tesi dottorato Dr. Ivan Notardonato
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tesi dottorato Dr. Ivan Notardonato
Università degli Studi del Molise Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dottorato di ricerca in Biochimica e Chimica Applicate SVILUPPO DI METODI ANALITICI PER DETERMINAZIONI AFFIDABILI IN CAMPO AMBIENTALE ED ALIMENTARE Coordinatore Ch.mo prof. S. Passarella Tutor Ch.mo prof. M.V. Russo Dottorando Dr. Ivan Notardonato XXII CICLO Sommario Introduzione 2 Tecniche di separazione: principi generali 4 Estrazione in fase solida: SPE Legame ionico Legame idrogeno Interazione dipolo-dipolo Interazione dipolo-dipolo indotto o forze di Wan der Waal Legame dipolo istantaneo-dipolo indotto o forze di dispersione di London 6 6 9 9 Vantaggi della Solid Phase Extraction Fasi solide: caratteristica e scelta dell’adsorbente Adsorbenti polari non derivatizzati Adsorbenti polari, chimicamente legati, nella cromatografia a fase normale Adsorbenti non polari, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a fase inversa Adsorbenti carichi, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a scambio ionico Adsorbenti polimerici Il carbone attivo Il Carobograph Scelta della fase adsorbente 10 11 11 14 14 15 16 17 17 18 18 20 Gas cromatografia Principi della gas cromatografia La colonna cromatografica Velocità di flusso del gas di trasporto L’effetto della temperatura 22 22 23 26 27 Rivelatori 29 29 30 30 30 Il rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID) Il rivelatore a conducibilità termica (TCD) Il rivelatore azoto-fosforo (NPD) Il rivelatore a cattura di elettroni (ECD) Le tecniche ifenate 31 I La spettrometria di massa Sistema pompa da vuoto Introduzione del campione Camera di ionizzazione 33 33 33 33 Sorgenti Impatto elettronico (EI) Ionizzazione chimica (CI) Ionizzazione a elettrospray (ESI) 35 35 36 37 Analizzatore Analizzatore magnetico Analizzatore a doppia focalizzazione Analizzatore a quadrupolo Analizzatore a trappola ionica Analizzatore a tempo di volo (TOF) 37 38 38 39 40 41 Rivelatore 42 Lo spettro di massa 42 Bibliografia 44 Abstract 47 Ftalati in matrici idroalcoliche: preconcentrazione su “Carbograph 1” ed analisi mediante GC-FID o GC-MS 48 Introduzione 48 Obiettivo 50 Materiali e metodi Materiali Metodi 51 51 54 Isoterme di adsorbimento Preparazione delle soluzioni Estrazione delle soluzioni Preparazione dello standard interno Costruzione delle isoterme di adsorbimento 55 55 55 56 57 Volumi di breakthrough Preparazione delle soluzioni e della fase adsorbente Estrazione dei soluti e concentrazione delle soluzioni Costruzione delle curve di breakthrough 62 62 62 63 Determinazione del solvente di estrazione 67 II Applicazione del metodo a campioni reali 69 LOD e LOQ ottenuti in GC-FID 71 Errore intraday ed interday in GC-FID 72 Analisi allo spettrometro di massa degli ftalati 73 LOD e LOQ ottenuti in GC-MS 78 Errore intraday ed interday in GC-MS 79 Conclusioni 80 Bibliografia 81 Determinazione dell’acrilammide in prodotti da forno mediante GC-ECD e GC-MS 83 Introduzione 83 Obiettivo 84 Caratteristiche della molecola 85 Metodi analitici in uso per la determinazione dell’acrilammide nei prodotti alimentari 86 Materiali e metodi Materiali Metodi 87 87 88 Reazione di derivatizzazione 89 LOD e LOQ ottenuti in GC-ECD 91 Errore intraday ed interday in GC-ECD 91 Retta di taratura ottenuta in GC-ECD 92 Analisi del campione alimentare mediante GC-ECD 93 Analsi allo spettrometro di massa dell’acrilammide derivatizzata 94 LOD e LOQ ottenuti in GC-MS 105 Errore intraday ed interday in GC-MS 105 III Schema riassuntivo frammentazione 106 Determinazione quantitativa dell’acrilammide in spettrometria di massa 107 Conclusioni 109 Bibliografia 110 Allegato 1: vino bianco 111 Allegato 2: vino rosso 113 Allegato 3: dimetyl phtalate 115 Allegato 4: dietyl phtalate 116 Allegato 5: dibutyl phtalate 117 Allegato 6: isobutyl-cicloesyl phtalate 118 Allegato 7: benzil-butyl phtalate 119 Allegato 8: bis(2-etil-exil) phtalate 120 Allegato 9: MS-MS del di-derivato dell’acrilammide 121 Allegato 10: MS-MS del tri-derivato dell’acrilammide 123 IV parte bibliografica 1 INTRODUZIONE La presenza di sostanze tossiche nel nostro ecosistema è stato sempre un problema di grande rilevanza e influenza sociale sia per la natura sia per l’uomo. Nel corso degli anni chimici, biologi e scienziati di varia natura, hanno evidenziato diverse sostanze tossiche presenti nell’ambiente, derivanti sia da fonti naturali sia da fonti industriali. Soprattutto da queste ultime, si continuano a produrre e rilasciare, ogni anno, migliaia di sostanze, la cui tossicità, impatto sanitario ed ambientale resta in alcuni casi ancora da definire [1]. Alcune di queste sostanze si presentano molto pericolose per la natura e per la salute pubblica; infatti, sono caratterizzate da elevata o probabile tossicità, persistenza, bioaccumulabilità e bioconcentrazione. La tossicità è spesso legata alla struttura molecolare di questi composti. Infatti, il grado di tossicità dipende dal modo in cui queste molecole possono interferire e/o interagire con i meccanismi del corpo umano o della vita. La persistenza, come la tossicità, di queste sostanze è legata alla loro struttura molecolare [2, 3, 4]. La bioaccumulabilità è legata alla maggiore affinità che queste sostanze presentano per i sistemi apolari o poco polari di quanto non lo siano per l’acqua. In altre parole, diffondono nei tessuti grassi dove sono adsorbiti e concentrati [5, 6, 7, 8, 9]. La bioconcentrazione, invece, è legata all’aumento, in modo consistente, della concentrazione media di molte sostanze procedendo lungo la catena alimentare. Analizzando la catena alimentare, o meglio il complesso delle interazioni delle 2 catene alimentari all’interno di un ecosistema, notiamo che un essere vivente tende a nutrirsi con quantità di cibo che attinge da livelli inferiori. Purtroppo, in questa serie di passaggi, si tende a trattenere, piuttosto che ad eliminare, la maggior parte delle sostanze tossiche assunte con il cibo [10, 11, 12]. Una sostanza chimica la cui concentrazione aumenta lungo la catena alimentare, è definita sostanza biomagnificata e il fenomeno è chiamato biomagnificazione o amplificazione biologica [1]. Per la maggior parte, le sostanze tossiche o potenzialmente pericolose presenti nell’ambiente o negli alimenti sono state studiate ed analizzate, per cercare di caratterizzarne il comportamento e/o ridurne la concentrazione a livello ambientale. È da tener presente che, in una determinazione quantitativa, il problema di queste sostanze è la loro bassissima concentrazione, infatti si parla molto spesso di ppm, ppb o addirittura ppt; concentrazioni molto piccole anche per strumenti attuali molto costosi. Nasce, quindi, l’esigenza di preconcentrare queste sostanze in modo da renderle determinabili anche con strumenti poco costosi o presenti nella maggior parte dei laboratori. In questi anni mi sono occupato di mettere a punto e validare metodi analitici per diverse sostanze di interesse ambientale ed alimentare. Nella presente tesi viene affrontato il problema degli ftalati nel vino e l’acrilammide in prodotti da forno. 3 TECNICHE DI SEPARAZIONE: PRINCIPI GENERALI L’esigenza di separare e/o determinare singoli componenti di miscele complesse, ha portato allo sviluppo di numerose tecniche di separazione. Ne sono esempio la distillazione frazionata, la cristallizzazione, la filtrazione, la centrifugazione, l’elettroforesi capillare, l’estrazione con solvente, e così via. Tali tecniche sfruttano ed amplificano differenze, anche minime, fra le diverse specie chimiche in modo da consentire una separazione efficiente. Tra le tecniche sopra menzionate, quella più utilizzata nella preparazione del campione analitico, specialmente da soluzioni acquose, è l’estrazione liquidoliquido. Tale tecnica si esegue portando a contatto con la soluzione in cui si trova un certo soluto, un solvente che sia praticamente immiscibile con il primo, in modo che il soluto possa distribuirsi tra i due solventi in ragione della sua e della loro natura o delle condizioni sperimentali. La legge con cui avviene la distribuzione di un soluto tra due solventi è la legge di Nerst , che può così enunciarsi: “un soluto si distribuisce fra due solventi immiscibili tra loro, quando non ci sono interazioni soluto-solvente, in modo che il rapporto tra le sue concentrazioni è costante”. Il parametro che meglio esprime l’enunciato di Nerst è il coefficiente di distribuzione o di ripartizione (KD). Al fine di chiarire il significato del coefficiente di ripartizione si consideri il sistema costituito dal soluto A e da due solventi immiscibili tra loro: solvente polare (S1); solvente apolare (S2). Se la sostanza A si trova inizialmente nella soluzione S1 quando quest’ultima viene dibattuta con il solvente S2, si ha il seguente equilibrio: AS1 ↔ AS2 4 La frazione del composto A che solubilizza nella fase S2 è tale che è sempre costante il rapporto KD = AS 2 AS1 in cui AS1 ed AS2 rappresentano le concentrazioni del soluto nei due solventi e KD è il coefficiente di distribuzione della specie in considerazione. Esso è costante a temperatura costante. La legge della distribuzione così espressa non è però termodinamicamente rigorosa, poiché nell’espressione sopra riportata si è fatto uso delle concentrazioni invece delle attività; ma questa approssimazione è del tutto lecita ai fini pratici. Nonostante l’estrazione liquido-liquido sia una delle tecniche separative più utilizzate, essa comporta notevoli problemi; ad esempio: impiego di grossi quantitativi di solventi spesso tossici; potenziale contaminazione per l’uso di molta vetreria; elevato tempo di analisi necessario per l’estrazione; concentrazione di volumi elevati di solvente con relativa esaltazione delle impurità in esso contenute; elevato numero di travasi con possibilità di errori da parte dell’operatore; probabili perdite per evaporazione; costi di trasporto, considerando che tale operazione è eseguibile solo in laboratorio. Per questi, ed altri motivi, nasce l’esigenza di studiare nuove tecniche per il campionamento, in modo da minimizzare i problemi d’analisi sopracitati ed ottenere risultati altrettanto affidabili. Una tecnica attualmente in via di grande sviluppo, utilizzata in questo lavoro, è la Solid Phase Extraction (SPE). 5 ESTRAZIONE IN FASE SOLIDA: SPE Un processo molto comune a cui di solito un campione è sottoposto quando si devono analizzare componenti presenti in tracce è il processo di arricchimento o preconcentrazione. Molte delle sostanze inquinanti oggetto di analisi chimiche, infatti, sono in genere disperse in matrici complesse e sono presenti a livello di concentrazioni molto basse, si tratta quasi sempre di mg/L (ppm) e µg/L (ppb) o addirittura valori inferiori. Queste basse concentrazioni non permettono di analizzare direttamente il campione, poiché sono molto vicine ai limiti di rilevabilità dello strumento. Per cui nasce l’esigenza di trattare il sistema per disporre di soluzioni a concentrazione adeguate alla sensibilità strumentale. La manipolazione del campione, quindi, diventa una necessità inderogabile che però ha il difetto di modificare il sistema, per questo si rischia di avere una non perfetta rispondenza dei valori misurati ai valori reali. Per mantenere la fase di preconcentrazione abbastanza attendibile, in primo luogo vanno ridotte al minimo le perdite degli analiti nei passaggi del processo. La condizione ideale si otterrebbe qualora la quantità di sostanza recuperata fosse uguale alla quantità di partenza. In tutti gli altri casi si commettono errori, anche rilevanti, nella determinazione quantitativa. In secondo luogo, bisogna assicurarsi un’adeguata efficienza di concentrazione. Un sistema di arricchimento valido deve portare a incrementi della concentrazione adeguati alle metodologie strumentali impiegate per le successive analisi. Infatti, per composti presenti in 6 ppb o quantità inferiori, bisogna avere incrementi di concentrazione di un fattore maggiore di 1000. Infine, particolare cura, va posta nel non introdurre impurità ed artefatti nelle soluzioni finali. Le tecniche preparative di estrazione in fase solida si stanno sempre più diffondendo in campo ambientale ed alimentare, in risposta alla crescente domanda di metodi pratici, riproducibili, veloci e altamente selettivi. La tecnologia di estrazione in fase solida è una tecnica ampiamente utilizzata per la preparazione di campioni di diversa natura, come i pesticidi clorurati, PCBs, diossine ecc. ottenuti da campioni ambientali. La tradizionale SPE utilizza colonnine in polipropilene contenenti un materiale adsorbente (fase solida) impaccato, a cui si lega in modo specifico il soluto che si vuole purificare e/o determinare. Con uno o più lavaggi si eliminano dalla fase solida adsorbente i composti interferenti e con l'aggiunta di un solvente adatto si riesce a recuperare il soluto o i soluti di interesse. Un momento importante dello studio è rappresentato dalla scelta dell’ adsorbente, poiché permette di minimizzare le interferenze senza influenzare la sensibilità del metodo. Sono apprezzabili anche il condizionamento della cartuccia, il lavaggio della cartuccia e l’eluizione dell’analita. Il condizionamento prepara la fase stazionaria in modo da garantire una ritenzione ottimale dell’analita. Il solvente di lavaggio deve essere scelto in modo da eliminare le interferenze permettendo all’analita di rimanere adsorbito sulla fase stazionaria. Una buona soluzione è spesso rappresentata dall’utilizzo di un solvente in cui l’analita è insolubile o poco solubile. Nella riestrazione dell’analita dalla fase stazionaria, il solvente stabilisce un legame più forte con il soluto rispetto al precedente e quindi lo eluisce. Il 7 solvente utilizzato nella riestrazione dei soluti deve avere una forte affinità per gli analiti, in modo da stabilire con essi un legame più forte rispetto al precedente. Qui di seguito viene schematizzata una colonna usata per la S.P.E. eluizione setti porosi f ase adsorbente Nel meccanismo di una SPE la fase solida viene in contatto diretto con la fase liquida e con i soluti in essa contenuti. Affinché si verifichi la separazione dell’analita dalla fase liquida, occorre che l’analita si leghi alla fase solida, o meglio al sito attivo della fase solida, occorre quindi che la forza di legame fra analita (A) e sito dell’adsorbente (F) sia più elevato di quello esistente fra analita (A) e fase liquida (S). Si S S A F S A A O S F Si A O S S Si O S Si A A F A Si F A A S S O S S S A F A S S A 8 Le forze che si possono istaurare sono legami ionici, legami idrogeno, interazione dipolo-dipolo, interazione dipolo-dipolo indotto (o forze di Van Der Waals) e forze di dipolo-dipolo istantaneo ( o di dispersione di London). Di seguito, darò una breve descrizione dei legami che caratterizzano la SPE: Legame ionico Alcuni atomi raggiungono l'ottetto stabile acquistando o cedendo degli elettroni. In questo modo l'atomo acquista una carica elettrica positiva o negativa, a seconda che ceda o acquisti un elettrone. Un atomo che cede uno o più elettroni verrà ad avere un numero di protoni maggiore di quello degli elettroni; non risulterà quindi neutro ma elettricamente positivo. Si dice che è diventato uno ione positivo. Un atomo che acquista uno o più elettroni verrà ad avere un numero di elettroni maggiore di quello dei protoni; non è più neutro, ma elettricamente negativo. Si dice che è diventato uno ione negativo. Il legame che si stabilisce tra due atomi di questo tipo si dice legame ionico ed è dato dalle forze elettriche opposte che si attraggono. Il legame ionico consiste proprio nell'attrazione elettrostatica tra ioni di segno opposto. Legame idrogeno E’ un tipo di legame che si instaura quando un atomo di idrogeno è legato chimicamente ad un atomo molto elettronegativo. In queste condizioni, si sviluppa una frazione di carica positiva sull'idrogeno che si polarizza (δ+) ed una frazione negativa sull'altro atomo (δ-). Inoltre è necessario che sul secondo atomo sia presente almeno una coppia di elettroni di non legame. Quando una seconda molecola si avvicina, si orienta in modo da esporre la propria coppia di elettroni liberi verso l'idrogeno ed in questo modo si genera una grande forza di attrazione 9 elettrostatica. Tipici atomi molto elettronegativi sono Ossigeno, Azoto, ecc. Il legame idrogeno è la più forte delle interazioni tra molecole in termini di energia. L 'intensità della forza di legame dipende dall'atomo legato all'idrogeno e dalla coppia di elettroni libera. Il legame idrogeno può risultare una forza di legame importante e discriminante rispetto ad altre forze di legame che si verificano sulle superfici dei solidi adsorbenti. Interazione dipolo-dipolo Quando due atomi generici differenti (X,Y) sono legati chimicamente, a causa della loro differente capacità di attrarre gli elettroni, si instaura tra loro una differenza di posizione tra il baricentro delle cariche positive (+) e negative (-) generando un dipolo elettrico e la molecola si dice polare. Due dipoli elettrici vicini tendono ad orientarsi in modo che il baricentro del primo dipolo (+) sia vicino a quello (-) del secondo dipolo e ad attrarsi elettrostaticamente. L'effetto è simile al precedente, difatti il legame idrogeno non è che un tipo particolare di interazione dipolo-dipolo, ma in questo caso l'attrazione non è potenziata dalla presenza di elettroni liberi. Dopo il legame idrogeno, le interazioni dipolo sono le forze di attrazione intermolecolare maggiori. La loro intensità dipende dall'intensità del dipolo elettrico. Interazione dipolo-dipolo indotto o forze di Van Der Waals. Quando una molecola polare si avvicina ad una non polare induce in quest'ultima un dipolo elettrico di minore intensità che perdura fintanto che le due molecole restano vicine. Si genera così attrazione come per il dipolo-dipolo. L'intensità è proporzionale al dipolo che induce polarizzazione e dalla polarizzabilità della 10 seconda molecola, grandezza che a sua volta cresce con la superficie della molecola. Interazione dipolo istantaneo-dipolo indotto o forze di dispersione di London. Gli elettroni che si muovono continuamente attorno ad un nucleo creano piccolissimi dipoli istantanei, che inducono a loro volta dipoli istantanei su molecole vicine. Queste forze sono debolissime, ma la loro somma genera una risultante che tiene assieme molecole non polari. Sono proporzionali alla superficie delle molecole interagenti. VANTAGGI DELLA SOLID PHASE EXTRACTION La tradizionale tecnica preparativa di estrazione con solvente costituisce, in molte metodiche, una tappa di congestione e rallentamento; in molti casi, questa tecnica non porta ad un campione da analizzare adeguato, per recupero e compatibilità analitica, alle sempre più sofisticate strumentazioni analitiche. Inoltre, l’uso di grosse quantità di solventi, tossici e volatili, costituisce un serio pericolo per gli operatori e per l’ambiente. L’estrazione in fase solida, al contrario, condotta su colonnine preimpaccate, è in grado di unire al concetto di selettività quello di una certa e sostanziosa diminuzione del solvente estraente. Altre caratteristiche favorevoli, nella scelta della tecnica SPE, sono i tempi rapidi d’analisi; la buona selettività, dovuta alla varietà dei solidi adsorbenti; l’assenza o quasi di evaporazioni del solvente in quanto gli analiti sono riestratti con piccole quantità di solventi; la scarsa necessità di trasporto in laboratorio, poiché il campione può essere preparato già sul posto 11 di prelievo; l’elevata automazione in grado di trattare lo stesso campione con diverse colonnine e con diverse combinazioni di solventi. Le principali funzioni dell’estrazione in fase solida sono riconducibili all’arricchimento di tracce, al clean up ed alla conservazione del campione. Nel primo caso, per una specie con forte affinità (attrazioni relative dei componenti in soluzione, sia per il solvente sia per la superficie dell’adsorbente) l’adsorbimento avverrà in una piccola superficie del letto adsorbente. Nel secondo caso, le interazioni più o meno selettive che si verificano tra i diversi costituenti di un campione e l’adsorbente, permette, in alcuni casi, la separazione di un certo gruppo di sostanze da altre durante lo step dell’arricchimento. Nel terzo caso, grazie al carattere relativamente inerte dei diversi materiali adsorbenti, un analita adsorbito può rimanere inalterato per un periodo di tempo molto lungo se è tenuto nelle condizioni opportune. Questo aspetto è fondamentale perché riduce notevolmente la quantità di campione da trasportare in laboratorio e dà la possibilità di effettuare campionamenti in situ, specialmente in luoghi dove non è facile il trasporto di notevoli quantità di campioni. Per queste ed altre ragioni, in questi ultimi anni, l’estrazione in fase solida si identifica nella tecnica di separazione più ampiamente usata, che ha segnato una svolta nei metodi di preconcentrazione e arricchimento. 12 Il meccanismo di azione di una SPE è riportato nel seguente schema: stadio 1 condizionamento della cartuccia: solventi idonei stadio 2 aggiunta del campione: analita ed impurezze stadio 3 aspirazione del solvente: intrappolamento delle sostanze sull’adsorbente stadio 4 lavaggio con solvente idoneo: rimozione delle impurezze stadio 5 eluizione con solvente adatto: recupero dell’analita 13 FASI SOLIDE: CARATTERISTICHE DELL’ADSORBENTE E SCELTA Adsorbenti polari non derivatizzati Con tale termine s’intende una sostanza solida, senza modifiche di sorta, che sia in grado di interagire con le molecole di soluto presenti in soluzione, che viene a contatto con la fase solida stessa. Le fasi solide non modificate più utilizzate sono la Silice, l’Allumina e il Florosil. Esse sono particolarmente adatte a separare composti polari (aldeidi, alcoli, alogenuri organici) da solventi non polari. La silice non modificata può essere strutturalmente schematizzata: OH OH SiH SiH O OH HSi O I gruppi silanolici possono dar luogo a legami idrogeno con molecole opportune come, ad esempio, la benzilammina: H H OH OH SiH O SiH O N CH 2 H HSi O Se la benzilammina è solubilizzata nella miscela binaria esano/dietiletere (3:1), l’interazione benzilammina-gel di silice risulta più forte dell’interazione solvente- 14 gel di silice. Tale fenomeno spiega come l’ammina si trattiene sulla fase stazionaria ed il solvente fluisce attraverso il gel di silice. Per questa ragione, l’eluizione dei soluti trattenuti è effettuata con solventi che hanno la capacità di instaurare interazioni più forti con la fase fissa rispetto ai soluti stessi. In generale, si può affermare che i composti basici sono trattenuti con più efficacia dalla silice, la quale risulta leggermente acida, mentre i composti acidi sono fortemente adsorbiti da fasi solide basiche, come l’allumina. Nel caso dell’esempio sopra riportato, l’eluizione del soluto sarà effettuata con metanolo poiché esso formerà legami idrogeno più forti con il gruppo silanolico rispetto a quelli stabiliti dagli stessi con la benzilammina: H OH OH O SiH SiH HSi O O CH 3 H H 2N CH 2 O Anche l’acqua è in grado di interagire con i gruppi silanolici per formare legami idrogeni perciò l’attività dell’adsorbente è funzione del grado della sua umidità. Adsorbenti polari, chimicamente legati, nella cromatografia a fase normale Derivatizzando i gruppi silanolici con mono-, di- e trialogenosililderivati, o con mono-, di-, e trialcossisililderivati si ottengono i silossani: SiH OH CH3 O SiH O O Si (CH2)xR CH3 SiH OH 15 Nel caso poi, che la fase solida venga trattata con un derivato trifunzionale (triclorosililderivato) il risultato è il seguente: OH R x(H 2C) Si OH O SiH O SiH O HSi O Come si può notare, in entrambi i derivati è possibile notare la presenza di gruppi silanolici (-SiOH) liberi. Questi ultimi possono essere derivatizzati con trimetilclorosilano. La fase solida adsorbente ottenuta, non presenta nessun gruppo silanolico ed il responsabile dell’adsorbimento è a carico del gruppo R. La fase solida di silice modificata offre una diversa forza di ritenzione nei confronti degli analiti e consente una maggiore duttilità. I carboidrati, ad esempio, si legano troppo fortemente alla silice tal quale e perciò non ne sarebbe possibile la successiva eluizione. La cromatografia a fase normale con adsorbenti polari legati si ha quando il gruppo R è costituito da un gruppo ciano (-CN), da un gruppo ammino (-NH2) o da un gruppo diolo (OH OH). Adsorbenti non polari, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a fase inversa Sono adsorbenti costituiti da silice modificata con gruppi R1 (radicali alchilici), che risultano meno polari del solvente in cui sono solubilizzati gli analiti. La dinamica dell’adsorbimento è la seguente: il soluto con parte meno polare, solubilizzato in un solvente polare, si lega ad un gruppo R1 non polare, sulla fase solida. Le interazioni fra gruppi non polari sono le interazioni di Van Der Waals. I 16 gruppi R1 non polari legati alla silice possono essere: l’ottadecile, l’ottile, il cicloesile, il fenile, il butile ed altri. L’analita viene eluito dalla colonna con solventi apolari. Adsorbenti carichi, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a scambio ionico Queste fasi di silice modificata, hanno un radicale R2 costituito da un gruppo funzionale carico, i più utilizzati sono il gruppo –SO3- ed il gruppo -N+(CH3)3. Tali fasi fisse, in genere, sono impiegate per l’estrazione di acidi e basi da soluzioni acquose. Il gruppo –SO3- è un forte scambiatore cationico ed è impiegato per l’estrazione di analiti basici dalle soluzioni mentre il gruppo -N+(CH3)3 è un forte scambiatore anionico ed è usato per analiti acidi. I parametri da ottimizzare per condurre un’analisi cromatografia a scambio ionico con silice modificata sono molto importanti, tra cui ricordiamo il pH, il controione, la forza ionica ed il flusso. Adsorbenti polimerici Oltre ai materiali adsorbenti fino ad ora osservati, sono stati messi a punto, per specifiche esigenze, altri tipi di adsorbenti aventi struttura polimerica. Tali adsorbenti, spesso, permettono di ottenere un’alta selettività, difficilmente ottenibile con i materiali adsorbenti esaminati precedentemente. Witzenbacher ed altri [13], nella preconcentrazione di metabolici dell’atrazina hanno affrontato tale questione. In prima istanza hanno utilizzato l’ottadecile legato (cromatografia a fase inversa). Tale sistema, pur risultando valido per l’analita in questione, si è dimostrato inefficiente per i suoi metaboliti (composti altamente polari). La 17 difficoltà è stata superata impiegando un adsorbente polimerico: resina di polistirene-divinilbenzene. Il carbone attivo Il carbone ha la proprietà di rimuovere le impurezze da soluzioni e da gas. Le impurezze sono adsorbite sul carbone, precedentemente attivato. La natura porosa di questo materiale è, in gran parte, la causa delle sue caratteristiche adsorbenti. Industrialmente il processo di attivazione implica il riscaldamento di un materiale carbonioso di partenza, parzialmente ossidato, per rimuovere le impurezze non carboniose. La fase gassosa ossidante, impiegata nella fase di attivazione, può contenere ossigeno, anidride carbonica ed acqua [14]. La natura dei siti del carbone attivo è stata ampiamente studiata e le caratteristiche dei siti, in genere, riflettono quelle dei composto aromatici ossigenati. Quasi sempre vi sono gruppi carbossilici, forme enoliche di 3-dichetoni, gruppi fenolici, legami C-O e C-O-C. Il Carbograph L'utilizzo del Carbograph come adsorbente per preconcentrare tracce di sostanze inquinanti presenti in campioni ambientali, è in continuo aumento. Da diversi anni si è dimostrato come le sue caratteristiche soddisfano pienamente le esigenze di laboratori privati, enti di ricerca ed università. Le diverse aree superficiali delle varie tipologie di Carbograph consentono l'intrappolamento e il rilascio efficiente di un vasta gamma di composti, dai più volatili ai medio-alto bollenti essendo possibile l'utilizzo simultaneo di 2 o 3 tipi di Carbograph nello stesso tubo adsorbente. 18 Tabella: riepilogo fasi adsorbenti commerciali ADSORBENTE POLARE STRUTTURA SITO NON MODIFICATO DELL’ADOSORBENTE SILICE -SiOH FLORISIL Mg2SiO3 ALLUMINA Al2O3 ADSORBENTE MODIFICATO STRUTTURA SITO CON R POLARE: DELL’ADOSORBENTE CROMATOGRAFIA A FASE NORMALE SILICE CON GRUPPO CIANO -CH2-CH2-CH2-CN SILICE CON GRUPPO AMMINO -CH2-CH2-CH2-NH2 SILICE CON GRUPPO DIOLO -(CH2)3-O-CH2-CH-CH2 OH OH ADSORBENTE MODIFICATO STRUTTURA SITO CON R APOLARE: DELL’ADOSORBENTE CROMATOGRAFIA A FASE INEVRSA SILICE CON OTTADECILE -C18 SILICE CON OTTILE -C8 SILICE CON ETILE -C2 SILICE CON CICLOESILE -CH2-CH2- ADSORBENTE MODIFICATO CON R CARICO: STRUTTURA SITO CROMATOGRAFIA A SCAMBIO DELL’ADOSORBENTE IONICO Si CON AMMINA QUATERNARIA -CH2-N+(CH3)2-C18 Si CON Ac. CARBOSSILICO -CH2-CH2-COOH Si CON Ac. SOLFONICO -(CH2)3-SO2H 19 SCELTA DELLA FASE SOLIDA ADSORBENTE La scelta dell’adsorbente, per l’estrazione di un dato analita, rappresenta lo step fondamentale negli studi della separazione in fase solida. I concetti affrontati in precedenza non possono che essere solo orientativi. Ciò dipende dal fatto che quando si esaminano casi reali, le variabili coinvolte in tali applicazioni sono molteplici e di importanza non trascurabile. Basti solo pensare alla complessità delle strutture molecolari delle sostanze organiche che si analizzano. La maggior parte di queste è caratterizzata da una parte con carattere polare un’altra con carattere apolare. In questo caso, quale sarà l’adsorbente adatto? Ci sono molecole non polari, solubili in solventi apolari e viceversa. Inoltre la quantità di fase adsorbente, la sua granulometria ed il suo condizionamento influenzano l’adsorbimento. Spesso è necessario valutare le interazioni “secondarie” dell’analita, che si instaurano attraverso zone della molecola e non con il sito principale. Bisogna stabilire, con margini molto ristretti, la velocità di flusso, la possibilità che siano presenti contemporaneamente altre sostanze ed il solvente, che potrebbe legarsi fortemente con il soluto e quindi non consentire l’adsorbimento, oppure il solvente potrebbe competere con l’analita stesso per l’adsorbimento. In sintesi, la complessità del problema riflette la complessità della struttura chimica stessa della molecola. E’, perciò, molto difficile indicare con assoluta certezza, a priori, l’adsorbente adatto e le condizioni d’analisi. Ciò richiede uno studio particolareggiato in cui, sempre considerando i concetti basilari della separazione in fase solida, il ruolo principale è svolto dalle 20 prove preliminari con sostanze a titolo noto. Solo dopo l’ottimizzazione del processo si può passare ai campioni reali. In generale, si può affermare che gli analiti dotati di elevata polarità solubilizzati in solventi non polari saranno trattenuti da adsorbenti aventi funzioni polari non derivatizzate e funzioni polari chimicamente legate mentre i soluti apolari solubilizzati in solventi polari saranno adsorbiti, facilmente, da fasi solide aventi funzioni apolari chimicamente legate. In ultimo, gli analiti ionici o ionizzabili preferiscono come fasi solide adsorbenti quelle che presentano una netta separazione di carica. 21 GAS CROMATOGRAFIA PRINCIPI DELLA GAS CROMATOGRAFIA [15-16-17] La gas cromatografia (GC) è una tecnica cromatografica di grande importanza per la separazione e l’analisi di miscele gassose o gassificabili. Solitamente tale tecnica cromatografica si divide in due sottogruppi e cioè la cromatografia gas-solido e la cromatografia di gas-liquido. Queste due tecniche sono simili nei loro aspetti generali ma differiscono nelle caratteristiche della fase stazionaria. Nella cromatografia gas-solido la fase stazionaria è costituita da un solido adsorbente, mentre nella cromatografia di ripartizione gas-liquido la fase stazionaria è costituita da un supporto inerte sul quale è stato depositato un film di un liquido di ripartizione. La fase mobile è costituita in ambedue i casi da un gas inerte. La gas cromatografia è in grado di analizzare e separare non solo campioni gassosi, ma anche liquidi o solidi purché siano sufficientemente volatilizzabili e stabili in stato vapore. La fase stazionaria assorbe parzialmente o adsorbe il campione mentre la fase gassosa lo trasporta lungo la colonna impaccata o capillare. La separazione dei componenti, di una miscela iniettata, procede attraverso una ripartizione tra la fase gassosa e la fase liquida adsorbita sul supporto solido inerte. Le differenti caratteristiche delle fasi stazionarie e le molteplici interazioni che si instaurano fra queste ultime e gli analiti, costituenti le miscele, sono i responsabili della separazione. I componenti che vengono 22 maggiormente trattenuti (elevata interazione chimico-fisica dei soluti con la fase stazionaria) dalla fase stazionaria si muovono più lentamente con il flusso della fase mobile. Al contrario, i componenti che vengono debolmente trattenuti dalla fase stazionaria, si muovono più rapidamente. In conseguenza di queste differenze di mobilità i componenti del campione vengono separati. Il gas inerte o la fase mobile passa attraverso un rivelatore. Il segnale del detector è continuamente monitorato attraverso un registratore in cui i picchi dei singoli componenti sono relazionati al tempo di eluizione degli stessi. L’area dei rispettivi picchi è proporzionale alla quantità relativa di ciascun analita costituente il campione in esame. Tuttavia, il tempo di ritenzione, il tempo che intercorre tra l’iniezione del campione e il centro di uno specifico picco, può essere usato come conferma per la identificazione di un determinato analita utilizzando un campione noto con le stesse condizioni sperimentali ed osservando il medesimo tempo di ritenzione. Tale raffronto potrebbe essere ripetuto utilizzando una colonna a differente polarità al fine di convalidare il precedente accordo dei tempi di ritenzione. Il tempo di ritenzione è influenzato da diverse variabili come il flusso del gas di trasporto, la temperatura della colonna, la lunghezza e la composizione della colonna. LA COLONNA CROMATOGRAFICA Il maggior impiego della gas cromatografia rispetto a tutte le altre tecniche di separazione è dovuto alla sua alta selettività e capacità di separare componenti volatili in una miscela, anche complessa. Un elevato numero di separazioni 23 possono essere ottenute con appropriate condizioni di esperimento. Probabilmente il parametro critico, nella conduzione di un’analisi gas cromatografica (gasliquido), è la scelta del liquido della fase stazionaria della colonna. La colonna cromatografica rappresenta la parte essenziale dell’apparecchio: il suo dimensionamento, la scelta appropriata del materiale di riempimento e le modalità usate per riempirla, sono determinanti ai fini dell’efficienza che se ne potrà ottenere. Compito della colonna è di contenere la fase stazionaria ed al tempo stesso essere permeabile al gas vettore. A seconda del modo in cui la fase fissa è disposta all’interno della colonna possiamo distinguere: - colonne a riempimento (o impaccate), in cui la fase stazionaria si presenta come un mezzo poroso al flusso del gas vettore. Nella cromatografia gas-liquido, il liquido di ripartizione è disperso su di un supporto inerte, mentre nella gas-solido, l’adsorbente è un solido granulare o una polvere fine supportata. - colonne capillari (open tubular columns) in cui la fase stazionaria è disposta sulle pareti come un film sottile o polvere. La trattazione che segue riguarda le colonne di ripartizione gas-liquido. La funzione del solvente (fase liquida) è di determinare la ripartizione differenziale dei componenti la miscela in esame (analiti); la sua scelta viene quindi fatta sulla base dell’intervallo di ebollizione dei soluti e della loro natura chimica. Una via di classificazione della fase liquida, quindi della fase stazionaria, è quella relativa alla diversa polarità. La scelta della fase liquida segue alcune regole generali. Una colonna non selettiva o non polare riesce approssimativamente a separare soluti simili, in accordo con il loro punto di 24 ebollizione mentre una colonna polare separerà componenti in base alla loro polarità, piuttosto che al loro punto di ebollizione. In generale le colonne polari riescono a trattenere composti polari più fortemente rispetto a sostanze meno polari o a sostanze non polari. La grandezza della costante di distribuzione del campione tra la fase liquida stazionaria e la fase gassosa è molto più importante della volatilità o punto di ebollizione dei componenti, nel determinare l’ordine di eluizione. Tuttavia, i campioni fluiscono in ordine crescente del punto di ebollizione se, naturalmente, tutti appartengono alla stessa serie omologa. Il fattore principale che determina il tempo di ritenzione per un dato componente nella colonna (a temperatura costante) è il grado di interazione che ha luogo tra la molecola del campione e la fase liquida. I vari meccanismi di attrazione intermolecolare determinano il ritardo del cammino di una data molecola trasportata lungo la colonna dalla fase mobile gassosa. In conclusione, è opportuno che la struttura del supporto sia macroporosa, per essere permeabile al gas di trasporto e al tempo stesso trattenere una considerevole quantità di liquido. L’area superficiale del supporto deve essere sufficientemente grande; tuttavia pori troppo fini sarebbero occlusi dal solvente, per cui l’area esposta allo scambio risulterebbe diminuita. Ettre [18], a seguito di uno studio sull’effetto dell’area superficiale, afferma che il suo valore non dovrebbe superare 1 m2/g. La superficie del supporto solido deve essere chimicamente inerte poiché non deve intervenire nel processo di separazione gas cromatografico. 25 I supporti di più vasto impiego derivano dagli scheletri di diatomee, poiché questi presentano caratteristiche di struttura e superficie che si avvicinano all’idealità. Commercialmente si annoverano i seguenti supporti [19]: Chromosorb W; Chromosorb P; Embacel; Gas-Chrom. Velocità di flusso del gas di trasporto L’efficienza di una colonna cromatografica, nella separazione dei componenti di una miscela, dipende dal numero di equilibri che si instaurano tra la fase liquida stazionaria e la fase mobile gassosa. L’efficienza, generalmente, è citata in termini di altezza equivalente di un piatto teorico (Height Equivalent Theoretical Plate – HETP), che può essere inteso come la lunghezza minima necessaria affinché si stabilisca l’equilibrio di ripartizione del campione tra le due fasi: liquida stazionaria e mobile gassosa inerte. In altri termini, si può pensare che la colonna cromatografica consista di un numero di zone adiacenti in ognuna della quali c’è spazio sufficiente affinché un soluto si equilibri completamente tra le due fasi (piatto teorico). Il numero, N, di questi piatti dipende dalla lunghezza della colonna e dalla velocità di flusso del gas di trasporto. Maggiore è la lunghezza della colonna più alto è il numero dei piatti teorici. Tuttavia, più corta è la lunghezza di HETP, più piatti sono presenti nell’unità di lunghezza della colonna, di conseguenza maggiore è l’efficienza di quest’ultima. Il numero N è calcolato prendendo in considerazione il tempo di ritenzione osservato e l’ampiezza del picco cromatografico secondo la seguente equazione: ⎛t ⎞ N = 16 ⎜ R ⎟ ⎝W ⎠ 2 26 segnale dove tR e W sono speecificati in Fig. F 1. tR W tem mpo Fig.1.. Parametri caratteristicci Il numeroo massimo di piatti o di equiliibri, per ogni o colonnna, è dato dalla ottimizzazzione della velocità v di flusso f dellaa fase mobille in funzionne del numeero di piatti teoriici della collonna, ed è determinata d a dall’equazzione di Vann Deemeter. L’effetto della d temperratura La temperratura dellaa colonna rappresenta r una variabbile fondam mentale che deve essere necessariamennte consideerata nella risoluzione dei com mponenti du urante un’analisi gas cromattografica. La tempeeratura ideaale della colonna cro omatograficaa dipende dalla pollarità, dall’intervvallo del puunto di eboollizione deella miscelaa campionee e dal grado di separazionne richiestoo. La risoluzzione, R, deefinisce il grado g di sepparazione di d due componennti in accorddo con la segguente relazzione: R= Δt R 1/ 2(WA + WB ) (eq. 1) dove ΔtR, WA, WB soono specificaati in Fig.2. 27 segnale l ΔtR WA WB tem mpo Fig.2. Per P calcolarre la risoluziione di un cromatogram c mma devono essere notti i seguentii parametri:: ΔtR, WA, WB. E’ evidentte dall’eq. 1 che i piccchi cromato ografici sonno perfettam mente risoltii se il parametroo R è un num mero grandee. La miglioore risoluzioone si ottienne a bassa temperaturaa. La sceltaa della più bassa temperatuura, tuttavia,, si traduce in un increemento del tempo t di elluizione e quindi q in un aum mento del tem mpo d’analiisi. Generalmeente, una temperatura t a leggermen nte superiorre alla meddia del pun nto di ebollizionne di una miiscela di sooluti ha com me effetto unna discreta diminuzion ne del tempo di ritenzione. r Per analitti caratterizzzati da unn ampio in ntervallo del d punto ddi ebollizio one è conveniennte incremeentare la teemperatura della coloonna, in m modo contin nuo o discontinuuo a secondda l’efficienza della separazione s e, attraversoo una procedura denominatta “program mma di teemperatura””. In tale procedura, la temperratura iniziale, laa velocità dell’aument d to della tem mperatura e la temperaatura finale sono mantenuti sotto contrrollo. Comee conseguen nza di quannto espressoo si desume che i composti basso b bollenti sono benn separati dalla d bassa temperatura t a iniziale, mentre m gli alto bollenti soono eluiti dalla colo onna in unn tempo m minore a causa dell’increm mento progrrammato deella temperaatura. 28 RIVELATORI In gas cromatografia la fase mobile non prende parte al processo di separazione, ma agisce esclusivamente quale gas vettore; può quindi essere scelto un qualsiasi gas permanente indifferentemente per ogni tipo di separazione. Pertanto la misura di una proprietà fisica o chimica in cui le sostanze da rilevare si differenziano dal gas di trasporto, consente di visualizzare l’eluizione dei componenti: questa viene tradotta per mezzo di un “detector” in un segnale, generalmente elettrico, e quindi registrabile con un opportuno strumento. Il rivelatore ideale per la gas cromatografia deve avere le seguenti caratteristiche: sensibilità adeguata; buona stabilità e riproducibilità; una risposta lineare alla quantità d’analita che si estenda per diversi ordini di grandezza; una temperatura d’esercizio che vada da temperatura ambiente fino ad almeno 400°C; un tempo di risposta breve che risulti indipendente dal flusso; elevata affidabilità e facilità d’uso; fattori di risposta più o meno uniformi nei confronti di tutti gli analiti, oppure al contrario una sensibilità specifica e prevedibile verso una o più classi di composti; metodo di rilevazione non distruttivo. Il rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID) È uno dei rivelatori più diffusi e di uso più generale in gas cromatografia. La maggior parte dei composti organici, quando viene pirolizzata alla temperatura di una fiamma idrogeno/aria, genera ioni ed elettroni che possono condurre elettricità attraverso una fiamma. La corrente generata viene inviata ad un amplificatore. 29 Il rivelatore FID presenta un ampio intervallo di risposta lineare e un basso rumore di fondo; ma, essendo un rivelatore universale, non presenta una elevata sensibilità. Il rivelatore a conducibilità termica (TCD) Si basa sulla variazione della conducibilità termica della corrente di gas di trasporto prodotta dalla presenza di molecole di analita. La sensibilità di tale rivelatore è poco inferiore a quella del FID. Il rilevatore azoto- fosforo (NPD) È un rivelatore selettivo nei confronti di composti organici contenenti fosforo e azoto. Se lo si confronta con il FID risulta 500 volte più sensibile per molecole che contengono fosforo e azoto. Il rivelatore a cattura di elettroni (ECD) Opera in modo molto simile a quello di un contatore proporzionale per la misura di raggi X. In questo strumento la fase mobile effluente dalla colonna passa sopra un emettitore di particelle β. Gli elettroni emessi dall’emettitore provocano la ionizzazione del gas vettore e la produzione di un flusso di elettroni. Tale rivelatore è molto sensibile, specialmente nei confronti di quelle molecole che posseggono un gruppo elettronaccettore come un alogeno, un perossido, un chinone ed un nitrogruppo. 30 LE TECNICHE IFENATE La gascromatografia o la cromatografia liquida è spesso accoppiata con alcune tecniche spettroscopiche ed elettrochimiche. Il risultato sono i cosiddetti metodi accoppiati o tecniche ifenate. Tali tecniche rappresentano mezzi molto validi per indagare ed identificare i componenti di una miscela complessa. Se con la tecnica gascromatografica si riesce ad avere una opportuna separazione dei composti presenti nel campione in esame, la spettrometria di massa è capace di dare informazioni qualitative su ognuno dei componenti costituenti il campione. Le metodiche ifenate di più largo utilizzo sono: - gas cromatografia-spettrometria di massa (GC-MS); - gas cromatografia-spettrometria infrarossa (GC-FTIR); - gas cromatografia-emissione atomica (GC-AES); - cromatografia liquida-spettrometria di massa (LC-MS). La tecnica GC-MS rappresenta, attualmente, la metodica accoppiata che offre maggiore garanzia. Molte ditte produttrici di apparecchiature scientifiche offrono strumentazioni per gascromatografia che sono direttamente accoppiate a spettrometri di massa di vario tipo. La spettrometria di massa e’ una tecnica analitica di delucidazione strutturale basata sulla ionizzazione di una molecola e sulla sua successiva frammentazione in ioni di diverso rapporto massa/carica (M/z). Il principio su cui si basa è il seguente: una molecola è ionizzata per espulsione di un elettrone; il catione radicalico che si forma (ione molecolare) in parte si frammenta dando molecole e/o radicali neutri, non rilevabili dallo strumento, in 31 parte generando cationi e/o radicali cationi (ioni frammento), rilevabili dallo strumento. Lo ione molecolare e i vari ioni che si originano per frammentazione vengono discriminati sulla base del loro rapporto massa/carica e rivelati da un detector. L’esperimento di spettrometria di massa consiste dunque nella ionizzazione di molecole in fase gassosa, nella separazione dei diversi ioni prodotti e nella loro rivelazione. Il risultato dell’esperimento è lo spettro di massa, che rappresenta l’abbondanza relativa degli ioni in funzione del loro rapporto massa/carica. Questa tecnica consente di misurare le masse molecolari e di ottenere dei profili di frammentazione che sono specifici per ciascun composto; ogni composto ha quindi una propria impronta digitale registrata in un database. In questo modo, si può individuare la formula di struttura di composti sconosciuti, e dal confronto con la banca dati, avere informazioni qualitative inequivocabili sul composto. 32 LA SPETTROMETRIA DI MASSA Lo spettrometro di massa può essere schematizzato nel seguente modo: Sistema pompa da vuoto Il vuoto, che si aggira intorno ai 10-6 – 10-7 torr, è necessario per due motivi: innanzi tutto serve ad impedire la presenza dei gas atmosferici all’interno del sistema, che, urtando con le molecole ionizzate, ne causerebbero una perdita di ionizzazione; inoltre è di fondamentale importanza perché elimina dal sistema di ionizzazione tutte le molecole neutre o indesiderate che lo strumento non rileva. Introduzione del campione L’introduzione del campione nella camera di ionizzazione può essere fatta sia allo stato solido, usando una sonda, che allo stato liquido o gassoso, usando un sistema di valvole che permettono di accedere alla camera di ionizzazione senza che questa venga a contatto con l’esterno. Attualmente, lo spettrometro di massa è largamente utilizzato come rilevatore di sistemi cromatografici, gassosi o solidi che sia. Camera di ionizzazione Se una molecola è investita in fase vapore da un fascio di elettroni di notevole energia cinetica si può avere per urto la sua ionizzazione a ione positivo o negativo. In genere gli strumenti sono regolati per lavorare unicamente con ioni 33 positivi, i quali possono spontaneamente o per urto decomporsi in una serie di frammenti di massa inferiore e questi a loro volta in altri. Ogni molecola avrà quindi una sua frammentazione caratteristica e specifica che dipenderà sia dalla natura delle molecole sia dalle condizioni operative di ionizzazione. Il campione viene ionizzato in un’apposita camera di ionizzazione, in cui il fascio di elettroni viene prodotto da una sorgente ionica che varia a seconda della tecnica utilizzata. In genere gli elettroni sono emessi da un filamento caldo di tungsteno o renio, e passano attraverso un condotto, che crea il raggio, nella parte centrale della camera che contiene il campione gassoso. La frazione di elettroni che non urta contro le molecole è raccolta da una trappola per gli elettroni, le molecole che non sono ionizzate sono allontanate dalla pompa da vuoto, mentre quelle ionizzate sono accelerate e convogliate verso l’analizzatore attraverso un campo elettrico (cono di Skimmer). Il sistema di ionizzazione svolge un ruolo essenziale nella spettrometria di massa, perché da esso dipende anche il numero, la natura e l’abbondanza dei frammenti molecolari che compaiono nello spettro di massa. Per questo motivo le tecniche utilizzate sono numerose e alcune di esse danno origine a particolari varianti nella spettrometria di massa. Tra i vari dispositivi alcuni consentono di analizzare solo frammenti positivi, altri invece, permettono la rivelazione anche di ioni negativi. Inoltre alcune tecniche di ionizzazione sono decisamente potenti, operano cioè ad alta energia e portano ad 34 una frammentazione spinta (Tecniche HARD), altre invece operano a bassa energia producendo un numero inferiore di ioni (Tecniche SOFT). SORGENTI Di seguito riporto le tre tecniche di ionizzazione più comuni, con una breve spiegazione di ognuna. In base al tipo di sorgente utilizzata la ionizzazione primaria del campione viene realizzata in diverso modo; le tecniche più utilizzate sono: 1) impatto elettronico (E.I.) 2) ionizzazione chimica (C.I.) 3) electrospray (E.S.I.) Impatto elettronico (EI) La ionizzazione per impatto elettronico è la tecnica più comune. Un filamento di tungsteno incandescente emette un fascio di elettroni che, accelerati verso un anodo posto dalla parte opposta al filamento, acquistano un’elevata energia (ca. 70 eV). Quando questi elettroni vengono a contatto con la sfera elettronica di una molecola le trasferiscono la loro energia, provocando l’espulsione di un elettrone con formazione di un radical-catione (ione molecolare) M+*. Tutti gli ioni positivi sono respinti da una piastra, tenuta ad un potenziale positivo, verso una serie di piastre forate, tenute a potenziale positivo crescente, dette piastre acceleratrici. Nel loro tragitto gli ioni subiscono un’accelerazione 35 proporzionale al potenziale delle piastre acceleratrici e vengono espulsi, attraverso una fenditura di uscita. Questo tipo di ionizzazione è hard. Gli ioni vengono generati ad un livello energetico molto alto e si possono avere frammentazioni estese che lasciano poco o nulla dello ione molecolare. Per risolvere questo problema sono state messe a punto altre tecniche di ionizzazione, dette tecniche soft (e sono le seguenti). Ionizzazione Chimica (CI) La ionizzazione chimica viene utilizzata quando gli ioni molecolari prodotti con il metodo dell’impatto elettronico sono troppo poco stabili e si frammentano completamente facendo spesso scomparire il picco molecolare. Questa e’ una tecnica di ionizzazione più “mild”, che si basa sull’interazione del campione vaporizzato con un reagente ionizzato, che di solito e’ un acido di Bronsted gassoso. I reagenti più usati sono quelli che derivano dalla ionizzazione ad impatto elettronico del metano CH4 + eCH4+˙ + CH4 CH4+˙ + 2eCH5+ + CH3˙ Il CH5+ funge da acido di Bronsted, quindi se la molecola M ha un’affinità per il protone più alta di quella del metano si avrà la formazione dello ione [M+H]+. CH5+ + M [M+H]+ + CH4 Gli ioni [M+H]+ (detti quasimolecolari) non possiedono una energia così elevata e quindi subiscono una minore frammentazione. In genere la ionizzazione chimica dà dei frammenti molecolari più significativi di quanto non faccia l’impatto elettronico. 36 La CI e’ particolarmente adatta a molecole come idrocarburi, alcoli, esteri, ammine, amminoacidi, piccoli peptidi che in condizioni di EI darebbero una frammentazione eccessiva. La particolarità è che nello spettro vedremo lo ione molecolare + 1. Ionizzazione elettrospay (ESI) Il campione, sciolto in un solvente polare, è nebulizzato a pressione atmosferica dentro la camera di ionizzazione attraverso un ago tenuto ad un alto potenziale elettrico. Le goccioline di spray, che si sono caricate positivamente per azione del campo elettrico, vengono attratte verso una "lente di estrazione di ioni", che grossolanamente è costituito da un capillare mantenuto sotto vuoto e a un potenziale negativo; in tal modo il sovente evapora e gli ioni carichi sono accelerati verso l'analizzatore. Questa tecnica di ionizzazione è largamente usata negli strumenti HPLC-MS. ANALIZZATORE L’analizzatore consente di differenziare gli ioni generati in base al loro rapporto massa/carica. I più comuni sono: - l’analizzatore magnetico - l’analizzatore a doppia focalizzazione - l’analizzatore a quadrupolo - l’analizzatore a trappola ionica - l’analizzatore a tempo di volo 37 L’analizzatore magnetico E' l'analizzatore più usato, perché consente di ottenere le risoluzioni migliori. E’ costituito da un tubo lungo circa 1 metro, piegato con un raggio di curvatura r' ed immerso in un campo magnetico H. Gli ioni che escono dalla camera di ionizzazione entrano nel tubo analizzatore e, per effetto del campo magnetico, subiscono una deviazione dalla loro traiettoria rettilinea (deflessione). La nuova traiettoria curvilinea ha un raggio di curvatura r che è direttamente proporzionale alla quantità di moto dello ione e inversamente proporzionale al campo magnetico. Analizzatore a doppia focalizzazione Aggiungendo dopo l'analizzatore magnetico un filtro elettrostatico il percorso degli ioni positivi viene focalizzato ulteriormente in direzione dal campo elettrico statico 38 Nel settore elettrostatico gli ioni non vengono separati in funzione del rapporto massa/carica, ma solo focalizzati in base alla loro energia traslazionale; questo perché altrimenti nel settore successivo, quello magnetico, ioni con ugual rapporto m/z ma differente energia traslazionale seguirebbero traiettorie diverse, diminuendo la risoluzione dello strumento. Così la risoluzione può raggiungere 100˙000 e oltre. Ciò permette di misurare la massa esatta fino alla quarta cifra decimale. Gli spettrometri ad alta risoluzione di questo genere sono apparecchiature complicate e costose, che solitamente non si trovano nei laboratori di analisi Analizzatore a quadrupolo E’ costituito da quattro barre cilindriche metalliche, lunghe circa 20 cm., che delimitano il "cammino" percorso dagli ioni provenienti dalla camera di ionizzazione e diretti al detector. Le barre sono mantenute ad un potenziale elettromagnetico oscillante, in modo che quando le due sbarre verticali hanno potenziale positivo quelle orizzontali l’hanno negativo, e viceversa. Gli elettroni, accelerati dalle piastre acceleratrici, entrano nel tunnel delimitato dalle barre e vengono respinti dai poli positivi ed attratti dai negativi. 39 Tuttavia, a causa dell’oscillaz d zione del quadrupoloo gli ioni assumono o una q traiettoria a zig zag e finiscono con lo scarricarsi su unna delle barrre, tranne quelli che, per una u certo vaalore di freqquenza di oscillazione o e, hanno un’energia cin netica tale per cuui il moto diventa d sinuusoidale e riiescono ad uscire dal ttunnel ed en ntrare nel sistem ma di rivelazione (fotom moltiplicatorre). Operando quindi unaa scansione di frequenzza di oscillazione del caampo è posssibile far uscire ioni a masssa molecollare crescen nte. Rispettoo all’analizzzatore a tu ubo, il quadrupollo ha una rissoluzione piiù bassa (< 1000), ma tempi t di scaansione più bassi e un minor costo. Analizzatoore a trappoola ionica Può esserre consideraato una varriante dell'aanalizzatoree a quadruppolo; qui in nfatti, anziché permettere agli a ioni di attraversarre il campoo quadrupoolare, la trap ppola ionica tratttiene tutti gli g ioni al suuo interno. 40 Questa variante dell'analizzatore a quadrupolo usa tre elettrodi, un elettrodo anulare posto fra due elettrodi semisferici di entrata e uscita, per intrappolare ed accumulare gli ioni in una cavità di volume ristretto, la cosiddetta trappola ionica (Ion Trap), allo scopo di ottenere una elevata sensibilità. I due elettrodi laterali hanno un piccolo foro al centro attraverso il quale passano gli ioni. Gli ioni sono tenuti in orbita all’interno della trappola ionica secondo il campo di stabilita della stessa, che può essere regolato agendo sui potenziali degli elettrodi. Infatti, lo spettro di massa è generato variando il potenziale elettrico in modo da espellere in sequenza dalla trappola verso il rivelatore gli ioni secondo un valore m/z crescente. Analizzatore a tempo di volo (TOF) Il principio su cui si basa questo analizzatore e’ che ioni di differente valore massa/carica hanno uguale energia, ma differente velocità dopo l’accelerazione subita nella camera di ionizzazione. Ne deriva che il tempo che ciascuno mette per attraversare l’analizzatore è differente e quindi arrivano con tempi diversi al rilevatore. 41 RIVELATORE Come collettore e rivelatore degli ioni si usa comunemente un moltiplicatore elettronico, costituito da una serie di elettrodi in cascata. Quando uno ione arriva sul primo elettrodo questo emette un fascio di elettroni che vanno a colpire il secondo elettrodo, il quale a sua volta emette una quantità maggiore di elettroni e così via. Il risultato è una forte amplificazione del segnale che viene poi digitalizzato ed elaborato infine dal calcolatore dello spettrometro per la presentazione dello spettro di massa. LO SPETTRO DI MASSA Lo spettro di massa si presenta quindi come un insieme di linee verticali (picchi) di intensità diversa, ciascuna corrispondente al valore di massa di uno ione frammento. Il picco a valore di massa più elevato è quello relativo allo ione molecolare. In genere, la corrente ionica è normalizzata a 100, ossia il picco più alto (picco base) ha valore 100, indipendentemente dal fatto che esso sia il picco molecolare o meno e tutti gli altri picchi sono ad esso normalizzati. Dallo spettro di massa si può risalire dunque alla struttura di un composto incognito, attribuendo ai singoli ioni una composizione elementare e ricostruendo 42 i meccanismi di frammentazione seguendo schemi tipici per le varie classi di composti. A titolo di esempio riporto lo spettro di massa del 2-butanone con la relativa interpretazione dei picchi: Nell’interpretazione di uno spettro si segue una procedura abbastanza semplice: - identificazione dello ione molecolare; - identificazione degli ioni caratteristici; - identificazione di processi di frammentazione caratteristici; - ricostruzione della struttura della molecola sulla base della conoscenza di meccanismi di frammentazione standard. 43 BIBLIOGRAFIA 1 C. Baird, M. Cann; Chimica Ambientale, Zanichelli, cap. 7, pag 211-242. (2006) 2 A.C. Hogenboom, J.A. Van Leerdam, P. de Voogt; Accurate mass screening and identification of emerging contaminants in environmental samples by liquid chromatography-hybrid linear ion trap Orbitrap mass spectrometry; Journal Of Crhomatogrphy A, 1216, 3, 510-519. (2009) 3 J.L.M. Vidal, P. Plaza-Bolanos, R. 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Over the years many new substances present in the environment, derived from industrial processes and from natural sources, have been studied, characterized and the majority of them are listed as toxic compounds. Some of them are considered particularly dangerous, hence the need of monitoring them with the aim of reducing their concentration in the environment. In this work, two compounds classified as potential carcinogens have been analysed: phthalates in the wines and acrylamide in the cooked food. The study on phthalates has been developed and validated using a method of enrichment and preconcentration, with solid-phase extraction (SPE) system and using like adsorbent phase “carbobraph 1”. Analyses of phthalates were conducted using chromatographic techniques like Gas Chromatography-Flame Ionization Detector (GC-FID) systems and compounds confirmed by Gas Chromatography-Ion Trap Mass Spectrometry (IT-GC/MS) method. The determination of acrylamide was carried out by technique of derivatization with halogenated agent like trifluoro-acetic anhydride (TFAA). The presence of halogens makes the derivative of acrylamide identifiable with ECD detector. Then the derivate of acrylamide was studied and characterized with IT-GC/MS system. It was necessary the use of IT-GC/MS system to increase the sensitivity of the method and to confirm the compounds. Furthermore both methods are simple, reliable, reproducible and not expensive. 47 FTALATI IN MATRICI PRECONCENTRAZIONE SU IDROALCOLICHE: “CARBOGRAPH 1” ED ANALISI MEDIANTE GC-FID E GC-MS INTRODUZIONE Durante il mio dottorato di ricerca ho realizzato e messo a punto uno studio sulla determinazione qualitativa e quantitativa di ftalati presenti in soluzioni idroalcoliche mediante una tecnica di preconcentrazione in fase solida (SPE). Ho scelto questa classe di composti perché loro sono molto utilizzati nella fabbricazione delle plastiche, soprattutto nel polietilene tereftalato (PET), e sono stati dichiarati probabili cancerogeni se presi in quantità elevate [1-2-3]. In letteratura sono presenti degli elaborati che trattano gli ftalati in altre matrici alimentari e non, ad esempio nell’acqua [4-5], nel latte [6], nei giocattoli per l’infanzia [7], eccetera. Sono state scelte matrici idroalcoliche, in particolar modo vini, perché la letteratura è carente nell’argomento, infatti allo stato attuale esistono pochissimi lavori a riguardo, uno di questi tratta il problema utilizzando la tecnica SPME [8]. Ho pensato che queste sostanze in qualche modo potessero diffondere all’interno della soluzione che contengono, causando probabili intossicazioni. La necessità di preconcentrare tali sostanze nasce da un bisogno strumentale, infatti gli strumenti attuali non sono in grado di determinare concentrazioni così basse quali quelle degli ftalati o di altri microinquinanti presenti in natura. Si parla infatti ppm, ppb o concentrazioni inferiori. 48 Innanzi tutto, ho studiato le interazioni che si instaurano fra gli analiti scelti e la fase adsorbente in condizioni statiche, con la relativa costruzione delle isoterme di adsorbimento, ed in condizioni dinamiche, con la relativa costruzione della curva di breakthrough. Una volta studiata la ripartizione, il KD, fra gli analiti e la fase adsorbente ed il volume di rottura sono andato alla ricerca del solvente di estrazione più idoneo, il solvente quindi che con la minima quantità recupera, per desorbimento, quantitativamente gli analiti intrappolati. Infine ho applicato il metodo a campioni reali di vino bianco e di vino rosso. Ho fatto questo ultimo step per vedere innanzi tutto un applicazione del metodo studiato su campioni reali, ed inoltre per vedere se la matrice reale, una matrice complessa, in qualche modo va ad influenzare i risultati ottenuti in condizioni standard. Ho fatto uno studio preliminare utilizzando la tecnica GC-FID, cioè una tecnica che abbina la gas cromatografia ad un rilevatore universale. Per migliorare la robustezza e la sensibilità del metodo ho concluso lo studio utilizzando la tecnica GC-MS, cioè una gas cromatografia abbinata alla spettrometria di massa. Diventa necessario utilizzare uno spettrometro di massa per una questione di sensibilità e precisione, infatti utilizzando questa tecnica si abbassa la sensibilità rispetto al FID anche di ordini di grandezza di circa 105-106 volte. L’analisi allo spettrometro di massa mi ha permesso di ricavare e generalizzare sperimentalmente tutte le frammentazioni degli ftalati presi in esame. Inoltre, utilizzando questa tecnica, ho sensibilmente abbassato i limiti di rilevabilità strumentali (LOD), effettuando analisi in Full Scan, in SIM (Selected Ion Monitoring) ed in MS/MS. 49 OBIETTIVO Scopo di questo lavoro è lo studio di un adsorbente apolare, il “carbograph 1”, un carbone semi-grafitato, per la preconcentrazione di ftalati da soluzioni idroalcoliche. La scelta è caduta su questo adsorbente perché nel nostro laboratorio da tempo sono studiati adsorbenti polari (-CN, -diol, -NH2) e non polari (-C8, -C18, XAD-2) per analizzare PCB, pesticidi clorurati, diossine, furani, composti aromatici solforati e composti ritenuti tossici o potenzialmente tossici [9-10-11-12-13-14-15-16-17-18]. Per ottimizzare le condizioni sperimentali per l’ottenimento del massimo rendimento sono state studiate le interazioni tra l’adsorbente e i soluti esaminati in soluzione idroalcolica (10% v/v di etanolo), allo scopo di simulare l’ambiente del vino. Come anticipato nella parte introduttiva, a tale scopo sono state costruite sperimentalmente le Isoterme di Adsorbimento e le Curve di Breakthrough in condizioni controllate di flusso, temperatura, pH e salinità. Successivamente sono stati esaminati diversi solventi per ottenere il desorbimento degli analiti nel minor volume possibile. Il metodo analitico studiato e messo a punto è stato applicato per l’analisi di alcuni campioni di vino rosso e di vino bianco. 50 MATERIALI E METODI Materiali La fase adsorbente scelta per questo studio è un carbone semi-grafitato, il “Carbograph 1” (80-100 Mesh, area superficiale 70, 80 m2/g). Tutte le analisi sono state effettuate con l’aggiunta di uno standard interno: antracene 2,4 mg/mL disciolto in acetone. Sono state analizzate sostanze appartenenti alla famiglia degli ftalati, esteri dell’acido ftalico, peculiari per il loro largo utilizzo come agenti plastificanti. Dovendo scegliere fra una vasta gamma di ftalati, ho scelto alcuni standard rappresentativi l’intera classe. Ho cercato quindi, in base alle caratteristiche strutturali e alle limitazioni strumentali, di scegliere nel modo migliore i miei standard in base ai gruppi sostituenti la molecola di base. Si ricorda la struttura generale di uno ftalato. O R1 O O R2 O La denominazione e le rispettive proprietà chimico fisiche dipendono dal tipo di sostituente che prende il posto di R1 e di R2. In base a queste considerazioni ed in base alle disponibilità di standard presenti in laboratorio, ho deciso di operare con i seguenti ftalati: 51 Dimetyl phthalate, DMP Dietyl phthalate, DEP Dibutyl phthalate, DBP Isobutyl-cicloesil phthalate, iBcEP Benzil-butyl phthalate, BBP Bis-(2etyl-exil) phthalate, DEHP In questo modo sono riuscito a prendere tre (DMP, DEP, DBP) ftalati con sostituenti alifatici a catena crescente, due (iBcEP, BBP) ftalati con sostituenti differenti ed uno (DEHP) con sostituenti ramificati. Le caratteristiche strutturali e chimiche degli analiti studiati sono riportate nella tabella successiva. 52 Tabella ftalati presi in esame FORMULA PESO MOLECOLARE Dimethyl Phthalate C10 H10 O4 194 Diethyl Phthalate C12 H14 O4 222 Dibutyl Phthalate C16 H22 O4 278 Isobutylcicloexyl Phthalate C18 H24 O4 304 Benzyl-butyl Phthalate C19 H20 O4 312 Bis-(2-ethylhexyl) Phthalate C24 H38 O4 390 NOME STRUTTURA MOLECOLARE 53 Metodi Per le analisi è stato impiegato un gascromatografo della DANI, modello 86.10 HT, equipaggiato con un iniettore PTV (Programmed Temperature Vaporizer), una colonna capillare ed un rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID). Le programmate del PTV e del forno sono schematizzate a fondo pagina. Il PTV e regolato in modo da aprire lo spillo dopo 1.30 min. La temperatura di esercizio del rilevatore è fissata a 300 °C. La colonna è in silice fusa con fase chimicamente legata (SE 54 - 5% fenile, 95 % dimetilsilossano), con L=30 m, I.D. (diametro interno) 250 µm e df (spessore del film) di 0.25 µm, fornita dalla Teknokroma. La fase mobile è l’idrogeno (prodotto con un generatore di idrogeno della Packard modello 9400) con una velocità di flusso circa 1 mL/min (rilevato sperimentalmente). Lo strumento è interfacciato a un PC con il software di elaborazione specifico per gas cromatografia “Clarity”. Inoltre, tutti gli esperimenti sono stati svolti a salinità controllata, utilizzando il cloruro di sodio all’interno delle soluzioni. Questo sale è di fondamentale importanza, infatti essendo un sale completamente solubile in acqua, modifica la forza ionica della soluzione, diminuendo la solubilità degli ftalati (Salting-Out Effect) [19] 1’ 280°C 280°C 10 °C/min 800 °C/min 30’’ 1’ 60°C condizioni operative PTV 4’ 50°C condizioni operative del forno 54 ISOTERME DI ADSORBIMENTO Preparazione delle soluzioni Come prima cosa è stata preparata una soluzione contenente i 6 ftalati ad una concentrazione di 100 µg/mL. Ho usato tale soluzione come punto di partenza per tutte le prove effettuate. Per la costruzione delle isoterme di adsorbimento sono state preparate differenti soluzioni a concentrazione nota e crescente dei composti. Queste concentrazioni variano in un range compreso tra 10 e 200 ng/mL. Per ogni concentrazione da analizzare, sono stati preparati 250 mL di soluzione, di cui 100 mL costituiscono il riferimento (testa), altri 100 mL sono impiegati per gli esperimenti (coda). Tutte le soluzioni coda a diversa concentrazione sono state analizzate in beute da 100 mL aggiungendo in ognuna 100 mg di fase adsorbente. In questo modo le soluzioni contenenti gli analiti entrano in contatto con la fase adsorbente. L’adsorbimento delle sostanze analizzate è avvenuto in condizioni statiche, lasciando le soluzioni in contatto con la fase adsorbente per 24 ore, a temperatura ambiente (25 °C), a pH e salinità controllati. Una precauzione è stata quella di tenere le beute al buio per evitare che all’interno potessero avvenire reazioni fotodegradative. Estrazione delle soluzioni Dopo aver filtrato le soluzioni in modo da dividere la fase solida dalla fase liquida, ho estratto gli analiti con esano, un solvente organico apolare immiscibile con l’acqua. La fase d’estrazione è una delle più delicate dal punto di vista 55 operativo, poiché comporta evaporazione del solvente e a volte perdita dell’analita. Per l’estrazione si è usato un imbuto separatore da 250 mL. In questo imbuto sono stati versati i 100 mL di soluzione precedentemente ottenuti dalla filtrazione. L’estrazione dei composti è stata effettuata utilizzando aliquote di 4 mL di esano, ripetendo l’operazione per 3 volte (3x4mL). Il volume raccolto di solvente è stato concentrato sotto flusso costante di azoto fino ad un volume di circa 100 µL. Per avere un riscontro pratico sulla quantità di analiti adsorbiti dal carbograph 1, oltre a preparare queste soluzioni, sono state analizzate anche le soluzioni testa. Le soluzioni testa rispecchiano le rispettive code sotto il profilo della concentrazione. La differenza sta solo nel fatto che la testa non subisce alcuna manipolazione ed è quindi usata come riferimento. Le teste sono infatti preparate prelevando 100 mL da ognuna delle soluzioni di partenza, ed estratte direttamente utilizzando la stessa metodica descritta prima, in altre parole non subiscono l’influenza della fase adsorbente. Le soluzioni di riferimento sono molto importanti; infatti, dall’analisi al GC della testa e della coda possiamo risalire per differenza alla quantità di analiti adsorbiti dalla fase adsorbente. Preparazione dello standard interno Lo standard interno (SI) è un composto aggiunto in quantità nota e costante a tutte le soluzioni da analizzare. Lo SI solitamente viene aggiunto alla soluzione prima di effettuare l’iniezione al GC, quando il campione non subisce ulteriori trattamenti. La funzione dello SI all’interno della soluzione è quella di dare un 56 riferimento costante, dando così la possibilità di normalizzare tutti i dati. In questo caso lo SI è stato aggiunto dopo aver concentrato le soluzioni a circa 100 µL. La condizione necessaria per l’utilizzo dello standard interno è che il suo picco deve essere risolto e paragonabile con quello degli analiti presenti in soluzione. Prima di mettere, quindi, lo S.I. all’interno delle soluzioni sono state fatte delle prove sperimentali in modo tale da ottimizzare la sua concentrazione. Costruzione delle isoterme di adsorbimento Una volta concentrate le soluzioni a un volume di circa 100 µL sono state eseguite le analisi gas cromatografiche. Delle varie concentrazioni prese in esame, è stata analizzata sia la testa sia la coda. Tutte le analisi sono state eseguite rapportando le aree dei picchi degli analiti con l’area del picco dello standard interno, relativo alla stessa soluzione. Per calcolare le quantità di ftalati presenti nelle code si è usata la semplice proporzione: AreaTesta : QunatitàTesta = AreaCoda : QuantitàCoda Per cercare la quantità presente nella coda, quindi, si va a calcolare: QuantitàCoda = (AreaCoda / AreaTesta) x QuantitàTesta I parametri presenti a destra dell’equazione sono tutti noti: le due aree sono quelle calcolate, l’altro parametro rappresenta la quantità di analita presente in 100 mL di soluzione. Una volta calcolate le quantità degli analiti presenti nelle code, conoscendo quelle presenti nelle teste, per differenza è calcolata la quantità di analiti trattenuti dalla fase adsorbente. 57 Non resta che scrivere la quantità nel liquido e nel solido sotto forma di concentrazioni e riportare le due su di un grafico. Per la fase liquida sono stati analizzati 100 ml di soluzione, mentre per la fase solida si sono utilizzati 100 mg di “Carbograph 1”. Le concentrazioni sono state calcolate dividendo le relative quantità per i volumi/quantità utilizzati. Riportando in grafico la concentrazione nella fase solida in funzione della concentrazione nella fase liquida, è possibile vedere la distribuzione dei composti analizzati. In questo modo ho costruito sperimentalmente 3 isoterme di adsorbimento. Nella prima isoterma di adsorbimento sono andato a studiare le interazioni che si instaurano tra ftalati e fase adsorbente. Nel realizzare questa curva ho messo in contatto solo ftalati disciolti in acqua distillata e carbograph 1, tanto per cominciare ad avere un’idea del comportamento della ripartizione. 200 CS (ng/g) DMP DEP DBP iBcEP BBP DEHP 150 100 50 0 0 50 100 150 CL (ng/mL) 200 58 Come si può vedere dalle curve, prevale una ripartizione a favore della fase solida. Questo primo step convalida l’ipotesi di poter lavorare con una fase apolare, quale il carbograph 1. Nella seconda isoterma di adsorbimento ho modificato la forza ionica della soluzione, mantenendola costante con l’aggiunta di cloruro di sodio in tutte le soluzioni ad un concentrazione di 10 g/L di NaCl. 200 C S (ng/g) DMP DEP DBP iBcEP BBP DEHP 150 100 50 0 0 50 100 150 C L (ng/mL) 200 Confrontando i due grafici è possibile notare un andamento praticamente simile. Questo porterebbe alla conclusione che è inutile/superfluo aggiungere il cloruro di sodio. Tuttavia, tenendo conto dei riferimenti bibliografici, dei lavori precedentemente svolti in questo laboratorio e dell’effetto Salting-Out, è consigliabile mantenere costante la forza ionica della soluzione. Nella terza isoterma di adsorbimento ho reso la soluzione alcolica, aggiungendo il 10% v/v di etanolo. È uno dei passaggi più importanti, infatti è possibile capire se 59 cambiando la polarità del sistema cambiano le interazione soluti-adsorbente. Ovviamente è questa la situazione che più si avvicina al mio obbiettivo finale. Infatti, considerando che mediamente un vino rosso commerciale ha una gradazione alcolica che varia dal 10 al 14%, mentre un vino bianco commerciale ha comunemente una gradazione alcolica che varia tra il 7 e 11%, ho deciso di mettermi in una situazione intermedia, in modo tale da poter analizzare campioni reali sia di vino bianco sia di vino rosso. 200 C S (ng/g) DMP DEP DBP iBcEP BBP DEHP 150 100 50 0 0 50 100 150 C L (ng/mL) 200 La presenza dell’etanolo modifica la ripartizione degli analiti sulla fase adsorbente, infatti rende meno efficace l’adsorbimento degli ftalati sulla fase stazionaria e in qualche modo ne incrementa la solubilità nella fase liquida. Interpretando il grafico, è possibile ipotizzare una generalizzazione della ripartizione degli analiti che varia in base al tipo di sostituente che caratterizza lo stesso analita. 60 Infatti si può notare che il DBP presenta una ripartizione più spostata verso la fase solida rispetto al DEP, che a sua volta presenta una ripartizione più spostata verso la fase solida del DMP. Questa prima osservazione ha permesso di arrivare alla conclusione che la ripartizione dei composti verso il carbograph 1 che hanno in sostituzione catene alifatiche aumenta all’aumentare del numero di atomi di carbonio che costituiscono la catena alifatica. È possibile notare, inoltre, che i composti con gruppi differenti, quali iBcEP e il BBP, presentano una ripartizione prevalentemente favorevole alla fase adsorbente. Un comportamento anomalo è seguito dal DEHP, che presenta una ripartizione quasi al 50% fra la fase adsorbente e la fase liquida. Lo studio delle isoterme di adsorbimento evidenzia che i soluti esaminati, nelle condizioni sperimentali adottate, hanno una particolare affinità verso la fase stazionaria. Questo risultato pone il “Carbograph 1” come un buon adsorbente per l’arricchimento degli ftalati da soluzioni idroalcoliche. 61 VOLUMI DI BREAKTHROUGH Preparazione delle soluzioni e della fase adsorbente La fase adsorbente è stata impaccata in una cartuccia in polipropilene, utilizzando setti porosi specifici di bloccaggio. Tutte le cartucce sono state costruite manualmente, avendo disponibile la fase adsorbente sotto forma di granuli finemente macinati. Quindi, prima di ogni prova analitica, ogni cartuccia è stata lavata, impaccata, attivata e condizionata utilizzando opportuni solventi. Ho preparato una soluzione idroalcolica al 10% v/v di etanolo, 10 g/L di NaCl, contenente tutti gli ftalati, ognuno ad una concentrazione di 50 ng/mL. Ho fatto passare questa soluzione attraverso la cartuccia raccogliendo consecutivamente frazioni di 100 mL (code), in condizioni dinamiche controllate, ad un flusso di 6-8 mL/mim. Estrazione dei soluti e concentrazione delle soluzioni Come fatto per la costruzione delle curve di isoterme di adsorbimento, tutte le soluzioni coda di ftalati sono statte estratte e concentrate (sotto flusso costante di azoto) a 100 µl con n-esano. Anche in questo caso per avere un riscontro sulla quantità di ftalati adsorbiti dalla fase adsorbente, è stata preparata la soluzione testa, soluzione di riferimento. Le teste sono state preparate direttamente dalle soluzioni iniziali preparate per le curve di breakthrough. 62 Anche in questo caso la testa è molto importante. Infatti, dall’analisi al GC della testa e della coda possiamo risalire al volume di soluzione che può passare attraverso la cartuccia affinché tutti gli analiti siano quantitativamente adsorbiti. Costruzione delle curve di breakthrough Sono state analizzate sia la testa sia le code per via gas cromatografica. Tutti i calcoli sono stati eseguiti rapportando le aree dei picchi degli analiti con l’area del picco dello standard interno, relativo alla stessa soluzione. In seguito sono state calcolate le concentrazioni degli analiti presenti in ogni coda (Ci) e la concentrazione degli analiti presenti nella testa (C0). Infine, riportando su un grafico la concentrazione riscontrata in percentuale nelle code in funzione dei millilitri di soluzione passati attraverso la cartuccia, costruiamo le curve di breakthrough dei composti analizzati. Ho costruito 2 curve di breakthrough, in condizione dinamiche, lavorando a temperatura ambiente (circa 25 °C), a flusso costante (controllato con una pompa da vuoto), a forza ionica e a polarità costante, facendo passare e raccogliendo in continuo frazioni da 100 mL di campione (code). La prima curva di breakthrough è stata costruita impaccando una cartuccia di polipropilene con 100 mg di fase adsorbente. 63 C /C *100 i 0 100 DMP DEP DBP iBcEP BBP DEHP 80 60 40 20 0 0 100 200 300 400 mL 500 L’estrapolazione di queste curve fornisce il volume di breakthrough, cioè il volume massimo di soluzione che può passare attraverso la fase adsorbente prima che essa cominci a far passare nell’eluato le prime tracce di analita: in altre parole, prima di questo punto la fase solida trattiene completamente tutti gli analiti. Dal grafico è possibile notare che, tranne per il DEHP, il volume di breakthrough, in queste condizioni, è 100 mL. I risultati ottenuti sono in linea con quelli ottenuti con l’isoterma di adsorbimento. Infatti è possibile notare che per i composti con sostituenti alifatici aumenta la ritenzione all’aumentare del numero di atomi di carbonio della catena alifatica (DMP, DEP, DBP); i composti con sostituenti differenti (iBcEP e BBP) sono trattenuti quasi completamente; ed il DEHP ha un comportamento anomalo. Il problema di questa curva è il basso volume di breakthrough, infatti facendo passere 100 mL la preconcentrazione è ancora poco rilevante. 64 Ho quindi deciso di provare a costruire sperimentalmente una seconda curva di breakthrough, realizzata nelle medesime condizioni impaccando questa volta una cartuccia di polipropilene con 250 mg di fase adsorbente. C /C *100 i 0 100 DMP DEP DBP iBcEP BBP DEHP 80 60 40 20 0 0 200 400 600 800 mL 1000 Il risultato è stato notevolmente migliorato. Infatti dalla curva è possibile notare un volume di breakthrough di circa 400 mL. Questo volume, ovviamente, migliora notevolmente il fattore di preconcentrazione. Dallo studio delle curve di breakthrough si deduce che i soluti esaminati in entrambe le condizioni sperimentali, hanno subito una certa ritenzione sulla fase adsorbente. Secondo le relazioni matematiche che regolano il fenomeno dell’adsorbimento, descritte nella parte relativa ai principi di separazione, se si aumenta la quantità di adsorbente cresce la quantità di soluto adsorbito e quindi si ha uno slittamento delle curve di breakthrough, cioè si ha un aumento del volume di breakthrough. 65 Il DHEP nei primi 500 mL di eluato viene perso costantemente per circa il 30%, per poi essere trattenuto in quantità apprezzabili nel prosieguo dell’eluizione (fenomeno dell’auto-adsorbimento). La spiegazione del fenomeno è che tale composto si leghi ai siti attivi della fase adsorbente, formando uno strato liquido monostadio (mono-layer) sul quale si solubilizza e quindi aumenta l’adsorbimento del DHEP. In altre parole esso diventa, con il passare della soluzione attraverso il carbone semi-grafitato, fase stazionaria di se stesso, di conseguenza aumenta la ritenzione in modo significativo. Anche in questo caso, come spiegato precedentemente nelle curve di breakthrough ottenute con 100 mg di fase stazionaria, si vede come l’affinità dei soluti alla fase stazionaria è in completo accordo con le deduzione fatte per le isoterme di adsorbimento. Il volume di breakthrough estrapolato per i composti analizzati è di circa 400 mL (fatta eccezione per il DEHP) se si usano 250 mg di adsorbente. Il volume di breakthrough così calcolato è un risultato teorico, infatti nell’applicazione del metodo solitamente si lavora ad un volume di circa il 60-70% del volume calcolato. Questa precauzione serve a dare una certa tranquillità nel trattenere quantitativamente tutti gli analiti presi in esame, senza perdere nulla. Per questo motivo, per fare l’arricchimento degli ftaltati su una cartuccia in polipropilene impaccata con 250 mg di carbograph 1 ho deciso di utilizzare un volume di soluzione pari a 250 mL. 66 DETERMINAZIONE DEL SOLVENTE DI ESTRAZIONE Una volta vista la ripartizione degli analiti tra la fase liquida e la fase solida e quale è il volume massimo affinché tutti gli ftalati siano quantitativamente trattenuti dalla fase adsorbente, ho studiato il solvente migliore per l’estrazione dei soluti adsorbiti. A tale scopo, ho eseguito una serie di test, con solventi a diversa polarità, facendo di volta in volta l’arricchimento degli ftalati sul carbograph 1. Quindi dai risultati ottenuti con l’analisi gas cromatografica, si è selezionato il solvente più idoneo, vale a dire quello che dà un maggior recupero quantitativo utilizzandone il minor volume possibile. Ho testato 4 solventi, nello specifico: metanolo, n-esano, diclorometano, solfuro di carbonio. Ho studiato ciascun solvente facendone passare quattro aliquote, ognuna da 0.5 mL, per un totale di 2 mL, attraverso la fase adsorbente precedentemente arricchita. Per l’analisi al GC tutte le frazioni sono state concentrate a 100 µL ed è stato aggiunto lo SI. Le percentuali recuperate per i 4 solventi nelle varie frazioni sono le seguenti: CH3OH C6H8 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL TOT 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL TOT DMP - 48,40 29,29 13,33 91,02 4,36 45,99 35,69 23,64 109,67 DEP - 22,99 23,66 7,45 54,10 6,07 33,19 20,68 12,18 72,12 DBP - 0,55 1,76 5,09 7,40 5,86 37,20 12,36 15,28 60,71 iBcEP - 0,75 2,47 5,23 8,45 3,32 29,32 20,88 13,58 67,11 BBP - 0,00 0,12 0,42 0,54 31,33 20,65 10,58 10,74 73,30 DEHF - 0,42 0,51 0,98 1,91 6,33 23,96 19,16 16,55 66,00 67 Cl2CH2 CS2 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL TOT 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL 0.5 mL TOT DMP 20,36 64,73 5,46 4,36 94,90 20,57 89,00 0,00 0,00 109,57 DEP 10,53 50,80 7,32 0,45 69,10 39,80 51,71 0,68 0,61 92,80 DBP 22,77 47,93 15,52 1,30 84,51 44,36 50,09 4,37 3,02 101,85 iBcEP 23,85 48,48 12,71 2,50 87,54 40,03 53,77 1,40 0,04 90,27 BBP 14,51 51,84 19,49 6,29 92,13 40,03 53,77 1,40 0,04 95,24 DEHF 20,17 34,57 11,29 7,13 73,15 31,12 33,43 2,46 1,38 68,40 Dall’analisi dei risultati ottenuti, risulta che il miglior solvente per l’estrazione degli ftalati è il solfuro di carbonio (CS2): con 2 mL disolfuro di carbonio si ha un recupero di tutti i composti studiati compreso tra circa il 91% e il 110%. Per avere una stima dell’affidabilità del metodo usato, quindi della precisione e della riproducibilità dell’esperimento, ho ripetuto l’estrazione con 2 mL di solfuro di carbonio per altre 3 volte. Ne ho quindi calcolato la deviazione standard. Recupero medio DS DS (%) DMP 105,57 ± 6,9 ± 6,5 DEP 96,39 ± 5,7 ± 5,9 DBP 103,25 ± 4,9 ± 4,7 iBcEP 95,27 ± 2,7 ± 2,8 BBP 95,24 ± 2,5 ± 2,6 DEHF 65,40 ± 3,9 ± 5,9 I risultati mostrano una deviazione standard compresa tra ±2,5 e ±6,9. 68 APPLICAZIONE DEL METODO A CAMPIONI REALI Nelle condizioni sperimentali messe a punto ho analizzato due campioni reali di vino, uno bianco ed uno rosso. Preliminarmente ho fatto delle prove di estrazione liquido-liquido su entrambi i campioni, per avere un bianco di riferimento. Successivamente ho sottoposto i campioni reali a preconcentrazione, utilizzando il metodo studiato. Per studiare se la matrice complessa va in qualche modo ad influenzare i risultati ottenuti in matrici standard, ho preconcentrato i due campioni di vino addizionando ad entrambi una quantità nota di ftalati. Nella seguente tabella ho messo a confronto i risultati ottenuti con lo standard di laboratorio e i risultati ottenuti con i campioni reali (vino bianco e vino rosso) addizionati della stessa quantità di ftalati (50 ppb). Standard Vino bianco Vino rosso DMP 105,57 100,29 95,29 DEP 96,39 98,15 94,17 DBP 103,25 101,29 93,57 iBCeP 95,27 93,59 95,79 BBP 95,24 97,49 96,45 DEHF 65,40 60,18 66,78 69 Una lettura della tabella ci dice che lo standard di laboratorio può essere considerato come il campione reale, infatti se si considera l’errore (riportato successivamente) i dati possono essere considerati statisticamente uguali. Analizzando invece i campioni reali tal quali, sono stati trovati i seguenti composti: Concentrazione calcolata (ppb) ± DS Vino bianco Vino rosso DBP 40 ± 2,5 68 ± 4,3 BBP 17 ± 1,0 - DEHP 9 ± 0,5 3 ± 0,8 I composti rinvenuti purtroppo sono quelli catalogati come i più tossici tra tutti gli ftalati, ma questi inducono danni evidenti soltanto se somministrati in quantità elevate. Per cui i risultati ottenuti in questa analisi non rappresentano un rischio significativo per la salute. I cromatogrammi relativi alle analisi svolte sul vino bianco sono nell’allegato 1, mentre quelli relativi al vino rosso sono nell’allegato 2. 70 LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-FID Per dimostrare la sensibilità del metodo ho calcolato sperimentalmente il limite di rilevabilità (calcolato considerando un picco con altezza almeno 3 volte la deviazione standard del rumore di fondo) e il limite di quantificazione (calcolato considerando un picco con altezza almeno 7 volte la deviazione standard del rumore di fondo) per ogni composto analizzato. Riporto i valori ottenti nella seguente tabella. LOD* (3 volte il noise) quantità (ng) DMP 66 DEP 31 DBP 26 iBcEP 30 BBP 62 DEHP 23 * DS ± 4.2 ± 1.8 ± 1.2 ± 1.5 ± 4.9 ± 1.2 DS (%) ± 6.40 ± 5.71 ± 4.52 ± 4.84 ± 7.09 ± 5.14 LOQ* (7 volte il noise) quantità (ng) DMP 110 DEP 59 DBP 48 iBcEP 55 BBP 95 DEHP 45 DS ± 3.0 ± 1.9 ± 1.0 ± 2.1 ± 2.2 ± 1.6 DS (%) ± 2.74 ± 3.14 ± 2.24 ± 3.76 ± 2.29 ± 3.45 valore ottenuto sulla media di tre determinazioni Sia i LOD sia i LOQ si dimostrano essere quantità accettabili per un rivelatore universale quale il FID. Per scendere ulteriormente con le concentrazioni occorrono tecniche di spettrometria di massa, come descritto successivamente. 71 ERRORE INTRADAY ED INTERDAY IN GC-FID Per dare completezza al metodo ho calcolato sperimentalmente l’errore intraday e l’errore interday. Riporto nelle seguenti tabelle i risultati ottenuti Prove intraday Giorno 1* quantità (ng) DMP 50 DEP 50 DBP 50 iBcEP 50 BBP 50 DEHP 50 DS ± 4.1 ± 3.4 ± 1.0 ± 1.2 ± 6.7 ± 1.8 Giorno 2* DS (%) ± 8.12 ± 6.88 ± 1.95 ± 2.48 ± 13.46 ± 3.54 quantità (ng) DMP 50 DEP 50 DBP 50 iBcEP 50 BBP 50 DEHP 50 DS ± 2.2 ± 2.1 ± 1.5 ± 2.1 ± 5.9 ± 1.7 DS (%) ± 4.30 ± 4.16 ± 2.95 ± 4.29 ± 11.77 ± 3.48 L’errore interday è stato calcolato con la formula della propagazione dell’errore commesso nei due giorni di prova. I risultati sono i seguenti Propagazione dell’errore interday quantità (ng) DMP 50 DEP 50 DBP 50 iBcEP 50 BBP 50 DEHP 50 * DS ± 4.7 ± 4.0 ± 1.8 ± 2.4 ± 8.9 ± 2.5 DS (%) ± 9.4 ± 8.0 ± 3.6 ± 4.8 ± 17.8 ± 5.0 valore ottenuto sulla media di tre determinazioni 72 ANALISI ALLO SPETTROMETRO DI MASSA DEGLI FTALATI Lo studio degli ftalati è proseguito con un’analisi con lo spettrometro di massa. Questa tecnica ha permesso di confermare i risultati ottenuti con il rilevatore universale FID. Inoltre la sensibilità e la precisione dello strumento hanno permesso di abbassare notevolmente i limiti di rilevabilità della metodica proposta. Lo strumento utilizzato è un gas cromatografo con un rivelatore a trappola ionica, prodotto dalla Thermofisher. L’intero strumento è interfacciato con un PC e il software di analisi è l’Xcalibur, specifico per la spettrometria di massa. Di seguito riporto tutte le condizioni operative dello strumento dall’iniettore, al forno, al rivelatore. È da tener presente che i dati descritti sono frutto di uno studio preliminare, fatto in modo tale da ottimizzare e/o massimizzare il risultato cromatografico. Le condizioni riportate, dunque, sono quelle che hanno dato le risposte migliori. L’iniettore PTV è regolato in modalità splitless; la temperatura iniziale è di 60 °C; la velocità di splittaggio è di 30 mL/min; l’apertura dello spillo è stata fissata a 1:30 min e la pulizia del setto è mantenuta sotto flusso cotante di elio ad 1 mL/min. L’iniettore è programmato secondo il seguente schema: Injection Evap. Transfer Cleaning Pressure (kPa) 70 140 210 Rate (°C/min) Temp. (°C) 14.5 14.5 14.5 200 280 310 Time (min.) 0.05 1:00 2:00 10:00 Flow (mL/min) 50 70 73 Come per le analisi svolte con il FID, il forno è equipaggiato con una colonna capillare in silice fusa con fase chimicamente legata (SE 54 - 5% fenile, 95 % dimetilsilossano), con L=30 m, I.D. (diametro interno) 250 µm e df (spessore del film)=0.25 µm. A differenza dell’analisi al FID, dove il carrier gas era l’idrogeno, nella spettrometria di massa la fase mobile è l’elio ultrapuro, con una velocità di flusso di circa 1 mL/min (rilevato sperimentalmente). Le condizioni operative del forno sono riportate nella seguente tabella: rate (°C/min) Temp (°C) Hold time (min) Initial 50 1:00 Ramp 1 10 300 4:00 Poiché il rivelatore di massa è una parte distinta e separata dal forno, particolare attenzione va data alla Transfer Line (TL), unità che funge da collegamento tra il forno e la trappola ionica. Solitamente la TL viene regolata ad una temperatura di circa 20-30 °C in meno rispetto alla temperatura di esercizio massima del forno. Questa piccola differenza fa in modo che nell’eventualità ci fosse un problema di condensazione dell’analita, esso andrebbe a condensare sulla TL, senza creare otturazioni nella colonna. Per questo motivo la temperatura della TF è stata impostata a 270 °C. Infine la temperatura di esercizio della trappola ionica è regolata a 250 °C. La temperatura di esercizio della trappola è inferiore a quella della TF, e questo porterebbe ad una contraddizione, in quanto si potrebbe avere una condensazione sulla trappola e quindi una perdita di sensibilità. Ovviamente questo non è possibile poiché la trappola è sottoposta ad un vuoto molto spinto, in questo modo tutte le molecole che condensano vengono risucchiate dal vuoto. 74 Lo strumento è dotato di due sistemi di ionizzazione, l’impatto elettronico (EI) e la ionizzazione chimica (CI). In questo caso è stato utilizzando come sorgente di ionizzazione l’impatto elettronico (EI) positivo, caratterizzato da un potenziale standard di 70 eV. Inoltre il damping gas, un gas ausiliario (elio) all’interno della trappola ionica, è stato fissato a 0.3 mL/min. Per la determinazione degli ftalati, sono state eseguite analisi in Full Scan e in SIM. In entrambi i casi, l’acquisizione del cromatogramma è stata fatta partire da 10:00 min. Questa è una accortezza che solitamente è utilizzata in spettrometria di massa, infatti il ritardo dell’accensione del filamento, quindi della registrazione del cromatogramma, impedisce a spurghi di colonna ed a bande del fronte del solvente di sovraccaricare la camera di ionizzazione, evitando possibili lesioni. Tutte le analisi in Full Scan (FS) sono state eseguite in un range che va da 50 a 450 amu. È ovviamente inutile sovraccaricare la trappola con frammenti ancora più pesanti considerando che il composto più grande ha una massa di 390 amu. Oltre ad eseguire analisi in FS sono state eseguite analisi in SIM (Selected Ion Monitoring). Lo strumento permette di fare l’analisi in SIM sia impostando il frammento prescelto in acquisizione direttamente sulla trappola ionica, in questo caso è il rivelatore che seleziona la corrente ionica che genera quel frammento; oppure può essere fatto utilizzando il software, in questo caso è il software che va a selezionare fra tutti i frammenti acquisiti quello prescelto dall’operatore. I due modi di operare presentano vantaggi e svantaggi a seconda della situazione in cui ci si trova. Lo studio delle frammentazioni dei vari ftalati ottenuti in FS ha permesso di generalizzare il comportamento a cui questi composti sono soggetti all’interno della trappola ionica, che può essere schematizzato come segue: 75 O O O C+ R' - OR’ O C+ R' - R’’ O O O R'' OH R'' R'' O O molecola di partenza O frammentazione 1 frammentazione 2 O CH 2 - CO C+ - COOH C+ OH OH O frammentazione 3 O frammentazione 4 Analizzando lo schema è possibile notare che le prime frammentazioni dipendono dai gruppi R’ e R’’, mentre le successive diventano indipendenti dai sostituenti. Il frammento più importante, presente come ione fondamentale in tutti gli ftalati è visibile in rosso nella frammentazione 2, ed ha una massa di 149 amu. Questa generalizzazione ha permesso di scegliere opportunamente i frammenti caratteristici di ogni composto per fare l’acquisizione in SIM. Infatti, come si vede nella seguente tabella, il frammento 149 è usato come base per tutti i composti, tranne per il DMP. In questo composto, questo ione si forma ugualmente, ma solo in questo caso il picco molecolare predomina sul frammento. SIM Dimetyl 163 Dietyl 149 + 177 Dibutyl 149 + 205 Isobutyl – cicloesil 149 + 223 Benzyl – butyl 149 + 206 Bis (2etyl – exil) 149 + 167 La massa atomica che segue il 149 rappresenta al massa della molecola iniziale che ha perso il gruppo –OR’. Per i composti in cui R’ è uguale a R’’, la scelta del 76 secondo valore è obbligata, mentre per i composti in cui R’ è diverso da R’’, è stato scelto come secondo valore il frammento con picco più alto tra i due. Tuttavia lo schema così presentato porta ad una generalizzazione grossolana della frammentazione degli ftalati, infatti studiando i frammentogrammi mi sono accorto che alcuni ioni, in determinati step di frammentazione, tendono ad assorbire per poi rilasciare una molecola di acqua. Questo fenomeno avviene soprattutto sul frammento 2 e a volte sul frammento 1. Tutti i frammenti ipotizzati per ogni composto sono stati confermato in GC/MS/MS. A titolo di esempio riporto la frammentazione del DEP. Un quadro completo dei composti analizzati è riportato negli allegati dal 3 al 9. prova_FS_dopo_estate #529 T: + c Full ms [ 50.00-450.00] RT: 14.40 AV: 1 SB: 93 14.59-14.98 , 13.91-14.30 NL: 4.65E5 149.1 100 95 90 85 80 75 70 R e la tiv eA b u n d a n c e 65 60 55 50 45 40 35 177.0 30 176.0 25 20 15 150.2 121.1 10 65.0 5 50.9 0 60 76.1 93.0 74.1 79.0 105.1 104.1 106.1 94.1 107.1 80 100 178.0 122.1 133.2 120 148.2 151.1 140 m/z 175.0 160 179.1 195.0 180 202.3 200 221.0 220 frammentogramma del di-etyl ftalato I picchi caratteristici sono spiegati con le seguenti frammentazioni - OCH 2CH3 O C O - CH2CH3 O C+ C+ O O - CO O O O Exact Mass: 222,09 Exact Mass: 177,05 C+ OH OH + H+ O Exact Mass: 149,02 O Exact Mass: 121,03 77 LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-MS Per dimostrare la sensibilità e la precisione dell’utilizzo di una tecnica cromatografica abbinata alla spettrometria di massa ho calcolato sperimentalmente il limite di rilevabilità e il limite di quantificazione, con le stesse considerazioni fatte per il FID (LOD: almeno 3 volte la deviazione standard del rumore di fondo; LOQ: almeno 7 volte la deviazione standard del rumore di fondo). Ho calcolato i LOD sia in full scan che in SIM. Ovviamente nello scrivere il risultati riporto solo quelli in SIM, poiché più bassi di quelli in full scan. Quindi tutti i valori riportati di seguito sono stati calcolati utilizzando i frammenti caratteristici di ogni composto descritti precedentemente. Riporto i valori ottenuti nella seguente tabella. LOD* (3 volte il noise) quantità (pg) DMP 18 DEP 3 DBP 0.2 iBcEP 8 BBP 20 DEHP 0.4 * DS ± 1.51 ± 0.28 ± 0.03 ± 0.79 ± 1.76 ± 0.05 DS (%) ± 8.4 ± 9.3 ± 15.2 ± 9.9 ± 8.8 ±12.2 LOQ* (7 volte il noise) quantità (pg) DMP 40 DEP 7 DBP 0.5 iBcEP 17 BBP 39 DEHP 1 DS ± 1.68 ± 0.29 ± 0.03 ± 0.63 ± 1.52 ± 0.50 DS (%) ± 4.2 ± 4.1 ± 6.3 ± 3.7 ± 3.9 ± 5.8 valore ottenuto sulla media di tre determinazioni Sia i LOD sia i LOQ si dimostrano essere notevolmente inferiori a quelli ottenuti in FID. Basta vedere l’ordine di grandezza: con il FID sono riuscito ad arrivare a ng, mentre con lo spettrometro di massa arrivo a quantità anche inferiori dei pg, quindi concentrazioni 1000 volte inferiori. 78 ERRORE INTRADAY ED INTERDAY IN GC-MS Anche con l’analisi allo spettrometro di massa ho calcolato sperimentalmente l’errore intraday e l’errore interday. Riporto nelle seguenti tabelle i risultati ottenuti. Prove intraday Giorno 1* quantità (pg) DMP 20 DEP 20 DBP 20 iBcEP 20 BBP 20 DEHP 20 Giorno 2* DS ± 1.46 ± 0.68 ± 0.18 ± 0.82 ± 1.56 ± 0.10 DS (%) ± 7.3 ± 3.4 ± 0.9 ± 4.1 ± 7.8 ± 0.5 quantità (pg) DMP 20 DEP 20 DBP 20 iBcEP 20 BBP 20 DEHP 20 DS ± 1.36 ± 0.58 ± 0.20 ± 0.70 ± 1.64 ± 0.18 DS (%) ± 6.8 ± 2.9 ± 1.0 ± 3.5 ± 8.2 ± 0.9 L’errore interday è stato calcolato con la formula della propagazione dell’errore commesso nei due giorni di prova. I risultati sono i seguenti Propagazione dell’errore interday quantità (pg) DMP 20 DEP 20 DBP 20 iBcEP 20 BBP 20 DEHP 20 * DS ± 2.0 ± 0.9 ± 0.3 ± 1.1 ± 2.3 ± 0.2 DS (%) ± 10.0 ± 4.5 ± 1.5 ± 5.5 ± 11.5 ± 1.0 valore ottenuto sulla media di tre determinazioni 79 CONCLUSIONI Nel corso del lavoro sono emersi molti dati sperimentali che hanno dimostrato il funzionamento del metodo proposto e della fase adsorbente presa in esame. Il metodo proposto si adatta molto bene alla determinazione qualitativa e quantitativa di ftalati presenti in matrici idroalcoliche. Infatti l’applicazione a campioni reali del metodo proposto ha permesso di dimostrare che esso è applicabile anche a matrici complesse con risultati sufficientemente in linea con quelli ottenuti da soluzioni standard. Inoltre, dallo studio della ripartizione tra gli analiti e la fase adsorbente, sembra sia possibile allargare il campo di analisi ad altri campioni alimentari. L’utilizzo di apparecchiature poco costose e presenti nella maggior parte dei laboratori (il gas cromatografo), la praticità e la semplicità nell’operare, la poca manualità richiesta all’operatore, l’utilizzo di pochi solventi e l’utilizzo di cartucce SPE reperibili in commercio a basso costo, rendono il metodo molto economico. Infine, il limite di rilevabilità, il limite di quantificazione, gli errori intraday ed interday ottenuti sia con il GC-FID e confermati in GC-MS, rendono il metodo sensibile, affidabile e riproducibile. 80 BIBLIOGRAFIA [1] K. Romanowicz, T. Misztal, B. Barcikowski, Genistein; A phytoetstrogen, effectively modulates luteinizing homone and prolactin secretion in ovariectomized ewes during seasonal anestru;. Neuroendocrinology, 79 (2), 73-81. (2004) [2] S. Kanno, S. Hirano, F.Kayama; Effects of phytoestrogens in MC3T3-E1 cells. Toxicology, 1961 (1-2), 137-145. (2004) [3] R.M. Harris, D.M. Wood, L. Bottomley, S. Blagg, K. Owen, P.J. Hughes, R.H. Waring, C.J. 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(2000) 82 DETERMINAZIONE DELL’ACRILAMMIDE IN PRODOTTI DA FORNO MEDIANTE GC-ECD E GC-MS. INTRODUZIONE Alcuni anni fa, un lavoro sulla presenza dell’acrilammide in alcuni prodotti alimentari cotti, soprattutto nelle patate fritte, ha lanciato l’allarme per la salute dei consumatori [1-2]. L’assenza di questa molecola nei cibi crudi o bolliti ha fatto avanzare l’ipotesi della sua formazione durante i processi di trattamento termico ad alte temperature. La via di sintesi dell’acrilammide non è ancora del tutto chiara, ma l’ipotesi più attendibile pare sia la stretta relazione con la reazione di Maillard, detta anche di imbrunimento non enzimatico. In modo particolare la sintesi di acrilammide sembra dipendere dalla presenza nella matrice alimentare di un amminoacido, l’asparagina [3-4-5-6]. La formazione di questa molecola, inoltre, sembra essere legata anche alla presenza di zuccheri riducenti, quali glucosio e fruttosio. In altre parole, la quantità di acrilammide che si può formare nei prodotti alimentari è strettamente legata alla presenza di precursori nella matrice e ad alcuni parametri fisici, quali ad esempio la temperatura, il ph, eccetera [7-8]. L’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’acrilammide come un probabile agente cancerogeno per l’uomo. Quindi, è necessario conoscere la presenza di questo composto nei vari prodotti alimentari e limitarne il quantitativo quanto più possibile. 83 OBIETTIVO Scopo di questo lavoro è lo studio di un metodo quali/quantitativo, per la determinazione dell’acrilammide in cibi sottoposti a cottura. In particolare, l’obiettivo del lavoro è lo studio di un metodo alternativo ai metodi presenti in letteratura, che sfrutta come tecnica di analisi la derivatizzazione con agente alogenato abbinata alla successiva analisi gas cromatografica. A seguito di uno studio dei più comuni agenti derivatizzanti presenti sul mercato, allo scopo di rendere la molecola rilevabile con un rilevatore a cattura di elettroni, ho deciso di derivatizzare l’acrilammide con l’anidride trifluoroacetica (TFAA). L’acrilammide derivatizzata è stata rivelata in primis con l’ECD, successivamente si è passati alla conferma ed alla caratterizzazione del derivato tramite GC-MS. L’uso di un tale sistema presenta diversi vantaggi, quali ad esempio la semplicità e la praticità strumentale, basata sull’utilizzo di uno strumento (il gascromatografo) economico e presente nella maggior parte dei laboratori. Nella messa a punto del metodo, sono andato alla ricerca e all’ottimizzazione delle quantità e delle concentrazioni dei reagenti da impiegare. Infine il metodo è stato applicato su alcuni prodotti alimentari con particolare attenzione ai prodotti per la prima colazione e a patatine croccanti in busta, largamente consumati, soprattutto dai ragazzi. 84 CARATTERISTICHE DELLA MOLECOLA Commercialmente è prodotta come precursore nella sintesi di poliacrilammide, sostanza usata prevalentemente come agente flocculante nella chiarificazione delle acque potabili e nel trattamento delle acque di scarico urbane ed industriali [9]. Altri usi comuni di questa molecola sono quelli nell’industria tessile, della carta, della plastica e dei cosmetici [10]. L’acrilammide, inoltre, è utilizzata nella preparazione di gel di poliacrilammide in uso nei laboratori scientifici per tecniche elettroforetiche. L’acrilammide è anche una componente del fumo di sigarette, e questo conferma che deriva dal riscaldamento di materiale organico. Le caratteristiche chimiche dell’acrilammide sono riportate di seguito: formula chimica struttura chimica peso molecolare DL50 (ratti) 71,08 g/mol 107-203 mg/Kg O CH2CHCONH2 NH 2 Si presenta in forma di piccoli cristalli di colore bianco. È altamente solubile in acqua e in altri solventi a polarità inferiore, come metanolo, etanolo, acetone, acetonitrile, acetato di etile, benzene. Può polimerizzare se raggiunge il punto di ebollizione e se esposta ai raggi UV [11]. In forma solida è stabile a temperatura ambiente, mentre le soluzioni sono stabili fino ad un anno se conservate a basse temperature. 85 METODI ANALITICI IN USO PER LA DETERMINAZIONE DELL’ACRILAMMIDE NEI PRODOTTI ALIMENTARI Per l’analisi dell’acrilammide sono in uso diversi metodi analitici, tutti basati su tecniche cromatografiche. Le due tecniche cromatografiche di largo impiego sono la gascromatografia (GC) e la cromatografia liquida (LC), quasi sempre abbinate alla spettrometria di massa. Per l’analisi gas cromatografica dell’acrilammide il punto fondamentale è la derivatizzazione della molecola. I metodi di derivatizzazione dell’acrilammide riportati in letteratura si basano sul metodo EPA 8032A e, cioè, sulla bromurazione dell’acrilammide per formare il derivato 2,3- dibromopropionammide, che può essere analizzato attraverso GC-ECD o GC-MS per basse concentrazioni. Un altro metodo di derivatizzazione è quello che prevede la silanizzazione dell’acrilammide in seguito a reazione con Bis-(trimetil-silil)trifluoroacetammide (BSTFA) [12]. Non molto tempo fa, è stato messo a punto anche un metodo GC-MS senza preventiva derivatizzazione dell’acrilammide [13]. A differenza della cromatografia solida, la cromatografia liquida ha il vantaggio di poter analizzare l’acrilammide direttamente: è possibile iniettare nello strumento l’estratto acquoso degli alimenti. Anche in questo caso si abbina la cromatografia liquida alla spettrometria di massa [14]. Tuttavia, esistono studi che dimostrano la possibilità di analizzare l’acrilammide anche attraverso HPLC-UV, usando una colonna specifica della Dionex. [15]. 86 L’estrazione dell’acrilammide dalla matrice alimentare avviene utilizzando acqua come solvente, vista l’elevata solubilità di questa molecola in fase acquosa. Per la purificazione si può ricorrere a centrifugazione ed estrazione in fase solida (SPE). Per la successiva analisi in GC, però, è necessario recuperare l’analita in un solvente organico. L’estrazione dell’acrilammide può essere effettuata anche tramite estrazione con solvente (Soxhlet o ASE). MATERIALI E METODI Materiali Le soluzioni oggetto di analisi sono state preparate utilizzando polvere di acrilammide, prodotto della Sigma-Aldrich, con purezza ≥ 99%. Allo scopo di ottenere un derivato rilevabile con l’ECD, come agente derivatizzante è stata scelta l’anidride trifluoroacetica (TFAA), fornita dalla Supelco in confezioni da 10 fiale ognuna da 1 mL. L’acetonitrile (CH3CN), la piridina, l’esano, il solfato di sodio anidro (Na2SO4) sono stati acquistati da Sigma-Aldrich e da Carlo Erba Reagenti. Anche in questo studio le analisi sono state effettuate utilizzando uno standard interno: 1,2,3,4,5,6-cloro-cicloesano (lindane), fornito dalla Carlo Erba. Inoltre sono stati utilizzati un Rotavapor, estrattori Soxhlet, vetreria e materiale vario di laboratorio. 87 Metodi Per le analisi è stato impiegato un gascromatografo della DANI, modello 86.10 HT, equipaggiato con un iniettore PTV (programmed temperature vaporizer), una colonna capillare ed un rivelatore a cattura di elettroni (ECD). Le programmate del PTV e del forno sono schematizzate a fondo pagina. L’apertura dello spillo del PTV è fissato dopo 1:30 minuti. La pressione dell’idrogeno usato come carrier gas (rilevata sperimentalmente) è pari a 1 mL/min. Il forno è equipaggiato con una colonna in silice fusa con fase chimicamente legata (SE 54 - 5% fenile, 95 % dimetilsilossano), con L=30 m, I.D. (diametro interno) 250 µm e df (spessore del film)=0.25 µm, fornita dalla Supelco. La temperatura di esercizio del rilevatore è fissata a 280°C, con un flusso costante di azoto pari a 1,4 mL/min. Il volume iniettato è 1 μL, opportunamente prelevato. Lo strumento è interfacciato a un PC con il software di elaborazione specifico dei dati sperimentali “Clarity”. Inoltre, tutti gli esperimenti sono stati svolti aggiungendo solfato anidro di sodio alle soluzioni da iniettare. Essendo il solfato di sodio un sale che tende fortemente ad idratarsi, cattura l’eventuale presenza di acqua e fa in modo che la stessa non va a rompere il derivato formato. Programmata PTV 1’ Programmata forno 280°C 4’ 280°C 8 °C/min 800 °C/min 30’’ 130°C 5 °C/min 30’’ 60°C 1’ 70°C 88 REAZIONE DI DERIVATIZZAZIONE Il protocollo di analisi per la derivatizzazione della molecola, ottenuto in vial ambrate da 2 mL, è riportato sinteticamente nello schema seguente: • 50 µL della soluzione di acrilammide disciolta in acetonitrile; • 3 µL di piridina pura, necessaria a prevenire l’acidificazione della soluzione; • 10 µL di anidride trifluoro-acetica (calcolata stechiometricamente in forte eccesso); • reazione a 65 °C per 30 minuti a bagnomaria; • 50 µL di una soluzione di MeOH/NaOH (170 mg/L), per neutralizzare l’eccesso di TFAA; • essiccamento del campione sotto flusso di N2 • recupero con 100 µL di toluene ed aggiunta dello standard interno, 10µL (lindane, 0.47 ppm) • Analisi in GC-ECD o GC-MS (1 μL). Tutte le quantità che ho descritto nel protocollo per la determinazione dell’acrilammide sono state vagliate e calcolate in base a prove sperimentali, al fine di ottimizzare il risultato cromatografico. A tale scopo, ho calcolato sperimentalmente l’effetto quantitativo del volume iniziale, la concentrazione e il volume della piridina, il volume di TFAA, il tempo e la temperatura di reazione, la soluzione per meglio ottenere la neutralizzazione, quale e quanto solvente utilizzare per il recupero del composto derivatizzato e la concentrazione ottimale dello S.I. Oltre alle prove di ottimizzazione ho fatto anche prove di cinetica di formazione e di degradazione. 89 A titolo di esempio riporto le tre cinetiche di formazione del derivato dell’acrilammide, ottenute rispettivamente a 50, 65 e 80 °C. Sull’asse y è riportato il rapporto tra area dell’acrilammide derivatizzatata e area dello standard interno, mentre sull’asse x sono riportati i minuti trascorsi. 35 50 °C 65 °C 80 °C R 30 25 20 15 10 5 0 0 20 40 60 80 100 120 min 140 Analizzando il grafico si può notare come la velocità di formazione del derivato dell’acrilammide aumenta all’aumentare della temperatura. Considerando che il punto di ebollizione dell’acetonitrile è di circa 82 °C, non conviene lavorare a 80 °C, anche se il derivato si forma più velocemente, poiché si può incappare in una perdita dell’analita dovuto all’evaporazione del solvente. Si è scelto, quindi, che la temperatura ottimale di lavoro è 65 °C e sono necessari almeno 30 minuti. Applicando il protocollo è possibile notare la formazione di un “gel”, che sembra in qualche modo trattenere quantitativamente l’acrilammide derivatizzata. 90 LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-ECD Nelle condizioni sviluppate e messe a punto, sono andato alla ricerca del LOD e del LOQ utilizzando come rivelatore l’ECD. I dati ottenuti sono il linea con le risposte di un rivelatore ECD, infatti il limite di rilevabilità è di 10 pg in quantità assoluta e il limite di quantificazione è 78 pg in quantità assoluta. Nel seguente schema riporto il LOD e il LOQ con la relativa deviazione standard calcolata su tre determinazioni. LOD quantità (pg) DS* 10 ± 1.68 acrilammide derivatizzata LOQ * DS (%) ± 16.8 quantità (pg) DS* 78 ± 3.25 DS* (%) ± 4.16 ERRORE INTRADAY ED INTERDAY AL GC-ECD Considerando che il limite di quantificazione è di 78 pg/µL, quindi 78 ppb, ho calcolato l’errore intraday ed interday considerando una concentrazione di 100 ppb. Ho ripetuto tre analisi in due giorni differenti. Riporto le stime degli errori nelle seguenti tabelle, calcolate sulla media di tre determinazioni giornaliere acrilammide derivatizzata quantità (pg) giorno 1 DS* * DS (%) giorno 2 DS* * DS (%) interday DS DS (%) 100 ±2.13 ±2.13 ±2.94 ±2.94 ±3.63 ±3.63 *DS calcolata su tre determinazioni 91 RETTA DI TARATURA OTTENUTA IN GC-ECD Il metodo messo a punto è stato utilizzato per la costruzione di una retta di taratura. In questo modo sono riuscito a caratterizzare un range di linearità dell’acrilammide derivatizzata usando come rivelatore l’ECD. Ho deciso di costruire la retta di taratura utilizzando concentrazioni di acrilammide man mano crescenti, comprese tra 0.1 e 50 µg/mL (ppm). Nel seguente grafico ho riportato R, rapporto area acrilammide/area S.I., in funzione della concentrazione. 30 R 25 20 15 10 5 0 0 10 20 30 40 50 µg/mL 60 Il grafico presenta una buona linearità, considerando le basse concentrazioni, quindi è possibile fare un’indagine quantitativa sulla presenza di acrilammide in campioni reali. 92 ANALISI DEL CAMPIONE ALIMENTARE MEDIANTE GC-ECD Parallelamente all’ottimizzazione del nuovo metodo proposto per la determinazione dell’acrilammide, ho condotto un’indagine sul contenuto dell’acrilammide in alcuni prodotti alimentari, in particolare su tre tipi di biscotti secchi (A,B,C). Per precauzione, preferisco omettere i nomi dei biscotti utilizzati. Per l’estrazione dell’acrilammide da questi biscotti è stato utilizzando come solvente l’acetonitrile e come estrattore un Soxhlet. La quantità di biscotti pesata, circa 1 grammo per ognuno, è stata finemente macinata ed omogeneizzata utilizzando un mortaio. Una precauzione è stata quella di aggiungere una piccola quantità di Na2SO4 anidro per assorbire l’eventuale umidità. La quantità di campione macinata è stata posta nel Soxhlet ed estratta per circa 8 ore con acetonitrile. L’estratto così ottenuto è concentrato al Rotavapor fino ad un volume di circa 2 mL. 50 µL di questa soluzione vengono derivatizzati secondo il metodo messo a punto. Per la determinazione quantitativa dell’acrilammide è stata utilizzata la retta di taratura precedentemente calcolata. Riporto nella seguente tabella i valori ottenuti espressi in µg/Kg, unità imposta dalla letteratura: campione A B C peso acrilammide ± DS* ± DS (%) (g) (µg/Kg)* 1.007 413 4.7 1.1 1.017 350 12.0 3.4 1.075 426 9.1 2.1 * valore ottenuto sulla media di 3 determinazioni 93 I valori ottenuti per questi campioni rientrano nei range riportati in letteratura, quindi danno conferma sulla validità ed affidabilità del metodo sviluppato. ANALISI ALLO SPETTROMETRO DI MASSA DELL’ACRILAMMIDE DERIVATIZZATA Una volta confermata la presenza di un derivato dell’acrilammide, ho cercato di determinare qualitativamente questa molecola usando lo spettrometro di massa. Questa tecnica ha permesso di confermare i risultati ottenuti con l’ECD e mi ha permesso di studiare e caratterizzare il derivato che si forma. Lo studio sulla formazione del derivato dell’acrilammide è stato effettuato con uno spettrometro di massa, con sistema a trappola ionica (Polaris Q), collegato ad un gas cromatografo (Trace GC Ultra), il tutto interfacciato ad un PC dotato di un software d’elaborazione specifico (Xcalibur). Di seguito riporto tutte le condizioni operative dello strumento dall’iniettore, al forno, al rivelatore. L’iniettore PTV è regolato in modalità splitless; la temperatura iniziale è di 50 °C; la velocità di splittaggio è di 30 mL/min; l’apertura dello spillo è stata fissata a 1:30 min e la pulizia del setto è mantenuta sotto flusso costante di elio ad 1 mL/min. L’iniettore è programmato secondo il seguente schema: Injection Evap. Transfer Cleaning Pressure (kPa) 70 140 210 Rate (°C/min) 14.5 14.5 14.5 Temp. (°C) 50 280 280 310 Time (min.) 0.05 1:00 2:00 10:00 Flow (mL/min) 50 70 94 Tutte le analisi sono state effettuate utilizzando una colonna da 60 metri AT-5MS con un diametro interno (I.D.) di 0,25 mm e uno spessore di fase di 0,25 µm. Il carrier gas utilizzato in questo sistema è l’elio 5.5 (elio ultrapuro). Il forno è regolato in modo tale da seguire la seguente programmata: rate (°C/min) Temp (°C) Hold time (min) Initial 50 1:00 Ramp 1 10 300 5:00 La temperatura del rivelatore è fissata a 250°C; la temperatura della transfer line è stata settata a 270°C. Lo studio sulla frammentazione dell’acrilammide comincia con un’acquisizione in full scan di una soluzione contente acrilammide derivatizzata, ottenuta applicando la metodica proposta. In questo primo cromatogramma è possibile individuare il composto ad un tempo di ritenzione di 18.10 minuti. Il picco in questione si presenta molto basso rispetto ad altri picchi, dovuti probabilmente a bleed di colonna o ad interferenti vari, ma è normale considerando che il software automaticamente normalizza il cromatogramma rispetto al picco più alto. RT: 0.00 - 31.02 SM: 5G 29.13 4200000 29.44 26.98 4000000 3800000 NL: 4.25E6 TIC F: MS EI_Acry_62 ppm_1,5 26.79 3600000 3400000 3200000 26.39 3000000 2800000 26.27 2600000 25.32 25.17 C o u n ts 2400000 24.90 2200000 24.75 2000000 24.53 1800000 23.92 1600000 23.78 15.41 10.38 1400000 17.69 22.97 18:10 min 22.54 1200000 22.43 1000000 21.43 19.71 8.50 800000 12.88 600000 400000 9.43 12.15 14.69 17.47 200000 0 0 5 10 15 Time (min) 20 25 30 Tuttavia, il problema e risolvibile se si imposta una visualizzazione in SIM con un valore di massa atomica tipico dell’acrilammide derivatizzata (212). In questo 95 modo è possibile amplificare il segnale dovuto solo alla corrente ionica dovuta al frammento scelto. È possibile identificare in maniera univoca il picco tipico dell’acrilammide derivatizzata e il suo tempo di ritenzione (18.10 min). RT: 0.00 - 31.02 SM: 5G NL: 3.15E4 m/z= 211.5212.5 F: MS EI_Acry_62 ppm_1,5 18.10 30000 28000 26000 24000 22000 20000 C o u n ts 18000 16000 14000 12000 10000 29.14 30.61 27.12 8000 26.67 6000 9.43 25.59 24.86 24.48 4000 10.38 2000 10.58 12.92 17.47 21.03 23.11 22.28 0 0 5 10 15 Time (min) 20 25 30 Il picco cromatografico messo in evidenza presenta la seguente frammentazione: EI_Acry_62ppm_1,5 #1002 RT: 18.10 T: + c Full ms [ 50.00-650.00] AV: 1 SB: 219 18.24-19.34 , 16.84-17.99 NL: 3.74E4 212.1 100 95 90 85 80 75 70 65 R e la tiv e A b u n d a n c e 281.0 60 55 50 45 40 35 192.1 30 184.2 25 20 15 164.1 213.2 10 144.1 5 50.8 92.2 282.1 134.1 230.1 308.1 377.0 399.1 0 50 100 150 200 250 300 350 m/z 400 460.4 450 488.0 580.5 513.2 500 550 613.7 600 La prima ipotesi, elaborata sulla base di questa frammentazione, porta alla formazione di un di-derivato. O F3C O OH N O CF3 Mass: 281.01 96 650 I picchi più significativi che possono essere notati sul frammentogramma hanno un segnale m/z relativamente di 281, 262, 212, 192, 184 e 164. Tali frammenti sono stati spiegati con la seguente frammentazione: • 281, ione molecolare; ottenuto con l’inserimento di 2 gruppi –COCF3, con l’apertura del doppio legame e l’inserimento di un gruppo –OH • 262, ottenuto con la perdita di un fluoro dal 281 • 212, ottenuto con la perdita di un gruppo –CF3 dal 281 • 192, ottenuto con la perdita di un HF dal 212 o dalla perdita di un –CF3 e di un HF dal 281 • 184, ottenuto con la perdita di un CO dal 212 o dalla perdita di un –CF3 ed un CO dal 281 • 164, ottenuto con la perdita di un HF dal 184 o con la perdita di un CO dal 192 97 Tutta la frammentazione ipotizzata è riportata nel seguente schema: O O F3 C OH N O CF3 Exact Mass: 281,01 - F (19) O O F3 C OH N O CF2 Exact Mass: 262,01 - CF3 (69) - CF3 (69) - COCF3 (97) - CF2 (50) O F3 C - HF (20) O OH N O Exact Mass: 212,02 - CO (28) - HF (20) O O O O OH - CO (28) F3 C O N F2 C - HF (20) Exact Mass: 184,02 N O Exact Mass: 192,01 - HF (20) - CO (28) O F2 C O O N Exact Mass: 164,02 98 Per ottenere la conferma che i frammenti risultanti dal primo frammentogramma sono caratteristici della molecola di-derivata dell’acrilammide e per avere conferma della frammentazione ipotizzata, sono state acquisite prove in MSMS su ogni frammento caratteristico. I risultati ottenuti sono riportati nell’allegato 9. Nell’allegato è possibile vedere la corrispondenza tra il tempo di ritenzione dell’acrilammide derivatizzata (18.10 minuti) e i rispettivi frammentogrammi ottenuti in MSMS con ione precursore specifico. Tutti i cromatogrammi sono stati acquisiti in SIM 212 (frammento più abbondante). Inoltre l’acquisizione dei vari cromatogrammi parte da 15 minuti e finisce a 20 minuti per una questione di comodità. I frammentogrammi riportati sono quelli che meglio rendono l’idea di frammentazione in MSMS (ione precursore circa un decimo dei vari ioni figli). Per ottenere questi risultati ogni frammentogramma riportato è stato provato con vari filtri (funzione disponibile sul software di elaborazione Xcalibur). Purtroppo non è possibile generalizzare il valore del filtro applicato, poiché ogni frammento preso in considerazione risponde in maniera differente, quindi ad ogni frammento va associato un valore che deve essere determinato sperimentalmente di volta in volta. La determinazione del valore di questo filtro è rapida e semplice e può essere fatta con un’unica iniezione del composto e va chiaramente ripetuta per ogni frammento considerato. Tutti i frammentogrammi in MSMS dei vari frammenti analizzati concordano sulla frammentazione ipotizzata precedentemente, quindi in una prima analisi sembra essere confermata la formazione del di–derivato dell'acrilammide. Ma . . . 99 Il problema su quale derivato dell’acrilammide si viene a formare durante la reazione è nato quando si sono provati ad analizzare gli spettri di massa ottenuti in ionizzazione chimica (CI). Utilizzando le stesse condizioni strumentali precedentemente elencate, sono state condotte analisi sia in ionizzazione chimica negativa sia in ionizzazione chimica positiva, che hanno sconvolto la precedente ipotesi di frammentazione. Sono di seguito riportati i cromatogrammi ottenuti ed i relativi frammentogrammi risultanti al tempo di ritenzione dell’acrilammide cromatogramma acquisito in Ionizzazione Chimica Negativa (NCI) RT: 0.00 - 31.03 SM: 5G NL: 2.32E4 TIC F: MS NCI_acry2p pm_derivati zzata 21.36 23000 22000 21000 NCI_acry2ppm_derivatizzata #1127 RT: 18.08 AV: 1 SB: 123 18.20-18.72 , 17.40-17.97 NL: 1.15E3 T: - c Full ms [ 50.00-550.00] 376.9 100 95 90 20000 85 19000 18000 80 17000 75 16000 70 15000 65 Relative Abundance 14000 Counts 13000 12000 11000 acrilammide derivatizzata 10000 9000 8000 60 55 50 45 40 35 7000 30 6000 296.8 25 5000 20 4000 15 3000 18.08 2000 282.0 13.31 12.21 13.57 20.44 24.51 281.0 5 24.85 26.71 276.7 28.92 0 5 10 15 Time (min) 20 25 30 310.2 211.7 245.0 0 0 377.9 10 20.60 9.30 1000 50 100 150 200 250 357.4 340.3 300 m/z 350 378.9 400 450 500 550 500 550 cromatogramma acquisito in Ionizzazione Chimica Positiva (PCI) RT: 0.00 - 31.01 SM: 5G 29.09 29.50 19000 28.47 28.16 18000 27.67 17000 NL: 1.91E4 TIC F: MS PCI_acry2p pm_derivati zzata PCI_acry2ppm_derivatizzata #1066 RT: 18.10 AV: 1 SB: 264 18.15-19.40 , 16.80-18.01 NL: 5.15E2 T: + c Full ms [ 50.00-550.00] 262.1 100 95 90 27.36 16000 15000 14000 80 75 26.29 acrilammide derivatizzata 12000 11000 65 10000 9000 70 25.86 Relative Abundance 13000 Counts 85 27.04 26.84 26.59 25.15 25.07 24.85 10.62 8000 8.24 6000 18.08 8.62 5000 15.40 17.67 12.85 13.33 4000 15.77 21.35 55 50 45 40 24.06 7000 60 35 23.73 23.23 30 25 19.69 20 3000 15 2000 10 1000 5 0 0 0 5 10 15 Time (min) 20 25 30 51.1 263.2 282.1 52.2 66.6 91.4 50 100 143.4 158.8 181.5 150 212.3 227.3 200 310.1 331.0 250 300 m/z 380.1 397.1 350 400 432.9 451.1 450 Tutti e due i frammentogrammi acquisiti in ionizzazione chimica hanno dato risultati abbastanza significativi, ma particolare attenzione è stata data al 100 cromatogramma acquisito in ionizzazione chimica negativa. Infatti analizzando questo cromatogramma in corrispondenza del tempo di ritenzione tipico dell’acrilammide derivatizzata (18.10 minuti), è possibile notare un frammento molto alto rispetto a tutti gli altri, con un rapporto m/z di 377. Questo frammento ha dato l’input ad ipotizzare la formazione di un tri-derivato dell’acrilammide. L’analisi dei due cromatogrammi ha portato, quindi, all’ipotesi di una seconda frammentazione, dovuta alla formazione del tri-derivato dell’acrilammide: O O O F3 C O CF3 N O CF3 mass: 376.99 La spiegazione della seconda ipotesi, vale a dire della formazione del tri-derivato dell’acrilammide, è stata ricercata partendo da due cromatogrammi RT: 0.00 - 31.02 SM: 5G RT: 0.00 - 31.02 18.09 NL: 6.17E4 m/z= 211.5212.5 F: MS Acry2h 60000 55000 SM: 5G 18.09 NL: 1.38E5 m/z= 211.5-212.5 F: MS Ei_Acry3min uti_fullscan 135000 130000 125000 120000 115000 50000 110000 105000 45000 100000 95000 90000 40000 85000 80000 Counts Counts 35000 30000 75000 70000 65000 60000 25000 55000 50000 45000 20000 40000 35000 28.92 15000 26.86 30000 28.06 25000 10000 25.50 25.38 9.44 5000 10.26 15.72 12.14 22.99 21.10 20000 27.35 28.51 15000 24.18 9.44 10000 5000 0 10.26 0 0 5 10 15 Time (min) 20 25 30 0 5 Cromatogramma A Acry2h #1360 RT: 18.09 AV: 1 T: + c Full ms [ 40.00-400.00] SB: 103 12.15 10 15.73 15 Time (min) 22.00 23.66 26.38 25.53 24.95 20 25 30 Cromatogramma B 18.19-18.53 , 17.53-17.94 NL: 6.89E4 212.1 100 95 90 85 80 75 70 R e la tiv e A b u n d a n c e 65 60 281.0 55 50 45 40 35 192.1 258.0 30 25 308.0 184.1 20 164.1 15 213.2 262.1 10 5 51.1 78.0 106.2 144.1 134.1 230.0 253.1 377.0 282.0 307.1 0 50 100 150 200 250 300 309.1 332.0 358.0 350 378.0 400 m/z 101 Il cromatogramma A preso in considerazione è relativo al campione acrilammide derivatizzata, dove la reazione si è prolungata a 2 ore, ma è possibile fare le stesse considerazioni anche su campioni dove il tempo di reazione è stato inferiore (3 minuti, cromatogramma B). L’unico picco visibile in modalità SIM a 212, che rappresenta il frammento comune sia alla acrilammide di-derivatizzata sia triderivatizzata, è quello a RT di 18.09. Tutti gli altri picchi sembrano essere bleed di colonna. Relativamente a questo picco, oltre ai frammenti indagati e spiegati (frammentazione del 281) è possibile notare anche altri frammenti, in particolare il 377, 358, 308, 258, 230 e il 202. Nel frammentogramma è possibile notare la presenza del frammento 378 con altezza del 10% rispetto al frammento 377, tale rapporto è compatibile con l’abbondanza isotopica complessiva della molecola. I frammenti più abbondanti per questa seconda ipotesi di frammentazione sono stati spiegati nel seguente modo: • 377, ione molecolare, ottenuto con inserimento di 3 molecole di –COCF3 ed una molecola d’acqua • 358, ottenuto con la perdita di –F dal 377 • 308, ottenuto con la perdita di un –CF3 dal 377 • 280, ottenuto con la perdita di –CO dal 308 o dalla perdita di un –CF3 ed un CO dal 377 • 258, ottenuto con la perdita di un –CF2 dal 308 o dalla perdita di un –CF3 ed un –CF2 dal 377 • 230, ottenuto dalla perdita di un –CO dal 258 • 202, ottenuto dalla perdita di un –CO dal 230 102 È da notare che tutte queste frammentazioni non danno il frammento 281. Il 281 e tutte le sue frammentazioni sono spiegabili se il frammento 280 lega un idrogeno. Per rendere valida anche la prima ipotesi di frammentazione occorre che il triderivato perde complessivamente un gruppo trifluoroacetato (-COCF3) e lega un H+, formando il di-derivato. Considerando però che il tempo di ritenzione dei due composti è praticamente lo stesso, è un controsenso, in cromatografia, affermare che si tratta di due composti differenti che vengono rilevati con lo stesso tempo di ritenzione. Tuttavia l’ipotesi sulla formazione del di-derivato dell’acrilammide è spiegabile e plausibile se lo si intende come prodotto secondario del tri-derivato per reazioni non controllabili che avvengono all’interno della trappola ionica stessa. Anche in questo caso, per dare senso e conferma, alle frammentazioni ipotizziate nella formazione del tri-derivato, sono stati condotti esperimenti MSMS. Tutti i risultati ottenuti sono riportati nell’allegato 10. L’analisi MSMS ha dato conferma della frammentazione ipotizzata quindi della formazione del tri-derivato dell’acrilammide. 103 L’intera frammentazione ipotizzata è riportata nel seguente schema: O O F3 C O O CF3 N O CF3 Exact Mass: 376,99 - F (19) O O F3 C O O CF 2 N O CF3 Exact Mass: 358,00 - CF3 (69) - CF3 (69) - CF2 (50) - COCF3 (97) - HF (20) O O F3C O O N O CF3 Exact Mass: 308,00 - CF2 (50) - CO (28) O O F3 C O OH O - CO (28) N O F3C - CF2 (50) CF3 O N O Exact Mass: 280,00 O F Exact Mass: 258,00 - CF2 (50) - CO (28) O F3 C O OH N O F Exact Mass: 230,01 104 LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-MS Nelle condizioni sviluppate e messe a punto, sono andato alla ricerca del LOD e del LOQ utilizzando come rivelatore lo spettrometro di massa. Tutte le acquisizioni sono state fatte in modalità SIM con un frammento base di 212. Nel seguente schema riporto il LOD e il LOQ con la relativa deviazione standard calcolata su tre determinazioni. LOD LOQ * quantità DS DS* (pg) (%) acrilammide derivatizzata 6 ± 1.1 ± 18.8 quantità DS* DS* (pg) (%) 52 ± 3.25 ± 6.25 ERRORE INTRADAY ED INTERDAY AL GC-MS Considerando che il limite di quantificazione è di 52 pg/µL, quindi 52 ppb, ho calcolato l’errore intraday ed interday considerando una concentrazione di 100 ppb. Ho ripetuto tre analisi in due giorni differenti. Riporto le stime degli errori nelle seguenti tabelle, calcolate sulla media di tre determinazioni giornaliere acrilammide derivatizzata quantità (pg) giorno 1 DS* DS* (%) giorno 2 DS* DS* (%) interday DS* DS* (%) 100 ±4.80 ±4.80 ±3.94 ±3.94 ±6.21 ±6.21 *DS calcolata su tre determinazioni 105 Relative Abundance 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 50 78.0 51.1 69.1 F2 C O 106.2 100 N O F3 C O F3 C O O O OH N OH 150 144.1 134.1 O F2 C N O N O O 164.1 O 200 192.1 184.1 O m/z O 262.1 N O O CF3 O 308.0 O O F3C O CF3 300 F3 C OH O O N 350 358.0 CF3 O O O CF 3 400 378.0 377.0 O O O O CF2 F 3C N O CF3 O N O 282.0 309.1 307.1 332.0 F 3C OH 281.0 O 258.0 CF2 O F O 250 231.1 230.0 213.2 O N N O O F3C F3C O Acry2h #1360 RT: 18.09 AV: 1 SB: 836 18.41-21.39 , 14.46-17.70 NL: 6.87E4 T: + c Full ms [ 40.00-400.00] 212.1 100 SCHEMA RIASSUNTIVO FRAMMENTAZIONE 106 DETERMINAZIONE QUANTITATIVA DELL’ACRILAMMIDE IN SPETTROMETRIA DI MASSA Come prima cosa ho costruito una retta di taratura per avere una corrispondenza e una riproducibilità dei dati ottenuti con l’analisi in ECD, avendo conservato gli estratti di biscotto. I risultati ottenuti sono riportati nel seguente schema: campione A B C GC-ECD GC-MS (µg/Kg ± DS) (µg/Kg ± DS) 413 ± 4.7 381 ± 19.2 350 ± 12.0 226 ± 24.6 426 ± 9.1 395 ± 18.9 E’ possibile notare i valori di acrilammide determinati con i due sistemi possono essere considerati dello stesso ordine di grandezza. Con questa approssimazione ho deciso di effettuare una determinazione con un altro campione alimentare. La determinazione dell’acrilammide con lo spettrometro di massa è stata fatta su patatine fritte in busta. L’acrilammide è stata estratta dal campione reale utilizzando l’estrattore Soxhlet, utilizzando i tempi e le modalità previste dalla metodica. È stata costruita una retta di taratura utilizzando soluzioni standard di acrilammide derivatizzata a concentrazione crescente comprese tra 0.1 e 10 ppm. Inoltre tutti i cromatogrammi sono stati acquisiti in modalità SIM, settando opportunamente lo strumento in base ai tempi di ritenzione e ai frammenti caratteristi sia dell’acrilammide sia dello standard interno. 107 Il campione reale è stato analizzato e trattato come tutti i campioni di riferimento. L’operazione di derivatizzazione è stata fatta contemporaneamente sia per gli standard di riferimento sia per il campione reale. Riporto la retta di tararura ottenuta in spettroemtria di massa: 30 R 25 20 15 10 5 0 0 2 4 6 8 10 µg/mL 12 In base a questa retta di taratura il valore di acrilammide stimato nelle patatine è: media DS DS (µg/Kg) (%) acrilammide 1640 ± 160 ± 9.8 Il valore ottenuto è in linea con quelli riportati in letteratura sulla eventuale presenza dell’acrilammide nei composti tipo le patatine, per questo motivo l’analisi è da considerare affidabile ed attendibile. 108 CONCLUSIONI Il metodo proposto permette di determinare in modo attendibile l’acrilammide nei prodotti alimentari. La derivatizzazione della molecola con composti alogenati aumenta la sensibilità del metodo ed è particolarmente adatta per essere applicata a matrici complesse quali quelle alimentari. Il metodo, applicato sia su soluzioni standard che su campioni reali, ha mostrato una elevata precisione e accuratezza analitica. Il metodo innovativo standardizzato ha consentito l’eliminazione della fase di clean-up nella preparazione del campione con una significativa riduzione del tempo di analisi e del costo analitico legato all’impiego delle cartucce per l’estrazione in fase solida. Inoltre, sono sufficienti per l’analisi pochi grammi di campione e piccoli volumi di solventi con riduzione di costi per l’acquisto dei reagenti e per lo smaltimento dei residui. Il metodo sviluppato può essere applicato per le analisi routinarie dell’acrilammide per la valutazione della qualità e della sicurezza d’uso degli alimenti vista l’elevata sensibilità strumentale e la praticità di applicazione. 109 BIBLIOGRAFIA [1] F. Pedreschi, K. Kaack, K. Granby; Reduction of acrylamide formation in potato slices during frying; Lebensm.–Wiss. u. –Technol., 37, 679–685, (2004) [2] K. Svensson, L. Abramsso, W. Becker, A. Glynn, K.E. Hellenäs, Y. Lind, J. 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Bononi; A GC/MS method for the routine determination of acrylamide in Food; Italian Journal Food Science, 15, 149-151. (2003) [14] K; Hoenicke, R; Gatermann, W. Harder; Analysis of acrylamide in different foodstuffs using liquid chromatography-tandem mass spectrometry and gas chromatographytandem mass spectrometry; Analytica Chimica Acta; 520 (1-2), 207-215. (2002) [15] Dionex, Application Note 409. Fast determination of Acrylamide in Food Samples Using Accelerated Solvent Extraction (ASE) Followed by Ion Chromatography with UV or MS Detection 110 ALLEGA ATO 1: VIINO BIAN NCO Gas crom matogramm ma A: standaard di laboraatorio Gas crom matogramm ma B: campione reale otttenuto con estrazione liquido-liqu uido (bianco deel campionee reale) 111 Gas crom matogramm ma C: campiione reale di vino biancco arricchitoo di una quaantità nota di anaaliti e passaati attraversoo la fase adsorbente Gas crom matogramm ma D: campiione reale di vino biancco sottopostto al metodo o studiato LEGEN NDA MP: dimetyl;; - DEP: dieetyl; - S.I.: standard s intterno; - DBP P: dibutyl; DM - iBcEP: isobuttilcicloesil - BBP: benzzilbutil; - DEHP: D bis-(2-etyl-exil) 112 ALLEG GATO 2: VINO V ROS SSO Gas crom matogramm ma A: standaard di laboraatorio DIBP Gas crom matogramm ma B: campione reale otttenuto con estrazione liquido-liqu uido (bianco deel campionee reale) 113 Gas crom matogramm ma C: campiione reale di vino biancco arricchitoo di una quaantità nota di anaaliti e passaati attraversoo la fase adsorbente Gas crom matogramm ma D: campiione reale di vino biancco sottopostto al metodo o studiato LEGEN NDA DM MP: dimetyl;; - DEP: dieetyl; - S.I.: standard s intterno; - DBP P: dibutyl; - iBcEP: isobuttilcicloesil - BBP: benzzilbutil; - DEHP: D bis-(2-etyl-exil) 114 ALLEGATO 3: DIMETYL PHTALATE prova_FS_dopo_estate #322 T: + c Full ms [ 50.00-450.00] RT: 12.69 AV: 1 SB: 72 12.83-13.05 , 12.23-12.59 NL: 7.01E5 163.1 100 O 95 90 85 O 80 O 75 R e la tiveA b u n d a n ce 70 65 O 60 Exact Mass: 194.06 55 50 45 C+ 40 35 30 25 Exact Mass: 77.04 20 133.1 15 77.1 164.1 10 135.1 5 79.1 76.1 63.1 0 60 92.1 91.1 93.1 80 104.1 107.2 120.1 100 136.1 120 165.1 149.2 140 193.9 178.1 160 180 204.2 200 m/z O - CO C+ - OCH3 C+ + H+ O + H+ O Exact Mass: 77.04 NL: 2.54E3 TIC F: MS MSMS_dim etyl105_en ergihigt 12.68 2500 2400 2300 O O Exact Mass: 105.03 RT: 12.00 - 13.50 SM: 5G C+ - CO C+ O Exact Mass: 163.04 Exact Mass: 135.04 RT: 11.99 - 13.50 SM: 5G NL: 1.01E4 TIC F: MS MSMS_dim etyl133_en ergihigt 12.69 10000 9500 9000 2200 2100 8500 2000 8000 RT: 12.01 - 13.50 SM: 5G 12.69 NL: 6.33E4 TIC F: MS MSMS_dim etyl 60000 55000 50000 1900 7500 1800 45000 7000 1700 1600 6500 1500 6000 40000 5500 1300 1200 35000 C ounts Counts Counts 1400 5000 1100 4500 1000 4000 12.71 30000 25000 12.71 900 3500 800 700 3000 600 2500 500 20000 15000 2000 400 1500 300 200 1000 12.83 12.86 12.05 100 12.98 13.13 13.21 12.24 12.32 12.38 12.53 13.39 0 12.2 12.4 12.6 12.8 Time (min) 13.0 13.2 12.05 12.0 12.24 12.32 12.2 12.63 12.48 12.4 12.6 12.84 12.8 Time (min) 13.12 13.21 13.0 13.2 13.38 0 12.04 13.4 85 80 80 80 75 75 75 70 70 70 65 65 65 60 60 60 40 55 50 135.2 45 R elative Abundance 85 85 Relative Abundance 90 90 45 12.6 12.75 12.77 12.84 12.90 12.99 13.15 13.28 12.8 Time (min) 13.0 13.2 13.44 13.4 95 95 90 50 12.47 12.55 12.4 MSMS_dimetyl #94 RT: 12.69 AV: 1 SB: 29 12.74-12.89 , 12.58-12.64 NL: 6.70E4 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 80.00-165.00] 133.2 100 95 55 12.24 12.31 12.2 MSMS_dimetyl135_energihigt #95 RT: 12.68 AV: 1 NL: 1.89E3 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 67.00-136.00] 77.0 100 MSMS_dimetyl105_energihigt #97 RT: 12.68 AV: 1 SB: 49 12.80-13.18 , 12.28-12.57 NL: 3.01E3 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 52.00-106.00] 77.0 100 Relative Abundance 12.78 0 13.4 5000 12.76 500 12.73 10000 12.73 55 50 45 40 40 35 35 35 30 30 25 25 20 20 15 15 10 10 163.2 30 25 20 135.2 105.1 15 79.1 105.1 5 59.2 0 65.0 76.2 78.0 85.2 75 85 107.1 60 65 70 80 m/z 90 MSMS 105 95 100 105 5 5 102.1 75.4 0 55 10 92.1 70 80.1 80 91.1 90 105.0 92.7 100 m/z 120.1 109.0 131.0 115.7 110 MSMS 135 120 130 0 107.2 81.0 87.7 91.2 80 90 100 110 114.8 120.1 120 132.6 130 155.7 162.4 136.4 141.5 140 150 160 m/z MSMS 163 115 ALLEGATO 4: DIETYL PHTALATE prova_FS_dopo_estate #529 T: + c Full ms [ 50.00-450.00] RT: 14.40 AV: 1 SB: 93 14.59-14.98 , 13.91-14.30 NL: 4.65E5 149.1 100 O 95 O O 90 85 O 80 75 Exact Mass: 222.09 70 R elativeA bundance 65 60 55 50 45 40 35 177.0 30 176.0 25 20 15 150.2 121.1 10 65.0 76.1 93.0 74.1 79.0 5 50.9 0 60 105.1 104.1 106.1 94.1 107.1 80 100 178.0 122.1 133.2 120 148.2 151.1 140 m/z 175.0 195.0 179.1 160 180 221.0 202.3 200 220 O C+ - COOH C+ - CO O - CH2CH3 C+ C+ OH OH + H+ O + H+ O O Exact Mass: 77.04 Exact Mass: 121.03 RT: 13.99 - 14.99 SM: 5G RT: NL: 3.41E3 TIC F: MS MSMS_diet yl121_ener gihigt 14.39 3400 3200 3000 O Exact Mass: 149.02 RT: 13.99 - 15.00 SM: 5G 13.98 - 14.99 SM: 5G NL: 4.67E4 TIC F: MS MSMS_diet yl149_ener gihigt 14.39 46000 44000 42000 26000 25000 24000 22000 38000 21000 36000 2600 NL: 2.71E4 TIC F: MS MSMS_diet yl_energihig t 14.40 27000 23000 40000 2800 Exact Mass: 177.05 20000 34000 19000 2400 32000 1800 Counts Counts 2000 1600 18000 30000 17000 28000 16000 26000 15000 Counts 2200 24000 22000 1400 13000 11000 18000 10000 1200 16000 1000 14000 8000 12000 7000 10000 6000 8000 5000 800 600 9000 4000 6000 400 3000 4000 2000 200 14.02 0 14.0 14.17 14.19 14.1 14.2 14.54 14.59 14.30 2000 14.76 14.82 14.70 14.96 0 14.3 14.4 14.5 Time (min) 14.6 14.7 14.8 14.2 14.3 14.4 14.5 Time (min) 14.6 14.7 14.78 14.91 14.8 14.9 1000 14.0 95 90 90 85 85 80 80 80 75 75 75 70 70 70 65 65 65 60 60 60 45 Relative Abundance 95 85 50 55 50 45 93.1 35 35 30 30 30 25 25 20 20 15 15 10 10 60 65 70 75 80 85 90 m/z 111.1 95 100 105 110 119.6 115 14.8 14.90 14.9 15.0 15 10 149.1 91.4 80 MSMS 121 14.79 14.7 20 103.1 0 120 14.6 25 5 121.2 91.1 77.2 79.7 82.1 14.5 Time (min) 40 131.1 65.6 70.1 14.61 14.66 14.4 45 35 62.0 14.3 50 40 0 14.2 55 40 5 14.1 MSMS_dietyl_energihigt #55 RT: 14.40 AV: 1 SB: 28 14.54-14.82 , 14.02-14.34 NL: 2.86E4 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 88.00-179.00] 149.1 100 90 55 14.49 14.32 14.09 14.15 14.23 0 95 Relative Abundance Relative Abundance 14.17 14.1 14.56 14.64 14.72 14.32 MSMS_dietyl149_energihigt #56 RT: 14.40 AV: 1 SB: 42 14.58-14.91 , 14.06-14.34 NL: 1.91E4 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 74.00-150.00] 121.1 100 93.0 65.0 100 14.05 14.0 14.9 MSMS_dietyl121_energihigt #56 RT: 14.39 AV: 1 NL: 1.19E3 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 60.00-122.00] 14000 12000 20000 90 98.1 100 105.1 110.8 110 m/z 123.0 126.1 120 MSMS 149 130 140 150 150.1 5 140.1 144.5 0 92.2 97.2 90 103.2 100 110.2 117.3 121.2 110 120 131.2 136.2 130 140 148.3 176.2 150.8 159.1 150 160 170 m/z MSMS 177 116 ALLEGATO 5: DIBUTYL PHTALATE prova_FS_dopo_estate #999 T: + c Full ms [ 50.00-450.00] RT: 18.38 AV: 1 SB: 162 18.65-19.49 , 17.72-18.25 NL: 3.45E5 149.1 100 O 95 90 85 O 80 O 75 O 70 Exact Mass: 278.15 65 R elativeA bundance 60 55 50 45 40 35 30 25 20 15 150.1 10 204.9 5 65.1 121.1 123.2 106.1 93.1 0 60 223.0 104.1 76.1 80 100 120 160.0 140 177.2 160 204.2 180 221.1 200 281.1 224.1 220 269.1 249.2 240 260 280 m/z O O C+ - OC4H7 OH C O OH2 + H2O + O O Exact Mass: 223.10 Exact Mass: 205.09 - H 2O O O O Exact Mass: 149.02 RT: 18.00 - 18.99 SM: 5G 18.37 NL: 3.32E4 TIC F: MS MSMS_dibu tyl149_ener gihigt 32000 30000 28000 RT: 18.00 - 19.00 SM: 5G RT: 18.00 - 19.00 SM: 5G NL: 4.51E3 TIC F: MS MSMS_dibu tyl223_ener gihigt 18.37 4500 4000 26000 NL: 8.38E2 TIC F: MS MSMS_dibu tyl_energihi gt 18.38 800 750 700 3500 650 24000 600 22000 3000 550 20000 500 16000 2500 C o u n ts 18000 Counts Counts C+ 2000 14000 12000 18.39 450 400 350 300 1500 10000 250 8000 200 1000 6000 150 4000 18.41 100 500 18.46 18.43 2000 18.50 18.61 18.72 18.83 18.87 18.11 18.24 18.31 0 18.2 18.4 18.6 18.53 18.02 18.12 18.18 0 18.0 18.8 18.2 18.4 Time (min) 18.69 18.76 18.6 0 18.0 18.8 18.44 18.48 18.58 18.23 18.03 18.14 50 18.88 18.2 18.4 Time (min) 95 90 18.74 18.94 18.82 18.8 19.0 Time (min) MSMS_dibutyl223_energihigt #49 RT: 18.37 AV: 1 SB: 63 18.46-18.69 , 18.06-18.31 NL: 5.12E3 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 111.00-224.00] 149.1 100 MSMS_dibutyl149_energihigt #53 RT: 18.38 AV: 1 SB: 23 18.47-18.72 , 18.02-18.28 NL: 6.12E3 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 74.00-150.00] 121.1 100 18.6 MSMS_dibutyl_energihigt #50 RT: 18.38 AV: 1 SB: 67 18.49-18.76 , 18.09-18.32 NL: 7.48E2 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 102.00-207.00] 149.2 100 90 90 80 80 70 70 85 80 75 70 60 55 93.1 50 45 40 R e la tiv e A b u n d a n c e R e la tive Ab u n d a n ce Relative Abundance 65 60 50 40 60 50 40 35 30 30 30 25 20 20 20 204.9 15 10 10 0 91.8 75.3 133.1 80 90 100 110 m/z 120 130 0 138.9 140 121.2 120 150 133.2 154.5 140 167.1 160 179.1 180 m/z MSMS 149 10 189.1 121.1 5 MSMS 223 207.2 193.3 200 224.1 220 132.1 0 120 147.2 159.1 162.6 176.3 140 160 180 191.0 205.1 200 m/z MSMS 205 117 ALLEGATO 6: ISOBUTYL-CICLOESYL PHTALATE prova_FS_dopo_estate #1247 T: + c Full ms [ 50.00-450.00] RT: 20.48 AV: 1 SB: 86 20.63-20.97 , 20.03-20.40 NL: 4.06E4 149.1 100 90 O 80 O 70 RelativeAbundance 67.0 O 60 O 50 Exact Mass: 304.17 40 30 104.0 20 65.0 76.0 150.2 82.0 10 223.1 105.1 93.1 123.1 204.9 175.2 224.1 269.0 0 50 100 150 200 281.1 305.9 250 300 m/z O O - OC4H7 C+ OH C O O Exact Mass: 149.02 Exact Mass: 205.09 Exact Mass: 223.10 RT: 20.00 - 21.00 SM: 5G RT: 20.00 - 21.01 SM: 5G NL: 7.76E2 TIC F: MS MSMS_iso bcicloe223 _energihigt 20.48 750 700 NL: 6.23E1 TIC F: MS MSMS_iso bcicloe231 _energihigt 20.45 60 55 600 90 80 20.82 75 20.13 20.69 20.34 70 550 45 20.09 20.30 20.41 20.47 20.87 60 20.03 20.93 20.55 20.60 20.48 20.20 20.23 35 20.76 20.41 20.38 55 20.82 20.67 Counts 450 Counts 20.94 20.18 65 20.17 500 40 20.74 20.62 85 20.31 50 400 NL: 9.58E1 TIC F: MS MSMS_iso bcicloe205 _energihigt 20.55 95 RT: 20.00 - 21.00 SM: 5G 650 Counts O O O - H2O O C+ + H2O OH2 + 20.86 30 350 50 20.72 20.21 20.07 45 40 300 25 250 20 35 30 25 200 15 20 150 15 10 20.60 100 50 0 20.0 20.11 20.19 20.41 20.22 20.35 10 20.63 20.84 5 20.89 20.94 5 0 20.0 0 20.1 20.2 20.3 20.4 20.5 Time (min) 20.6 20.7 20.8 20.9 20.1 21.0 20.2 20.3 20.4 20.5 Time (min) 20.6 20.7 20.8 20.9 MSMS_isobcicloe231_energihigt #63 RT: 20.48 AV: 1 SB: 103 20.51-20.89 , 20.06-20.47 NL: 9.88 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 115.00-233.00] 141.2 100 MSMS_dibutyl223_energihigt #49 RT: 18.37 AV: 1 NL: 5.15E3 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 111.00-224.00] 149.1 100 95 20.3 20.4 20.5 Time (min) 20.6 20.7 20.8 20.9 90 85 85 80 80 75 80 20.2 95 170.0 90 90 20.1 MSMS_isobcicloe205_energihigt #62 RT: 20.47 AV: 1 SB: 108 20.50-20.92 , 20.05-20.44 NL: 1.23E1 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 102.00-207.00] 145.7 100 75 70 70 70 65 50 Relative Abundance Relative Abundance Relative Abundance 65 60 60 55 50 226.2 45 40 151.0 60 128.2 55 45 179.9 40 40 133.1 50 138.4 35 35 30 30 30 115.3 25 25 190.5 131.2 15 204.9 115.9 10 168.0 200.0 228.3 5 0 121.2 133.2 154.5 167.1 179.0 207.3 193.3 224.1 231.5 0 120 120 140 160 180 200 220 130 140 150 160 170 180 190 m/z 200 210 220 169.2 20 223.4 15 10 164.2 121.3 20 20 230 178.3 106.9 200.9 10 191.3 5 0 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 m/z m/z MSMS 223 MSMS 231 MSMS 205 118 ALLEGATO 7: BENZIL-BUTYL PHTALATE prova_FS_dopo_estate #1423 T: + c Full ms [ 50.00-450.00] RT: 21.97 AV: 1 SB: 192 22.08-23.00 , 21.27-21.92 NL: 5.00E3 149.1 100 95 90 85 O 80 104.1 75 O 70 O R e la tiveA b u n d a n ce 65 91.1 60 O 55 Exact Mass: 312.14 50 45 76.0 40 105.1 35 206.1 30 25 77.0 20 15 10 65.0 79.1 123.2 150.1 207.2 122.1 50.9 132.1 5 164.1 177.1 160 180 m/z 205.1 191.1 238.0 220.2 256.1 293.0 268.1 0 60 80 100 120 140 200 220 240 O 260 300 O - CH2CH2CH2CH3 C+ O OH - H+ O O Exact Mass: 149.02 Exact Mass: 206.09 RT: 21.00 - 22.50 SM: 5G NL: 2.17E2 TIC F: MS MSMS_ben zilbutyl149_ energihigt 21.96 100 95 90 RT: 21.00 - 22.50 SM: 5G NL: 1.93E2 TIC F: MS MSMS_ben zilbut206_e nergihigt 21.96 190 180 170 85 160 80 150 75 140 70 22.02 130 65 120 60 110 55 Counts Relative Abundance 280 22.03 50 21.94 100 90 45 80 21.07 40 70 21.22 35 21.92 21.64 21.73 21.15 21.21 25 21.37 20 22.27 22.38 21.53 21.65 22.48 22.34 21.86 21.84 40 21.45 21.50 30 21.26 15 21.50 21.41 21.06 50 22.44 21.88 22.20 60 22.12 22.18 30 20 10 10 5 0 0 21.0 21.2 21.4 21.6 21.8 Time (min) 22.0 22.2 21.2 22.4 MSMS_benzilbutyl149_energihigt #133 RT: 21.96 AV: 1 SB: 50 22.04-22.47 , 21.29-21.93 NL: 1.15E2 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 74.00-150.00] 149.2 100 95 21.4 21.6 21.8 Time (min) 22.0 22.2 22.4 MSMS_benzilbut206_energihigt #125 RT: 21.96 AV: 1 SB: 120 22.05-22.50 , 21.01-21.93 NL: 1.42E2 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 103.00-205.00] 149.2 100 90 90 85 121.2 80 80 75 70 70 65 Relative Abundance Relative Abundance 93.0 60 55 50 45 40 60 50 40 35 30 30 25 20 20 15 5 150.0 157.0 140.6 146.2 106.1 77.2 83.3 0 80 92.2 90 98.3 100 105.1 112.1 110 m/z 120 0 142.3 117.8 130 140 MSMS 149 178.1 10 147.0 106.7 10 150 110 120 130 140 150 160 189.4 170 180 190 203.9 200 m/z MSMS 206 119 ALLEGATO 8: BIS(2-ETYL-EXIL) PHTALATE prova_FS_dopo_estate #1614 T: + c Full ms [ 50.00-450.00] RT: 23.51 AV: 1 SB: 97 23.65-24.05 , 23.10-23.44 NL: 1.36E4 149.1 100 90 80 Relative Abundance 70 O 60 O O 167.1 50 O 104.0 70.1 40 30 83.1 20 112.1 10 279.1 168.1 113.1 207.2 281.1 254.1 343.1 385.2 0 100 150 200 250 300 350 400 m/z C+ OH2 + -H2O O OH C O C O Exact Mass: 167.03 23.48 NL: 2.94E3 TIC F: MS MSMS_bis 167_energi higt 2900 2800 2700 2600 Exact Mass: 261.15 RT: 23.00 - 23.99 SM: 5G NL: 9.78E1 TIC F: MS MSMS_bis 279_energi med 23.49 95 90 23.30 2500 23.47 75 34 65 32 23.39 60 23.81 1400 23.13 23.75 45 40 23.28 35 900 23.88 23.90 23.32 1100 1000 23.81 23.65 50 1300 1200 23.78 23.43 23.94 26 Counts Counts 1500 23.98 23.67 28 55 1600 Counts 23.50 23.52 23.37 30 23.53 23.57 1700 24 22 20 18 23.25 16 30 800 14 25 700 600 23.36 12 20 10 15 8 10 6 500 400 300 200 23.63 23.05 0 23.0 23.13 23.70 23.16 23.31 23.74 23.87 23.98 4 5 2 23.1 23.2 23.3 23.4 23.5 Time (min) 23.6 23.7 23.8 23.9 0 23.0 24.0 23.1 23.2 23.3 23.4 23.5 Time (min) 23.6 23.7 23.8 23.9 0 23.0 24.0 MSMS_bis261_energihigt #63 RT: 23.49 AV: 1 SB: 116 23.53-23.99 , 23.02-23.46 NL: 1.36E1 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 130.00-262.00] 136.8 100 MSMS_bis167_energihigt #66 RT: 23.48 AV: 1 SB: 114 23.61-24.01 , 23.02-23.45 NL: 2.87E3 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 83.00-168.00] 149.1 100 95 95 90 90 90 85 85 85 80 80 80 75 75 75 70 70 70 65 65 60 60 50 45 55 50 45 240.5 40 40 35 30 30 25 25 23.3 23.4 23.5 Time (min) 23.6 23.7 23.8 23.9 60 55 50 45 240.5 40 250.7 35 23.2 65 Relative Abundance 55 23.1 MSMS_bis261_energihigt #63 RT: 23.49 AV: 1 SB: 116 23.53-23.99 , 23.02-23.46 NL: 1.36E1 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 130.00-262.00] 136.8 100 95 Relative Abundance Relative Abundance 23.33 23.56 1900 1800 250.7 35 163.6 236.2 30 163.6 236.2 25 165.0 20 20 160.6 199.4 121.1 216.4 5 5 88.1 90 93.1 96.8 101.3 100 111.3 110 119.1 121.8 120 141.0 130 140 m/z MSMS 167 155.6 150 163.3 160 165.8 15 10 10 165.0 20 165.8 15 15 0 23.25 36 70 2000 100 23.06 38 23.44 23.07 23.18 42 40 80 2100 23.87 23.12 44 2300 2200 NL: 4.73E1 TIC F: MS MSMS_bis 261_energi higt 23.69 46 85 2400 O O O Exact Mass: 279.16 RT: 23.00 - 24.01 SM: 5G RT: 23.00 - 24.01 SM: 5G C+ + H2O O O Exact Mass: 149.02 -C8H17O O + H+ OH O OH2+ -C8H17 160.6 10 244.6 199.4 216.4 5 244.6 0 140 160 180 200 m/z MSMS 279 220 240 260 0 140 160 180 200 m/z 220 240 260 MSMS 261 120 ALLEGATO 9: MSMS DEL DI-DERIVATO DELL’ACRILAMMIDE cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 281 RT: 0.00 - 20.00 SM: 5G 18.10 1600 1500 1400 NL: 1.60E3 m/z= 211.5-212.5 F: MS EI_Acry_62pp m_MSMS281 _@1,1_0,3 EI_Acry_62ppm_MSMS281_@1,1_0,3 #395 RT: 18.09 T: + c SRM ms2 [email protected] [ 140.00-285.00] AV: 1 SB: 178 18.47-19.85 NL: 1.56E3 212.2 100 95 90 85 1300 80 1200 75 1100 70 65 Relative Abundance 1000 Counts 900 800 700 60 55 50 45 40 600 35 500 30 400 25 300 20 192.1 15 200 10 100 164.1 184.1 5 15.57 15.74 0 0 2 4 6 8 10 Time (min) 12 14 144.1 0 140 18.22 17.24 16 18 162.2 177.2 160 213.7 223.0 201.7 180 200 281.1 251.1 237.8 220 240 267.6 260 280 m/z cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 262 RT: 0.00 - 20.00 SM: 5G 18.11 145 140 135 130 125 NL: 1.47E2 m/z= 211.5-212.5 F: MS EI_Acry_62ppm _MSMS262_@ 1,1-1,3-1,5_0,3 EI_Acry_62ppm_MSMS262_@1,1-1,3-1,5_0,3 #391 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 131.00-265.00] RT: 18.10 SB: 101 15.46-17.86 NL: 1.46E2 212.2 95 90 85 120 115 80 110 75 105 70 100 95 65 192.0 90 Relative Abundance 85 Counts AV: 1 100 80 75 70 65 60 60 55 50 45 40 55 35 50 164.2 45 30 40 35 25 30 20 184.2 25 15 20 15 10 144.4 10 5 189.1 5 18.50 16.59 17.74 142.7 0 0 0 2 4 6 8 10 Time (min) 12 14 16 18 149.3 140 150 171.9 160.5 160 234.1 214.3 170 180 190 200 m/z 210 220 230 241.4 247.2 240 250 262.3 260 cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 212 RT: 0.00 - 20.00 SM: 5G NL: 1.55E2 m/z= 211.5-212.5 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 106.00-215.00] MS EI_Acry_62ppm_MSMS21 2_@1,1-1,3-1,5_0,3 18.10 150 140 EI_Acry_62ppm_MSMS212_@1,1-1,3-1,5_0,3 #406 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 106.00-215.00] RT: 18.10 AV: 1 SB: 84 15.55-17.46 NL: 1.53E3 164.1 100 95 90 130 85 120 80 192.2 75 110 100 65 90 60 Relative Abundance Counts 70 80 70 55 50 144.1 45 40 60 35 50 30 40 184.1 25 212.2 124.2 20 30 15 20 10 10 19.78 15.87 17.48 123.1 5 134.2 106.9 0 117.2 0 0 2 4 6 8 10 Time (min) 12 14 16 18 20 110 120 132.8 130 137.3 140 147.5 150 157.1 163.4 160 m/z 182.2 164.9 170 175.5 180 190.2 190 197.1 200 211.4 210 121 cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 192 RT: 0.00 - 20.00 SM: 5G 18.10 NL: 1.22E3 TIC F: + c SRM ms2 [email protected] [ 96.00-195.00] MS EI_Acry_62ppm_MSM S192_@1,1-1,31,5_0,3 1200 1150 1100 1050 EI_Acry_62ppm_MSMS192_@1,1-1,3-1,5_0,3 #412 F: + c SRM ms2 [email protected] [ 96.00-195.00] RT: 18.10 AV: 1 NL: 6.41E2 144.1 100 95 90 164.1 85 1000 950 80 900 75 850 70 124.2 800 65 Relative Abundance 750 Counts 700 650 600 550 500 60 55 50 45 40 450 35 400 30 350 300 25 250 20 200 123.1 15 150 18.33 15.43 10 17.70 100 117.1 134.2 5 50 0 0 0 2 4 6 8 10 Time (min) 12 14 16 18 114.2 98.1 102.0 100 110 120 163.2 137.2 133.2 119.2 130 145.1 140 154.2 150 192.2 166.0 179.1 182.0 162.2 160 170 186.5 180 190 m/z cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 184 RT: 0.00 - 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