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leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it PER_AMORE_PROMO.indd 1 26/01/16 11:19 Lisa Ginzburg Per amore Marsilio PER_AMORE_PROMO.indd 4-5 26/01/16 11:19 PER AMORE © 2016 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia Prima edizione: marzo 2016 ISBN 978-88-317-2374-9 www.marsilioeditori.it PER_AMORE_PROMO.indd 6-7 26/01/16 11:19 ad Amparo PER_AMORE_PROMO.indd 8-9 26/01/16 11:19 Voci immaginarie e caramente amate di quelli che son morti, o di coloro per noi perduti come i morti. A volte ci parlano nei nostri sogni; a volte la mente li ascolta nel pensiero. E per un attimo con la loro eco, altri echi tornano dal primo poema delle nostre vite come musica che lontana svanisce nella notte. konstantinos kavafis, Φωνεεʹ ς In fondo, le nostre vite sono i nostri morti. jesmyn ward, PER_AMORE_PROMO.indd 10-11 Men We Reaped 26/01/16 11:19 Prologo Il dolore è fuoco, brucia. Il dolore è acqua, scivola. Il dolore non si ferma. Era un maestro, Ramos. Nei gesti e le parole del lavoro, per l’energia e l’intensità che sapeva dare alla vita: la sua, e quella di chi gli era vicino. Gioie, difficoltà, passioni, calcoli, bassezze: tutto dava l’impressione di dominare. Una prima volta lo aveva visto danzare in Inghilterra, a Birmingham. Si trovava lì sola (senza Agnès) per i sopralluoghi di un documentario commissionato da Tv 5 Monde. Ramos era sul palco del Teatro di cui era direttore John Barry. Con i suoi allievi, una ventina tra ragazzi e ragazze, coreografava gli Orixás. Il fuoco di Ogum e Iansã, la terra di Oxossi e Xangô, l’acqua di Oxum e Iemanjá, il vento e l’arcobaleno di Oxumaré. Architetture dei corpi: coreografie di pura bellezza, nelle quali ogni condizione dello spirito – dolore, allegria, collera, emozione – sembrava poter esistere insieme, e fluire. Le danze omaggiavano divinità dell’Africa rielaborate dalla cultura brasiliana. Figure del corpo a imbrigliare energie della natura, quelle stesse che in Brasile predominano sugli umani, li schiacciano con la loro forza. Lei pure quando avrebbe vissuto là se ne sarebbe sentita sovrastata. Ramos mai: lui nella sua terra, anche quando più gli even13 PER_AMORE_PROMO.indd 12-13 26/01/16 11:19 ti rotolavano eccessivi, incontrollati, sempre sapeva come muoversi. Proteggere, sé e tutti. La famiglia numerosa. Lei. Gli allievi, visitatori incauti nel maneggiare un mondo ad alta temperatura, sempre a rischio di infiammazione. Europei smarriti in quel tripudio di vita, trascinati dall’entusiasmo contagioso di Ramos. Il dolore è fuoco, brucia. Il dolore è acqua, scivola. Il dolore non si ferma. Le palpebre si chiudono pesanti, e sotto le palpebre, nel buio, un mondo intero. Dieci anni di immagini non cessano di scorrere. Nessuna voce basterà. Né proposito, né sfida. Dire per vivere. Poter comunicare: «È accaduto, è stato questo. Mio marito è morto ammazzato, nel nostro letto, perché...» Dare parole a qualcosa di così atroce da enunciare. Non trova il modo, lei. Solo ogni tanto ha l’impressione di sì, ma è giusto un momento. Tacere unicamente avrebbe curato – a lungo ha sentito così. Offesa e perdono, ferita e pietà: quale voce mai a contenere lo sgomento, medicare lo sconquasso del dolore? Soltanto il silenzio agisce. Vi risuona un’eco che tuttavia lei non avverte subito. Soltanto due mesi dopo il fatto, per l’esattezza. «Se saprai, quando saprai, sarà come lui morisse due volte» le ha predetto Virginia, sua sorella. Alba d’estate, in Italia – nella grande casa di campagna nel sud, lì dove si è svolta l’incantata infanzia di Virginia e sua. Dalle fessure delle persiane filtra la luce già calda del primo sole. Risveglio ansioso, come tutti gli ultimi sessanta. Il primo gesto (meccanico, sempre lo stesso) è consultare la posta sull’iPhone. L’e-mail arriva dal Brasile, in allegato lo scanner di un trafiletto di giornale che lei scorre velocissima. Trenta righe riportano i fatti: una storia come in cronaca nera può accadere di leggerne. È come le aveva predetto sua sorella. Per lei, Ramos in quell’alba muore una seconda volta. Prima parte 14 PER_AMORE_PROMO.indd 14-15 26/01/16 11:19 Segni, 1 La trasformazione fisica che era avvenuta in Ramos nel corso degli ultimi due anni, dopo la sua morte lei la vede con chiarezza nelle foto. Il dolore snebbia, non ammette miopie. Ora riesce a osservare con distacco. Del resto le viene naturale: la fatica è casomai vincere lo sconcerto e un’istintiva repulsione, davanti a quei ritratti. Il viso di lui imbolsito, lo sguardo sfuggente – vi fluttua un segreto che lo assorbe e lo inquieta. Davvero è quell’uomo, il suo grande amore? Da quegli stessi occhi, duri, spersi, lei per anni si è sentita guardata nel profondo, spogliata, compresa, presa? Era ingrassato negli ultimi tempi. Lei si preoccupava: il gonfiore dello stomaco di lui comunicava qualcosa di insano. Prima che coreografo, Ramos era stato danzatore. La sua arte, tutto il suo lavoro disponevano del corpo, per esprimersi. Aumentare di peso non era effetto di semplice trascuratezza. Piuttosto, segno esteriore di un cambiamento più profondo, un disagio trattenuto e che premeva, si ingolfava pur di non esplodere. Come può accadere? Che si sbiadisca il fascino magnetico di qualcuno che sempre, a tutti, ha dato l’impressione di vivere in grande armonia con se stesso? Come dal di dentro un tarlo può incominciare a rodere una vita? Cosa accade 17 PER_AMORE_PROMO.indd 16-17 26/01/16 11:19 perché una persona si celi, vada a rimpiattarsi tra le pieghe di un grumo segreto, lì da dove potrà nascondere i propri tormenti; e da quel punto, fuggendo ogni sguardo, sprofondi in un buio. Avvisaglie. Una notte d’inverno, in un taxi che dall’aeroporto li conduce a Parigi. Si sono appena ritrovati, dopo due lunghi mesi trascorsi lontani. Tra i baci, e un’emozione che poco sa contenere, lei si accorge di quanto Ramos appaia ringiovanito. I capelli tinti di un nero troppo intenso, le trecce rasta inanellate in modo perfetto, la pelle scurissima più che mai liscia, setosa; l’aria malandrina (non più gli occhi arrossati dalla fatica delle troppe rotte aeree, quella profondità fatta di esperienza di cui dieci anni prima s’era innamorata). Che succede? – per un attimo la domanda le balena nella mente. L’intuito tutto ha compreso, veduto. Dirsi quanto quel giovanilismo di lui la insospettisca, e non le piaccia, lei tuttavia non può. Non ne ha il coraggio. La minaccia è già lì, in mezzo a loro. Lei ostinata guarda avanti, la tangenziale che li trasborda verso le mille luci della città. È arrivato finalmente, Ramos: è con lei. Bando ai pensieri. Il filo di una perfetta sintonia immaginaria da tempo li lega, tesse la sua tela rassicurante e inconsistente – l’ordito del loro amore a distanza. Quattordici anni di andirivieni con l’Europa sono tanti. Ramos si è stancato. È tornato a vivere in Brasile. Si è ricongiunto alle sue radici che tanto gli mancavano. Nello sceglierle, di fatto ha divorziato da lei. L’argomento (ricattatorio) è sempre lo stesso: «Se mi ami vieni qui, a vivere con me. Preferisci rimanere in Europa? Fallo pure, da sola però: io posso venire ogni tanto, trattenermi per dei periodi. Starci sempre no, è escluso. Basta! già ci ho vissuto abbastanza.» L’Europa è stata per Ramos fonte di delusione, ora anche di esasperazione. «Non mi ha dato niente. Niente. E io che volevo costruire, qui...» L’Europa, è vero, è peggiora18 PER_AMORE_PROMO.indd 18-19 ta. Sempre più in crisi, e chiusa, razzista. Quando va a prenderlo negli aeroporti e sta ad aspettarlo nelle hall degli arrivi, molte volte è in apprensione per lui. Teme che lo controllino, che qualcosa possa essergli spiacevole, ostile. Anni prima, all’aeroporto di Heathrow, Ramos è stato perquisito da capo a piedi, spogliato nudo, interrogato per più di un’ora. Sospettavano avesse droga nella bottiglietta di uno shampoo. Era avversione invece: verso la sua pelle nera, i capelli rasta. Rabbia di fronte alla sua bellezza, eleganza, imperturbabilità. In seguito a quella perquisizione inaudita, silenzioso il risentimento in Ramos ha incominciato a crescere. A lievitare, tanto quanto in lei il desiderio di proteggere lui. Difenderlo dall’ignoranza del mondo, prevenendone i possibili colpi. Che amarsi troppo spesso da lontano avrebbe nel tempo costituito una minaccia per la loro relazione, prima lei se lo sentiva dire dagli altri. Adesso lo capisce da sola (quello sì, è capace di vederlo con chiarezza). Ai commentari degli estranei replica sicura, abile ogni volta a consolarsi, ricondurre il dispiacere alla salda ancora dell’illusione. Pillole di romantica saggezza: «Se sono solidi, sinceri» – replica assertoria ai noiosi ficcanaso – «i sentimenti resistono a qualsiasi genere di ostacolo, lontananza compresa.» Si appiglia ai proverbi ascoltati nell’infanzia, quelli che sua nonna ripeteva a lei e Virginia quando andavano a farle visita, a Bitonto. «Non: Lontano dagli occhi, lontano dal cuore» argomenta, «piuttosto: La lontananza è come il vento, spegne i fuochi piccoli e accende quelli grandi.» Donna dal cuore antico, lei. Tuttavia moderna, e con se stessa onesta abbastanza, da sapere che un amore lontano le si addice. Lascia spazio per godere di una solitudine alla quale è ormai abituata. Agio di nutrire con la forza dei pensieri il graduale approfondirsi dei sentimenti: respiro di coltivarli nella distanza. Nei primi tempi dopo il loro incontro, con l’aiuto di un dizionario tascabile, compone versi in una lingua semi- 19 26/01/16 11:19 inventata. È emozionata quando preme sul computer il tasto “invio” per mandarli a Ramos: Você sente quando meu passo dança na rua O amor pela vida é desejo de você A liberdade do caminho é respeito do tuo As mil lembranças dessa cidade se misturam Com a felicidade da tua terra spaciosa? Eu não sei si você tem tempo e paciencia para sentir, Mais si tem, sente. piccoli denti aguzzi che intanto le serrano il polpaccio. L’ha morsa un cane randagio. La ferita non è larga ma profonda, schizzi di sangue le macchiano l’abito bianco. Di andare in ospedale per il richiamo dell’antitetanica neppure le viene in mente, sbilanciata com’è sulla vita di Ramos. Passano molti mesi prima che la lesione si rimargini – lasciando sulla pelle la traccia chiara di una cicatrice che rimarrà indelebile, severo monito a non dimenticarsi di sé. Il cane nell’iconografia yoruba è strumento di Omolú, il guaritore. Quel cane s’era portato via ogni veleno, lei aveva pensato. O invece: lo aveva iniettato in lei. Ramos anche lui in quella dimensione di continua lontananza sembra a suo agio. Legarsi a lei è per lui un cambiamento radicale – possibilità di lasciarsi alle spalle anni stancanti e ambigui, il cui fardello gli pesa. Sceglierla però non può fino in fondo. È più forte di lui. Tutto, è più forte di lui. Un mese prima della fine, la chiama svegliandola in mezzo alla notte. «Io ti amo» dice: e subito riaggancia. C’è un’eco triste nella grana della voce (era chissà, una richiesta d’aiuto – lei ricorda di averlo pensato confusamente prima di cercare, e subito ritrovare, il sonno). Quante volte è successo, nel corso degli anni, che le telefoni a ore impossibili, ansioso, un po’ farneticante. Un’agitazione dovuta alle troppe rotte transcontinentali che il lavoro gli impone. Lasciare il Brasile lo rattrista, e quando si avvicina il momento di ripartire viene preso da un isterismo, come una febbre. In concomitanza di una di quelle partenze, una notte persino piange. In piedi, il viso nascosto nel braccio piegato, contro un muro sul retro del locale dove sino a quel momento sono stati a bere in compagnia di conoscenti – la notte tropicale che calda, odorosa avvolge tutto. Lei dietro, a consolarlo, lunghe carezze sulla schiena, parole sussurrate. Lo vede in lacrime per la prima volta (una seconda sarà al funerale del fratello Jailson: altrimenti mai). Impegnata a dargli conforto, non s’accorge di 20 PER_AMORE_PROMO.indd 20-21 21 26/01/16 11:19 Piscina Immersa nel buio della notte, una piscina. Spicchio di luna nuova (capovolto, come è ai tropici) in mezzo al cielo. Palme, nell’oscurità; intorno, alti alberi di mango. Sul prato che è all’ingresso della residenza, un arbusto di acerola affiancato da due piante di cajù – dei frutti, gialli e asprigni, lei adora i noccioli che essiccati e salati sono venduti dai ragazzini nei vicoli del centro storico o in riva al mare. La chácara (residenza) è grande: un salone, quattro bagni, tre stanze affacciate su un lungo corridoio, un’altra camera più piccola dietro la cucina. A bordo piscina un loggiato con un lungo tavolo, e un angolo bar provvisto di bancone. Due stanzette maiolicate adibite per quella che è stata una sauna. Una veranda sorretta da piloni in cemento in uno dei quali, incastonato, c’è il vano cottura per grigliare carne e pesce. Prati: uno all’ingresso, che funziona da parcheggio, un secondo adibito a campo di calcio, un terzo più incolto, dominato da un gigantesco banano che costeggia il muro di cinta. C’è tutto, di un sogno. Quell’enorme casa è loro, hanno potuto comprarla grazie a un’eredità che a lei spettava e ha chiesto in anticipo a sua madre – subito d’accordo, considerata l’occasione unica (costata poco, la favolosa chácara). Per arredarla hanno il futuro. Ancora increduli si aggirano 23 PER_AMORE_PROMO.indd 22-23 26/01/16 11:19 tra le stanze e il giardino, di continuo fermandosi a baciarsi. Gioia euforica, che prestissimo si offusca. Altro che immobile: quel bene si muove, smuove. Fa tremare fondamenta che né lei né Ramos credevano tanto fragili e invece, ecco: basta la chácara e (quasi) tutto salta. Per lei, educata secondo il principio che il denaro e quanto esso può dare altro non sono che un mezzo, da non enfatizzare né di cui abusare mai, il nuovo possesso è felicità relativa. Dono di una bella forma da riempire – imperativa responsabilità – del miglior contenuto. Per Ramos è diverso: ritrovarsi proprietario di una chácara (residenza medio-ricca e prestigiosa, secondo gli standard brasiliani) segna un salto sociale smisurato. Nuovo assetto molto più che esteriore: inedita condizione di vita che lo esalta e lo spaventa insieme. Godere del lusso di quella casa significa per lui confrontarsi con il proprio materialismo – un attaccamento alle “cose” in totale contraddizione con altri suoi valori. Tra l’altro, il nervosismo di Ramos nasconde l’amarezza che quel dissidio interiore gli procura. Molti i litigi, nei mesi che seguono l’acquisto della chácara. Conflitti pieni di passione, poi placati da riconciliazioni ardenti. Scontri che lei dentro sé fa capriole per considerare beneauguranti, sebbene tanto faticosi da gestire. Quella crisi li farà evolvere verso nuove e più profonde intese, si ripete. Il pensiero di avere commesso un grave errore comprando la chácara la sfiora, a tratti. Ma è il tempo della costruzione dell’amore. La vita guarda al futuro, lei guarda oltre. Paladina dell’incanto: volutamente sorda a quanto chiaro le parlino, certe percezioni. Sul bordo della piscina inscenano una sfilata di moda. Le modelle sono le nipotine di Ramos, sei ragazzine preadolescenti, tutte tra gli otto e i dodici anni. Come vere indossatrici, avanzano ancheggiando lungo i lati della vasca rettangolare maiolicata; Ramos coreografa le loro “entrate” e “uscite”. Lei con una piccola telecamera filma. La notte è calda, i vestiti frusciano con rumore. Sono tagli di tessuti dozzinali di un oro plastificato, cangiante; lo stesso però abiti sontuosi agli occhi delle ragazzine – l’eco delle loro risate felici tintinna sulla superficie dell’acqua scura. Una notte bellissima. L’amore con Ramos è sì una strada in salita, irta di ostacoli: ma così larga, e chiara – indubitabile, lei pensa. E loro, complici. Adora quando accade. Come adesso, mentre ridono, allegri della stessa gioia che stanno regalando alle ragazzine. Condividere quel genere di intimità con Ramos è un privilegio. Poter conoscere un aspetto della sua vita tanto diverso dall’immagine mostrata al mondo sebbene l’autenticità e umanità di quest’altro lato siano la vera linfa, lei lo ha capito, della figura pubblica di Ramos. Perché molto del suo carisma attinge forza dalle situazioni più “reali” che il Brasile gli permette di vivere. È lui il primo a riconoscerlo: a sapere quanto la sua energia vitale (il suo Axé) sia figlia del tempo passato insieme a bambini, ragazzini, alla gente umile di Pedra Forte, il suo bairro. Quando non viaggia in Europa, e torna a casa, è in quei mondi che Ramos corre a rifugiarsi. Per matar a saudade (ammazzare la nostalgia), trascorre i giorni e le notti a bere, chiacchierare, ridere con tutti. Vagabonda in macchina per la città con vecchie conoscenze e compagni d’occasione. Non dorme, non mangia quasi. Ama quei ritmi di un amore forsennato, senza filtri. «Questa, questa e nessun’altra è la vera vita» le dice in una notte d’estate, le luci delle case di Pedra Forte che li circondano tutt’intorno come si trovassero nel mezzo di un presepe. Se usasse una forma di ascolto più attenta, sottile abbastanza da farle considerare le cose con la lucidità che l’innamoramento le sottrae, già allora lei saprebbe. Quanta “vera” vita li separa – compresa quella che lo farà morire. A fatica lasciato fuori quel mondo di cui Ramos tanto era affamato, e che a sua volta vorace lo reclamava per sé, la loro unione trovava finalmente modo di esistere, forte 24 25 PER_AMORE_PROMO.indd 24-25 26/01/16 11:19 di complicità che alle loro nature affini non era troppo difficile, ogni volta, ristabilire. Una primavera in Italia, a Padova: Ramos deve tenere un seminario e lei lo ha seguito, per fargli da interprete e trascorrere tutto il tempo (strappato) possibile insieme a lui. Organizzato da un importante centro di medicina psichiatrica alternativa, il workshop è destinato a ragazzi handicappati. Sfida professionale che Ramos affronta per la prima volta, dunque molto teso. Le cose invece vanno subito bene. Grazie al suo entusiasmo, alla simpatia travolgente, basta un’ora di lavoro e già ha vinto la diffidenza e i timori dei ragazzi cerebrolesi – se li è fatti amici. Seduta in terra in un angolo della grande palestra, quando non è impegnata a tradurre lei osserva: i ragazzi prodursi in grida stridule, espressione di divertimento tanto quanto dell’impotenza che li blocca nello sforzo di seguire i movimenti liberi delle danze di Ramos. Paziente lui resta ad aspettarli, dietro il tono scherzoso invece attento a notare ogni dettaglio, la tenuta del gruppo, gli sforzi di ciascuno. Il laboratorio prosegue per tre giorni: quattr’ore ogni mattina, così dense che il resto del tempo è occupato dal recuperare energie per il giorno successivo. Terminato il seminario, durante il viaggio verso Milano stanno in silenzio, stravolti dall’emozione per quel che hanno appena finito di vivere. Varcato l’ingresso dell’Ibis Hotel di fronte all’aeroporto di Orio al Serio (ripartiranno la mattina dopo, lei per Parigi, lui per il Brasile), corrono a chiudersi in camera. La luce della lunga sera estiva è ancora chiara quando vestiti, digiuni, esausti, nelle orecchie l’eco delle grida dei ragazzi handicappati, si addormentano. Uniti da un’esperienza che supera per intensità qualsiasi altra vissuta insieme, prima e dopo allora. palma e plana poco più in là, su un mango. Il salone ha cinque finestre e due portefinestre: la luce del mattino entra a profusione, si posa sui mobili, v’irradia il riflesso dell’acqua della piscina come potrebbe un prisma di caleidoscopio. Tutto è prospero; un’abbondanza da cui lei si sente colmata, stordita quasi. Pensa alla sua casetta sulla rue Durantin, a Parigi; alla routine frenetica anche se priva di veri sussulti delle sue giornate. Ritmi di vita che da lontano le risultano monotoni, anche assurdi, ma dei quali ha nostalgia – gliene mancano il rigore, il contenimento. Vicino alla chácara, a un chilometro nemmeno, c’è il mare. È l’oceano: non caldo, mai completamente amico, lambisce con onde lunghe e irregolari la costa punteggiata di palme e barracas de praia (i bar sulla spiaggia dove si fa sosta per bere e spilluzzicare piattini di frutti di mare). Migliaia di miglia lontano, l’Africa. Basta puntare lo sguardo per pochi minuti verso quella linea d’orizzonte, e già i polmoni sono dilatati, i pensieri più spaziosi. Mattine che hanno sapore di paradiso – vi si annida l’inganno, la malia di un paradiso. Quanto aveva creduto, lei, a quell’incanto. Come tutto per un tempo le era parso meraviglioso, possibile. Aveva amato la luce accecante del cielo d’estate, l’allegria della gente, l’Axé di ogni situazione. I piccoli supermercati impregnati dei profumi della frutta mescolati all’odore forte della carne. E l’inspiegabile sensazione di familiarità che l’afferrava: come la sua terra fosse sempre stata quella, diecimila chilometri lontano dall’Europa – dall’Italia, suo paese d’origine, dalla Francia, paese dove aveva scelto di vivere. Sentirsi a casa invece in quella luce d’oro, la vita che intorno esplode fragorosa – dominata dalla natura tanto da perdervisi, come e sino a che punto lei ancora non può sapere. Buganvillea di un rosa fucsia esaltato dalla luce del sole tropicale. Sugli alberi, uccellini cantano. Hanno becchi lunghi e piume gialle, blu, verdissime. Uno si stacca da una 26 PER_AMORE_PROMO.indd 26-27 27 26/01/16 11:19 Indice Prologo 15Prima parte 17 Segni, 1 23Piscina 29Sbronze 35 Rue de Dunkerque 41Jailson 49Helena 59Partire 67 Pedra Forte 79 Jules Joffrin 83 Loro, 1 89Jereré 95Promesse 101Seconda parte 103Viaggi 109Liberarsi 113Costumi 117Desdemona 209 PER_AMORE_PROMO.indd 208-209 26/01/16 11:19 121 Loro, 2 125Lempana 135Pesci 139 Loro, 3 143Bivi 147 São Damião 155 Gare du Nord 161Neve 167 Segni, 2 171 Sabato, notte 181L’alba 189 Diecimila chilometri 193Tua boca, rosa agreste 197Poi Ringraziamenti 210 PER_AMORE_PROMO.indd 210-211 26/01/16 11:19