CINQUE ANNI DI RIFORMA CARCERARIA NELL`OPINIONE DEl

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CINQUE ANNI DI RIFORMA CARCERARIA
NELL'OPINIONE DEl DETENUTI
di A NTONIO LOVATI
e MARTINA PANETTI LOVAT1
In un nostro studio, pubblicato in questa n v uta nel marzo 1977 ( *), avevamo informato i nostri lettori sulla Legge di riforma dell'ordinamento carcerario e sul corrispettivo regolamento: l'una promulgata nel luglio 1975,
l'altro nell'aprile 1976. In tale occasione, ci era·vam o limitati a una rapi·
da rassegna relativa agli aspetti essen ziali e coratterizzarlti della riforma, sottolineando in particolare le norme riguardanti il trattamento individualizza.
to del recluso, il miglioramento delle condizioni generali di vita, le nuove
strutture di rieducazione, le modalità di contatto con la comunità, le misure
alternative alla d eten zione e gli stmmenti di appoggio dopo la reclusione.
Oggi, a più eli cinque anni dalla promulgazione della L egge, ci si offre la
opportunità d i ospitare alcune dichiarazioni, dal tono sereno e responsabile,
che ci giungono dall'interno stesso dei penitenziari. Sono « voci » ch e portano
a riflettere seriamente sulla bontà e sull'efficacia della normativa, e ci pongono il quesito se la riforma, n ata nel segno di wt indubbio umanesimo, abbia
veramente raggiunto il suo scopo, o debba invece essere riconsiclerata in qualche punto: sempre convinti, in ogni caso, che riforma suppone personale altamente qualificato, soprattutto ai gradi superiori.
1. Introduzione.
Cosa pensano i carcerati della riforma del 1975? Lo possiamo
saper e leggendo le testimonianze rese in occasione del ooncor so a pre·
mi bandito da «La grande p romessa», il periodico redatto e pubbli·
cato nella Casa di Reclusione di Porto Azzurro, sul tema: Cinque anni
di riforma carceraria in Italia (l); concorso cui hanno partecipato
molti detenuti di diversi istituti di pena italiani.
Cfr. G. PERico, Il nuovo ordinamento penttenztarto - La legge 26 luglio 1975,
n Aggiornamenti Sociali », (mar zo) 1977, pp. 157 ss., rubr. 134.
(l) Cfr. n La grande promessa Il, marzo 1981. Le espressioni riportate fra virgolette, se non viene detto altr imenti, sono tratte dalle relazioni del concorrenti;
In a lcune occasioni sono Indicate anche le Iniziali, che, per ragioni ovvie, sono !n
codice.
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n. 354, In
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Non sembra il caso di lasciarsi sfuggire l'occasione di conoscere
idee e proposte degli interessati. E' anche un modo di «dare a ciascuno una voce » (secondo la riflessione di mons. Carlo M. Martini) . << Il
carcere, poi, costituisce un problema che interessa ogni singolo componente de lla società: pur tuttavia ciò che avviene al di là dei can·
celli è spesso ignorato·, poiché nessuno vede più nel carcerato la im·
magine di sé, quale uomo e cittadino ».
Naturalmente è molto difficile riconoscere la genuinità delle idee
in scritti che mirano ad un premio: può esserci un tentativo conscio
o inconscio di aderire alle aspettative presunte della Commissione giudicatrice.
Esistono poi in Italia, come del resto in molti a ltri Paesi, differenze notevoli da carcere a carcere, per cui molte affermazioni possono essere contestate da alcuni e chi scrive può essere accusato di
parzialità. Inoltre <<c'è un enorme divario fra Nord e Sud. Nell'Italia
meridionale ed insulare si colgono ancora tracce di quel rigorismo
penale e penitenziario [ ... ] tipico di 100 anni fa». D. A., che ha subito
numerosi trasferimenti, annota che << ancor prima della Riforma, per
la sensibilità, la capacità e l'impegno di alcuni Direttori c'erano alcune
isole fortunate».
Lasciando da parte il giudizio della Commissione giudicatrice e sfogliando, invece, le relazioni o esaminando gli svolgimenti, anche di
quelli meno provveduti, balzano all'occhio i punti salienti della situazione. E anche le omissioni sono significative!
Qualche partecipante al concorso arriva a contestare il principio della penaIizzazione degli atti, che << la classe dominante » definisce reati, e rifiuta globalmente la riforma per ragioni di principio. Molti poi sostengono che in Italia le pene sono troppo lunghe: è previsto ancora l'erga stolo, quando « 5-7
anni di reclusione già cambiano profondamente l 'uomo, qualunque delitto egli
abbia commesso >>.
2. l punti qualificanti della riforma.
Una lettura attenta della Legge e del Regolamento, e il ricorso
eventuale a qualche commento autorevole (2), permettono di identifi(2) Cfr. G. DI GENNA~O, M. BONOMO, R. B~EDA, Ordinamento penitenziario e mlsure alternative alla detenzione, Giuffrè, Milano 1978.
Stranamente, mentre negli anni Immediatamente successivi all'emanazione del
nuovo ordinamento, sono stati molti l commenti, ora, a distanza di un lustro,
proprio quando si può fare un consuntivo, è calato un certo silenzio. Gli unici
documenti di rilievo sono E. FAssoNE, La pena detentiva ln !talla dall'800 alla rl·
forma penttenzlarta, Il Mulino, Bologna 1980, e E. DoLCINO, G. DI GENNARO, E. FAS·
SONE, G. TRANCHINA, P. CONSO, E. D'ANGELO, M. F'ER~AIOLI, A. GIARDA, T. PADOVANI,
Dtr1ttt del detenuti e trattamento penttenziarlo, a cura di V. GREVI, Zanichelll,
Bologna 1981.
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care i principi della riforma derivandoli dalla affermazione: « Le pene
devono tendere alla rieducazione del condannato» (art. 27 Cost.).
Qualche carcerato contesta anche questa affermazione sostenendo che non
è valida; e del resto non si trova isolato, in quanto diversi studiosi ed ope·
ratori sociali incominciano a nutrire dubbi su tale affermazione. Non sembra
comunque il caso di entrare nell'esame di questo punto, ch e è oggetto di molte
discussioni, soprnttutto nei Paesi, come gli USA, la Svezia, i Paesi Bassi, dove
da tempo In rieducazione è considerata cardine del sistema penitenziario (che in
certi Paesi non si chiama più penitenziario, ma addiritturA correttivo) e dove
però i risultati sono profondamente d eludenti (3).
I punti qualificanti della riforma si possono sintetizzare nei segut:nti: l) osservazione della personalità del recluso ed elaborazione
di un programma di rieducazione; 2) miglioramento delle condizioni generali di vita n el carcere; 3) offerta di specifici m ezzi di rieducazione;
4) intervento della comunità esterna; 5) misure alternative alla detenzione; 6) azioni di appoggio all'ex-carcerato.
l) Osservazione scientifica della personalità del carcerato e programma di
rieducazione.
Nell'intento del legislatore l'osservazione scientifica della personalità del condannato è il punto chiave della riforma: non si può infatti raggiungere un obiettivo, senza fare una diagnosi accurata, stabilire un programma e valutare i risultati che si conseguono. La Legge
spende molte parole al riguardo. Ma l'argomento è solo sfiorato dagli
interessati. Che di fatto tale osservazione scientifica non sia applicata?
C'è chi dice: << da 12 anni sono in carcere, ma posso dire che, anche se
nella casa penale che mi ospita ci sono operatori sociali, l'assistente sociale e
lo psicologo non hanno mai parlato e discusso con me in modo esplicito ».
Eppure << credo sia loro dovere cercare di conoscerci, per farsi un 'idea dei
soggetti presenti nel carcere ».
A. B. entra nel merito della questione, ricordando che << una selezione
è necessaria, ma una suddivisione dei reclusi in gruppi, in rapporto solo al
tipo di r eato commesso ed alla lunghezza della pena, è insufficiente. N o n lo riterrei un eccesso od un errore sottoporre a visita psichiatrica coloro che si sono
resi responsabili di reati, per stabilirne il grado di tendenza antisociale, e
tenere poi conto del livello culturale dei soggetti, degli abituali modi di espressione, dei comportamenti nella collettività »; e prosegue con osservazioni molto
sensale ed esempi di fatti che gli sono capitati, non mancando di rilevare com e
anche la diversa disponibilità alla riabilitazione dovrebbe essere un elemento
di suddivisione. H. L. nota: << si deve tener presente in primo luogo un principio
fondamentale: noi detenuti non siamo tutti uguali, non solo in rapporto alla per(3) Ctr. H. H. SIEGEL, Crtmtnal Justtce Swedtsh Style, In
Rehabllltatlon )), 1977, n. l, p. 291.
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<<
Crlmlnal Ortender
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sonolità e oll'iJlecito penale commesso (o attribuitoci), ma soprattutto per la
volontà di ricominciare daccapo la propria vita e di costruirci un 'esistenza onesta e normale». G. S. si domanda: « Ci sono carceri per i "cattivi " . Perché
non fare carceri anche per i "buoni" e per i " buonissimi"? ».
In effetti, al condannato a pena detentiva, ch e abbia dato prova
di partecipazione all'opera di rieducazione, può essere concessa - ai
fini del suo più efficace reinserimento nella società - una riduzione
di pena di venti giorni per ciascun semestre di pena detentiva scontata. «Non c'è dubbio ch e nell'insieme la misura è un incentivo a comportarsi bene, anche se quei 20 giorni a l semestre sono proprio pochi ».
La respon sabilità della concessione è della Sezione di Sorveglianza,
la quale concede o respinge l'istanza di richiesta del beneficio presentata dal detenuto, dopo aver valutato il suo passato e il rapporto informativo dell'Amministrazione carceraria. <<In molti casi la decisione
però non viene presa, ma rimandata ed il detenu to si sente ingiusta·
mente colpito. Sè per un caso non voluto mi ritrovo immischiato in
una rissa o in una rivolta, che ne deriva dei miei anni di buona condotta?"·
2) Condizioni generali di vita.
E' a tutti noto, anche solo con uno sguardo dall'esterno, che gli
edifici carcerari sono in larga parte di an tica data, già castelli o conventi. Non c'è .bisogno neppure di ricorrere ai risultati di una piccola inchies ta che A. D., infermiere in un grande carcere, h a fatto tra
i compagni che hanno girato in lungo e in largo la penisola. Non
parliamo poi dell'affollamento.
Le due cose - vetustà degli edifici e affollamento - combinate
fanno sì che molti carcerati non hanno una cella tutta per sé; mentre
dovrebbe p ur essere concesso all'uomo qualche momento di intimità. La vita gomito a gomito con i compagni di cella è una causa grave
di disagio, di umiliazione, di esasperazione. C'è inoltre forte carenza
di locali per il lavoro, per lo studio e in genere per tutte le attività
comunitarie: spesso l'unico ampio locale è piazzato nel centro ed è la
chiesa, quasi sempre vuota. Anche nelle recenti costruzioni, probabilmente perché eseguite su vecchi progetti, ci sono pochi spazi idonei
a una vita sociale, quale quella prevista dalla riforma.
Ne consegue spesso costrizione a vivere notte e giorno (anni ed anni !)
sempre in comune, in condizioni igieniche spesso precarie e in condizioni
climatiche nocive alla salute: l'umidità è un n emico particolarmente subdolo,
anche nelle zone del Meridione, dove il clima è dolce durante quasi l'intero
anno, e l 'immobilità prolungata contribuisce a far contrarre malatti e croniche.
Al m ale dell'affollamento si aggiunge il sen so di distacco dal mondo
esterno. << L'isolamento penitenziario può condurre a quei deterioramenti mentali, come l'apatia; la perdita del senso del tempo, la riduzione dell'acutezza
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intellettiva con un prevalere sproporzionato dell'attività fanta stica ».
La Legge prevede diverse categorie di reclusi e la loro separazione. I car·
cerati sembrano molto sensibili a questo punto e tutti ne parlano. A . S. dice :
« La separazione e il raggruppamento in categorie omogenee di detenuti è indi·
spensabile non solo per dare la possibilità di procedere ad un trattamento
rieducativo comune quanto per la necessità di evitare influenze nocive reci.
proche ».
Qualcuno dice più semplicemente: « si è formata una certa compagnia dobbiamo trascorrere tutti ancora molti anni e improvvisamente viene
messo in mezzo un estraneo! I "nuovi" di un carcere ed i " giudicabili" sono
poi particolarme nte turbolenti! ».
Diversi lamentano la presenza di drogati in mezzo a loro e per questi
propongono posti separati.
Nonostante tutto, la grande maggioranza è dell'opinione che - a
parte quello che succede nelle carceri « speciali » - le condizioni di
vita sono notevolmente migliorate: in molti casi il vitto è buono e
abbondante, la vita sufficientemente ordinata, è possibile leggere il
quotidiano, ascoltare la radio e guardare la TV. Basterebbe relativamente poco, e spesso solo la buona volontà, per portare questi miglioramenti dappertutto.
Anche i colloqui e le conversazioni telefoniche sono un sollievo,
ma si lamenta l'eccessiva pignoleria nel far rispettare in diverse carceri le regole sul numero di conversazioni, sulla loro durata, ecc.
Qualche volta capita che i familiari dopo un lungo viaggio per un colloquio vengono rimandati per motivi puramente regolamentari. Se poi
si vuole parlare con un non-familiare, allora le difficoltà sono enormi!
Molti ricordano la gioia provata qualche anno fa all'abolizione del·
la censura epistolare, concessa alla maggior parte dei detenuti.
I reclusi si lamentano della mancanza di un Regolamento interno,
che chiarisca in modo dettagliato diritti e doveri.
Fra ..diverse altre osservazioni, possiamo segnalare:
- secondo l'art. 3 « i detenuti e gli internati esercitano personalmente
i diritti loro derivanti dalla Legge». S. T. ritiene di fatto «estremamente debole il potere del carcerato » e pensa alla partecipazione di un comitato esterno
di cittadini nella difesa dei diritti dei reclusi;
- sono contemplate rappresentanze di detenuti per il controllo della
alimentazione (art. 9) e la gestione della biblioteca (art. 12). «Troppo poco,
per l'intera vita carceraria, che ha ben altri problemi, dove il parere o il
controllo di rappresentanti, non sorteggiati, ma eletti, sarebbe di rilievo » ;
- alcuni osservano che l'art. 90, che permette nl potere esecutivo di
sospendere i benefici della riforma (per gravi motivi di sicurezza), sia ingiusto, contrario ai principi del diritto e, forse, anticostituzionale.
Vi sono però tre problemi che emergono prepotentemente sugli
altri, e su cui merita soffermarsi: a) il problema dei permessi; b)
l'impedimento a normali rapporti sessuali; c) i trasferimenti.
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a) Il problema dei permessi.
L'art. 50 della Legge del 1975 è stato modificato dopo un paio
d'anni (Legge 20 luglio 1977, n. 450) e <<a mio avviso con eccessiva
fretta ed in maniera tutt'altro che soddisfacente. Posso comprendere
che tale decisione sia stata motivata dai numerosi mancati rientri
dai p ermessi che si sono verificati dall'entrata in vigore della Legge.
Tuttavia sarebbe stato necessario approfondire la questione [ .. .] ed
accertare a quali categorie appartengono le persone che non sono rientrate (condannati a lunghissime pene, carcerati con pochi anni di pena residua [ ... ]) ». <<Il limitare di molto la concessione è a mio avviso
contrario al sistema rieducativo e a l tentativo di reinserimento ».
<<Nel settembre 1976 in occasione del rientro di mia moglie dalla Svizzera (dove lavora) mi fu concesso il primo permesso. Et·o il primo detenuto
di quel carcere, con 18 anni ancora da scontare, ad andare in permesso, mentre prima di m e ne avevano usufruito solo reclusi con pena breve. Ricordo
la sen sazione che provai, dopo sette anni di detenzione ... Andai a casa e potei
riabbracciare tutti i miei cari. Furono giorni meravigliosi, diversi da come,
quand 'ero in carcere, avevo immaginato sarebbero stati. .. Ritornai un po'· confuso, ma tranquillo, perché ero certo che il permesso mi sarebbe sta to accordato ancora. Avevo fiducia in me stesso, in un pieno recupero alla vita che
mi tornava a sorridere ».
Ma venne la modificazione della Legge e « così i padri di fami glia - seri.
ve G. P. - de tenuti con buona condotta non possono più andare in permesso.
Ci possono andare solo con un certificato ove si attesti che c 'è un morto in
famiglia o uno ch e sta per morire! Quindi se il detenuto deve andare in
permesso, ci deve andare solo per piangere! ».
<< Si pensi che su 2876 permessi concessi da uno Sezione di Sorveglianza
solo 47 detenuti non sono rientrati, si pensi che a Porto Azzurro in un solo
anno hanno beneficiato più di 40 ergastolani e che tutti sono rientrati ».
<< Purtroppo, sull'onda di una campagna giornalistica forsennata, il legislatore ha rite nuto di ridimensionare la portata di questa innovazione >>. << Ep·
pure molte persone qualificate, giudici di sorveglianza c direttori, avevano sottolineato che i permessi erano l 'unico effettivo mezzo di trattamento in loro
possesso >>.
Tutti chiedono che la Legge del 1977 sia ripresa in esame. P. S. vorrebbe che << i gravi ed accertati motivi » venissero considerati anche
nel loro aspetto « positivo », nei casi, per esempio, << di costituzione
di una famiglia da parte del detenuto, della nascita di un figlio, per
merito ». << Quale terremoto dì sensibilità umana si sprigiona nell'anima del carcerato quando varca il cancello e incontra gente libera e
si sente libero e premiato. E' qualcosa di così grande e meraviglioso
che accappona la pelle solo a pensarci. Ho assaporato questi momenti
ben tre volte e posso giurare che le sensazioni positive sprigionanti
sono state così colme e vive da farmi veramente risentire uomo, uomo
responsabile, provocando un cambiamento radicale della mia personalità».
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b) L'impedimento a nor mali rapporti sessuali.
Occorre premettere che in nessun Paese del mondo è sta to risolto
in modo integrale ques to problema associato alla carcerazione, rico·
nosciuto grave perché tende a rompere il legame con la famiglia, perché è uno de i motivi che maggiormente contribuiscono a determinare
un'atmosfera di esasperazione e di violenza e perché porta inevitabilmente alla diffusione di pratiche di tipo omosessuale. Sono state fatte
all'estero diverse esperienze, molto limitate nel tempo e come estensione; naturalmente laddove esiste un sistema flessibile di carcerazione,
<< con un gra duale sistema di reinserimento (con carceri aperte, concessione di licenze e permessi periodici) il problema è risolto almeno
per la categoria dei condannati a pene lievi o di comportamento non
violento».
Praticamente tutti i carcerati parlano del problema e quasi tutti
trovano che il permesso di uscire dal carcere rappresenta la soluzione più pratica.
Alcuni ricordano come il Senato aveva proposto - nella versione di Legge
approvata nel dicembre 1973 - un comma specifico che recitava: << I detenuti
che abbiano tenuto regolare condotta possono usufmire di permessi speciali
della durata massima di cinque giorni, anche al fine di mantenere le loro
relazioni umane». Ma la Camera dei Deputati l'aveva bocciato, così che al
riesame al Senato per l'approvazione definitiva il comma fu escluso. Il Ministro della Giustizia osservò allora che « la ragione della soppressione era da
ricercarsi nella riconosciuta impossibilità di dare al problema una soluzione
r ealistica, tale da contemperare le personali esigenze dell'individuo con quelle
della difesa sociale. Tuttavia non si poteva ignorare l'importanza del problema e... il Governo auspicava che il problema medesimo potesse trovare in un
prossimo avvenire la soluzione legislativa adeguata ».
c) I trasferimenti.
Secondo F. R. <<la disposizione più violata di tutta la Legge del
1975 è il secondo comma dell'art. 42: "Nel disporre i trasferimenti deve
essere favorito il criterio d~ destinare i soggetti in Istituti prossimi
alla residenza delle famiglie". Questa norma sarebbe una conquista
meravigliosa; ma tutto avviene come se non esistesse. In pratica ne è
applicata un'altra non scritta: "Il trasferimento è una sanzione punitiva contro chi è genericamente sgradito, ma non comme tte infrazioni perseguibili con le specifiche sanzioni di legge" >>.
« Molto sovente vengono effettuati trasferimenti inutili e senza una valida
ragione. I detenuti a volte non vengono neppure preavvisati e non viene data
ioro n eppure la possibilità di portare con sé quel poco che hanno, biancheria, libri, ecc. Il fatto più mortificante ed umiliante di tutto questo è che, al momento della partenza del detenuto, non ven gono avvisati neppure i suoi familiari, con di sguidi, fastidi , perdita di tempo e di de naro >>.
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3) Il trattamento.
La Legge ed il Regolamento danno grande rilievo al trattamento
inteso come quel complesso di attività che possono favorire un ritorno
del detenuto ( 4) alla normalità: lavoro, istruzione, attività culturali,
ricreative e sportive, nonché la religione.
La scelta e le decisioni in questi campi sono però quasi sempre
riservate alle autorità: la partecipazione attiva dei carcerati nel «fare
proposte, effettuare esperienze, verificare norme sperimentali introdotte è scarsamente richiesta», come è stato già detto a proposito
delle rappresentan ze dei car cerati.
Lavoro.
Quando il carcere era considerato esclusivamente una misura di
carattere afflittivo, il lavoro aggiungeva al peso derivante dalla privazione della libertà quello della fatica fisica estenuante, che esso comportava. La scelta del tipo di lavoro da prestare era significativa: si
trattava assai spesso di forme assai dure che non richiedevano alcuna
qualificazione. Erano i cosiddetti lavori forzati, il cui ruolo << medicinale» era limitato al potere della dissuasione. Con l'evolversi della
concezione penitenziaria il lavoro ha perso il carattere originario ed
ha assunto il ruolo di attività a scopo rieducativo. Si è affermata conseguentemente l'idea che il detenuto dovesse essere retribuito: in
un primo tempo il compenso (5) fu in forma simbolica, ora effettiva.
Secondo la Legge il lavoro è obbligatorio per i condannati e per
gli internati. Ma come si presenta la realtà per i condannati ?
a)
La maggior parte condivide l'opinione di G. G.: « Mi sembra quasi inutile richiamare l'attenzione sull'importanza del lavoro a fini educativi e terapeutici, sia perché tiene impegnato il detenuto una buona parte della giornata,
sia perché questo attenua la dipendenza economica dai familiari. Considerando
quanto sia deleterio sulla salute mentale oltre ch e sullo stato fisico un ozio
prolungato, è bene ch e vengano organizzate nell'inte rno del carcere attività
comuni, e fra queste il lavoro ».
Secondo l'art. 20, comma 5, « l'organizzazione e i metodi del lavoro peni·
tenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera », « ma questo
come mai potrebbe avverarsi anche in un carcere modello? ». « Sarebbe già
una bella cosa che ci permettessero l'u so di strumenti per svolgere in proprio qualche lavoro artigianale », ma talvolta anche questo vien e negato per
mancanza di spazio.
« Purtroppo le attività lavorative, proposte dall'esterno, hanno subìto un
(4)
In queste note si usano i termini di detenuto, carcerato, ecc. come nel·
l'uso comune. In effetti, nella Legge si usa una terminologia precisa: detenuto
(imputato o condannato) è chi è in carcere in attesa di giudizio o già giudicato;
Internato è detto chi è trattenuto per misura di sicurezza in casa di lavoro o
in colonia agricola.
(5) La Legge distingue come mercede ciò che viene dato dal datore di lavoro
e remuneraztone q uello che riceve Il lavoratore.
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arresto repentino: abbiamo avuto in questi pnm1 anni dopo l'introduzione della riforma case coloniche chiuse, aziende private che hanno ritirato i loro
incarichi di lavoro per i carcerati, laboratori che non hanno fatto alcun prog(esso continuando a produl'fe merce non competitiva qualitativamente. Il lavoro si è così ripi egato prevalentemente su forme di carattere servile, dividendo ancor più i carcerati in servi (portavitto, cucinieri, scopini, lavandai,
ecc.) e in privilegiati, che continuano a far si sostenere dai familiari ».
Ben altro si dovrebbe fare. E c'è chi propone lavori di pubblica
utilità, chi suggerisce l'organizzazione di cooperative agricole, ecc. « Nell'assegnazione del lavoro bisognerebbe tener conto della personalità e
delle capacità dell'individuo, un "giusto lavoro" che possa stimolare
il detenuto a sentirsi meno ristretto e più partecipe della collettività,
anche al fine di maturare nel pensiero e nelle azioni. Non quindi
un lavoro puramente retributivo, ma idoneo ad un reinserimento in
quella società di cui un giorno tornerà a far parte >>.
Il problema remunerativo è indubbiamente importante . .In fo rma
molto esplicita ne parla P. T.: << Le mercedi sono stabilite in misura
non inferiore ai 2/3 delle tariffe sindacali. A parte le trattenute previste dalla legge ordinaria, al carcerato condannato (ma non all'internato) viene tolto il 30%, a favore della cassa per il soccorso e l'assistenza delle vittime del delitto e 900 lire giornaliere per le spese
di mantenimento. Una norma poi impone il congelamento di un altro
20% della mercede netta fino alla liberazione dell'interessato. Questo
provvedimento mira a tutelare il carcerato, garantendogli all'uscita una
certa disponibilità finanziaria con cui affrontare il primo periodo di
reinserimento. Di fatto essa appare oggi ingiusta verso il condannato
a lunga pena, perché lo danneggia con la p erdita secca di un'alta percentuale dovuta all'inflazione ».
Alcuni infine si soffermano sui diritti sindacali, a loro non concessi, e sulla situazione paradossale: impediti di lavorare perché incarcerati, non vengono considerati disoccupati né possono iscriversi
nelle liste di collocamento.
La Legge del 1975 prevede un'assegnazione a lavoro da svolgersi
all'esterno presso aziende agricole o industriali, pubbliche o private.
Ma la percentuale di detenuti che godono di questo beneficio sembra
essere irrisoria.
b) Istruzione.
I detenuti si lamentano in generale delle scarse possibilità di studio ed in particolare della mancanza di corsi professionali realmente
validi : se ci fossero da una parte maggior severità e dall'altra maggiori
incentivi le cose forse potrebbero andare meglio. Lo studente che vuole svolgere corsi di scuole superiori o universitarie come autodidatta
(e ciò è già molto arduo) incontra t alvolta difficoltà per gli esami,
data la nuova regolamentazione dei permessi. Le commissioni esami-783-
natrici possono entrare nelle carceri, ma spesso sorgono complicazioni
bu_rocratiche. Nel complesso si fa concretamente molto poco. Se si pensa alla stretta correlazione fra carenza di interessi scolastici ed atteggiamento deliquenziale nei giovani, si intuisce l'importanza di questa attività, se svolta in forma sistematica ed efficace.
Una proposta non comune - probabilmente chi la fa non conosce che
negli USA è considerata molto interessante - è quella di O. P.: prendendo lo
spunto dal lavoro dei « piantoni » (che hanno il compito di assistere il detenuto invalido o comunque nella impossibilità di provvedere a se stesso nelle
piccole esigenze), si suggeriscono corsi qualificanti di assistenti infermieri, con
la specialità di assistenza a handicappati fi sici gravi. l carcerati, così qualificati, potrebbero trovare, in regime di semilibertà o di affidamento al servizio
sociale, lavoro presso famiglie che abbisognano di questo servizio, presso lsti·
tuti che si occupano di assistenza a malati cronici, u vecchi non più autosufficienti , ecc.
c) Attività culturali, ricreative e sportive.
C'è la possibilità secondo la Legge di assistere a spettacoli esibiti da compagnie teatrali, vedere film, partecipare ad incont ri di calcio con squadre esterne, fare atletica sotto la guida di un maestro,
imparare a perfezionarsi nel suonare strumenti, dipingere, disegnare,
leggere giornali, riviste e libri in biblioteca, ecc. Di fatto l'unica attività ricreativa entrata in carcere è la TV.
d) Religione.
Nessuno ne parla in questa sede. Forse non è appropriato considerare la religione alla stessa stregua del lavoro, dello studio, delle
attività culturali, ricreative, sportive.
4) L'intervento deUa comunità esterna.
Fin dall'ar~. l della Legge si riconosce l'importanza di « contatti
con l'ambiente esterno », che vengono distinti in due tipi: - azioni di
intervento saltuario da parte della comunità, in particolare nelle attività culturali, ricreative e sportive; - supporto qualificato di assistenti volontari (nominati dal Ministero di Grazia e Giustizia) e operatori volontari (nominati dal Magistrato di Sorveglianza).
a ) La comunità.
Molti considerano che « l'istituzione carceraria appartiene alla società, la quale non può e non deve ignorarla ». Da ciò emerge « l'auspicio che la società, che apparentemente non è coinvolta, possa venire a contatto con il mondo penitenziario al fine di un dialogo educatore, e, perché no ?, per autoeducarsi ». Ed alcuni richiamano la frase
di un noto Direttore sulla <<n ecessità non solo di rieducare i reclusi,
ma anche di educare tutta la popolazione a non disinteressarsi dei
cittadini che ha voluto punire per rieducare ».
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Ma tutti eludono il fatto di essere stati, direttamente o indirettamente, in conflitto con la società!
<< La società ha opposto alla riforma una tacita noncuranza, continuando ad
essere condizionata dai mass media e prevenuta contro il mondo detentivo [. . . ] .
Occorreva un'informazione più dettagliata e ampia, una documentazione più
rispettosa della realtà e non truccata e falsificata da casi sporadici (eccezioni
della realtà del carcere e non la regola) [. . .], per sradicare dalle coscienze
l'idea che chi sbaglia deve essere marchiato a vita e tenuto al bando del vi.
vere comunitario ».
<< La partecipazione al mondo penitenziario perciò va ampliata inserendovi
e coinvolgendo l'intera società, favorendo incontri periodici di gruppo, ove
alcuni reclusi vengono posti a confronto con rappresentanze regionali, consigli
comunali e di quartieri » .
C'è chi suggerisce (ma qualcosa di simile era stato fatto prima della
riforma da qualche Direttore coraggioso) l'istituzione della « giornata del car·
cerato » durante la quale, prese le opportune misure di sicurezza, la gente
(o almeno i parenti) possano accedere fin nelle celle dei reclusi).
b) I volontari.
Non molti conoscono questa figura, che viene spesso confusa con
l'assistente sociale e l'educatore, persone invece dipendenti dall'Amministrazione carceraria: anzi qualcuno ritiene che il volontario sia scomparso. Chi è informato, considera la loro azione positiva, ma r itiene
che << esista un ostracismo velato, ma neppure troppo, delle Direzioni,
le quali mal sopportano l'entrata in Istituto dì persone estranee e
verso le quali si nutrono sentimenti di diffidenza o di indifferenza ».
<< La partecipazione di volontari è carente e questo è dovuto alle diffi.
coltà poste in e ssere dalle varie Direzioni le quali, esasperando i controlli
e l e minuziose investigazioni, fanno di tutto per dissuadere il volontariato.
Sove nte l e persone di buona volontà che intendono mettere in atto propositi
educativi verso i detenuti sono frustrate e anche mortificate ».
E invece << il volontario può essere considerato il cordone ombelicale del
detenuto, perché suo tramite egli riceve ossigeno, modelli di comportamento e spesso aiuti concreti durante e dopo il carcere » .
Viene data particolare importanza al colloquio, che <<ci fa sentire
vivi e meno impotenti. Aver la possibilità di dire a qualcuno ciò che
dentro si sente, di manifestare il proprio stato d'animo, decisamente
dà speranza ».
Il volontario può essere poi utile nel risolvere molti problemi pratici. In particolare « un appoggio legale gratuito ed efficiente, che consenta al detenuto di farsi risolvere quelle questioni che spesso ricorrono durante la sua permanenza nell'ambiente, è molto utile: molte
pratiche si arrestano solo per sottili vizi di forma, ed è necessaria
una persona competente che insista ».
5) Misure alternative alla detenzione.
Sono una novità di rilievo della riforma le misure alternative alla
detenzione, che consistono nella semi-libertà e nell'affidamento in pro·
va al Servizio sociale. In un certo senso assolvono al compito di avviare « in modo graduale il detenuto verso la piena libertà ».
a) Regime di semi-libertà.
Può essere ammesso al regime di semi-libertà il condannato a
pena non superiore a sei mesi di carcere. Inoltre vi può essere ammesso il condannato a qualsiasi pena, ma solo dopo la espiazione di
almeno metà della stessa. E' preclusa solo in alcuni casi particolari.
La semi-libertà è concessa di solito per lavoro, talvolta per motivo di studio e alle detenute per la cura dei propri figli. Ottenuta la
semi-libertà il detenuto trascorre il giorno fuori dell'Istituto di pena
e rientra per dormire. Gli orari di entrata e d'uscita e le condizioni
del trattamento sono fissate nel programma già sopra discusso.
E' previsto per chi gode della semi-libertà di pernottare in sezioni
particolari del carcere o addirittura in locali esterni, con una sorveglianza da parte di agenti di custodia.
Tutti riconoscono che la misura è valida ed ammettono che è applicata estesamente. Ma evidentemente la difficoltà maggiore è quella di trovare
un lavoro. Chi deve occuparsene? la Direzione? gli assistenti sociali? i
volontari? E quanti datori sono disposti a dare lavoro a persone in carcere,
soprattutto se condannate a lunga pena? « Tutto questo crea in molti casi
situazioni di posti fittizi, che si può procurare chi ha persone compiacenti
e denaro >>. Alcuni si dilungano su questo problema, che può finire per creare
ingiustizie.
C'è anche il problema della località ove si presta il lavoro. Se non è
nello stesso centro ove è il carcere o nelle immediate vicinanze, è quasi
impossibile godere della semi-libertà.
b) Affidamento in prova al Servizio sociale.
Rendendosi conto che la maggior parte dei condannati per reati
non particolarmente gravi sono per lo più persone disorientate molto
giovani, ai primi comportamenti irregolari, quasi sempre in condizioni
economiche e sociali precarie, la Legge ha previsto una scarcerazione
anticipata, l'affidamento in prova al controllo di un organismo esterno,
il Centro di servizio sociale. L'affidamento in prova è analogo alla « probation », sistema previsto in molti ordinamenti stranieri. Ne può beneficiare il condannato a pene non superiori a 2 anni e mezzo. Se l'affi.
damento è concesso, il condannato è scarcerato; per tutto il tempo
corrispondente alla pena residua è seguito da un assistente sociale
del Centro di servizio sociale.
l partecipanti al concorso si occupano scarsamente di questa misura al-
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ternativa, forse perché sono in gran parte condannati a lunghe pene, alle
quali il provvedimento non può essere applicato.
6) Azioni di supporto per gli ex-carcerati.
<< Il carcerato, uscendo dalla prigione, va indubbiamente ad imbattersi in una società che lo pone in svantaggio da molti punti di vista.
Naufragata la fiducia reciproca, perso il lavoro, · il patrimonio naufragato anch'esso, nella maggior parte dei casi troverà una mortificante
scissione nell'ambito affettivo e familiare. L'impatto con tale società,
in tali condizioni, lo costringerà ad affrontare difficoltà spesso insormontabili, che talvolta mettono in pericolo la sua s tessa sopravvivenza».
Nella fa se di reinserimento la Legge prevede un supporto qualificato, tramite enti che curano le relazioni dei detenuti con le loro famiglie, segnalano
i bisogni ai diversi organi della Regione o del Comune e si interessano del
collocamento al lavoro del liberando.
Purtroppo la Legge viene applicata solo formalmente e i detenuti
che escono si trovano abbandonati a se stessi (tutt'al più hanno qualche sporadico sussidio in denaro) e non c'è da meravigliarsi se, «conoscendo ciò che li attende in una società egoista e diffidente, stabiliscono prima della scarcerazione un programma di incontri con il mondo che la vita nello stesso carcere ha dato l'opportunità di conoscere
personalmente. Così inizia il famoso riciclaggio del potenziale recidivo, come una vite senza fine"·
« Vorrei aggiungere ma di fatto la Legge lo prevede! - che ritengo
idoneo che qualche mese prima della scarcerazione di un detenuto, lo si convochi, gli si pongano alcune domande sulle sue intenzioni, lo si ascolti e si
faccia il punto della sua situazione: se risultasse bisognoso di assistenza,
di alloggio o di lavoro lo si aiuti in modo concreto ».
3. Ergastolo e carceri di massima sicurezza.
f
I carcerati che hanno partecipato al concorso hanno parlato di
altre questioni: di rilievo le osservazioni sull'ergastolo e le carceri << speciali», argomenti che meriterebbero un più largo approfondimento di
quanto sia qui possibile.
« Chi vive nel mondo carcerario sa che la maggioranza dei detenuti condannati all'ergastolo, specialmente per reati comuni, sono gente umile, operai, pastori, [ ... ] che per la loro semplicità è stato facile
far cascare nelle più terribili aggravanti del codice [ ... ]. Le leggi sono
come la tela di un r agno, servono solo a catturare le mosche p1u piccole, perché quelle più grosse, quando non possono aggirarla la spezzano>>.
« Riconosco dice A. D. - che il grave fenomeno delle evasioni
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andava represso, ma è importante ribadire che la caratteristica delle
carceri "speciali" (le carceri di massima sicurezza) in cui custodire
detenuti particolarmente pericolosi, collegati alla grande criminalità
organizzata o alle centrali della eversione politica, va circoscritta alla
difesa esterna, senza incidere sul trattamento dei detenuti all'interno
del carcere ».
4. l personaggi del carcere.
La riforma del 1975 - anche per aderire a raccomandazioni dell'O.N.U. - ha introdotto la figura del «Magistrato di Sorveglianza»
(appartenente al potere giudiziario ) che vigila sulla organizzazione degli Istituti di prevenzione e pena, si assicura che la custodia sia attuata in conformità della legge e dei regolamenti, approva i programmi
di trattamento, esamina i reclami dei detenuti.
Il Direttore invece, che dipende dal potere esecutivo dello Stato,
esercita i poteri attinenti alla organizzazione, al coordinamento e allo
svolgimento delle attività dell'Istituto, cura lo svolgimento dei programmi di trattamento e impartisce disposizioni e istruzioni agli operator-i
penitenziari; provvede al mantenimento della sicurezza, dell'ordine e
della disciplina, avvalendosi della collaborazione del personale civile e
militare.
Alcuni carcerati ritengono le due autorità in conflitto e preferirebbero
veder li in dipendenza gerarchica; a ltri invece comprendono lo spirito garantista dell'i stituzione e considerano << il magistrato di sorveglianza il vero padre
spirituale dei detenuti, la persona che dovrebbe comprendere ogni problema,
aiutare, incoraggiare, interpretare la riforma, ecc.)». Non pochi giudicano che il
compito non viene spesso assolto << per mancanza di conoscenza della realtà ».
Altri, mettono in rilievo i poteri discrezionali del Direttore (da alcuni ritenuti troppo ampi, da altri troppo limitati) e la difficoltà dei suoi compiti.
<< Specialmente durante una detenzione molto lunga l 'amarezza per
la condanna, per l'isolamento, il ricordo di giornate felici, il continuo
ossessionante riaffiorare nella m ente di un passato angoscioso, fanno
sorgere pensieri di disperazione: a cosa serve un colloquio con la moglie, in cui l'amore si è forse spento, a cosa serve rivedere i figli se il
ruolo di educatore è insostenibile, a che scopo dedicare il tempo ad una
qualsiasi attività se ormai la vera vita è troncata?». In questo stato
d'animo solo il riscoprire i grandi valori umani, e, per i credenti, quelli soprannaturali, può riaccendere la volontà di sopportare e di redimersi. II cappellano e il ministro di un culto non cattolico, più di altri,
hanno la possibilità di fare aprire alla speranza ed alla confidenza e di
mitigare lo sconforto. La riforma concede ampi s pazi al loro intervento.
Molto estesi sono i commenti dedicati agli agenti di custodia, le
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per.spne con le quali i reclusi si trovano maggiormente a contatto. Quasi tutti riconoscono che la riforma li ha trovati impreparati e quindi
si d ibattono spesso fra au toritarismo di vecchio stampo e dialogo come
oggi proposto dalla nuova Legge. Vengono ripetuti i soliti atteggiamen ti
che caratt~rizzano lo s tereotipo dell'agente, ma tutti convengono che,
tutto sommato, « finiscono per vivere quasi come carcerati ».
Purtroppo sono p er lo più « persone che culturalmente lasciano a desid erare essendo provenienti da classi sociali umili >>, per di più sono « investiti
di autorità che impongono contro detenuti culturalmente e socialmente p iù evoluti di loro. La r iforma , rivalutando la personalità del detenuto, li h a ridotti
all'ufficio di apl'Ì-porte >>. Qualcuno dei carcerati afferma persino che « negli
I stituti di prevenzione e pena si vorrebb e dare un ruolo di rieducatore agli
agenti ; ma guardando questi ragazzi, per lo più giovani in servizio di leva
o contadini senza istruzione adeguata, si riconosce che avrebbero essi stessi
bisogno di un educatore >>.
Bisogna riconoscere poi che « è evidente che un giovane chiamato alle
armi possa optare per l'agente di custodia attit·ato dall'entità d ella retribuzione
e non spinto dalla vo glia di investirsi della carica di rieducatore >>. E' evidente
che per risanare questa situazione ci vuole b en più che «mandare allo sbaraglio dei giovani inesperti », « in un ambiente che compol'la rischi, dove i diritti
e i doveri si scolllrano ogni attimo del giomo e della notte [ ... ], dove la corruzione, gli omicidi, i suicidi, la droga, la prostitu zione omosessuale sono a ll'ordine del giorno >>. << Ci vuole il coraggio di cambiare il criterio di scelta
delle p ersone e di attuare con a degu ata istruzione teorica e addestramento
pratico gli uomini destinati ad essere agenti >>.
Molta attenzione è posta s ulla figura degli educatori e degli assi
stenti sociali, che sono le vere nuove figure introdotte dalla Legge del
1975.
La presenza di questi nuovi operatori p rofessionis ti <<è indubbia·
mente un grande sintomo di democratizzazione dell'is tituzione carceraria, e posso dire di aver vissuto questa r eallà intensam ente, scopren do
la grande importanza del dialogo con un essere umano». E tutti si
aspettano da loro un effetto benefico, anche << se oggi molti sono abbastanza inesperti >> e in numero insufficiente.
Curiosa l'osservazione di U. T.: «Sono figure del tutto nuove queste per·
sone gentili, addirittura di sesso di verso, che entrano in sezione e si prestano a ragionare e a fare fa vol'i . Non è facile pensarli dipende nti dello stesso
potere che comanda agli a genti di custodia». E prosegue: «Ed effettivamente
sono p ortatori di "ambi val enza". La loro attività , qualche volta in dichiarata
opposizione al ruolo ufficiale, ma più sp esso attribuendo al poter e centrale una
volontà progressista, che le autorità carcera rie locali non hanno i mezzi o non
vogliono porre in atto, apre p ossibilità incon su ete per i detenuti, vie di comunicazion-e con l 'interno e coll l'esterno, problemi risolti e, p sicologicamente,
il benessere dì ascoltare una voce informata, di sentirsi meno isolati ».
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5. Osservazioni conclusive.
Pur ritenendo che le statistiche siano da prendere in considerazione con una certa cautela, il commento finale può essere affidato ad
una « valutazione del consensi e del dissensi ai vari contenuti della riforma », come rilevati da un carcerato su un campione di circa 1000
detenuti, fra i 20 e i 50 anni, di estrazione prevalentemente proletaria,
ospiti del IV e V raggio di S. Vittore ·( Milano) e degli Istituti di Porto
Azzurro e Trani. ·Ed ecco le risposte ad alcune domande.
- La larga maggioranza delle risposte considera valida la riforma
nel suo complesso. Quelli che dissentono, circa 1/3, esprimono i più svariati motivi: molti la rifiutano totalmente, perché irrealizzabile o per
motivi di principio.
- La maggioranza dissente dalla prassi dell'esame della personalità
perché ritiene ·c iò non sicuro e manchevole, essendo esso affidato a persone che sono ritenute esperte di diritto, ma non di umanità.
- Praticamente, tutti ritengono che sia impossibile attuare i contenuti della riforma a causa delle condizioni inadeguate di ambiente e
struttura del carcere. « La riforma carceraria è come una ruota di scor ta nuova a pplicata ad una macchina vecchia ed inefficiente».
Un altro giudizio conclusivo potrebbe venire dall'esam e di questa considerazione: « Una impressionante sequenza di uccisioni, ferimenti, evasioni, suicidi, sparatorie, violenze, scioperi, minacce, proteste » si verificano con grande
frequenza , come la stampa riporta. « La riforma non ha fatto diminuire i gesti
disperati, che continuano ancora con drammaticità a proiettare fuori dai tetri
edifici una realtà che i benpensanti vogliono ignorare ».
Ma i carcerati dicono davvero la verità? Le dichiarazioni del Guar·
dasigilli, alla fine dell'agosto scorso, sembrano proprio confermarlo:
<< Una analisi dello stato della giustizia che cerchi di essere esauriente
non può certo prescindere dalla situazione penitenziaria, anch'essa caratterizzata da una grave e profonda crisi. Carceri sovra ffollate da una
popolazione quanto mai eterogenea e prevalentemente costituita da giudicabili; strutture edilizie assolutamente inadeguate, oltre che dal punto
di vista della ricettività, anche sotto l'aspetto igienico-ambientale; condizioni di estremo disagio fisico e morale del personale penitenziario,
in particolare negli agenti di custodia, numericamente insufficien te e
scarsamente dotato sotto il profilo della professionalità. Questi sono
gli elementi di fondo che affliggono l'apparato carcerario e ne stanno
determinando il progressivo e sempre più drammatico degrado, rischiando di compromettere irreversibilmente e di t ravolgere la stessa
istituzione penitenziaria >>.
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