A Christmas Carol, un classico del Natale
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A Christmas Carol, un classico del Natale
Maria Pia Carola Ha ricevuto la formazione pianistica al Conservatorio di Milano con il massimo dei voti e la lode, perfezionandosi poi con i migliori maestri (Diploma di Merito della Accademia Chigiana con Guido Agosti e successivamente con Paul Badura-Skoda, Franco Scala, Boris Petrushanskij e Lazar Berman). Ha partecipato a concorsi nazionali e internazionali con cinque primi premi vinti. Ha iniziato la sua carriera molto giovane e tuttora svolge attività come solista tenendo recital in teatri e sale da concerto in Italia, in tutta Europa, Stati Uniti, Sud Africa, Giappone. Ha suonato con numerose orchestre (Pomeriggi Musicali, Angelicum, Accademia Pescarese, Orchestra di Stato della Romania, Sinfonica di Katerinoslav, Filarmonica di Omsk, Orchestra di Odessa, Sinfonica Jupiter ecc.) e in sale prestigiose, riscuotendo sempre ampi consensi di pubblico e critica. Di lei si apprezzano “… la naturale espressività, la raffinatezza interpretativa e la capacità di alternare effetti sonori coloristici di vivida lucentezza a momenti di ispirato lirismo…”. Il suo repertorio spazia da Bach ai grandi della letteratura pianistica del primo 900, ha in repertorio l’opera omnia di Ravel, include volentieri nei suoi programmi brani di autori contemporanei e jazz. Parallelamente svolge un’intensa attività cameristica collaborando con numerosi musicisti in varie formazioni. Dal 2005 suona con il violinista Claudio Marzorati con cui, dal 2009, insieme al violoncellista Graziano Beluffi, ha costituito il Trio musicadarte: l’esperienza solistica dei componenti del trio lo ha reso subito una formazione di grande rilievo, infatti sono invitati a suonare regolarmente in sale e teatri in Italia e all’estero. Ha fondato ed è direttrice didattica del CMT (Centro Musicale Territoriale) di cui cura anche le stagioni concertistiche. È docente al Conservatorio G. Verdi di Milano. Ha inciso per Sony e Symposium. www.mariapiacarola.com Gianluca Valenti Ha iniziato la carriera artistica come attore di prosa, recitando in varie opere teatrali di Pirandello (Questa sera si recita a soggetto, La favola del figlio cambiato, I giganti della montagna, Cosi è se vi pare); di Alessandro Manzoni (II Conte Carmagnola; di Plauto (L’Aulularia); di Goldoni (Arlecchino servitore di due padroni). Ha recitato presso il Teatro della Scala nelle opere liriche: Fra Diavolo di F. Auber; Oberon di A. Weber. Dopo aver studiato canto lirico presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, ha debuttato in Giappone nei Teatri di Osaka e Tokio ne II Signor Bruschino (protaginista) di Rossini, replicato poi al Teatro Donizetti di Bergamo. A Roma ha cantato Giaele azione sacra di Mercadante nella prima esecuzione in tempi moderni. Al Teatro Olimpico di Vicenza ha interpretato sotto la direzione del M° De Bernart il Dottor Miracolo (protagonista) di Bizet e L’educazione mancata di E. Chabrier. Al Teatro San Carlo di Napoli ha cantato Eva di F. Lehar. Al Comunale di Bologna ha cantato Don Pasquale di Donizetti e Salomè di R. Strauss; con lo stesso teatro ha partecipato alIa tourneè in Giappone cantando con M. Freni e J. Carreras. Al Teatro dell’Opera di Roma ha cantato Romanza di S. Rendine, Sly di E. W. Ferrari al fianco di Placido Domingo. Al Teatro Comunale di Firenze ha interpretato in prima assoluta II letto della storia di F. Vacchi. Ha cantato nella prima assoluta II fantasma della cabina di F. Betta. Per il Teatro Alla Scala ha cantato M. Butterfly di G. Puccini e A. Chenier di U. Giordano. Ha cantato e recitato nel film Tu ridi dei fratelli Taviani e ha partecipato come ospite al programma Note di Natale prodotto da Mediaset, cantando, diretto dal Maestro B. Vessicchio, con Elisa, Enrico Ruggeri, Alex Baroni, Jenny B., Massimo Ranieri, Filippa Giordano ecc. presentato da Lorella Cuccarini con la regia di Roberto Cenci. È stato selezionatore per la Lombradia per i concorsi Mia Martini e Sanremo inediti. Collabora con la foniatra del Teatro alla Scala di Milano Dott.ssa Orietta Calcinoni. A Christmas Carol, un classico del Natale Lo scrittore e giornalista britannico Charles Dickens (1812-1870) è celebre per alcuni romanzi che hanno nutrito la fantasia di intere giovani generazioni ( Il Circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist, David Copperfield ) prima che cinema, televisione ed Internet creassero nuovi generi e nuovi protagonisti dell’immaginario giovanile. Il racconto A Christmas Carol venne dato alle stampe nel 1843 e in poco tempo divenne un classico della letteratura natalizia. Il titolo, tradotto in italiano come Canto di Natale o Racconto di Natale, perde un po’ il significato musicale delle carol, che nel mondo anglosassone sono ancor oggi i canti e le danze di ispirazione religiosa legate soprattutto al Natale. Walt Disney prese spunto proprio da questo racconto per creare uno dei suoi amatissimi personaggi, Paperon de’ Paperoni (zio Paperone) che in inglese conserva addirittura lo stesso nome, Scrooge McDuck (Uncle Scrooge). La figura dell’anziano, solitario, avarissimo e gretto Scrooge (stesse caratteristiche di zio Paperone) vive la sua conversione durante la magica notte di Natale grazie all’intervento soprannaturale del suo ex socio Jacob e dei tre fantasmi dei Natali passati, di quello presente e di quelli futuri. La storia di una notte così speciale, nel racconto, diviene emblematica della potenza rinnovatrice del Natale che, nel suo essere posizionato come data vicino al solstizio d’inverno, già simbolicamente ci parla di un nuovo inizio. Al solstizio d’inverno, infatti, termina l’annuale e progressiva morte della natura e del mondo che si può così aprire alla rinascita del nuovo anno. Robert Schumann Robert Schumann (1810-1856) fu un grandissimo compositore e giornalista del Romanticismo, coetaneo di Dickens, autore di musiche che, fin dal titolo, sono caratterizzate da una forte descrittività. Schumann metteva una particolare cura nel corredare di titoli le sue composizioni. L’intento era ed è di indirizzare l’ascoltatore verso un mondo di immagini per aprirlo ad una narrazione che amplia e chiarisce l’atmosfera creata dalle sue melodie. Questa sera ascolteremo, oltre ai tre Lied (romanze) introduttive, le Kinderszenen (scene infantili) e la Kreisleriana, opera da lui dedicata a Fryderyk Chopin, ispirata al maestro di cappella Johannes Kreisler, creato da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann per l’omonimo gruppo di novelle Kreisleriana, del 1813. Con questo concerto l’Amministrazione comunale di Castelletto sopra Ticino desidera augurare alla cittadinanza Buon Natale e Felice Anno Nuovo. Claudia Gnemmi Assessore alla Cultura A Christmas Carol Jacob Marley, il socio di Scrooge Eravamo così come dovevamo essere, Scrooge ed io. Due anime in un nocciolo. Ci volevamo bene senza darlo a vedere, uniti dal lavoro e dagli anni passati insieme nella nostra bottega. Lavoro e denari, denari e lavoro. Quando alla sera rientravamo nelle nostre case già pensavamo al giorno successivo, a quante banconote fruscianti si sarebbero accumulate nel cassetto. Quando sono morto Scrooge non l’ha presa bene. Si sentiva tradito. Non da me, poveretto, che non avevo alcuna voglia di morire, ma dalla vita. Continuava a chiedersi perché fosse successo proprio a lui di perdere il suo caro socio. Bravo era bravo, Scrooge. Anche da solo, gli affari continuavano a prosperare. Ma dentro gli si era insinuato un sordo dolore, chiuso nel petto, che gli impediva di guardare dritto negli occhi le persone. Io, anima in pena, vagavo senza pace. Diventato spirito, avevo portato con me nel mio nuovo stato di anima vagante tutti gli errori fatti. L’aridità del profitto, la durezza verso gli altri, il tempo perso a diventar ricco. Quando l’Angelo mi chiese se volessi aiutarlo a dare una possibilità a Scrooge, ne fui contento. Quella notte, quando comparvi nella camera di Scrooge, la sua faccia era tra l’incredulo e il curioso. Ero passato attraverso la porta chiusa della stanza, come sappiamo fare a noi spiriti. Nella penombra lo guardavo fisso negli occhi. Lui mi scrutava immobile, seduto sul letto. Guardava il mio codino, la giacchetta che conosceva bene, i miei occhiali dorati. - Che vuol dire ciò? – mi interrogò Scrooge, freddo e conciso come sempre – che vuoi da me, Jacob? - Sono venuto ad aprirti gli occhi e il cuore – dissi io – Ogni uomo, con l’anima che ha dentro, dopo morto deve girare in mezzo ai suoi simili, viaggiare senza sosta; se non lo fa in vita, è condannato a farlo in morte. È dannato ad errare per il mondo, a vedere il bene che avrebbe potuto dividere con gli altri sulla terra e che non ha fatto. - Perché sei incatenato? – mi chiese Scrooge guardando la grossa catena che trascino sempre ai piedi. - Porto la catena che mi son fabbricato in vita – risposi – Me la sono costruita io stesso, anello ad anello, pezzo a pezzo; io stesso me la cinsi per volontà mia, e di volontà mia la porto. Vuoi sapere il peso e la lunghezza della catena che porti tu? Era lunga e pesante come questa mia, sette anni fa. Tu, poi, ci hai lavorato. Una catena di gran peso, adesso, la tua! Son qui per avvertirti che hai ancora una speranza di sfuggire al mio destino. - Sei sempre stato per me un buon amico, Jacob – sussurrò Scrooge, raddolcito. - Avrai la visita di tre Spiriti – dissi io. La faccia di Scrooge sbiancò. - Aspettati il primo per domani, quando la campana avrà battuto un’ora. - Ascolta …non potrei – insinuò Scrooge – non potrei pigliarli tutti e tre in una volta e farla finita? - Aspetterai il secondo la notte appresso, alla stessa ora. Il terzo, la terza notte, all’ultima vibrazione della dodicesima ora. Me, non mi vedrai più; ma ricordati, per amor tuo, …ricordati di quanto ti ho detto! [MUSICA] Lo spirito dei Natali trascorsi Aveva canuti i capelli, fluenti sul collo e giù per le spalle; ma non una ruga sul viso, anzi: una pelle di pesca. Lunghe le braccia, e muscolose; e così pure le mani. Di forme delicatissime le gambe e i piedi, nudi al pari delle braccia. Portava una tunica candida, stretta alla vita da una cintura lucente. Ma la cosa più singolare era che dal capo gli sprizzava un getto di luce viva che illuminava tutto intorno a lui. - Siete voi lo Spirito – domandò Scrooge – la cui visita m’era stata predetta? - Sono io. La voce era soave ma così piana che pareva venir lontano. - Chi siete o che cosa siete? - domandò Scrooge. - Sono lo Spirito dei Natali passati. Vieni, attaccati a me. Sollevàti da terra, passarono insieme attraverso il muro e in un attimo erano in aperta campagna, sorvolando una strada che correva tra i campi. Era una limpida giornata d’inverno e macchie di neve biancheggiavano al sole. - Dio di misericordia! – esclamò Scrooge stringendo le mani e volgendosi intorno – Qui son venuto sù io; qui ho passato la mia fanciullezza! - Ti ricordi la tua via? – domandò lo Spirito. - Se me la ricordo! - esclamò Scrooge Ci andrei ad occhi chiusi. - Strano però che per tanti anni tu te ne sia scordato! - osservò lo Spirito - Andiamo! Scrooge riconosceva ogni cancello, ogni albero, ogni finestra. Videro venire al trotto certi ragazzi, che a gran voce chiamavano altri ragazzi. Erano tutti allegri e la vasta campagna risuonava come d’una musica gioiosa - Queste - disse lo Spirito indicando vagamente sotto di sé - sono le ombre delle cose che furono. Non hanno coscienza di noi. Arrivarono, lo Spirito e Scrooge, ad una porta sul retro d’una casa. Si aprì mostrando un camerone nudo e malinconico, che pareva ancor più vuoto per certe file di banchi. Ad uno di questi, presso una stufetta, leggeva tutto solo un ragazzo. Scrooge cadde a sedere s’uno di questi banchi e pianse a riveder sé stesso. Misero, dimenticato, come allora soleva essere. Passava tutti i pomeriggi a scuola, solitario, mentre tutti gli altri erano a godersi le feste. Non leggeva ora; andava su e giù, serio. Scrooge si volse allo Spirito, e tristemente crollando il capo guardò con ansia verso la porta. Questa si aprì. Una ragazzina balzò dentro, gli gettò le braccia al collo, baciandolo a più riprese, chiamandolo: “Caro, caro fratello mio.” - Son venuto a prenderti - disse la ragazzina - Andiamo a casa, a casa! - A casa, Fanny? - domandò il ragazzo. - Sicuro! - ribatté la bambina piena d’allegria - A casa per davvero, a casa oggi e per sempre. Papà è tanto più buono di prima che adesso a casa si sta come in paradiso. Mi parlò con tanta dolcezza una certa sera, mentre me n’andavo a letto, che mi feci coraggio e tornai a domandargli se tu potevi tornare a casa. Sì che potevi, mi rispose; e mi ha mandato adesso con una carrozza a prenderti. Diventi un uomo, sai - soggiunse la bambina - e qui dentro non ci tornerai più; e staremo insieme tutti i Natali, capisci! - Sempre delicata quella creaturina - disse lo Spirito - un soffio l’avrebbe fatta appassire, ma che cuore aveva! - Che cuore! - ripeté Scrooge - Hai ragione, Spirito; né io ti contraddico, che Dio non voglia! - È morta maritata - disse lo Spirito - e mi pare che avesse dei bambini. - Uno ne aveva - rispose Scrooge. - È vero - disse lo Spirito - Tuo nipote! Scrooge era turbato e rispose breve: “Sì.” Scrooge rivide sé stesso. Era adulto, nel fiore della vita. Non aveva ancora i lineamenti aspri dell’età matura ma già portava la prima impronta dell’avarizia. C’era nell’occhio una mobilità irrequieta, avida, che rivelava una passione. Non era solo. Sedeva accanto a lui una ragazza con gli occhi gonfi di lagrime. - Poco importa - diceva lei con dolcezza - poco importa a te. Un’altra ha preso il mio posto; e se ti vorrà tutto il bene che ti avrei voluto io e ti farà felice, non ho motivo di lamentarmi. - Chi altra ha preso il tuo posto? - domandò egli. - Un’altra che è di oro. - Ecco la giustizia del mondo! - egli esclamò. - Sei povero, ti accoppa; cerchi di arricchirti, ti dà addosso peggio che mai! - Tu hai troppa paura del mondo - ribatté dolcemente la fanciulla. - Le tue speranze si limitano a questa sola: di sottrarti al suo disprezzo. Io ho veduto le tue più nobili aspirazioni cadere ad una ad una fino a che la passione dominante, il lucro, ti ha assorbito. Non è forse vero? - E perciò? Che male c’è se son divenuto più accorto? Verso di te non son mica mutato. Ella crollò il capo. - Son forse mutato? - Ci siamo scambiati una promessa quando tutti e due eravamo contenti della nostra semplicità, aspettando una sorte migliore dal nostro lavoro. Tu sì che sei mutato. Eri un altro uomo. Forse …forse ora un po’ ne soffri. Ben poco, però, e cacci subito ogni ricordo come un sogno vano. Che tu sia felice nella vita che ti sei scelto! Scrooge ripensò a quella creatura graziosa e promettente che, chissà, avrebbe potuto dargli un figlio. Che avrebbe fatto fiorire una primavera nell’inverno della sua vita. Si sentì gli occhi pieni di lagrime. - Spirito! - esclamò con voce soffocata - toglimi di qui! - Ti ho detto - rispose lo Spirito - che queste son solo ombre di quel che fu. - Toglimi di qua! - tornò a pregare Scrooge. - Non resisto più! Lasciami! Riportami a casa. [MUSICA] Lo spirito del Natale presente Destato nel pieno di un russare fragoroso Scrooge non ebbe bisogno di sentirsi dire che il tocco stava per suonare. Una voce lo chiamò per nome e gl’impose di venire avanti. Scrooge obbedì e si affacciò alla porta. Era la sua stanza ma tutta trasformata. Pendevano dal soffitto e dalle pareti grandi rami verdeggianti, da formare un boschetto. Una vampa poderosa rumoreggiava su per la gola del camino, una fiamma così alta e scoppiettante che quel focolare non ne aveva mai vista una simile. Ammonticchiati per terra, quasi a formare una specie di trono, c’erano tacchini e polli spelati, forme di cacio, gran pezzi d’arrosto, porcellini, lunghe ghirlande di salsicce, focacce e pasticcini, barili di ostriche, castagne, mele, arance, ciambelle, tazzoni di punch bollente che col loro vapore annebbiavano la camera. Su questo strano giaciglio sedeva, anzi era quasi sdraiato, un allegro Gigante. D’aspetto magnifico, brandiva nella destra una torcia fiammante, quasi a foggia d’un corno d’Abbondanza, e l’alzava per gettare luce su Scrooge mentre questi spingeva dentro il capo dalla porta socchiusa. - Entra! - gridò lo Spirito. - Entra! e impara a conoscermi, uomo! Io sono lo Spirito di questo Natale. Guardami! - Spirito - pregò Scrooge in atto sommesso - menatemi dove vi piace. La notte scorsa sono andato fuori per forza ed ho imparato una lezione che già mi va lavorando dentro. Questa notte, se m’avete da insegnar qualcosa, fate che io ne approfitti. - Tocca la mia veste! - disse lo spirito Scrooge non se lo fece dire due volte, vi si tenne saldo e in un baleno erano a volo sulla città. Sotto era tutto un correre di uomini e donne, entrare ed uscire, chiamarsi a gran voce. Dai negozi sporgevano sul marciapiedi grossi sacchi di castagne, verdi barattoli di olive, cumuli di arance e trecce di cipolle rosse e lucenti. Dalle drogherie i profumi mescolati del tè e del caffè accarezzavano i nasi, e frutta candita brillante di zucchero si sporgeva come per mettersi in mostra e farsi mangiare con gli occhi prima ancora che coi denti. E gli avventori! Bisognava vederli! Gli avventori ansiosi e frettolosi, che per comprare le provviste per la cena di Natale s’urtavano l’uno sull’altro alla porta dei negozi. Era tutto un arraffare, insacchettare, metter nelle tasche e nelle sporte. La vista di questi festaioli pareva star a cuore allo Spirito che si fermò sulla soglia di un fornaio e sui sacchetti di pane che via via passavano, spargeva incenso con una scossa della sua torcia. Strana torcia era questa, perché una o due volte, essendo corse parole vivaci fra alcuni di quei portatori di cibo, ne schizzò una spruzzaglia luminosa che subito li fece tornare di buon umore. Era una vergogna, dicevano, bisticciarsi il giorno di Natale. E così era davvero! Dio di misericordia, proprio così! Fu per la compiacenza che il buono Spirito trovava nel far mostra di questo suo potere, o forse la sua stessa natura generosa e cordiale, che arrivarono sulla casa d’un commesso di Scrooge. Giunto alla soglia, lo Spirito sorrise e si fermò per benedire la dimora di Bob Cratchit con gli spruzzi della sua torcia. Erano tutti riuniti attorno al tavolo, Bob, la sua signora, i marmocchi e qualche altro parente, una vecchia zia, una vicina di casa vedova. La luce sopra il tavolo illuminava, al centro della tovaglia rossa e affollata di piatti, bicchieri, vasetti di leccornie e pezzi di pane, un’oca gigantesca. - Un’oca simile non s’è mai data! - disse Bob. Secondo lui, un’oca di quella fatta non era stata cucinata mai. La sua tenerezza, il profumo, la grassezza furono oggetto dell’ammirazione universale. Col rinforzo del contorno di mele e patate, il pranzo era sufficiente: anzi, come diceva tutta contenta la signora Cratchit, non s’era potuto mangiar tutto! Eppure ciascuno s’era satollato, e i due piccoli Cratchit erano pieni di cibo fino agli occhi lucidi! Terminato il desinare, si sparecchò, si attizzò il fuoco e tutti si misero a sedere in circolo davanti al camino, con le guance rosse per il tanto che avevano mangiato e per la luce guizzante del fuoco. Allora Bob disse forte: - Un allegro Natale a tutti noi, cari miei. Dio ci benedica! Tutti quanti, vociando, ripetevano l’un l’altro l’augurio. - Dio benedica tutti quanti siamo! E… - Bob fece una pausa, poi disse - propongo un brindisi al signor Scrooge, protettore di questa festa! - Bel protettore davvero! - esclamò la signora Cratchit facendosi rossa - Lo vorrei qui, lo vorrei. Gli darei una certa festa a modo mio, che non gli andrebbe mica a genio. - Mia cara - disse Bob - ci sono i ragazzi …è Natale! - Un bel giorno di Natale - ribatté la moglie - se s’avesse a bere alla salute di un uomo così odioso, taccagno, duro, egoista come quello Scrooge. Tu lo sai, Bob, nessuno lo sa meglio di te, poveretto! - Cara mia - ripeté Bob con dolcezza - è Natale. - Berrò alla sua salute per amor tuo e perché è Natale - disse la signora Cratchit - per lui no. Cento di questi giorni, un allegro Natale e felice capo d’anno! Starà proprio allegro e felice, figurati! Calava intanto la notte e mentre Scrooge e lo Spirito andavano per le vie, era mirabile lo splendore delle luci nelle strade e nelle case. E dentro ad esse, tutte persone allegre e vocianti. Abbracci, carezze, racconti. La tristezza sembrava bandita e musiche risuonavano ondeggiando da una casa all’altra. Fu una lunga notte, se pure fu una notte. Scrooge ne dubitava, perché gli pareva di veder condensate molte feste di Natale nel poco tempo passato con lo Spirito. Notò anche, ma per discrezione non ne fece parola, che lo Spirito si faceva via via più vecchio. La cosa era strana, e Scrooge non si poté più tenere quando, lasciando una casa in cui tutti ormai aprivano i regali, vide che i capelli dello Spirito erano imbiancati. - Così breve - domandò - è la vita degli Spiriti? - La mia vita su questa terra - lo Spirito rispose - è brevissima. Termina stanotte. - Stanotte! - esclamò Scrooge. - A mezzanotte. Ascolta, l’ora s’avvicina. In quel punto i tocchi del campanile battevano i tre quarti dopo le undici. - Perdonami se sono indiscreto - disse Scrooge guardando in basso la veste dello Spirito - ma vedo venir fuori dal lembo della tua veste non so che di strano: è un piede, un artiglio? - Potrebbe essere un artiglio, per la poca carne che lo copre - rispose malinconico lo Spirito - Guarda. Dalle pieghe della sua veste trasse fuori due bambini striminziti, spaventevoli, ributtanti, miserabili. Caddero ginocchioni ai suoi piedi e si attaccarono saldi ai lembi della veste. Erano un bambino e una bambina. Gial- li, scarni, cenciosi, arcigni, selvaggi; ma prostrati nella loro umiltà. Dove la grazia della gioventù avrebbe dovuto fiorir rigogliosa sulle guance, una mano secca e grinzosa li aveva corrosi, scavati, tagliuzzati. Scrooge guardandoli indietreggiò, atterrito. - Spirito! son figli tuoi? - poté appena domandare Scrooge. - Sono figli dell’Uomo - rispose lo Spirito chinando gli occhi a guardarli - E a me s’attaccano, accusando i padri loro. Questo bambino è l’Ignoranza. Questa bambina è l’Intolleranza. Guàrdati da tutti e due, da tutta la loro discendenza, ma soprattutto guardati perché sulla loro fronte io vedo scritto: dannazione. [MUSICA] Lo spirito dei Natali futuri L’orologio batté le dodici. Scrooge si guardò attorno cercando lo Spirito. Sull’ultimo colpo della campana si ricordò la predizione di Jacob Marley, e alzando gli occhi vide un solenne fantasma, ammantato e incappucciato, che avanzava, come nebbia che sfiori il terreno, alla sua volta. Lento, grave, silenzioso, si accostò. Scrooge, a vederselo davanti, cadde in ginocchio. Un nero mantello lo avvolgeva tutto, nascondendogli il capo, la faccia, ogni forma: sporgeva solo una mano distesa. - Sono io in presenza dello Spirito dei Natali futuri? - chiese Scrooge con voce tremolante. Lo Spirito non rispose. Fece solo un cenno con la mano. - Tu mi mostrerai le ombre delle cose non accadute e che accadranno nel tempo che ci aspetta - proseguì Scrooge - Dico bene, Spirito? Scrooge avea tanta paura di quell’ombra taciturna da non reggersi sulle gambe quando si trattò di seguirla. - Spirito del futuro! - gridò Scrooge - ho più paura di te che degli altri Spiriti. Ma poiché so che l’intenzione tua è di farmi del bene, e poiché spero di mutar vita, se Dio mi darà vita, eccomi disposto a tenerti compagnia e con animo grato, anche. Il Fantasma si muoveva lento com’era venuto. Scrooge lo seguiva avvolto nella sua ombra. Non si può dire che entrassero in città; parve invece che questa balzasse fuori di botto e li circondasse. Vi si trovavano dentro, proprio nel cuore degli affari, nella Borsa. Uomini in giacca e cravatta andavano su e giù frettolosi, e parlavano al cellulare e guardavano i computer e si gingillavano in atto pensoso coi grossi orologi d’oro che avevano al polso. Lo Spirito si arrestò presso un gruppo di uomini che parlavano tra loro. - No - diceva uno di loro con voce sottile - non ne so gran cosa. So che è morto. - Ma quando è morto? - chiese uno. - Ieri sera, credo. - Pareva che non dovesse morir mai disse un altro. - E che ne ha fatto del suo patrimonio? - Non ne ho inteso dir niente - rispose il primo - Li avrà lasciati alla sua Ditta. A me, no di certo! Una risata accolse la battuta. Poi la scena mutò. Erano in una camera buia. Una luce scialba, venendo di fuori, mandava un raggio sul letto che stava in mezzo alla stanza. Su di esso solo, trascurato, senza pianto, giaceva il corpo immobile di un vecchio. - Spirito, Spirito! - disse Scrooge - Vedo, quel tale potrei essere io. Giaceva, quell’uomo, nella casa buia e deserta, senza che una voce di donna, di uomo, di bambino dicesse: “è stato buono con me in questa cosa o in quella, e per la memoria che ne serbo io sarò buono con lui”. - Spirito! Se c’è qualcuno in città, che piange la morte di quest’uomo - disse Scrooge angosciato - mostramelo, te ne scongiuro! Il Fantasma distese il nero mantello davanti a sé come un’ala e ritraendola si scoprì una stanza dov’erano un padre, una madre e il loro bambini. A Scrooge parve di riconoscere quell’uomo. Era un tale che gli doveva i denari di un prestito ormai scaduto. - È morto iersera - diceva quel marito alla moglie. -E il nostro debito a chi sarà trasferito, adesso? - Non so. Ma prima che si sappia avremo modo di mettere insieme il danaro da rendere. E forse non avremo la mala sorte d’inciampare in un creditore spietato come lui. Stanotte e per un po’ di tempo possiamo dormire sereni. I cuori di quel padre e di quella madre erano più leggeri. I volti dei bambini, che intuivano ch’era successo qualcosa che non capivano ma che era buono, brillavano. Tutta la casa, per la morte di quell’uomo, era felice. L’unica emozione che lo Spirito potesse mostrare a Scroo- ge come effetto di quella morte, era di sollievo. - Spirito - disse Scrooge - sento che il momento della nostra separazione è prossimo. Dimmi, chi era quell’uomo che abbiamo visto disteso sul letto di morte? Lo Spirito dei Natali di là da venire lo accompagnò fino davanti ad un cancello di ferro. Prima di entrare, Scrooge si guardò attorno. Un cimitero. Qui, dunque, lo sciagurato di cui gli sarebbe stato svelato il nome, qui giaceva sottoterra. Lo Spirito stette fra le tombe e abbassò il dito segnandone una. Scrooge vi si accostò tremando. - Prima di accostarmi a quella pietra ove tu accenni - disse Scrooge - rispondi a una sola domanda. Son queste le immagini delle cose future o soltanto delle cose possibili? Lo Spirito teneva sempre il dito abbassato verso la tomba vicina. - Le azioni umane adombrano sempre un certo fine, che può diventare inevitabile, se in quelle ci si ostina. Ma se vengono a mutare, muterà anche il fine. Dimmi che così è, dimmelo, in queste scene che mi vai mostrando! Lo Spirito era immobile sempre. Scrooge si fece più vicino e seguendo il dito, lesse sulla pietra della tomba il proprio nome. E in un lampo rivide i suoi colleghi, uomini d’affari. E la stanza nuda e buia. E comprese le parole del suo debitore. - Spirito! - gridò abbracciandosi alla sua veste - ascoltami! Io non son più lo stesso uomo di prima. Io non sarò l’uomo che sarei stato, se non t’avessi seguito. Spirito, abbi pietà di me. Dimmi, assicurami ch’io posso ancora, mutando vita, cambiare queste scene che m’hai mostrate! La mano dello Spirito si levò sulle spalle di Scrooge in un gesto di conforto. - Onorerò sempre il Natale nel mio cuore - disse Scrooge piangendo - e ne serberò il culto tutto l’anno. Vivrò nel passato, nel presente e nell’avvenire. Mi parleranno dentro tutti e tre gli Spiriti. Non mi scorderò delle loro lezioni. Oh, dimmi, dimmi che mi sarà dato cancellare il mio nome scritto su questa pietra! Lo Spirito si strinse in sé, si rannicchiò, poi si allungò in un vortice e divenne una colonna del letto di Scrooge. [MUSICA] La mattina di Natale Sì! Quella colonna di letto era la sua. Suo il letto, sua la camera. Meglio ancora, meglio d’ogni cosa, era suo il tempo che aveva davanti, suo, per emendarsi! - Vivrò nel Passato, nel Presente e nel Futuro! - ripeté Scrooge, sgusciando fuori del letto - I tre Spiriti mi parleranno dentro. O Jacob Marley! Benedetto sia il cielo e il giorno di Natale! Lo dico in ginocchio, mio vecchio socio. - A quanti ne siamo del mese? - disse Scrooge - Quanto tempo sono stato tra gli Spiriti? Non lo so. Non so niente. Sono come un bambino. Non me n’importa. Così lo fossi, bambino! Il vortice dei suoi pensieri fu arrestato dalle suono delle campane che mandavano i più lieti squilli che avesse mai uditi. Corse alla finestra, l’aprì, mise fuori il capo. Niente nebbia: un’aria limpida, cristallina; e quelle campane, così allegre, così allegre! Oh, bello, magnifico! - Che è oggi? - gridò Scrooge giù ad un ragazzo che passava con indosso gli abiti della festa. - Eh? - fece il ragazzo spalancando la bocca dalla meraviglia. - Che giorno è oggi, bambino mio? - ripeté Scrooge. - Oggi! - rispose il ragazzo. - È Natale, oggi. - È Natale! - disse Scrooge a sé stesso Bravo, sono in tempo. Gli Spiriti hanno fatto ogni cosa in una notte. Possono fare quel che vogliono. Si sa. È naturale. Ohe, bambino! - Ohe! - fece il ragazzo. - Sai dov’è il pollaiolo, nella via appresso, alla cantonata? - Certo che sì - rispose il ragazzo. - Sai se ha già venduto quel tacchino, quello più grosso, che teneva ieri in mostra? - È sempre appeso com’era. - Sì? davvero? Ebbene, corri subito a comprarlo e dì che gli darò io l’indirizzo dove lo devono portare. Torna con l’uomo del negozio, che ti darò un euro. Torna in meno di cinque minuti e te ne darò 10! Il ragazzo partì correndo come una freccia. - Lo manderò a Bob Cratchit! - borbottò Scrooge, fregandosi le mani cominciando a ridere - e non deve sapere chi glielo manda. Nello scrivere l’indirizzo sul biglietto la mano tremava. Corse giù ad aprir la porta per esser pronto all’arrivo del tacchino. - Ecco il tacchino. Olà! ehi! Come state? Buon Natale! Era un tacchino davvero enorme! - Perdinci! è impossibile portare a mano questa roba fino a Camden Town - disse Scrooge - Dovete prendere un taxi. Il riso con cui disse questo, e il riso con cui pagò il tacchino, e il riso con cui pagò il taxi, e il riso con cui diede la mancia al ragazzo furono soltanto sorpassati dal riso che lo prese tutto mentre si lasciava andare senza fiato sul suo seggiolone. E rise, rise fino a che scoppiò a piangere. A Scrooge non era agevole radersi, perché la mano gli tremava sempre; e il radersi richiede un po’ di attenzione, anche quando non ballate, facendovi la barba. Ma se pure si fosse mozzato la punta del naso, vi avrebbe appiccicato un pezzo di sughero e sarebbe stato contento come una pasqua. Si vestì, col meglio che aveva, e uscì per la via. La gente si riversava fuori, com’egli l’avea vista con lo Spirito del Natale presente. Camminando con le mani dietro, Scrooge guardava tutti con un sorriso di soddisfazione. Era così allegro, così irresistibile nella sua allegria, che tre o quattro sconosciuti lo salutarono: “Buon giorno, signore! Buon Natale!” E Scrooge affermò spesso in seguito che di tutti i suoni giocondi uditi in vita sua, i più giocondi, senz’altro, erano stati quelli. Scrooge fu anche più largo della sua parola. Divenne così buon amico, così buon padrone, così buon uomo, come non se ne vedevano. Risero alcuni di quel mutamento, ma egli li lasciava ridere e non vi badava; perché sapeva bene che molte cose buone, su questo mondo, cominciano sempre col muovere il riso in certa gente. Poiché ciechi avevano da essere, meglio che stringessero gli occhi in una smorfia di ilarità, anzi che essere attaccati da qualche male. Anch’egli, in fondo al cuore, rideva: e gli bastava questo, e non chiedeva altro. Con gli Spiriti non ebbe più da fare; ma se ne rifece con gli uomini. E di lui fu sempre detto che non c’era uomo al mondo che sapesse così bene festeggiare il Natale. Così lo stesso si dica di noi, di tutti noi e di ciascuno! E così “Dio ci protegga tutti e ci benedica”. [MUSICA] Riduzione dal testo originale di A Christmas Carol di Charles Dickens di Carlo Baruffi