Misure della diseguaglianza - Dipartimento di Scienze Sociali ed

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Misure della diseguaglianza - Dipartimento di Scienze Sociali ed
Misure della diseguaglianza
La quantificazione dell'ineguaglianza dei redditi è uno degli obiettivi
principali che si pongono gli studi della distribuzione quantitativa del
reddito.
Il primo passo dell’analisi consiste nel ridefinire il reddito familiare.
Come già accennato, il reddito disponibile familiare non definisce in modo
appropriato le possibili condizioni di vita di una famiglia che, a parità di
reddito disponibile, risultano fortemente condizionate dalla dimensione e
dalla tipologia familiare. Si pone quindi il problema di confrontare in
termini di “benessere", sia pure con qualche sforzo ed approssimazione,
famiglie con caratteristiche diverse. In particolare, dalla convivenza
possono scaturire economie di scala dovute ad una migliore gestione delle
risorse da destinare ai consumi e da una riduzione dell'incidenza delle
spese fisse pro capite. Le economie di scala che si realizzano nel consumo
familiare consentono di incrementare il benessere dal momento che il
reddito necessario al conseguimento di un determinato benessere (in
termini di beni e servizi consumati) varia, in misura meno che
proporzionale, rispetto al numero dei componenti della famiglia.
Per tenere conto di tale aspetto si fa riferimento alle scale di equivalenza.
Queste consistono in un insieme di coefficienti correttivi del bilancio delle
famiglie che rende possibile la comparazione, in termini di tenore di vita,
di famiglie con diversa numerosità o, più in generale, con diversa
composizione, normalizzando rispetto allo standard di una tipologia
familiare di riferimento.
Ad esempio, la variabile utilizzata per confrontare il reddito e le condizioni
di vita delle famiglie europee rilevati con l’indagine EU-SILC è il reddito
equivalente, calcolato tramite la cosiddetta ‘scala OCSE modificata’, che
attribuisce un peso di 1 al primo adulto della famiglia, un peso di 0,5 a
ciascun successivo componente della famiglia di 14 anni o più e un peso di
0,3 ai componenti di meno di 14 anni di età. Il numero dei componenti
familiari viene tradotto, applicando i coefficienti della scala, in numero di
componenti equivalenti ed il reddito equivalente pro capite viene calcolato
rapportando il reddito familiare al numero dei componenti equivalenti.
In Italia, per determinare la povertà relativa (cfr. oltre) e nel calcolo
dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, utilizzato per
l’accesso alle prestazioni sociali, viene utilizzata la cosiddetta “scala
Carbonaro”, riportata nel prospetto seguente.
Ampiezza della famiglia
1
2
3
4
5
6
7 o più
Scala di equivalenza (coefficienti)
0,6
1,0
1,33
1,63
1,9
2,16
2,4
Una volta definita la variabile reddito di interesse, occorre stabilire che
tipo di misura, o indice, utilizzare.
Per quantificare la ineguaglianza della distribuzione del reddito sono stati
proposti numerosi indici di ineguaglianza e concentrazione, che possono
essere ricondotti ad un'impostazione di tipo assiomatico o ad
un'impostazione di tipo normativo, ovvero basata sul benessere sociale.
Nel primo caso gli indici sono valutati sulla base della loro rispondenza a
requisiti di natura statistico-matematica (le proprietà "assiomatiche" che un
indice dovrebbe soddisfare per essere in grado di misurare correttamente il
grado di disuguaglianza di una distribuzione).
Gli indici normativi si basano invece sull'ipotesi che la misura della
diseguaglianza non sia neutrale, ma dipenda dal "giudizio di valore"
attribuito all'esistenza di disparità economiche tra gli individui. Questi
indici si ricollegano al concetto di benessere sociale e tengono conto della
perdita conseguente all'esistenza di un certo grado di diseguaglianza, in
quanto al diminuire dell'eguaglianza tra gli individui che compongono una
popolazione diminuisce anche il benessere sociale della popolazione
considerata.
Requisiti assiomatici
La validità delle misure di diseguaglianza è verificata in base alla
rispondenza a 3 requisiti assiomatici.
Il primo è quello della irrilevanza della scala: se cambia l'unità di misura
con cui i redditi vengono misurati (ad esempio si passa da lire ad euro) il
valore dell'indice non deve cambiare. In altri termini, se i redditi di tutti gli
individui della distribuzione vengono moltiplicati o divisi per uno stesso
numero, la misura della diseguaglianza non si modifica.
Se vale la proprietà, dividendo i redditi di tutti gli individui per il reddito
medio della popolazione considerata il valore dell'indice non si modifica.
Questo significa che il grado di diseguaglianza non dipende dal livello
medio del reddito, ma solo da come il reddito si distribuisce tra gli
individui.
Ad esempio, se ho due distribuzioni di 5 individui, in cui nella prima i redditi
valgono (9.000, 12.000, 15.000, 18.000, 21.000) e il reddito medio è 15.000, e
nella seconda (21.600, 28.800, 36.000, 43.200, 50.400) con media 36.000,
l'indice che misura la diseguaglianza deve dare lo stesso risultato per entrambe,
perché in ciascuna distribuzione l'individuo più povero ha un reddito pari al
60% del reddito medio, il secondo individuo più povero un reddito pari all'80%
della media, il terzo un reddito uguale alla media, il quarto pari a 1,2 volte la
media e il più ricco ha un reddito pari a 1,4 volte quello medio.
In termini formali, se indichiamo con x il vettore rappresentativo della
distribuzione dei redditi di n individui, ordinato dal reddito più piccolo al
più grande:
x = (x1, x2,…xn)
con xi > 0 e xi < xi+1 ∀i=1, … , n
il principio di irrilevanza della scala afferma che per una distribuzione y
ottenuta dalla prima moltiplicando ogni valore di reddito per uno stessa
costante k>0, y = (y1, y2,…yn) = (kx1, kx2,…kxn) il calcolo dell’indice
deve dare lo stesso risultato3 ottenuto per x: I(y) = I(x).
In particolare, ciò vale se k=∑
, ovvero l’inverso dell’ammontare
complessivo di reddito posseduto dagli n individui della distribuzione.
Questo significa che l’indice assiomatico deve dare lo stesso risultato se
calcolato sui valori assoluti di reddito o sulle quote di reddito percepite da
ogni individuo.
Questa proprietà viene anche chiamata indipendenza dalla media.
Il secondo requisito è quello della simmetria: data una distribuzione,
scambiando i redditi di individui diversi, il valore della diseguaglianza non
cambia.
Ad esempio se al tempo t Mario ha un reddito di 9.000, Francesco di 12.000,
Ernesto di 15.000, Massimo di 18.000 e Giuseppe di 21.000, mentre al tempo
t+1 Francesco ha un reddito di 9.000, Ernesto di 12.000, Francesco di 15.000,
Giuseppe di 18.000 e Massimo di 21.000, il valore dell'indice di diseguaglianza
non deve cambiare.
Questa proprietà di invarianza della misura di diseguaglianza rispetto a
qualsiasi permutazione dei valori di reddito viene anche definita proprietà
3
In altri termine, la funzione che rappresenta l’indice I(.) è omogenea di grado zero.
di anonimità: il valore dell'indice non dipende da chi sia l'individuo più
povero/più ricco ecc.
Il terzo requisito, definito principio dei trasferimenti di Pigou-Dalton,
afferma che se una distribuzione è ottenuta a partire da un'altra mediante il
trasferimento di un dato reddito da un individuo più ricco a uno più
povero, allora l'indice di ineguaglianza calcolato sulla distribuzione finale
deve essere inferiore (sensibilità forte ai trasferimenti) o al più uguale
(sensibilità debole ai trasferimenti) rispetto a quello calcolato sulla
distribuzione iniziale.
Ad esempio se al tempo t Mario ha un reddito di 9.000, Francesco di 12.000,
Ernesto di 15.000, Massimo di 18.000 e Giuseppe di 21.000, mentre al tempo
t+1 Mario ha un reddito di 10.000, Francesco di 12.000, Ernesto di 14.000,
Massimo di 18.000 e Giuseppe di 21.000, il valore dell'indice di diseguaglianza
tra il tempo t e il tempo t+1 deve diminuire.
In simboli, per le coppie di vettori ordinati:
x = (x1, x2,..,xi,..,xj,…xn) e x(r)= (x1, x2,..,xi+r,..,xj-r,…xn), ∀ ∈ (0,
)4
in cui si ha un trasferimento di reddito r dall’individuo j più ricco
all’individuo i più povero, l’indice deve soddisfare la I(x(r))< I(x) se vale la
sensibilità forte, I(x(r))≤ I(x) se vale la sensibilità debole.
In altri termini, l’effetto sul valore dell’indice del trasferimento di reddito r
è negativo, ossia:
dI(x) = I(x(r)) - I(x) < 0
Svolgendo il differenziale si ottiene:
dI(x) = 4
+ +. . +
+. +
+ ⋯ + <0
Il limite superiore per r assicura che il trasferimento non modifica l’ordinamento della distribuzione (l’individuo j
dopo aver erogato il trasferimento rimane più ricco, o al più con lo stesso reddito, dell’individuo i che lo ha ricevuto)
ma se il trasferimento riguarda solo gli individui i e j, per tutti gli altri il
reddito resta immutato, quindi ∀ ≠ !, " dxk=0. Il differenziale diventa
allora:
#$
#$
#$
#$
+ = (+)
+ (−)
<0
#
#
#
#
ovvero:
#$
#$
<
# #
Se la derivata prima è monotona, il fatto che sia crescente in x (perché
xj>xi) implica che la derivata seconda sia positiva:
#$
>0
#
Oltre ai 3 requisiti, un’altra proprietà degli indici di diseguaglianza è il
rispetto del “principio di Pareto”. Il principio di Pareto risulta soddisfatto
se, aumentando il reddito di un solo percettore e lasciando invariati tutti gli
altri redditi, la diseguaglianza – e quindi l’indice che la misura –
diminuisce. Questo perché si passa da una situazione iniziale ad un’altra in
cui le condizioni di uno degli individui che fanno parte della popolazione
migliorano mentre quelle di tutti gli altri non peggiorano.
In termini formali, passando da una distribuzione x = (x1, x2,..,xi,..,xj,…xn)
ad un’altra x*= (x1, x2,..,xi+k,.., xn), con k>0, in cui si modifica solo il
reddito dell’individuo i-esimo, l’effetto sull’indice è negativo, ossia:
dI(x) = I(x*) - I(x) < 0
e con un procedimento analogo al caso precedente si ottiene:
dI(x) = =
< 0 possibile solo se
< 0.
Pertanto, il rispetto del principio di Pareto richiede che la derivata prima
della formula dell’indice sia negativa.