Cinque contro tutti
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Cinque contro tutti
Annalisa Strada bi ti a per tiv l a scuola media collana di nar ra rin Cinque contro tutti la Excerpt of the full publication Annalisa Strada bi ti a per tiv l a scuola media collana di nar ra rin Cinque contro tutti la ® Excerpt of the full publication Copyright © 2005 Esselibri S.p.A. Via F. Russo 33/D 80123 Napoli Azienda con sistema qualità certificato ISO 14001 : 2003 Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui, riprodotte in questo libro, l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli interessati. Prima edizione: febbraio 2005 ISBN 88-244-8354-2 S 282 - Cinque contro tutti Ristampe 8 7 6 5 4 3 2 1 2005 2006 2007 2008 Questo volume è stato stampato presso «Officina Grafica Iride» Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII traversa, 24 - 80022 Arzano (NA) ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Grafica: Gianfranco De Angelis Premessa ■ Due “incontenibili” fratelli, quasi gemelli, Leto e Detta, si trovano davanti a un problema molto più grande di loro: il laboratorio in cui lavora papà ha prodotto e accidentalmente diffuso un virus micidiale. Piante, animali e uomini non hanno scampo: si riempiono di pustole, puzzano, si fanno verdini e s’afflosciano su se stessi. Il morbo dilaga e l’antidoto è chiuso in un file nel computer sulla scrivania di papà. Il capo supremo dell’operazione, però, non ne vuole sapere di renderlo pubblico, perché significherebbe ammettere le proprie scottanti responsabilità. Si profila il rischio di un’ecatombe! Leto e Detta in casa sono piantonati da due truci guardiani, all’esterno sono pedinati da una spia bionda e molto vistosa, a scuola i nemici sono ovunque; e, intanto, la situazione precipita. Che fare? Per fortuna ci sono gli amici sui quali si può contare. Con un’abile strategia per scambiarsi opinioni di nascosto, i ragazzi ordiscono un piano e con il coraggio degno dell’eroe di un film d’avventura mettono in salvo se stessi, le loro famiglie, la città e… chissà quanti altri ancora! Il loro progetto, però, non avrebbe potuto avere successo se questi intrepidi giovani studenti non avessero imparato a usare i mezzi di comunicazione come e meglio di tanti scafati attori. Ma gli adulti dove sono in questa storia? Si bloccano tra loro, divisi tra sorveglianti e sorvegliati, tra chi sa e chi vuole tacere, tra chi si arrende e chi intima il silenzio. Perché nei momenti difficili vince chi sa pensare liberamente; proprio come Leto e Detta. Insomma, questo testo vorrebbe parlare di amicizia, di solidarietà, di senso civico della responsabilità individuale. Concetti che si rafforzano se associati, come si è cercato di fare nel racconto, all’idea della collaborazione e della cooperazione. 3 Excerpt of the full publication Premessa Gli apparati didattici sono posti al termine di ciascun capitolo e impostati per perseguire quattro principali obiettivi: l’ampliamento del repertorio lessicale dello studente, l’individuazione dei caratteri dei protagonisti, il riconoscimento dei punti di snodo della trama, l’interazione con il testo per non sopire la fantasia ed essere sempre lettori attivi. 4 Antefatto ■ QUALCOSA NON VA AL LABORATORIO Il lungo corridoio bianco prendeva luce dai neon incastrati nel soffitto. Le pareti e il pavimento cominciavano a scurirsi negli angoli. Da quando il ritmo di lavoro si era fatto più incalzante e gli esperimenti più pericolosi, gli uomini dell’impresa di pulizie erano stati tenuti fuori per ragioni di sicurezza. Meno civili mettevano piede lì dentro e meglio era: per loro e per tutti. Al mattino, scienziati intraprendenti, analisti volenterosi e portaborse succubi si affannavano a buttare le cartacce e a passare, almeno sommariamente, lo strofinaccio. Il dottor Sisalvi aveva suggerito l’idea di invitare la moglie per una giornata di pulizie: così, almeno, avrebbe risparmiato la sua carta di credito dallo stress quotidiano dello shopping in centro. I suoi “austeri” colleghi avevano trovato l’idea semplicemente geniale, al punto da estendere il “gentile” invito alle loro mogli, tutte ugualmente inoperose e spendaccione, pronte a dilapidare gli imponenti stipendi dei mariti,pagati per segretissime missioni scientifiche. Le signore, però, non avevano ritenuto l’idea altrettanto valida e, con una generale levata di scudi, si erano adoperate per rifornire i mariti di scopettoni e detersivi perché provvedessero da soli all’igiene di base di laboratori e uffici. L’ultima porta in fondo al corridoio era l’unica in noce chiaro e il suo rettangolo marrone spiccava nel bianco sporco dell’edificio. Quella mattina era ermeticamente chiusa ma, nonostante la precauzione, gli scoppi di voci arrivavano chiari fino all’ingresso. Tanto, comunque, c’era ben poco da nascondere. Tutti ormai sapevano, e tenevano le bocche cucite. 5 Antefatto «Guai a chi parla!» stava sbraitando con voce strozzata dalla rabbia il direttore del laboratorio, il “leggendario” Irnerio Dannati. Tutti ne avevano sentito parlare, pochi lo avevano visto. Di solito stava tappato in un ufficio regale, che abbandonava solo per le sue celeberrime sfuriate. «Io non posso nemmeno tollerare» continuò Dannati, ringhiando come un cane da guardia nella notte, «che qualcuno fuori da qua sappia che tutto questo casino l’abbiamo fatto scoppiare noi!» «Ma capo, veramente, l’idea di diffondere il virus per testare la resistenza dei civili non è stata nostra…» «Guai!» e Dannati assunse un colorito violaceo, abbastanza preoccupante per le sue condizioni di salute. «Guai! Guai!» e per un attimo non sembrò capace di aggiungere altro, anche se i suoi interlocutori aspettarono fiduciosi che arrivasse qualche altra parola. E, infatti, arrivò una nuova frase, pronunciata tutta d’un fiato: «Guai se qualcuno, fuori da qua, viene a sapere che siamo stati noi a scatenare il pandemonio!» Poi, sussurrando, girando guardingo la testa a destra e a sinistra continuò: «Devono pensare che arriva da lontano. Bisogna dare la colpa a qualcun altro. Insomma» e abbassò la voce ancora di più, facendola diventare impercettibile, «si deve pensare a una disgrazia.» Il silenzio calò gelido. Leonardo Pestalozza e Matteo Lancetti, seduti davanti al direttore, erano due scienziati con gli occhiali spessi e i capelli cespugliosi. Si somigliavano tanto che i colleghi, di nascosto, li chiamavano Cip e Ciop. Immobili davanti al loro capo, lo fissarono. Erano incerti se indignarsi o ridere per la violenza eccessiva della sua rabbia. La loro incertezza durò qualche istante di troppo: esattamente il tempo necessario perché Dannati si imbufalisse definitivamente e, con un’emissione di fiato degna di un baritono sul finale dell’opera, latrasse: «Dov’è finito Filastro Provati?» Ora, bisogna sapere che Filastro Provati era chiamato così davvero da poche persone. Quel nome lo aveva ereditato da un bisnonno ed era stato scelto dai suoi genitori con l’unico ed esclusivo scopo di garantirsi l’eredità. Tutti, poi, lo avevano chiamato «Fil» o «il Filla». Fatto 6 Excerpt of the full publication Antefatto sta che in pochi conoscevano il suo nome per esteso. Sui biglietti da visita faceva scrivere solo una F con il punto: F. Fil Provati, nella vita, faceva il ricercatore ed era a capo del dipartimento di biologia nel quale si era scatenato il putiferio che stava facendo saltare le valvole cardiache del dottor Dannati. Pestalozza e Lancetti, ovvero Cip e Ciop, lavoravano con lui da parecchi anni e ne erano diventati amici. Così, sapevano benissimo che quel giorno, in via del tutto eccezionale, Fil non si era fermato fino a tardi: era uscito alle 18 in punto per andare dal dentista. Certo, adesso sembrava una scusa banale, ma in un giorno qualsiasi, sarebbe stata un’ottima ragione per lasciare l’ufficio all’orario normale di chiusura! «Credo sia già andato a casa…» iniziò Pestalozza. «…Aveva una visita programmata» completò Lancetti, finendo senza indugi la spiegazione, così che fu come se la frase l’avesse pronunciata una sola persona. «Una visita? Qui tra un po’ saremo tutti immobili come vegetali e lui va a farsi… una visita!» Un attimo di silenzio tombale lasciò intuire l’eco dell’ultima esclamazione. «Tutti fuori! Domani mattina alle 6 vi voglio qui, a rapporto. E fate sapere a Provati che non può mancare!» Al tuono delle ultime dichiarazioni fece seguito un’affermazione piuttosto piatta: «E speriamo che non sia già troppo tardi.» Proprio quest’ultima frase, detta da Dannati con quel tono assente, allarmò Pestalozza e Lancetti. Lancetti esitò: «Ma l’antidoto…» E fu la goccia che fece traboccare il vaso: «Antidoto? Lei scherza! Il problema non deve esistere. Ricordatevi: nessuno parli. Perché noi, sia chiaro, sosterremo di non saperne niente!» E, presi per le spalle i suoi ospiti, il dottor Dannati li buttò fuori dallo studio richiudendo la porta alle loro spalle con un secco “sblam!” Da quel momento il laboratorio fu animato solo dal brusio degli analisti e dei tecnici che rimanevano fino a notte fonda per finire gli urgentissimi lavori di quei giorni. 7 Excerpt of the full publication Antefatto Tutti ebbero modo di concludere che, in confronto a quel pandemonio, pulire per terra era quasi un relax, e in molti rimpiansero la carriera di casalinga che le loro mogli, fieramente avverse al lavoro fuori casa, conducevano da sempre. Il che dimostra come un virus, a volte, possa servire a dare lustro a un’intera categoria di lavoratrici domestiche! 8 Excerpt of the full publication Antefatto / esercizi Per comprendere 1 ■ Chi fa le pulizie al laboratorio? Perché? ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... 2 ■ Chi sono Leonardo Pestalozza, Matteo Lancetti e Fil Provati? In che rapporti sono tra loro? ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... Sei stato attento? 1 ■ 2 ■ Irnerio Dannati è (puoi scegliere anche più di un aggettivo): ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ sospettoso furioso preoccupato irascibile cauto rabbioso attento Filastro Provati non è al laboratorio perché: ❏ è in ferie ❏ ha un impegno familiare ❏ è dal dentista 9 Excerpt of the full publication Antefatto / esercizi 3 ■ Gli altri scienziati presenti al laboratorio: ❏ non sanno nulla di quanto sta accadendo ❏ sanno tutto di quanto sta accadendo ❏ stanno lavando i pavimenti e non sentono nulla Il significato dei termini 1 ■ Cerca sul vocabolario le seguenti parole: a) b) c) d) e) f) incalzante succube austero pandemonio putiferio indugio Con parole tue 1 ■ Spiega il significato di queste espressioni: a) levata di scudi ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... b) avere la bocca cucita ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... c) dire tutto d’un fiato ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... d) silenzio tombale ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... 10 Antefatto / esercizi Hanno detto 1 ■ Attribuisci al personaggio giusto le frasi di seguito riportate: a) «Si deve pensare a una disgrazia» lo ha detto ……………… b) «L’idea di diffondere il virus per testare la resistenza dei civili non è stata nostra» lo ha detto ……………… c) «Credo che sia già andato a casa» lo ha detto ……………… d) «E speriamo che non sia già troppo tardi» lo ha detto ……………… Protagonista anche tu 1 ■ Se ti fossi trovato al posto di Pestalozza e Lancetti che cosa avresti detto e fatto? ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... 11 Excerpt of the full publication Excerpt of the full publication Capitolo 1 ■ DUE FRATELLI QUASI GEMELLI E UNA CASA OCCUPATA Leto e Detta Provati, i figli di Fil, erano in camera loro, dediti a una sessione di videogiochi. Giocavano in due, con joystick diversi, condividendo il video. I loro nomi, come quello del padre, erano il frutto dello stravagante albero genealogico di cui rappresentavano l’ultimo virgulto. Leto si chiamava in realtà Anacleto, come il nonno. Nel caso suo, non era un’anticipazione sulla garanzia di eredità, ma un modo per accaparrarsi la casa in cui vivevano: uno spazioso appartamento in centro, ricavato in un palazzo antico grazie all’abile manovra di un’avida immobiliare. Come tutte le case un po’ datate era gelida d’inverno e fresca d’estate. Le stanze erano grandi e le finestre generose; l’umidità regnava sovrana. Ma alla mamma piaceva così e al papà pure. Il pavimento originale in cotto era sconnesso e inciampare era facile come bere un bicchier d’acqua; l’abbondanza di stanze, però, aveva compensato il disagio. C’erano gradini ovunque, ma anche su questo si era chiuso un occhio. Anzi, una volta la mamma un occhio se l’era ferito con una botta su uno spigolo, ma non per questo aveva cambiato opinione sui pregi della sua abitazione. Detta, invece, era il diminutivo di un più normale Benedetta. La ragazza stessa preferiva accorciarselo: non voleva essere l’unica ad avere un nome intero in famiglia! Le tradizioni vanno rispettate. Peccato che in questo caso il rispetto non avesse un tornaconto concreto, secondo le più illustri consuetudini della casa. Erano seduti sulla cuccetta più bassa del letto a castello, quella dove dormiva Detta. 13 Excerpt of the full publication Capitolo 1 /Due fratelli quasi gemelli e una casa occupata Le stanze in casa erano parecchie, ma condividere la camera consentiva fantastici litigi, ai quali non avrebbero rinunciato nemmeno per una gita su Marte! Si somigliavano davvero molto, tanto che alcuni li credevano gemelli. Perché una cosa è da spiegare: Leto e Detta frequentavano la stessa classe. Gemelli, dunque? No. Uno dei due bocciato? Nemmeno. Avevano entrambi tredici anni. E allora? Leto e Detta, semplicemente, erano nati nello stesso anno: Leto l’11 gennaio e Detta il 19 dicembre. Questa, insomma, era la lunga storia che dovevano spiegare a chiunque li incontrasse per la prima volta e cercasse di capire com’era articolata la famiglia. È naturalmente bene chiudere un orecchio (forse tutti e due) pensando alle battute che quelle due nascite così ravvicinate suscitavano di solito presso gli sconosciuti. Ma i marmocchi erano corazzati, e si vantavano, anzi, di avere genitori tanto solerti. Al momento, comunque, i nostri ragazzi erano del tutto assorti in ben altro che le date di nascita. Gli occhi fissi sullo schermo, le labbra serrate per la concentrazione, le nocche delle dita bianche per la stretta e qualche impercettibile sussulto del corpo per la partecipazione. Tutto lì. Nessuna parola. La colonna sonora era quella del giochetto. Piripiripiripiiiiiii. E poi blop. All’improvviso, il silenzio. Due faccine inviperite si guardarono intorno esterrefatte. La mamma, accanto alla porta, teneva in mano la spina della corrente che aveva appena staccato dal muro. «Mamma!» «Nooo! Stavo battendo il mio record! Non dovevi!» Il gatto di casa, Marcolfo, infastidito da quegli strilli, abbandonò il suo cuscino, si stiracchiò sonnolento e se ne andò pigramente in cucina. I gatti, com’è noto, sono completamente insensibili all’informatica e, forse, a questo si deve la millenaria sopravvivenza della loro placida razza. Per tacere del fatto che, di solito, non hanno mamme impiccione tra i piedi. 14 Excerpt of the full publication Capitolo 1 /Due fratelli quasi gemelli e una casa occupata «Vi sto chiamando da dieci minuti» sibilò la mamma, «e sono stufa di avere due figli che si comportano come gli accessori di un pc. Che cosa ho fatto? Ho messo al mondo uno scanner e una stampante o due figli con una testa propria?» Decise di non prendere come una risposta il silenzio che fece seguito alla sua domanda. La mamma, Genziana Fioriti in Provati, era meglio nota come Genzi. Prima che suo marito si arricchisse lavorando per un laboratorio losco e invischiato con spie, spioni e spiati, faceva la fotografa. Aveva volentieri barattato il lavoro del suo negozio di fotografie con la possibilità di fare solo scatti artistici e studi d’arte. Sin dalla prima elementare, i suoi figli avevano imparato a usare macchine fotografiche raffinatissime e adesso, nell’era del digitale, smanettavano tra fotocamere e computer con la destrezza di piccoli professionisti; e per di più, dotati di straordinaria fantasia. Come i suoi figli, aveva in testa una matassa di capelli ricci. Con la sola differenza che, mentre i ragazzi erano biondi, lei aveva i capelli rosso fuoco e gli occhi verdi di un gatto. Leto e Detta, quando erano piccoli, avevano spesso osservato che la mamma, magra magra e con quella chioma, sembrava un funghetto un po’ bizzarro. Lei li guardava e pensava di avere dei bambini con la testa tra le nuvole… ma nuvole di capelli! «Che cosa c’è?» chiese laconica Detta, giusto per capire se almeno c’era un buon motivo per giustificare il “disastro”. «Ho bisogno di una mano in cucina» disse la mamma, lasciando cadere la spina e avviandosi a uscire. «Sono in ritardo e, visto che non mi sembrate particolarmente occupati, mi piacerebbe avere un aiuto.» Il tono cortese, però, era solo un abile inganno, e venne subito svelato da un sorriso glaciale seguito da un sussurrato: «Muovetevi nel minor tempo possibile.» Contenti come due granchi costretti a camminare diritti, Leto e Detta si mossero sulle orme della madre. La consistente differenza era che la madre saltellava allegra, mentre i figli trascinavano i piedi con l’umore patibolare di un condannato ai lavori forzati. Mentre spazzava le briciole del pranzo da sotto il tavolo, Leto disse: «Ma avete sentito di quel virus che c’è in giro?» 15 Excerpt of the full publication Capitolo 1 /Due fratelli quasi gemelli e una casa occupata «Cosa?» chiese la mamma che, evidentemente, negli ultimi due giorni, non aveva avuto il tempo di guardarsi attorno, intenta com’era a finire il suo ultimo capolavoro fotografico tridimensionale. «Ma come, ne parlano tutti!» si indignò Leto, che non tollerava le persone poco informate. Aveva tredici anni, perbacco, e non gli piaceva fare la figura del moccioso. «Però alla tv nessuno ha detto niente» gli fece osservare sua sorella. «Vedrai che stasera non se lo lasceranno sfuggire!» presentì lui. «Si può sapere di cosa state parlando?» si incuriosì Genzi che, alla parola virus, aveva avuto come una premonizione: accidenti, suo marito lavorava in un laboratorio dove i virus non solo li studiavano ma, qualche volta, li inventavano pure! Come se non ce ne fossero già abbastanza di quelli naturali! «Ma sì, mamma» sbottò Detta, con tutta l’impazienza di una tredicenne assillata da una madre curiosa e, per di più, del tutto distratta rispetto alle cose banali di questo mondo. «Quella roba che fa crescere sul corpo i bubboni verdi, che provoca un capogiro da stordimento e ti fa puzzare come una capra tibetana che ha dormito per un anno in un deposito di concime stallatico, senza mai uscirne!» Incerta se si trattasse di qualcosa di serio o di una presa in giro, Genzi la fissò interdetta e mormorò: «Molto interessante. Nient’altro?» «C’è altro, c’è altro…» affermò Leto, come se sapesse e tacesse chissà quali altri segreti. Il ragazzino aggiunse: «Se prende gli animali, li fa raddrizzare sulle zampe posteriori, gli fa arricciare la coda e arruffare le penne. Si dice che alcuni serpenti si sono annodati da soli e non è più stato possibile scioglierli…!» «Ma dite sul serio?» chiese la mamma. Detta si avvicinò alla madre, come un cospiratore: «L’ho vista io la pianta del preside, il ficus benjamin, con le foglie tutte strette e arrotolate come quelle del tè verde. Si dice che le foglie più grandi si pieghino secondo impeccabili linee geometriche, come se fossero lavorate da una propria intelligenza interna. Le piante grasse, come quella della bidella, si sgonfiano come palloncini bucati. Addirittura le ninfee del parco si sono avvizzite come mele vecchie!» 16 Excerpt of the full publication Capitolo 1 /Due fratelli quasi gemelli e una casa occupata La signora Provati era decisamente curiosa di saperne di più e, infatti, era rimasta con un cartoccio in mano, inchinata a mezz’aria per raggiungere, sotto il lavello, la scatola per la raccolta differenziata della carta. Avrebbe volentieri posto la sequela di domande che le si affollavano in testa se non fosse stata interrotta dal mugolio di sofferenza del marito, apparso in casa con una borsa di ghiaccio istantaneo appoggiata sulla guancia. «Il tuo dente del giudizio!» strillò. «Me ne ero completamente dimenticata! Come va, povero tesoro?» Le mogli hanno un intuito speciale e per di più fanno domande intelligentissime. Infatti, di solito, chi si tiene sulla guancia del ghiaccio e guaisce molto probabilmente non sta proprio benone. Fil Provati uggiolò qualcosa e i suoi occhi scuri lampeggiarono sotto i fitti cespugli delle sopracciglia. Siccome aveva un’ampia fronte completamente calva, il contrasto tra le folte sopracciglia e la pelata era davvero spassoso. Anche se quel giorno, in particolare, c’era ben poco da ridere. «Povero papà…» lo compianse Leto, trepido come solo un figlio tredicenne sa essere in questi casi. Inoltre, accudire un padre è pur sempre meglio che spazzare le briciole da sotto il tavolino. Poi, per colmo di sollecitudine, si precipitò a togliergli di mano la valigetta ventiquattr’ore. «Vieni, papi, che ti preparo qualcosa di caldo!» lo incoraggiò Detta. La ragazzina sottolineò fieramente l’appellativo “papi”, invece di “papà”, segno indiscutibile di una tenerezza particolare ignota ai figli maschi. La sola idea di qualcosa di caldo fece saltellare di dolore il poveretto. «No! No!» intervenne sua moglie. «Ci vuole qualcosa di fresco!» Detto e fatto, Fil si trovò in poltrona, con una coperta sulle ginocchia, il fido ghiaccio incollato alla guancia e una bibita fredda come un iceberg che gli cascava in bocca direttamente da una cannuccia rosa. Il resto della famiglia si stava mettendo a tavola e, per non essere troppo invidioso del loro lauto pasto, Fil decise di consolarsi guardando dall’inizio alla fine il telegiornale, cosa che non accadeva praticamente mai. Anzi, dall’ultima volta che lo aveva potuto fare dovevano essere passati almeno cinque anni. 17 Capitolo 1 /Due fratelli quasi gemelli e una casa occupata La giornalista bionda e fatale ammiccava alla telecamera con l’aria di chi sottintende molte cose. Peccato che il suo occhio da triglia cotta non si accordasse con le terribili notizie che stava leggendo. Come per un tacito accordo, tutti e quattro misero gli occhi sulla bomba sexy del notiziario delle venti e cominciarono a pendere dalle sue labbra evidentemente rifatte e vagamente somiglianti a un canotto! La signorina leggeva con aria compunta e trasognata: «Secondo la polizia scientifica il virus colpisce indistintamente persone, animali e piante con effetti che gli studiosi stanno ancora valutando. La sua origine è sconosciuta, anche se si pensa che possa forse provenire dall’Asia. Le modalità del contagio non sono ancora state chiarite, ma il ministro della Sanità garantisce che è già stata istituita una commissione parlamentare per studiare il caso…» L’audio del televisore fu sovrastato dall’imponente rumore della porta d’ingresso che si spalancava a forza. Tutti sobbalzarono atterriti. Fil Provati lasciò cadere la cannuccia e il ghiaccio scivolò sul pavimento: forse, purtroppo, cominciava a capire. La forchetta che Detta, trasecolata a sua volta, aveva mollato all’improvviso non aveva ancora fatto in tempo a toccare il tavolo, che due voci maschili, all’ingresso, cominciarono a urlare: «Che nessuno si muova!» In men che non si dica, due uomini in tenuta militare e in assetto antisommossa irruppero nella spaziosa cucina e, spianando le armi, ripeterono: «State tutti fermi al vostro posto!» In effetti, fu una raccomandazione superflua: nessuno più nemmeno batteva ciglio. Persino la respirazione dei presenti era significativamente rallentata, mentre il cuore batteva all’impazzata. I due intrusi erano molto alti, uno magro magro e l’altro decisamente grassoccio. Quello magro disse forte e chiaro, scandendo le parole: «Ci ha mandato il generale Spatti: in quanto persone informate sugli avvenimenti in corso, da questo momento siete sotto il nostro controllo e sotto la nostra tutela. Ciò vuol dire che non muoverete nemmeno un passo senza il nostro ordine. Domande da fare?» Tutto il discorsetto, pronunciato di filato, era stato rivolto a Genzi e ai ragazzi seduti a tavola. Quando gli occhi del terzetto, tutti insieme, si 18 Excerpt of the full publication Capitolo 1 /Due fratelli quasi gemelli e una casa occupata mossero verso la poltrona dove sedeva Fil, anche i due “guerrieri” si voltarono in quella direzione. Fil, a bocca aperta, con la guancia tumefatta e un bicchiere nella mano tremante, fissò alternativamente gli incursori e la famigliola, apparentemente incapace di reagire, di parlare e persino di pensare. Marcolfo, che era acciambellato accanto a lui, schizzò via soffiando furibondo, dimostrando ancora una volta il tempismo e la saggezza della razza felina. «Fil! Di’ qualcosa!» lo esortò sua moglie con uno strillo isterico. Un’esortazione davvero opportuna, specie quando si hanno di colpo in casa due estranei in assetto da guerra, le armi puntate addosso, e, come se non bastasse, un dolore del diavolo al dente del giudizio. Detta alzò le mani sopra la testa, subito imitata da Leto, che si sentì irrimediabilmente stupido, ma non trovò niente di meglio per far capire la sua intenzione di non opporre resistenza. Inoltre, quella scena pareva la replica di una delle miriadi di telefilm, dai quali risultava ineluttabilmente che l’unico modo per salvare la pelle, in casi analoghi, era dimostrare subito la propria inoffensività. E poi, accidenti, chi ha voglia di fare l’eroe per un virus che fa accartocciare le foglie ai cactus e puzzare anche la gente che si lava? La guardia più corpulenta abbassò le armi e disse: «Ok, siamo stati chiari. Adesso finite la cena e poi tutti a nanna…» Certo che anche loro, di telefilm, dovevano averne visti parecchi. Ma nessuno, in quel momento, aveva voglia di scherzare. «Papà» disse Detta, che fu la prima della famiglia a riprendersi, «ma allora tu sai qualcosa del… virus!» Data l’ufficialità della comunicazione, aveva ritenuto preferibile passare dal confidenziale “papi” al più formale “papà”. La parolina magica e maledetta, pronunciata così chiaramente, rianimò la stanza. L’uomo magro spense la televisione che, senza che nessuno se ne accorgesse, era rimasta accesa e stava inquadrando un signore con un viso incredibilmente pallido e la pelle butterata da bitorzoli verdi. Il giornalista che lo intervistava indossava una maschera antigas, ma si capiva che cercava di stare il più possibile lontano da lui. Uno spetta19 Excerpt of the full publication rin bi ti la Leggere per conoscere nuovi mondi e per riflettere su cose già conosciute. Leggere per perdersi nei labirinti dell’immaginazione e, attraverso la finzione letteraria, capire i problemi del mondo che ci circonda. Leggere per “sentirsi convinti che ogni libro degno di questo nome rappresenta una concentrazione, un compendio e una forte semplificazione di cose complicate”. (H. Hesse) iva pe collana di narr at r la scuola media Cinque contro tutti Cinque contro tutti Due “incontenibili” fratelli, quasi gemelli, Leto e Detta, si trovano davanti a un problema molto più grande di loro: il laboratorio in cui lavora papà ha prodotto e accidentalmente diffuso un virus micidiale. Piante, animali e uomini non hanno scampo: si riempiono di pustole, puzzano, si fanno verdini e s’afflosciano su se stessi. Il morbo dilaga e l’antidoto è chiuso in un file nel computer sulla scrivania di papà. Il capo supremo dell’operazione, però, non ne vuole sapere di renderlo pubblico, perché significherebbe ammettere le proprie scottanti responsabilità. Si profila il rischio di un’eca- tombe! Leto e Detta in casa sono piantonati da due truci guardiani, all’esterno sono pedinati; e, intanto, la situazione precipita. Che fare? Per fortuna ci sono gli amici! Con un’abile strategia per scambiarsi opinioni di nascosto, i ragazzi ordiscono un piano coraggioso e mettono in salvo tutti, grazie alla loro abilità nell’usare i mezzi di comunicazione. Ma gli adulti dove sono in questa storia? Si bloccano tra loro, divisi tra sorveglianti e sorvegliati, tra chi sa e chi vuole tacere, tra chi si arrende e chi intima il silenzio. Perché nei momenti difficili vince chi sa pensare liberamente; proprio Excerpt of the full publication come Leto e Detta. Questo testo vorrebbe parlare di amicizia, di solidarietà, di senso civico della responsabilità individuale; concetti che si rafforzano se associati all’idea della collaborazione. Gli apparati didattici sono posti al termine di ciascun capitolo e impostati per perseguire quattro principali obiettivi: l’ampliamento del repertorio lessicale dello studente, l’individuazione dei caratteri dei protagonisti, il riconoscimento dei punti di snodo della trama, l’interazione con il testo per non sopire la fantasia ed essere sempre lettori attivi.