Gennaio – Febbraio - GERIATRIA – Rivista
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Gennaio – Febbraio - GERIATRIA – Rivista
GERIATRIA RIVISTA BIMESTRALE - ANNO XXV n. 1 Gennaio/Febbraio 2013 – Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI GERIATRIA OSPEDALE E TERRITORIO (S.I.G.O.T.) DIRETTORE LUIGI DI CIOCCIO DIRETTORE ESECUTIVO PIERLUIGI DAL SANTO REDATTORE CAPO MASSIMO MARCI COMITATO DI REDAZIONE Paolo Chioatto Antonio De Giovanni Vincenzo Fiore Gianfranco Fonte Andrea Galanti Matteo Grezzana (Vicenza) (Pavia) (Tivoli) (Torino) (Tivoli) (Verona) Rosa Maria Mereu Salvatore Raffa Barbara Rosso Domenico Sabatini Rosanna Termini (Cagliari) (Roma) (Torino) (S. Benedetto del T.) (Palermo) Enzo Laguzzi Antonio Nieddu Michele Pagano Lorenzo Palleschi Massimo Palleschi Demetrio Postacchini Manuela Rebellato Bernardo Salani Stefano Maria Zuccaro (Alessandria) (Sassari) (Palermo) (Roma) (Roma) (Fermo) (Torino) (Firenze) (Roma) COMITATO SCIENTIFICO Gianfranco Conati Silvio Costantini Carlo D’Angelo Francesco De Filippi Alberto Ferrari Filippo Luca Fimognari Massimo Fini Fabrizio Franchi Luigi Giuseppe Grezzana Biagio Antonio Ierardi (Belluno) (Rimini) (Pescara) (Sondrio) (Reggio Emilia) (Cosenza) (Roma) (Piacenza (Verona) (Potenza) Direttore Responsabile ANTONIO PRIMAVERA Segreteria Scientifica Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 Editore C.E.S.I. - Via Cremona, 19 00161 Roma - Tel. 06.44.290.783 www.cesiedizioni.com E.mail: [email protected] Ufficio amministrativo e Pubblicità Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 - Fax 06.44.241.598 C.E.S.I. Fotocomposizione Stampa Progetto di copertina: Gaia Zuccaro Litografica IRIDE - Via della Bufalotta, 224 Roma • Finito di stampare per conto della C.E.S.I. nel mese di Giugno 2013. Condizioni di abbonamento per il 2013: E 30,00 (Enti: E 5 2 , 0 0 ) da versare sul C/C N. 52202009 intestato a CESI - Estero E 70 • Un fascicolo singolo: E 20,00 - Estero E 40. Arretrato: E 25,00 • L'abbonamento non disdetto prima del 31 dicembre si intende rinnovato • Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 201/89 del 18/04/1989. ISSN: 1122-5807 Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio - S.I.G.O.T. Convegno Interregionale Marche, Lazio, Abruzzo e Molise L’ECCELLENZA SANITARIA NEL PASSATO E NEL FUTURO... COME CAMBIERÀ L’ASSISTENZA... Fermo 27-28 Settembre 2013 Centro Congressi San Martino - Palazzo dei Priori Segreteria Organizzativa CONGRESS LINE Via Cremona, 19 – 00161 Roma Tel. 06.44.24.13.43 • 06.44.29.07.83 - Fax 06.44.24.15.98 E.mail: [email protected] www.congressline.net 3 Geriatria 2012 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio SOMMARIO Ai lettori – Palleschi M. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Editoriale: Antignani P.L. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 La gestione del diabete tipo 2 con ipoglicemizzanti orali nel paziente anziano fragile in ospedale e nel territorio Pellegrinottio M., Vaccari V., Pastorelli R. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Dimissioni difficili in pazienti con complessità assistenziali: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . nostra esperienza Castagna A., Russo G., Gareri P., Lacava R., Condita A.M., Ruotolo G., . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Stupor ricorrente idiopatico clinico in un soggetto anziano Attinà A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Disturbi psico-comportamentali e prescrizione di psicofarmaci in pazienti in cura presso l’unità valutativa alzheimer degli istituti clinici zucchi di carate brianza De Giovanni A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Un percorso diagnostico terapeutico per la gestione dei versame pleurici infettivi nell’adulto proposto nell’azienda ospedaliera di cosenza Fimognari A.l. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 Una Strana Anemia Zocca N. Zordan L, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 RUBRICHE Vita agli anni Sabatini D. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 Calendario Congressi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 S an C a r l o azienda sanitaria matera Azienda Ospedaliera Regionale Luci ed ombre in diagnosi e terapia nel crepuscolo degli anni SOCIETÀ ITALIANA DI GERIATRIA OSPEDALE E TERRITORIO XXVI SEMINARIO NAZIONALE MATERA 10 - 12 Ottobre 2013 10 Ottobre - Palazzo Lanfranchi 11 Ottobre - Auditorium Ospedale Madonna delle Grazie 12 Ottobre - Istituenda R.S.A. - Bernalda SEGRETERIA ORGANIZZATIVA CONGRESS LINE Via Cremona, 19 – 00161 Roma Tel. 06.44.290.783 – 06.44.241.343 - Fax 06.44.241.598 E.mail: [email protected] - w w w.congressline.net 5 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio AI LETTORI Il passaggio dalla Geriatria alla Medicina rappresenta una decisione fallimentare? Prof. Massimo Palleschi Le generalizzazioni sono quasi sempre riprovevoli o meglio meritano precisazioni e limitazioni a seconda delle numerose possibili circostanze nelle quali si verifica un determinato evento. Se non fosse per questa riserva che impone un po’ di cautela, la risposta al quesito iniziale è senz’altro affermativa. La Geriatria è una stupenda disciplina con enormi potenzialità che mai meriterebbe un abbandono di campo, nonostante le tante difficoltà e resistenze alle quali va incontro. Si potrebbe obiettare che anche chi aveva un forte interesse per la Geriatria, è rimasto oppresso e demotivato da una serie impressionante di condizioni sfavorevoli non sempre prevedibili: scarsa considerazione rispetto ad altre discipline ritenute più prestigiose, pericolo di ridimensionamenti strutturali (vedi riduzione o soppressione di reparti ospedalieri di Geriatria), lotta accanita da parte della Medicina Interna che limitata dallo sviluppo “prepotente” delle discipline specialistiche, dimostra una propensione opportunistica mai ravvisata prima per la cura e l’assistenza agli anziani, scarse possibilità di rilevanti remunerazioni economiche, l’attribuzione ai Geriatri di competenze (quando ammesse) quasi esclusivamente per i problemi dei malati lungodegenti. L’opinione che i Geriatri si debbano occupare solo dei pazienti anziani cronici è fuorviante e costituisce un serio ostacolo allo sviluppo della Geriatria. Per rendersi conto della diversa realtà esistente basterebbe considerare l’elevatissima percentuale di anziani nei soggetti con codice rosso afferenti ai Pronto Soccorso dell’intero territorio del nostro Paese. Non solo, è sempre più evidente l’importanza di una gestione geriatrica di alcuni eventi acuti per prevenire le conseguenti disabilità future. Il disconoscimento del ruolo del Geriatra, non solo nei settori appena accennati, può essere molto mal sopportato dai cultori ed operatori della nostra disciplina. La Geriatria si trova inoltre ad affrontare un grave problema di identità, nel senso che è molto difficile per i non esperti e per i pseudocultori della Geriatria comprendere e riconoscere l’essenza della nostra disciplina, recependo da una parte le forti affinità culturali ed operative che ci legano alla disciplina Madre che è la Medicina Interna, ma dall’altra parte individuando e “vivendo” tutte le differenze che non solo ci distinguono ma per certi versi ci oppongono ferocemente alla Medicina tradizionale, cioè alla Medicina Interna. Chi non sente appieno questi problemi non entrerà mai nel vivo della Geriatria, come pure non comprenderà le differenze tra Geriatria accademica, universitaria e quella ospedaliera, la prima con differenziazioni molto meno spiccate rispetto alla Medicina Interna, e quindi con dipendenze da essa molto più tenaci. Vi può essere qualche dubbio in proposito? Si provi a chiedere ad un Internista o anche ad un Geriatra poco convinto le ragioni per le quali si realizzano così numerosi quadri di sfacelo psicofisico, si chieda ad esempio come si arriva ai quadri devastanti dei pazienti con piaghe da decubito, numerose estese, profonde. Ci si sentirà rispondere che la responsabilità è di numerose patologie cronico-degenerative insieme agli effetti nocivi di disfunzioni assistenziali soprattutto di carattere infermieristico. L’analisi del Geriatra impegnato è totalmente diversa. 6 Geriatria 2013Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio La responsabilità principale è dovuta all’incompetenza e al disimpegno del Medico che non ha individuato precocemente (ma ogni momento è buono per iniziare!) tutti i fattori in grado di incidere negativamente sull’autonomia del malato anziano, non ha elaborato un piano per rimuovere detti fattori e soprattutto non è stato capace di realizzarlo. Questo tipo di analisi ci differenzia profondamente dalla Medicina Interna, ma anche dalla Fisiatria. Il Geriatra che recepisce bene questi problemi e li vive intensamente, quasi sempre si sente gratificato dalla consapevolezza di partecipare ad un progetto ambizioso proprio della Geriatria, quello di evitare drammatici quadri di dipendenza dovuti, oltreché alla presenza di malattie cronicodegenerative disabilitanti, ad un’impostazione clinico-assistenziale del tutto inadeguata per i malati anziani fragili. Per questi motivi il Geriatra convinto ed impegnato, nonostante l’azione perniciosa di quanti direttamente od indirettamente rendono difficoltosa la sua attività, non coltiva nella sua mente propositi di passaggio dalla Geriatria ad altre discipline. Chi invece prende questa sciagurata decisione, oltre a dimostrare che non è stato mai un vero Geriatra, avrà la disgrazia di essere considerato e di considerarsi un medico internista di serie b, quello oltretutto riciclato, proveniente dalla Geriatria. Carissimi che ne pensate dei miei “spropositi geriatrici”? Cercate di non farmi venire in mente l’espressione “Da sé se la suona e da sé se la canta”. Sarebbe così stimolante un bel contraddittorio a più voci. Mi raccomando. Ci conto! Con i saluti più affettuosi. 7 IL TROMBOEMBOLISMO VENOSO NELL’ANZIANO Antignani P.L. Docente di Angiologia e Flebologia, Università Degli Studi “ Sapienza Università”, Roma Presidente Società Italiana di Diagnostica vascolare È noto che l’incidenza della patologia tromboembolica venosa aumenta con l’età. L’aumento del rischio nel paziente anziano si correla con l’aumento dell’incidenza nell’età avanzata di condizioni predisponenti come soprappeso o obesità, ipertensione, dislipidemia, diabete. Si verificano inoltre cambiamenti del bilancio emostatico in senso pro-trombotico (aumento del fibrinogeno plasmatico, Fattore VII, Fattore VIII, fibrinopeptide A, PAI-1, aumentata attivazione piastrinica, modificazioni della funzionalità piastrinica legate a cambiamenti della composizione lipidica delle membrane e a concomitanti patologie epatiche). Inoltre condizioni di stasi, frequenti nell’anziano come l’allettamento e la difficoltosa o alterata deambulazione, favoriscono ulteriormente il rischio tromboembolico. D’altra parte una ipertensione severa, malattie psichiatriche gravi, traumi da cadute, la demenza senile, una storia di ictus, espongono il paziente anziano ad un incremento della probabilità di sviluppare eventi cerebrali emorragici. A ciò va aggiunta la presenza nell’età avanzata di lesioni degenerative dei vasi cerebrali oltre che di ipersensibilità a farmaci come gli anticoagulanti. Il tromboembolismo venoso, termine con il quale ci si riferisce ad una singola ed univoca patologia che ha come espressione clinica la trombosi venosa degli arti inferiori complicata o meno da embolia polmonare, rappresenta la più comune patologia cardiovascolare dopo l’infarto del miocardio e l’ictus ischemico cerebrale. L ’incidenza annuale nella popolazione in età avanzata è di 2 o 3 volte più alta che nella popolazione generale. La patogenesi del tromboembolismo è multifattoriale, e coinvolge sia fattori ereditari che acquisiti come la chirurgia, i traumi, la gravidanza e il puerperio, l’uso di contraccettivi orali, le neoplasie, la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, l’infarto del miocardio, lo scompenso cardiaco congestizio e l’ictus ischemico acuto con paralisi degli arti inferiori. Ovviamente nel soggetto anziano sono molto più frequenti gli episodi tromboembolici secondari a cause note, essendo di fatto limitato lo spettro delle trombosi da fattori congeniti che compaiono come primum movens più frequentemente in età più giovanile. Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Pier Luigi Antignani Docente di Angiologia e Flebologia Presidente Società Italiana di Diagnostica vascolare Vice Presidente International Union of Angiology [email protected] Ma la ricerca di tali deficit coagulativi congeniti va comunque eseguita poiché la presenza contemporanea di più fattori predisponenti amplifica notevolmente il rischio. Da non dimenticare poi la presenza nell’anamnesi di precedenti episodi tromboembolici, condizione anch’essa molto importante nella valutazione del rischio individuale soprattutto nei casi di intervento chirurgico. Vi è poi da considerare la paucisintomaticità del quadro clinico soprattutto in caso di embolia polmonare non massiva. In questi casi spesso il paziente anziano è già portatore di patologie polmonari croniche (asma bronchiale, enfisema, broncopneumopatia cronica ostruttiva, ipertensione polmonare secondaria a patologie cardiache). La presenza di un episodio di embolia polmonare può essere scambiata per una riacutizzazione della patologia cronica di base. Anche la trombosi degli arti inferiori a volte è meno evidente clinicamente per l’ipotonia muscolare o la scarsa mobilizzazione e il primo sintomo che compare è proprio la complicanza embolica polmonare. L’embolia polmonare rimane ancora oggi negli anziani la causa di morte meno sospettata dai clinici. Il 40% dei casi di embolia polmonare in pazienti anziani riscontrati al tavolo autoptico non è stato infatti diagnosticato ante mortem. Sintomatologia e obiettività clinica, esami strumentali di primo e secondo livello ed esami di laboratorio possono risentire della fre q u e n t e comorbilità e il range di possibilità diagnostiche nell’anziano si amplia notevolmente essendo molto frequenti patologie da mettere in diagnosi differenziale con l’embolia polmonare. La clinica è quindi utile nel 30 dei casi e gli esami di laboratorio ancora meno. Il dosaggio del D-dimero infatti nel paziente anziano risulta di scarsa utilità. Spesso il valore è aumentato per la presenza di concomitanti patologie e quindi diventa poco attendibile. A volte la percentuale di pazienti con bassi valori di D-dimero, criterio che permetterebbe di escludere la diagnosi, si riduce progressivamente con l’incrementare dell’età, tanto che è stimato che meno del 20-25% dei pazienti anziani ultrasettantacinquenni con sospetta EP abbia valori di D-dimero alti. Per quanto esposto, è necessario ipotizzare il rischio di un episodio tromboembolico in tutti i casi in cui vi sia un fattore di rischio predisponente come un semplice allettamento prolungato e attuare tutte le misure profilattiche del caso dalla mobilizzazione attiva e passiva fino alla profilassi 8 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio farmacologia con eparina a basso peso molecolare per via sottocutanea. È la sensibilità del clinico che deve indirizzare verso un sospetto di tromboembolismo da avvalorare con la diagnostica strumentale di supporto come l’eco color Doppler venoso o una angio-RM dei vasi polmonari e periferici (soprattutto nei casi in cui si ipotizzi un focolaio trombotico addominale). Va inoltre considerata l’alta frequenza di patologia oncologica nell’età avanzata, condizione ad altissimo rischio di tromboembolismo che deve indurre ad un immediato e prolungato trattamento profilattico. COME COMPORTARCI QUINDI NELL’ANZIANO? Vi sono quindi diverse condizioni da considerare. Il paziente anziano che non ha mai avuto un episodio tromboembolico e il soggetto con storia di tromboembolismo che si trovano in una condizione di aumentato rischio per una condizione intercorrente (intervento chirurgico, allettamento prolungato, comparsa di neoplasia) associata o meno a comorbilità. In entrambi i casi va attuata una corretta profilassi con eparina a basso peso molecolare secondo gli attuali schemi ormai consolidati. Si ricorda che nelle condizioni di alto rischio l’uso delle dosi di eparina personalizzate secondo il peso corporeo è obbligatorio. E si vuole annullare il rischio tromboembolico. Ovviamente vanno considerate tutte le condizioni in cui sia presente una controindicazione relativa o assoluta al trattamento anticoagulante e in questi casi vanno attuate altre metodiche preventive come la contenzione elastica, la compressione pneumatica intermittente e l’apposizione di un filtro cavale temporaneo ma solo in casi selezionati e ad altissimo rischio di vita. Va infine considerato il paziente anziano con quadro clinico di tromboembolismo. Si ribadisce che avere o meno una embolia polmonare non cambia l’atteggiamento terapeutico del processo trombotico venoso. È ovvio se il quadro polmonare risulta grave con ipertensione polmonare e dispnea dovrà essere attuato un trattamento fibrinolitico endovascolare che, iniziato in tempi rapidi risolve in una alta percentuale di casi il quadro ostruttivo polmonare con ottima ripresa del respiro e dei parametri vitali. Il trattamento anticoagulante a dosi corrette è il cardine terapeutico. Esso può essere attuato con eparina a dosi piene, con gli anticoagulanti orali come i dicumarolici o con i nuovi anticoagulanti orali di prossima introduzione in Italia. La cosa importante è che il dosaggio sia adeguato e provochi la scoagulazione del paziente. Dosi intermedie, prudenti, non hanno alcun vantaggio e possono però provocare comunque effetti indesiderati. È stato ormai consolidato che il periodo di trattamento è di 6 mesi per le trombosi prossimali, tre mesi per quelle distali e 4-6 settimane per le localizzazioni superficiali di vena varicosa. Diverso è l’atteggiamento in casi di trombosi superficiali su vena sana, condizione clinica che necessita di una accurata ricerca delle cause sistemiche, spesso neoplastiche. Va sempre associata la contenzione elastica, fissa o mobile. La scelta del tipo di trattamento è legata sostanzialmente alla compliance del paziente e dei familiari. Non vi è dubbio che sia preferibile proseguire con il trattamento sottocutaneo con eparina piuttosto che attuare un trattamento anticoagulante orale che implica un equilibrio dell’INR spesso difficoltoso nell’anziano o non facilmente eseguibile o che lo stesso paziente abbia difficoltà a controllare la terapia in modo adeguato. Ovviamente la terapia anticoagulante nell’anziano presuppone un’accurata valutazione del rischio emorragico individuale e la scelta dei dosaggi e dei farmaci più appropriati. Sappiamo che il rischio emorragico è incrementato dalla presenza di malattie associate e di concomitanti terapie farmacologiche, da una maggiore predisposizione alle cadute, dalle condizioni cognitive e abitative che talora non consentono una adeguata compliance e un corretto controllo. Nel caso di concomitante patologia neoplastica, la scelta terapeutica è verso il trattamento eparinico che andrà peraltro proseguito anche oltre i tempi previsti dal trattamento dell’evento trombotico durante la terapia antiblastica fisica o chimica messa in atto. In conclusione, la perfetta conoscenza dello stato clinico del nostro paziente anziano e dei suoi livelli di rischio, trombotico ed emorragico, ci consente di affrontare con sufficiente tranquillità la gestione della patologia acuta delle sue complicanze alla luce di un trasparente ed informato, e per questo più consolidato, rapporto medicopaziente. BIBLIOGRAFIA GUYATT GH., AKL EA., CROWTHER M., et al.: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. CHEST 2012;141 (suppl 2): 7s47s. MARCI M., TEODORI R., SCOCCIA R., et al: La malattia tromboembolica venosa: Patologia di tutte le età. Geriatria 2009; 21:107-116. AGUS GB., ALLEGRA C., ANTIGNANI PL., et al. Guidelines for the diagno sis and therapy of the vein and lymphatic disorders. Int Angiol. 2005;21 (suppl.2): 107-68. 9 LA GESTIONE DEL DIABETE TIPO 2 CON IPOGLICEMIZZANTI ORALI NEL PAZIENTE ANZIANO FRAGILE IN OSPEDALE E NEL TERRITORIO Pellegrinotti M., Vaccari V., Pastorelli R. UOC Medicina Interna Ospedale Leopoldo Parodi Delfino - Colleferro (Roma) Riassunto: Il diabete tipo 2 è un patologia frequente soprattutto nella popolazione adulta. La sua prevalenza è ancora mag giore tra gli anziani (età maggiore 65 anni) interessando circa un quarto di questo sottogruppo e associandosi frequentemen te ad aumentata morbilità, polifarmaco-terapia e decadimento funzionale. Ciononostante, le nostre conoscenze sulla gestione di questa malattia derivano da studi condotti su popolazioni più giovani mancando studi clinici randomizzati appositamente disegnati sul trattamento del diabete negli anziani. Durante gli ultimi anni è stato approvato l’uso di nuovi farmaci (incretine) risultati particolarmente efficaci per il trattamen to del diabete tipo 2. In questo articolo prendiamo in rassegna le opzioni attualmente disponibili per la terapie non-insulinica del diabete tipo 2 sof fermandoci in particolare sul paziente anziano fragile per quanto riguarda la prevenzione sia dell’iperglicemia prolungata che del rischio d’ipoglicemia, in un’ottica di terapia “su misura” del paziente. Parole chiave: diabete tipo 2; anziani; terapia non-insulinica. Type 2 diabetes mellitus management with oral agents in the frail elderly in Hospitals and Local Health Services Summary: Type 2 diabetes mellitus (T2DM) is a common desease especially among adult population. The prevalence of dia betes is greatest in the geriatric people ( i.e. more of 65 years of age), affecting 1:4 of this subpopulation and is often associa ted with high levels of morbidity, multiple therapies, and functional deterioration. Neverthless our knowledge on the manage ment of this desease came from studies conducted on younger people and there is little evidence from randomized trials regar ding how best to treat T2DM in the elderly population. During the last years new effective drugs (incretins) have been approved for the treatment of T2DM . We review the available non-insulin pharmacologic therapeutic option for the treatment of T2DM focusing on the frail older patients both as regards to avoid prolonged hyperglycemia that to prevent the risk of hypoglycemia, aiming to a patient’s tai lored therapy. Key words: diabetes type 2; elderly; non-insulin treatment. EPIDEMIOLOGIA DEL DIABETE NELL’ANZIANO L’American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) definisce il diabete tipo 2 come un “disordine metabolico complesso, progressivo, caratterizzato dal coesistente difetto di differenti organi che comprende l’insulino-resistenza del tessuto muscolare e adiposo, il progressivo declino della secrezione d’insulina da parte del pancreas, un’aumentata produzione epatica di glucosio e la coesistenza di altri deficit ormonali”(1). Il diabete mellito (DM) rappresenta una delle malattie croniche più frequenti nella pratica clinica, ma la sua prevalenza non è definita con esattezza. In Italia stime del Ministero della Salute indicano che la prevalenza della malattia nota, desumibile da rilievi incrociati sul consumo di siringhe e farIndirizzo per la corrispondenza: Pellegrinotti Marco UOC Medicina Interna Ospedale Leopoldo Parodi Delfino Colleferro (Roma) [email protected] maci, dimissioni ospedaliere e centri di diabetologia, è intorno al 2,7-3 %, mentre indagini di popolazione su ampia scala basate sulla curva da carico di glucosio forniscono percentuali sensibilmente più elevate, tra il 6 e l’11 % (2). Dati analoghi sono forniti dal progetto IGEA (2) che, basandosi su dati ISTAT del 2007 e su alcuni studi epidemiologici, indica il numero totale di diabetici in Italia pari a circa 3 milioni d’individui con un netto aumento della malattia con l’aumentare dell’età. Prendendo a riferimento gli studi epidemiologici condotti negli Stati Uniti si desume che la prevalenza del diabete mellito tipo 2 (DMT2) raggiunga il 26.9% nella fascia di età oltre i 65 anni e che circa il 42% dei diabetici abbia un’età superiore ai 65 aa (3). COMORBILITÀ Gli anziani affetti da diabete presentano un aumentato rischio di morte prematura, disabilità e comorbilità come ipertensione, cardiopatia ischemica e stroke (4); sono inoltre aumentate le più tipiche sindromi geriatriche come depressione (5), deficit cognitivo, incontinenza urinaria, traumi da 10 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio caduta e dolore persistente. Diversi studi dimostrano, infatti, come il diabete sia associato a riduzione delle performance psico-fisiche e a disabilità cro n iche che conducono a gravi forme di handicap e svantaggio sociale nella popolazione anziana. Il Framingham Cohort Study (6) indica il diabete quale causa di maggiore limitazione funzionale nelle persone anziane dopo ictus, depressione, ro ttura dell’anca, malattie cardiache, artrosi e malattie respiratorie croniche. Il terzo National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES III) (7), studio trasversale su una popolazione statunitense non istituzionalizzata, ha indicato nel diabete una delle principali cause di disabilità fisica tra i soggetti di età superiore a 60 anni. Per tali evidenze le recenti linee guida internazionali, come anche gli Standard Italiani per la Cura del Diabete Mellito, sottolineano l’importanza di un trattamento farmacologico specificamente adattato al paziente anziano (8, 9). Tuttavia mancano ancora studi clinici direttamente applicabili per il controllo glicemico condotti su larghi strati della popolazione diabetica anziana (10). OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO Lo scopo della terapia ipoglicemizzante, nell’anziano come nel giovane, è quello di controllare l’iperglicemia, le sue variazioni e i suoi eventuali sintomi, prevenire le complicanze acute e identificare e prevenire le complicanze tardive macro e microvascolari. Tuttavia l’anziano presenta delle peculiarità dovute alla sua condizione complessiva; alcuni possono avere avuto una diagnosi di DM molti anni prima e avere quindi anni di comorbilità, altri possono avere avuto al momento della diagnosi anni di malattia misconosciuta e quindi presentare delle complicanze già dall’esordio. Altri ancora possono presentare un quadro di polipatologie correlate al diabete. Sebbene vi sia una chiara evidenza di come il livello e la durata dell’iperglicemia influenzino lo sviluppo delle complicanze croniche legate al diabete, mancano a tutt’oggi studi specifici su soggetti diabetici anziani (>70 anni) (8). Nell’United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS), dove il 40% dei soggetti che ha completato lo studio aveva un’età superiore a 65 anni, una riduzione dello 0.9% dei livelli di Emoglobina Glicosilata (HbA1c) nel gruppo definito in terapia intensiva (target HbA1< 7% e FPG < 6 mmol/l-108 mg/dl) ha portato ad una riduzione del 12% per ogni endpoint correlato al diabete e del 25% per gli endpoint microvascolari, tutto ciò a fronte di una politerapia con sulfanilurea, metformina e/o insulina (11). Altri messaggi importanti derivano dall’estensione dell’UKPDS (12) che ha dimostrato che per la prevenzione delle complicanze cardiovascolari del diabete e il miglioramento degli esiti sono necessa- ri molti anni di buon controllo metabolico. Gli studi ACCORD, ADVANCE e VADT (13,14,15), hanno invece evidenziato che un controllo glicemico troppo “ambizioso” e raggiunto rapidamente dopo una lunga storia di malattia diabetica (8-10 anni almeno) o dopo un evento cardiovascolare, si associa a un aumento delle morti per ogni causa e per le morti cardiovascolari, probabilmente correlato a un aumento delle ipoglicemie. Tutto ciò introduce la necessità di valutare l’aspettativa di vita del diabetico anziano al fine di decidere quanto “ambizioso” debba essere il controllo metabolico. È evidente che diff e rente deve essere l’approccio tra un soggetto autonomo e in discrete condizioni generali rispetto ad un soggetto che a parità di età presenti una grave compromissione generale e una bassa aspettativa di vita e per il quale il rischio d’ipoglicemia rappresenta una minaccia più grave rispetto della possibilità di sviluppare, per esempio, delle complicanze micro e/o macrovascolari. A tale proposito l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e la Società Italiana di Diabetologia (SID) forniscono precise indicazioni. Nell’edizione (2009-2010) degli Standard Italiani per la Cura del Diabete Mellito (9) è specificato che nei diabetici anziani gli obiettivi glicemici dovrebbero essere individualizzati. Se le condizioni generali sono relativamente buone, il valore di HbA1c potrà essere compreso tra 6.5-7.5%, da raggiungere lentamente e con strategie a basso rischio di ipoglicemia, mentre negli anziani fragili (con complicanze, affetti da demenza, con pluripatologie), nei quali il rischio di ipoglicemia è alto e nei quali i rischi di un controllo glicemico intensivo superano i benefici attesi, è appropriato un obiettivo meno restrittivo con valori di HbA1c che potranno essere compresi tra 7.5-8.5% Nel momento in cui si prescrive un farmaco ipoglicemizzante nel diabetico anziano bisogna considerare che il suo rischio d’ipoglicemia è più elevato rispetto ai soggetti più giovani. In particolare bisogna considerare il rapporto rischio d’ipoglicemia/beneficio della terapia ipoglicemizzante in termini di riduzione del HbA1c, del danno macro e microvascolare. Inoltre, tra le particolarità della gestione dei diabetici anziani c’è la necessità di monitorare non soltanto la glicemia, ma anche la funzione renale per poter adeguare nel tempo la terapia ipoglicemizzante. I soggetti che presentano deficit cognitivi e in terapia polifarmacologica devono essere identificati e gestiti in maniera specifica dal Curante e da coloro che forniscono assistenza all’anziano. Il recente Position Statement ADA-EASD (16) ribadisce la necessità di utilizzare, nei pazienti anziani e con pluripatologie, farmaci che garantiscano sicurezza, nello specifico in relazione alla ipoglicemia, alla malattia card i o v a s c o l a re, alla disfunzione Pellegrinotti M., Vaccari V., Pastorelli R. La gestione del diabete tipo 2 con... renale, all’aumentato rischio di frattura e alle interazioni fra farmaci, con particolare riguardo alle strategie terapeutiche che riducono al minimo il rischio di ipoglicemie (16). L’ipoglicemia è infatti più dannosa nell’anziano che nel giovane, è tanto più frequente quanto più sono stretti i target glicemici, può indurre aritmie, ma anche infortuni, capogiri e conseguenti cadute (evento particolarmente temibile negli anziani), confusione, rischio di scorretta assunzione dei farmaci, infezioni. L’ipoglicemia è spesso sottostimata come causa di morte e per tale motivo la sua reale incidenza non è ben definibile nel paziente diabetico in generale e in particolare nel diabetico anziano (16). In conclusione lo scopo del trattamento è il controllo della glicemia, la prevenzione dei sintomi da i p e rglicemia e dell’instabilità dei valori glicemici al fine di prevenire/ritardare lo sviluppo delle complicanze del diabete, senza troppi effetti avversi sulla qualità di vita dei pazienti. IPOGLICEMIZZANTI ORALI DISPONIBILI PER IL TRATTAMENTO Secretagoghi Le sulfaniluree sono i più “vecchi” agenti ipoglicemizzanti. Essi, agendo sulla chiusura dei canali del Potassio ATP-dipendenti a livello della Beta cellula pancreatica, stimolano il rilascio di insulina. A fronte di un reale controllo della glicemia, sono associati a un modesto aumento ponderale e a un aumentato rischio di ipoglicemia. Diversi studi dimostrano inoltre un’ aumentata percentuale di fallimento secondario con il trattamento con sulfan i l u ree legato essenzialmente ad una accelerazione della disfunzione beta-cellulare (17). Le sulfaniluree determinano una riduzione media di HbA1c di circa 1-2%. Il rischio d’ipoglicemia nella popolazione anziana è maggiore del 36% rispetto ai giovani(16). Inoltre questi farmaci tendono a esaurire il loro effetto nel tempo e sono causa di aumento ponderale. Le sulfaniluree sono suddivise in molecole di prima e di seconda generazione. Le molecole di prima generazione sono caratterizzate da una lunga emivita e il loro uso è attualmente sconsigliato. Le molecole di seconda generazione (glibenclamide o gliburide, glicazide, glipizide e glimepiride) sono le sulfaniluree attualmente disponibili. Sono efficacemente assorbite dall’intestino e, dopo essere state metabolizzate a livello epatico, sono escrete dal rene e pertanto devono essere utilizzate con cautela nei pazienti con insufficienza epatica o renale. La loro emivita varia dalle 3 alle 5 ore, ma il loro effetto ipoglicemizzante dura fino a 12-24 ore (18). Le glinidi (repaglinide e nateglinide, quest’ultima non in commercio in Italia), secretagoghi a breve durata d’azione, agiscono con meccanismo analogo alle sulfaniluree ma, proprio per la loro 11 breve emivita (circa un’ora), sono a rischio ridotto di ipoglicemia sebbene richiedano frequenti aggiustamenti del dosaggio (19). Il loro veloce assorbimento, la rapidità del picco ematico e la loro breve emivita (circa 1 ora) ne consentono un uso pre-prandiale con migliore controllo del picco glicemico post-prandiale e minore incidenza d i ipoglicemie. Sono metabolizzate dal fegato e possono essere utilizzante in pazienti con insufficienza renale moderata. Anch’esse determinano una riduzione media di HbA1c di circa 1-2%. La veloce farmacocinetica ne suggerisce l’uso in pazienti che presentano prevalentemente iperglicemia post-prandiale. Metformina La metformina rappresenta il farmaco di prima scelta nel trattamento del diabetico tipo 2. Sia le linee guida SID/AMD (9) che quelle ADA/EASD (16) in continuità con quanto già espresso in passato, indicano l’uso della metformina, associata ai cambiamenti dello stile di vita, come il primo passo nel trattamento del diabete tipo 2, salvo una sua controindicazione (vedi oltre) (20). L’impiego della metformina, sempre se non controindicata, deve accompagnare tutte le scelte terapeutiche successive, cioè nella terapia di combinazione, compreso l’uso dell’insulina. La metformina agisce prevalentemente riducendo la produzione epatica di glucosio e aumentando la sensibilità all’insulina a livello del tessuto muscolare e del tessuto adiposo; negli adulti riduce i livelli di HbA1c di circa 1-2%, ha un effetto neutro sul peso, ma potrebbe contribuire ad un certo grado di calo ponderale. Gli effetti collaterali sono a carico del sistema gastro-intestinale con nausea, vomito o diarrea; questi disturbi possono essere minimizzati iniziando la terapia con bassi dosaggi, assumendo il farmaco dopo il pasto e incre m e n t a ndo pro g ressivamente le dosi fino a un massimo di 2.5-3 g/die in dosi refratte. Il più grave effetto collaterale della metformina è la possibilità di determinare acidosi lattica (complessivamente con un’incidenza di 3 casi per 100.000 pazienti/anno), motivo per cui deve essere utilizzata a dosi ridotte nei pazienti con insufficienza renale avanzata (valori di filtrato glomerulare fra 60 e 30 ml/min) ed è controindicata per valori di filtrato glomerulare < 30 ml/min (21, 22). La funzione renale deve essere valutata non tanto con i valori di creatinina plasmatica, ma piuttosto sulla stima del filtrato glomerulare, valutabile con formule tipo Cokroft o MDRD (23,24). Nel paziente anziano in politerapia una particolare attenzione deve essere posta alla potenziale interazione tra farmaci. L’uso della metformina non è comunque indicato nei pazienti con più di 80 anni d’età a meno che la clearance della creatinina non sia normale (> di 89 ml/min). (25) Questo aspetto è particolarmente importante poiché è sti- 12 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio mato che la prevalenza di malattia renale tra gli individui di età compresa tra i 65 e i 74 anni sia del 3.1% e salga al 4.4% negli over 75 (26). È buona norma sospendere il farmaco in pre v isione di utilizzo di mezzi di contrasto iodati o d’interventi chiru rgici. La sua re i n t roduzione non dovrebbe avvenire prima delle 48 ore. Un’altra biguanide ancora in commercio è la fenformina il cui uso è però sconsigliato per la maggiore incidenza di casi d’acidosi lattica; ciò è particolarmente vero per i soggetti anziani (27, 28). Acarbosio È un inibitore dell’enzima ·alfa-glucosidasi che, a livello intestinale, scinde i carboidrati complessi in mono e disaccaridi, ritardandone l’assorbimento e ritardando quindi le escursioni glicemiche postprandiali. Come la metformina ha un effetto neutro sul peso e, se usato da solo, non determina ipoglicemie. Tuttavia il suo effetto sulla HbA1c è modesto (riduzione media 0,6-0,7%). Può essere utilizzato nei pazienti con prevalente iperglicemia post-prandiale e nei pazienti con insufficienza renale moderata. Il limite maggiore è rappresentato dagli effetti collaterali a livello gastrointestinale (flatulenza e diarrea) che spesso portano il paziente ad una scarsa aderenza alla terapia. Rappresenta, specie se associato ad altre terapie, un valido contributo in particolare in quei pazienti che presentano un i n s u fficiente controllo post-prandiale. Glitazoni (tiazolidinedioni) I glitazoni sono insulinosensibilizzanti che agiscono sul recettore nucleare PPAR-Á (peroxisome proliferator-activated receptor Á), presente in molti tessuti, ma in particolare sugli adipociti, inducendo l’attivazione di geni coinvolti nella regolazione del metabolismo dei carboidrati e dei lipidi e quindi aumentando la sensibilità all’insulina nei tessuti periferici. I glitazoni sono metabolizzati dal fegato e non devono essere usati in pazienti con insufficienza epatica o incremento aspecifico delle transaminasi. Inducono una riduzione media di HbA1c di c i rca 1.5% e la loro massima efficacia è raggiunta in 4-6 settimane. Possono essere associati alle altre classi di farmaci ipoglicemizzanti e sono disponibili in alcune associazioni. Oltre al miglioramento del compenso glicemico, i glitazoni migliorano il profilo lipidico con una riduzione della trigliceridemia e un aumento del colesterolo HDL (29). Gli effetti collaterali dei glitazoni comprendono aumento di peso, ritenzione idrica che può arrivare ad edema e insufficienza cardiaca negli individui predisposti (classe NYHA II-IV) e aumentato rischio di fratture (30, 31). Al momento è disponibile in commercio il solo pioglitazone che risulterebbe associato a un lieve aumento di rischio di cancro della vescica. Tale rischio che può essere ridotto da un’appropriata selezione ed esclusione dei pazienti, che prevede la necessità di una revisione periodica dell’efficacia e sicurezza del trattamento nel singolo paziente (32). In conclusione la prescrizione dei glitazoni negli anziani deve essere preceduta da un’attenta valutazione per l’osteoporosi, lo scompenso cardiaco e il tumore della vescica. Incretine Per decenni i diabetologi si sono interessati al ruolo dell’intestino nel DMT2. In particolare l’attenzione si è focalizzata su una sostanza analoga al glucagone, secreta dalle cellule L presenti nella parte distale del piccolo intestino, e sul così detto effetto “incretinico”, ossia l’evidenza di una maggiore secrezione insulinica con l’assunzione di glucosio per os rispetto a quello e.v. dovuta alla secrezione di ormoni intestinali indotta dal pasto (33). Sono state così identificate delle sostanze prodotte dall’intestino chiamate poi incretine. Le incretine sono degli ormoni polipeptidici secreti dall’intestino in risposta ai pasti e partecipano al mantenimento dell’omeostasi del glucosio: il Glucagon-LikePeptide (GLP-1), prodotto dalle cellule K della parte prossimale del piccolo intestino e il Glucose-Dependent-Insulinotropic-Polypeptide (GIP) prodotto dalle cellule L nella parte distale del piccolo intestino (34). L’intestino appare dunque affiancare il “triumvirato”, proposto da De Fronzo, ossia le cellule beta del pancreas, il muscolo e il fegato, nella patogenesi e nella pro g ressione del DMT2 (35). L’effetto incretinico appare ridotto nel diabete T2 a causa di una condizione di deficit/resistenza del sistema delle incretine; in particolare vi sarebbe una riduzione della secrezione di GLP-1 e una perdita dell’effetto insulinotropico da parte del GIP (33) la cui secrezione può essere normale o aumentata; comunque la risposta cellulare al GLP-1 appare conservata mentre quella al GIP è diminuita (36). Entrambe le molecole, che hanno dei recettori specifici, sono rapidamente degradate dall’enzima dipeptidil-peptidasi IV (DPP-IV) (37). L’attenzione dei clinici si è rivolta all’uso del GLP-1 dopo i deludenti tentativi di trattare il diabete T2 con il GIP (38). Evidenze sperimentali indicano che la biosintesi e la secrezione d’insulina stimolate dalle incretine sono proporzionali ai livelli plasmatici di glucosio, il che riduce il rischio di ipoglicemia. Il GLP-1 oltre a promuovere la secrezione d’insulina glucosio-indotta, sopprime la secrezione del glucagone (glucosio-dipendente), ritarda lo svuotamento gastrico, aumenta il senso di sazietà e diminuisce l’assunzione di cibo (39, 40). È quindi di particolare interesse il loro ruolo positivo sulla Pellegrinotti M., Vaccari V., Pastorelli R. La gestione del diabete tipo 2 con... riduzione del peso corporeo. Inoltre le incre t i n e sembrerebbero avere un effetto trofico positivo sulla massa ‚ cellulare del pancreas. Uno dei principali ostacoli nell’uso terapeutico del GLP-1 è la sua breve emivita (da 1 a 2 minuti). Sono state quindi intraprese due vie: lo sviluppo di analoghi del GLP-1 resistenti all’azione del DPP-IV e lo sviluppo d’inibitori dello stesso. Analoghi del GLP-1 Exenatide e liraglutide sono i due analoghi del GLP-1 attualmente disponibili. L’exanatide è l’equivalente sintetico dell’exenatina-4, una molecola polipeptidica presente nella saliva di una lucertola del deserto dell’Arizona, il Gila Monster (Heloderma suspectum) (41), che presenta un’omologia del 53% con il GLP-1 umano. Il suo effetto biologico ha una durata di circa 5-7 ore e deve essere somministrato due volte al giorno per via sottocutanea alla dose di 5 o 10 µg 30-60 minuti prima del pasto. La liraglutide, un analogo sintetico, presenta un’omologia del 97% con il GLP-1 umano; il suo legame non covalente con l’albumina determina una più lunga emivita (13 ore) e consente una singola somministrazione al giorno (1.2 o 1.8 mg per via sottocutanea). Entrambe le molecole sono state valutate in monoterapia, ma è preferito un loro impiego in associazione con altri ipoglicemizzanti (principalmente la metformina). Questi farmaci assicurano una riduzione diHbA1c dello 0,8-1,5%, sovrapponibile a quella degli altri farmaci tradizionali (42). L’associazione con la metformina è preferita per il ridotto rischio d’ipoglicemia e l’effetto positivo sul peso corporeo. L’effetto favorevole sulla riduzione del peso corporeo è un’altra caratteristica degli analoghi del GLP-1. In numerosi studi si è dimostrato come exenatide porti a una riduzione media del peso corporeo di circa 4 kg dopo un anno di terapia (43, 44); sebbene in misura minore anche liraglutide contribuisce al calo ponderale. Entrambe le molecole sembrano inoltre rallentare lo svuotamento gastrico, contribuendo così alla riduzione del picco glicemico post-prandiale. Di rilievo è la loro capacità di ripristinare il picco d’insulina (prima fase del rilascio d’insulina). Il rischio d’ipoglicemia con l’exenatide, sia con 5 che con 10 µg, sembrerebbe essere sovrapponibile a quello del placebo (rispettivamente del 5%, 4% e 1%; P =NS) (45). Tali farmaci sembre rebbero quindi essere di particolare utilità negli anziani, tuttavia gli studi di e fficacia e tollerabilità su questo tipo di pazienti sono scarsi e la maggior parte dei dati derivano da analisi secondarie su pazienti presenti in altri studi più che da studi appositamente disegnati. 13 Inibitori del DPP-IV Gli inibitori dell’enzima DPP-IV (gliptine) sitagliptin, vildagliptin, saxagliptin e linagliptin aumentano le concentrazioni di GLP-1 endogeno. Sembrerebbero avere un’efficacia simile ai secretagoghi e ai glitazoni nel controllo metabolico. Le principali caratteristiche degli inibitori della DPP-4 e dei mimetici del GLP-1 sono riassunte nella Tabella 1. Rispetto agli analoghi del GLP-1 gli inibitori della DPP-4 presentano l’indubbio vantaggio della somministrazione orale. Tali farmaci sono efficaci sia in monoterapia che in associazione con altri ipoglicemizzanti orali. Questi farmaci sembrano presentare un basso rischio d’ipoglicemia anche se associati alla metformina. In uno studio randomizzato in doppio-cieco, la prevalenza d’ipoglicemia nei pazienti trattati con sitagliptin era simile al placebo (0.8%) (46). Come per altri farmaci non sono molti i dati disponibili sui loro effetti nella popolazione anziana. In uno studio condotto per valutare l’efficacia e la sicure zza del saxagliptin (5 mg una volta al di) in pazienti di età > a 65 anni non si sono evidenziate diff erenze rispetto al gruppo di pazienti più giovani, in termini d’ipoglicemie, valori di HbA1c e glicemia pre e postprandiale (47). Saxagliptin e sitagliptin necessitano di una riduzione della dose nei pazienti con funzione renale compromessa; in particolare la dose di sitagliptin deve essere dimezzata se la clearance della creatinina è compresa tra 30 e 50 ml/min e ridotta a un quarto se inferiore a 30 ml/min; la dose di saxagliptin va dimezzata se la clearance della cre atinina è inferiore a 50 ml/min. Il linagliptin, di recente commercializzazione in Italia, non necessita della riduzione della dose in corso di insufficienza renale. Sono stati segnalati casi di pancreatite in pazienti che facevano uso di inibitori della DPP-IV. Tuttavia altri effetti collaterali sul sistema gastroenterico come nausea e vomito sembrano essere meno frequenti in confronto agli analoghi del GLP-1. A fronte di una maggiore maneggevolezza rispetto agli analoghi del GLP-1, le gliptine non presentano effetti sullo svuotamento gastrico, non modificano l’appetito e non hanno effetti sul peso corporeo. COMORBIDITÁ E TRATTAMENTO Il paziente diabetico anziano è molto spesso un paziente “complesso” ovvero una persona “affetta da due o più malattie croniche ciascuna in grado d’influenzare l’esito delle cure delle altre per: 1. limitazione delle aspettative di vita, 2. morbilità intercorrente, 3. interazioni farmacologiche, 4. impossibile impiego di cure adeguate per controindicazioni 14 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio TAB. 1 – Principali caratteristiche dei mimetici GLP-1 e inibitori DPP-IV 5. impatto sullo stato sociale ed economico” (48). Infatti, frequentemente, il diabete nell’anziano si associa a malattia renale cronica, BPCO, coro n aropatia, malattie cerebrovascolari, scompenso cardiaco, depressione, ansia e dolore cronico (49). Queste sono condizioni che richiedendo trattamenti specifici con numerosi farmaci che spesso interagiscono tra loro. Il paziente in polifarmacoterapia è esposto al rischio di un uso inappropriato dei medicinali, ad errori di posologia e trattamento, scarsa aderenza e rischio di reazioni avverse (50). È quindi necessario fare convivere talvolta delle opposte esigenze: l’adeguato controllo glicometabolico e la sicurezza del paziente, oltre alla semplicità della terapia. L’adeguatezza del controllo metabolico può essere stabilità sulla base degli obiettivi di HbA1c che si vogliono ottenere; negli anziani fragili nei quali il rischio d’ipoglicemia è alto e nei quali ha poco senso mirare a ottenere uno stretto controllo metabolico è appropriato un obiettivo di HbA1c con valori compresi tra 7,5 e 8,5 (vedi Fig.1). Una caratteristica dell’anziano è la progressiva riduzione del filtrato glomerulare (spesso con valori di creatininemia apparentemente normali). Per tale motivo particolare attenzione deve essere posta nella scelta dell’ipoglicemizzante utilizzato tenendo conto della sua emivita, della via di escrezione e della necessità di adeguamenti della dose in rapporto alle modifiche del filtrato glomerulare. Infine gli schemi terapeutici devono essere semplici per evitare errori da parte del paziente o di chi lo assiste. CONCLUSIONI La sicurezza è l’obiettivo prioritario nella gestione del diabetico anziano. Il principale rischio è l’ipoglicemia. Il trattamento del diabete nel paziente anziano si pone perciò obiettivi che possono variare dal semplice controllo dei sintomi dell’iperglicemia alla prevenzione delle complicanze acute nel paziente molto fragile e alla prevenzione primaria e secondaria delle complicanze croniche nel paziente anziano in buone condizioni. Tutto questo deve tener conto di diversi parametri: aspettativa di vita, grado di istruzione, valutazione cognitiva e delle capacità fisiche, status socioeconomico, rapporto con la durata della malattia e con la gravità di possibili complicanze croniche. Sta quindi al medico individuare nel singolo paziente il trattamento più idoneo sulla scorta di linee guida e flow chart che forniscono indicazioni generali e che vanno adattate alle caratteristiche cliniche dei singoli soggetti (Fig.1 e Fig. 3). In Ospedale la terapia nel paziente diabetico anziano ricoverato per un evento acuto deve prevedere la sospensione della terapia con ipoglice- Fig. 1 - Parametri per la caratterizzazione del paziente con diabete tipo 2: Modificato da: algoritmi AMD Online ed 2012-www.aemmedi.it Pellegrinotti M., Vaccari V., Pastorelli R. La gestione del diabete tipo 2 con... Figura 2 – Farmaci antidiabetici e filtrato glomerulare. Modificato da: Schernthaner G, Ritz E, Schernthaner GH. Strict glycaemic control in diabetic patients with CKD or ESRD: beneficial or deadly? Nephrol Dial Transplant. 2010 Jul ;25(7):2044-7. mizzanti orali perchè poco maneggevoli e a rischo di peggioramento delle cause che hanno condotto al ricovero. Al fine di ottenere un controllo glicemico che non incida sul peggioramento dell’evento acuto, (scompenso cardiaco, riacutizzazione di BOC, insufficienza renale acuta, disidratazione, eventi cerebrovascolare) è indicato il passaggio a terapia insulinica con schema basal-bolus. 15 Nel Territorio la gestione del paziente diabetico anziano ha a disposizione diverse nuove molecole che affiancano i farmaci da anni in uso e permettono una migliore individualizzazione della terapia ipoglicemizzante. La metformina, se non controindicata, rimane, in associazione alla dieta, il farmaco di prima linea nella terapia del diabete T2; gli altri farmaci dovrebbero essere aggiunti alla metformina là dove questa non sia sufficiente a controllare la glicemia. A questo riguardo particolarmente utili, specie nel paziente anziano, sembrano essere gli inibitori della DPP-IV che, per la loro capacità di stimolare la secrezione di insulina con meccanismo glucosiocompetente, presentano un basso rischio di ipoglicemia e hanno un effetto positivo sul peso corporeo e sulla velocità del picco glicemico post prandiale. Inoltre, proprio perché agiscono con un meccanismo di glucocompetenza, sono particolarmente utili in una popolazione in cui l’assunzione di cibo può essere variabile. Sono auspicabili studi comparativi tra i vari ipoglicemizzanti orali per valutare quale potrebbe essere la terapia ipoglicemizzante che determina i migliori esiti nel paziente anziano. Parimenti opportuni potrebbero essere gli studi di valutazione dell’impatto dei vari ipoglicemizzanti sullo stato cognitivo del paziente anziano. Figura 3 – Algoritmo per il trattamento farmacologico non insulinico del diabete tipo 2. Modificata da: AMD-SID linee guida 2010; Standard italiani per la Cura del Diabete Mellito 2009-2010 Edizioni Infomedica. 16 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio BIBLIOGRAFIA 1. AACE DIABETES MELLITUS CLINICAL Practice Guidelines Task Forc e guidelines for clinical practice for the management of diabetes mellitus. American Association of Clinical Endocrinologists Medical EndocrPract 2007; 13(suppl 1):S4–S68. 2. D I A B E T E: una patologia in netto aumento; Relazione sullo stato sanitario del Paese 2000 a cura del Ministero della Salute Data pubblicazione: 4 novembre 2002 http://www.epicentro.iss.it/igea/igea/progetto.asp 3. CENTERS FOR DISEASE Control and Prevention. National diabetes fact sheet: national estimates and general information on diabetes and prediabetes in the United States, 2011. http://www.cdc.gov/diabetes/pubs/pdf/ndfs_2011. 4. Brown A.F, Mangione C.M., Saliba D., et al.: Guidelines for improving the care of the older person with diabetes mellitus. 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SOC di Medicina d’Utrgenza e Accettazione Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” Catanzaro Riassunto: Il periodo dopo la Dimissione Ospedaliera è critico, specialmente in pazienti che richiedono cure complesse come gli anziani. Una risposta è creare programmi di transizione per garantire il coordinamento tra le figure sanitarie e continuità di cure nei trasferimenti tra di diversi luoghi e livelli di cure. Parole chiave: Anziani, Dimissione Protette, Continuità di Cure. Summary: Time after discharges is critical, especially for individuals with complex care needs such as elderly adults. A pos sible answer is employing care transition programs aimed to guarantee the coordination among healthcare practitioners and continuity of medical care on moving among different settings and different levels of care. Key words: Elderly, Hospital Discharge, continuity of care. INTRODUZIONE Con l’invecchiamento della popolazione si sono modificate anche le richieste di prestazioni sanitarie, con un progressivo incremento dei ricoveri ospedalieri di persone anziane, spesso fragili e con polipatologie. Se il ricovero in ospedale è un evento sempre più frequente e necessario al crescere dell’età, l’ospedalizzazione rappresenta per molti anziani – soprattutto, per soggetti con preesistente fragilità – anche uno straordinario fattore di rischio di declino funzionale e cognitivo, di altre sindromi geriatriche e, in ultima analisi, di istituzionalizzazione e morte (1). È evidente anche come il periodo del post-dimissione sia critico, specie per i pazienti polipatologici come gli anziani (2). In contrasto a queste evidenze, il sistema di remunerazione per raggruppamenti omogenei di diagnosi (Diagnosis-Related Group, DRG) aumenta la pressione negli ospedali per effettuare le dimissione prima possibile con il rischio concreto di dimissioni “precoci” (3-5) . Tale tendenza rappresenta non solo un rischio per la salute dei pazienti ma anche un costo sanitario rilevante (6-10). Da un lato vi è stato la riduzione delle degenze medie e, dall’altro, l’incremento dal 24,6% al 28,4% dei non autosufficienti alla dimissione (11). Quindi, l’invecchiamento della popolazione e la nuova organizzazione sanitaria, basata sull’aziendalizzazione degli ospedali, ha indotto a sviluppare un sistema di servizi di Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Giovanni Ruotolo Via Caio Duilio, 13 – 88100 Catanzaro Email: [email protected] assistenza continuativa che sia in grado di andare incontro alla necessità dei soggetti che ne hanno bisogno, migliorando l’outcome del paziente e contenere i costi della ospedalizzazione (12-14). Queste evidenze indicano il rispetto di una tempistica adeguata alle condizioni cliniche del paziente e nel contempo l’organizzazione di tutti i servizi necessari. È esperienza comune come spesso anche la tempistica di dimissione sia fonte di disagio e tensione tra sanitari e familiari dei pazienti. La prevenzione della disabilità iatrogena può aiutare a diminuire tale impatto negativo, ma deve essere coniugato con l’accesso facilitato ad una rete di servizi territoriali completa, che comprende un insieme di servizi sia sanitari che sociali. Un percorso così strutturato ha dimostrato una significativa riduzione dei costi ospedalieri considerando anche quelli relativi alle re-ospedalizzazioni (15), ma soprattutto una maggior soddisfazione dei pazienti (16). INTEGRAZIONE TRA OSPEDALE E TERRITORIO Diverse aziende sanitarie hanno elaborato percorsi che facilitano le dimissioni protette, tra queste dal 2009 l’Azienda Sanitaria Provinciale di C a t a n z a ro e l’Azienda Ospedaliera “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro. La necessità di costruire processi chiari, condivisi e strutturati su dimissioni protette e continuità assistenziale nasce, quindi, dalla rilevazione di diverse situazioni critiche, in p a r t i c o l a re rispetto alla popolazione anziana, come solitudine, situazioni di disagio e/o emarginazione sociale, abitazioni inadeguate, totale o parziale assenza di rete familiare, difficoltà alle dimissioni dall’ospedale, da parte del paziente e 18 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio della famiglia nell’affrontare una condizione di salute, differente da quella precedente il ricovero. Il percorso della Dimissione Protetta è strettamente rivolto ad una presa in carico globale del paziente/utente da parte della rete dei servizi. Ciò per garantire un approccio unitario centrato sulla persona portatrice di bisogni e di risorse reali e/o potenziali. La centralità della persona in tale processo si concretizza proprio nella continuità dell’assistenza, non solo nella fase di dimissione verso il domicilio, ma anche nella fase di ammissione. Pertanto il processo di dimissione protetta - continuità assistenziale deve accompagnare la persona garantendo un filo continuo tra domicilio - ospedale - domicilio o servizio territoriale, favorendo anche l’integrazione tra servizi sociali e sanitari. L’obiettivo generale è garantire la continuità assistenziale nel percorso domicilio ospedale - domicilio o servizio territoriale. Gli obiettivi specifici sono i seguenti: individuare in modo chiaro ed immediato i soggetti fragili, che necessitano di percorsi di continuità assistenziale guidati, in particolare per i cosiddetti casi di “zona grigia” che possono presentare inizialmente situazioni difficilmente codificabili, ma che spesso risultano essere più scoperti dai servizi perché più difficili da individuare; migliorare e sviluppare la continuità assistenziale; promuovere un ruolo attivo del familiare e se possibile del pazien-te/utente, nel processo di cura, promuovere e diffondere una più adeguata conoscenza dei servizi ospedale-territorio da parte di familiari e se possibile dei pazienti/utenti permettere una maggiore fruibilità ed efficacia delle risorse tra ospedale e territorio, con particolare riferimento all’assistenza a domicilio, sia di competenza sanitaria, sia sociale; favorire la prevenzione/riduzione dei casi di ricovero recidivo. I destinatari del percorso di dimissioni protette - continuità assistenziale possono essere di differenti tipologie. Sarà necessario avere particolare attenzione per i pazienti fragili, sia dal punto di vista sanitario sia dal punto di vista sociale, siano essi adulti o anziani, per i quali è fondamentale attivare il percorso di valutazione multidisciplinare: persone non autosufficienti o con grave disabilità che presentano un elevato grado di dipendenza, che necessitano di essere assistite e sostenute nelle ADL e nelle IADL e/o abbisognano di prestazioni sociali e sanitarie continuative, che comportano l’attivazione della complessa rete dei servizi sociali e sanitari. NOSTRA ESPERIENZA I servizi coinvolti come parte attiva nel protocollo di dimissioni protette sono: l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Catanzaro, l’Azienda Ospedaliera (A.O.) “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, i Medici di Medicina Generale, i Familiari/caregiver e gli Utenti/pazienti. Partendo dal presupposto che il momento del ricovero è già cruciale per la buona riuscita di un percorso di dimissioni protette, abbiamo individuato nel processo le seguenti fasi (Fig. 1): Fase 1 Colloquio preliminare nel reparto di degenza con i famigliari e soprattutto con il caregiver del paziente allo scopo di fornire informazioni sullo stato clinico, accertare le eventuali criticità della famiglia, condividere l’inserimento in una struttura residenziale e programmare la dimissione. Operatori coinvolti: Medico di Reparto, Coordinatore Infermieristico. Fase 2 Segnalazione da parte del reparto all’Antenna Ospedaliera (assistenti sociali) ed invio del caregiv e r / f a m i l i a re a colloquio presso gli assistenti sociali dell’Ospedale, che entro 24-48 ore ne verificano i bisogni sociali. Operatori coinvolti: Coord i n a t o re Infermieristico, Assistente Sociale. Fase 3 Segnalazione all’Unità di Valutazione Geriatrica (U.V.G.), gestita dal Geriatra, che dopo valutazione multidimensionale indica la struttura residenziale più idonea in base allo stato clinico e al carico assistenziale. Invio tramite fax della suddetta proposta dagli assistenti sociali all’Unità di Valutazione Geriatrica Multidimensionale Territoriale (U.V.G.M.T.). Tale scheda di segnalazione contiene dati anagrafici, requisiti di ammissione e tutte le informazioni cliniche relative al paziente (diagnosi, tipo di assistenza richiesta, terapia farmacologia in atto, ausili necessari). Operatori coinvolti: Geriatra, Assistente Sociale Fase 4 Il medico geriatra responsabile dell’assistenza territoriale valuta la richiesta, entro 72 ore intera- Fig. 1 - Percorso Assistenziale di Dimissione Protetta Castagna A., Russo., Gareri P., et al. - Dimissioni difficili in pazienti con complessità ... gisce con l’U.V.G.M.T. e si decide il percorso assistenziale più idoneo in base alla complessità clinica e alle ore di assistenza necessari. La fase di valutazione, Unità Valutativa Multidimensionale Interaziendale (U.V.M.I.) coinvolge un: -Team Multidisciplinare Ospedaliero composto da medico referente ospedaliero per le dimissioni protette (geriatra), coordinatore infermieristico, assistente sociale -Team multidisciplinare Extraospedaliero composto da geriatra territoriale, medico referente del distretto, medico di medicina generale (MMG) dell’utente e quando necessario fisiatra e fisioterapista. Fase 5 In presenza della disponibilità di accesso, si procede alla dimissione del paziente nel presidio residenziale indicato, con attivazione dell’ambulanza per il trasporto e con stesura di una lettera al Medico di Medicina Generale ovvero, quando presente, al Direttore Sanitario della struttura. Operatori coinvolti: Medico, Coord i n a t o re Infermieristico, Infermiere. Quindi, l’Antenna Ospedaliera con il Geriatra effettua la prima classificazione dei casi segnalati dai vari reparti ospedalieri e ne verifica i bisogni sanitari, mentre con gli Assistenti Sociali Ospedalieri, contemporaneamente, ne verificano i bisogni sociali. Dopo tale valutazione integrata sociosanitaria, definita l’eleggibilità del paziente, informato il paziente e la famiglia, viene attivata l’unità di valutazione geriatrica multidimensionale territoriale, con convocazione almeno 2 giorni lavorativi prima, della prevista dimissione. L’Unita Valutativa Multidimensionale Interaziendale, composta oltre che dalle figure già citate anche da un Responsabile Medico dell’ASP, un Geriatra e un infermiere Territoriale, suggerisce il Piano Assistenziale Individuale ritenuto più opportuno, con eventuale attivazione dei servizi necessari. RISULTATI: QUADRIENNIO 2009-2012 Il nostro team multiaziendale e multiprofessionale ha effettuato dal gennaio 2009 al 31 dicembre 2012 un totale di 656 valutazioni. I dati analizzati evidenziano nel quadriennio 2009-2012, un progressivo aumento del numero di Dimissioni Protette; si osserva infatti un aumento della media di dimissioni protette/mese, da 10,18 del 2009 al 16,91 del 2012 (Tabella 1) e il dato risulta statisticamente significativo (Figura 2). L’età dei pazienti valutati è stata di 78,19± 12 anni, con un 42% di pazienti di sesso maschile (Tabella 2). In totale 19 Reparti hanno inviato una richiesta di Dimissione Protetta (Tabella 3). Il maggior numero di richieste proveniva dal Reparto di Ortopedia ( 26,37%), quindi da quello di Geriatria (21,80%), di Medicina Interna (19,21%), di Neurologia 19 (12,20%) e di Neurochirurgia (6,25%) (Tabella 3). Per quanto riguarda i percorsi assistenziali individuati nel 51,81% si è proposto ricovero in RSA, nel 20,29% l’attivazione dell’A.D.I., nel 19,75 % ricovero per Riabilitazione, a seguire altri percorsi (Tabella 4). Dall’analisi dei tempi di attesa per l’U.V.M.T., si nota che si è passato da 2,23±1,81 giorni del 2009 ai 3,18±2,89 giorni del 2012, con una media di valutazioni nelle 24 ore passata dal 44,44% del 2009 al 31,78% del 2012 (Tabella 5). Anche la percentuale delle U.V.M.T. nelle 72 ore è diminuita dal 77,77% del 2009 al 62,12 % del 2012 (Tabella 5). Fig. 2 - Media di richieste/mese di Dimissioni Protette per anno DISCUSSIONE Sempre più evidente è l’utilità di programmi di Dimissioni Protette per garantire la continuità assistenziale tra ospedale e territorio. La continuità di cura implica una “presa in carico” condivisa da più attori e più servizi di ambienti diversi Tab. 1 - Pazienti in dimissione protetta quadriennio 2009-2012 n media dimissioni per mese Dimissioni Protette nel 2009 111 10,18 Dimissioni Protette nel 2010 148 12,33 Dimissioni Protette nel 2011 196 16,5 Dimissioni Protette nel 2012 201 16,91 P for trend < 0,000 Tab. 2 - Pazienti in Dimissione Protetta: Età e sesso Caratteristiche dei Pazienti in D.P. Età (anni) 78,19±12 Sesso (% Maschi) 42% 20 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio nell’ambito del care management e del case management, attraverso la trasmissione di tutte le informazioni utili nella fase del passaggio di setting. La trasmissione dei dati clinici e socio-sanitari sono indispensabili per la pianificazione concordata della dimissione secondo il principio dell’alleanza terapeutica (17). I dati della letteratura, infatti, sostengono che nella pianificazione della dimissione sono partico- larmente importanti l’educazione terapeutica e la comunicazione fra professionisti sanitari e famiglia (18). Dai nostri dati sono emerse delle criticità quali la tempistica che non sempre è stata rispettata, scarsa informazione dei MMG e dei reparti non attivamente coinvolti, mancanza nel reparto di un referente per le Dimissioni Protette, difficoltà di gestire in tempi rapidi l’erogazione dei presidi. Tab. 3 - Richieste di Dimissione Protetta, per reparto e per anno Reparto di richiesta di Dimissione Protetta 2009 2010 2011 2012 Totale Reparto Ortopedia 32,43% 23,65% 27,04% 24,38% 26,37% Geriatria 22,52% 27,03% 21,43% 17,91% 21,80% Medicina 19,82% 21,62% 18,88% 17,41% 19,21% Neurologia 9,01% 10,14% 15,82% 11,94% 12,20% Neurochirurgia 6,31% 4,05% 1,53% 12,44% 6,25% Chirurgia 3,60% 4,05% 5,10% 5,97% 4,88% Medicina d'Urgenza 0,00% 2,03% 3,06% 1,49% 1,83% Cardiologia 0,90% 0,68% 2,55% 2,49% 1,83% Pneumologia 0,90% 2,70% 1,53% 1,49% 1,68% Nefrologia 2,70% 0,68% 0,51% 1,49% 1,22% Rianimazione 0,00% 0,00% 1,53% 0,00% 0,46% Dermatologia 0,00% 0,00% 0,00% 1,49% 0,46% Otorino 0,00% 0,68% 0,00% 1,00% 0,46% Ginecologia 0,00% 1,35% 0,00% 0,00% 0,30% Malattie Infettive 0,90% 0,00% 0,51% 0,00% 0,30% Oncologia 0,00% 1,35% 0,00% 0,00% 0,30% UTIC 0,00% 0,00% 0,51% 0,00% 0,15% Oculistica 0,00% 0,00% 0,00% 0,50% 0,15% Pediatria 0,90% 0,00% 0,00% 0,00% 0,15% Tab. 4 - Percrsi proposti dall’ Unità Valutativa Multidimensionale Territoriale (U.V.M.T.) per anno Percorso proposto 2009 2010 2011 2012 RSA 50,00% 48,20% 54,97% 52,98% Totale 51,81% ADI 29,79% 25,18% 17,22% 13,69% 20,29% Riabilitazione 14,89% 20,86% 19,87% 21,43% 19,75% Lungodegenza 0,00% 3,60% 0,66% 4,76% 2,54% Non Dimissibili 2,13% 0,00% 3,97% 1,19% 1,81% CP Anziani 2,13% 0,72% 0,66% 2,98% 1,63% RSA M 1,06% 0,00% 1,99% 1,19% 1,09% CSM 0,00% 1,44% 0,00% 0,60% 0,54% già dimessi 0,00% 0,00% 0,00% 1,19% 0,36% CP Disabili 0,00% 0,00% 0,66% 0,00% 0,18% Castagna A., Russo., Gareri P., et al. - Dimissioni difficili in pazienti con complessità ... Tab. 5 - Tempi di attesa per l’ Unità Valutativa Multidimensionale Territoriale (U.V.M.T.) Dati 2009 Dati 2012 U.V.M.I., (giorni) 2,23+1,82 3,18+2,89 Valutazioni U.V.M.I. nelle 24 ore, % 44,44% 31,78% Valutazioni U.V.M.I. nelle 72 ore, % 77,77% 62,12% Tempo di attesaper L’analisi dei dati dimostra che è possibile attuare realmente un percorso di dimissioni protette, che sia garante della continuità assistenziale e che attivi una rete integrata di cure intermedie fra Ospedale e Territorio, promotrice di dialogo e di una possibile cultura della collaborazione, a sostegno di una visione non parcellizzata dell’assisten- 21 za. La collaborazione tra l’Azienda Ospedaliera e l’Azienda Sanitaria Provinciale ha fatto si che anche in quei casi in cui non vi erano condizioni di accettabilità al domicilio, è stato possibile trovare soluzioni alternative mirate e soddisfacenti per tutte le parti coinvolte. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera la continuità delle cure uno degli indicatori più sensibili del buon funzionamento di un Servizio Sanitario, pertanto la riduzione dei tempi di degenza, i re-ricoveri ospedalieri, gli errori terapeutici e la soddisfazione dell’utenza, rappresentano i possibili indicatori di efficienza (19). In conclusione, questi dati riflettono un mancato potenziamento dell’UVT a fronte di un importante aumento dell’Utenza. Di fatto, ad oggi, è stato solo l’alta collaborazione tra l’aria ospedaliera e territoriale a rendere possibile la prosecuzione del progetto. 22 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio BIBLIOGRAFIA 1. KRIPALANI S., LEFEVRE F., PHILIPS CO.: Deficits in communication and information transfer between hospital-based and primary care physicians: Implications for patient safety and continuity of care. JAMA 2007;297:831–841. 2. MOR V., BESDINE RW. : Policy options to improve discharge planning and reduce rehospitalization. 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PLoS ONE 2012;7 (7):e42256.doi:10.1371/journal.pone.0042256. 23 STUPOR RICORRENTE IDIOPATICO: PROBABILE CASO CLINICO IN UN SOGGETTO ANZIANO Attinà A U.O. C. DI GERIATRIA “E. GREPPI”, PRESIDIO OSPEDALIERO S. GIOVANNI DI DIO” , ASP DI CROTONE Riassunto: Lo stupor ricorrente idiopatico (IRS) è una rara sindrome caratterizzata da episodi improvvisi ed imprevedibili di sonno tali da simulare uno stato di coma. Durante l’attacco i pazienti appaiono immersi in un sonno profondo, possono essere risvegliati da stimolazioni tattili, verbali e nocicettive, ma il più delle volte tendono a riaddormentarsi immediatamente o non possono essere risvegliati. La diagnosi può essere posta sulla base di alcuni precisi criteri (tracciato elettroencefalografico, reversibilità del quadro clinico, aumento dei livelli ematici di endozepina 4). Il più delle volte, non osservandosi l’episodio critico, la diagnosi è fatta a posteriori, sulla base di criteri di probabilità. Colpisce, in prevalenza, soggetti maschi di età media. Il caso clinico da noi osservato riguarda un soggetto di sesso maschile, età 74 anni, più volte ricoverato per episodi di coma improvviso, etichettati come attacchi ischemici transitori. Parole chiave: Sonno, anziano, stupor. IDIOPATIC RECURRING STUPOR: A LIKELY CASE REPORT IN ELDERLY Summary: The idiopathic recurring stupor (IRS) is a rare syndrome characterized by sudden and unpredictable episodes of sleep simulating a coma. IRS is mainly diagnosed in mid adult male subjects. During the attack, the patients appear to be immersed in a deep sleep, can be awakened by tactile stimulation and verbal receptive-pain, but, more often, tend to fall back asleep immediately or may not be awakened. The diagnosis can be made on the basis of some specific criteria (electroencepha lographic tracing, reversibility of the clinical picture, increased blood levels of endozepine 4). Since most episodes are not directly observed by clinicians, diagnosis is made a posteriori, based on probability criteria. We report the clinical case of a 74-year-old male subject, repeatedly hospitalized for episodes of sudden coma, diagnosed as TIA. Key words: Sleep, aging, stupor. INTRODUZIONE Lo stupor ricorrente idiopatico (1-5) è una sindrome relativamente rara, caratterizzata da episodi improvvisi, imprevedibili ed incoercibili di sonno, tali da simulare uno stato di coma. Durante l’attacco i pazienti appaiono immersi in un sonno profondo, possono essere risvegliati da stimoli tattili, verbali e nocicettivi, ma il più delle volte tendono a riaddormentarsi immediatamente o non sono risvegliabili. Il tono muscolare è ridotto, i riflessi profondi deboli, le pupille miotiche. A volte l’attacco può essere preceduto da una sorta di "aura" caratterizzata da rallentamento psicomotorio ed eloquio impastato (“parola abburrattata") cui segue, quasi sempre, al risveglio, confusione, difetto della memoria di fissazione, disorientamento temporo-spaziale e tendenza alla confabulazione. La diagnosi può essere posta, con ragionevole certezza, se si osserva l’episodio critico, oltre che sulla base di criteri clinico-laboratoristici. Vi saranno, dunque, anamnesi positiva per ricorrenti episodi di stupor, elettroencencefaloIndirizzo per la corrispondenza: A. Attinà via V. Veneto 1 trav. 7 -8900 Crotone(Kr) [email protected] [email protected] gramma (EEG) ictale caratterizzato da attività rapida (13-16 hz), reversibilità del quadro clinico ed infine aumento dei livelli ematici di Endozepina 4 (sostanza endogena caratterizzata da attività benzodiazepino-simile ed antagonizzata, per competizione recettoriale, dal flumazepil) (6-8) (Tab. 1). Tali valori, in fase intercritica, appaiono nei limiti, e perciò il più delle volte la diagnosi viene fatta a posteriori, utilizzando criteri di probabilità o di esclusione. Importante, ancora una volta, sarà il dato anamnestico positivo per precedenti episodi di coma; si valuteranno inoltre negatività dell’esame obiettivo neurologico e degli accertamenti neuroradiologici (tomografia assiale computerizzata [TAC], risonanza magnetica cerebrale), EEG di veglia senza rilevanti anomalie e si escluderanno cause di ipersonnia (sindrome delle apnee morfeiche, narcolessia ed iperammoniemia); infine l’anamnesi sarà negativa per assunzione di farmaci o droghe. Lo Stupor colpisce, in prevalenza, soggetti di sesso maschile (maschio :femmine = 4:1) di età media intorno ai 48 anni. Non esiste apparente familiarità, né rapporto con fattori ambientali. La durata ed il numero degli episodi sono assai variabili. Fino al 1996, Lugaresi e collaboratori avevano descritto 20 casi (16 maschi e 4 femmine, 24 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio Tab. 1 - Criteri diagnostici di probabilità per diagnosi in fase intercritica Anamnestico: ricorrenti episodi di coma senza reliquati neurologici Clinico: obiettività neurologica sostanzialmente negativa Endozepina 4: valori generalmente nei limiti Strumentale: negatività di tutti gli esami effettuati Psicodinamico: assenza di disturbi cognitivi o altre patologie psichiatriche età media 50.6 anni) con insorgenza compresa fra 18 e 67 anni. Molti di questi pazienti erano stati trasportati al Pronto Soccorso (PS) e, da qui, in Rianimazione, essendo stati etichettati come stati di coma di origine centrale (1). Alcuni casi sporadici sono stati osservati anche all’estero. Melo, ad esempio, nel 2005, ha pubblicato un report relativo ad un paziente brasiliano (7). CASO CLINICO P. D . 74 anni, ex operaio Fiat. Nell’ anamnesi patologica remota non si segnalano elementi degni di nota, se non intervento di resezione ileale circa 10 anni prima dell’attuale presentazione. Nel gennaio del 1999 viene riferito ricovero presso un ospedale torinese per un episodio di coma della durata di alcune ore, rientrato spontaneamente senza alcun reliquato neurologico. In tale occasione veniva posta diagnosi di attacco ischemico transitorio (TIA), anche in relazione alla negatività degli esami ematochimici e strumentali (EEG e TAC cerebrale). Veniva consigliata terapia domiciliare con antiaggreganti, che il paziente poi aveva seguito scrupolosamente. Nell’aprile dello stesso anno, in apparente pieno benessere, il paziente, nel racconto dei familiari, ripresentava episodio sostanzialmente analogo a quello verificatosi alcuni mesi prima, con la sola discriminante della durata (un’ora circa), risoltosi spontaneamente prima dell’arrivo in PS, sempre presso Ospedale di Torino. Nell’aprile del 2011 il paziente, con diagnosi di accettazione di TIA, perveniva alla nostra osservazione. La sintomatologia, in tale occasione, era insorta a domicilio ed il coma si era poi risolto durante la permanenza in Pronto Soccorso. All’ingresso presso la nostra Unità Operativa, il paziente appariva sostanzialmente orientato nel tempo e nello spazio, anche se presentava evidente rallentamento psicomotorio e non serbava alcun ricordo dell’accaduto. Sul piano obiettivo: pressione arteriosa 145/80; frequenza cardiaca 80 battiti per minuto. Non venivano rilevate alterazioni a carico dell’apparato respiratorio e dell’addome. Venivano eseguiti in urgenza gli esami riportati nella tabella 2 e successivamente, nel corso del ricovero, quelli elencati in tabella 3. Elettrocardiogramma (ECG): frequenza cardiaca 75; blocco atrio-ventricolare di l° grado-blocco di branca destra. Esami ematochimici (glicemia, azotemia, creatininemia, elettroliti serici, emocromo, enzimi cardiaci): tutti nella norma. Emogasanalisi: sostanzialmente nella norma Rx torace: assenza di alterazioni pleuroparenchimali. Aorta ectasica. Volumetria cardiaca lievemente ingrandita. TAC cerebrale (senza contrasto): microcalcificazioni dei nuclei della base. Microareole ipodense in corrispondenza della capsula esterna di sinistra. In asse le strutture della linea mediana. Nei limiti fisiologici gli spazi liquorali ed il sistema ventricolare: Rx torace in 2 proiezioni: assenza di alterazioni pleuroparenchimali. Aorta ectasica. Volumetria cardiaca lievemente ingrandita. TAC cerebrale (con contrasto): microcalcificazioni dei nuclei della base. Microareole ipodense in corrispondenza della capsula esterna di sx. In asse le strutture della linea mediana. Nei limiti fisiologici gli spazi liquorali ed il sistema ventricolare. Tab. 2 - Esami eseguiti all’ingresso Elettrocardiogramma (ECG): frequenza cardiaca 75; blocco atrio-ventricolare di l° grado-blocco di branca destra Esami ematochimici (glicemia, azotemia, creatininemia, elettroliti serici, emocromo, enzimi cardiaci): tutti nella norma Emogasanalisi: sostanzialmente nella norma Rx torace: assenza di alterazioni pleuroparenchimali. Aorta ectasica. Volumetria cardiaca lievemente ingrandita. TAC cerebrale (senza contrasto): microcalcificazioni dei nuclei della base. Microareole ipodense in corrispondenza della capsula esterna di sinistra. In asse le stru t t u re della linea mediana. Nei limiti fisiologici gli spazi liquorali ed il sistema ventricolare. Attinà A., Stupor ricorrente idiopatico ... 25 Tab.3 - Esami eseguiti a distanza durante il ricovero Rx torace in 2 proiezioni: assenza di alterazioni pleuroparenchimali. Aorta ectasica. Volumetria cardiaca lievemente ingrandita. TAC cerebrale (con contrasto): microcalcificazioni dei nuclei della base. Microareole ipodense in corrispondenza della capsula esterna di sx. In asse le strutture della linea mediana. Nei limiti fisiologici gli spazi liquorali ed il sistema ventricolare Controllo ECG: invariato Holter cardiaco: ritmo sinusale, normale conduzione atrio-ventricolare, non alterazioni tratto ST Spirometria semplice: nella norma Emogasanalisi (in aria ambiente): pH 7.434, pO2:76.3, pCO2:34.2, HCO3 23.4 Saturimetria Notturna: Non evidenza di episodi di desaturazione Polisonnografia: non evidenza di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno Ecocardiogramma: sostanzialmente nella norma,con normalità delle pressioni polmonari Visita neurologica: non segni di focolaio a carico del sistema nervoso centrale EEG basale ed in deprivazione ipnica: incostanti anomalie elettriche in temporale di sinistra Ecodoppler vasi epiaortici: diffuso ispessimento intimale. Controllo ECG: invariato. Holter cardiaco: ritmo sinusale, normale conduzione atrio-ventricolare, non alterazioni tratto ST. Spirometria semplice: nella norma. Emogasanalisi (in aria ambiente): pH 7.434, pO2:76.3, pCO2:34.2, HCO3 23.4 Saturimetria Notturna: Non evidenza di episodi di desaturazione. Polisonnografia: non evidenza di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno Ecocardiogramma: sostanzialmente nella norma,con normalità delle pressioni polmonari Visita neurologica: non segni di focolaio a carico del sistema nervoso centrale. EEG basale ed in deprivazione ipnica: incostanti anomalie elettriche in temporale di sinistra Ecodoppler vasi epiaortici: diffuso ispessimento intimale. Fondo oculare: angiosclerosi retinica. Valutazione psicodinamica: non disturbi cognitivi clinicamente significativi. ENDOZEPINA 4: valori nei limiti (tecnica cromatografica). Il paziente veniva dimesso in 15 giornata con diagnosi di: “coma per probabile episodio di stupor ricorrente idiopatico”. DISCUSSIONE L’interesse del caso proposto sta, a nostro parere, non solo nella descrizione di una patologia relativamente poco frequente e di difficile diagnosi, specie in fase intercritica, quanto nell’età del paziente e nel suo esordio tardivo. Tutti gli autori datano l’età di insorgenza tra i 18 ed i 67 anni, ma la stragrande maggioranza dei casi descritti in letteratura ha esordio in età giovanile, anche se la patologia può protrarsi negli anni. Inoltre, la patogenesi della sindrome (aumentata attività di sostanze endogene ad azione benzodiazepinosimile e quindi capaci di esercitare effetti modulanti sul sistema gabaergico), apre interessanti prospettive sulla comprensione di fenomeni di attività di sistemi di neuromodulazione che entrano nei meccanismi di induzione del sonno in generale e nel soggetto anziano in particolare. Nel nostro caso, infine, pur non potendosi porre una diagnosi di certezza (per non avere osservato direttamente il paziente in fase critica), la quasi totalità dei criteri diagnostici di probabilità e di esclusione risulta soddisfatta. CONCLUSIONI Pertanto, ci pare di poter riaffermare la originalità del caso clinico in oggetto, la cui peculiarità è data, a nostro avviso, dall’età del paziente e dalla tardiva insorgenza. essendo descritti in letteratura solo rari casi di pazienti con età superiore ai 67 anni. 26 Geriatria 2010 Vol. XXII; n. 1 Gennaio/Febbraio BIBLIOGRAFIA 1. LUGARESI E., PLAZZI G.: Comi ricorrenti da accumulo di endozepina 4:ln "Il sonno normale e patologico” 1996; 83-86. 2. VAN SWEDEN B., CREVITIS L.: Idiopathic recurring stupor. Neurology; 1995; 45(10):1947. 3. CIRIGNOTTA F., BALDINI M.F., MONDINI F.et al.: Recurring coma and anormal behaviour case report. In Hoine J.(Ed):Sleep,Pontenagel Press 1990; 11,253-255. 4. GOLDMAN H.: ldiopatic recurring stupor. 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Istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza (MB) Riassunto: I sintomi neuropsichiatrici e comportamentali associati alle demenze (BPSD) hanno un notevole impatto clinico, possono causare una precoce istituzionalizzazione e rappresentare i principali fattori di stress e depressione per i caregivers. L’impiego di antipsicotici e di altri psicofarmaci nel trattamento dei BPSD è ampiamente diffuso, spesso in associazione polifarmacologica. Lo scopo del presente lavoro è l’analisi della prevalenza dei BPSD e degli psicofarmaci somministrati in pazienti in cura presso l’ambulatorio UVA degli Istituti Zucchi di Carate Brianza nel corso del 2011. Le diverse figure professionali che vi lavorano, geriatri, neurologi, psicologi, offrono ai pazienti e ai loro familiari diversi interventi specialistici, integrati tra loro in un’ottica biopsicosociale. L’uso degli psicofarmaci e degli antipsicotici in particolare va attentamente monitorato nel corso della malattia, ed il miglior approccio terapeutico deve comprendere un attento esame clinico delle disturbi fisici e delle problematiche socioambientali, frequentemente presenti nei pazienti geriatrici. Parole chiave: Disturbi psico-comportamentali, antipsicotici, polifarmacologia demenza. THE PHARMACOLOGICAL TREATMENT OF THE BEHAVIORAL AND PSYCHOLOGICAL SYMPTOMS OF DEMENTIA. A STUDY AMONG THE PATIENTS OF THE U.V.A. OF THE ZUCCHI INSTITUTES IN CARATE BRIANZA. Summary: Behavioral and psychological symptoms of dementia (BPSD) are frequent and have a clinically significant impact. They can cause early institutionalisation as well as be the main stress and depression factors for caregivers. The use of anti psychotics and other medication treatment for mental illness is very prevalent, often concurrently with other medication. The purpose of the present research is to analyse the prevalence of BPSD and of mental illness medication administered to patients at the UVA practice of the Zucchi Institute in Carate Brianza during 2011. Various professional profiles--geriatricians, neu rologists, psychologists--work at the Institute, offering the patients and their relatives a variety of specialised interventions, integrated in a bio-psycho-social perspective. The use of mental illness medication and antipsychotic drugs needs to be moni tored especially closely, and the best therapeutic approach should include a careful clinical examination as well as socio-envi ronmental issue, both of which occur frequently in geriatric patients. Key words: BPSD, antipsychotic, polifarmacy, dementia. INTRODUZIONE La demenza è una malattia caratterizzata dal progressivo sviluppo di deficit cognitivi multipli e dal frequente riscontro di una pluralità di sintomi psichiatrici e comportamentali (Behavioral and psychological symptoms of dementia , variamente associati tra loro, cui ci si riferisce con l’acronimo BPSD (1). La prevalenza dei sintomi psichici e comportamentali nelle demenze è tale da assumere nell’ambito della storia naturale della malattia una rilevanza paragonabile a quella dei deficit cognitivi (2). Secondo un recente studio prospettico della durata di 5 anni, fino al 90% dei pazienti Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Antonio De Giovanni Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali Università degli Studi di Pavia Piazzetta Azzani, 4 - 27100 Pavia [email protected] sviluppa lungo il decorso della malattia almeno un sintomo neuropsichiatrico (3). In dettaglio i BPSD comprendono sintomi psicotici come deliri e allucinazioni, disturbi della sfera affettiva (in particolare ansia, agitazione, depressione, disforia, irritabilità, mentre rari sembrano essere gli episodi maniacali) e alterazioni della personalità e del comportamento, quali indifferenza, apatia, disinibizione, aggressività, disturbi del sonno, wandering o vagabondaggio (4). L’emergere, nel corso della malattia, di tali disturbi ha un notevole impatto sulla salute e sulla qualità della vita del paziente, poiché causano un peggioramento della disabilità (5) e possono comportare una precoce istituzionalizzazione (6). Inoltre, sembrano rappresentare i principali fattori di stress e depressione per i caregivers (7). L’uso di farmaci psicotropi per il trattamento dei BPSD è ampiamente diffuso ed alcuni studi sottolineano come circa un terzo dei pazienti con malattia di Alzheimer assume 28 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio nel corso della malattia antidepressivi e antipsicotici, in monoterapia o in associazione polifarmacologica (8). Al tempo stesso alcuni contributi scientifici sembrano mettere in dubbio la reale efficacia di questi farmaci (9), e ne documentano l’associazione con un rischio aumentato di mortalità e di morbilità (10). L’impiego di psicofarmaci deve essere attentamente monitorato e va inquadrato mediante un approccio multidisciplinare alla cura, che comprenda diversi interventi specialistici, integrati tra di loro in ragione dell’eterogeneità eziologica dei BPSD, e della frequente correlazione con malattie fisiche e problematiche sociali presenti nel paziente anziano (11). L’obiettivo del presente lavoro è l’analisi della casistica di pazienti in cura presso l’ambulatorio UVA degli istituti Zucchi di Carate Brianza nel corso del 2011, valutando la prevalenza dei sintomi psicologici e comportamentali, e l’eventuale trattamento psicofarmacologico, con una particol a re attenzione rivolta all’uso di antipsicotici, siano essi impiegati in monoterapia od in associazione polifarmacologica. MATERIALI E METODI L’Unità Valutativa Alzheimer degli istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza è una struttura ambulatoriale, che si avvale delle competenze di un’equipe multidisciplinare di medici specialisti geriatri, neurologi e psicologi con esperienza nell'ambito dei disturbi neurologici e psichiatrici del paziente anziano (39). L’UVA si occupa dell’inquadramento diagnostico e terapeutico dei disturbi cognitivi nell’anziano, monitora il followup della malattia offrendo un supporto a pazienti e familiari nel far fronte ai molteplici problemi associati alle demenze. Più in dettaglio all'ambulatorio accedono, su richiesta del medico di medicina generale, pazienti con sospetto diagnostico di demenza, o pazienti che hanno già ricevuto un inquadramento diagnostico e terapeutico nell’ambito delle demenze, e si sottopongono a visite periodiche di controllo, ad intervalli di circa 3-6 mesi. La presente casistica fa riferimento in particolare a tutti i pazienti che nell’anno 2011 sono stati valutati dal geriatra. Il campione è costituito da 89 pazienti, di cui 37 maschi e 52 femmine, in un range di età compreso tra 64 e 94 anni, con un’ età media di circa 81 anni. Il numero di prime visite corrisponde a 39, i restanti 50 pazienti effettuavano visite periodiche di controllo. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a esame clinico e neurologico, nel corso del quale è stata raccolta un’accurata anamnesi, orientata in particolare a evidenziare la possibile presenza di disturbi psicologici e comportamentali associati al deficit cognitivo e l'eventuale trattamento con psicofarmaci. La valutazione diagnostica del deterioramento cognitivo è stata ottenuta attraverso la somministrazione del Mini Mental Test Examination e, quando necessario, attraverso test neuropsicologici di approfondimento (test del raccontino, span verbale, il test dell’orologio, le matrici attenzionali di Raven, poligono). L’anamnesi farmacologica è stata raccolta considerando quattro principali classi di psicofarmaci: antipsicotici (tipici ed atipici), antidepressivi, anticolinesterasici e memantina, ansiolitici ed ipnoinducenti. È stata indagata, anche retrospettivamente, l’eventuale concomitante assunzione di due o più antipsicotici in terapia di mantenimento, escludendo le prescrizioni di un secondo antipsicotico come terapia al bisogno. RISULTATI Le caratteristiche generali del campione sono illustrate nella Tabella 1. Il valore medio del MMSE dei pazienti valutati è di 17,3, ed è compreso in un intervallo con valori estremi di 5,7 e 30,3, senza significative differenze tra maschi e femmine. Il maggior numero dei pazienti valutati, pari al 57,3 %, è stato considerato affetto da Malattia di Alzheimer (AD). Il 18% ha ricevuto diagnosi di Demenza Mista (AD e Vascolare). Solo 7 pazienti hanno ricevuto diagnosi di demenza a genesi vascolare, mentre 11 pazienti presentavano un associazione di deficit cognitivi multipli associati a malattia di Parkinson (AD plus Parkinson). In un caso è stata formulata diagnosi di demenza Fronto-Temporale, sulla base della documentazione relativa a esami strumentali di Brain Imaging. Anche in questo non sono emerse diff e renze significative nei valori di MMSE in questi sottogruppi di pazienti. Al contrario, su 89 pazienti valutati, in due casi il MMSE ha evidenziato la presenza di un deficit cognitivo lieve (valori corretti superiori o uguali a 28 , mentre in altri due casi si è posta diagnosi di depressione, sulla base Tab. 1 - Caratteristiche cliniche del campione (89 pazienti) Sesso 37 maschi - 52 femmine Età media 81 anni (range 64-94) MMSE corretto medio 17,6 (5,7-30,3) Malattia di Alzheimer (AD) 51 pazienti (57, %) Demenza Mista (AD –Vascolare) 17 pazienti (18%) Demenza Vascolare 7 pazienti (7,9%) Altro: AD–Parkinson 11 pazienti (12,4%) Deficit lieve 2 pazienti (2,2%) Depressione 2 pazienti (2,2%) BPSD 42 pazienti (47%) De Giovanni A.,Manca M.C., Peroni F., et al. - Disturbi psico-comportamentali e prescrizione di ... 29 della sintomatologia prevalente e di un’accurata valutazione neuropsicologica che ha escluso un deficit cognitivo compatibile con iniziale decadimento cognitivo. Il 47% (22 maschi e 20 femmine) ha presentato disturbi psicologici e comportamentali ed hanno ricevuto un trattamento psicofarmacologico specifico (Tabella 2). Di questi 42 pazienti, 14, pari al 33% circa, hanno manifestato sintomi psicotici e frequenti episodi di agitazione psicomotoria. A questo sottogruppo di pazienti è stato prescritto un antipsicotico atipico, la quetiapina, in monoterapia alla dose media giornaliera di 50 mg. con un intervallo variabile da 25 mg. ad un massimo di 100 mg. Non sono stati prescritti altri antipsicotici, tipici od atipici, né in monoterapia né in associazione. Su 42 pazienti con BPSD, 25 pazienti, hanno ricevuto un trattamento con un antidepressivo. A 10 pazienti è stato somministrato Citalopram alla dose giornaliera media di 20 mg, a 4 pazienti Sertralina alla dose media di 50 mg/die, mentre a 2 pazienti è stata prescritta Paroxetina al dosaggio di 20 mg. al giorno. Il Trazodone, è stato impiegato per i disturbi di tipo ansioso-depressivo in 6 pazienti alla dose di 300 mg al giorno. Infine, in 3 casi, è stato prescritto Venfalaxina alla dose media giornaliera di 75 mg. Le benzodiazepine sono state prescritte come terapia di mantenimento solo 10 pazienti: in 4 casi è stato somministrato Bromazepam alla dose giornaliera di 3 mg. ment re 6 pazienti hanno ricevuto in pre s c r i z i o n e Lorazepam al dosaggio medio di 1 mg/die. La maggior parte dei pazienti con BPSD, circa 28 su 42 pari al 66,7 % del campione, ha ricevuto in associazione una terapia mirata al miglioramento della performance cognitiva. In particolare, 20 pazienti con BPSD hanno ricevuto un trattamento con inibitori dell’acetilcolinesterasi: 11 pazienti sono stati seguiti in terapia con Do nezepil alla dose media giornaliera di 10 mg; ad altri 9 è stata prescritta Rivastigmina con un dosaggio giornaliero medio di 6 mg. Infine 8 pazienti su 42 con BPSD hanno ricevuto un trattamento con Memantina alla dose di 20 mg al giorno. Tab. 2 - Psicofarmaci utilizzati in terapia Psicofarmaco N° pazienti in trattamento Quetiapina 14 pazienti SSRI 25 pazienti Benzodiazepine 10 pazienti Donezepil 11 pazienti Rivastigmina 9 pazienti Memantina 8 pazienti DISCUSSIONE Come accennato nell’introduzione al presente lavoro, i disturbi psicologici e comportamentali sono molto frequenti nei pazienti con demenza e ne condizionano la prognosi, causando spesso una precoce istituzionalizzazione. Il nostro studio conferma la rilevante prevalenza sottolineata in letteratura, ed il notevole impatto clinico dei BPSD sin dalle fasi inziali della malattia. Sebbene il primo approccio terapeutico ai BPSD sia rappresentato da un accurato esame clinico generale dei possibili disturbi fisici, che possono causare o esacerbare il disagio psichico ed esitare in anomalie comportamentali (12), in tutti i pazienti si è ravvisata la necessità di impiegare un trattamento farmacologico con psicofarmaci. I farmaci psicotropi utilizzati, coerentemente con gli attuali indirizzi terapeutici, sono stati i seguenti: antipsicotici, antidepressivi, anticolinergici o memantina, ansiolitici-sedativi ed ipno-inducenti (13). Esamineremo in dettaglio le classi di psicofarmaci prescritti, confrontando i risultati con i dati disponibili in letteratura. Gli antipsicotici sono farmaci largamente prescritti ai pazienti con demenza e disturbi neuropsichiatrici, avendo il loro razionale di impiego non solo nella efficace azione sui sintomi produttivi psicotici, ma anche in relazione all’attività sedativa che potrebbe concorrere al controllo di gravi disturbi comportamentali, quali l’aggressività e l’agitazione psicomotoria (14). Altrettanto diffusa nella pratica clinica sembra essere la concomitante prescrizione di due o più antipsicotici nei pazienti geriatrici con BPSD (15). Se la maggior parte degli studi disponibili in letteratura riportano una frequenza di prescrizione polifarmacologica variabile tra il 10 al 20%, alcuni studi incentrati su unità residenziali geriatriche riferiscono un impiego di due o più antipsicotici in una percentuale di pazienti esaminati che arriva al 50% (16). Per quanto concerne la nostra casistica, su 42 pazienti con BPSD, pari al 47% del totale, è stato prescritto un antipsicotico in 14 casi. (33,3% dei pazienti con BPSD). Le indicazioni cliniche principali per la prescrizione sono state la presenza stabile di deliri o allucinazioni, associata o meno a frequenti episodi di agitazione o aggressività. Non sono stati impiegati antipsicotici tipici ed è stato prescritto un solo antipsicotico: la Quetiapina in monoterapia, al dosaggio medio giornaliero di 50 mg. La preferenza per un antipsicotico atipico deriva, in primo luogo, dalla consapevolezza che i neurolettici tipici si associano, con elevata frequenza, a gravi effetti collaterali neurologici e cardiovascolari, che ne limitano l’uso nei pazienti anziani e geriatrici in particolare (17) . In secondo luogo, gli antipsicotici atipici si sono dimostrati, in molteplici studi clinici controllati, disponibili in letteratura di pari efficacia terapeutica rispetto alle terapia tradizionali (18). Tra i 30 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio vari antipsicotici atipici di comune impiego nel trattamento dei BPSD, come il Risperidone (19), o l’Olanzapina (20), è emersa un scelta esclusiva sulla Quetiapina al dosaggio medio di 50 mg/die. L’efficacia e la tollerabilità di questo farmaco nel trattamento dei disturbi psicotici in pazienti anziani è stata valutata per la prima volta in openlabel trial da Tariot e colleghi, in uno studio che ne evidenziò il basso profilo di rischio di parkinsonismo, distonia, e discinesie, ed una buona incisività anche sul trattamento delle anomalie comportamentali associati ai sintomi psicotici (21). Diversi studi clinici successivi, hanno confermato l’efficacia di quetiapina nel ridurre non solo i sintomi del cluster psicotico, deliri ed allucinazioni (22), ma hanno sottolineato con maggior evidenza un buona attività nel controllo di gravi alterazioni comportamentali come l’aggressività (23). Rainer e colleghi hanno in seguito evidenziato come sia la quetiapina, che il rispe-ridone, siano ugualmente efficaci nel ridurre i sintomi psicotici e, in generale, nel trattamento dei BPSD, per quanto il risperidone sia considerato il farmaco con la maggiore incisività sul controllo delle anomalie comportamentali, quali l’agitazione psicomotoria e l’aggressività (24). La scelta preferenziale della quetiapina sembra in parte dovuta proprio alla concezione che tale farmaco sia considerato, a parità di efficacia, l’antipsicotico tipico più sicuro (25). Per quanto gli antipsicotici atipici, infatti, siano ampiamente utilizzati, è pur vero che nell’ultima decade, alcuni studi hanno ripetutamente messo in dubbio la sicurezza della terapia con antipsicotici nel paziente anziano (26), sottolineando, in particolare, il rischio di eventi cerebrovascolari acuti e un incremento di mortalità nei pazienti affetti da demenza (10). Il Risperidone, ad esempio, è stato tra i primi antipsicotici atipici per il quale è stato evidenziato un consistente aumento del rischio di mortalità e morbidità per accidenti cere b rovascolari, rispetto al placebo (27). Come il risperidone, anche l’impiego di olanzapina è stato correlato ad un incremento del rischio di simili effetti collaterali (26). Al contrario, alcuni dati clinici sembrano indicare un rischio di eventi cere b rovascolari in pazienti affetti da demenza che assumono quetipapina ridotto (24), o addirittura assente (27), contribuendo al sempre maggior impiego di quetiapina, come antipsicotico atipico, nel trattamento dei BPSD nell’anziano. Nel 2009 Bishara e colleghi hanno pubblicato uno studio di survey, nel quale 166 medici britannici sono stati invitati ad esporre le loro opinioni di esperti circa il trattamento farmacologico più appropriato per i BPSD, e nell’ambito di questa indagine la quetiapina è risultata essere l’antipsicotico atipico di prima scelta nel Regno Unito per il trattamento dei sintomi neuropsichiatrici associati a demenza (28). Circa il 60% dei pazienti con BPSD della nostra casistica ha ricevuto una terapia con antidepressivi. Tutti i farmaci prescritti appartengono alla classe degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina (SSRI). Da ormai tre decadi, gli antidepressivi sono impiegati anche nei pazienti con malattia di Alzheimer per la cura dei disturbi della sfera affettiva. Una metanalisi ha evidenziato una maggior efficacia terapeutica nei pazienti anziani degli SSRI rispetto agli antidepressivi triciclici, associata ad un’elevato profilo di tollerabilità e sicurezza (29). Il citalopram è stato il farmaco più utilizzato nella nostra casistica, ma ampiamente usati sono stati anche Sertralina e il trazodone. Il citalopram sembra svolgere un effetto terapeutico anche sull’agitazione e l’aggressività, superiore al placebo e comparabile a quello di un antipsicotico atipico come risperidone (30). Farmaci sedativi-ipnotici come le benzodiazepine sono stati somministrati solo al 23% dei pazienti con BPSD. Il loro impiego, come pure quello del Trazodone, per quanto diffuso dovrebbe essere limitato nell’anziano, perché tali farmaci responsabili di un peggioramento delle funzioni cognitive e di perdita della coordinazione motoria, con conseguente aumento del rischio di cadute e fratture. Inoltre il trazodone non sembra particolarmente utile nel trattare l’agitazione psicomotoria (31). Nel nostro studio al 67% circa dei pazienti con BPSD sono stati prescritti inibitori dell’acetilcolinesterasi o memantina. Per quanto l’indicazione primaria alla somministrazione di questi farmaci resti il trattamento del deterioramento cognitivo, un approccio terapeutico emergente considera questi farmaci utili anche sotto il profilo del miglioramento dei sintomi psicologici e comportamentali associati alle sindromi demenziali. Il deficit colinergico osservato in pazienti con malattia di Alzheimer sembra, infatti, contribuire anche alla patogenesi delle alterazioni neuropsichiatriche che caratterizzano la malattia (32). Non è ancora chiaro, tuttavia, quanto questi farmaci siano incisivi clinicamente nel trattamento dei BPSD. Una meta-analisi ha dimostrato un’associazione statisticamente significativa tra l’impiego di donezepil e rivastigmina ed un lieve miglioramento dei punteggi del NPI rispetto al placebo, in pazienti con malattia di Alzheimer, evidenziabile dopo un periodo di trattamento di 24-26 settimane (33). A supporto di un potenziale beneficio nella cura dei sintomi psichiatrici e comportamentali di tali farmaci vi è anche uno studio clinico randomizzato, in cui la cessazione del donepezil, comparata a quella di un placebo, è risultata associata ad un significativo peggioramento del punteggio NPI totale lungo un periodo di tempo di 6 settimane (34). Gli inibitori della colinesterasi sembrano apportare il maggior beneficio clinico nel trattamento di sintomi quali la disforia, la depressione, l’apatia, e gli De Giovanni A.,Manca M.C., Peroni F., et al. - Disturbi psico-comportamentali e prescrizione di ... stati ansiosi (35). Possono, inoltre, migliorare alcuni sintomi psicotici come la allucinazioni visive in pazienti. affetti da demenza a corpi di Levy (36). Tuttavia i potenziali benefici difficilmente sono evidenziabili nel breve termine e richiedono un tempo minimo di circa 3 mesi (31). La Memantina è un farmaco antagonista non competititvo a bassa affinità del recettore NMDA del glutammato. Il suo impiego nel trattamento del deterioramento cognitivo nei pazienti con malattia di Alzheimer mira a ridurre l’iperattività glutammatergica che si osserva nei pazienti con malattia di Alzheimer. Alcuni studi suggeriscono che tale farmaco possa costituire una terapia alternativa anche dei sintomi affettivi, di alcune anomalie comportamentali e, in grado minore, dei sintomi psicotici, associati alla demenza. Tali effetti benefici si svilupperebbero in un arco di tempo non inferiore ai 3-6 mesi (37). Una recente meta-analisi ha evidenziato modesti ma statisticamente significativi benefici terapeutici dell’impiego della memantina nel trattamento dei BPSD non solo nella malattia di Alzheimer ma anche nelle demenza a patogenesi vascolare (38). 31 CONCLUSIONI La prevalenza dei disturbi neuropsichiatrici nell’anziano è elevata. Il miglior trattamento si attua mediante un approccio multidisciplinare tra le diverse figure professionali coinvolte. L’uso mirato di psicofarmaci, e in particolare di antipsicotici, deve essere sempre affiancato ad attento esame clinico dei frequenti disturbi fisici (infezioni, dolore, disidratazione, disturbi glico-metabolici), che possono causare o esacerbare le anomalie piscologiche e comportamentali, e ad un’accurata valutazione delle frequenti problematiche socioambientali, che spesso emergono lungo la storia della malattia. Le Unità Valutative Alzheimer (UVA) istituite dalla Regione Lombardia nel 1999, possono svolgere un ruolo importante nell’affrontare una simile sfida terapeutica, elaborando e coordinando differenti interventi bio-psicosociali, in un’ottica di assistenza al paziente integrata tra ospedale e territorio. 32 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio BIBLIOGRAFIA 1. 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Unità Operativa Complessa di Geriatria, Azienda Ospedaliera di Cosenza Riassunto: Nel 2012 l’Unità Operativa Complessa di Geriatria dell’ Azienda Ospedaliera di Cosenza ha proposto un percorso diagnostico-terapeutico per la gestione delle pleuriti infettive nel paziente adulto-anziano. Questo proposta è stata motivata dall’ elevato numero di pazienti che si ricoverano in Geriatria e Medicina Interna per versamenti pleurici infettivi o per versamenti pleurici di natura indeterminata. La mortalità del 15% per versamenti infettivi può addirittura aumentare se la gestione diagnostico-terapeutica non è appropriata. Questo percorso implica una collaborazione tra Clinici e Chirurghi Toracici e rappresenta un tentativo di fornire uno strumento semplice per affrontare questa patologia in modo sistematico ed efficace Parole chiave: versamento pleurico, versamento pleurico infettivo. Summary: In 2012, the Unità Operativa Complessa di Geriatria of the Azienda Ospedaliera di Cosenza proposed a diagno stic work-up with therapeutic options for the management of pleural infections in adult-elderly patients. This proposal was motivated by the increasing number of patients who are currently hospitalized in geriatric and general medicine wards of this large hub-Hospital because of pleural infections or pleural effusions of unknown origin. The 15% mortality due to pleural infections is likely to increase in the absence of appropriate management. This work-up implies a collaboration between clini cians and thoracic surgeons and tries to provide a simple tool for systematically and effectively approaching this disease. Key words: pleural effusion, pleural infection INTRODUZIONE Si definisce versamento pleurico parapneumonico un essudato pleurico secondario ad una polmonite. Nella maggior parte dei casi si tratta di versamenti pleurici di modesta entità e microbiologicamente sterili. In questi casi, è quindi sufficiente trattare in modo corretto la polmonite e limitarsi ad un attento follow-up clinico-radiologico fino a risoluzione della polmonite e del versamento. Esistono però delle forme “complicate” in cui il rischio di evoluzione verso l’ empiema pleurico è elevato. In queste forme è necessario lo svuotamento del versamento (drenaggio toracico), secondo il percorso metodologico che verrà descritto qui di seguito. Naturalmente, l’empiema polmonare è la forma più grave di infezione pleurica e deve essere svuotato in tempi molto rapidi (1-3). La polmonite è la causa più frequente di versamento pleurico infettivo, ma esistono altre cause di pleurite infettiva che è necessario conoscere per Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Filippo Luca Fimognari Unità Operativa Complessa di Geriatria Azienda Ospedaliera di Cosenza Via Felice Migliori, 87100 Cosenza Tel. fax 0984681346 Email: [email protected] una corretta diagnosi differenziale (Tabella 1) (3). Gli esperti ritengono fondamentale che ogni istituzione sanitaria si doti di un proprio Percorso Diagnostico-terapeutico (PDT) sulle infezioni pleuriche, tenendo in considerazione le evidenze scientifiche e le risorse presenti localmente (1-3). L’Azienda Ospedaliera di Cosenza dispone delle professionalità necessarie ad affrontare in modo completo le infezioni pleuriche complicate, ma esiste il rischio di una frammentazione dell’azione terapeutica che potrebbe ridurre la qualità del trattamento. Di qui l’ esigenza di formalizzare in modo completo, rigoroso e condiviso alcuni concetti chiave sulla gestione delle pleuriti infettive, in modo da mettere in rete le diverse professionalità esistenti e garantire ai pazienti il miglior percorso di cura possibile. In casistiche statunitensi, le infezioni pleuriche sono infatti gravate da un 15% di mortalità (2), una cifra che potrebbe essere ancora maggiore in assenza di approccio terapeutico corretto. DIAGNOSTICA DEL VERSAMENTO PLEURICO INFETTIVO Una volta dimostrato il versamento pleurico con Rx torace, ecografia toracica o tomografia computerizzata (TC), il primo passo è la toracentesi diagnostico-evacuativa, avendo cura di evitare sottrazioni di eccessive quantità di liquido. 34 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio In alcuni casi, caratterizzati da scarsa gravità clinica, piccole dimensioni del versamento (categoria 1, vedi Tabella 2) oppure versamento bilaterale chiaramente secondario a scompenso cardiaco, si potrà decidere di non procedere alla toracentesi e di effettuare soltanto un attento followup clinico strumentale. La toracentesi deve essere eseguita sotto guida ecografica. Il liquido va inviato in laboratorio per l’esame chimico-fisico, in anatomia patologica per l’esame citologico ed in microbiologia per la ricerca batterioscopica diretta (colorazione Gram) ed i n d i retta (coltura) di germi. Sul liquido deve anche essere effettuata subito un’emogasanalisi per la misurazione del pH. Il versamento pleurico infettivo è classicamente un essudato. I criteri Light sono molto utili per stabilire se il versamento è un essudato (causato in genere da polmoniti, tumori o tubercolosi) o un trasudato (scompenso cardiaco, cirrosi epatica, atelettasie polmonari) (4). La distinzione è fondamentale ai fini dell’identificazione della patologia che ha generato il versamento, orientando correttamente la terapia. Sulla base dei criteri di Light, si tratterà di un essudato se ci sarà almeno una delle seguenti condizioni: 1. rapporto concentrazione di proteine nel liquido pleurico/protidemia > 0.5 (cioè la concentrazione di proteine nel liquido pleurico è almeno il 50% di quella ematica o maggiore del 50%). 2. rapporto concentrazione di lattico deidro g enasi (LDH) nel liquido pleurico/LDH ematica > 0.6 (cioè la concentrazione di LDH nel liquido pleurico è almeno il 60% di quella ematica o di più). Elemento aggiuntivo è il numero di globuli bianchi (> di 1000 per mm3 negli essudati). In sintesi, un liquido pleurico è un essudato se è ricco di proteine totali, albumina ed LDH, con concentrazioni pleuriche ≥ 50-60% di quelle ritrovate nel Tab. 1 - Cause di pleurite infettiva ed empiema pleurico Polmoniti comunitarie o associate a cure sanitarie Ascessi polmonari Esacerbazioni infettive di bronchiectasie Traumi toracici o addominali Procedure diagnostiche toraciche (toracentesi o esofagoscopia) Pleuriti infettivi primarie (diffusione ematogena da infezioni gengivali o di alte vie respiratorie) Chirurgia toracica o addominale Estensione di infezione da collo, addome o mediastino Ostruzione bronchiale da tumori o corpi estranei sangue. Sarebbe quindi opportuno avere un prelievo ematico effettuato lo stesso giorno della toracentesi, sebbene possa andar bene anche un prelievo ematico di qualche giorno prima. Talvolta, il versamento pleurico da scompenso cardiaco, anche se monolaterale, può avere le caratteristiche di un essudato sulla base dei criteri di Light (invece che del classico trasudato), soprattutto in pazienti in terapia diuretica cronica (5). Pertanto, nei casi sospetti si dovrà ottimizzare la terapia per lo scompenso cardiaco e ricontrollare il versamento con Rx torace e/o ecografia toracica prima di qualsiasi procedura invasiva. La misurazione ematica di NT-proBNP (N-terminal pro-brain natriuretic peptide) può essere di ausilio, in quanto valori superiori a 2000 pg/mL aumentano fortemente la probabilità che il versamento sia secondario a scompenso cardiaco, pur avendo i caratteri dell’ essudato (6). L’APPROCCIO MEDICO-CHIRURGICO AI VERSAMENTI INFETTIVI Dimostrata l’origine infettiva, è indicata la terapia antibiotica. Come in tutte le infezioni, è importante identificare il microbo (emocoltura prima dell’ inizio della terapia antibiotica se c’è febbre, studio del liquido). Nei versamenti parapneumonici, gli schemi ricalcano quelli validi per le polmoniti. È opportuno, nei casi gravi, prendere in considerazione l’origine da anaero b i , aggiungendo clindamicina o metronidazolo (2). Nei soggetti con versamento molto piccolo (categoria 1, vedi Tabella 2), la toracentesi diagnostico-evacuativa non è indicata. In casi un po’ più gravi (categoria 1-2), a volte una semplice toracentesi diagnostico-evacuativa può rappresentare l’unico atto diagnostico e terapeutico, insieme alla terapia antibiotica. In entrambe le situazioni si impone comunque un attento follow-up clinicostrumentale. Le dimensioni del versamento, un pH pleurico < 2, oppure una dimostrazione della presenza di batteri nel liquido pleurico (positività dell’esame Gram al batterioscopico diretto e/o positività della coltura) dimostrano la presenza di un versamento complicato (categoria 3 e 4) e pongono indicazione allo svuotamento tramite drenaggio toracico (Tabella 2) (7-8). Nei versamenti infettivi complicati o nell’ empiema franco, il cardine della terapia è dunque lo svuotamento del liquido con tubo da drenaggio toracico, procedura che viene eseguita in sala operatoria dai Chirurghi Toracici. Indipendentemente dallo schema decisionale proposto in Tabella 2, la decisione di effettuare il drenaggio toracico va sempre adottata dopo consulto con i colleghi della Chirurgia Toracica al letto del paziente. Inoltre, vista la possibile latenza temporale tra il giorno della decisione ed il giorno dell’intervento, è sem- Fimognari F.L. Un percorso diagnostico-terapeutico per la gestione dei versamenti pleurici… 35 Tab. 2. - Stadi di gravità ed indicazione al drenaggio toracico nelle pleuriti infettive Categoria Anatomia Chimica Batteriologia Rischio Drenaggio basso Molto 1 Versamento minimo (<10 mm) e Sconosciuta e Sconosciuta 2 Versamento piccolomoderato (≥10 mm e < 1/2 emitorace) e pH≥2 e Negatività di gram e coltura Basso no 3 Versamento grande (≥ 1/2 emitorace) o parete pleurica ispessita; o concamerazioni oppure pH < 2 oppure Positività di gram e/o coltura Moderato si 4 Empiema Pus Alto si Adattata da referenza 7 (linee guida American College of Chest Physicians) e referenza 3. I versamenti di categoria 1 (rischio molto basso) possono non essere sottoposti a toracentesi e meritano solo trattamento medico ed osservazione. Lo spessore del versamento (più o meno 10 mm) può essere calcolato con l’ecografia toracica. Criteri aggiuntivi di versamento complicato sono: glucosio 40 mg/dL; LDH > 1000 UI/L; liquido denso e viscoso. pre indicato ricontrollare in reparto la persistenza del versamento (tramite ecografia) subito prima di inviare il paziente in sala operatoria. In genere, viene posizionato un tubo di grandi dimensioni (25-34 French), anche se osservazioni recenti suggeriscono buone percentuali di successo anche con tubi di calibro più piccolo (8-12 French) posizionati sotto guida ecografica (3). Il successo della procedura è definito da una completa ri-espansione del polmone e dalla risoluzione dei segni clinici ed ematochimici di infezione. Se si ritiene opportuno effettuare una TC polm o n a re, per esempio nei casi in cui si debba definire meglio la diagnosi (studiare meglio i polmoni) o si sospetti un tumore, è più appropriato eseguire la TC solo dopo la conclusione del periodo di dre n a ggio toracico. In questo modo sarà possibile verificare in modo più rigoroso il successo del drenaggio toracico (avvenuta ri-espansione polmonare) e nel contempo studiare il polmone nelle condizioni anatomiche migliori. Se la TC confermerà il sospetto di tumore, si potrà decidere di proseguire con procedure diagnostiche più invasive, come la bro ncoscopia con biopsia trans-bronchiale, oppure la toracoscopia chirurgica per eseguire biopsie pleuriche o polmonari (vedi dopo). Una biopsia pleurica può essere necessaria anche nei casi di sospetta tubercolosi pleurica, data la scarsa sensibilità diagnostica del semplice esame microbiologico del liquido pleurico. La toracoscopia è una tecnica che permette un accesso minimamente invasivo al cavo pleurico, consentendo di drenare liquido pleurico viscoso, effettuare sbrigliamento di sepimentazioni nei versamento concamerati e posizionare drenaggi sotto diretta visualizzazione (1-3,7-8). Si distinguono 2 tipi di toracoscopia. La toracoscopia chirur gica video-assistita è una procedura chirurgica che viene effettuata in anestesia totale dai Chirurghi Toracici e prevede una intubazione selettiva di un solo polmone ed il collasso completo del polmone il cui cavo pleurico deve essere indagato. La VATS consente l’esecuzione di biopsie pleuriche e polmonari mirate ed è quindi la metodica principe nella diagnostica dei versamenti pleurici di origine sconosciuta. Con la VATS è anche possibile effettuare la decorticazione pleurica e la pleurodesi (per esempio quella con il talco, il cosiddetto talcaggio). Naturalmente, la VATS può essere effettuata solo in pazienti che tollerano la respirazione mono-polmonare e la sua fattibilità e da verificarsi caso per caso in anziani fragili o affetti da malattie cardio-polmonari croniche. La cosiddetta (toracoscopia medica) richiede invece solo anestesia locale e modesta sedazione e non prevede un collasso completo del polmone. È in genere effettuata dai broncologi (presso l’Ospedale di Cosenza è effettuata dai Chirurghi Toracici). Può rappresentare una valida alternativa alla VATS per pazienti fragili, ma non consente di effettuare biopsie pleuriche o polmonari, decorticazione o pleurodesi. La toracoscopia medica è inferiore alla VATS nel trattamento dei versamenti con severe concamerazioni e la presenza di setti contenenti vasi sanguigni (1-3,7-8). Non esistono linee guida univoche che stabiliscano quando è sufficiente il drenaggio toracico semplice e quando invece è il caso di effettuare una toracoscopia, ma l’impossibilità di drenare sufficienti quantità di liquido e di ottenere la riespansione polmonare con il drenaggio semplice rappresentano in genere indicazioni alla toracoscopia medica o chirurgica. Come detto sopra, la VATS con biopsia pleurica è l’ esame più affidabile per la diagnosi di versamenti pleurici di origine sconosciuta (soprattutto tumori primitivi o secon- 36 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio Fig. 1 - Schematica flow-chart diagnostico-terapeutica nei versamenti infettivi. Le categorie di gravità del versamento (da 1 a 4) sono stabilite sulla base delle linee guida dell’ American College of Chest Physicians (referenza 7), con adattamento (vedi Tabella 2). Abbreviazioni: TAC, tomografia assiale computerizzata; VATS, video-assisted thoracoscopic surgery. dari della pleura). Nei casi di fallimento della toracoscopia, il Chirurgo Toracico potrà optare per il cosiddetto d renaggio aperto. Ci sono 2 tipi di opzioni. La prima è quella di praticare una piccola toracotomia, drenare il contenuto pleurico, ed infine chiudere la p a rete toracica lasciando uno o più drenaggi. L’altra opzione è quella di cre a re un’ apertura nella p a rete toracica, anche grazie ad una resezione delle coste, creando uno stoma che consenta il continuo d renaggio della cavità toracica per 2-3 mesi. Questo approccio si chiama toracostomia. La tora cotomia e la toracostomia sono indicate nelle situazioni gravi, in cui l’empiema pleurico ha determinato una sepsi ed è necessario ottenere una evacua- zione del pus in tempi brevi. Altra indicazione è l’empiema pleurico cronico (1-3,7-8). La decisione di procedere con la toracotomia o con la toracostomia spesso viene presa dal Chirurgo toracico durante la toracoscopia. In tal caso la toracoscopia viene convertita in toracotomia durante la stessa seduta chirurgica. La decorticazione, che può essere effettuata durante VATS o prima di un drenaggio aperto (toracotomia o toracostomia), consiste nella escissione di tutto il tessuto fibroso dalla pleura. La Fig. 1 sintetizza la flow chart di intervento nelle pleuriti infettive adottata dall’Azienda Ospedaliera di Cosenza con il presente percorso diagnostico-terapeutico. BIBLIOGRAFIA 1. GIRDHAR A., SHUJAAT A., BAJWA A.: Management of infectious pro cess of the pleural space: a review. Pulm Med 2012; 2012: 816502. 2. KOEGELENBERG C.F.N., DIACON A.H., BOLLIGER C.T. : Parapneumonic pleural effusion and empyema. Respiration 2008; 75:241-250. 3. HEFFNER J.E., KLEIN J.S., HAMPSON C.: Interventional management of pleural infections. Chest 2009;136:1148-1159. 4. LIGHT R.W.: Clinical practice. Pleural effusion. N Engl J Med 2002; 346:1971-1977. 5. ROMERO-CANDEIRA S., FERNANDEZ C., MARTIN C., et al.: Influence of diuretics on the concentration of protein and other components of pleural tran sudates in patients with heart failure. Am J Med 2001; 110: 681-686. 6. PORCEL J.M. : Establishing a diagnosis of pleural effusion due to heart fai lure. Respiration 2009; 14: 471-473. 7. COLICE G.L., CURTIS A., DESLAURIERS J., et al. : Medical and surgi cal treatment of parapneumonic effusions: an evidence-based guideline. Chest 2000; 118:1158-1171. 8. DAVIES H.E., DAVIES R.J., DAVIES C.W.: BTS Pleural disease guideli ne group. Management of pleural infection in adults: British Thoracic Society Pleural Disease Guideline 2010. Thorax 2010; 65 (suppl 2): ii41-53. 37 UNA STRANA ANEMIA Zocca N., Zordan L.1 Medico Internista presso l’Unità Operativa di Medicina Interna della Casa di Cura Eretenia Vicenza Coordinatrice presso l’Unità di Chirurgia Generale della Casa di Cura Eretenia di Vicenza Riassunto: Viene descritto il caso di una donna 74enne, affetta da almeno 3 mesi da anemia; giunge alla nostra osservazione per algie ricorrenti al rachide lombo-sacrale e sensazione di “gambe fasciate”. Tutte le nostre indagini evidenziano una anemia sideropenica, aumento dei marcatori di neoplasia. Dopo il riscontro ecografico di ampia lesione solida a carico del terzo medio-superiore del rene sx e la conferma con tac del torace e dell’addome ed ecocardiogramma, inviano urgentemente la paziente dal cardiochirurgo, che assieme all’urologo e al chirurgo vascolare provvedono ad operare la paziente. A STRANGE ANEMIA Summary: Describes the case of a 74enne woman, suffering from at least 3 months from anemia; came to our obser vation by recurrent pain in the lumbosacral spine and legs bandaged. " All of our surveys have shown an increa se in anemia, tumour markers. After the ultrasound confirmation of large solid lesion the third middle-upper left kidney and confirmation with tac of chest and abdomen and Echocardiogram, we urgently the patient from the heart surgeon, who together with the urologist and the vascular surgeon provided for the patient. Key words: Anemia; Renal neoplasia; Renal vein thrombosis, sovraepatica, cava, right atrium. DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO Arriva alla nostra osservazione una paziente femmina di 74 anni, con anemia sideropenica, affetta da diabete insulino-trattato, che lamentava una sintomatologia caratterizzata da marc a t a astenia, inappetenza, dolore al rachide lombosacrale e sensazione di gambe fasciate. Una EGDS eseguita al momento del ricovero mostrava solo piccola ernia jatale ed aspetto mammellonato della mucosa corpo-fundica con pliche ipertrofiche e note di sanguinamento recente; dagli esami bioumorali emerse anemia da carenza di ferro (GR 3.960.000/L, Hb 9.2 g/dl, MCV 73.1 fl, ferro 18 g/dl, ferritina 6 ng/ml), lieve piastrinopenia (plts 114.000/L), iperglicemia (214 mg/dl), iperuricemia (10.2 mg/dl), aumento di LDH (652 U/L), aumento di CA 125 (107.5 UI/ml), BNP (169.3 pg/ml). L’Ecografia dell’addome evidenziava fegato un pò ingrandito a margini sinuosi, con ecostruttura omogenea ( a parte due lesioni ovoidali iperecogene, solide, a margini netti rispettivamente con diametro massimo di 4 e di 1.8 cm, la prima situata in corrispondenza delle vv. sovraepatiche e l’altra, in prossimità della v. renale dx. Altra minuta immagine ovoidale iperecogena con Indirizzo per la corrispondenza: Zocca Nadir Unità Operativa di Medicina Interna Casa di Cura Eretenia, Viale Eretinio - 36100 Vicenza E-mail: [email protected] diametro massimo di 8 mm a carico del segmento VI), colecisti normalmente distesa con piccolo polipo a ridosso della sua parete anteriore, vie biliari intraepatiche e via biliare principale con calibro regolare, asse spleno-portale pervio, normale la regione pancreatica, la milza ed il rene dx; ampia lesione ovoidale solida ad ecostruttura disomogenea con margini bozzuti e diametro massimo di 10 cm circa al terzo medio-terzo superiore del rene sn che appare dislocato verso il basso. Bacinetto non dilatato. Mal valutabile l’ambito retroperitoneale per la presenza di intenso meteorismo intestinale. Vescica vuota. Falda liquida in sede peri-epatica e discreta quantità di liquido anche nei settori declivi della regione pelvica; lo studio dell’addome eseguito attraverso TAC con somministrazione di mdc endovena per acquisizioni in fase arteriosa, portale e tardiva vedeva fegato di dimensioni superiori alla norma, con valori densitometrici disomogenei nelle acquisizioni effettuate in fase arteriosa e portale, data la presenza di significativa alterazione della sua perfusione in relazione a turbe dell’emodinamica cardiaca, dovute alla presenza di ampia lesione trombotica con diametro assiale massimo di 4.2cm situata in sede atriale. Presente estesa formazione trombotica occupante quasi interamente il lume della vena cava inferiore. La lesione trombotica è un continuum con il lume della v. renale di sn, di calibro superiore alla norma. Parte del terzo medio e tutto il terzo superiore del rene di questo lato appare occupato da ampia tumefa- 38 Geriatria 2013 Vol. XXV; n. 1 Gennaio/Febbraio zione ovoidale solida con estese aree di tipo colliquativo al suo interno con diametro assiale massimo di 10 cm. La lesione presenta margini bozzuti. Bacinetto renale non è dilatato. L’uretere corrispondente presenta normali decorso e calibro. Strie dense sono riconoscibili nel tessuto grasso peri-renale. La lesione coinvolge anche la loggia surrenale omolaterale e presenta ampia superficie di contatto con la milza; giunge in prossimità del margine contrapposto del pancreas dal quale è separata da sottile piano di clivaggio adiposo. La regione pancreatica non presenta alterazioni di rilievo per il resto. Come di norma la milza ed il rene dx. In corrispondenza dei segmenti V ed a carico del VI epatici sono inoltre riconoscibili due lesioni ovoidali a margini netti rispettivamente con diametro massimo di 20 e 8 mm, verosimilmente riferibili a lesioni angiomatose come anche da Ecografia addominale già citata. Asse splenoportale bene opacizzato. Coesiste ampia falda liquida in sede peri-epatica. Sottile falda liquida peri-splenica. Discreta quantità di liquido era riconoscibile anche in ambito pelvico. Vescica poco distesa. Utero di morfologia globosa e valori densitometrici disomogenei. Aorta con normali decorso e calibro. Infine, nello studio effettuato con finestra per strutture ossee, non si apprezzavano lesioni a focolaio. L’Ecocardiogramma descrive atrio sinistro nei limiti. Mitrale normale. Aorta con valvola tricuspide con lieve insufficienza e tratto toracico nei limiti. Ventricolo sx con spessori, diametri e cinesi globale e segmentaria nei limiti. Volumi-nosa massa in atrio dx ( 13 cmq, , diametri 3.3 x 4.9 cm), adesa al setto interatriale aggettante attraverso la tricuspide in ventricolo dx realizzante stenosi tricuspidale lieve ( gradiente transvalvolare tricuspidale medio 2 mmHg). Non versamenti pericardici. Dopo il referto dell’ecografia del cuore provvediamo urgentemente a contattare il cardiochirurgo, che assieme al vascolare e all’urologo sottopongono la paziente ad intervento chirurgico di nefrectomia e sfilamento del trombo massivo paraneoplastico. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Il legame tra il tumore e la formazione di coaguli di sangue non è una novità; i primi studi sull’argomento risalgono al 1985, quando Armand Trousseau scoprì, come i due fenomeni apparentemente lontani, come la comparsa di un tumore e la formazione di coaguli, avessero qualcosa in comune, senza però riuscire a spiegarlo in maniera scientifica. Da allora sono stati condotti numerosi altri studi in tal verso e negli ultimi anni questo pericoloso legame si sta delineando con sempre maggiore chiarezza, grazie anche ad un numero crescente di studi sull’argomento. Il legame è a doppio senso, in quanto, da una parte, nei pazienti con tumore aumenta il rischio di svilup- pare una trombosi, cioè un fenomeno che porta all’occlusione di uno o più vasi sanguigni, soprattutto venosi (1). Dall’altra la crescita di un tumore e la formazione delle metastasi possono essere favorite dall’attivazione del processo della coagulazione e di quei meccanismi che portano alla trombosi. Nei decenni scorsi sono stati condotti numerosi studi sperimentali che suggerisconoquesto doppio legame, descrivendo ad esempio le attività pro-coagulanti, e quindi trombogeniche di molte cellule tumorali, e la capacità di farmaci anticoagulanti di prevenire la crescita di tumori sperimentali. Tuttavia, solo più recentemente è stato possibile trasferire in clinica i messaggi derivanti dai modelli sperimentali. E ciò è avvenuto grazie all’impiego di farmaci antitrombotici nuovi e più maneggevoli e alla migliore consapevolezza del problema, da parte non più solo degli esperti di trombosi, ma anche e soprattutto degli oncologi. Questi ultimi sono oggi molto più sensibili al problema della trombosi che si verifica non solo in fase post-chirurgica, ma anche in corso di chemioterapia e di ormonoterapia. Questi eventi vascolari sono in grado di sovvertire schemi terapeutici con cadenze temporali ben stabilite e consolidate. La trombosi venosa può essere causata da fattori acquisiti o da fattori genetici, spesso in combinazione tra di loro. Fra i fattori acquisiti ci sono gli interventi di chiru rgia, i traumi, le neoplasie (tumori della mammella, dell’utero, della prostata, dell’apparato urolgico, del polmone), mentre i fattori genetici sono da attribuire alla carenza di proteina C o S, alla mutazione della variante della protrombina, alla resistenza alla proteina C attivata e ad altre cause. Il paziente neoplastico è esposto ad un rischio più alto della media dei pazienti per quanto riguarda le complicanze trombotiche. Si è notato che più del 5% dei pazienti con una neoplasia presenta un episodio tromboembolico, nel corso della malattia. Si è anche visto che la trombosi venosa profonda può essere il primo campanello d’allarme di un tumore che si formerà o che è già presente in una fase molto iniziale. Non possiamo inoltre parlare di neoplasie più a rischio, perché la possibilità di una trombosi “sentinella” è stata riscontrata in diversi tipi di tumore e questo rende ancora più problematico stabilire uno screening per tumore nei pazienti in cui si presenti un episodio di trombosi “isolata”, cioè in assenza di fattori di rischio classici (allattamento prolungato, trauma, intervento chirurgico, ecc). Infatti, proprio perché non sono ancora definite le neoplasie a maggior rischio, sarebbe necessario fare uno screening a tappeto per diverse neoplasie, con un ingente impiego di risorse. L’embolia polmonare, terribile complicanza della trombosi venosa, rappesenta la seconda causa di morte nei malati oncologici. Ed è noto che numerosi pazienti affetti da cancro manifesta (fino al 15%) un epi- Zocca N., Zordan L. Una strana anemia sodio tromboembolico, venoso o arterioso, nel corso della malattia. Che cosa bisogna fare se all’improvviso compare un trombo? Se il paziente non ha ancora avuto una diagnosi clinica di tumore, occorre valutarne attentamente la storia e le condizioni cliniche, per stabilire se è portatore di una neoplasia già diagnosticabile e nel caso queste 39 verifiche risultino negative, il paziente va monitorato seriatamente almeno nei 6-12 mesi successivi ad un episodio di trombosi sentinella (2). È inoltre opportuno instaurare un trattamento anticoagulante a lungo termine per la terapia della tro m b osi e per la prevenzione di recidive, particolarmente frequenti nei pazienti oncologici (3). BIBLIOGRAFIA 1. PRANDONI P., LENSING A.W.A., BULLER H.R., et al. (1992b) Deep venous thrombosis and the incidence of subsequent symptomatic cancer. N Engl J Med 327: 1128-33. 2. LEE A.Y. Management of thrombosis in cancer: primary prevention and secondary prophylaxis. Br J Haematol 2005; 128: 291-302. 3. KHORANA A.A., CONNOLLY G.C. Assessing risk of venous thromboem bolism in the patient with cancer. J Clin Oncol 2009; 27: 4839-47. Pietro Delise Elettrocardiografia clinica deduttiva CASA EDITRICE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE Volume in brossura, Edizione 2011 E 70,00 Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via fax ✄ Sì, desidero ricevere ELETTROCARDIOGRAFIA CLINICA DEDUTTIVA di Pietro Delise al prezzo di E 70,00 Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ……………………………………………… Via .........................................................……………… CAP …………… Città ……………………………………………… Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 3,00 ■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TOTALE E ..............……........... ■ A mezzo vers. C/C N. 52181005 intestato a CESI ■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma Partita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura) 41 VITA AGLI ANNI a cura di: Sabatini D. IMODIFICAZIONI BIOLOGICHE ETA’ CORRELATE NELLA BIBBIA Il testo è nel dodicesimo capitolo del Libro di Qoèlet, detto anche Ecclesiaste. Esso contiene la riflessione ultima di un uomo anziano, il definitivo bilancio della sua vita. Qoèlet si è sempre chiesto se la vita meritasse di essere vissuta, quale fosse il salario che se ne poteva ricavare, visto che la vita è una specie di lavoro. Qoèlet si sforzò sempre di sperimentare il mestiere di vivere, e siccome era re di Israele in Gerusalemme, provò ogni tipo di esperienza. Ma alla fine non trova niente: un corpo vecchio e vuoto. Che descrive come segue: “Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni di cui dovrai dire: «Non ci provo alcun gusto»; prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia; quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto; quando si avrà paura delle alture e terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l’uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada; prima che si spezzi il filo d’argento e la lucerna d’oro s’infranga e si rompa l’anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo, e ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato. Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità.” Il cammino biologico della vecchiaia è descritto come fosse un palazzo o un castello, dove per molto tempo si è lavorato, dove c’erano molti servi impegnati in ogni mansione, che rendevano il luogo rumoroso e vivo. Ma alla fine del tempo il castello si svuota; gli operai, che un tempo erano attivi, si piegano su se stessi; le donne che macinavano smettono di lavorare; quelle che erano curiose, che “guardavano dalle finestre”, hanno gli occhi offuscati; le porte del palazzo si chiudono sulla strada. Dunque in vecchiaia tutto lentamente si affie- volisce, dai suoni alle luci, fino all’ultimo respiro. La conclusione è un’esclamazione indirizzata alla vanità, fatta con lo stesso tono disperato con cui Qoèlet aveva esordito nel primo capitolo del libro: “Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Quale guadagno viene all’uomo per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole?” Ma ci sarebbe un’altra lettura, presa da una consolidata interpretazione rabbinica, che traduce il simbolo, e riporta ogni annotazione ad un cambiamento del corpo. Allora. L’espressione «i custodi della casa che tremano» sta per le mani che perdono la fermezza di un tempo; «i gagliardi che si curvano» sono le ginocchia che non sono più salde e dritte; «le donne che macinano e che rimangono in poche» sono i denti che si diradano e smettono di masticare; « le donne che guardano dalla finestra», sono gli occhi che pian piano si stancano di osservare lo spettacolo della vita. E ancora: «si chiudono le porte sulla strada» vorrebbe dire che i sensi hanno perso il contatto col mondo; «i toni del canto si affievoliscono», perché gli orecchi diventano duri e i suoni non arrivano; «quando si avrà paura delle alture e degli spauracchi della strada» descrive l’instabilità che rende insicuro l’equilibrio, e la confusione che fa vedere fantasmi; «quando fiorirà il mandorlo», cioè quando i capelli cominciano a diventare bianchi. Da ultimo: «quando la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto» vuol dire quando scomparirà il vigore sessuale che non risponderà più allo stimolo del cappero, “bocciolo di un piccolo arbusto o suffrutice ramificato a portamento prostrato-ricadente”, nell’antichità ritenuto di alto valore afrodisiaco. FONTE L'anziano nella Sacra Scrittura in www.cistercensi.info/monari/1997/m19970315.htm La definizione del “cappero” è presa da wikipedia Aritmie Vol. I – Fisiopatologia e diagnosi… Volume rilegato, Edizione 2008 650 pagine circa E 150,00 Aritmie Vol. II – Prognosi e terapia… Volume rilegato, Edizione 2010 800 pagine circa E 150,00 Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via fax ✄ Sì, desidero ricevere A R I T M I E di PIETRO DELISE Volume 1 E 150,00 Volume 2 E 150,00 Opera completa E 260,00 Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ……………………………………………… Via .........................................................……………… CAP …………… Città ……………………………………………… Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 3,00 ■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TO TALE E ..............……........... ■ A mezzo vers. C/C N. 52181005 intestato a CESI ■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma Partita IVA ........................................................ (solo per chi desidera la fattura) 43 CALENDARIO CONGRESSI Corso di II Livello Elettrocardiografia clinica deduttiva Aprilia 13 Aprile 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio S.I.G.O.T. XXVII CONGRESSO NAZIONALE La Geriatria Ospedaliera e la Sfida della Fragilità Palermo 8 - 11 Maggio 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio S.I.G.O.T. CONVEGNO REGIONALE SARDEGNA La Geriatria per la Salute degli Anziani (in Ospedale e sul Territorio) Sassari 8 Giugno 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Società Italiana di Cardiologia dello Sport XVI CONGRESSO NAZIONALE Obiettivo: riduzione del rischio cardiovascolare durante sport Padova 12-14 Settembre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio S.I.G.O.T. CONVEGNO INTERREGIONALE MARCHE, LAZIO, ABRUZZO E MOLISE L’Eccellenza Sanitaria nel Passato e nel Futuro... Come Cambierà L’Assistenza Fermo 27-28 Settembre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Convegno Lifestyle and aging: come invecchiare bene attraverso una buona condotta di vita Viareggio 11/13 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net SEMINARIO NAZIONALE SIGOT Matera 10/12 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net Convegno Attualità in Cardiologia Aprilia 19 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net III CONGRESSO NAZIONALE Elettrocardiografia Clinica Deduttiva Conegliano 25-26 Ottobre 2013 Per informazioni: Congress Line • Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 0644241343 - 0644290783 Fax 0644241598 E.mail: [email protected] Web: www.congressline.net 114° CONGRESSO NAZIONALE Società Italiana di Medicina Interna Roma 26-28 Ottobre 2013 Per informazioni: Aristea• Via Roma, 10 - 16121 Genova Tel. 010553591 Fax 0105535970 E.mail: [email protected] 44 NORME PER GLI AUTORI La rivista GERIATRIA prende in esame per la pubblicazione articoli contenenti argomenti di geriatria. I contributi possono essere redatti come editoriali, articoli originali, review, casi clinici, lettere al direttore. I manoscritti devono essere preparati seguendo rigorosamente le norme per gli Autori pubblicate di seguito, che sono conformi agli Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Editors editi a cura dell’International Committee of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1997; 126: 36-47). Non saranno presi in considerazione gli articoli che non si uniformano agli standards internazionali. I lavori in lingua italiana o inglese vanno spediti in triplice copia (comprendente pagina di titolo, riassunto in inglese, parole chiave in inglese, testo, figure, tabelle, didascalie, bibliografia) con relativo dischetto a: Geriatria - C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale Via Cremona, 19 - 00161 Roma Tel. 06 44241343-44290783 Fax. 06 44241598 [email protected] www.cesiedizioni.com In caso di invio on-line si prega di salvare il testo in word per Macintosh. L’invio del dattiloscritto sottintende che il lavoro non sia già stato pubblicato e che, se accettato, non verrà pubblicato altrove né integralmente né in parte. Tutto il materiale iconografico deve essere originale. L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve essere corredata da permesso dell’Editore. La rivista recepisce i principi presentati nella Dichiarazione di Helsinki e ribadisce che tutte le ricerche che coinvolgano esseri umani siano condotte in conformità ad essi. La rivista recepisce altresì gli International Guiding Principles for Biomedical Research Involving Animals raccomandati dalla WHO e richiede che tutte le ricerche su animali siano condotte in conformità ad essi. Il lavoro deve essere accompagnato dalla seguente dichiarazione firmata da tutti gli Autori: “I sottoscritti Autori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore alla rivista Geriatria, nella eventualità che il loro lavoro sia pubblicato sulla stessa rivista. Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è stato inviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non è stato già pubblicato. Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, che hanno progettato e condotto e di aver partecipato alla stesura e alla revisione del manoscritto presentato, di cui approvano i contenuti. Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoro è stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki e dei Principi Internazionali che regolano la ricerca sugli animali”. Gli Autori accettano implicitamente che il lavoro venga sottoposto all’esame del Comitato di Lettura. In caso di richiesta di modifiche, la nuova versione corretta deve essere inviata alla redazione o per posta o per via e-mail sottolineando ed evidenziando le parti modificate. La correzione delle bozze di stampa dovrà essere limitata alla semplice revisione tipografica; eventuali modificazioni del testo saranno addebitate agli Autori. Le bozze corrette dovranno essere rispedite entro 10 giorni a Geriatria - C.E.S.I. - Casa Editrice Scientifica Internazionale, Via Cremona, 19 - 00161 Roma. In caso di ritardo, la Redazione della rivista potrà correggere d’ufficio le bozze in base all’originale pervenuto. I moduli per la richiesta di estratti vengono inviati insieme alle bozze. Gli articoli scientifici possono essere redatti nelle seguenti forme: Editoriale. Su invito del Direttore, deve riguardare un argomento di grande rilevanza in cui l’Autore esprime la sua opinione personale. Sono ammesse 10 pagine di testo dattiloscritto e 50 citazioni bibliografiche. Articolo originale. Deve portare un contributo originale all’argomento trattato. Sono ammesse 14 pagine di testo dattiloscritto e 80 citazioni bibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni. Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopo dello studio. Nella sezione materiali e metodi descrivere in sequenza logica come è stato impostato e portato avanti lo studio, come sono stati analizzati i dati (quale ipotesi è stata testata, tipo di indagine condotta, come è stata fatta la randomizzazione, come sono stati reclutati e scelti i soggetti, fornire dettagli accurati sulle caratteristiche essenziali del trattamento, sui materiali utilizzati, sui dosaggi di farmaci, sulle apparecchiature non comuni, sul metodo stilistico...). Nella sezione dei risultati dare le risposte alle domande poste nell’introduzione. I risultati devono essere presentati in modo completo, chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, grafici e tabelle. Nella sezione discussione riassumere i risultati principali, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confrontare i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura, discutere le implicazioni dei risultati. Review. Deve trattare un argomento di attualità ed 45 interesse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento, analizzare le differenti opinioni sul problema trattato, essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura. Sono ammesse 25 pagine di testo dattiloscritto e 100 citazioni bibliografiche. Caso Clinico. Descrizioni di casi clinici di particolare interesse. Sono ammesse 8 pagine di testo e 30 citazioni bibliografiche. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, caso clinico, discussione, conclusioni. Preparazione dei lavori I lavori inviati devono essere dattiloscritti con spazio due, su una sola facciata (circa 28 righe per pagina) e con margini laterali di circa 3 cm. Gli Autori devono inviare 3 copie complete del lavoro (un originale e due fotocopie) e conservare una copia dal momento che i dattiloscritti non verranno restituiti. Le pagine vanno numerate progressivamente: la pagina 1 deve contenere il titolo del lavoro; nome e cognome degli Autori; l’istituzione ove il lavoro è stato eseguito; nome, indirizzo completo di C.A.P. e telefono dell’Autore al quale dovrà essere inviata ogni corrispondenza. Nella pagina 2 e seguenti devono comparire un riassunto e le parole chiave in inglese; il riassunto deve essere al massimo di 150 parole. Nelle pagine successive il testo del manoscritto dovrà essere così suddiviso: Introduzione, breve ma esauriente nel giustificare lo scopo del lavoro. Materiali e metodi di studio: qualora questi ultimi risultino nuovi o poco noti vanno descritti dettagliatamente. Risultati. Discussione. Conclusioni. Bibliografia: le voci bibliografiche vanno elencate e numerate nell’ordine in cui compaiono nel testo e compilate nel seguente modo: cognome e iniziali dei nomi degli Autori in maiuscolo, titolo completo del lavoro in lingua originale, nome abbreviato della Rivista come riportato nell’Index Medicus, anno, numero del volu- me, pagina iniziale e finale. Dei libri citati si deve indicare cognome e iniziali del nome dell’Autore (o degli Autori), titolo per esteso, nome e città dell’editore, anno, volume, pagina iniziale e finale. Tabelle: vanno dattiloscritte su fogli separati e devono essere contraddistinte da un numero arabo (con riferimento dello stesso nel testo), un titolo breve ed una chiara e concisa didascalia. Didascalie delle illustrazioni: devono essere preparate su fogli separati e numerate con numeri arabi corrispondenti alle figure cui si riferiscono; devono contenere anche la spiegazione di eventuali simboli, frecce, numeri o lettere che identificano parti delle illustrazioni stesse. Illustrazioni: tutte le illustrazioni devono recar scritto sul retro, il numero arabo con cui vengono menzionate nel testo, il cognome del primo Autore ed una freccia indicante la parte alta della figura. I disegni ed i grafici devono essere eseguiti in nero su fondo bianco o stampati su carta lucida ed avere una base minima di 11 cm per un’altezza massima di 16 cm. Le fotografie devono essere nitide e ben contrastate. Le illustrazioni non idonee alla pubblicazione saranno rifatte a cura dell’Editore e le spese sostenute saranno a carico dell’Autore. I lavori accettati per la pubblicazione diventano di proprietà esclusiva della Casa editrice della Rivista e non potranno essere pubblicati altrove senza il permesso scritto dell’Editore. I lavori vengono accettati alla condizione che non siano stati precedentemente pubblicati. Gli Autori dovranno indicare sull’apposita scheda, che sarà loro inviata insieme alle bozze da correggere, il numero degli estratti che intendono ricevere e ciò avrà valore di contratto vincolante agli effetti di legge. Gli articoli pubblicati su GERIATRIA sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. N.B.: I lavori possono essere inviati via e-mail a [email protected] oppure per posta su CD o pen drive salvati in word. Casa Editrice Scientifica Internazionale Volume in brossura, Edizione 2010 300 pagine E 35,00 Per ordini spedire a C.E.S.I. - Via Cremona, 19 • 00161 Roma anche via fax ✄ Sì, desidero ricevere ARGOMENTI DI GERIATRIA di Massimo Marci al prezzo di E 35,00 Cognome ....................................…….......... Nome ……………………… Tel. ……………………………………………… Via .........................................................……………… CAP …………… Città ……………………………………………… Firma .................................………………….... Contributo fisso spese imballo e spediz E 3,00 ■ Anticipato a mezzo Assegno Bancario (non trasfer.) allegato intestato a CESI TOTALE E ..............……........... ■ A mezzo vers. C/C N. 52181005 intestato a CESI ■ American Express (c/c N. ………………… Validità ……………… Firma ………………………………………………) Per ordini telefonici 06.44.290.783 - 06.44.241.343 Fax 06.44.241.598 Via Cremona, 19 - 00161 Roma Partita IVA ........................................................ 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Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E Copie n. .................. Autore............................................ Titolo .................................................. E .................. .................. .................. .................. .................. .................. .................. .................. ................ Cognome ................................….......... Nome ……………………… Tel. …………………………………… Via ..........................................……...............……… CAP …………… Città ……………………..………… Firma .................................... 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