Numero 7°/2016 Termini revisionali in ambito INAIL e la scienza

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Numero 7°/2016 Termini revisionali in ambito INAIL e la scienza
Numero 7°/2016
Termini revisionali in ambito INAIL e la scienza medica
I tempi revisionali seguono le indicazioni della scienza medico-legale basate su rilievi
sanitari e statistici come sempre affermato dalla Corte Costituzionale o sono solo il
frutto di applicazione letterale della norma?
“L’errore non diventa verità solo perché si propaga e si moltiplica.
E la verità non diventa errore solo perché nessuno la vede”. Gandhi
Adriano Ossicini
Docente di Medicina Legale Corso Laurea T.P.A.L. , già Sovrintendete Medico Generale Inail
RIASSUNTO
I tempi massimi stabiliti per l’osservazione delle modifiche da prendere in considerazione
per la revisione - art.83 del T.U. n.1124/1965 dieci anni per gli infortuni, e art.137 quindici
anni per le malattie professionali- sono stati desunti dalla scienza medica in base ai dati di
rilievo sanitario e statistico e la loro differenza risiede nelle indicazioni della scienza
medico-legale.
Secondo giurisprudenza costante - Costituzionale e di Cassazione – che ha sempre ribadito
tutto ciò, si ritiene che, con presunzione di diritto, le variazioni nello stato di inabilità
permanente verificatesi dopo dette scadenze, fissate dalla scienza medica, non possono
essere più riferibili, con certezza, all'evento originario ed il punto limite é costituito,
quindi, dalle modifiche entro detto periodo.
In realtà, causa la cangiante giurisprudenza nel tempo, ai fini applicativi delle norma, sul
concetto di “data costituzione di rendita”, di
“data di manifestazione di malattia
professionale” e di “data di decorrenza di costituzione di rendita unica” di detti termini
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massimi si è fatto strame, ed appaiono in molti casi del tutto scollegati da un meccanismo
causa ed effetto e contraddicono il rilievo sanitario e statistico, e le previsioni della scienza
medico-legale.
Introduzione
E' noto che in base all'art.83 del T.U. n.1124/1965 i termini revisionali sono fissati in dieci
anni per gli infortuni ed in quindici anni per le malattie professionali in base all'art.137; la
dottrina medico legale, nel tempo, ha sempre ritenuto validi sia la durata di detti termini
che la loro diversità, tanto che in base a tale statuizione la giurisprudenza in maniera
costante ritiene,
con presunzione di diritto, che le variazioni nello stato di inabilità
permanente verificatesi dopo dette scadenze non possono essere più riferibili, con certezza,
all'evento originario ed il punto limite é costituito, quindi, dall'aggravamento entro detto
periodo.
A supporto di questi termini si è espressa puntualmente la Corte Costituzionale, sia per gli
infortuni che per le malattie professionale asserendo nel primo caso che "Tale termine, del
resto, é fissato sulla base dell'esperienza sanitaria secondo cui, in genere, nell'indicato
periodo massimo di tempo i postumi dell'infortunio si assestano in senso immodificabile, e
quindi su esclusive basi di carattere scientifico. E la presunzione di immodificabilità dei
postumi appare collegata ad un periodo di tempo, la cui ampiezza é tale da far
fondatamente ritenere che allo scadere del termine almeno nella grande maggioranza dei
casi, le conseguenze dell'infortunio si siano definitivamente consolidate, anche per quanto
riguarda la misura dell'inabilità..... La fissazione di quel tempo in dieci anni dalla
costituzione della rendita e non in un periodo diverso, non costituisce il risultato di una
mera scelta, arbitraria o ingiustificata; oltre che rispondere al bisogno di certezza dei
rapporti giuridici, ha riscontro nel dato di rilievo sanitario e statistico, secondo cui, nella
grande maggioranza dei casi, entro il decennio dalla costituzione della rendita, le
condizioni dell'infortunato si stabilizzano e la misura dell'inabilità raggiunge il più alto
livello."1
1
Sentenza Corte Costituzionale n.80/1971, n.358/1991
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Nel secondo caso, malattie professionali, analogamente la stessa Corte Costituzionale si è
espressa affermando che: "Parimenti il legislatore si è basato su analoghi dati statisticosanitari per stabilire il quindicennio come misura di stabilizzazione degli esiti invalidanti
delle malattie professionali.
Finché le acquisizioni della osservazione scientifica sull'id quod plerumque accidit in
materia di invalidità da infortunio e da malattia professionale resteranno invariate, la
diversità dei due termini temporali non sarà censurabile né sotto il profilo della
irrazionale disparità di trattamento, in violazione dei principi di ragionevolezza e di
quello di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, né sotto quello della incongrua
attuazione legislativa del precetto di cui all'art. 38 della Costituzione"2.
La Corte Costituzionale da sempre, quindi,
ha tenuto tale posizione ed alla fine
univocamente dottrina e giurisprudenza hanno concluso che con riferimento alle tre diverse
fattispecie –art.83, art.137, art.146, che “La giustificazioni dei termini differenti risiede
nelle indicazioni della scienza medico-legale sulla diversa misura temporale richiesta per
la stabilizzazione dei postumi negli infortuni, nelle malattie professionale e nella silicosi
ed asbestosi”3
Ciò detto, il tutto sembrerebbe semplice, ed i tempi massimi stabiliti per l’osservazione
dei cambiamenti, così come fissati dalla scienza medica, e codificati dalla norma siano un
punto fermo; vedremo invece che in concreto non è così, e che la "scienza medico-legale"
che è stata di supporto per tali puntuali indicazioni temporali, viene by-passata da una
applicazione dell’interpretazione della norma come scaturita nel tempo, sino a giungere a
difficoltà applicative della stessa in certe situazioni se non correttamente approcciate.
Per comprendere meglio tutto ciò è necessario fare un piccolo un passo indietro, e partire
dal senso, o meglio dal significato e della funzione, della revisione inizialmente prevista
dall'art.25 dal R.D. 1765/1935 per poi giungere con quanto stabilito dall'art.83 del T.U.
n.1124/1965.
Istituto della revisione
2
Sentenza Corte Costituzionale n.228/1987
3
Sentenza Corte di Cassazione n.27425/2005
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L’istituto delle revisione, che era previsto solo entro due anni nel T.U. del 1904 con grosse
limitazioni, trovò un adeguata sistemazione nell’art.25 del R.D. 1765/1935, tanto che i
primi quattro comma dell’art.83 del T.U. del 1965 sono identici ai comma di detto articolo.
Orbene nel tempo la dizione letterale del primo comma dell’art.25 “La misura della
rendita di invalidità può essere riveduta…”, aveva dato origine a discussioni interpretative
su quale fosse il riferimento specifico; una corrente di pensiero in un primo momento,
anche della giurisprudenza, si era espressa nel senso che tale formulazione doveva essere
riferita esclusivamente ai soggetti che già beneficiavano di rendita e non a soggetti cui, al
termine della trattazione, non erano stati riconosciuti postumi o tali postumi non avessero
raggiunto il minimo indennizzabile, ma tale posizione venne poi scalzata da una diversa
esegesi, sia della giurisprudenza che dalla dottrina, fino a ricomprendere, nella procedura
revisionale, anche dette fattispecie non in rendita.
L’Alibrandi, nel suo famoso trattato che ha avuto numerose edizioni nei decenni, ed in
specifiche pubblicazioni ancor prima del T.U. n.1124/1965 faceva presente che “..anche
la giurisprudenza, dopo iniziali incertezze e perplessità, è costante nel senso di ritenere
che la locuzione “titolare di rendita” non vada inteso in senso letterale, limitata cioè alla
persona che in atto gode della rendita ma vada riferita alla titolarità potenziale del diritto
alla rendita” 4, sino a concretizzarsi nel concetto di costituzione di rendita negativa da cui
poter far decorrere il potere revisionale.
ll concetto di rendita "negativa" ebbe luogo, quindi, sotto la vigenza del R.D. 17 agosto
1935 n.1765 - che prevedeva “teoricamente” come asse del sistema di revisione una rendita
effettivamente corrisposta - sul presupposto che per una “formula legislativa meno ampia
del pensiero, tale concetto servì per riconoscere all'assicurato - vittima di un infortunio
ma con inabilità inidonea alla rendita - la possibilità di usufruire della revisione, dalla
quale altrimenti, sulla base di un'interpretazione strettamente ‘dichiarativa’, sarebbe
rimasto escluso”.5
4
G. Alibrandi “Sulla titolarità del diritto a chiedere la revisione della rendita ai sensi dell’art.25 R.D.1765/35 Riv.
Inf.mal.prof. 1954, II, 299
5
(V. Cass. n.2685 del 1963).
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Al fine di evitare vuoti normativi di tutela, e non dare spazio alle interpretazioni fu
aggiunto dal Legislatore il comma 8 nell’articolo 83, del T.U. 1965, allo scopo di
consentire la revisione per aggravamento delle condizioni fisiche dell'assicurato, dichiarato
guarito senza postumi ovvero non raggiungenti il minimo per l'indennizzabilità della
rendita, e successivamente il
comma 4 nell’art.13 D.lgs 38/2000, per consentire la
revisione anche in caso di aggravamento in soggetto che aveva avuto un indennizzo in
capitale.
Non posso che concordare, viste le mie successive considerazioni, con quanto sostenne a
suo tempo l’Alibrandi all’indomani della pubblicazione del nuovo testo, in merito alla
revisione per aggravamento che “L’art.83, 8°c., ha codificato tale orientamento
riconoscendo esplicitamente all’assicurato, seppur con formula per taluni aspetti non
molto felice, anche in tale ipotesi, il diritto di chiedere la revisione per aggravamento”
Costruzione dell’art.83 e, poi, dell’art.13, comma 4.
Il legislatore che poteva limitarsi ad integrare l’originario articolo 25 del R.D. 1765/1935
inserendo in un unicum l’intero ventaglio delle possibilità, ha invece ritenuto di inserire le
diverse situazioni (in rendita, non in rendita) in due comma diversi creando, a nostro
avviso senza volerlo, un periodo di “osservazione” ulteriore non coerente con i principi di
una possibile evoluzione di una situazione clinica così come ipotizzata dalla scienza
medica, e poi la giurisprudenza ha ulteriormente complicato l’applicazione con una
interpretazione cangiante nel tempo del concetto cui riferirsi per la “data” di “costituzione
di rendita” e di “manifestazione di malattia professionale”
Nell’art.83 primo comma si afferma, identico nell’art.25 del R.D. 1765/1935, che "La
misura della rendita di inabilità può essere riveduta..",
nei successivi commi viene
esplicitato che la revisione può essere fatta entro un dato termine, e poi successivamente
al comma otto, con riferimento alle conseguenze dell’evento non andato in rendita, si
esplicita che "Entro dieci anni dalla data dell'infortunio, o quindici anni se malattia
professionale, qualora le condizioni dell'assicurato, dichiarato guarito senza postumi di
invalidità permanente o con postumi che non raggiungano il minimo per
l'indennizzabilità in rendita, dovessero aggravarsi in conseguenza dell'infortunio o della
malattia professionale in misura da raggiungere l'indennizzabilità, l'assicurato stesso può
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chiedere all'Istituto assicuratore la liquidazione della rendita, formulando la domanda
nei modi e nei termini stabiliti per la revisione della rendita in caso di aggravamento"
La situazione si è, ulteriormente arricchita come detto, con il passaggio dall’indennizzo in
“attitudine al lavoro”, all’indennizzo in “danno biologico”, agosto 2000, in quanto è stata
individuata un’altra forma di indennizzo, quella in capitale, nel range 6-15% , creando un
ulteriore fattispecie, tanto che non è stato sufficiente il semplice richiamo agli articoli della
revisione (art.83,137 e 146 del T.U. n.1124/1965) nel comma 7 dell’art.13 del D.Lgs
n.38/200, perché
sarebbe rimasta senza copertura revisionale la nuova fattispecie,
indennizzo in capitale, e perciò aggiunta la dizione all’interno del comma 4 dell’art.13
(che ricalca il comma 8 dell’art.83)
“..o che non raggiungono il minimo per
l’indennizzabilità in capitale…” così completando il ventaglio delle possibilità
Tali indicazioni, inserite volutamente, al fine di sottrarsi ad eventuali diverse
interpretazioni, sembrerebbero semplicemente chiarire il concetto che tutti gli assicurati,
dopo l’evento, a prescindere se titolari di rendita o meno, possono essere sottoposti alle
visite revisionali nel range di dieci o quindici anni a secondo dell’evento, ma in realtà
creano un ulteriore periodo di osservazione ante costituzione di rendita, di analoga
possibile durata, allorché l’evento, sia esso infortunio che malattia professionale, si sia
chiuso senza indennizzo in rendita.
Due diversi (identici) periodi di osservazione
Dalla lettura della norma assolutamente differenti sono i termini di riferimento per la
decorrenza da applicare relativamente al comma 1 ed al comma 8; nel primo caso ci si
riferisce alla “costituzione della rendita”, nel secondo caso, 8 comma, essendo la rendita
non costituita ad essa non è possibile fare riferimento, ma il riferimento come ivi riportato
è alla “..data dell'infortunio, o quindici anni se malattia professionale.”
La corte di Cassazione 6, proprio in merito a detti termini così si è espressa:
”E’ tuttavia da considerare la differenza delle espressioni normative con cui, in distinte
ipotesi, si disciplina la decorrenza dell’indicato termine:
6
Cass. Lav. Sentenza n.6831 del 2004
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a) Nell’ipotesi di revisione (su iniziativa dell’assicurato o dell’Istituto) dalla rendita
che sia nell’attuale godimento dell’assicurato :dalla data di costituzione della
rendita”;
b) Nell’ipotesi (prevista solo su richiesta del solo assicurato) in cui l’assicurato,
dopo essere stato dichiarato guarito, subisca un aggravamento delle proprie condizioni : “dalla data dell’infortunio “ o “della malattia professionale”.
Anche la dottrina è univoca sul fatto che due e diversi siano i periodi di osservazione; si
segnala a titolo di esempio, un contributo 7 di cui riportiamo un ampio passaggio
“Pertanto, secondo la Giurisprudenza ora richiamata, la decorrenza del termine prende
avvio, differenziatamente, a seconda delle diverse fattispecie richiamate: I) nell'ipotesi di
revisione (su iniziativa dell'assicurato o dell'Istituto) della rendita che sia nell'attuale
godimento dell'assicurato-prima indicata con le lettere a) e c): "dalla data di costituzione
della rendita" (art. 83 settimo comma, D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 in materia di
infortunio; art. 137 sesto comma, seconda parte, secondo inciso, in materia di malattie
professionali); II) nell'ipotesi prevista su richiesta del solo assicurato in cui l'assicurato,
dopo essere stato dichiarato guarito, subisca un aggravamento delle proprie condizioni
-prima indicata con le lettere b) e d): "dalla data dell'infortunio" o "dalla malattia
professionale" (art. 83 ottavo comma D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124). Ragione di questa
differenza sarebbe la necessità di collegare l'inizio del decorso del tenni ne al fatto da cui
la necessità della modifica trae origine, e su cui interviene.
In altri termini, e riassumendo: nella II ipotesi (art.83 8°c.) è il fatto materiale
(infortunio o malattia professionale) che rileva, mentre nella I ipotesi(art.83, 1°c.)
il
termine si ricollega alla nascita del diritto stesso.”
Ebbene, come visto, sono due specificità diverse e due periodi di tempo che, avendo un
diverso inizio, potranno essere solo in minima parte sovrapponibili - il tutto dipenderà
se e da quando l’evento chiuso negativamente poi andrà in rendita - periodi che possono
addirittura sommarsi quasi del tutto nel loro evolversi.
Che in concreto i tempi si possono, anche, raddoppiare lo si deduce dalla lettura della
circolare n.71/1996 dell’Inail, in attuazione del comma 8 dell’art.83 – rendita liquidata a
seguito di aggravamento – dove si ritrova scritto che: “Qualora il diritto a rendita da
infortunio o malattia professionale, negato in un primo momento per l’inesistenza dei
7
Piergrossi D. - Revisione della rendita Inail, principio del consolidamento dei postumi e termini di decadenza”
www.lavoropostmercato.org
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postumi in misura indennizzabile, sia stato successivamente riconosciuto causa
dell’aggravamento sopraggiunto entro 10 anni dalla data dell’infortunio, 15 anni dalla
“data di manifestazione di malattia professionale” ai fini del computo dei termini per le
successive revisioni si terrà conto – in base al consolidato orientamento della Corte di
Cassazione – della data di costituzione effettiva della rendita”.
L’applicazione prima del comma 8 e poi del comma 1,6 e7, allorché in sede di richiesta
aggravamento, entro il limiti di cui al comma 8 , si pervenga al minimo indennizzabile e
quindi alla costituzione della rendita ci permette di potere affermare che, in realtà, esistono
nell’articolato, due termini revisionali;
uno (10 o 15 anni) per la “rivedibilità della
rendita” ai sensi del comma 1,6 e 7, ed altro periodo (sempre 10 o 15 anni) ai “fini delle
costituzione della rendita”, comma 8.
Inevitabilmente, quello di cui al comma 1, nei casi di passaggio in rendita dopo chiusura
negativa, si può aggiungere al primo, di cui al comma 8, con ciò alterando profondamente i
valori del sapere scientifico, traslati al fine di definire compiutamente una durata congrua
per la rivedibilità.
Il periodo di “osservazione” può quindi arrivare sino a 20 o 30 anni!
Era quindi chiaro che il termine di osservazione di cui al comma 8 decorreva da quella
specifica data che comunemente veniva individuata con l’atto della domanda, sia per
l’evento infortunio, come anche per la malattia professionale, visto che l’art.137 disponeva
la revisione trascorso un anno dalla “manifestazione della malattia professionale” e che
l’art.135 secondo comma,
recitava che in mancanza di inabilità assoluta “la
manifestazione della malattia professionale si considera verificata nel giorno in cui è
presentata all’Istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico”
Il secondo comma di cui sopra che, come è noto, legava indissolubilmente la
manifestazione della malattia professionale alla denuncia della stessa, in caso di assenza di
inabilità assoluta, è stato però poi dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con
sentenza n.206/1988, ai fini della tutela della prescrizione, nella parte che collegava in
maniera sinallagmatica la domanda amministrativa alla manifestazione.
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Ai fini della decorrenza della prescrizione nelle malattie professionali l’art.112 recita che
“L’azione per conseguire le prestazioni di cui al presente titolo si prescrive nel termine di
tre anni dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia
professionale, e per giurisprudenza ormai consolidata, risale addirittura al 1969 con
sentenza n.1168 delle Corte Costituzionale, la dichiarazione di illegittimità costituzionale
del suddetto articolo nella parte in cui dispone che l’azione per conseguire la rendita per
inabilità permanente “… si prescrive con decorso del termine ivi previsto anche nel caso
in cui entro lo stesso periodo tale inabilità non abbia ridotto l’attitudine al lavoro in
misura superiore al minimo indennizzabile…” legando il tutto alla regola generale
desumibile dall’art. 2935 C.C.“La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il
diritto può essere fatto valere”
A seguito della sentenza n.206/1988 l’Inail, nella circolare 23/1988, in cui venivano
illustrate le tre sentenze della Consulta, n.178,n.179 e 206, dava conto di detta pronuncia,
con un solo capoverso “Su quest’ultimo punto, la Corte è ulteriormente intervenuta con la
successiva sentenza n.206/1988 stabilendo, con la dichiarazione di illegittimità del
secondo camma dell’articolo 135, che la manifestazione della malattia professionale
coincide con al sua effettiva verificazione, e che la denuncia ha rilievo esclusivamente ai
fini della decorrenza della prestazioni”
La dicitura “manifestazione di malattia professionale” - tale dizione si ritrova nell’art.
112, 1°c. e nell’art. 135, 1° e 2°c. (poi cassato),
che all'8° comma,
si limita ad affermare
nell’art.137, 6°c., ma NON nell’art.83
“dalla data dell’infortunio, o quindici se
malattia professionale..” - è un concetto che ha da tempo avuto la sua interpretazione
definitiva con diverse e numerose sentenze che legano indissolubilmente tale nozione a tre
requisiti precisi e cioè la “..piena coscienza della malattia, il superamento della soglia
indennizzabile, oltre che la consapevolezza della sua origine professionale” 9 ma è stato
sviluppato ed interpretato
dalla giurisprudenza
relativamente alla tematica della
prescrizione, e non si può dare ad esso significato diverso se non quello strettamente
legato a tale principio.
Il concetto di “data” ai sensi del comma 8 dell’art.83
8
La sentenza si riferiva in un caso soggiacente alla vecchia disciplina di cui all’art. 67, 1° c. del decreto 1765/1935, ma
dalla stessa Corte esteso anche al comma 1 dell’art.112 del D.P.R. n.1124/1965.
9
Ossicini A, Miccio A - Modalità, criteriologia, validità della revisione ex art. 80 T.U. art 83 T.U. n.1124/1965 alla luce
dei recenti orientamenti giurisprudenziali. Rivista degli Infortuni e delle Malattie Professionali, 2007;115-125
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Orbene se il concetto di “data” di costituzione di rendita da cui far decorrere il periodo
revisionale di cui all’art.83, comma 1, 6 e 7,
è un concetto chiaro e condiviso ed ha
trovato la sua definitiva collocazione compiuta in base alla giurisprudenza “…la data di
inizio del periodo revisionale coincide con la data di decorrenza della rendita e non con la
data di comunicazione formale del provvedimento di costituzione della rendita stessa al
reddituario.” - il concetto di “data” ai fini dell’applicazione del comma 8, “Entro dieci
anni dalla data dell'infortunio, o quindici anni se malattia professionale..”, alla luce
dell’illegittimità del 2° comma dell’art. 135, non sembrerebbe essere limpido per le
malattie professionali
In quale “data” di inizia il periodo di “osservazione” di cui art. 83 comma 8?
La norma recita letteralmente “Entro dieci anni dalla data dell'infortunio, o quindici anni
se malattia professionale….formulando la domanda nei modi e nei termini stabiliti per la
revisione della rendita in caso di aggravamento.” quindi “modi e termini” , ripresi dal
comma 6 e 7 dell’art.83 per gli infortuni e dal comma 6 dell’art.137 per le malattie
professionali cui bisogna attenersi per attivare la revisionabilità.
Per gli infortuni non vi sono problemi interprativi in quanto
la “data dell’evento
infortunio” è unica e risulta inequivocabile, è un dato di fatto mai messo in discussione a
tali fini, trova direttamente conferma nel comma 6 dell’art.83, recita che “..la prima
revisione può essere richiesta solo dopo trascorso un anno dalla data dell’infortunio…”,
mentre per la Malattia Professionale la “data” dell’evento non trova il corrispettivo
specifico nel comma 6 dell’art.137.
Il comma di detto articolo, infatti, recita “La prima revisione può essere richiesta o
disposta dopo che siano trascorsi sei mesi dalla data di cessazione del periodo di
inabilità assoluta ovvero, qualora non sussista tale inabilità , dopo che sia trascorso un
anno dalla data di manifestazione della malattia professionale.. ” e non fa alcun
riferimento all’atto della domanda.
Orbene in caso di chiusura senza rendita di una m.p. appare chiaro che la prima revisione
di osservazione decorrerà quantomeno, in base alla prima parte,
dalla cessazione della
“inabilità assoluta”, qualora presente, ma se non vi è stata inabilità assoluta il riferimento
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puntuale della “data di manifestazione” così come declinata nell’art. 135, comma 2- non
esiste più e teoricamente non è dato da sapere quanto può cominciare detto periodo
revisionale in quanto non vi è stata inabilità assoluta, da cui eventualmente far decorrere
questo periodo di osservazione, né tantomeno si è concretizzata la “manifestazione di
malattia professionale” così come interpretata dall’evoluzione giurisprudenziale, come
situazione in cui sia stato già raggiunto il minimo indennizzabile.
Taluni facendo un ragionamento basato strettamente su quanto definito dalla
giurisprudenza in merito alla prescrizione, e della lettura combinata degli articoli 112,
135, sostengono che nel caso dell’art.83, comma 8, con riferimento al 6° comma
dell’art.137 per le M.P., ci si debba relazionare
come “dies a quo” al concetto di
“manifestazione di malattia professionale” come sopra riportato e quindi far decorrere il
periodo di osservazione dal raggiungimento del minimo indennizzabile, ma a nostro
avviso non può essere assolutamente cosi.
In rete abbiamo trovato, ahimé, numerose massime della Cassazione, fotocopia, che
sembrerebbero esprimersi sul “dies a quo” del comma 8 dell’art.83, una per tutte assai
recente Cass. n. 21082/2013 “Il "dies a quo" del termine di dieci anni previsto dall'art. 83,
comma ottavo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 - entro il quale può procedersi, a
domanda dell'assicurato o per disposizione dell'Istituto, alla revisione della rendita - è
costituito dalla data di maturazione del diritto alla prestazione, e non già da quella del
provvedimento di liquidazione o di inizio della materiale corresponsione della rendita,
posto che l'atto formale ha natura meramente dichiarativa e ricognitiva.” convalidando
quanto sopra riportato, ma da una lettura attenta della “massima” (delle “massime”) ci si
rende conto di errori sostanziali nel costrutto.
Si legge nella massima “entro il quale può procedersi a domanda dell'assicurato o per
disposizione dell'Istituto, alla revisione della rendita”, ma nel comma 8 non è prevista
assolutamente la domanda da parte dell’Istituto, ma solo da parte dell’assicurato, errore
veniale, ma si aggiunge anche, sempre nella massima, che il “dies a quo” non può quindi
che decorrere dalla data “del provvedimento di liquidazione o di inizio della materiale
corresponsione della rendita” , allorché detto riferimento (liquidazione/corresponsione),
errore mortale, è inesistente nella situazione del comma 8, ma riguarda esclusivamente il
comma 1, (in rendita),
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Il comma 8 in discussione si riferisce a ben altra fattispecie “guarito senza postumi di
invalidità permanente o con postumi che non raggiungano il minimo per
l'indennizzabilità in rendita”.
E’ chiaro quindi che questa massima non è assolutamente coerente con il dettame, e
non certo definisce il “dies a quo” dell’art.83, comma 8.
Se la “data” di cui all’art.83 comma 8, dell’inizio del range di osservazione dei quindici
anni
si dovesse identificare, tout court,
con “la manifestazione della malattia
professionale “ e quindi al raggiungimento del “..minimo indennizzabile..” si arriverebbe
al paradosso che si richiederebbe di rispettare
giungere al
un certo periodo di osservazione per
minimo indennizzabile, dando come punto di partenza
un minimo
indennizzabile già raggiunto, di fatto rendendo (inutiler data) inesistente tale periodo.
A nostro avviso pur prendendo atto che nel comma 6 dell’art.137 non è da intravedersi con
certezza, quale sia il concetto di “manifestazione di malattia professionale” da prendere in
esame, al fine di inoltrare la domanda per la prima revisione 10, allorché non vi sia stato
periodo di inabilità assoluta, si ritiene che il periodo di osservazione (revisione) decorra
nel caso del comma 8 dell’art.83 con riferimento alle malattie professionali, dall’atto della
domanda, facendo “rivivere “ esclusivamente a tal fine, il comma 2 dell’art.135 cassato
dalla Consulta.
Lo stesso Istituto peraltro ha fatto presente
- all’indomani della sentenza della Corte
Costituzionale n.206/1988 in cui veniva dichiarata, ai fini della prescrizione, la nullità
dell’assioma, “manifestazione malattia professionale=data della domanda” (in caso di
m.p. senza inabilità assoluta) che comunque la data della domanda rilevava “ai fini della
decorrenza della prestazioni”.
Riteniamo ciò corretto, anche alla luce della sentenza della Cassazione n.23310 del 2004
che effettua una specifica disamina all’interno del concetto di manifestazione di malattia
professionale.
10
“A norma del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, comma 8, chiedere la liquidazione di rendita, se a seguito di
aggravamento i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di indennizzabilità, costituisce un periodo di osservazione
entro i (soli) limiti del quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato,
determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo”
Cass. 18-6-1998 n. 6109, cfr. Cass. 4-8- 1998 n. 7648, Cass. 16-3-2001 n. 3814, Cass. 6-12-2002 n. 17399.
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Ai fini della decorrenza del termine prescrizionale “….è sempre necessario che la
malattia professionale si sia manifestata in maniera conoscibile per l'assicurato e che la
stessa abbia comportato un'inabilità di grado indennizzabile” aggiungendo però che “…
il raggiungimento del grado minimo di indennizzabilità rileva come fatto oggettivo,
indipendentemente dall'opinione al riguardo dell'assicurato, mentre la manifestazione
della malattia deve essere soggettivamente percepibile (Cass. n. 13370 del 1/12/99). La
presunzione di conoscenza da parte dell'assicurato al momento della presentazione della
domanda vale quindi solo per la sussistenza della malattia e non anche per il
raggiungimento del minimo indennizzabile..”
Nella stessa sentenza si legge che “la consapevolezza della esistenza della malattia e
della sua origine professionale si può ragionevolmente presumere sussistente alla data
della domanda amministrativa, perché senza di essa l'istanza sarebbe palesemente
infondata e pretestuosa e la successiva domanda per il riconoscimento giudiziale del
beneficio potrebbe comportare l'insorgenza della responsabilità per le spese ex art. 152
disp. att CPC, per lite temeraria..”
In base a questo
concetto di consapevolezza della malattia, che non riguarda la
prescrizione, da tale data si può utilmente far decorre la prima revisione in caso di
malattia professionale non indennizzata ai sensi del comma 6 dell’art.137, richiamato dal
comma 8 dell’art.83 “..nei modi e nei termini..”, non vediamo altra strada.
Addendum
Avevamo iniziato parlando dell’anomalia di un periodo revisionale che stabilito in un
periodo fissato dalla scienza medica in un determinato range (10 o 15 anni), di fatto risulta
ampiamente disatteso perche si può anche raddoppiare; poi fatto presente l’ anomalia del
periodo di “osservazione” di cui al comma 8 dell’art.83 dopo la sentenza della Corte
Costituzionale 206/1988, finiamo segnalando un'altra anomalia relativamente al periodo
di osservazione della revisione che risulta ancor di più distaccarsi dall’evoluzione clinica
di una patologia, come ipotizzata dalla scienza medica.
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Ci riferiamo, speriamo senza dare scandalo,
ad un'altra fattispecie in cui può esistere
questa “anomalia” ancora più marcata del periodo di osservazione, che riguarda
la
cosiddetta costituzione di “rendita unica” che fa di nuovo scattare i termini revisionali per
ogni componente del danno, che potrà essere rivisto per un ulteriore periodo revisionale a
seconda della natura dell’evento a prescindere dal fatto in cui detto evento è avvenuto.
L’Inail doverosamente, nel rispetto delle posizioni della Suprema Corte di Cassazione in
materia,ha emanato una lunga nota esplicativa in tal senso in cui si legge “Dalla data di
costituzione di rendita unica inizia ex. novo il decorso dei termini revisionali per tutti gli
eventi che concorrono alla costituzione della rendita indipendentemente dalla data di
accadimento di ciascuno di essi”11, tutto ciò sembra andare, è innegabile, contro il
principio di un nesso causale diretto tra la causa dell’evento ed i conseguenti postumi da
considerare.
L’avverbio “indipendentemente” usato è l’epitaffio per il nesso causale tra evento e
danno - principio del nesso causale posto a fondamento di ogni valutazione del danno non
solo in ambito infortunistico lavorativo e contro la norma che prevede che le modificazioni
delle condizioni fisiche, in un lasso di tempo, possano ricollegarsi all’evento in un range
ragionevole, come prescritto dall’art.83, 1°c. qualora queste modificazioni siano “…
derivate dall’infortunio che ha dato luogo alla rendita” e art.137, 1°c. “..derivate dalla
malattia professionale che ha a dato luogo alla rendita..” e non ad un meccanismo
derivante da una applicazione legata ad interpretazione giurisprudenziale, peraltro come
visto, cangiante nel tempo!
Questo principio cardine, cioè quelle che dopo 10 anni per gli infortuni e 15 anni per la
malattia professionale, le variazioni non possono più essere prese in esame, in quanto non
ricollegabili mediamente all’evento che l’ha causato, è stato ribadito
con forza anche
nella recente Sentenza della Corte Costituzionale (n.46/2010), laddove per non venire
meno al termine quindicennale ha dichiarato che tale termine è riferito si alla data della
costituzione della rendita ma, contestualmente la novità, anche alla cessazione del rischio
prima della costituzione della stessa; nel caso in cui il soggetto sia stato sottoposto allo
stesso rischio anche successivamente a tale data, l’eventuale aggravamento, palesato dopo
lo scadere del quindicennio,
non può essere considerato aggravamento, perché
disconosciuto dai termini revisionali, ma deve essere considerato come “nuova malattia”.
11
Inail - Lettera alla Strutture Centrali e Territoriali l da D.C. Prestazioni e S.M.G. del 7 febbraio 2007
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Noi abbiamo criticato fortemente questa Sentenza, con più pubblicazioni, anche sulla non
confacente applicazione, nel caso sottoposto al vaglio costituzionale, dell’art.80 che nulla
rilevava in concreto,
ritenendo tra l’altro che, forse, poteva essere dichiarata la
incostituzionalità dei limiti del quindicennio, ma non abbiamo difficoltà a sostenere che la
via scelta – sentenza interpretativa di rigetto per assicurare la tutela dell’art. 38, 2° comma
- è sicuramente rispettosa del principio dei termini revisionabili dettati dall’art. 83 e 137.
Il principio stabilito - “l’aggravamento” non è da ricollegarsi all’originaria causa - di cui
alla sentenza 46/2010 della Corte Costituzionale conferma, direttamente e con pienezza,
ancora una volta la tassatività dell’ultimo termine revisionale - limite revisionale che
invece, abbiamo visto, viene in concreto superato mediante tecnicismi applicativi, che poco
ci convincono sul piano clinico
e che medico-legale, come sopra rappresentati che, invece, ne fanno strame.
Bibliografia
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Ossicini A. Miccio A. - Art.80 DPR 1124/65 e la sua incompatibilità con il regime del danno biologico. Notazione a margine della sentenza 46/2010 della C. Costituzionale Articolo
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Ossicini A. Miccio A. – Tematiche particolari: Istituto della revisione, in Infortuni e Malattie professionali: Metodologia operativa 2.0 Edizioni Inail 2014
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Ossicini A. - Prescrizione e revisione profili medico legali – Percorso formativo operatori
patronato- 2011 online
Ossicini A. - Istituto della revisione Inail: 75 anni di storia ed interpretazioni Rivista degli
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Ossicini A. - Infortuni e Malattie professionali Metodologia operativa 2.0 Edizioni Inail
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Ossicini A. - La revisione quinquennale di silicosi/asbestosi ai sensi dell’art.13, comma 4
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Rivista online “Prevention & Research” Anno, 5, Trim,4 2015
Piergrossi D. - Revisione della rendita Inail, principio del consolidamento dei postumi e
termini di decadenza” www.lavoropostmercato.org
Tutta la documentazione citata può essere richiesta alla Consulenza MedicoLegale Nazionale via e-mail all’indirizzo
[email protected],
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