La magistratura nella nuova Costituzione
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La magistratura nella nuova Costituzione
LA M A G I S T R A T U R A N E L L A NUOVA COSTITUZIONE Negli antichi ordinamenti di Roma e di Grecia venivano compresi, sotto la denominazione di Magistrati, tutti coloro che erano investiti di potere di comando per esercitare, nel pubblico interesse, una funzione militare o civile, esecutiva o legislativa, amministrativa o giudiziaria. . Tale denominazione, nel corso del tempo, si è andata sempre più restringendo ai giudici, ossia alle persone che amministrano giustizia. Magistrati vengono oggi chiamati coloro che adempiono alla funzione di tradurre in statuizioni concrete la volontà astratta della legge. La Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, ha accentuato, in maniera direi quasi definitiva, tale demarcazione, intestando alla Magistratura il Titolo IV, che riguarda l'ordinamento giurisdizionale della Repubblica. La Magistratura viene considerata nel suo complesso come il Parlamento, il Presidente ed il Governo, tra gli organi supremi dello Stato. Si è precisata così la posizione costituzionale della Magistratura e nel tempo stesso si è stabilito che Magistrati sono soltanto coloro che partecipano alla funzione giurisdizionale dello Stato. Questo è uno degli aspetti di maggiore rilievo della presente Costituzione. Comunemente si ritiene che il carattere essenziale del regime democratico consista nella separazione della funzione legislativa da quella esecutiva. Nessun dubbio che la prima e più appariscente conquista della democrazia contro l'assolutismo fu quella di togliere alla Corona il potere di fare le leggi e di attribuirlo al Parlamento eletto dal popolo. Mettere il governante in condizione di agire nei limiti della legge, approvata dal Parlamento, è il miglior freno che si possa stabilire alla onnipotenza governativa, è la migliore difesa per le libertà e per i diritti delle minoranze e dei singoli * 430 GIUSEPPE GRASSI cittadini. Attraverso secoli di lotte si. è arrivati, prima in Inghilterra e poi in t u t t i i paesi civili, a far prevalere la separazione della funzione legislativa da quella esecutiva. Ma non è meno essenziale, per instaurare un sano regime democratico, l'esigenza di separare dall'Esecutivo il giudice, che deve applicare la legge. Forse tale esigenza è meno appariscente, perché la portata della decisione del giudice è limitata al caso concreto e normalmente non ha valore erga omnes; ed anche perchè il giudice, come il pubblico amministratore, deve attenersi alla norma scritta. Ma, se si considera che nell'applicazione concreta della legge astratta possono esserci .tante latitudini di forme, di modi e di criteri di interpretazione, e che la libertà, l'onore e gli averi dei cittadini sono affidati alla tutela dei giudici, si comprende quanto sia importante che il magistrato venga sottratto all'influenza del governante, che può essere tentato a largheggiare in favore della propria parte e di usare severità contro i propri avversari politici. Superare questo pericolo è facile presso popoli che per educazione o per istinto hanno più profondo il rispetto della legge; ma è molto difficile presso quei popoli che non sono allo stesso livello politico o dove suole prevalere lo spirito di faziosità. Presso questi ultimi, se non vi sono chiare e precise disposizioni, che garantiscano l'indipendenza della Magistratura, questa può divenire facile strumento della politica dominante. Perché il popolo acquisti fiducia nella Magistratura e si convinca che i suoi diritti sono dal giudice tutelati, anche contro il governante, occorre elevare l'educazione ed il costume dei cittadini; ma è sempre indispensabile cominciare dallo stabilire costituzionalmente la posizione di dignità e di piena indipendenza del giudice nei confronti dell'Esecutivo. Molti sistemi si sono escogitati per ottenere tale indipendenza, tanto che riesce difficile raggrupparli. Ma, a prescindere da alcuni aspetti particolari e dall'interferenza di sistemi diversi, si può ritenere che tre sono quelli che prevalgono negli ordinamenti giurisdizionali adottati dai diversi Stati. Il sistema, che ritiene di aver raggiunta la più perfetta separazione tra il potere giudiziario e quello esecutivo, fonda la Magistratura su base elettiva. Nella Costituzione degli Stati Uniti d'America del 1787 fu stabilito, all'articolo 3, che i giudici vengono nominati dalle Autorità del governo federale, salvo ratifica in alcuni casi,del Senato; ma nelle Costituzioni dei singoli Stati, componenti LA. MAGISTRATURA NELLA NUOVA COSTITUZIONE 431 dell'Unione, prevalse il principio della elettività dei giudici. Essi vengono periodicamente eletti dagli abitanti del distretto, in cui debbono esercitare giustizia. A questi giudici spetta la decisione delle materie di interesse locale e non devolute dalla Costituzione all'esame delle Corti Federali. Per quanto riguarda il modo delle elezioni, i candidati debbono possedere determinati requisiti di età e di competenza professionale. Tale sistema è stato seguito da molti Stati del continente americano, come dalla Dominicana, dove tutti i magistrati sono eletti, dalla Bolivia, dalla Columbia, dal Perù, dall'Uruguay e dal Venezuela, dove i massimi organi giudiziari sono eletti dalle Camere o dal Congresso. Il sistema elettivo per i giudici, anche appartenenti ai Tribunali di seconda istanza, fu adottato nell'Equatore, nel Guatemala e nel Nicaragua. Il Giappone nella sua Costituzione del 1946 stabilisce che le nomine dei membri della Corte Suprema siano fatte dal Gabinetto; ma debbono essere confermate dal popolo in occasione della prima elezione della Camera e successivamente ogni 10 anni. Così altre Costituzioni recenti, oltre quella svizzera del 1874, affermano il principio della elettività per tutti i giudici, come quelle dell'U.R. S.S. del 1936 e della Jugoslavia del 1946; senonché per i Supremi Consessi l'elezione è demandata alla Skupcina e al. Soviet Supremo e per gli altri organi giudicanti provvedono le Skupcine ed i Soviet rispettivamente di regione, di provincia e di circondario. Il sistema elettivo ha avuto una assai larga diffusione, perché parte dal presupposto che il giudice, derivando la sua autorità direttamente o indirettamente dal popolo, come gli altri organi supremi dello Stato, acquista, soltanto per tale origine, la massima indipendenza. Il giudice eletto è, senza dubbio, libero da vincoli dal potere esecutivo; ma non può non rimanere legato alle persóne - ed agli organi che lo hanno eletto. Il giudice nominato dal Governo, se . diviene inamovibile per disposizione di legge, può giudicare con maggiore indipendenza del giudice eletto a tempo determinato, che alla scadenza del termine deve ottenere la riconferma dall'elettorato o dalle assemblee parlamentari. Si è sempre osservato che una delle cause perturbatrici della libertà del giudice è l'intervento del Governo nelle promozioni. Se questa semplice azione governativa sulla carriera è ritenuta lesiva dell'indipendenza, tanto più grave deve ritenersi la votazione dell'elettorato o delle Camere per la riconferma nella carica. 432 GIUSEPPE GRASSI Questo per i regimi democratici; perché per quelli totalitari l'elezióne 'del giudice è soltanto formale: il partito unico indica i candidati e controlla l'esito delle votazioni. I membri dell'Esecutivo come quelli del Giudiziario sono esponenti del medesimo partito; ed una sostanziale separazione di funzioni riesce impossibile. L'ordinamento giudiziario negli Stati dittatoriali diviene strumento della politica dominante. Ma anche negli Stati democratici l'indipendenza del giudice non si raggiunge con il sistema elettivo. Il compianto Fiorello La Guardia, in occasione della sua venuta a Roma, tenne un discorso a Montecitorio ed ammonì gli italiani di non ricorrere alle elezioni per la scelta dei giudici, ricordando la non felice esperienza degli Stati di America. I nostri costituenti hanno tenuto conto di questo suggerimento. Un altro sistema è quello inglese. In Inghilterra non vi è un vero e proprio Ordinamento.giudiziario, come non esiste un Codice, né una Costituzione scritta. Un complesso di leggi statutarie, di regolamenti sussidiari, di norme consuetudinarie, concorrono alla formazione della cosiddetta « Common law », che costituisce il diritto inglese. La grande maggioranza delle persone che amministrano giustizia non rappresenta un ordine od una carriera; i giudici sono nominati normalmente dal Lord Cancelliere tra gli esperti degli affari e delle consuetudini del luogo, su segnalazione di speciali commissioni (Advisory Committee), anche fra non giuristi. Soltanto poche centinaia di giudici delle Corti Superiori hanno un vero carattere professionale e sono scelti tra i più distinti avvocati ammessi a patrocinare presso le Alte Corti. La nomina da parte del Governo non mette però il giudice alle dipendenze dell'Esecutivo; il popolo inglese ha saputo realizzare nel costume l'indipendenza del giudice: qualunque norma scritta non sarebbe riuscita così efficace. Mr. Jowitt, Lord Cancelliere d'Inghilterra, espose in forma semplice, ma espressiva, in un discorso tenuto in Roma, presso l'Associazione Anglo-Italiana, il sistema inglese: « Vi è in Inghilterra il controllo legale. Spetta ai giudici di interpretare le leggi del Parlamento. Il Parlamento può alterare la legge e i giudici si pronunciano su ciò che la legge significa. I nostri giudici sono completamente liberi da qualsiasi controllo dell'Esecutivo, né l'Esecutivo LA MAGISTRATURA NELLA NUOVA COSTITUZIONE 433 ha alcun desiderio di controllare i giudici. Noi dell'Esecutivo accogliamo con soddisfazione l'interposizione di un giudice indipendente tra le leggi, che il Parlamento approva, e l'individuo, che è accusato di violarle. Il Governo attuale in Inghilterra è deciso a proteggere i diritti dei privati cittadini persino contro l'Esecutivo. Noi dell'Esecutivo siamo saggi nell'adottare questo punto di vista, poiché noi vogliamo indurre il popolo ad ubbidire alle nostre leggi ed ai nostri regolamenti e, interponendo i giudici tra i cittadini e l'Esecutivo, noi rendiamo i cittadini più pronti ad ubbidire e creiamo la fiducia in ciò che stiamo facendo. L'intero sistema si impernia sui nostri giudici. Uno dei miei compiti è di nominare i giudici scegliendoli fra i King's Counsel (avvocati ammessi a discutere presso le Alte Corti). E una volta nominati, non posso più rimuoverli dalla loro carica. Nel fare queste nomine io non devo lasciarmi influenzare minimamente dai miei pregiudizi politici, né i miei colleghi del Governo tentano mai di influenzarmi su tale questione. La giustizia in Inghilterra è amministrata da questi giudici ». E concludeva: «Come vedete la Costituzione britannica è estremamente complessa e De Tocqueville, avendo passato molto tempo a studiarla, disse disperato: la Constitutionbritannique n'existe pas. Ma le caratteristiche essenziali sono che un Parlamento, liberamente e lealmente eletto, fa le leggi e che i giudici, liberi da qualsiasi controllo o pressione da parte dell'Esecutivo, le amministrano. Questo fatto è la base del nostro rispetto per la legge e del carattere del nostro popolo, che sono le maggiori ricchezze di cui noi disponiamo per superare la crisi di fronte a cui oggi ci troviamo ». L'indipendenza del magistrato inglese di qualunque grado, nominato dall'Esecutivo, è dal costume assicurata molto più che in altri Stati, le cui costituzioni scritte cercano con l'elezione di stabilire una netta separazione tra il potere giudiziario e quello esecutivo. Il cittadino inglese sa che nel suo paese il giudice:è il difensore del suo diritto, anche di fronte all'Esecutivo: il cittadino di altri paesi forse non ha la stessa fiducia nei confronti dei giudici eletti, direttamente o indirettamente, dal popolo. È lo spirito e non la forma che costituisce l'essenza dei regimi democratici. Nella maggior parte degli Stati del continente europeo, sull'esempio della Francia, si hanno nelle Costituzioni alcune affermazioni riguardanti l'organizzazione giudiziaria; ma non in forma tale da garantire la piena indipendenza del giudice. 28. 434 GIUSEPPE GRASSI Lo Statuto Albertino infatti conteneva alcune norme sul potere giudiziario con riferimento più agli organi che alla funzione giurisdizionale (art. 68-73). Le'garanzie per i giudici vennero soltanto più tardi precisate dalle leggi sull'ordinamento giudiziario, prima tra le quali, la legge Siccardi del 1851 per il Regno di Sardegna, sostituita da altra nel 1859 e poi adattata al Regno d'Italia con legge 6 dicembre 1865, n. 2626, che costituì la prima base dell'ordinamento giudiziario. La posizione della Magistratura, nello Statuto Albertino e negli ordinamenti giudiziari che lo seguirono, era tutt'altro che perfetta. La garanzia dell'inamovibilità del giudice era soltanto un formale presidio contro una diretta ingerenza dell'Esecutivo sull'attività funzionale della giurisdizione. Nomine, tramutamenti, applicazioni e promozioni nelle mani dell'Esecutivo potevano incidere fortemente sull'indipendenza del giudice: nessuna autonomia era garentita al potere giudiziario. Dopo circa venti anni si sentì la necessità di limitare il potere governativo, creando ( R . D . 14 dicembre 1884, n. 2807, e successive modifiche) una Commissione consultiva, parzialmente elettiva, che doveva dar pareri sulle nomine e promozioni dei magistrati e sul tramutamento di sede dèi magistrati inamovibili. Questa Commissione consultiva fu il nucleo, dal quale sorsero e si svilupparono il Consiglio Superiore della Magistratura, istituito con la legge Orlando 14 luglio 1907, n. 511, i Consigli giudiziari e la Suprema Corte disciplinare (legge Orlando 24 luglio 1908, n. 438). Tuttavia tanto la legge Orlando, che estendeva la garanzia dell'inamovibilità alla sede, quanto le leggi successive conservavano ancora un'ampia ingerenza del Ministro della Giustizia sia nelle nomine, sia nelle promozioni, sia nei trasferimenti consentiti dalla legge. Un importante progresso realizzò il regio decreto-legge 31 maggio 1946, n. 511, il quale, pur confermando nel Ministro il potere d'alta sorveglianza sulla Magistratura (art. 13), determinò con maggior precisione il concetto dell'inamovibilità, estendendolo a t u t t i i giudici (esclusi solo gli uditori) ed anche, in un certo modo, ai magistrati del pubblico ministero; rese elettivi i Consigli giudiziari, il Consiglio Superiore della Magistratura e la Corte disciplinare; precisò le funzioni del Consiglio Superiore nelle promozioni; LA MAGISTRATURA NELLA NUOVA COSTITUZIONE 435 restituì alla Corte disciplinare e - conferì ai ripristinati Tribunali disciplinari la natura di organi di giurisdizione disciplinare, con . la facoltà di emettere decisioni e non proposte. Tale era lo stato della legislazione anteriore all'entrata in vigore della nuova Costituzione. Questa ha dato un nuovo e definitivo assetto alla materia. L'articolo 101 dichiara che « la giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge)). Sono così fissate le basi per potere affermare che «la Magistratura costituisce unordine autonomo e indipendente da ogni altro potere)) (art. 104). 11 Consiglio Superiore della Magistratura, presieduto dal Presidente della Repubblica, provvede alle assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati (art. 105). I « magistrati sono . inamovibili » e « si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni » (art. 107). Su questi principi costituzionali deve fondarsi il nuovo ordinamento giudiziario, che sarà elaborato dal Parlamento. La Magistratura raggiungerà così la sua autonomia e la sua indipendenza dall'Esecutivo e rappresenterà uno dei pilastri fondamentali e sovrani dello Stato. ' Questa caratteristica di potere sovrano non deve peraltro far ritenere che si voglia dar vita ad un Ordine del tutto staccato dagli altri poteri dello Stato. La Costituzione ha conferito al Consiglio Superiore il governo della Magistratura, ma lo ha composto in modo da permettere che tale autogoverno si attui in equilibrio con gli altri poteri della Repubblica. Così è venuta meno la preoccupazione che la composizione tradizionale del Consiglio Superiore di soli magistrati, trasformasse la Magistratura in una casta chiusa* avulsa dall'intera organizzazione dello Stato e sottratta persino al controllo del Parlamento. La Costituzione invece chiama a farne parte, oltre il Primo Presidente e il Procuratore Generale della Corte di cassazione, altri componenti eletti per due terzi da t u t t i i magistrati ordinari fra gli appartenenti alle varie categorie e per un terzo dal Parlamento tra eminenti esperti di diritto. Il Presidente della Repubblica, che presiedè il Consiglio Superiore, conferma con la sua presenza in quel consesso il coordinamento tra gli organi supremi dello Stato. La Costituzione dispóne poi che il Vice Presidente del Consiglio Superiore venga eletto tra i membri designati dal Parlamento. 436 GIUSEPPE GRASSI Così la Magistratura, per quanto autonoma e indipendente, mantiene i rapporti, attraverso il Consiglio Superiore, con le Camere legislative, e per il tramite del Ministro di grazia e giustizia il collegamento con l'Esecutivo. L'organizzazione dei servizi della giustizia ed il bilancio relativo rimangono affidati al Guardasigilli, che ne risponde avanti alle Camere. Inoltre egli conserva, a termini della Costituzione, l'alta sorveglianza su tutti i magistrati, avendo la facoltà di promuovere l'azione disciplinare (art. 107). Maggiori poteri mantiene il Ministro nei confronti del pubblico ministero, i cui componenti, per quanto protetti dalle guarentigie che saranno stabilite dall'ordinamento giudiziario (art. 107,ultimo comma), rimarranno sempre gli elementi di raccordo fra l'Esecutivo e la Magistratura. Stabilita l'indipendenza dei magistrati e l'autonomia del potere giudiziario, la Costituzione avrebbe potuto forse fin da ora provvedere ad un'ulteriore garanzia d'imparzialità dei magistrati, ponendo il divieto per essi di appartenere a partiti politici. Questo limite alla libertà di associazione sarebbe giustificato dalla necessità di preservare gli organi giudiziari dai vincoli di disciplina di partito e dalle influenze di natura psicologica che indirettamente si farebbero valere qualora i giudici partecipassero alle lotte politiche. Ma l'Assemblea Costituente — , nonostante che la grande maggioranza dei magistrati si fosse pronunciata a favore del limite - preferì lasciare alla legge ordinaria ogni determinazione in proposito (art. 98, ultimo comma). La Costituzione, inoltre, conferisce ulteriore prestigio al potere giudiziario, attribuendogli un carattere unitario mai prima riconosciuto con il divieto d'istituire, nonché giudici straordinari, giurisdizioni speciali, fatta eccezione dei Tribunali militari, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, e affidandogli là potestà di disporre direttamente della polizia giudiziaria. Da questa posizione della Magistratura nell'organizzazione dello Stato discende questo corollario: che la Magistratura esercita una funzione sovrana, ad essa affidata direttamente dalla Costituzione. I magistrati si distaccano in tal modo da tutti i pubblici impiegati, i quali, per quanto elevati in grado, sono sempre subordinati gerarchicamente all'Esecutivo. Di conseguenza il trattamento economico dei magistrati deve essere messo in relazione alla posizione di prestigio e di dignità ad LA MAGISTRATURA NELLA NUOVA COSTITUZIONE 437 essi attribuita. In tal senso la Costituente votò uno' speciale ordine del giorno. Il nuovo ordinamento giudiziario dovrà interpretare con fedeltà i principi basilari della Costituzione. Senza dubbio gravi e molteplici difficoltà dovranno essere superate per vincere la forza di resistenza di radicate tradizioni. Ma il senso giuridico innato nel popolo italiano ci garentisce il risultato finale. Non bisogna però illudersi che bastino le norme scritte; occorrerà sempre rafforzare nel cittadino il sentimento di un profondo ossequio alla legge e la convinzione che il giudice, nella sua garantita indipendenza, potrà applicarla con serena imparzialità. Se riusciremo nell'intento, avremo gettate le basi salde e sicure del nostro regime democratico. GIUSEPPE GRASSI