A Christmas Carol, un classico del Natale

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A Christmas Carol, un classico del Natale
Maria Pia Carola
Ha ricevuto la formazione pianistica al Conservatorio di Milano con il massimo dei voti e la lode,
perfezionandosi poi con i migliori maestri (Diploma di Merito della Accademia Chigiana con Guido
Agosti e successivamente con Paul Badura-Skoda, Franco Scala, Boris Petrushanskij e Lazar Berman).
Ha partecipato a concorsi nazionali e internazionali con cinque primi premi vinti.
Ha iniziato la sua carriera molto giovane e tuttora svolge attività come solista tenendo recital in
teatri e sale da concerto in Italia, in tutta Europa, Stati Uniti, Sud Africa, Giappone. Ha suonato con
numerose orchestre (Pomeriggi Musicali, Angelicum, Accademia Pescarese, Orchestra di Stato della
Romania, Sinfonica di Katerinoslav, Filarmonica di Omsk, Orchestra di Odessa, Sinfonica Jupiter ecc.)
e in sale prestigiose, riscuotendo sempre ampi consensi di pubblico e critica. Di lei si apprezzano “…
la naturale espressività, la raffinatezza interpretativa e la capacità di alternare effetti sonori coloristici
di vivida lucentezza a momenti di ispirato lirismo…”.
Il suo repertorio spazia da Bach ai grandi della letteratura pianistica del primo 900, ha in repertorio
l’opera omnia di Ravel, include volentieri nei suoi programmi brani di autori contemporanei e jazz.
Parallelamente svolge un’intensa attività cameristica collaborando con numerosi musicisti in varie
formazioni. Dal 2005 suona con il violinista Claudio Marzorati con cui, dal 2009, insieme al violoncellista Graziano Beluffi, ha costituito il Trio musicadarte: l’esperienza solistica dei componenti del trio lo
ha reso subito una formazione di grande rilievo, infatti sono invitati a suonare regolarmente in sale e
teatri in Italia e all’estero. Ha fondato ed è direttrice didattica del CMT (Centro Musicale Territoriale)
di cui cura anche le stagioni concertistiche. È docente al Conservatorio G. Verdi di Milano. Ha inciso
per Sony e Symposium. www.mariapiacarola.com
Gianluca Valenti
Ha iniziato la carriera artistica come attore di prosa, recitando in varie opere teatrali di Pirandello
(Questa sera si recita a soggetto, La favola del figlio cambiato, I giganti della montagna, Cosi è se
vi pare); di Alessandro Manzoni (II Conte Carmagnola; di Plauto (L’Aulularia); di Goldoni (Arlecchino
servitore di due padroni).
Ha recitato presso il Teatro della Scala nelle opere liriche: Fra Diavolo di F. Auber; Oberon di A. Weber.
Dopo aver studiato canto lirico presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, ha debuttato in Giappone
nei Teatri di Osaka e Tokio ne II Signor Bruschino (protaginista) di Rossini, replicato poi al Teatro
Donizetti di Bergamo.
A Roma ha cantato Giaele azione sacra di Mercadante nella prima esecuzione in tempi moderni.
Al Teatro Olimpico di Vicenza ha interpretato sotto la direzione del M° De Bernart il Dottor Miracolo
(protagonista) di Bizet e L’educazione mancata di E. Chabrier. Al Teatro San Carlo di Napoli ha cantato
Eva di F. Lehar. Al Comunale di Bologna ha cantato Don Pasquale di Donizetti e Salomè di R. Strauss;
con lo stesso teatro ha partecipato alIa tourneè in Giappone cantando con M. Freni e J. Carreras. Al
Teatro dell’Opera di Roma ha cantato Romanza di S. Rendine, Sly di E. W. Ferrari al fianco di Placido
Domingo. Al Teatro Comunale di Firenze ha interpretato in prima assoluta II letto della storia di F.
Vacchi. Ha cantato nella prima assoluta II fantasma della cabina di F. Betta. Per il Teatro Alla Scala ha
cantato M. Butterfly di G. Puccini e A. Chenier di U. Giordano.
Ha cantato e recitato nel film Tu ridi dei fratelli Taviani e ha partecipato come ospite al programma
Note di Natale prodotto da Mediaset, cantando, diretto dal Maestro B. Vessicchio, con Elisa, Enrico
Ruggeri, Alex Baroni, Jenny B., Massimo Ranieri, Filippa Giordano ecc. presentato da Lorella Cuccarini
con la regia di Roberto Cenci. È stato selezionatore per la Lombradia per i concorsi Mia Martini e
Sanremo inediti. Collabora con la foniatra del Teatro alla Scala di Milano Dott.ssa Orietta Calcinoni.
A Christmas Carol, un classico del Natale
Lo scrittore e giornalista britannico Charles Dickens (1812-1870) è celebre per alcuni romanzi
che hanno nutrito la fantasia di intere giovani generazioni ( Il Circolo Pickwick, Le avventure
di Oliver Twist, David Copperfield ) prima che cinema, televisione ed Internet creassero nuovi
generi e nuovi protagonisti dell’immaginario giovanile.
Il racconto A Christmas Carol venne dato alle stampe nel 1843 e in poco tempo divenne un
classico della letteratura natalizia. Il titolo, tradotto in italiano come Canto di Natale o Racconto di Natale, perde un po’ il significato musicale delle carol, che nel mondo anglosassone
sono ancor oggi i canti e le danze di ispirazione religiosa legate soprattutto al Natale.
Walt Disney prese spunto proprio da questo racconto per creare uno dei suoi amatissimi
personaggi, Paperon de’ Paperoni (zio Paperone) che in inglese conserva addirittura lo stesso
nome, Scrooge McDuck (Uncle Scrooge). La figura dell’anziano, solitario, avarissimo e gretto
Scrooge (stesse caratteristiche di zio Paperone) vive la sua conversione durante la magica
notte di Natale grazie all’intervento soprannaturale del suo ex socio Jacob e dei tre fantasmi
dei Natali passati, di quello presente e di quelli futuri.
La storia di una notte così speciale, nel racconto, diviene emblematica della potenza rinnovatrice del Natale che, nel suo essere posizionato come data vicino al solstizio d’inverno, già
simbolicamente ci parla di un nuovo inizio. Al solstizio d’inverno, infatti, termina l’annuale
e progressiva morte della natura e del mondo che si può così aprire alla rinascita del nuovo
anno.
Robert Schumann
Robert Schumann (1810-1856) fu un grandissimo compositore e giornalista del Romanticismo, coetaneo di Dickens, autore di musiche che, fin dal titolo, sono caratterizzate da
una forte descrittività. Schumann metteva una particolare cura nel corredare di titoli le sue
composizioni. L’intento era ed è di indirizzare l’ascoltatore verso un mondo di immagini per
aprirlo ad una narrazione che amplia e chiarisce l’atmosfera creata dalle sue melodie.
Questa sera ascolteremo, oltre ai tre Lied (romanze) introduttive, le Kinderszenen (scene
infantili) e la Kreisleriana, opera da lui dedicata a Fryderyk Chopin, ispirata al maestro di cappella Johannes Kreisler, creato da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann per l’omonimo gruppo
di novelle Kreisleriana, del 1813.
Con questo concerto l’Amministrazione comunale di Castelletto sopra Ticino desidera augurare alla cittadinanza Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
Claudia Gnemmi
Assessore alla Cultura
A Christmas Carol
Jacob Marley, il socio di Scrooge
Eravamo così come dovevamo essere,
Scrooge ed io. Due anime in un nocciolo.
Ci volevamo bene senza darlo a vedere, uniti dal lavoro e dagli anni passati
insieme nella nostra bottega. Lavoro e
denari, denari e lavoro. Quando alla sera
rientravamo nelle nostre case già pensavamo al giorno successivo, a quante
banconote fruscianti si sarebbero accumulate nel cassetto.
Quando sono morto Scrooge non l’ha
presa bene. Si sentiva tradito. Non da
me, poveretto, che non avevo alcuna
voglia di morire, ma dalla vita. Continuava a chiedersi perché fosse successo
proprio a lui di perdere il suo caro socio.
Bravo era bravo, Scrooge. Anche da
solo, gli affari continuavano a prosperare. Ma dentro gli si era insinuato un
sordo dolore, chiuso nel petto, che gli
impediva di guardare dritto negli occhi
le persone.
Io, anima in pena, vagavo senza pace.
Diventato spirito, avevo portato con me
nel mio nuovo stato di anima vagante
tutti gli errori fatti. L’aridità del profitto,
la durezza verso gli altri, il tempo perso
a diventar ricco.
Quando l’Angelo mi chiese se volessi
aiutarlo a dare una possibilità a Scrooge, ne fui contento.
Quella notte, quando comparvi nella
camera di Scrooge, la sua faccia era
tra l’incredulo e il curioso. Ero passato
attraverso la porta chiusa della stanza,
come sappiamo fare a noi spiriti. Nella
penombra lo guardavo fisso negli occhi.
Lui mi scrutava immobile, seduto sul letto. Guardava il mio codino, la giacchetta
che conosceva bene, i miei occhiali dorati.
- Che vuol dire ciò? – mi interrogò Scrooge, freddo e conciso come sempre –
che vuoi da me, Jacob?
- Sono venuto ad aprirti gli occhi e il
cuore – dissi io – Ogni uomo, con l’anima che ha dentro, dopo morto deve
girare in mezzo ai suoi simili, viaggiare
senza sosta; se non lo fa in vita, è condannato a farlo in morte. È dannato ad
errare per il mondo, a vedere il bene che
avrebbe potuto dividere con gli altri sulla terra e che non ha fatto.
- Perché sei incatenato? – mi chiese
Scrooge guardando la grossa catena
che trascino sempre ai piedi.
- Porto la catena che mi son fabbricato
in vita – risposi – Me la sono costruita io
stesso, anello ad anello, pezzo a pezzo;
io stesso me la cinsi per volontà mia, e di
volontà mia la porto. Vuoi sapere il peso
e la lunghezza della catena che porti tu?
Era lunga e pesante come questa mia,
sette anni fa. Tu, poi, ci hai lavorato.
Una catena di gran peso, adesso, la tua!
Son qui per avvertirti che hai ancora una
speranza di sfuggire al mio destino.
- Sei sempre stato per me un buon
amico, Jacob – sussurrò Scrooge, raddolcito.
- Avrai la visita di tre Spiriti – dissi io.
La faccia di Scrooge sbiancò.
- Aspettati il primo per domani, quando
la campana avrà battuto un’ora.
- Ascolta …non potrei – insinuò Scrooge – non potrei pigliarli tutti e tre in una
volta e farla finita?
- Aspetterai il secondo la notte appresso, alla stessa ora. Il terzo, la terza
notte, all’ultima vibrazione della dodicesima ora. Me, non mi vedrai più; ma
ricordati, per amor tuo, …ricordati di
quanto ti ho detto!
[MUSICA]
Lo spirito dei Natali trascorsi
Aveva canuti i capelli, fluenti sul collo e
giù per le spalle; ma non una ruga sul
viso, anzi: una pelle di pesca. Lunghe
le braccia, e muscolose; e così pure le
mani. Di forme delicatissime le gambe e
i piedi, nudi al pari delle braccia. Portava una tunica candida, stretta alla vita
da una cintura lucente. Ma la cosa più
singolare era che dal capo gli sprizzava
un getto di luce viva che illuminava tutto
intorno a lui.
- Siete voi lo Spirito – domandò Scrooge
– la cui visita m’era stata predetta?
- Sono io.
La voce era soave ma così piana che pareva venir lontano.
- Chi siete o che cosa siete? - domandò
Scrooge.
- Sono lo Spirito dei Natali passati. Vieni, attaccati a me.
Sollevàti da terra, passarono insieme
attraverso il muro e in un attimo erano
in aperta campagna, sorvolando una
strada che correva tra i campi. Era una
limpida giornata d’inverno e macchie di
neve biancheggiavano al sole.
- Dio di misericordia! – esclamò Scrooge
stringendo le mani e volgendosi intorno
– Qui son venuto sù io; qui ho passato
la mia fanciullezza!
- Ti ricordi la tua via? – domandò lo
Spirito.
- Se me la ricordo! - esclamò Scrooge Ci andrei ad occhi chiusi.
- Strano però che per tanti anni tu te ne
sia scordato! - osservò lo Spirito - Andiamo!
Scrooge riconosceva ogni cancello, ogni
albero, ogni finestra. Videro venire al
trotto certi ragazzi, che a gran voce
chiamavano altri ragazzi. Erano tutti
allegri e la vasta campagna risuonava
come d’una musica gioiosa
- Queste - disse lo Spirito indicando
vagamente sotto di sé - sono le ombre
delle cose che furono. Non hanno coscienza di noi.
Arrivarono, lo Spirito e Scrooge, ad
una porta sul retro d’una casa. Si aprì
mostrando un camerone nudo e malinconico, che pareva ancor più vuoto per
certe file di banchi. Ad uno di questi,
presso una stufetta, leggeva tutto solo
un ragazzo. Scrooge cadde a sedere s’uno di questi banchi e pianse a riveder sé
stesso. Misero, dimenticato, come allora
soleva essere. Passava tutti i pomeriggi
a scuola, solitario, mentre tutti gli altri
erano a godersi le feste.
Non leggeva ora; andava su e giù, serio.
Scrooge si volse allo Spirito, e tristemente crollando il capo guardò con ansia
verso la porta. Questa si aprì. Una ragazzina balzò dentro, gli gettò le braccia
al collo, baciandolo a più riprese, chiamandolo: “Caro, caro fratello mio.”
- Son venuto a prenderti - disse la ragazzina - Andiamo a casa, a casa!
- A casa, Fanny? - domandò il ragazzo.
- Sicuro! - ribatté la bambina piena d’allegria - A casa per davvero, a casa oggi
e per sempre. Papà è tanto più buono
di prima che adesso a casa si sta come
in paradiso. Mi parlò con tanta dolcezza
una certa sera, mentre me n’andavo a
letto, che mi feci coraggio e tornai a domandargli se tu potevi tornare a casa. Sì
che potevi, mi rispose; e mi ha mandato
adesso con una carrozza a prenderti. Diventi un uomo, sai - soggiunse la bambina - e qui dentro non ci tornerai più; e
staremo insieme tutti i Natali, capisci!
- Sempre delicata quella creaturina - disse lo Spirito - un soffio l’avrebbe fatta
appassire, ma che cuore aveva!
- Che cuore! - ripeté Scrooge - Hai ragione, Spirito; né io ti contraddico, che
Dio non voglia!
- È morta maritata - disse lo Spirito - e
mi pare che avesse dei bambini.
- Uno ne aveva - rispose Scrooge.
- È vero - disse lo Spirito - Tuo nipote!
Scrooge era turbato e rispose breve:
“Sì.”
Scrooge rivide sé stesso. Era adulto,
nel fiore della vita. Non aveva ancora i
lineamenti aspri dell’età matura ma già
portava la prima impronta dell’avarizia.
C’era nell’occhio una mobilità irrequieta, avida, che rivelava una passione.
Non era solo. Sedeva accanto a lui una
ragazza con gli occhi gonfi di lagrime.
- Poco importa - diceva lei con dolcezza
- poco importa a te. Un’altra ha preso il
mio posto; e se ti vorrà tutto il bene che
ti avrei voluto io e ti farà felice, non ho
motivo di lamentarmi.
- Chi altra ha preso il tuo posto? - domandò egli.
- Un’altra che è di oro.
- Ecco la giustizia del mondo! - egli
esclamò. - Sei povero, ti accoppa; cerchi di arricchirti, ti dà addosso peggio
che mai!
- Tu hai troppa paura del mondo - ribatté dolcemente la fanciulla. - Le tue
speranze si limitano a questa sola: di
sottrarti al suo disprezzo. Io ho veduto
le tue più nobili aspirazioni cadere ad
una ad una fino a che la passione dominante, il lucro, ti ha assorbito. Non è
forse vero?
- E perciò? Che male c’è se son divenuto
più accorto? Verso di te non son mica
mutato.
Ella crollò il capo.
- Son forse mutato?
- Ci siamo scambiati una promessa
quando tutti e due eravamo contenti
della nostra semplicità, aspettando una
sorte migliore dal nostro lavoro. Tu sì
che sei mutato. Eri un altro uomo. Forse
…forse ora un po’ ne soffri. Ben poco,
però, e cacci subito ogni ricordo come
un sogno vano. Che tu sia felice nella
vita che ti sei scelto!
Scrooge ripensò a quella creatura graziosa e promettente che, chissà, avrebbe potuto dargli un figlio. Che avrebbe
fatto fiorire una primavera nell’inverno
della sua vita. Si sentì gli occhi pieni di
lagrime.
- Spirito! - esclamò con voce soffocata
- toglimi di qui!
- Ti ho detto - rispose lo Spirito - che
queste son solo ombre di quel che fu.
- Toglimi di qua! - tornò a pregare Scrooge. - Non resisto più! Lasciami! Riportami a casa.
[MUSICA]
Lo spirito del Natale presente
Destato nel pieno di un russare fragoroso Scrooge non ebbe bisogno di sentirsi
dire che il tocco stava per suonare. Una
voce lo chiamò per nome e gl’impose di
venire avanti. Scrooge obbedì e si affacciò alla porta. Era la sua stanza ma tutta
trasformata. Pendevano dal soffitto e
dalle pareti grandi rami verdeggianti,
da formare un boschetto. Una vampa
poderosa rumoreggiava su per la gola
del camino, una fiamma così alta e
scoppiettante che quel focolare non ne
aveva mai vista una simile.
Ammonticchiati per terra, quasi a formare una specie di trono, c’erano tacchini e
polli spelati, forme di cacio, gran pezzi
d’arrosto, porcellini, lunghe ghirlande
di salsicce, focacce e pasticcini, barili di
ostriche, castagne, mele, arance, ciambelle, tazzoni di punch bollente che col
loro vapore annebbiavano la camera. Su
questo strano giaciglio sedeva, anzi era
quasi sdraiato, un allegro Gigante. D’aspetto magnifico, brandiva nella destra
una torcia fiammante, quasi a foggia
d’un corno d’Abbondanza, e l’alzava
per gettare luce su Scrooge mentre questi spingeva dentro il capo dalla porta
socchiusa.
- Entra! - gridò lo Spirito. - Entra! e
impara a conoscermi, uomo! Io sono lo
Spirito di questo Natale. Guardami!
- Spirito - pregò Scrooge in atto sommesso - menatemi dove vi piace. La
notte scorsa sono andato fuori per forza
ed ho imparato una lezione che già mi
va lavorando dentro. Questa notte, se
m’avete da insegnar qualcosa, fate che
io ne approfitti.
- Tocca la mia veste! - disse lo spirito
Scrooge non se lo fece dire due volte,
vi si tenne saldo e in un baleno erano a
volo sulla città.
Sotto era tutto un correre di uomini e
donne, entrare ed uscire, chiamarsi a
gran voce. Dai negozi sporgevano sul
marciapiedi grossi sacchi di castagne,
verdi barattoli di olive, cumuli di arance
e trecce di cipolle rosse e lucenti. Dalle
drogherie i profumi mescolati del tè e
del caffè accarezzavano i nasi, e frutta
candita brillante di zucchero si sporgeva come per mettersi in mostra e farsi
mangiare con gli occhi prima ancora
che coi denti. E gli avventori! Bisognava
vederli! Gli avventori ansiosi e frettolosi, che per comprare le provviste per la
cena di Natale s’urtavano l’uno sull’altro
alla porta dei negozi. Era tutto un arraffare, insacchettare, metter nelle tasche
e nelle sporte.
La vista di questi festaioli pareva star a
cuore allo Spirito che si fermò sulla soglia di un fornaio e sui sacchetti di pane
che via via passavano, spargeva incenso
con una scossa della sua torcia. Strana
torcia era questa, perché una o due volte, essendo corse parole vivaci fra alcuni
di quei portatori di cibo, ne schizzò una
spruzzaglia luminosa che subito li fece
tornare di buon umore. Era una vergogna, dicevano, bisticciarsi il giorno di
Natale. E così era davvero! Dio di misericordia, proprio così!
Fu per la compiacenza che il buono
Spirito trovava nel far mostra di questo
suo potere, o forse la sua stessa natura
generosa e cordiale, che arrivarono sulla
casa d’un commesso di Scrooge. Giunto
alla soglia, lo Spirito sorrise e si fermò
per benedire la dimora di Bob Cratchit
con gli spruzzi della sua torcia. Erano
tutti riuniti attorno al tavolo, Bob, la
sua signora, i marmocchi e qualche altro parente, una vecchia zia, una vicina
di casa vedova. La luce sopra il tavolo
illuminava, al centro della tovaglia rossa
e affollata di piatti, bicchieri, vasetti di
leccornie e pezzi di pane, un’oca gigantesca.
- Un’oca simile non s’è mai data! - disse
Bob.
Secondo lui, un’oca di quella fatta non
era stata cucinata mai. La sua tenerezza, il profumo, la grassezza furono oggetto dell’ammirazione universale. Col
rinforzo del contorno di mele e patate,
il pranzo era sufficiente: anzi, come diceva tutta contenta la signora Cratchit,
non s’era potuto mangiar tutto! Eppure
ciascuno s’era satollato, e i due piccoli
Cratchit erano pieni di cibo fino agli occhi lucidi! Terminato il desinare, si sparecchò, si attizzò il fuoco e tutti si misero
a sedere in circolo davanti al camino,
con le guance rosse per il tanto che avevano mangiato e per la luce guizzante
del fuoco. Allora Bob disse forte:
- Un allegro Natale a tutti noi, cari miei.
Dio ci benedica!
Tutti quanti, vociando, ripetevano l’un
l’altro l’augurio.
- Dio benedica tutti quanti siamo! E…
- Bob fece una pausa, poi disse - propongo un brindisi al signor Scrooge,
protettore di questa festa!
- Bel protettore davvero! - esclamò la
signora Cratchit facendosi rossa - Lo
vorrei qui, lo vorrei. Gli darei una certa
festa a modo mio, che non gli andrebbe
mica a genio.
- Mia cara - disse Bob - ci sono i ragazzi
…è Natale!
- Un bel giorno di Natale - ribatté la moglie - se s’avesse a bere alla salute di un
uomo così odioso, taccagno, duro, egoista come quello Scrooge. Tu lo sai, Bob,
nessuno lo sa meglio di te, poveretto!
- Cara mia - ripeté Bob con dolcezza - è
Natale.
- Berrò alla sua salute per amor tuo
e perché è Natale - disse la signora
Cratchit - per lui no. Cento di questi
giorni, un allegro Natale e felice capo
d’anno! Starà proprio allegro e felice,
figurati!
Calava intanto la notte e mentre Scrooge e lo Spirito andavano per le vie, era
mirabile lo splendore delle luci nelle
strade e nelle case. E dentro ad esse,
tutte persone allegre e vocianti. Abbracci, carezze, racconti. La tristezza sembrava bandita e musiche risuonavano
ondeggiando da una casa all’altra.
Fu una lunga notte, se pure fu una
notte. Scrooge ne dubitava, perché gli
pareva di veder condensate molte feste
di Natale nel poco tempo passato con
lo Spirito. Notò anche, ma per discrezione non ne fece parola, che lo Spirito si
faceva via via più vecchio. La cosa era
strana, e Scrooge non si poté più tenere
quando, lasciando una casa in cui tutti
ormai aprivano i regali, vide che i capelli
dello Spirito erano imbiancati.
- Così breve - domandò - è la vita degli
Spiriti?
- La mia vita su questa terra - lo Spirito
rispose - è brevissima. Termina stanotte.
- Stanotte! - esclamò Scrooge.
- A mezzanotte. Ascolta, l’ora s’avvicina.
In quel punto i tocchi del campanile battevano i tre quarti dopo le undici.
- Perdonami se sono indiscreto - disse
Scrooge guardando in basso la veste
dello Spirito - ma vedo venir fuori dal
lembo della tua veste non so che di strano: è un piede, un artiglio?
- Potrebbe essere un artiglio, per la poca
carne che lo copre - rispose malinconico
lo Spirito - Guarda.
Dalle pieghe della sua veste trasse fuori
due bambini striminziti, spaventevoli, ributtanti, miserabili. Caddero ginocchioni ai suoi piedi e si attaccarono saldi ai
lembi della veste.
Erano un bambino e una bambina. Gial-
li, scarni, cenciosi, arcigni, selvaggi; ma
prostrati nella loro umiltà.
Dove la grazia della gioventù avrebbe
dovuto fiorir rigogliosa sulle guance,
una mano secca e grinzosa li aveva corrosi, scavati, tagliuzzati. Scrooge guardandoli indietreggiò, atterrito.
- Spirito! son figli tuoi? - poté appena
domandare Scrooge.
- Sono figli dell’Uomo - rispose lo Spirito chinando gli occhi a guardarli - E a
me s’attaccano, accusando i padri loro.
Questo bambino è l’Ignoranza. Questa
bambina è l’Intolleranza. Guàrdati da
tutti e due, da tutta la loro discendenza, ma soprattutto guardati perché sulla
loro fronte io vedo scritto: dannazione.
[MUSICA]
Lo spirito dei Natali futuri
L’orologio batté le dodici. Scrooge si
guardò attorno cercando lo Spirito.
Sull’ultimo colpo della campana si ricordò la predizione di Jacob Marley, e
alzando gli occhi vide un solenne fantasma, ammantato e incappucciato, che
avanzava, come nebbia che sfiori il terreno, alla sua volta.
Lento, grave, silenzioso, si accostò.
Scrooge, a vederselo davanti, cadde in
ginocchio.
Un nero mantello lo avvolgeva tutto,
nascondendogli il capo, la faccia, ogni
forma: sporgeva solo una mano distesa.
- Sono io in presenza dello Spirito dei
Natali futuri? - chiese Scrooge con voce
tremolante.
Lo Spirito non rispose. Fece solo un cenno con la mano.
- Tu mi mostrerai le ombre delle cose
non accadute e che accadranno nel
tempo che ci aspetta - proseguì Scrooge
- Dico bene, Spirito?
Scrooge avea tanta paura di quell’ombra taciturna da non reggersi sulle gambe quando si trattò di seguirla.
- Spirito del futuro! - gridò Scrooge - ho
più paura di te che degli altri Spiriti. Ma
poiché so che l’intenzione tua è di farmi
del bene, e poiché spero di mutar vita,
se Dio mi darà vita, eccomi disposto a
tenerti compagnia e con animo grato,
anche.
Il Fantasma si muoveva lento com’era
venuto. Scrooge lo seguiva avvolto nella
sua ombra.
Non si può dire che entrassero in città;
parve invece che questa balzasse fuori
di botto e li circondasse. Vi si trovavano
dentro, proprio nel cuore degli affari,
nella Borsa. Uomini in giacca e cravatta
andavano su e giù frettolosi, e parlavano
al cellulare e guardavano i computer e si
gingillavano in atto pensoso coi grossi
orologi d’oro che avevano al polso.
Lo Spirito si arrestò presso un gruppo di
uomini che parlavano tra loro.
- No - diceva uno di loro con voce sottile
- non ne so gran cosa. So che è morto.
- Ma quando è morto? - chiese uno.
- Ieri sera, credo.
- Pareva che non dovesse morir mai disse un altro.
- E che ne ha fatto del suo patrimonio?
- Non ne ho inteso dir niente - rispose il
primo - Li avrà lasciati alla sua Ditta. A
me, no di certo!
Una risata accolse la battuta.
Poi la scena mutò. Erano in una camera
buia. Una luce scialba, venendo di fuori,
mandava un raggio sul letto che stava in
mezzo alla stanza. Su di esso solo, trascurato, senza pianto, giaceva il corpo
immobile di un vecchio.
- Spirito, Spirito! - disse Scrooge - Vedo,
quel tale potrei essere io.
Giaceva, quell’uomo, nella casa buia e
deserta, senza che una voce di donna,
di uomo, di bambino dicesse: “è stato
buono con me in questa cosa o in quella,
e per la memoria che ne serbo io sarò
buono con lui”.
- Spirito! Se c’è qualcuno in città, che
piange la morte di quest’uomo - disse
Scrooge angosciato - mostramelo, te ne
scongiuro!
Il Fantasma distese il nero mantello davanti a sé come un’ala e ritraendola si
scoprì una stanza dov’erano un padre,
una madre e il loro bambini. A Scrooge
parve di riconoscere quell’uomo. Era un
tale che gli doveva i denari di un prestito
ormai scaduto.
- È morto iersera - diceva quel marito
alla moglie.
-E il nostro debito a chi sarà trasferito,
adesso?
- Non so. Ma prima che si sappia avremo modo di mettere insieme il danaro
da rendere. E forse non avremo la mala
sorte d’inciampare in un creditore spietato come lui. Stanotte e per un po’ di
tempo possiamo dormire sereni.
I cuori di quel padre e di quella madre
erano più leggeri. I volti dei bambini,
che intuivano ch’era successo qualcosa
che non capivano ma che era buono,
brillavano. Tutta la casa, per la morte di
quell’uomo, era felice. L’unica emozione
che lo Spirito potesse mostrare a Scroo-
ge come effetto di quella morte, era di
sollievo.
- Spirito - disse Scrooge - sento che il
momento della nostra separazione è
prossimo. Dimmi, chi era quell’uomo che
abbiamo visto disteso sul letto di morte?
Lo Spirito dei Natali di là da venire lo accompagnò fino davanti ad un cancello di
ferro. Prima di entrare, Scrooge si guardò attorno. Un cimitero. Qui, dunque, lo
sciagurato di cui gli sarebbe stato svelato il nome, qui giaceva sottoterra.
Lo Spirito stette fra le tombe e abbassò
il dito segnandone una. Scrooge vi si accostò tremando.
- Prima di accostarmi a quella pietra ove
tu accenni - disse Scrooge - rispondi a
una sola domanda. Son queste le immagini delle cose future o soltanto delle
cose possibili?
Lo Spirito teneva sempre il dito abbassato verso la tomba vicina.
- Le azioni umane adombrano sempre
un certo fine, che può diventare inevitabile, se in quelle ci si ostina. Ma se
vengono a mutare, muterà anche il fine.
Dimmi che così è, dimmelo, in queste
scene che mi vai mostrando!
Lo Spirito era immobile sempre.
Scrooge si fece più vicino e seguendo
il dito, lesse sulla pietra della tomba il
proprio nome.
E in un lampo rivide i suoi colleghi, uomini d’affari. E la stanza nuda e buia. E
comprese le parole del suo debitore.
- Spirito! - gridò abbracciandosi alla sua
veste - ascoltami! Io non son più lo stesso uomo di prima. Io non sarò l’uomo
che sarei stato, se non t’avessi seguito.
Spirito, abbi pietà di me. Dimmi, assicurami ch’io posso ancora, mutando
vita, cambiare queste scene che m’hai
mostrate!
La mano dello Spirito si levò sulle spalle
di Scrooge in un gesto di conforto.
- Onorerò sempre il Natale nel mio cuore
- disse Scrooge piangendo - e ne serberò
il culto tutto l’anno. Vivrò nel passato,
nel presente e nell’avvenire. Mi parleranno dentro tutti e tre gli Spiriti. Non
mi scorderò delle loro lezioni. Oh, dimmi, dimmi che mi sarà dato cancellare il
mio nome scritto su questa pietra!
Lo Spirito si strinse in sé, si rannicchiò,
poi si allungò in un vortice e divenne
una colonna del letto di Scrooge.
[MUSICA]
La mattina di Natale
Sì! Quella colonna di letto era la sua.
Suo il letto, sua la camera. Meglio ancora, meglio d’ogni cosa, era suo il tempo
che aveva davanti, suo, per emendarsi!
- Vivrò nel Passato, nel Presente e nel
Futuro! - ripeté Scrooge, sgusciando
fuori del letto - I tre Spiriti mi parleranno
dentro. O Jacob Marley! Benedetto sia
il cielo e il giorno di Natale! Lo dico in
ginocchio, mio vecchio socio.
- A quanti ne siamo del mese? - disse
Scrooge - Quanto tempo sono stato tra
gli Spiriti? Non lo so. Non so niente.
Sono come un bambino. Non me n’importa. Così lo fossi, bambino!
Il vortice dei suoi pensieri fu arrestato
dalle suono delle campane che mandavano i più lieti squilli che avesse mai
uditi.
Corse alla finestra, l’aprì, mise fuori il
capo. Niente nebbia: un’aria limpida,
cristallina; e quelle campane, così allegre, così allegre! Oh, bello, magnifico!
- Che è oggi? - gridò Scrooge giù ad un
ragazzo che passava con indosso gli abiti della festa.
- Eh? - fece il ragazzo spalancando la
bocca dalla meraviglia.
- Che giorno è oggi, bambino mio? - ripeté Scrooge.
- Oggi! - rispose il ragazzo. - È Natale,
oggi.
- È Natale! - disse Scrooge a sé stesso Bravo, sono in tempo. Gli Spiriti hanno
fatto ogni cosa in una notte. Possono
fare quel che vogliono. Si sa. È naturale.
Ohe, bambino!
- Ohe! - fece il ragazzo.
- Sai dov’è il pollaiolo, nella via appresso, alla cantonata?
- Certo che sì - rispose il ragazzo.
- Sai se ha già venduto quel tacchino,
quello più grosso, che teneva ieri in
mostra?
- È sempre appeso com’era.
- Sì? davvero? Ebbene, corri subito a
comprarlo e dì che gli darò io l’indirizzo dove lo devono portare. Torna con
l’uomo del negozio, che ti darò un euro.
Torna in meno di cinque minuti e te ne
darò 10!
Il ragazzo partì correndo come una
freccia.
- Lo manderò a Bob Cratchit! - borbottò
Scrooge, fregandosi le mani cominciando a ridere - e non deve sapere chi glielo
manda.
Nello scrivere l’indirizzo sul biglietto
la mano tremava. Corse giù ad aprir
la porta per esser pronto all’arrivo del
tacchino.
- Ecco il tacchino. Olà! ehi! Come state?
Buon Natale!
Era un tacchino davvero enorme!
- Perdinci! è impossibile portare a mano
questa roba fino a Camden Town - disse
Scrooge - Dovete prendere un taxi.
Il riso con cui disse questo, e il riso con
cui pagò il tacchino, e il riso con cui pagò
il taxi, e il riso con cui diede la mancia al
ragazzo furono soltanto sorpassati dal
riso che lo prese tutto mentre si lasciava
andare senza fiato sul suo seggiolone. E
rise, rise fino a che scoppiò a piangere.
A Scrooge non era agevole radersi,
perché la mano gli tremava sempre; e
il radersi richiede un po’ di attenzione,
anche quando non ballate, facendovi la
barba. Ma se pure si fosse mozzato la
punta del naso, vi avrebbe appiccicato
un pezzo di sughero e sarebbe stato
contento come una pasqua.
Si vestì, col meglio che aveva, e uscì per
la via. La gente si riversava fuori, com’egli l’avea vista con lo Spirito del Natale
presente. Camminando con le mani dietro, Scrooge guardava tutti con un sorriso di soddisfazione. Era così allegro,
così irresistibile nella sua allegria, che
tre o quattro sconosciuti lo salutarono:
“Buon giorno, signore! Buon Natale!” E
Scrooge affermò spesso in seguito che
di tutti i suoni giocondi uditi in vita sua,
i più giocondi, senz’altro, erano stati
quelli.
Scrooge fu anche più largo della sua
parola. Divenne così buon amico, così
buon padrone, così buon uomo, come
non se ne vedevano. Risero alcuni di
quel mutamento, ma egli li lasciava
ridere e non vi badava; perché sapeva
bene che molte cose buone, su questo
mondo, cominciano sempre col muovere
il riso in certa gente. Poiché ciechi avevano da essere, meglio che stringessero
gli occhi in una smorfia di ilarità, anzi
che essere attaccati da qualche male.
Anch’egli, in fondo al cuore, rideva: e
gli bastava questo, e non chiedeva altro.
Con gli Spiriti non ebbe più da fare; ma
se ne rifece con gli uomini. E di lui fu
sempre detto che non c’era uomo al
mondo che sapesse così bene festeggiare il Natale. Così lo stesso si dica di noi,
di tutti noi e di ciascuno! E così “Dio ci
protegga tutti e ci benedica”.
[MUSICA]
Riduzione dal testo originale di
A Christmas Carol di Charles Dickens
di Carlo Baruffi