Scarica l`intervento in PFD

Transcript

Scarica l`intervento in PFD
PIANTE MEDICINALI COLTIVATE SPONTANEE NELLA VISIONE
VISIONE
BIODINAMICA E GOETHIANA DEL PAESAGGIO
Dott.ssa Karin Mecozzi
Erborista
Accademia Europea per
la cultura del paesaggio
PETRARCA
L’agricoltura biodinamica viene fondata nel 1924 da un gruppo di agricoltori che invitano il
naturalista e ricercatore Rudolf Steiner da Basilea a Breslavia per aiutarli ad individuare metodi e
sostanze per incrementare la qualità dei prodotti. Già a quei si notava un peggioramento nella
qualità dei cibi, quando l’agricoltura intensiva si trovava ancora agli inizi.
Nelle conferenze di quei giorni Steiner propone ai partecipanti innanzi tutto una nuova visione
dell’azienda agricola, una visione d’insieme. Dal puro interessamento alla redditività agricola e
quindi la scelta di metodi ed interventi “sintomatici”, l’agricoltore diventa custode del suo luogo e
impara a individuare i legami che intercorrono realmente tra piante, uomo, animali e suolo.
L’azienda diventa allora organismo agricolo, in cui ogni elemento ha la possibilità di svilupparsi al
meglio e la produzione non aumenta a discapito del benessere del suolo e degli esseri.
Per aumentare la resistenza e salute delle piante coltivate, Steiner propone ciò che oggi
chiamiamo “preparati biodinamici”, ovvero dei preparati a base di piante medicinali, letame e
silice che vengono preparati seguendo il corso dell’anno e aggiunti direttamente al suolo e al
cumulo di letame. Qui Steiner torna l’appassionato di erboristeria che era in gioventù, quando
come studente all’Università di Vienna accompagnava un erborista austriaco che portava le
piante spontanee raccolte, alle farmacie. Da lui apprese un certo atteggiamento verso il mondo
delle officinali, un modo di osservarle e conoscerle e non l’abbandonò mai, anzi lo trasforma in
fitoterapia applicata nei suoi lavori di medicina con la Dott.ssa Wegmann, proprio nel periodo in
cui tenne le lezioni agli agricoltori a Koberwitz.
Qual è dunque la base di un’azienda biodinamica che coltiva piante medicinali sia per la vendita,
sia ad uso famigliare? E’ l’uso e la conoscenza delle specie per i preparati, specie che
rappresentano non solo sostanze ma anche principi di formazione. Qui l’ortica diventa la pianta
che esprime il suo legame naturale con il ferro, ma anche con calcio e silice attraverso il suo stesso
modo di crescere. La quercia invece “vivifica il calcio”, mentre la valeriana porta in alto il fosforo.
Ogni minerale, metallo e oligoelemento non è singolo principio attivo preso dal terreno ma viene
formato dalla pianta e la caratterizza nel suo fitocomplesso.
L’agricoltura biodinamica si avvale dunque delle piante medicinali, officinali e aromatiche
spontanee e coltivate, non solo per la produzione o la concimazione. Esse sono soprattutto le
indicatrici del paesaggio in cui l’azienda si colloca, lo esprimono attraverso le loro specifiche
qualità terapeutiche. Ecco che diventa imprescindibile come coltivatore di erbe, come erborista e
naturalista, medico o agronomo e soprattutto come consumatore di rimedi fitoterapici, imparare a
conoscere profondamente le piante e il paesaggio.
La visione goethiana della piante e del paesaggio aiutano a trovare metodi consoni al vivente, a
facilitare il dialogo tra l’osservatore e la natura rendendo la propria ricerca, il proprio lavoro
comunque scientifico.
Come autrice di “Ars herbaria: piante medicinali nel respiro dell’anno” e docente ai corsi e
seminari sulle piante medicinali e il paesaggio dedico un’attenzione particolare all’apprendimento
di questi modi di osservare e percepire, che non sono ovvi per l’uomo moderno e necessitano di
esercizio e dedizione.
Le seguenti pagine sono liberamente tratte dal libro “Ars herbaria: piante medicinali nel respiro
dell’anno”, edito da NATURA & CULTURA di Savona.
Verso una percezione del vivente
Quando si studia una pianta medicinale, generalmente si tende a tentare di afferrarne subito le
particolarità indagando sui dettagli e si assume un atteggiamento distaccato concentrandosi
sull'analisi dei fatti. Si usano unità di misura per quantificare sostanze e funzioni e si giunge a dei
risultati fondati sulla conoscenza esatta delle manifestazioni esteriori (accade, per esempio, nella
classificazione delle specie dal punto di vista botanico e nello studio dei princìpi attivi di una
pianta).
Questa è la percezione oggettiva, la base dell'indagine sul piano fisico-materiale rivolta alla realtà
materiale di un oggetto. In questo approccio – ampiamente usato dalle scienze naturali moderne
– chi fa ricerca (e studia il mondo della natura) si avvale della sperimentazione in laboratorio e di
strumenti tecnologici appropriati. Chi indaga non vuole avere alcuna influenza sui risultati dello
studio, rimane separato dall'oggetto e non è coinvolto nella ricerca come soggetto. In questo
modo lo scienziato o ricercatore cerca di ottenere la massima oggettività; ogni esperimento deve
essere ripetibile per costituire una base scientifica.
Al distacco tra ricercatore e oggetto di ricerca si oppone già Johann Wolfgang von Goethe (17491832), naturalista appassionato oltre che poeta e letterato, effettuando ricerche sui fenomeni della
natura che oggi definiremmo “olistiche”. Nei suoi studi, Goethe giunge alla seguente conclusione:
un risultato di ricerca è scientifico quando i dettagli dell'analisi servono per comporre una visione
d'insieme dell'oggetto, e il ricercatore – per Goethe il vero scienziato si distingue proprio per un
modo di pensare cristallino e l'elevato senso morale – è direttamente coinvolto nell'indagine.
Come pioniere, Goethe va oltre l'indagine puramente positivistica e sviluppa un nuovo metodo di
osservazione dei fenomeni nella natura.
Dobbiamo all'instancabile ricercatore umanista e naturalista delle scoperte considerevoli, nel
campo dell'anatomia umana e della botanica.
Nella cosiddetta osservazione fenomenologica adottata nella ricerca goetheanistica e
antroposofica* l'osservatore partecipa consapevolmente allo stesso atto di percezione, alternando
l'attenzione tra i fenomeni che si manifestano all'esterno e le impressioni, i pensieri e gli impulsi ad
agire. L'obiettivo è passare dall'atteggiamento distaccato della percezione oggettivistica, e dallo
studio dei fenomeni esterni alla percezione anche del proprio pensare e percepire. Per questo, nei
gruppi di ricerca ad orientamento antroposofico sulle piante medicinali e il paesaggio si dedica
una particolare attenzione all'osservazione, allo sviluppo ed ampliamento della percezione e al
raggiungimento di una conoscenza dell'insieme, oltre che allo studio botanico, erboristico e
paesaggistico.
* Nella ricerca olistica, ad esempio goetheanistica ed antroposofica sulle piante medicinali,
l'approccio scientifico naturale convenzionale è accompagnato dall'esperienza diretta e
sensoriale dell'osservatore ed è avvalorato dai cosiddetti metodi di indagine per immagini. Chi si
appassiona al metodo conoscitivo olistico goetheanistico troverà argomenti stimolanti nel libro del
noto fisico e ricercatore Henri Bortoft The wholeness of Nature, Floris Books.
Cosa intendiamo per “paesaggio”
“In accordo con la Convenzione Europea sul paesaggio del Consiglio d’Europa possiamo definire il
paesaggio un insieme in cui gli aspetti naturali e culturali di un territorio confluiscono in
un'atmosfera caratteristica. L'identità dei paesaggi si manifesta nel momento in cui si considera la
loro storia come una biografia fortemente legata alla vita degli uomini che vi abitano. Il paesaggio
è la natura così come è percepita dall’uomo attraverso i sensi. Ciò che l’uomo pensa di un
paesaggio, influisce sulla maniera in cui lo percepisce e lo plasma.
Il grado di sviluppo in cui si trova un paesaggio esprime il livello di consapevolezza degli uomini. Il
paesaggio è un “processo” in divenire, un dialogo tra uomo e natura.
Nella loro eterogeneità, i paesaggi europei esprimono le diverse condizioni naturali ma anche il
rapporto tra uomo e natura. Il paesaggio comprende ambienti naturali, fiumi, laghi, foreste e
parchi, ma anche zone destinate all’agricoltura, alla silvicoltura, all’orticoltura. Fanno parte del
paesaggio le reti stradali, le aree abitate e le città, le zone industriali e artigianali.
I paesaggi europei stanno subendo delle trasformazioni evidenti che oggi costituiscono una sfida
per la coscienza dell’uomo e il suo senso di responsabilità. Lo stile di vita dell’uomo moderno si è
emancipato dall’unione innata che lo legava alla natura in passato.
L’urbanizzazione aumenta e continua la fuga dalle campagne; i villaggi sono in abbandono, le
strutture in degrado, trascurate. Nelle zone rurali nascono cosiddette “aree protette” e “riserve”,
dalle quali, tuttavia, l’uomo viene allontanato. (…). Le esigenze del paesaggio non vengono più
rispettate, e in molti casi il rapporto queste tendenze, in molti ambiti sociali nasce l’esigenza dello
sviluppo sostenibile, che si impegna nella gestione rispettosa dei paesaggi tipici regionali e di una
vera e propria cultura del paesaggio, attraverso la quale il rapporto dei cittadini con il proprio
paesaggio possa evolversi in senso costruttivo. (…).
Il futuro della Terra si basa sull’accordo e sulla fiducia reciproca tra uomo e natura, e l’uomo ha
bisogno di nuove capacità percettive per conoscere le connessioni che caratterizzano il suo
rapporto con essa. Sempre più dovrà imparare ad essere partecipe dei processi naturali,
sostenendoli nella loro evoluzione e nella loro interezza”. Tratto dalla carta costituzionale della
Accademia Europea per la cultura del paesaggio PETRARCA.
Paesaggio esteriore ed interiore
Nel capitolo precedente abbiamo descritto la pianta e l'uomo come esseri tripartiti, osservando gli
organi della pianta e gli ambiti organici e i sistemi funzionali dell'uomo.
La relazione tra uomo e pianta è un dialogo vivente che accoglie influssi sia dall'ambiente
materiale (influssi sostanziali e funzionali), sia dalle forze che agiscono sulla Terra dal cosmo.
Dall'interazione tra pianta e uomo, elemento minerale e regno animale, sullo sfondo dell'evoluzione
geologica e climatica della Terra, scaturisce quello che percepiamo come paesaggio esterno.
Insieme agli esseri che lo popolano, esso comprende zone rurali – incolte e coltivate – e zone
urbanizzate – dai paesini alle grandi città, dalle aree meno belle come autostrade, aree industriali
e prefabbricati costruiti senza criterio, ai centri storici medioevali o i sentieri di campagna.
Anche i corsi d'acqua fanno parte del paesaggio, le dighe, le centrali elettriche, le pale eoliche e i
pannelli fotovoltaici, molto discussi quando vengono montati a terra.
Vivendo nei pressi di Urbino mi capita spesso di notare dei visitatori che, indicando l'incantevole
vista dal Palazzo Ducale, esclamano: “Guardate che bel paesaggio... !” In Italia, il paesaggio è
spesso sinonimo di panorami suggestivi con vedute su colline e romantici borghi, ed anche di quel
territorio di cui si debbono occupare Stato ed enti.
Invece, il paesaggio in senso lato è molto più di un bel panorama, e tutti noi siamo partecipi e
responsabili della sua salute ed evoluzione! Per entrare in un dialogo vero con il paesaggio che ci
circonda, con il paesaggio esteriore, consideriamone anche le qualità interiori, rivolgiamoci cioè
anche al paesaggio che nello stesso tempo vive dentro di noi. Solitamente la nostra immagine
interiore di paesaggio affiora quando un luogo ci tocca particolarmente, quando ci stimola a
riflettere o ricordare, oppure ci chiama ad intervenire. L'aspetto interiore del paesaggio è l'incontro
tra l'impressione che riceviamo dall'esterno e ciò che avviene nella nostra interiorità: pensieri e
giudizi, sensazioni ed emozioni, impulsi ad agire e desiderio di comunicare con gli altri..., ma è
costituito anche dai nostri ricordi, quando richiamiamo alla memoria delle immagini dei luoghi
della nostra vita e le confrontiamo con quel che ci circonda.
Nel nostro percorso entrambe le qualità del paesaggio, quella esteriore e quella interiore, si
incontrano in noi grazie ad una percezione del “vivente” che si orienta ai dettagli e all'insieme
avvalendosi di strumenti fenomenologici ed artistici.
Ne scaturiscono aspetti nuovi che danno valore al paesaggio e alle piante, ma anche a noi stessi
che li sperimentiamo in maniera così responsabile e diretta.
Le specie medicinali, officinali e aromatiche vivono immerse nel paesaggio esprimendo
caratteristiche sia fisiche – influssi dell'ambiente, del clima o dell'uomo – sia più sottili, meno facili da
percepire nell'immediato: il genius loci – il carattere che conferisce unicità e tipicità ad un luogo, la
biografia di un paesaggio – la sua storia, legata alla presenza dell'uomo e degli animali, l'intessersi
dei ritmi dell'anno con la vita delle specie vegetali ed animali, ed anche i principi formativi che
plasmano un luogo infondendogli un'impronta a livello fisico, eterico e astrale.
“Gesti” nell’erboristeria
Per entrare in dialogo con la natura e scoprire il nostro
profondo legame con la vita nella cura della nostra
salute possiamo studiare le conoscenze degli antichi,
occidentali e orientali, ed adottare efficacemente
sistemi di cura tradizionali.
Ma l'obiettivo importante è anche individuare nuove
modalità nei diversi ambiti delle cure naturali consone
all'epoca moderna, che ci aiutino a tessere la trama
del nostro benessere in modo responsabile, giorno per
giorno.
Nei miei venticinque anni di esperienza con le piante
medicinali ho compreso che quando provo a conoscere e usare una pianta, l'attenzione a ciò
che sperimento interiormente nel maneggiarla mi permette di stabilire un legame profondo con
molte specie.
Grazie al coinvolgimento personale, mi sento responsabile, le custodisco nel paesaggio
raccogliendole con cura e nutro la convinzione di incontrare in ogni pianta un essere vivente
particolare che mi racconta della storia del mondo.
Per quanto riguarda il lavoro erboristico pratico e conoscitivo, nel corso degli anni ho riscontrato
come questo sia caratterizzato da dei “leitmotiv” che accompagnano l'attività quotidiana e
annuale, ritmicamente. Li ho chiamati “gesti” in quanto hanno a che fare con il gestire, con la
segnatura del rapporto vivente con le piante.
Riguardano l'aspetto “nutritivo” della fitoterapia, che appunto “nutre” la salute dell'uomo invece di
curare il sintomo, l'esperienza sensoriale delle piante e la loro osservazione nel paesaggio e, infine,
la messa in pratica dell'arte erboristica tradizionale, ad esempio nella preparazione di estratti di
base o unguenti.
Sono gesti che possono essere sperimentati da tutti gli appassionati di erbe e di conoscenza della
natura. Nel suo percorso, ognuno può “intrecciarli” con le proprie capacità
individuali e i propri talenti ed obiettivi. Possano questi gesti stimolare anche il lettore a
sperimentare la natura, il paesaggio e le piante nel loro insieme, con gioia e stupore sempre nuovi.
Il primo gesto: conoscere la qualità percettiva e nutritiva
Consideriamo le piante medicinali, aromatiche e cosmetiche innanzi tutto nutrimento, nutrono
attraverso i nostri sensi, con i loro colori e profumi, il portamento e le forme.
Osservare il loro divenire nel ritmo delle stagioni, godere dei profumi e dei colori, sperimentarle con
tutti i sensi… tutto questo le fa vivere dentro di noi. L'altro aspetto del nutrimento è legato alle
proprietà alimentari e aromatiche delle piante spontanee e coltivate. Le piante ad azione
cosmetica curano e nutrono invece la nostra pelle, il nostro apparire al mondo esterno. In
generale, le piante officinali costituiscono un vero nutrimento per il corpo, l'anima e lo spirito ed
agiscono sia nella prevenzione, sia nella terapia di determinate patologie.
Il secondo gesto: avvicinarci alla qualità terapeutica
Osserviamo un'angelica arcangelica nel suo sviluppo, il modo in cui cresce alta ai margini del
bosco, con le infiorescenze radiali e le foglie ricche di profumo.
Dissotterrando la radice scopriamo che è intrisa di oli essenziali, bianca, ricca di sostanze attive e
nutrienti. Vediamo come in questa nobile pianta le qualità di
Luce e Calore, che solita- mente si esprimono nel fiore e nel
frutto, permeano l'organo sotterraneo, rendendolo efficace
contro cefalee, processi infiammatori nella testa (raffreddore,
sinusite) e come immunostimolante.
Se seguiamo l'indicazione di Rudolf Steiner secondo cui una
pianta è medicinale quando una sua parte è “abnorme”,
comprendiamo l'importanza di conoscere le piante nel loro
sviluppo (dunque non solo le sostanze attive) per avvicinarci
alla loro qualità terapeutica. Il terzo gesto: praticare l’arte
dell’estrazione L'estrazione delle virtù curative dalle piante
affascina l'uomo dalla notte dei tempi. Dalle ricette tradizionali, dagli strumenti del passato e dalle
applicazioni dei popoli antichi siamo giunti alle tecniche d'estrazione moderne. Il gesto, tuttavia,
rimane: catturare l'essenza e conservarla o arricchirla, creando un rimedio in grado di curare
l’uomo attraverso le qualità nutritive e la specifica azione medicinale. Tutto questo non è solo
tecnica ma è arte, ed implica la conoscenza delle piante, delle strumentazioni, dei momenti
favorevoli alla raccolta e alle lavorazioni, come naturalmente di regole e procedure adeguate.
L'arte dell'estrazione nobilita l'uomo perché lo rende direttamente partecipe del mistero della
formazione delle sostanze e della loro azione curativa. La manipolazione diretta delle piante, la
raccolta, la trasformazione ed estrazione permettono di entrare in un'interazione vivificante con la
natura.
Ampliare la percezione Secondo l'approccio fenomenologico e goetheanistico, uno dei primi passi
verso una conoscenza approfondita delle piante e del paesaggio è sviluppare la propria
percezione.
L'obiettivo è incontrare le piante medicinali in un modo nuovo, creativo e dinamico, che ci porti a
conoscerle, amarle e impiegarle ogni giorno come fedeli compagne.
Nei paragrafi seguenti riassumo dei concetti che possono servire come impulsi nel lavoro
esperienziale e di ricerca, in modo che dal nostro sperimentare e percepire le piante scaturiscano
veri strumenti di conoscenza:
• Porsi delle domande
• Sperimentare i ritmi
• Indagare sull'essenza di un paesaggio
• Strumenti fenomenologici
• Ampliare la percezione sensoriale
● porsi delle domande …ed essere curiosi
Possiamo comprendere una pianta solo se nutriamo un senso di ammirazione, di stupore di fronte
ad essa.
Johann Wolfgang von Goethe
Nella conoscenza delle piante officinali valgono gli stessi criteri del lavoro nel paesaggio: ci
avvaliamo di diversi strumenti percettivi che servono a conoscere le piante e il loro ambiente
dall'esterno, e nel medesimo tempo dedichiamo attenzione a quanto avviene dentro di noi –
riflessioni, domande, sensazioni o impulsi, preconcetti.
Ampliare la conoscenza della natura significa, innanzitutto, non avere pregiudizi nei confronti di
una pianta e di un luogo. E non dare nulla per scontato. Nel primo approccio con una specie,
l'esercizio migliore è fingere di non sapere assolutamente niente, di non avere alcuna nozione di
botanica, biologia o ecologia, addirittura di non sapere nemmeno cosa sia una pianta in
generale. In questo modo passiamo a una percezione più ampia e libera della pianta, che farà
sorgere in noi molte domande.
Quali sono, dunque, le domande che sorgono in noi di fronte alla pianta?
Che cosa cattura la nostra attenzione, la nostra curiosità, osservandola?
Se non assecondiamo l'impulso di voler giungere subito a delle conclusioni mediante dei concetti,
resteremo stupefatti della nostra stessa capacità di percepire la pianta, cogliendo da soli
importanti aspetti che conducono alla sua conoscenza. Partire dalle domande genererà in noi la
giusta curiosità, la quale ci renderà attivi e presenti nella nostra ricerca. Un'indagine ampliata in
questo senso potrà essere supportata da conoscenze e strumenti della scienza naturale moderna.
● sperimentare la pianta nei ritmi dell'anno
La pianta medicinale è un essere vivente in continuo sviluppo: osservarla nel ritmo delle stagioni ci
consente di conoscere le piante in modo vivente e complessivo, ad esempio osservandola e
assaggiandola in momenti diversi, coltivandola nel nostro giardino, preparando degli estratti con le
specie stagionali. Dedicando attenzione ai ritmi dell'anno e alla sua relazione con gli esseri viventi,
sviluppiamo una nuova sensibilità per i processi, una sensibilità ritmica. Insieme alla pianta sorge
dentro di noi un nuovo senso per lo scorrere del tempo e l'evoluzione della natura, senso che può
far nascere a sua volta più sicurezza per il nostro interagire con le piante.
● indagare sull'insieme di un paesaggio: genius loci
“Nullus locus sine genio est!”, nessun luogo è senza un Genio, sostiene Servio Mario Onorato (IV
sec. d.C.) nei “Commenti all'Eneide di Virgilio”. Nell'antica religione romana il genius loci era
un'entità soprannaturale che governa il luogo, che si imprime sul suo aspetto e sull'agire dei suoi
abitanti. Oggi, nel linguaggio dei paesaggisti, architetti ed artisti il “genius loci” è un concetto che
riassume il carattere tipico di un luogo, la sua essenza con le particolari atmosfere, l'architettura e
le tradizioni ma anche le relazioni che intercorrono tra uomo, mondo animale, piante e terra.
Il paesaggio (e il suo “genius loci”) influenza tutti gli esseri viventi che vi abitano. Se desideriamo
conoscere meglio delle piante a scopo erboristico, secondo la mia esperienza, è necessario partire
dall'idea dell'insieme nel paesaggio. Come abbiamo detto: un paesaggio – una pianta
medicinale – non è la somma dei suoi componenti ma rappresenta un unico insieme.
Invece di fermarci alla sola conoscenza tecnica e botanica, proviamo a scoprire anche le
particolarità delle piante officinali, magari in un certo luogo o periodo, guardiamo alla loro
relazione con altre piante o altri esseri, al legame con l'uomo, anche dal punto di vista storico. In
questo modo possiamo iniziare a comprendere la vocazione di un paesaggio e di certe specie di
nostro interesse, vocazione che può manifestarsi nella vita come azione terapeutica.
● strumenti fenomenologici
Uno strumento che può arricchire la nostra esperienza delle piante officinali è la cosiddetta
osservazione fenomenologica: raccogliamo pazientemente tutti i fenomeni che appaiono nella
pianta nel luogo in cui cresce, possibilmente in più momenti del giorno e della settimana. Studiamo
le forme dell'esemplare, il territorio, il clima e la temperatura, animali ed insetti presenti, i suoni che
riecheggiano nell'aria.
Ogni fenomeno è degno di nota. Nel corso del tempo, ripetendo questo esercizio, amplieremo la
nostra conoscenza mediante l'esperienza diretta della pianta. Laddove troviamo delle
corrispondenze, delle relazioni tra i fenomeni – e se riusciamo indaghiamo anche sui processi dietro
ai fatti che si manifestano – traspaiono degli aspetti che completano l'immagine essenziale di una
pianta. La percezione esatta dei fenomeni richiede necessariamente concentrazione e presenza,
ma non avviene soltanto a livello mentale. Essa coinvolge tutti nostri sensi ed anche la nostra
creatività e perseveranza, fino a giungere ad un'immagine della pianta possibilmente viva dentro
di noi.
● l'esperienza sensoriale
Quando nei corsi di erboristeria invito i partecipanti a percepire le piante partendo dai sensi, di
solito si accorgono di usare la vista come senso principale, a discapito degli altri sensi. In effetti, la
percezione sensoriale diretta avviene in gran parte attraverso gli occhi. In seguito scegliamo
anche di sentire l'odore delle piante, le tastiamo, usiamo più sensi possibili per entrare in dialogo
con l'essere davanti a noi.
Assaggiamo pezzetti di foglie o di radici, di semi, petali o frutti e nominiamo i sapori. Tocchiamo
l'albero o l'erbetta per avere delle percezioni tattili approfondite, ma ascoltiamo anche come il
vento muove le fronde o scompiglia il cespo, mentre le voci degli uccelli creano un paesaggio
sonoro. In questo genere di percezione sensoriale è fondamentale tornare costantemente anche
alla nostra interiorità, al cosiddetto paesaggio interiore, in questo caso alla pianta interiore. Cosa
crediamo di sapere già di essa?
Quali ricordi, immagini, pensieri ci muovono?
Ricordiamo: il percepire non deve indurci a formulare giudizi (“La pianta profuma, quindi è ricca di
oli essenziali”) bensì consentirci di avere un vero e proprio “incontro”, proprio come quando si
conosce una persona.
Da dove deriva, allora, quel profumo? Lo avvertiamo nella pianta, e dove? La pianta è oleosa al
tatto? Vediamo delle piccole ghiandole oleifere forse? Assomigliano a organi già osservati in altre
piante? Qual è la nostra immagine di pianta oleifera? Alternando con pazienza l'esperienza
esteriore con quella interiore (più difficile da carpire), si schiudono degli universi davanti a noi
ancora poco conosciuti: l'universo dei nostri stessisensi, ad esempio, e la vastità delle manifestazioni
della Vita.
“L’uomo oggi ammette l’esistenza di cinque sensi. Sappiamo però che questo non è
giusto e dobbiamo in verità distinguere dodici sensi umani. I sette sensi che di solito
non si considerano sono altrettanto validi per l’attuale era sulla Terra, quanto i cinque
che vengono normalmente enumerati: vista, udito, gusto, odorato, tatto.”
Da L’enigma dell’uomo di Rudolf Steiner
Riassumendo possiamo dire che l'importante è “dilatare” la nostra percezione, e non seguire
l'impulso di dare subito giudizi, anche emotivi (“mi piace...”, “è bello..., brutto...”).
Questo comporterebbe l'immediata conclusione dell'esperienza sensoriale. Se invece ci
soffermiamo su quel che succede nel presente, esprimendo le sensazioni immediate in uno schizzo
a matita, un appunto, una piccola poesia, con un poco di esercizio sorge in noi un nuovo senso di
ampiezza interiore, grazie alla quale sviluppiamo nuove capacità di accogliere la pianta, così
come essa realmente è.
Nel corso degli ultimi due secoli, diverse discipline si sono dedicate all'indagine sulla percezione e
sui sensi, tra cui le scienze naturali – la biologia, le scienze mediche e la psicologia, ma soprattutto
la filosofia (ad esempio la corrente della filosofia estetica:“aisthesis” in greco antico significa
percezione sensoriale) e l'arte.
In conclusione possiamo dire che quel che accade nella percezione sensoriale è paragonabile al
processo di espansione e concentrazione di cui parla Johann Wolfgang von Goethe nella sua
Metamorfosi delle piante. Aprendoci al mondo (espansione) sperimentiamo la pianta attraverso le
diverse “porte” dei sensi. Tornando nella nostra interiorità (concentrazione) digeriamo e
trasformiamo le informazioni raccolte. Valutiamo osa può essere importante e vero nella nostra
esperienza confrontandoci con gli altri e nello studio (espansione), per giungere infine ad
un'immagine complessiva (sintesi, concentrazione).