IL SOCCORSO A CASA: METTERE A PROPRIO AGIO LE
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IL SOCCORSO A CASA: METTERE A PROPRIO AGIO LE
“IL SOCCORSO A CASA: METTERE A PROPRIO AGIO LE PERSONE” Per me mettere a proprio agio una persona nella sua abitazione è ascoltare in silenzio quello che deve dire, le spiegazioni circa la casa, oppure sul carattere di un genitore anziano, di una sorella malata, far sentire che ci sei solo nella misura in cui loro lo richiedono. Non essere un ospite da dover intrattenere, ma qualcuno di cui puoi dimenticarti e concederti del tempo per te. La mia massima gioia è essere semplicemente una loro estensione, le braccia che puliscono, o gli occhi che osservano e controllano, le gambe che si muovono con sicurezza, una voce calma e ferma che riempie la stanza, non essere io con le mie richieste o aspettative ma qualcuno che mette in condizione di vivere sereni come prima dell’emergenza sentendosi ancora i padroni della propria casa e della propria vita. Chi entra in una casa per sopperire ad un’emergenza deve avere sempre una frase positiva, non superficiale, ma di speranza e sempre la verità perché chi ti accoglie vuole comunque persone affidabili. Per quella che è stata la mia esperienza fino ad oggi ho capito che desiderano sentirsi incoraggiati, soprattutto le persone anziane che da poco tempo non sono più autosufficienti, ma non compatiti o illusi con frasi del tipo: “la trovo proprio bene!!!” quando in realtà stanno malissimo. Quello che faccio io è semplicemente mettermi al loro posto e fare quello che, se lo ricevessi, mi farebbe sentire una persona dignitosa. Aiutando le persone nel loro ambiente casalingo e con i propri problemi quotidiani è per me come vedere un albero che cambia le foglie, cadono quelle secche e piano piano si vedono i nuovi getti verdi che spuntano pieni di vita e liberi di esprimersi al meglio. Nei loro occhi si legge libertà e rinnovamento, come se dopo mesi o anche anni di apnea si tornasse a poter respirare e si venisse inebriati da questa aria fresca e frizzante che entra nei polmoni. E’ una vera emozione stare li ed osservare che le persone si danno il permesso di vivere leggere perché avendoti chiamato è come se si dissolvesse una parte dei loro sensi di colpa, magari per essere stanchi di accudire un genitore anziano, oppure pieni di lavoro e desiderosi di una serata libera, o perché non stanno con i propri figli o non sanno insegnare loro ad usare il computer. Si può usare il pretesto dell’insegnamento per dire ad una persona: “non ripeterti continuamente che tu su questo punto hai un problema, ma osserva quante cose hai imparato e ditti imparerò anche questa!”. Piccole frasi messe li come per caso che entrano nelle persone e le vedi sbocciare nei loro occhi. Romantico tutto ciò e affascinante per me, così tanto da aver voluto cambiare la mia vita per queste emozioni e averlo fatto diventare il mio lavoro. Entrare nelle case delle persone e nelle loro vite è anche entrare dentro me stessa perché osservo dinamiche madre/figlia in cui mi rispecchio e da cui traggo spunto per la mia personale relazione, oppure vedere un anziano che tira le somme della propria vita mi fa riflettere su come io vorrei concludere la mia. Quando ho cominciato credevo di sapere tante cose, pulire era banale come stare con un bambino o un anziano, cose che avevo già fatto; in realtà strada facendo mi sono resa conto, grazie alla presenza della Dina che ad ogni passo mi “esortava” a mettere più presenza, ad affinare il mio ascolto e mi riprendeva in maniera anche molto ferma ad ogni sbavatura, che niente è scontato o banale, e che tutto ha un equilibrio che deve essere ascoltato e rispettato. Che soprattutto quando si ha a che fare con chi ha bisogno di aiuto, non si può mettere avanti se stessi come dei carri armati con il proprio interesse personale e le proprie acidità. Sei stato chiamato per aiutare quella persona ed è lei ad aver la priorità. Questo non vuol dire fare gli zerbini, anzi vuol dire essere veramente donne e uomini che hanno una sola parola, e che hanno un peso, che si muovono con correttezza e la chiedono in cambio. Adesso dopo mesi di tirocinio comincio a godere dei primi frutti di tutte le volte che, davanti alle provocazioni, invece di pensare di essere già brava a fare le cose ho accettato di capire e di imparare, perché le persone sono contente di come lavoro, apprezzano quando gli ribalto casa per pulirla e poi ci vivono più volentieri e devono solo pensare ad un quadro nuovo da appendere o a fare una cena con gli amici, si innamorano di nuovo di casa loro. Per me è veramente una gioia e devo questo alla fermezza dei Master, degli istruttori e degli allievi della scuola perché non mi hanno mai permesso, e non mi permetteranno mai di essere meno di quello che è nelle mie potenzialità e nel mio desiderio. Tirando le somme posso dire che si riesce a mettere a proprio agio una persona solo se ci si autosserva e si sceglie volontariamente di dare il proprio meglio accettando le critiche e desiderando di superarle. Se siamo consapevoli che parlando si lascia un segno e si desidera che sia un buon segno, che possa servire per migliorare anche chi ascolta, se ci ricordiamo che quando si pulisce o si toccano le persone e le loro cose anche in quel caso si lascia un segno, allora possiamo fare tante cose, le più disparate, ma farle collegate tutte da un'unica sfumatura che è l’amore.