Anno XXXIII, n. 1 RIVISTA DI STUDI ITALIANI Giugno 2015 5 PER

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Anno XXXIII, n. 1 RIVISTA DI STUDI ITALIANI Giugno 2015 5 PER
Anno XXXIII, n. 1
RIVISTA DI STUDI ITALIANI
Giugno 2015
PER IGNAZIO APOLLONI
L’INFINENTE INIZIO DI IGNAZIO APOLLONI
CARMEN DE STASIO
Brindisi
Vorrei potere aggiungere al firmamento un’altra stella.
(Ignazio Apolloni1)
Q
ual è il bisogno della cultura? La cultura è in sé bisogno, solo che non
sovviene sovente di spiegarlo. Non se ne avverte il bisogno, appunto. Un
gioco di parole – un luogo comune come luogo comune è ormai entrato
a gran titolo nel coacervo minerario di trame feticizzate dal parlar consueto e
per schemi di facile fruizione.
Altresì, quale sia il rapporto tra uomo e cultura potrebbe essere un secondo
schema riassuntivo per acclimatare alla ricerca del vivere il motivo dell’esistere
in vita.
Quesiti. Interrogazioni che l’uomo compone mediante il suo tracciato,
attraverso scelte immediate e mediamente consone a una convocazione delle
opportunità e che rientrano quindi nell’ordinario esistenziale. In tal senso suol
comportarsi la riflessione su chi ha investito nel tempo e nei pixel
esistenzientiuna conformità all’esser portatore di cultura. Un acculturarsi on the
roadnell’intento di conservare simboli e tracce affinché il costrutto sedimenti e
la struttura si rafforzi nelle sue parti. Incastro significativo a dar titolo a quanto
Roland Barthes definiva a proposito del lettore: non consumatore, ma
produttore del testo.
Non solo la gran parte del mondo ci appare sconosciuta, ma anche
insignificante2.
Produttore del suo testo esistenziale Ignazio Apolloni è fin nelle oscurità
ambientali delle realizzazioni letterarie – corrispondenza pluritematica per
esigenze prossime al significato di esistere e conciliare movimenti di esistenza
con coerente governabilità dei percorsi che definiscono la storia. Un
comportamento gravido di sostanza; sostanza essa stessa di contro alla tendenza
di evolvere secondo esperienze dettate da un sé individualizzato, ripiegato su
stanze chiuse in cui sedimenta lo stravizio del vivere egoistico.
1
Ignazio Apolloni, Vorrei, in “Desideri Impossibili” (inedito).
“The largest part of the world is not only unknown to us but mainly
meaningless”, Ignazio Apolloni, in Snapshots and Aphorisms (inedito).
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PER IGNAZIO APOLLONI
(…) l’uomo può optare di fronte a diverse ipotesi (tutte rappresentate
alla sua mente) e ben potrebbe spiegare perché alla fine è prevalsa questa
rispetto a quella. Con il che può affermarsi che tutte le azioni umane
sono il prodotto di una riflessione più o meno lunga ma che alla fine
trova il suo sbocco nella prevalenza della più vicina alla psiche quale si
è andata configurando3.
Non è questa cultura, né letteratura del vivere ‒ spesso lacerata come luogo
di affabulatoria congerie per spingere a lato la realtà. La letteratura apolloniana
risponde con un quid comprensivo di essenze e dilatazioni, emblemi e stimoli
verbali, che il lettore è libero di avvolgere e dilatare secondo sua maniera. Nulla
è consueto e anche là dove il termine appare riconoscibile nell’involucro
esterno, la semantica intima è deviata mediante una continua indagine che
illumina il ventre delle cose e delle vicende per assumere l’aura di una
rinnovata-rinnovabile-rinnovante maieutica.
Un tracciato memorante la figura di Ignazio mi è stato chiesto. Ecco,
dunque: perché le mie parole non siano affastellamento celebrativo e trovino
corrispondenza letturale tra i solchi della sua cultura esistenziale e letteraria,
decido di creare crocevia di luce tra alcuni miei saggi a lui dedicati (pubblicati
nel suo tempo di vita, nello stato di materia riconoscibile) e taluni tra i suoi testi.
Negli spazi vuoti il lettore avrà modo di inserire un terzo polo variabile. Se
stesso in forma di pensiero.
Per cominciare, non c’è niente di meglio che una poesia scritta nel cielo,
e l’idea che, per essere felici, tutti debbano leggerne uno o due versi4.
Per ben sognare occorre comprendere l’esistenza
A lume di candela – perché si era fatto tardi e noi dovevamo ritornare
alla base – l’accompagnammo nel suo rifugio e la deponemmo nella sua
alcova, mentre noi mestamente facevamo ritorno alla civiltà. Felici, ad
ogni modo, di aver vissuto un momento fantastico (calati come ci
eravamo dentro una fiaba), ed ora pronti ad attraversare la cortina di
fumo che spesso ci impedisce di vedere che accanto a noi c’è ancora
tutto un mondo da scoprire. Se solo chiudiamo gli occhi e cominciamo
a sognare5.
3
I. Apolloni, DNA, Palermo: Ed. Arianna, 2013, p. 33.
“Nothing is better to start with, than a poem written on the sky, followed by
the presumption that everybody, to be happy, should read a verse or two of it”,
I. Apolloni, Snapshots and Aphorisms, cit.
5
I. Apolloni, La Testuggine, in Favole e bubbole, Palermo: Ed. Arianna, 2008,
p. 85.
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Quando lo scrittore mette il punto all’ultima parola di un libro, la storia
contenuta assume l’aspetto di una vicenda trascorsa. Eppure, nell’immediato la
mente organizza un nuovo viaggio con un’aspettativa nuova. Dalla chiusura a
un nuovo inizio.
L’infinente inizio di Ignazio Apolloni
La cultura? Il conoscere? Una porta sempre aperta. Una condizione che
Ignazio Apolloni traduceva qualche tempo fa in
Vorrei che dopo lo zero ci fosse l’uno6.
Incuriosito dal vivere e dal piacere che la vita offre di dinamizzare la
conoscenza senza esclusioni, Ignazio Apolloni continua la sua strada. Sebbene
il corpo lo abbia abbandonato, il pensiero vive. Ne parlavamo spesso. E se
esistesse il DNA del pensiero?
Negli ultimi anni la sua sete di conoscere e creare nuove strutture di parolecultura aveva toccato la scienza. L’uomo e la misurazione delle condizioni
consentibili il passaggio alla grandezza per assestare quello che per lui resterà
lo scopo della vita: la transeunte fase verso l’avvicinamento al sapere.
Verso su volevo andare. Era un sogno da bambino. Poi però mi dissero
che c’era la forza di gravità e l’atmosfera pesante.
(…) Ma nessuno mi convinse che questa forza non si poteva vincere, e
che l’uomo non potesse volare libero nell’infinito7
La vie, le lire et l’écriture de vie
Da “Nel buio della notte a raccontar (di) stelle”8
Le printemps. Quel periodo della vita che sembra suggellare l’inizio di un
tempo. Un primo tempo. Che decide la progressione verso chissà quali
orizzonti. Che recalcitra come un puledro asfissiato dal desiderio di
concretizzare alla propria maniera la materia della sua esistenza.
Disarmante come un fantino a cavalcioni a tirar le briglie e divincolarsi dal
paesaggio per divenire tutt’uno con il suo puledro, Ignazio Apolloni stringe al
petto le briglie della sua immaginazione per diffondere una parola che sintetizza
e sincronizza i suoi spazi abissali nei quali nuota a bracciate ritmate una
6
I. Apolloni, Vorrei, in “Desideri impossibili”, cit.
I. Apolloni, Roma 1956, Palermo: Grafiche Flaccomio, 1988, p. 136.
8
Carmen De Stasio, “Nel buio della notte a raccontar (di) stelle” sul racconto
lungo Inizio e fine di primavera di Ignazio Apolloni, 2012.
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vegetazione forbita, sintomatica di un voler essere sé e ombra. Scia e nave.
Solco e terra.
L’azione di scrivere e pensare, arrovellarsi e discriminare su quanto valga o
su quanto sia superfluo si coglie da subito, fin dal momento in cui, nello
stendere una presunta biografia di un qualunque scugnizzo, egli altera
deliberatamente affinché padrona della scena sia quella traccia nobile di
curiosità-fantasia che ne ha da sempre connotato la verve; che nella giaculatoria
verbo-semantica e nella delicata ironia gli permettono di veleggiare lungo le
rotte sintomatiche del suo stile, difendendosi dai marosi delle asperità. O
facendosene testimone.
Non è questa conoscenza?
La memoria non è scrigno che imprigiona, ma una lente che permette di
scrutare in maniera diversa la dissoluzione della luce. È un astratto solido che
si può mutuare attraverso una rilettura in tappe diverse. Oppure una situazione
trasmigrata in ricordo in forma di cartolina. Una cartolina parlante che non
ripeterà la stessa storia. Non diventerà litania. Perché è storia e narrazione di
uomini, di emozioni. Di silenzi urlanti. E, ancora, curiosità dall’apparente stasi
che recalcitra come un puledro che vuole conoscere la sempre nuova primavera.
Quella che non ha fine e che vince sull’ingratitudine del tempo delle ore, dei
giorni, delle stagioni. Che vede primavera anche quando il buio oltre la finestra
ambisce a sovrastare con l’orrifico silenzio la stagione del sapere.
Sembra fosse scritto che un giorno una ragazza venuta da lontano a
rivedere le stelle … Non le metaforiche ma le reali: quelle che solo da
queste parti tuttora esistono. D’altronde, non era stata una stella, diciamo
più precisamente il sole, a segnare l’inizio del tempo, se non del mondo?
E chi potrebbe escludere che qui, ancora una volta ‒ sotto una volta
celeste che non ha l’eguale per purezza di spirito e limpidezza di
atmosfera – si ritornerà a segnare le ore della creazione?9
Da “La Filosofia Visiva nel reale di Ignazio Apolloni”10
Per sognare occorre comprendere l’esistenza.
Ignazio Apolloni ricorre a operazioni minimali per scoprire e dettare regole
che destinino l’uomo a riconoscersi nella conoscenza: le sue opere di scritturaimmagine, essenziali e dotate di caratteri territoriali, abbandonano la sacralità
verticale per misurare gli stati dell’uomo in relazione alle fasi di
9
I. Apolloni, Marrakech, Lecce: Ed. Piero Manni, 2006, pp. 304-305.
C. De Stasio, Estetica Generativa – I luoghi di Ignazio Apolloni, Palermo:
Ed. Arianna, 2014, p. 148.
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attraversamento della storia, finalizzate alla definizione delle storie, dei modi
di concepirle e dell’uomo stesso. Nella ricerca dell’essenzialità sintetica, egli
tralascia di curare gli effetti e le rocambolesche e prevedibili riflessioni
successive, che sovvertirebbero, talora, l’intenzione, la cui base è nel principio
di pitagorica geografia dell’umana esperienza, contenitiva di arti visive,
descrittive, tattili, esperienziali.
La dinamica metropoli, cui la cultura di Apolloni attiene, vanifica così la
precarietà. Rimedia agli spazi intermedi abbandonati dal gelo dell’indifferenza
e della noncuranza per esportare le avventure e generare colonie urbane, che si
distanzino dalla vanità di sentirsi straniero e ricerchino tra la folla le strettoie di
se stesso, dell’avventura. In questo modo ogni stanza del suo luogo diviene
clima di conoscenza e di scienza. Ciascun anfratto o pertugio un’occasione di
struttura storica. Artista della voce distante dal vocio stridente.
All’inizio fu uno studio. Scrivevo silenzi, notti, annotavo
l’inesprimibile. Fissavo vertigini11.
Nella medialità del fronte è il riflessivo narrativo di Apolloni ‒ significativo
di oculata investigazione-esplorazione per sconfinare oltre il muro della
parcellizzazione intellettuale e quanto possa apparire fittizio, evasivo.
Nel reale vivente egli svolge l’esplorazione-implementazione ed è sempre
qui che staglia il territorio che, anche in forma astratta o surreale, assume
l’illusione nell’aspetto positivo di trampolino di conoscenza e teorizzazione in
un contesto mai casuale, che svolge un compito arduo ma necessario per
educare il luogo alla ricerca proteiforme e nelle forme variabili ‒ anello di
congiunzione tra parola-verbo e scrittura-immagine.
Nel rendere merito al partir pour partir tanto caro a Baudelaire, Apolloni
gestisce la vita come occasione per orientarsi nello spaesamento iniziale. Sta
forse in questo la virtus che permette a ogni luogo di assurgere a meta di un
(meta)viaggio in continua ripresa, in attesa di predisporre un piano di
confluenza delle caratteristiche a sostegno di una sostanza sintropica, in un
circolo del quale siano parte interattiva gli occhi per vedere e saper vedere e
pensieri consapevoli di non poter accedere a conoscenze scomposte; attivi nella
capacità di appercepire verità minime gravitanti a partire da un punto.
La storia rende merito all’uomo, ma è la lettura erronea e individualista
a generare la catastrofe12.
11
A. Rimbaud, Una stagione all’inferno (1872), Roma: Newton, 1995, p. 57.
C. De Stasio, “Nel corno di luce le rose, le stelle” … in appendice a Niusia
(II ed.) di I. Apolloni, Palermo: Ed. Arianna, 2012, p. 223.
9
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PER IGNAZIO APOLLONI
È ancora una volta in un’assenza che si evidenzia il carattere etico della
scrittura di Apolloni, il quale devia con brillante humour per osare la virtù
taumaturgica della parola.
Nel reale apolloniano l’alterazione nella narrativa avviene con variazioni
che agiscono nel fondo del lessico, delle esclamazioni, delle interiezioni, degli
spostamenti, quali universi autonomi che offrono un’immagine gravida di
complessità e completa di convergenze psico-analitiche e descrittive. In esso la
parola rinnova l’aspetto di apertura; mantiene la supremazia di habitat, nel
quale l’autore oscilla volutamente modificando prospettiva all’interno di spazi
geograficamente definibili, ma entro i quali è la sua consapevolezza culturale a
disporre contesti e a confidare nella loro perfettibile direzionalità.
(…)
Anni di luce seguiranno
a gonfiare sempre più
il mio corpo di luce
nello spazio13
L’antiromanzo apolloniano sfugge alla natura logicizzata, temporalizzata,
spazializzata, nella quale luoghi e cronologie d’archivio si susseguono
stabilendosi come inatteso vivente.
La musica suonava, muoveva l’aria, e con l’aria m’arrivavano i
pensieri14.
La scrittura disinvolta, tracciata all’esterno, talora si aggroviglia
accogliendo percezioni in uno scrigno che man mano prende la forma di nautilo
nell’abbraccio con gli opposti apparenti.
Ciò che stupisce è la rappresentazione di una sinestesia capitalizzante quale
meditativo storico della Singlossia. Non assurga a postulato la conclusività dei
percorsi, poiché nella Singlossia la contemporaneità sensibile, emozionale e
comunicazionale si conforta del volo oscillante verticale e vorticoso della
storia. La metafisica tempi-spazi subisce alternanze e sobbalzi nel tono e
nell’argomentazione, nelle accennate spiegazioni. In tutto questo l’espressione
di Apolloni risulta uno schema per assi cartesiani in cui il do e il des
corrispondono a incisioni orizzontali e scalfitture verticali, che squarciano con
una definitività inesauribile in potenziale cambiamento.
13
I. Apolloni, Anni di luce, in “La Grandezza dell’Uomo”, in Antigruppo 73,
Palermo: Giuseppe Di Maria Editore, 1973, p. 18.
14
I. Apolloni, Roma 1956, Palermo: Edizioni Intergruppo ‒ Singlossie, 1988,
p. 131.
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Esiste un rapporto proteiforme tra rappresentazione e manifestazione del
linguaggio nella scrittura di Apolloni: in quest’ottica gli elementi costitutivi
sono immagini in grado di esporsi nell’associabilità delle parole. Appare in una
logica
personale,
dunque,
la
valenzialità
euristico-funzionale
all’interpretazione o all’interpretabilità dei concetti. Ciò colloca la funzione
epistemologica dell’immaginario apolloniano legittimato nell’organizzazione
complessa di una parola che parla da sé.
Una trama sotterranea unisce soggetto, verbo, oggetto in un’immagine che
elimina le distribuzioni eccentricizzanti, perché possa quindi essere suggellato
un pensiero pensante in una parola parlante. In un oggetto-azione che è
qualificante altresì per l’elemento grafico ‒ forma dell’orientamento
intenzionale dell’autore-artista, il quale supera la visione reale, enuclea
contenuti concettuali e sensoriali in una geometrica semantica comprensiva di
luce e cromia. In esso il Comeapolloniano è linea astrale per una neoarchitettura ipostatica che distorce senza aggrovigliare. Un gyre (struttura
dinamica del processo vitale secondo W. B. Yeats); un’action painting in forma
evolutiva anti-monolineare, che contrasta – mediante la parola parlantepensata-pensante ‒ la grettezza prospettica di un’aggettivazione spicciola.
Vocato alla spazialità, Apolloni registra scosse che scuotono la superficie
terrestre fin nelle profondità, così che i temporibus illis come onde tese si
presentano in deduzione nel medesimo aspetto narrativo, con il sostegno di un
pensiero divergente quale connettivo semantico a dare colore e movimento allo
sviluppo degli eventi (la pesantezza delle abitudini che toglie spazio alla vera
vita), tanto che anche la presumibile conclusione paradossalmente appare più
fittizia che non la verità, come un film esensteniano che racconti di iperreale,
di distribuzione delle utopie.
È nell’attività che si disciplina il quadro di coerenze. All’azione pragmatica
della semantica associativa apolloniana coincide la significazione immediata
con esempi illuminanti e derivanti dall’uso di un linguaggio prosillogico basato
su strategie lessicali e sintattiche, affinché nella contemporaneità del tempo
sussista la razionalità dei sensi wittgensteiniana, che riporti alla struttura
naturale l’indagine e gli strumenti di forme di vita in grado di colloquiare con
l’effervescenza di una razionale, multiforme combinazione verificabile. Nel
filtrare accadimenti e assumerne la natura intrinseca, Ignazio Apolloni
s’immerge nell’assurdo dell’essere quale unica via di conoscenza, poiché le
dimensioni non sono dissonanti e, come già più volte asserito, non è realtà
quella che esclude le situazioni delle quali l’uomo sia protagonista. Reale e
irreale possono inizialmente sovrapporsi, ma nella dominante logica
apolloniana giungono a un compromesso che, nell’assorbimento reciproco,
rispetta le caratteristiche essenziali confidando in un valore aumentativocostruttivo di dati da inserire in un processo simbiotico obiettivo-strategia.
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PER IGNAZIO APOLLONI
A tutti gli scrittori di cose (che sarebbero più) belle (se imparassero a
vederle graficamente prima ancora di dirle)15.
La parola storica neo-strutturata da Apolloni giustifica dunque un’ellisse,
nella quale le vicende si sostengono con scarti, ingerenze e flussi continui di
una conoscenza quale processo performativo di raccordi, di congiungimenti, di
affievolimento delle estraneità e sostanziale coerenza con fasi di apprendimento
e perfezionamento delle coincidenze, rivelativo di una scienza–laboratorio
mobile, che riprende il filo parlato del cogito cartesiano in un teorema
matematico, i cui elementi elementari conservino l’impalcatura.
Arte longeva quella che resiste al tempo anche quando sia pieno di
intemperie16.
Da “La vitalità immaginante nei Libri d’artista di Ignazio Apolloni”17
L’arte-cultura (arte corrispondente a coltivazione della mente sociale e
socializzata) è modo d’essere che impedisce alla dissociativa monodirezionalità
del punto visuale di fustigare il nutrimento della ricerca in un già visto. La
vitalità immaginante sopperisce a tutto ciò con il ridisegno di una realtà
esistente ma non-conformata. Guida lo sguardo. Dinamizza il movimento.
Questo lo stile di Ignazio Apolloni – artista-narratore di percorrenze
immaginario-storiche.
Apolloni inquadra nella dimensionalità lineare periodica o nel frangente
tutto quanto abbia ramificazioni nella storicità esistenziale. Entra in sintonia
con le cose e con loro affronta il progressing in una forma stroboscopica
equivalente alla sostituzione intrinsecante di realtà micro-tissutali.
Sperimentatore fin dalle prime fasi, configura lo scenario della parola
sintomatica di un credo intellettuale che mai perde energia e colloca il libro a
emblema di civiltà = attitudine + convivenza.
Ciascun libro d’arte è situazione. Assume le sembianze o le ricorrenze del
soggetto nella sua attualità percettivo-esperienziale e le vicende del territorio,
con le quali si pone in confronto-relazione per favorire il veicolamento dalla
singola alla complessa disciplinarietà di interventi dedicati alla riflessione
intorno all’uomo e al suo divenire.
Nel porsi oltre/intra, l’azione artistica di Apolloni conduce da sé la
determinazione di nuovi cammini esegetici, rispondendo a impedimenti
15
I. Apolloni, Roma 1956, cit., p. 1.
I. Apolloni, “Tautologie ‒ riflessioni sull’Arte”, in I Linguaggi della
Sperimentazione, a cura di C. De Stasio, Brindisi: ESSENNE, 2014, p. 8.
17
C. De Stasio, Estetica Generativa – I luoghi di Ignazio Apolloni, cit., p.
215.
12
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PER IGNAZIO APOLLONI
(esteriori o dettati dal sé allusivo) con un’espressione mediata
dall’implementazione scientifica di arte in quanto dotazione logico-organicosimbolista di nuova specie. Di fatto, nell’introduzione di elementi per
soddisfare un’impalcatura architettonica variabile, egli ricorre alla progressività
dell’azione futuribile in coerenza con una grammatica basata su regole di
metropolizzazione della conoscenza di contrasto alla chiusura in una periferia
opacizzata dalla furente luce di un centro nostalgico, isolato. E impoverisca. Si
tratta di un modo definibile all’interno di una concezione olistica, per la quale
il libro viene a tramutarsi in opera d’arte – ambiente (…). Intraducibile per la
sinteticità del significato, motion building potrebbe corrispondere a
Cineramografia ‒ fitta trama di un tour autour de, una recherche che scalfisca
muri e manifesti dall’impossibile e consenta di riconoscere nell’avventura un
vero e proprio viaggio nel mondo. A ben ragione, dunque, si può asserire che le
realizzazioni di Apolloni si concilino con la struttura di parole inclusive di una
realtà formulata per segni, forma e disegno, nella misura di versanti che
propongono il disegno come rappresentazione fisica della parola-pensiero; il
segno come azione combinatoria del movimento narrativo (la forma), attraverso
parole di significazione attiva, pronta a traslare per campi divisionali (non
riduttivi) fino alla totalità sinfonica del libro. Nel libro-opera d’arte si
concentrano, quindi, l’intenzione, l’avventura, i sintagmi significativi per sé,
ma ancor più determinanti a comprendere l’intensità culturale che una tale
struttura riesca ad esortare quale congegno assorbirumori (appendice ultratemporale all’intonarumori russoliano).
Insofferente alla cementificazione intellettiva, con misurato stile outspoken
Apolloni lavora sulla materia e s’inoltra nella materia per superare quella che
in Niusia definisce la noia degli spazi vuoti.
Nel libro apolloniano le parole sono abitazioni, antropomorfiche dimensioni
legate alla logica che anima il territorio costruito. In questo ravviso la scelta di
un obiettivo quale meta e (al suo interno) e meta-concepimento di una
quadridimensionalità cubista rarefatta, in attesa che la ragione veda nella notte
degli sguardi perduti e nella monotonia del vivere per visioni immediate.
Ancora una motion building, potenziata da carattere semiografico.
Tutto questo consolida l’integrità di un artista in grado di comporre universi
a partire dalle geometricità geografiche del reale; abile nell’insistere su
un’illimitata azione ragionata che affronti luoghi con le cromaticità di
un’immaginazione che supera sempre se stessa.
Cosa dirle che non fossero solo parole e come darle la sicurezza che
cercava lei e il suo popolo tante volte violentato, sottomesso o
catechizzato? eppure, le dicevo e lei mi stava a sentire, doveva pur
esserci un modo di vivere con gli altri conservando la propria
13
PER IGNAZIO APOLLONI
individualità, dividendo con gli altri sudore, lacrime e pane, e trovando
nella propria fede il plasma della vita. E qui mi abbandonavo a
fantastiche visioni di rigenerazione dell’uomo con studi fisici, metafisici
ed astrofisici che contandone le parti e scegliendone soltanto quelle
buone mescolandole insieme con prove in provette polle ed alambicchi
ed arricchendole con plasma e globuli rossi e soltanto quelli
permettessero di farli su misura con spilli mollette e fili di raso da
tagliare e scucire soltanto a controllo effettuato18.
Da Niusia ‒ L’eugenetica della storia19
In antitesi a tutte le forme di sopraffazione, s’instaura una cooperazione dei
cinque sensi con una voce che esplora e alimenta il contesto, lo trasforma in
ambiente per una scrittura a descrizione grafica9. L’azione si sviluppa in
maniera simpatetica con il coinvolgimento tanto dell’emisfero logico metodico
organizzativo e pragmatico, quanto di quello creativo-simultaneo e ricercativoanalitico. In altri termini, sia la porzione attentiva che quella estensiva
configurano nella descrizione grafica un rinnovato corpo di informazioni
suscettibili d’essere indagate e che, quindi, poiché riferibili a fatti concreti, si
concretizzano in un sistema significativo diconoscenze in una geometria
spazio-cosciente non euclidea, costruita nella trasparenza delle parole.
Nella scrittura senza ritorni la compatibilità singlossica appare nella sua
interezza, con un’espressione ultra/meta–esistenziale che talora supera il
realismo sociale. La vita è ricca di risorse ma si basa spesso su posizioni labili
assunte aposteriori come campo d’internamento d’umanità. Eppure
la fissità delle stelle non era più un fatto scontato21
in un mondo che, nel dissolvere le sue immagini d’integralità, non s’accorge di
dare inizio all’interruzione del corso della storia.
Assenza nel corpo. Vitalità del pensiero20
18
I. Apolloni, Niusia, Palermo: Ed. Arianna, 2a ed., 2012, p. 109, (1a ed.
Palermo: Antigruppo, 1976).
19
C. De Stasio, Prefazione a Niusia (3a edizione inedita).
20
C. De Stasio, “Dedicato a Ignazio Apolloni – Assenza nel corpo. Vitalità del
pensiero”, in La Battana ‒ Rivista di cultura, n. 195, Fiume – Croazia,
gennaio-marzo, 2015, pp. 23-30.
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PER IGNAZIO APOLLONI
Lontano, molto lontano dal luogo dove questa terza parte del racconto si
sta svolgendo andavano intanto maturando avvenimenti destinati ad
incidere profondamente sulla vita di Gilberte21.
E dunque, cos’è la cultura, se non un piacere che si dissocia dal
conseguimento ottico per iconica visualizzazione della pagina per penetrare
l’occhio, e da lì risalire alle parti organico-mentali perché la miscela sia
rilucenza totale.
Vorrei riuscire sempre a dare la risposta giusta22.
Poi se n’è andato. Il 26 febbraio, ore 23,30.
Traslato in una diversa dimensione. Presente e Infinente.
Cosa valutare ai fini di un compendio logico-tematico della traccia segnata
da Ignazio Apolloni?
Innanzitutto, la riappropriazione dei codici del libero arbitrio, esaminati sul
versante degli scenari culturali nei loro presenti, in una simbiosi fatta
d’intuizione, memoria, procedimenti d’indagine a tema e, fondamentale, tutta
la gamma di esperienze letterarie, stilistiche, cultural-esperienziali che danno
consistenza all’itinerario di saggezza con una lealtà che scavalca il tempo e le
azioni:
(…) Noi dunque dell’Intergruppo, se vogliamo essere produttori di
cultura (…) dobbiamo saper leggere razionalmente fuori di noi, sapendo
però che rileggendo il tutto irrazionalmente dentro di noi, aggiungendo
cioè la componente onirica del sapere, potremo avvolgere di bello e
“stupefacente” le nostre convinzioni politiche e sociali, filosofiche e
ideologiche23.
In esame è, pertanto, la gestione della conoscenza nel suo onnicentrico
saper conoscere e portarsi a conoscere, che lo stesso Apolloni traduceva
qualche anno fa con un sintetico ed evocativo
Vorrei poter saltare da una costellazione all’altra senza cadere nel
vuoto24.
21
I. Apolloni, Gilberte, Palermo: Ed. Novecento, 1994, p. 345.
I. Apolloni, Vorrei, in Desideri impossibili, cit.
23
I. Apolloni, “Né negri né bianchi”, scritto in occasione della conferenza
tenutasi a Tione di Trento, 6.8.1977.
24
I. Apolloni, Vorrei, in Desideri impossibili, cit.
15
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PER IGNAZIO APOLLONI
Emerge così l’immagine di quello che U. Spirito chiama cervello composito
quale orizzonte della scienza per raggiungere una nuova conseguente
autocoscienza. Il ruolo della scienza è insostituibile ed è oltre il pensiero stesso.
Nel caso di Apolloni si potrebbe dire sia la modalità particolare di pensiero a
condurlo verso la scienza e che si rivolga all’uomo nella fase di risveglio dalla
lunga infanzia, nel corso della quale è finito nella trappola ambientale ridotta a
specchio di sé.
Non è difficile essere grande. Basta comprare una corona e avere
qualcuno disposto a sistemartela sulla testa25.
Nel rappresentarsi come ingegno futurista, Apolloni dà vita ad un
adattamento meditativo che confronta tutto ciò che viene cromatizzato dalla
fantasia attiva, da un’immaginazione che molto deve ad una percentuale
genetica, e che soddisfa un’educazione concepita attraverso l’ambiente che il
soggetto costruisce di volta in volta per sé, inerendo meccanismi per accedere
ad una mutua compensazione derivante dall’ambiente e fertile per l’ambiente
stesso.
Qualsiasi ambito si consideri – artistico, ingegneristico, istruzionale,
eccetera – l’intelletto agisce secondo una campionatura di funzionalità che non
è secondaria a nulla, ma anzi agisce di pari passo alla maniera individuale, che
sarà più o meno libera, disinvolta, impegnata, coinvolta, determinata, quanto
più sarà compensata con la consapevolezza di sfruttare anche gli ostacoli, le
intervenienze come consolidanti impalcature da cui partire per congelare o
trarre vantaggio per una prospettiva aniconica delle angolazioni (sia interne che
esterne) congiunte in un’azione comune propulsiva.
È quasi buio. In casa si accendono le luci. Una lampadina però è spenta
sicché si impone sostituirla in quanto guasta o avvitarla. A operazione
finita anche questa si accende.
Ricordandosi che nei fumetti una lampadina repentinamente accesa è
segno di idea sopravvenuta, Luna dice al coniglietto:
“Lo sai che ad accendere la lampadina è stata una mia idea?”
Tobia fa finta di crederci, poi ci prova pure lui ma non ci riesce perché
tutte quante le luci ora sono in perfette condizioni. Si convince pertanto
25
I. Apolloni, “To be great is not so difficult. It is sufficient to buy a crown and
have someone put it on your head”, in Snapshots and Aphorisms, cit.
16
PER IGNAZIO APOLLONI
che a lui mancano le idee26.
È una maniera che riconosco a Ignazio Apolloni nel particolare modo di
concepire soluzioni di pensiero costantemente modificato e potenziato. È la
gradualità a evitare l’alterazione e quindi la dispersione del pensiero. Vale a
dire: sarebbe improponibile, nell’oggi dell’avanzamento del sapere, reiterare
affermazioni relative a un tempo-spazio e a uno Zeitgeist universalmente
validato.
I miei romanzi non appartengono al genere pop, in voga negli anni
trascorsi influenzati dal talento di alcuni autori americani. Sono semmai
pregni d’ironia quale antidoto all’assuefazione, alla consuetudine inerte.
Sul piano formale sono il frutto di una elaborazione attenta a non negare
il senso ma anzi a porlo in luce per farne esaltare consistenza e valore.
Appartengono sicuramente alla nuova Nouvelle Vague, senza rimpianti
per la caducità che ha travolto quella meravigliosa esperienza.
(…) Si direbbe dunque una letteratura di invenzione per brani, capitoli,
estemporanee disgregazioni e riprese del soggetto o dell’io narrante.
Mai l’effimero però e semmai la ricerca del duraturo, del possibile eterno
come valore del narrare ed esserci o esserci stati27.
A conferma della valenzialità del plurium derivante dall’affidabilità del
simultaneo valore spazio-tempo dal punto di concezione del soggetto, la scienza
si convalida nell’analiticità di tutti quelli che Russell chiama eventi, dalla cui
problematizzazione costruttiva, architettonica, matematica, discende
l’occasione di azzerare la clonazione degli eventi stessi e non solo del singolo
individuo. Insomma, una cura per agevolare il progetto intorno alla
strutturazione coesa della grandezza dell’uomo.
(…) Parlano piuttosto di desideri e ansie di ricerca sul possibile dopo,
quando cioè l’uomo si sarà seduto sul trono dell’Universo, epperò
intanto cercano e coltivano la saggezza.
(…) Ad ogni modo, la letteratura è inesauribile. Continuerà a produrre
miti nei quali identificarsi o ideologizzare i propri e gli altrui
comportamenti. Non ci sarà da stupirsi se di tanto in tanto apparirà un
nuovo astro all’orizzonte, così come continua ad avvenire in natura28.
26
I. Apolloni, A Tobia mancano le idee, in Il coniglietto di Luna, Palermo: Ed.
Arianna, 2010, p. 97.
27
I. Apolloni, “La mia poetica”, in Eco dei Monti, 8 gennaio 2014.
28
I. Apolloni, “La mia poetica”, cit.
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PER IGNAZIO APOLLONI
ELENCO IN ORDINE CRONOLOGICO DELLE OPERE EDITE DI
IGNAZIO APOLLONI:
La Grandezza dell’Uomo, in Antigruppo 73, Palermo: Giuseppe Di Maria
Editore, 1973.
Niusia, Palermo: Edizioni Antigruppo, 1976.
Sketch poesie XX Settembre 1870 – 31 Dicembre 1979, Palermo: Edizioni
Intergruppo, 1980.
Tra il dire e il mare c’è di mezzo la poesia, Palermo: Tip. Lo Piccolo, 1981.
Poesie impossibili, Palermo: O. G. M. Soc. Coop. a.r.l., 1983.
Lavoro poetico su una locuzione avverbiale, Palermo: Graf. Flaccomio,
1986.
Roma 1956, Palermo: Edizioni Intergruppo-Singlossie, 1988.
Capellino, Palermo: Edizioni Intergruppo-Singlossie, 1991.
Isnello, Catalogo corredato da testi di Ignazio Apolloni, Castelbuono (PA):
Ugoflandina, 1993.
Gilberte, Palermo: Novecento, 1995.
Singlossie 1979-1996, Palermo: Novecento, 1997.
Racconti patafisici e pantagruelici, Lecce: Manni, 2000.
Dalla parte del mare, Lecce: Manni, 2001.
Favole per adulti, Palermo: Edizioni Intergruppo-Flaccomio, 2003.
New York allucinogeni e merletti, Lecce: Manni, 2003.
Il golfino celeste a maglie larghe, Trapani: Coppola, 2005.
L’amour ne passe pas, Trapani: Coppola, 2005.
Marrakech, Lecce: Manni, 2006.
Favolette, Nardò (LE): Besa, 2007.
Lettres d’amour à moi même, Trapani: Coppola, 2007
L’America vista dalla stratosfera, Trapani: Coppola, 2007.
Lady Macbeth, Trapani: Coppola, 2008.
Favole e Bubbole, Palermo: Edizioni Arianna, 2009.
Voyage autour de la femme, Trapani: Coppola, 2010.
Il coniglietto di Luna, Palermo: Edizioni Arianna, 2010.
Siberia, Palermo: Edizioni Arianna, 2010.
Storia dell’uovo d’oro, Palermo: Edizioni Arianna, 2011.
Niusia, Palermo: Edizioni Arianna, 2a ed., 2012.
Pensieri Minimi e Massimi Sistemi, Palermo: Edizioni Arianna, 2012.
Racconti cinematici e cinematografici, Palermo: Edizioni Arianna, 2013.
DNA, Palermo: Edizioni Arianna, 2013.
Detective Stories, Palermo: Edizioni Arianna, 2014.
Racconti surreali, Palermo: Edizioni Arianna, 2014.
Da Parigi all’Isola d’Elba, Palermo: Edizioni Arianna, 2014.
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