità che rifiuta una certa
parola della Chiesa cattolica e
che chiede invece di far posto
allo straniero e di dargli ospitalità
in maniera incondizionata”.
U
Con alcuni fedeli che faticano a
digerire certe indicazioni provenienti dal Papa: “C’è sicuramente una minoranza di cattolici
francesi che non comprende o
non segue gli orientamenti contenuti nella Esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’; credo
che occorra oggi più di ieri mettersi in ascolto gli uni degli altri
- è la conclusione del presidente
delle Settimane sociali - penso
che non si debba assolutamente
fare finta che nulla stia succedendo nel mondo cattolico”.
UN PLEBISCITO L’ELEZIONE DI SISI, PROTAGONISTA DELLA CACCIATA DEI ‘FRATELLI MUSULMANI’
L’Egitto ha il suo nuovo ‘faraone’
IL SEGRETARIO DI STATO REPLICA SUL DATAGATE
“Snowden un patriota?
Allora torni negli Stati Uniti”
“
Se il signor Snowden
vuole tornare negli Stati
Uniti, gli faremo avere
un aereo oggi, saremmo felici
di vederlo tornare e dovrebbe
farlo. E' quello che un vero
patriota farebbe". Queste le
parole di John Kerry dopo le
dichiarazioni rilasciate in
un'intervista alla Nbc dalla
fonte del Datagate sui servizi
segreti americani, terremoto
abbattutosi sui programmi di
spionaggio della National Security Agency.
La risposta del segretario di
Stato americano è che per
Washington Snowden ha
commesso comunque un reato gravissimo avendo messo
a repentaglio la sicurezza del
paese. "E' un uomo che ha
tradito il suo paese, che se
ne sta in Russia, un paese autoritario che gli ha dato rifugio
- ha affermato Kerry - se vuole
contestare quello che ritiene
sbagliato dei programmi di
sorveglianza americani, ritorni nel suo paese, affronti
la giustizia e si difenda".
A giugno dello scorso anno
Snowden fu incriminato per
spionaggio: se oggi dovesse
tornare negli Stati Uniti sarebbe subito arrestato. Nell'ultima intervista Snowden
ha dichiarato false le dichiarazioni fatte sul suo impiego
nei servizi segreti come di
un esperto di informatica:
l’uomo rivendica di essere
stato addestrato da vero agente. "Sono stato addestrato
come una spia nel senso tradizionale del termine - ha
detto - ho vissuto e lavorato
sotto copertura all'estero".
Sono state dette falsità per
Snowden come “Quando dicono che ero un amministratore di sistemi di basso livello,
che non so di che cosa sto
parlando, io dico che è una
mossa fuorviante".
Tutte accuse che non scompongono Kerry che aggiunge: "per qualcuno che dovrebbe essere intelligente,
questa è un'affermazione abbastanza stupida - ha detto il
segretario di Stato - è un latitante ed è per questo non gli
è permesso di andarsene in
giro in aereo per il mondo".
F.Cec.
di Giuliano Castellino
A
bdel Fattah al Sisi è il nuovo Presidente dell’Egitto. Con una percentuali pari al 95,3%, degne dell’era Mubarak, o di quella più gloriosa di
Nasser. L’ex generale e ministro della
Difesa, protagonista della cacciata dei
Fratelli musulmani nello scorso luglio, ha
conquistato la guida del paese, come
previsto dai più.
Nonostante l’astensionismo, dovuto anche
agli appelli al boicottaggio da parte delle
opposizioni, in primis i sostenitori dei
Fratelli musulmani, messi ancora una volta
fuori legge dal nuovo potere e il cui
leader Mohammed Morsi era stato destituito da capo dello Stato proprio da
Sisi, allora generale a capo delle forze
armate.
Grazie al forte culto della personalità,
Sisi ha fatto leva in ogni modo sul voto
delle donne, sulla giustizia sociale, sull’appartenenza nazionale e sulla laicità
della politica. Per questo Sisi viene paragonato a Nasser e come lui viene idolatrato dal suo popolo e criminalizzato
dalle forze internazionali, che preferivamo
un Egitto jihadista, destabilizzato, debole
e controllabile.
Ora però il nuovo Nasser dovrà far fronte
ad un Egitto messo in ginocchio dalla
“primavera araba”, da un forte debito e
da una disoccupazione sopra il 13%.
Nel corso della sua campagna elettorale
l’ex generale ha martellato sui tema della
stabilità e della sicurezza.
Il pugno duro nei confronti del terrorismo
e gli jihadisti del Sinai, la repressione
contro i Fratelli musulmani lo hanno ac-
creditato come il salvatore della patria.
Lo spoglio dei voti ha confermato gli
exit-poll dei giorni scorsi: Abdel Fattah
al Sisi ha raccolto 23,8 milioni di consensi,
un vero plebiscito. Ad Hamdine Sabbahi,
l’unico rivale di Sisi, ha preso appena
757 mila voti (quindi circa il 3,1%).
In Egitto anche i cristiani hanno sostenuto
la cacciata dei Fratelli Musulmani che
volevano scatenare una guerra civile contro di loro (ci ricordiamo ancora i massacri
contro i copti) ed ora sperano molto nel
governo nazional-popolare militare di
Sisi, certi che non farà differenza tra egiziani musulmani ed egiziani cristiani.
Ora la strada che ha di fronte il paese è
tutta in salita: il turismo è il settore più
colpito ma non l’unico. Il governo ha lanciato la campagna “We miss you”, ci
mancate, per invitare i turisti a tornare. Il
settore ha perso dal 2011 almeno 2,5
miliardi di dollari e il 40% di visitatori.
Inoltre c’è da difendersi da due durissimi
nemici: quello interno, l’integralismo ed
il terrorismo islamico e le ingerenze occidentali, che poi sono strettamente collegate.
Come è già capitato, un Egitto nasseriano,
un Egitto socialista nazionale, rimane
scomodo, perché troppo mediterraneo,
troppo amico dell’Europa e troppo scomodo per le mire geopolitiche degli
atlantici, che hanno tutt’altri piani per il
medio oriente.
6
Venerdì 30 maggio 2014
Storia
IL SECONDOGENITO DEL DUCE È UN "BEL RAGAZZO POSATO", CHE "NON SI LASCIA MONTARE LA TESTA"
Vittorio Mussolini privato, i ricordi di Benito e Rachele/2
Quando nasce, nel 1916, il padre è al fronte: un'infanzia semplice e sobria, le scuole pubbliche e la passione per il cinema
di Emma Moriconi
Q
uando Vittorio nasce, il 27 settembre
1916, il padre Benito è al fronte: "La
nostra corrispondenza riprese racconta Rachele Guidi in "Benito
ed io, una vita per l'Italia" - e presto
le mie lettere gli annunciarono l'arrivo d'una
mia nuova maternità. Il 27 settembre apprese
della nascita del nostro secondogenito Vittorio.
Benito aveva scelto questo nome di buon augurio per le nostre armi. Ero addolorata dal
fatto che non poté vedere subito suo figlio.
Sapevo che, esattamente in quel momento,
egli era in una dolina pericolosa nel Carso
dove restò per sei mesi".
Vittorio viene battezzato nel 1923 insieme a
Edda e a Bruno, da Don Colombo Bondanini,
"il fratello di Augusta - racconta ancora Rachele
- la moglie di Arnaldo, la quale assistette alla
cerimonia con suo marito e Manlio Morgagni.
Quel battesimo fu tra i più semplici e si svolse
in casa. I ragazzi furono cresimati nel 1925
sempre in forma privata ai Camaldoli, vicino
alla Verna, dal cardinale Vannutelli che diede
loro la comunione".
Un'infanzia semplice, quella che caratterizza
le vite dei figli del Duce e di Rachele Guidi:
tutto è improntato alla sobrietà, com'è nello
stile di ogni famiglia di lavoratori onesti. "Edda,
Vittorio e Bruno . dice Rachele - frequentavano
le scuole pubbliche, secondo il preciso volere
del padre, che non voleva 'tenerli lontani dalla
gente comune'".
Vittorio cresce, e in lui si sviluppa una grande
passione per il cinema.
"Sono contento di Vittorio, non si è lasciato
montare la testa né da stelle né da stelline.
Dice che sono quasi tutte brutte, e che il
Bruno e Vittorio Mussolini ed il loro affezionato maestro di football
Eraldo Monzeglio (in mezzo con il braccio fasciato)
merito lo hanno i truccatori: sia uomini che
donne sono di un'abilità incredibile. Rifanno
completamente le facce, aggiungono un pezzo
di naso, mettono una guancia o un pezzo di
fronte. Formano la faccia a seconda della
scena che l'artista deve girare. Gli americani
sono rimasti molto meravigliati di questo giovanottone biondo, alto, semplice. Loro credono
che tutti gli italiani siano bassi, piccoli come il
re, con i capelli neri crespi e gli occhi grandi.
Hanno un'idea molto vaga ed imprecisa degli
italiani. Vittorio ha dimostrato coraggio, ha
girato a piedi per le vie di New York con un
solo policeman a distanza, serio e cortese
con tutti, sia milionari che operai. Roosvelt è
stato molto gentile con lui. Lo ha trattenuto 45
minuti domandandogli molte cose".
Sono le confidenze che Benito Mussolini fa a
Claretta Petacci nell'ottobre del 1937, quando
Vittorio va in America per conoscere da vicino
la cinematografia di oltreoceano.
" All'andata ha dormito al 14° piano, al ritorno
al 17° - continua il Duce - Però a tutto questo
traffico, agli enormi grattacieli, è rimasto indifferente, come se ci fosse già stato. [...] Vittorio
è serio, posato, non si è montato la testa né
per i festeggiamenti né con le snellissime. Ed
è stato naturalmente molto corteggiato, gli si
sono tutte strofinate queste donne-immagine.
Un bel ragazzo, Mussolini, perciò... Non ha
avuto paura di nulla, eppure aveva avuto degli
articoli ben poco simpatici".
Il 25 luglio 143, quando Benito Mussolini viene
arrestato dopo il voto del Gran Consiglio, Vittorio è a Roma, "ma non era in casa quella
sera - ricorda Rachele - era a cenare da certi
suoi amici. Gli telefonai, gli dissi di venir
subito che avevo da dirgli delle cose, lui disse
di si, io l'aspettai, ma non veniva. Lo chiamai
ancora: 'Vieni', gli dissi, 'che la cosa che ho
da raccontarti è grave'. Lui voleva saper la
cosa, io non gliela dicevo e ci scherzava su.
Arrivò dopo un quarto d'ora. Rideva. 'Ebbene',
disse, 'va a fuoco casa?'. Ogni tanto i miei figliuoli scherzavano così, per la paura che io
avevo delle cose. 'Si', dissi, 'questa volta va a
fuoco davvero,. Hanno arrestato tuo padre'.
'Ma no!' disse lui, e non voleva crederci. 'Guarda là', gli dissi, 'che stanno già portando via
gli agenti. Mettiti in salvo, se no portano via
anche te'".
(…continua…)
[email protected]
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film ammesso a
UN FILM PER LA PACE
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festival 2014
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7
Venerdì 30 maggio 2014
Da Roma e dal Lazio
SALGONO I MALUMORI TRA I CONSIGLIERI CAPITOLINI E I DIRIGENTI DEL PARTITO DEMOCRATICO
Marino e il cambio di passo che non c’è
“Capisco i ritardi da colmare, ma forse il primo cittadino avrebbe dovuto pensarci prima”, punge il ministro Madia
È
questione di mesi ormai. In
molti lo danno già per spacciato. Perfino all’interno del
suo movimento, il Partito democratico: da Largo del Nazareno al
Campidoglio la stessa sensazione.
Quindi dovrebbe finire presto, secondo
voci insistenti, l’esperienza di Ignazio
Marino a Palazzo Senatorio. Non convince neanche più i suoi compagni di
viaggio. A partire dalle sue scelte: da
quelle politiche fino a quelle amministrative. Tant’è che già due assessori,
Daniela Morgante come delegata al
Bilancio e Flavia Barca alla Cultura,
hanno abbandonato la truppa.
E mentre ieri il sindaco di Roma ha
incassato la fiducia dell’europarlamentare Enrico Gasbarra che entrando
al Nazareno, pochi minuti prima della
riunione tra gli eletti del piddì e il premier e segretario del partito Matteo
Renzi, ha smentito le voci che lo vedrebbero ai ferri corti col primo cittadino e il collega Goffredo Maria Bettini,
dal ministro alla Pubblica amministrazione Marianna Madia invece arriva
l’ennesimo altolà: “Lo straordinario risultato del Pd a Roma rispecchia quel
che è accaduto in tutta Italia: è un risultato di Matteo Renzi segretario e
presidente del Consiglio. Di nessun
altro”, ha puntualizzato la ministra dalle
colonne di Repubblica, aggiungendo
che “Renzi ha vinto perché è stato percepito come portatore di un cambiamento vero, cosa che deve ancora arrivare in Campidoglio”. Non solo: la
SALARIO ACCESSORIO, ALTRE PROTESTE
“Lavoratori ombrello
del sindaco di Roma”
S
Madia ha detto qualcosa in più:“Capisco che ci siano ritardi da colmare,
che forse Marino avrebbe dovuto pensarci prima perché, tanto per dirne
una, con i problemi finanziari di Roma
non si può stare a lungo senza assessore
al Bilancio”. E ancora.“Però l’obiettivo
deve essere rafforzare la squadra, non
rispondere all’input di qualche capocorrente. Altrimenti saprebbe tanto di
vecchi schemi e vecchia politica”, ha
precisato la delegata del governo alla
Pubblica amministrazione che, invece,
sull’ipotesi sul suo nome per il dopoMarino ha detto: “Un sindaco c’è già”,
lasciando però la porta aperta: “Ho la
sensazione che sia solo un modo per
creare subbuglio in una giunta che c’è
e non ha proprio senso mettere in discussione adesso”. Adesso, appunto.
Marino, dal canto suo, a chi gli faceva
notare di essere troppo lento rispetto
ai ritmi del presidente del Consiglio
dei Ministri ha risposto così:“Il consiglio
comunale si riunisce poco, la maggioranza cambi ritmo. Sono ferme in commissione – ha punto il primo cittadino
- le delibere che possono cambiare
Roma”.
Chiaro il segnale agli esponenti del
centrosinistra dell’Assemblea capitolina
a ventiquattr’ore dal vertice con la sua
maggioranza.
Non proprio un bel clima a ridosso
del bilancio e del piano di rientro.
Giuseppe Sarra
ale la tensione in
vista dello sciopero generale
del 6 giugno, con tanto di corteo, degli amministrativi di Roma
Capitale. La trattativa
tra Comune e sindacati sul salario accessorio, ad oggi, non è
a buon fine. Un ulteriore incontro sul
tema ieri al Campidoglio, ma la fumata
bianca non c’è stata.
Anzi, la situazione
sembra addirittura peggiorata.
I sindacati accusano l’amministrazione Marino “di non
avere alcuna idea ne’ su come
risolvere la questione relativa
al salario accessorio, ne’ su
quale potrà essere un piano
futuro dei servizi organizzativi
della città”.
“L’impressione - ha spiegato
all’agenzia Dire, Giancarlo Cosentino della Cisl – è che l’am-
ministrazione voglia usare i
dipendenti capitolini come
‘ombrello’ per coprire i disordini amministrativi e di bilancio evidenziati nel documento
del Mef. Quando in realtà lo
stesso documento, se uno va
a leggerselo, parla di società
municipalizzate, di sprechi relativi ai costi della politica e
più in generale di tenere sotto
controllo le spese della macG.S
china amministrativa”.
TANTISSIMA GENTE INTRAPPOLATA NELLE STAZIONI DEL LAZIO
Ferrovie in tilt per lo sciopero
Oggi sarà la volta delle sigle minori di Atac. A rischio
le fasce dalle 8 e 30 alle 17 e dalle 20 a fine servizio
obilità in tilt. Tantissimi disagi alla circolazione
ferroviaria ha creato lo sciopero generale
delle sigle minori del gruppo Trenitalia. Una
adesione così alta che nemmeno le stesse organizzazioni
sindacali si aspettavano, tanto da far saltare gran
parte del sistema del trasporto su rotaia. Esclusa
l’alta velocità, le cosiddette “Freccia rossa”, la protesta
del personale ferroviario ha interessato i treni intercity
e quelli regionali. Da Nord a Sud, passando per il
Centro. Tra le regione più colpite il Lazio, dove migliaia
di pendolari (studenti, professionisti e lavoratori)
sono rimasti vittima di rinvii, ritardi e soppressioni
delle corse. Una situazione che è peggiorata con il
passare delle ore, in particolare nella fascia che va dal
M
primo fino al tardo pomeriggio, quando poi alle 21 è
tornato tutto alla normalità. E così centinaia di persone,
speranzose di tornare al più presto a casa, sono
rimaste ‘intrappolate’ nelle stazioni della regione.
A pagare lo scotto più alto, i pendolari fermi per ore
presso lo scalo di Roma Termini. Occhi puntati sul
maxi tabellone con le orecchie incollate all’altoparlante
in attesa di una buona notizia. Qualcuno borbotta,
altri imprecano, altri ancora camminano nervosamente
su e giù sulle banchine.
Disperazione, rabbia e sconforto viaggiano sul web.
Tantissimi i commenti e le foto che sono rimbalzate
da un social network all’altro. “Alla faccia delle fasce
garantite – scrive Matteo sul suo profilo Facebook –
ben tre treni soppressi”. Pochi minuti e arriva il commento di una sua amica,
Claudia studentessa come lui: “Siamo in Italia”. E
ancora. “Di cosa ti meravigli – interviene Marco - i
disagi di quando c’è o non c’è lo sciopero sono a
uguali a tutti i giorni... ritardi e cancellazioni!”. Non va
meglio su Twitter, dove Marco si sfoga così: “Insomma
oggi sciopero dei treni, domani dei mezzi. Grazie
#roma #atac #sciopero”. Un altro, invece, gli fa
notare: “La felicità dei tassisti quando c’è lo #sciopero
dei trasporti a #roma è roba per pochi eletti…”,
“Fareste bene a fornire un servizio efficiente – osserva
Gianluca – invece di fare scioperi settimanali”. Ine-
quivocabile il commento di Claudia: “E io pago…”.
Qualcuno se la prende anche con il governo Renzi:
“Oggi c’è lo sciopero, bene – esordisce Anna,
insegnante precaria -. Siamo però costretti a viaggiare
quotidianamente in queste condizioni. Ma noi italiani
siamo fatti così – punge infine – ci facciamo abbindolare
con 80 euro”.
Oggi, invece, dalle 8 e 30 alle 17 e dalle 20 a fine
servizio sarà a rischio la rete autobus, metro e
ferroviaria gestita dall’Atac a causa dello sciopero
Marco Compagnoni
indetto dal sindacato Usb.
IL BLITZ DEI CARABINIERI
Palestrina, sequestrati tre quintali di hashish
La droga avrebbe fruttato un milione di euro. In manette due italiani
mportante operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di
Roma a Palestrina, città alle porte
della capitale, contro lo spaccio di
sostanze stupefacenti. I militari hanno
assicurato alla giustizia due uomini,
sorpresi in un casolare nelle campagne della cittadina, mentre erano
intenti a scaricare da un furgone a
noleggio, circa 3 quintali di hashish,
I
per nasconderla all’interno dell’abitazione.
Il carico di droga era contenuto in
15 borsoni e composto da panetti
recanti un simbolo a forma di croce.
L’operazione è scaturita da alcune
notizie d’ambiente, acquisite nel corso
dell’ordinaria attività di ricerca informativa svolta dalla stazione di via
In Selci, che indicavano uno dei due
arrestati, un 48enne romano con precedenti specifici, C.L. queste le sue
iniziali, quale gestore di una florida
attività di traffico di stupefacenti.
E così sono scattati i pedinamenti
per alcuni giorni fino al blitz di ieri
mattina al casolare di Palestrina, quando l’uomo era alla guida di un furgone
adibito al trasporto della droga.
Il secondo arrestato, un cuoco di 50
anni, M.M., proprietario del casolare
dove avrebbe dovuto essere temporaneamente stoccata la droga –
che avrebbe fruttato circa un milione
di euro - in attesa dello smercio
verso le piazza dello spaccio della
capitale.
I due sono ora reclusi nel carcere di
Rebibbia, a Roma.
Antonio Testa
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Venerdì 30 maggio 2014
Dall’Italia
TREVISO - IN TEMPI DI CRISI C’È CHI METTE ALL’ASTA IL PROPRIO CORPO
Non riesce più a vivere,
madre di famiglia vende un rene
SALERNO
Abusava della figlia,
arrestato padre-orco
Denunciato il fratello che ha picchiato
la giovane per spingerla al silenzio
Il disperato appello di una quarantacinquenne con un figlio
dodicenne costretta a tirare avanti con 400 euro al mese
H
a un figlio di dodici anni da mantenere.
Ma lei, costretta a vivere con poche
centinaia di euro al mese, non ha
abbastanza soldi. Per questo ha deciso di vendere un rene su Ebay.
È l’ennesima storia in tempo di crisi quella
che arriva da Nervesa della Battaglia, in provincia di Treviso, dove un donna di 45 anni,
Domenica, è disposta a vendere una parte
del suo corpo pur di racimolare qual cosina.
“Sono allo stremo: vendo un rene” così ha
raccontato la donna a “Il Gazzettino” spiegando
che, dopo la separazione dal marito avvenuta
a gennaio, è costretta a vivere con soli 400
euro al mese, frutto di qualche lavoretto e
del contributo che l’ex coniuge le dà. Non ha
un lavoro, non ha parenti vicini (la famiglia
vive in Calabria), la casa è in affitto. Un grande
aiuto le arriva dalla suocera, che per lei è
quasi una mamma, ma anche dai vicini che,
quando e come possono, le danno una mano.
Così, però, non riesce più a continuare. Da
qui la decisione di vendere un rene online,
una scelta difficile ma per lei forse l’unica
per riuscire ad andare avanti.
Non è la prima volta che cittadini disperati
annunciano la vendita di un rene pur incassare.
Lo aveva fatto, in segno di protesta, a gennaio,
Mauro Merlino, disoccupato di Fiorano Modenese. “Vendo un rene non per mangiare,
ma per pagare le tasse” aveva detto in un
video caricato su youtube. L’uomo, senza
lavoro stabile, aveva gridato ai giornali locali
tutta la sua rabbia verso una società incapace
di tutelare i cittadini. “Ho 44 anni – aveva
spiegato – e posso ancora dare molto. Ma
per la società sono inutile, è mai possibile esserlo alla mia età? Vedo la mia famiglia e mi
chiedo se gli sono davvero utile, per il resto
sono uno che non sta facendo nulla. Senza lavoro dal lunedì al venerdì ogni giorno è
uguale. Ma che cosa devo
fare? Devo lasciarmi morire
in casa, come in tanti hanno
già fatto? Dall'inizio dell'anno
sono già 14 i suicidi a causa
della crisi. Il suicidio non mi
ha mai sfiorato, ma la sensazione di sentirsi soli, inutili,
quella sì. Non sto chiedendo
un privilegio, ma qualcosa, il
lavoro, su cui secondo la Costituzione si basa l’Italia. Desidero una vita degna d'essere
vissuta. Voglio tornare a casa
alla sera e puzzare di fatica,
di lavoro, mentre ora vivo nella
malinco-noia, e come me ogni
disoccupato”.
Poi ancora a Pescara, la disperata protesta davanti alla
sede di Equitalia il 25 febbraio
di un ex imprenditore, Silvio
Buttiglione, 60 anni. “Vendo
un rene o una cornea a chi
salva la mia casa messa all'asta” in un cartello appeso . L’uomo con
passato nella gestione di punti vendita di
profumeria, dal 2007 è in mano alle banche
e si sarebbe anche rivolto a degli usurai, da
lui definiti “più onesti degli istituti di
credito”.Solo alcuni esempi di cittadini disperati
che chiedono solamente di vivere una vita
Barbara Fruch
serena.
O
rrore a Salerno,
dove un uomo di
55 anni è stato arrestato dai carabinieri
a Giffoni Valle Piana con
l’accusa di aver abusato
sessualmente della figlia per 13 anni.
L’uomo, per il quale il
gip del tribunale di Salerno ha emesso un
provvedimento ai domiciliari per violenza sessuale aggravata e atti
persecutori aggravati, è
finito in carcere perché
alla vista dei carabinieri
del reparto operativo di
Salerno, mercoledì sera,
si è scagliato contro i
militari dopo aver tentato la fuga e minacciato
di morte la moglie, che
avrebbe indotto la figlia
a denunciare le violenze.
Secondo gli inquirenti
dal 1999 la ragazza, all’epoca minorenne, è
stata costretta ad avere
rapporti sessuali con il
padre, abusi che sarebbero andati avanti per
tre lustri. Nei guai è finito anche il figlio di 27
anni per il quale è stato
emesso un divieto di
avvicinamento alla persona offesa, nonché una
denuncia per violenza
e minacce aggravate. Il
giovane avrebbe tentato
di coprire il comportamento del padre minacciando la sorella. Ma la
ragazza, oggi 24enne,
dopo anni di soprusi,
spinta dalla madre che
era stata costretta a tacere con botte e minacce da parte del marito,
ha messo a verbale gli
abusi con i carabinieri.
Dopo una perquisizione
in casa dell’uomo gli è
stato anche sequestrato
del materiale pedopornografico.
B.F.
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Venerdì 30 maggio 2014
Dall’Italia
BELLUNO - TRAGEDIA SFIORATA
Pullman con ragazzi si ribalta: tre feriti gravi
I quaranta giovani a bordo, di età compresa tra 12 e 16 anni, stavano andando a una
gara di nuoto. Il mezzo, pare per un problema ai freni, si è ribaltato. Illeso l’autista
di Barbara Fruch
S
tavano viaggiando in direzione
di Lignano per partecipare
ad una gara di nuoto, quando
il pullman si è ribaltato. È successo a Carpen, una frazione di
Feltre, nel Bellunese. A bordo della
corriera circa 40 ragazzini di età
compresa tra i 12 e i 16 anni, accompagnati da cinque adulti.
Il bilancio dell’incidente è di 38
feriti, tre dei quali in maniera grave:
si tratta di due bambini e di un accompagnatore.
Illeso l’autista, che avrebbe riferito
ai soccorritori di aver avvertito un
problema durante una frenata, non
riuscendo più a controllare il veicolo.
Il pullman si sarebbe così adagiato
su un fianco e parte del tetto avrebbe schiacciato alcuni sedili.
La maggioranza dei feriti e contusi
è stata portata a Feltre. Qui c'è uno
dei tre feriti in prognosi riservata,
operato per la rottura della milza,
oltre ad altri 17 contusi. A Belluno
ci sono otto feriti, di cui uno in pro-
gnosi riservata per trauma cranico.
Il terzo ferito grave è a Treviso ed è
stato operato per un trauma al fegato.
Qui anche uno dei contusi. Degli
altri dieci feriti in modo non grave
sette sono stati portati a Montebelluna e tre Castelfranco. Nessuno,
secondo quanto appreso, sarebbe
in pericolo di vita.
Sul mezzo viaggiavano tre società
di nuoto, partite da Cavalese (provincia di Trento), e dirette a Lignano
Sabbiadoro. I bambini erano attesi
al villaggio Ge.Tur del centro balneare, dove sono in programma,
fino al 2 giugno, le finali nazionali
dei campionati italiani di nuoto organizzati dal Csi, il centro sportivo
italiano. In vasca nei prossimi giorni
scenderanno 1.035 nuotatori, maschi
e femmine, dagli 8 ai 16 anni. Dal
Trentino era atteso l'arrivo dei gruppi
di cinque scuole di nuoto.
Incerta la dinamica dell’incidente
ma secondo quanto appreso pare
che il mezzo sarebbe uscito di
strada autonomamente, adagiandosi
su un fianco. Il pullman è stato posto
sotto sequestro e verrà trasportato
nella caserma dei vigili del fuoco
per accertare le cause dell'incidente.
La strada regionale feltrina lungo la
quale il mezzo si è rovesciato è rimasta bloccata per consentire i rilievi. Complessivamente, per i soccorsi, sono intervenuti una ventina
di vigili del fuoco, 15 infermieri e
varie decine di uomini delle forze
dell'ordine. La Regione del Veneto
ha inoltre inviato tramite il Suem,
diretto dal coordinatore Paolo Rosi,
due elicotteri e 6 ambulanze.
Un episodio che inevitabilmente riporta la memoria al drammatico
incidente del 28 luglio 2013, quando
un autobus con di rientro da un fine
settimana di vacanza a Telese Terme,
nel beneventano, precipitò dal viadotto Acqualonga dell’autostrada
Napoli-Canosa, nei pressi di Monteforte Irpino, causando la morte
di 40 passeggeri.
BENEVENTO - IL “SERIALE” HA CAUSATO DODICI SINISTRI
Massi sulla Telesina: il colpevole è un ferroviere
L’uomo è stato fermato mentre posizionava al centro della carreggiata della statale
SS 372 un masso di 40 chili. Dopo la confessione, si indaga su altri episodi simili
acabro divertimento quello di un uomo di 50
anni che posizionava un masso da 40 chili al
centro della carreggiata della SS 372 Telesina
direzione di marcia Benevento. È stato fermato
l’autore seriale di simili episodi verificati, che a partire
dal settembre 2013, ha causato 12 incidenti sulla SS
372 con diversi feriti e 16 veicoli gravemente danneggiati, che non sono finiti in tragedia solo per il
mancato transito nell'altra direzione di marcia di
veicoli. Alla sua cattura hanno provveduto i Carabinieri
di Cerreto Sannita, l’uomo è Michele Tanzi, originario
della provincia di Frosinone ma domiciliato a Castelvenere (Bn).
Gli investigatori sono risaliti all’uomo, attraverso l’acquisizione dei dati del controllo del territorio e dei
veicoli visti transitare prima e dopo gli incidenti dalle
telecamere collocate nei pressi di aree di servizi lungo
l’autostrada ed incrociando i risultati ottenuti gli investigatori i militari hanno ristretto il cerchio su alcuni
sospettati. Alla fine si è arrivati a sorvegliare anche
l’insospettabile Michele Tanzi, coniugato con due figli
M
di 10 e 8 anni, dalla vita irreprensibile, in servizio
presso la Stazione Roma Termini come manovratore
di Trenitalia, che ritornava dalla famiglia a Castelvenere
al termine di turni di lavoro di quattro giorni.
L’uomo agiva sempre allo stesso modo: raggiungeva
a notte fonda la SS 372, raccoglieva i massi per
strada o attingendo da una cava nei pressi, per poi
collocare i macigni al centro della carreggiata, o in
altri casi li lanciava dal cavalcavia di Pugliano sulla
sottostante statale. Subito dopo si nascondeva per
“ammirare” i risultati del suo del folle gesto. In
alcuni casi qualora fosse stato evitato l'impatto dagli
automobilisti lui ritornava indietro per “migliorare la
mira” riposizionando la pietra o più di una a breve distanza in modo da poter essere più sicuro che l’incidente avvenisse.
Nella notte di ieri, come d’abitudine, il ferroviere si è
spostato con la sua vettura e dopo aver percorso il
tratto di strada della SS 372 all'altezza della chilometrica
30+900 tra gli svincoli di Gioia Sannitica e Faicchio si
è accostato al margine della carreggiata aspettando
che non transitasse alcun automobilista e con estrema
rapidità e precisione ha collocato il masso, allontanandosi subito dopo.
Ormai intercettato il folle, i Carabinieri di Cerreto
Sannita hanno impedito l’ennesimo grave incidente.
Gli uomini dell’Arma hanno immediatamente spostato
il grosso masso, sottoposto a sequestro, hanno
fermato il responsabile che, con estrema naturalezza,
aveva nel frattempo fatto inversione collocandosi nell'altro senso di marcia a breve distanza dal punto in
cui aveva lasciato il masso per osservare l’esito della
sua malefatta. Una volta fermato è stato condotto in
caserma e dopo i primi tentennamenti ha confessato
alla presenza del suo difensore Antonio Di Santo, facendo riferimento anche ai precedenti episodi.
L’accusa formalizzata nei suoi confronti è per il reato
di attentato alla sicurezza dei trasporti ed in attesa
della formalizzazione di altri gravi reati, che potrebbero
collegarsi alla sua folle condotta, è stato dichiarato in
arresto e dell'avvenuto fermo è stato disposto dal pm
della Procura della Repubblica di Benevento Giovanni
Tartaglia Polcini. I Carabinieri stanno indagando sulla
vita dell'uomo e su altri analoghi episodi verificatisi
anche fuori provincia. Sono state avviate le indagini
tuttora in corso. L'arrestato è stato in seguito portato
presso la propria abitazione in regime di detenzione
domiciliare a disposizione dell'autorità giudiziaria.
Chantal Capasso
VENETO: GRANDE RISPOSTA ALL'APPELLO DI CHI RACCOGLIE BENI DI PRIMA NECESSITÀ
La generosità italiana in aiuto della Serbia alluvionata
Le associazioni: “Nelle zone colpite dal cataclisma serve ancora di tutto”
L
a terribile alluvione che ha recentemente
colpito la Repubblica di Serbia ha provocato
conseguenze estremamente drammatiche
in tutto il paese, che si è trovato di fronte ad
un’emergenza senza precedenti. Oltre ai danni
materiali, ci sono state infatti diverse decine di
morti e migliaia di persone rimaste senza casa.
Una situazione estremamente grave quindi, che
l’ambasciatrice Ana Hrustanovic ha sottolineato
in un’intervista rilasciata all’Agenzia stampa
Italia per informare il nostro Paese e chiedere
aiuto per il suo popolo.
A rispondere all’appello, oltre alle autorità italiane
– che si sono attivate sia a livello istituzionale,
con la messa a disposizione di fondi per la coo-
perazione, sia fornendo mezzi e barche per le
operazioni di recupero – c’è stata anche la
grande partecipazione di singoli ed associazioni,
impegnate nella raccolta di aiuti e materiali di
cui, anche a distanza di qualche settimana dall’alluvione, c’è ancora molto bisogno.
Tra i soggetti schierati in prima linea in questa
gara di solidarietà finalizzata alla raccolta i beni
di prima necessità per le popolazioni colpite
dall'alluvione c’è “Progetto nazionale”, che in
questi giorni sta organizzando un'iniziativa grazie
alla quale è stata immagazzinata una notevole
quantità di materiale. “Appena siamo stati informati delle dimensioni della tragedia – dicono
i responsabili dell'associazione – abbiamo
attivato un punto di raccolta ufficiale di aiuti
presso la nostra sede veronese, al quale si sono
aggiunte diverse altre strutture messe a disposizione da vari imprenditori locali per lo stoccaggio di quanto raccolto grazie al buon cuore
di tanta gente che ha risposto al nostro appello.
Un primo carico di materiale è già stato spedito
(a nostre spese e con l'appoggio logistico della
Croce rossa di Teslic) e il secondo partirà la
prossima settimana. Ma la raccolta prosegue –
concludono - perché nelle zone colpite dall'alluvione serve ancora davvero di tutto, ed in
particolare beni di prima necessità ed alimenti
a lunga conservazione”.
Cristina Di Giorgi
10
Venerdì 30 maggio 2014
NAPOLI
Dispersione scolastica,
oltre ottanta denunce
Molti genitori hanno precedenti penali
Dall’Italia
DUPLICE OMICIDIO A MATERA
Allevatori uccisi a fucilate:
fermato il cognato delle vittime
Giovanni Lauria, di 34 anni, e Giuseppe De Rosa, di 27, freddati in auto
Graziato un terzo uomo. Potrebbe trattarsi di un movente passionale
D
H
a tolto il coperchio ad un
fenomeno diffuso, l’indagine contro la dispersione scolastica condotta dai Carabinieri della Compagnia Napoli-Vomero e della Stazione
di Marianella. I genitori raggiunti dalla denuncia per inosservanza degli obblighi d’iscrizione a scuola dei figli, infatti,
sono 82.
Il lavoro dei Carabinieri non si
è fermato alla denuncia o alla
segnalazione del singolo caso
di abbandono scolastico, ma
di volta in volta le varie situazioni accertate sono state approfondite e vagliate grazie
alla preziosa attività dei Comandanti di Stazione, che hanno
verificato tutti gli aspetti e i segnali che potevano far presumere stato di abbandono, situazione di degrado o di violenza, facendo scattare l’intervento delle istituzioni preposte
per l’adozione di idonee misure
a tutela dei giovani.
Secondo quanto emerso dalle
indagini dell’Arma, i genitori
denunciati hanno un’età media
tra i 30 e i 40 anni, e provengono
dalle condizioni più variegate
e difficili. Addirittura molti di
loro, circa la metà, hanno precedenti penali. Sono operai,
ambulanti, muratori, disoccupati, casalinghe, collaboratrici
domestiche, operaie, in possesso della licenza media. Hanno riferito di avere assecondato
la volontà dei figli o ritenuto
non utile o importante mandare
i figli a studiare per ricevere
almeno una cultura di base.
La condotta omissiva, prevista
dal Codice Penale, è punita
con un’ammenda dalla quale
deriva anche l’impossibilità di
conseguire licenze di pubblica
sicurezza (dalla detenzione di
armi all’apertura di un esercizio
pubblico).
Giorgio Musumeci
ue morti in un auto, uccisi da
colpi di arma da fuoco, sono
stati trovati ieri mattina alla periferia di Gorgoglione (Matera). I
due sarebbero stati uccisi verso le 7.15
a colpi di fucile in un agguato in località
Vecchio mulino. Le vittime sono Giovanni
Lauria, 34 anni, e suo nipote, Giuseppe
De Rosa, 27. A sparare è stato Antonio
Saponara, 43 anni, pastore e cacciatore
del posto, già fermato dai carabinieri
davanti i quali ammesso le sue responsabilità. Sul posto sono accorsi i sanitari
del 118 e i Carabinieri per effettuare i
primi rilievi scientifici di rito.
Come ogni mattina Giovanni Lauria e
Giuseppe De Rosa erano in auto con
Franco Lauria, 32 anni, fratello di Giovanni, seduto sul sedile posteriore, per
raggiungere un terreno per lavoro. Ma
sul posto ad aspettarli c’era Saponara,
nascosto dietro un cespuglio: al loro
arrivo con il suo fucile, (regolarmente
denunciato) ha sparato due colpi, uccidendo Lauria e De Rosa mentre ancora erano in auto (foto Ansa). Il terzo
è invece riuscito ad aprire lo sportello
e scappare nei campi, rifugiandosi poi
in una vicina abitazione di sua proprietà,
sua residenza estiva. Ma quest’ultimo
non era fra gli obiettivi dell’assassino:
"Tu non c'entri, a te non ti ammazzo",
gli avrebbe urlato.
I carabinieri sono stati allertati da una
signora che ha udito gli spari.
Da quel momento sono partite le ricerche
di Saponara, che è stato poi rintracciato
e fermato, dagli uomini dell’Arma. Davanti
i militari, ha ammesso tutto ed è stato
portato in caserma per l’interrogatorio
e per provvedere al suo stato di fermo.
Stando a quanto ricostruito dai Carabinieri, i motivi dell’agguato sembra riferirsi
alla proprietà di alcuni terreni, ma anche
per i rapporti molto tesi che intercorrevano fra le famiglie Lauria e Saponara.
Il presunto assassino convive con la
sorella di Giovanni Lauria, ma la liason
non era vista di buon occhio dalla famiglia
Lauria per via dei continui litigi fra la
coppia. Dopo la tragedia, i sindaci di Cirigliano e Gorgoglione hanno proclamato
il lutto cittadino e deciso il rinvio delle
cerimonie religiose e le manifestazioni
legate ai culti arborei in programma.
Nei due paesi c'è incredulità e sgomento
per il duplice omicidio degli allevatori.
Chantal Capasso
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Venerdì 30 maggio 2014
Dall’Italia
INDAGINE DEI NAS IN QUATTRO REGIONI ITALIANE: LIGURIA, UMBRIA, TOSCANA E LAZIO
Il falso Made in Italy colpisce il Brunello
Sequestrate oltre 30mila bottiglie. La frode è stata scoperta da un intenditore che ha comprato
una confezione di vino al supermercato. L’allarme della Coldiretti: “Un danno incolmabile”
di Barbara Fruch
M
ade in Italy ancora sotto attacco. Oltre
30.000 bottiglie di
vino etichettato come
Brunello di Montalcino, ma anche Chianti e altri docg,
in realtà contenenti vino tutto falso
e di scarsa qualità, sono state sequestrate dai militari dell’Arma
del reparto operativo di Siena.
L’operazione, che ha coinvolto oltre
la Toscana altre regioni del centro-nord, riguarda una vasta frode
agroalimentare nella vendita all’ingrosso e al dettaglio. Sequestrati
anche ettolitri di vino sfuso pronto
per essere piazzato sui mercati internazionali a prezzi 10 volte superiore e falsi documenti di certificazione di qualità.
Perquisizioni in quattro regioni –
Venticinque le perquisizioni condotte con l’ausilio del Nas di Firenze, dei comandi territoriali
dell’Arma e dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e
repressione frodi nel settore agroalimentare per la Toscana e l’Umbria. Le verifiche hanno riguardato
aziende agricole, centri di aggregazione e smistamento, oltre a
punti vendita nelle province di Siena, Grosseto e Arezzo in Toscana,
di Perugia in Umbria, di Viterbo
nel Lazio e di Genova in Liguria. Il
vino sequestrato, di scarsa qualità,
dopo essere stato imbottigliato veniva etichettato con false fascette
con i sigilli di Stato e quindi commercializzato in Italia ed all’estero
ad un prezzo dieci volte superiore
al suo reale valore, con un danno
al settore vitivinicolo italiano calcolato in centinaia di migliaia di
euro.
Sei persone indagate – Sono 6 le
persone indagate per truffa e frode
in commercio, non vi sarebbe, al
momento, alcun coinvolgimento da
parte dei produttori di Brunello e
delle aziende di Montalcino che,
anzi, potrebbero essere parte lesa.
La denuncia di un consumatore –
Le indagini, secondo quanto spiegato dai carabinieri di Siena, sono
iniziate tre mesi fa, dopo le segnalazioni di alcuni consumatori.
È stato infatti proprio un consumatore dal palato fine ad accorgersi
che odore e sapore di un rosso
venduto in un supermercato a prezzi
da vino pregiato erano quelli di
un anonimo prodotto industriale,
una convinzione che lo ha portato
a sporgere denuncia ai carabinieri
di Siena.
Secondo una prima ricostruzione,
l’organizzazione acquistava il vino
(sulla cui provenienza sono in corso
verifiche), lo imbottigliava in centri
in gran parte toscani e poi lo smerciava in piccoli punti vendita, grandi
catene commerciali, prestigiose
enoteche e attraverso i canali di
vendita sul web. Il centro di deposito e smistamento dell’organizzazione sarebbe stato individuato nel
Grossetano. L’inchiesta, che sarebbe
ancora in una fase embrionale, è
coordinata dal sostituto procuratore
di Siena Aldo Natalini.
Una truffa di quelle che le associa-
zioni dei produttori denunciano da
anni: un simbolo del Made in Italy,
e il vino lo è davvero, contraffatto,
come accade in altri settori, dalla
moda alla pelletteria.
Il consorzio del Brunello parte lesa
– Immediata la reazione del presidente del Consorzio del Brunello,
Fabrizio Bindocci, che ha precisato
come i produttori di Montalcino
sono parte lesa, “nessuno è coinvolto” in questa falsificazione di
etichette e di fascette con i sigilli
di garanzia. “Anche se le indagini
sono ancora in corso, mi sento di
affermare senza alcun dubbio che
i produttori e tutto il territorio montalcinese sono vittima di una frode
gravissima, frode che non deve
tuttavia lasciare alcuna ombra sulla
nostra Docg. Da anni, attraverso la
tracciabilità di ogni singola bottiglia
e di periodici ed intensi controlli
su tutta la filiera, abbiamo fatto in
modo che il consumatore e gli appassionati venissero sempre più
tutelati. Il sequestro delle bottiglie
non deve assolutamente far passare
in secondo piano ciò. Come ogni
grande griffes internazionale, siamo vittime naturali di tentativi di
contraffazione. Siamo grati anzi all’autorità inquirente che con la sua
attività ha fatto emergere questo
tipo di comportamento delinquenziale che getta cattiva luce su sistema che invece è conosciuto a
livello internazionale per la sua
serietà e capacità di garantire elevatissimi controlli di qualità. Ovviamene, interpretando il sentimento di tutti i produttori, ci costituiremo immediatamente parte civile verso chi ha condotto questa
truffa”.
La Coldiretti:“Un danno incolmabile
per l’immagine del Paese” – Durissima anche la reazione di Tulio
Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana. “Un danno incalcolabile per
l’immagine del nostro Made in Tu-
scany, per i nostri vini e per i produttori che, con serietà, passione
ed investimenti, contribuiscono a
fare di questa regione la culla mondiale della qualità agroalimentare
e dello stile italiano a tavola”.
Dall’inizio della crisi sono più che
raddoppiate le frodi nel settore
del vino e degli alcolici con un incremento record del 102 per cento
del valore delle bottiglie sequestrate perché adulterate, contraffate
o falsificate. “Nel solo 2013 – sottolinea la Coldiretti – sono stati
sequestrati dai Nas nel 2013 vini
ed alcolici per un valore di 31 milioni con 15 persone arrestate, 51
segnalate all’autorità giudiziaria e
267 all’autorità amministrativa”.
Poco più di un mese fa un’altra
operazione aveva sconvolto il mondo dell’olio con un nuovo sequestro
– l’ennesimo in verità. In quell’occasione furono indagate per frode
in commercio e riciclaggio merceologico 35 persone oltre. Bersagli
facili, prede ghiotte per gente senza
scrupoli, le due punte di diamante
dello stile italiano a tavola all’estero
sono sotto attacco. Il fatturato generato dalla vendita all’estero di
vino e olio valgono più della metà
(61%) del totale di prodotti alimentari esportati che quest’anno hanno
superato, per la prima
volta, il valore di 2 miliardi di euro. Insieme,
vino e olio, producono 1
miliardo 230mila euro di
fatturato con incrementi
rispettivamente del 6,3%
per il vino e del 18,3%
per l’olio rispetto all’anno
prima. La produzione di
Brunello nel 2013 è stata
di 8,1 milioni di bottiglie
per un fatturato di 165
milioni di euro con la
quota destinata alle
esportazioni che è salita
al 67%, oltre 2 bottiglie
su 3. Per l’export di Brunello la destinazione più
importante – conclude
Coldiretti – è rappresentata dagli Usa (28%), seguiti dai mercati asiatici
(15%) e dal centro America (Brasile, Messico, Panama, Venezuela e altri),
che rappresenta circa il
10%. In crescita è stato
anche il giro d’affari del
settore enoturistico a
Montalcino (ristoranti, alberghi, enoteche e altro):
che registra un aumento
del 5% e supera i 30 milioni.
“E’ chiaro ed evidente come questi
due prodotti siano appetibili da
organizzazioni a delinquere e da
imprenditori senza nessun tipo di
scrupolo a cui basta cambiare
un’etichetta e storpiare il contenuto
per ingannare il consumatore. Per
fortuna – spiega ancora Marcelli –
gli ottimi risultati dell’attività delle
forze dell’ordine confermano l’efficacia del sistema di controlli in
Italia contro un crimine particolarmente odioso perché si fonda sull’inganno. La strada è giusta: bisogna colpire duramente chi inganna
il consumatore e il Paese”.
AVELLINO
La ex Irisbus riapre, ma è cinese
La King Logn, primo produttore di autobus al mondo,
“preleva” lo stabilimento chiuso nel 2011 dalla Fiat
I
l Dragone mette le mani sulla ex
Irisbus di Valle Ufita (Avellino).
L’attività, chiusa dalla Fiat alla fine
del 2001, riaprirà sì entro il nuovo
anno ma solamente grazie alle risorse
cinesi.
Lo stabilimento farà parte infatti di
un nuovo polo industriale degli autobus (Industria italiana autobus, Iia
in sigla) presentato alle istituzioni e
ai sindacati dagli investitori cinesi di
King Long (primo produttore di autobus al mondo), in un incontro al
Ministero dello Sviluppo economico
a cui hanno partecipato anche rappresentati del gruppo Fiat e di Finmeccanica (che sarà parte della
newco nella quale confluirà anche
la Breda Menarini Bus di Bologna).
La newco dovrebbe assorbire le attività e tutti i lavoratori dei due produttori nazionali di pullman (Irisbus
e Breda), in totale 500 persone, e
sarà controllata all’80-85% dalla filiale
nazionale del primo produttore di
autobus al mondo, la King Long. Finmeccanica manterrà invece una quota di minoranza ancora da definire
tra il 15-20%.
La società, secondo quanto riporta
l’Ansa, vedrà la luce entro fine maggio, quando si avvierà la prima fase
del progetto che prevede l’incorporamento di Breda Menarini. A settembre inizierà invece acquisizione
dell’impianto avellinese che farà pullman a trazione anteriore, piccoli autobus e servizi di manutenzione e
ristrutturazione.
I sindacati hanno manifestato una
prudente soddisfazione per il progetto, in attesa di dettagli sul piano
industriale, gli investimenti e le garanzie occupazionali.
12
Venerdì 30 maggio 2014
Spettacoli
SI È UFFICIALMENTE CHIUSA LA 67 a EDIZIONE DEL FESTIVAL DI CANNES
Croisette: tutti i vincitori
La cerimonia di chiusura ha visto sul palco le star internazionali sbarcate per la kermesse
di Luciana Caprara
C
hiusura della Croisette con
molte le star che hanno sfilato
sul red carpet, primo fra tutti
Quentin Tarantino con una
più che radiosa Uma Thurman che festeggia l’anniversario
del suo fortunatissimo “Pulp Fiction”
rimasto, negli anni, capolavoro assoluto e manifesto dello stile dell’autore. Sono proprio loro infatti a
consegnare il premio più ambito
al regista turco Nuri Bilge Ceylan,
durante la cerimonia conclusiva
della manifestazione nel grande
auditorium Lumière. Il 2014, poi,
sembra essere l’anno della ri-consacrazione del cinema italiano.
Dopo il trionfo ai Golden Globes e
agli Oscar 2014 de La Grande Bellezza di Sorrentino che l’anno scorso
a Cannes non aveva ricevuto lo
stesso plauso, il Festival ha visto
premiare anche “Le Meraviglie” di
Alice Rohrwacher con l’ambito
Grand Prix Speciale della Giuria.
Nota di colore, si tratta della prima
volta di una regista italiana donna
nel Palmarès, a consegnarle il riconoscimento la Loren al grido di
Alice! Un festival intenso dove a
trionfare è stato il cinema tout court.
Premio come miglior attrice è andato a Julianne Moore per l’innegabilmente intenso Maps to the
Stars di David Cronenberg. Miglior
attore invece a Timothy Spall per
l’ottimo Mr. Turner. La Palma d’Oro
per il miglior cortometraggio è
stata vinta da Leidi di Simón Mesa
Soto mentre il premio Camera d’Oro
è stato vinto da Claire Burger, Smuel
Theis e Marie Amachoukell per il
loro Party Girl. Leviathan ha vinto il
premio come miglior sceneggiatura.
Ma il vero trionfo è per l’Italia grazie
ad Alice Rohrwacher che vince il
Grand Prix con il suo “Le Meraviglie” opera seconda che non ha
assolutamente deluso le aspettative
dopo il successo riportato dall’opera
prima “Corpo Celeste” sempre prodotto da Carlo Cresto – Dina, giovane produttore italiano che, in un
panorama difficile per il cinema
italiano d’autore, sembra sempre
riuscire a portar a casa successi
con ottimi film di qualità.
Ed è grazie a loro che il cinema
italiano ha fatto da protagonista in
questa edizione di Cannes, omaggiando il festival già dall’inizio con
la proiezione di un breve ritaglio
di Matrimonio all’italiana, presentato
come versione restaurata in Cannes
Classics, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, il cui volto quest’anno campeggia sul poster del
Festival. A Sophia il piacere di consegnare il Grand Prix, proprio ad
Alice Rohrwacher .
La regista italiana ha ringraziato la
giuria nelle parole: “Grazie al Festival di Cannes e a Thierry Fremaux
per avermi fatto venire qui. Grazie
a questa giuria per avermi fatto
tornare e soprattutto grazie perché
il vostro lavoro è qualcosa che che
mi ha fatto innamorare (guardando
con ammirazione la Campion, ndr)
e mi ha portato qui”. Poi alla platea
ha raccontato un aneddoto sul suo
film che racconta la quotidianità di
una strana famiglia di apicoltori:
“Ogni tanto ci hanno pizzicato delle
api e si è sparsa la voce che da
vecchi non verranno i reumatismi”.
E ancora: “Grazie veramente alla
mia famiglia, ad Alba mia sorella e
al mio babbo”.
Inoltre, due drammi giovanili sono
stati protagonisti del finale di questo
Festival di Cannes, almeno per
quanto riguarda le sezioni in cui
sono stati presentati. Annunciati in
corso d’opera i premi di Un Certain
Regard - che ha visto vincitore
White God di Kornél Mundruczó.
E ancora un grande riscontro per
The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkiy, storia di un ragazzo sordomuto
che entra in un college speciale e
deve confrontarsi con gli inevitabili
riti di aggregazione giovanili e una
gang di malviventi dediti a spaccio
e prostituzione - porta a casa tre
premi della Semaine de la Critique.
Così come The Tribe, anche il vincitore principale della Quinzaine
chiude Cannes con un tris di premi:
Love at First Fight, incentrato sull’estate di due ragazzi, Arnaud e
l’irrequieta Madeleine, che darà
una svolta alle vite di entrambi. Il
film di Thomas Cailley ha vinto
anche uno dei premi Fipresci.
Selezione Ufficiale
Palma d’oro: Winter Sleep di Nuri
Bilge Ceylan
IN ARRIVO IN SALA
“The Congress”, il futuro di una star 2.0
Dopo un anno in Italia l’opera di Ari Folman
ssendo un ottimista, credo
che la scelta di attori in carne
ed ossa prevarrà e spero
che ‘The Congress’ fornisca un piccolo contributo nel raggiungimento
di tale obiettivo”: così parla il regista
Ari Folman che dopo “Valzer con
Bashir” del 2008 ha diretto un nuovo
film basato sul romanzo “Il congresso
di futurologia” di Stanisław Lem.
In Italia uscirà il 12 giugno, distribuito
dalla Wider Films. La pellicola è stata
presentata in anteprima alla 66esima
edizione del Festival di Cannes del
2013, come film d’apertura della
Quinzaine des réalisateurs, e che in
Francia fu distribuito subito dopo, il
3 luglio 2013. Protagonista del film
Robin Wright, che interpreta una versione fittizia di se stessa.
Un‘attrice ormai in declino, un figlio
ammalato gravemente e l’impegno
“E
a cedere i diritti di sfruttamento della
propria immagine ad uno studio cinematografico: così ne viene scannerizzato il corpo e le emozioni per
dar vita ad un’attrice digitale per
sempre trentenne. Lei non potrà recitare mai più e lo studio potrà utilizzare la nuova attrice virtuale in qualsiasi modo ritenga opportuno. “Mentre
a Los Angeles cercavo una location
adatta a girare la scena della scansione
– dichiara Ari Foman -, sono rimasto
scioccato quando ho saputo che una
stanza di quel tipo esisteva già”.
Il contratto ha validità per 20 anni:
dopo questo arco di tempo l’attrice
reale si troverà, ormai sessantenne,
a dover fare i conti con la nuova era
dove il virtuale ha preso il sopravvento.
Lo spettatore è catapultato in un
ricco mondo animato dove regna la
chimica: non ci sono più tanti film di
cui ricordarsi, ma esistono tante
storie di finzione per quante persone
esistono.
Un disperato bisogno di autodeterminazione che porta ognuno a co-
struirsi la propria storia: potrebbe
essere una riflessione sul mondo del
cinema riflessione e su una realtà
virtuale che prende il comando spingendosi oltre il grande schermo.
F.Ce.
Grand Prix: Le meraviglie di Alice
Rohrwacher
Migliore Regia: Bennett Miller per
Foxcatcher
Premio della Giuria (ex aequo):
Mommy di Xavier Dolan e Adieu
au langage di Jean-Luc Godard
Migliore attore: Timothy Spall per
Mr. Turner
Migliore attrice: Julianne Moore per
Maps to the Stars
Migliore sceneggiatura: Andrey
Zvyagintsev e Oleg Negin per Leviathan
Palma d’oro per il miglior cortometraggio: Leidi del colombiano
Simón Mesa Soto
Menzione speciale ex aequo: Aissa
di Clement Trehin-Lalanne e Yes
we love di Hallvar Witzo
Camera d’or (migliore opera prima): Party Girl dei francesi Claire
Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli
Un certain regard
Premio Un certain regard: Fehér
Isten (White God) dell’ungherese
Kornél Mundruczó, film che film
denuncia la stigmatizzazione dei
più deboli utilizzando come metafora
una schiera impressionante di cani.
Premio della giuria: Force majeure
(Turist) dello svedese Ruben
Östlund, commedia amara su una
famiglia svedese in vacanza sulle
Alpi sorpresa da una valanga.
Premio speciale Un Certain Regard:
The Salt of the Earth di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, documentario sul fotografo Sebastiao
Salgado.
Premio “d’ensemble”: Party Girl
dei francesi Claire Burger, Samuel
Theis e Marie Amachoukeli.
Migliore attore: David Gulpilil per
Charlie’s Country dell’australiano
aborigeno Rolf de Heer.
Semaine Internationale de la Critique
Gran Premio: The Tribe di Myroslav
Slaboshpytskkiy
Premio Sacd: Hope di Boris Lojkine
France 4 Visionary Award: The Tribe
di Myroslav Slaboshpytskkiy
Quinzaine des Réalisateurs
Art Cinema Award: Les Combattants, opera prima di Thomas Cailley
Premio Sacd: Les Combattants di
Thomas Cailley
Label Europa Cinema: Les Combattants di Thomas Cailley
Premio Illy per il miglior cortometraggio: Sem coração di Nara Normande e Tião
Menzione speciale: Trece si prin
perete di Radu Jude
Palma Queer: Pride di Matthew
Warchus
Palma Dog: Fehér Isten (White God)
di Kornél Mundruczó
Premio Giuria Ecumenica:Timbuktu
di Abderrahmane Sissako
Premio Fipresci (Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica) -Concorso internazionale: Winter Sleep di Nuri Bilge
Ceylan
Premio Fipresci - Un Certain Regard:
Jauja di Lisandro Alonso
Premio Fipresci - Sezioni parallele:
Love at First Fight di Thomas Cailley