Sala di Comunità Dicembre 2010 Christmas Carol

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Sala di Comunità Dicembre 2010 Christmas Carol
Sala di Comunità
Dicembre 2010
Christmas Carol
Titolo originale A Christmas Carol
Lingua originale inglese
Paese Stati Uniti d'America
Anno 2009
Colore colore
Audio sonoro
Genere fantasy, animazione
Regia Robert Zemeckis
Soggetto Charles Dickens
Sceneggiatura Robert Zemeckis
Produttore Robert Zemeckis, Steve Starkey, Jack Rapke
Casa di produzione Walt Disney Pictures
Distribuzione (Italia) Walt Disney Pictures
Fotografia Robert Presley
Montaggio Jeremiah O'Driscoll
Effetti speciali Michael Lantieri, Robert Calvert, Robert Cole
Musiche Alan Silvestri
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Scenografia Doug Chiang
Interpreti e personaggi : Jim Carrey: Ebenezer Scrooge, i tre spiriti - Gary Oldman: Jacob Marley,Bob Cratchit, Tim Cratchit - Colin Firth: Fred - Bob Hoskins: Fezziwig, Joe - Robin Wright Penn:
Belle, Fan - Cary Elwes: Uomo corpulento, Dick Wilkins - Daryl Sabara: Peter Cratchit - Fionnula
Flanagan: Sig.ra Dilber
Durata : 96 minuti
Soggetto
A Christmas Carol è un film fantasy del 2009, realizzato in tecnica mista, prodotto da Walt Disney
Pictures e diretto da Robert Zemeckis, adattamento cinematografico del racconto Canto di Natale
di Charles Dickens.
Il film è uscito nelle sale cinematografiche statunitensi il 6 novembre 2009 mentre in Italia ha
debuttato il 3 dicembre 2009.
Nel tanto atteso clima natalizio londinese, durante l'epoca vittoriana, l'unico uomo a non gradire la
festa in tutta la città è Ebenezer Scrooge, un anziano signore alto e molto esile. Egli non è solo
avaro e scontroso, ma anche arrogante ed egoista, il che si nota dal fatto che declina volgarmente
l'invito alla cena di Natale da parte del nipote Fred, si rifiuta di donare soldi ai poveri affermando
che "se muoiono di fame la popolazione terrestre non diventa troppo numerosa". Inoltre, dopo aver
fatto sentire terribilmente in colpa il suo impiegato sottopagato, che timidamente gli aveva chiesto
un solo giorno di ferie in tutto l'anno, alla fine glielo concede ed esce dal suo ufficio.
Quando Scrooge torna a casa quella notte, riceve una visita da parte dello spirito di Jacob Marley,
il suo socio, morto esattamente 7 sette anni prima, che è incatenato da 7 pesanti catene, (poiché
ogni Natale una catena in più viene aggiunta come punizione della sua vita egoista). Lo spirito
dell'ex collega profetizza che se Scrooge non cambierà carattere e continuerà ad essere avaro ed
egoista, il suo spirito sarà incatenato con catene ancora più pesanti, e lo avverte che sarà visitato
da tre spiriti: lo spirito del Natale passato, lo spirito del Natale presente e lo spirito del Natale
futuro. Il primo spirito si presenta sottoforma di una grande candela, e gli mostra il Natale passato
quando Scrooge era ancora un bambino e studiava in collegio; a quell'epoca Scrooge amava il
Natale ed era gentile con gli altri, vivendo circondato da amici. Poi lo spirito fa rivivere al vecchio
l'adolescenza, quando aveva una fidanzata di nome Belle e gli rievoca il momento in cui iniziò ad
amare più la ricchezza che Belle, motivo per il quale non si sposarono. Soffrendo per i ricordi,
Scrooge si arrabbia così tanto con lo spirito che spegne la sua fiamma.
Il secondo spirito, quello del Natale presente, mostra a Scrooge la famiglia molto povera del suo
impiegato Bob Cratchit, il cui figlio Timmy morirà se Scrooge non aiuterà la situazione economica
della famiglia aumentando il salario del dipendente. In seguito, lo spirito gli fa vedere come
procede la festa di Natale di suo nipote, dove tutti deridono Scrooge per la sua scortesia. Quando
arriva mezzanotte, lo spirito muore lasciando Scrooge da solo. Poco dopo giunge il terzo spirito, il
più inquietante di tutti: non parla e non ha una consistenza materiale perché è l'ombra della Morte.
Quest'ultimo spirito rimpicciolisce Scrooge, e lo perseguita a bordo di terribili cavalli inferociti. Lo
spirito rivela a Scrooge un Natale futuro, nel quale mostra la sua cameriera mentre depreda la
stanza di una persona morta. Il vecchio vede anche che il proprio nipote è felice della morte di
quella persona perché può averne l'eredità, ed infine lo spirito spiega a Scrooge, tramite immagini
molto tristi, che Timmy è morto.
Lo spirito ritrasforma Scrooge alla grandezza normale e lo porta a un cimitero, svelando che il
morto era Scrooge stesso, e cerca di gettarlo nella tomba. Proprio quando Scrooge cade, si ritrova
nella propria stanza da letto, il giorno di Natale, capendo così che tutti e tre gli spiriti gli hanno fatto
fare quel viaggio durante una sola notte, la Vigilia di Natale. Scrooge capisce allora di avere una
seconda possibilità per redimersi, perciò migliora molto il suo carattere, e si rende disponibile con
tutti, ovvero con il suo dipendente a cui aumenta il salario con i poveri a cui offre denaro e con suo
nipote, al quale mostra gentilezza ed educazione presentandosi alla cena di Natale al quale era
stato invitato. Infine, grazie alle parole di Bob, si intende che Timmy guarisce dalla malattia e
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stringe una forte amicizia con Scrooge, e che Scrooge stesso è cambiato, diventando il vecchietto
più arzillo della città.
Da focalizzare
“ Se l'amarezza diventa il filtro
attraverso cui si leggono la propria vita
e quella di chi ci circonda,
potrebbe diventare una calda coperta che dà sicurezza
e mette al riparo da possibili delusioni relazionali
ed allo stesso tempo provoca l'allontanamento degli altri da se stessi,
persino di coloro che ci vogliono bene.
.... queste sono le ombre delle cose future o soltanto delle cose possibili,
il corso della vita degli uomini fa presagire un certo esito
ma se ci si discosta da quel corso,
quell'esito può cambiare,
non è forse così?....
Linee di riflessione, vedendo il film insieme
► Il Natale è l'occasione per fare il punto della situazione sulla propria vita ed invece per
Scrooce diventa l'evento eccezionale che rimette in discussione tutta la sua vita.
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► Lo spirito del Natale passato gli fa ripercorrere le occasioni perdute che gli avrebbero
permesso di non inaridire il suo cuore, come ad esempio:
● la sua incapacità di perdonare il padre, che manda la sorella a dirgli che può ritornare a casa,
● la scelta di anteporre la ricerca della ricchezza agli affetti, portandolo a rompere la sua
promessa d'amore fatta alla possibile futura moglie, che si accorge “dell'idolo” al quale Scrooce a
votato il suo cuore.
► Lo spirito del Natale presente permette a Scrooce di valutare le conseguenze delle sue
azioni sugli altri che lo circondano (vedi il segretario Bob e la sua famiglia), ma soprattutto gli
permette di avere uno sguardo distaccato su se stesso che lo porta a guardarsi dentro e
scoprire che le sue paure più grandi, l'ignoranza e la miseria, che aveva sempre tentato di
allontanare da sè, sono state compagne inseparabili della sua vita.
► Ed infine lo spirito del Natale futuro, che gli fa gettare uno sguardo sulle conseguenze
future delle decisioni sbagliate che ha preso lungo il corso della sua vita, mostrandola inutile e
senza senso; portando così Scrooce ad affermare alla cena finale di suo nipote: “.. e non baderò a
spese, dopo tutto non possiamo portarceli nella tomba..”.
► I tre spiriti del Natale a Scrooce fanno capire che ormai non può più cambiare il suo passato,
ma gli hanno permesse di capire, pur non potendo più cambiare il passato, può però prendere
decisioni migliori per migliorare la sua vita futura e quella degli altri.
Dal film…..
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Buon Natale !!
Non obbedirei al mio dovere di Vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.
lo, invece, vi voglio infastidire.
Non posso, infatti, sopportare l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla “routine”
di calendario. Mi lusinga, addirittura, !’ipotesi che qualcuno li possa respingere al mittente come
indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte
verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un’esistenza carica di donazione, di preghiera,
di silenzio, di coraggio.
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Vescovo don Tonino Bello - in Buon Natale - in www.cattoliciromani.com
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Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto
duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra
vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo
grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie,
finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura
o l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le
sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo
spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di
tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro fi gli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di
vedere che, poco più lontano di una spanna con l’aggravante del vostro complice silenzio, si
consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si
condannano i popoli allo sterminio per fame.
I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme
nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce”, dovete partire
dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non
scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni
corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge” e scrutando l’aurora, vi diano il
senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.
E poi vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che poi è l’unico modo per morire
ricchi.
Buon Natale! sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.
Caro San Giuseppe 2,
scusami se approfitto della tua ospitalità
e, con una audacia al limite della discrezione,
mi fermo per una mezz’oretta nella tua bottega di falegname
per scambiare quattro chiacchiere con te.
Tu continua pure a piallare il tuo legno,
mentre io, seduto su una panca, in mezzo ai trucioli che profumano di resine,
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Vescovo don Tonino Bello, La carezza di Dio. Lettera a Giuseppe, Edizioni La Meridiana 1997 - Fonte:
www.donboscoland.it
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ti affido le mie confidenze…
Mio caro San Giuseppe,
sono venuto qui per conoscerti meglio come sposo di Maria,
come padre di Gesù e come capo di una famiglia
per la quale hai consacrato tutta la tua vita.
E ti dico che la formula di condivisione
espressa da te come marito di una vergine,
la trama di gratuità realizzata come padre del Cristo
e lo stile di servizio messo in atto come responsabile della tua casa,
mi hanno da sempre incuriosito,
e mi piacerebbe capire
in che misura questi paradigmi comportamentali
siano trasferibili nella nostra “civiltà”.
Attraverso l’uscio socchiuso, scorgo di là Maria
intenta a ricamare un panno bellissimo, senza cuciture,
tessuto tutto d’un pezzo da cima a fondo.
Probabilmente è la tunica di Gesù per quando sarà grande.
Quando tuo figlio indosserà quella tunica,
lui, l’eterno, si sentirà le spalle amorosamente protette dal fragile tempo di sua Madre.
Dimmi, Giuseppe, quand’è che hai conosciuto Maria?
Forse un mattino di primavera,
mentre tornava dalla fontana del villaggio con l’anfora sul capo?
O forse un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava
in disparte sotto l’arco della sinagoga? …
Ti ha parlato di Jahvé. Di un angelo del Signore.
Di un mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo.
Di un progetto più grande dell’universo e più alto del firmamento che vi sovrastava.
Fu allora che le dicesti tremando:
«Per te, rinuncio volentieri ai miei piani.
Voglio condividere i tuoi, Maria. Purché mi faccia stare con te».
Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza:
era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente.
Hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria,
di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore.
Lei ha puntato tutto sull’onnipotenza del Creatore.
Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura.
Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza.
La carità ha fatto il resto, in te e in lei.
Non hai chiesto nulla per te; non per orgoglio ma per sovraccarico d’amore.
Ora Giuseppe... sta arrivando una donna dal forno.
Ecco, ti ha portato del pane, e la bottega si è subito riempita di fragranza...
Si direbbe che il pane, più che nutrire, è nato per essere condiviso.
Con gli amici, con i poveri, con i pellegrini, con gli ospiti di passaggio.
Spezzato sulla tavola, cementa la comunione dei commensali.
Deposto nel fondo di una bisaccia, riconcilia il viandante con la vita.
Offerto in elemosina al mendico, gli regala un’esperienza, sia pur fugace, di fraternità.
Donato a chi bussa di notte nel bisogno, oltre a quella dello stomaco,
placa anche la fame dello spirito che è fame di solidarietà.
Un giorno anche tuo figlio lo spezzerà, prima di morire
e la speranza traboccherà sulla terra.
Spezza anche per me un po’ di quel pane.
Dopo il pane, ecco ti portano il vino.
Un giorno tuo figlio lo farà scorrere sulle mense dei poveri
e sceglierà il succo della vite come sacramento del sabato eterno.
Dammene un po’ e dammi anche un po’ d’acqua pura della fonte.
Quando tuo figlio la userà per lavare i piedi ai suoi amici,
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diverrà il simbolo di un servizio d’amore,
spiegazione segreta della condivisione, della gratuità, della festa.
Caro San Giuseppe,
il mio incontenibile bisogno di senso ha trovato rifugio e risposte presso di te.
Gli echi di questa ricerca di autenticità ancora si diffondono nel nostro tempo.
E – ne siamo certi – continuano a giungere fino a te.