Testo Bordignon

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Testo Bordignon
10.5.2014
MASSIMO BORDIGNON
FINANZA E IMPRESA TRA GLOBALE E LOCALE – SCHEMA INTERVENTO
1. Relazione sul documento del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
Letto con interesse il documento “Per una riforma del sistema finanziario e monetario
internazionale nella prospettiva di un'autorità pubblica a competenza universale” del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace. Condivido molte critiche sui fallimenti e aspetti poco etici del
capitalismo finanziario. Come l’aspirazione a qualche autorità globale di regolamentazione della
finanza, visto che la finanza è globale.
Ma credo che la dimensione dei problemi sia anche diversa e per certi aspetti anche più
preoccupante. La crisi finanziaria globale non è solo il risultato della visione ultraliberista (cioè: 1- i
mercati deregolamentati si autoregolano da soli e 2- i nuovi strumenti finanziari consentono di
suddividere ancora più il rischio, così che l’espansione del credito o della moneta bancario è
virtualmente unbounded), della greediness degli operatori finanziari, solo dediti ad accumulare
profitti o della concorrenza al ribasso delle autorità di regolamentazione nazionali. Tutto vero, ma
non solo.
Un problema di fondo è che almeno in questa fase storica il capitalismo nei paesi avanzati non
sembra più in grado di coniugare crescita e eguaglianza come ha fatto in passato. Esempi di
successo, come gli USA o la Germania, sono stati caratterizzata da una crescita straordinaria della
diseguaglianza, sia sul fronte dei redditi che della ricchezza. E sia per quello che riguarda i redditi
da lavoro che da capitale (Saez, Piketty etc.).
Quindi la diseguaglianza in qualche modo precede la bolla finanziaria e forse quest’ultima è un
risultato della prima.
Problema non solo economico, ma etico e sociale e politico. Le nostre società liberaldemocratiche
non sono fatte per poter sostenere una disuguaglianza così forte. Forti rischi di inquinamento nel
funzionamento del sistema politico. Anche da noi esempi, con l’uomo più ricco del paese che
diventa presidente del consiglio. Dunque, diseguaglianza minaccia democrazia.
Perché maggiore diseguaglianza? Non è chiaro. Possibili candidati: 1) globalizzazione (pressione
dei lavoratori stranieri sui lavoratori nazionali tradizionali) tramite il commercio e/o
esternalizzazione di produzioni di massa; 2) sviluppi tecnologici, Internet, e la distinzione tra i
lavoratori skilled che sanno usare queste tecnologie e gli altri.
La deregolamentazione della finanza e le politiche monetarie espansive in USA forse tentativo di
soluzione a questo problema per sostenere la domanda aggregata (i ricchi e i paesi in crescita hanno
maggiore propensione al risparmio) e suscitare il consenso (se non ti do reddito, almeno ti consento
di indebitarti a costi bassi per finanziare i consumi).
Qui problema. La globalizzazione che ha aumentato la disuguaglianza nei paesi sviluppati, ma l’ha
ridotta tra paesi sviluppati e non; centinaia di milioni di persone uscite dalla povertà. Dunque, è
cosa buona.
Anche Internet e gli sviluppi tecnologici collegati a internet cosa buona; miglioramento qualità vita,
minori pressioni sull’ambiente.
Dunque?
-
È possibile che la formazione (tutti skilledworkers) possa aiutare, riducendo effetto
tecnologico, ma richiede tempo e non ovvio funzioni. Forse non ci sono posti sufficienti per
tutti. Problema serio per i paesi più indietro (noi).
-
Tassazione su asset e redditi. Va certo seguita. Complicato senza accordi internazionali o
qualche forma di residenttaxation (anche se ti trasferisci fuori continui a pagare qui). Tema
su cui in Europa si potrebbe far molto.
-
Un maggior coordinamento mondiale delle politiche economiche; i paesi emergenti devono
spendere di più. Più facile a dirsi che farsi.
Non è dunque solo un problema di finanza, su cui oltretutto si è fatto poco. Ci vuole una riflessione
e revisione del sistemamondiale complessivo; il coordinamento assicurato dai vari G-20 o G-7 o da
istituzioni sovranazionali (IMF) non sufficiente. Qui suggerimenti da un alto magistero come quello
della Chiesa cattolica possono giocare un ruolo essenziale nello spingere governi e opinioni
pubbliche.
2. L’Europa
Ma almeno qui in Europa il problema non è solo la crisi finanziaria; o meglio, la crisi finanziaria è
stata affrontata peggio che altrove, e se il problema non è ancora risolto altrove, da noi è molto
peggio.
In Europa due crisi.
1)
2008-9 crisi finanziaria. Ha colpito tutti, più o meno nella stessa misura. Da noi (Italia) più
che altrove perché paese già debole (ha smesso di crescere da 20 anni), perché pesantemente
orientato su manifattura e export, che sono crollati durante crisi, e perché condizioni di finanza
pubblica peggiori e dunque non si è potuto usare la leva fiscale per sostenere la domanda.
La risposta europea ragionevole. Dove possibile bilanci pubblici hanno sostenuto la domanda. Ma
non si è affrontato il problema bancario, o ciascun paese lo ha affrontato a modo suo, senza
ricapitalizzare le banche o facendosi carico dei debiti bancari. Da qui crisi di paesi anche con le
finanze pubbliche a posto (Spagna, Irlanda). Di qui, commistione tra debiti bancari e debiti sovrani.
I debiti privati sono stati socializzati.
La frantumazione del sistema finanziario europeo dopo la crisi dell’euro ha peggiorato la situazione
rinazionalizzando i debiti e quindi rendendo più forte la commistione tra crisi bancari e crisi dei
sovrani.
2)
2010-2012 crisi dell’euro, generata dal caso greco. Ha colpito solo i paesi dell’euro e in
particolare i paesi della periferia (sud) d’Europa. Il caso greco (mancata soluzione di) ha generato
aspettative di frattura dell’area (effetti di spillover sulla sostenibilità debito altri paesi); ciò ha
generato fughe di capitali; per risolvere problemi (e per sollecitare risposte positive dai paesi + forti
o sotto-forma di prestiti (ESM) o di libertà di azione concessa a BCE(OMT)), politiche di bilancio
molto severe, che hanno aggravato la crisi e reso meno e non più sostenibile le finanze pubbliche.
Si osservi che questo è il contrario di quello fatto negli USA. Prima, si sono messe a posto le
banche e si è sostenuto la domanda e i mercati finanziari con politiche monetarie non convenzionali.
Poi, ora, con ripresa in corso, si sta cercando di mettere a posto le finanze pubbliche.
Perché risposta europea insufficiente?
Problemi NON risolti nella costruzione della moneta unica. Problemi tecnici (mandato BCE,
mancanza di una unione bancaria, supervisione, soluzione delle situazioni di crisi, assicurazione sui
depositi..), ma di fondo problemi politici. Manca sufficiente unità politica per sostenere la moneta;
di qui, risposta insufficiente delle autorità europee.
Lenti passi avanti, sempre insufficienti. Forte condivisione dei meccanismi di coordinamento dei
bilanci nazionali (sixpacks, twopacks, fiscal compact e riforme costituzionali sull’equilibrio di
bilancio), ma poca condivisione della politica economica (procedure per squilibri eccessive senza
denti). Introduzione della supervisione comune (delle grandi banche), ma non di un fiscal backstop
comune o di assicurazione congiunta, che solo eliminerebbe la fuga dei capitali. Fondo salva stati,
ma non europeo; soldi degli stati e gestiti dagli stati. OMT, ma non politiche monetarie non
convenzionali. Ecc.
Dietro, problemi politici e istituzionali.
Duplice meccanismo di decisione in Europa, istituzionalizzato dal Trattato di Lisbona, dopo il
fallimento della convenzione europea.
Metodo sovranazionale: Commissione-Parlamento-Consiglio, con controllo CEJ per materie
comunitarie.
Metodo intergovernativo: Consiglio Europeo ( o euro summit) su politica economica, politica estera
e difesa. Solo coordinamento tra gli stati; non ruolo o ruolo limitato altre istituzioni europee.
Decisioni crisi dell’euro: prese da assemblee di leader nazionali, legittimati solo da proprie opinioni
pubbliche nazionali. Spesso decisioni che hanno portato a trattati intergovernativi nuovi presi al di
fuori dai trattati europei (Fiscal Compact), proprio per limitare il controllo degli organismi europei.
In Europa non c’è nessuno che parla a nome dell’Europa, cioè legittimato a parlare a nome di una
constituency europea.
Conseguenze:
1.
Timing; decisioni tardive (too little too late). Leader nazionali contrattano prima di decider e
hanno altre priorità. Forse non avremmo avuto crisi euro se decisioni su caso greco prese nel 201o
invece del 2012.
2.
Sub-ottimalità: in consessi intergovernativi, decide il più forte. Germania (Francia) su base
propri interessi (sostegno alle banche creditrici invece che ai debitori) e filosofia economica (l’ordocapitalismo e le regole fiscali).
3.
Perdita di legittimità democratica. Le opinioni pubbliche risentono decisioni prese da
governi di altri paesi. Perdita di legittimità istituzioni europee tipo Commissione, che implementa
decisioni consiglio.
4.
Regole eccessivamente complesse, non trasparenti e non comprensibili per i cittadini.
Soluzioni?
1)
Uscita euro, unilaterale o collettiva, rischia di peggiorare la situazione e far fare passi
indietro sia economici che politici. Pagherebbero soprattutto i poveri. Non è soluzione.
2)
Ma restare non basta. Crisi non risolta. Politicamente, (e da qualche parte qualche paese
(Italia?) potrebbe decidere comunque di ribaltare il tavolo). Economicamente, si rischia una
deflazione perenne che renderebbe politicamente meno sostenibile la situazione.
Soluzione più sensata.
3)
Migliori politiche economiche europee. Meno recessive, orientate su beni pubblici europei,
integrazione mercati e fiscalità, più spazio al bilancio europeo, maggiore integrazioni su policies
dove c’è ampio consenso (immigrazione, trasporti, energia etc.).
4)
Ma politiche economiche endogene, dipendono da istituzioni.
Suggerimenti per riforme istituzionali nel senso di più legittimità e capacità decisionale.Non
fantapolitica. C’è percezione di questo tra elites europee (il documento dei quattro presidenti del
2012 ne è prova) ma processo lento e non iniziato. Costoso agire per i leader nazionali.
Quali proposte.
1.
C’è bisogno che dove si decide sull’Europa (Consiglio) ci sia qualcuno che possa parlare a
nome dell’Europa e che sia legittimato a farlo.Ad esempio, un presidente direttamente eletto dai
cittadini europei che contrasti i paesi. Per esempio, Presidente Unione o Commissione direttamente
eletto dai cittadini, magari su base grandi elettori per stati. Esempio Barroso-Merkel su eurobonds.
2.
Rafforzamento ruolo parlamento europeo, unico organismo che è legittimato a rappresentare
i cittadini europei. Deve co-decidere su quello che fa il consiglio europeo anche su materie
economiche. E impedire trattati esterni all’unione.
Questo aumenterebbe sia la legittimità democratica che la qualità delle decisioni, tenendo conto in
modo più appropriato della pluralità degli interessi. Consentirebbe anche politiche migliori.
La crisi politica (l’emergenza dei partiti anti-euro), il referendum inglese (che richiede comunque di
rivedere i trattati) , la vacancy della commissione (finché la nuova non viene eletta), offre ottima
occasione a Italia durante presidenza europea per far avanzare una agenda di riforme istituzionali in
Europa, che dovrebbe complementare le proposte economiche.
Ma un’ultima notazione. La critica alla politica economica europea non significa assolvere la
politica economica italiana. Il paese è in queste condizioni perché non si è fatto nulla per decenni
per rimetterlo in grado di funzionare. Il dividendo dell’euro largamente sprecato. Classi dirigenti
incapaci e corrotte. Anche una politica europea migliore servirebbe a poco se il paese non si
risistema, anche se il momento è ora più difficile (ma almeno c’è la percezione dell’esistenza di una
crisi, prima del lento declino precedente). Non sarà mai la Merkel o la Commissione che affronta i
problemi del mercato del lavoro, della giustizia, della corruzione, dell’istruzione, del credito etc.
dove abbiamo accumulato paurosi ritardi. Tocca a noi.