Diapositiva 1 - Sacro Cuore

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Diapositiva 1 - Sacro Cuore
Mario Calabresi (Milano, 1970), giornalista, ha
lavorato come cronista parlamentare all'Ansa
e alla redazione romana della «Stampa». È
stato caporedattore centrale della
«Repubblica» e poi corrispondente da New
York per lo stesso quotidiano. Ha seguito
tutta la campagna presidenziale americana e
l'elezione di Barack Obama. Dal 6 maggio
2009 è direttore de "La Stampa". Nel 2007
ha pubblicato con Mondadori Strade blu
Spingendo la notte più in là (2007), che è
stato tradotto in Germania, Francia e Stati
Uniti, e La fortuna non esiste (2009).
“Questo tempo è gravido di avvenimenti … non lo
sprecate. Quando ci libereremo della
superstizione, dai pregiudizi, quando trionferà la
verità, il diritto, la ragione, la virtù se non
adesso? Quando risorgerà l’amor per la patria?
Quando? Sarà morto per sempre? Non ci sarà
più speranza? Io parlo a voi… Ora è il tempo… O
in questa generazione che nasce, o mai.
Abbiatela per sacra, destatela a grandi cose,
mostratele il suo destino, animatela”.
GIACOMO LEOPARDI, Dall’educare la gioventù
italiana.
Mette a confronto due diverse epoche della storia d'Italia, i primi
decenni del Novecento fino ad ora.
Racconta di come oggi si idealizzi il passato, cogliendone gli aspetti più
piacevoli e tralasciando le difficoltà, con un atteggiamento nostalgico che
porta ad accentuare il pessimismo che segna i nostri giorni.
l'autore compie un viaggio nella memoria, nel vissuto del nostro paese,
attraverso le storie di scienziati, imprenditori, artisti e persone comuni, per
comprendere che, se ce l'hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi.
Il presente, paralizzato dallo sconforto, non deve aver nostalgia del
passato, ma prenderne esempio per trovare lo slancio necessario a superare
il buio. La fiducia, per tornare a coltivare le proprie passioni, per ritrovare
la forza di lottare per il benessere, per ottenere la libertà, passando
attraverso la volontà.
1. La macchina per lavare
2. La villeggiatura
3. Il venditore di alici
4. Un aperitivo leggermente alcolico
5. Quando i cappelli volavano
6. Perché abbiamo bisogno di un sogno
7. Kodak moment
8. Alla ricerca di un gettone
9. Il futuro che c’è
10. Gnocchi al pesto
11. Non si può fare
12. La palestra di roccia
13. Le poesie dei bambini
14. Cosa tiene accese le stellle
Questo episodio è ambientato agli inizi degli anni Novanta, periodo in cui
i nonni di Calabresi erano ancora giovani ed i protagonisti sono
quest’ultimi. L’autore racconta di un regalo fatto da suo nonno a sua
nonna: una Seicento. La nonna, nonostante all’epoca la macchina in
questione fosse di gran lusso, decide di riportarla al concessionario e,
col denaro usato per la Seicento, compra una lavatrice.
“E così io posso andare di là a leggere, capite che libertà?”
Così la donna esprime a Calabresi la sua gioia per l’acquisto fatto e per
la consapevolezza di non dover più passare le ore a lavare i panni a mano
potendosi così prendere degli spazi liberi.
“Franca Valeri fa l’elenco di un mondo perduto ma non ha nessuna
amarezza, solo una dolce nostalgia.”
La protagonista di questo racconto è Franca Valeri, un'attrice e
sceneggiatrice italiana di ormai novant’anni. Quest’ultima fa un elenco
delle cose materiali e degli usi comuni ormai non più in uso, come per
esempio il “dopocena”, il rispetto nel fare acquisti, le stagioni e le
rispettive sfumature e la villeggiatura.
Il capitolo conclude con questa affermazione:
“Le ho detto per due ore che è cambiato tutto, ma forse non è vero: i
pretesti, le mentalità e i vizi, quelli sono sempre gli stessi. Prenda uno dei
personaggi del mio teatro, la Cesira, l’impiegata milanese. Lei è rimasta
uguale, si è solo aggiornata ai tempi: oggi, invece di avere l’ansia di
trovare marito, ha l’ansia di trovare l’amante”.
Il racconto inizia con la trascrizione di alcune mail che
arrivano a Calabresi il cui contenuto è pieno di sconforto e di
lamentele nei confronti delle condizioni precarie in cui molti
giovani si trovano. A queste mail paragona alcune
testimonianze di uomini che sono vissuti poco prima della
metà del Novecento in povertà. Da questi testi emerge come
una volta si vivesse con uno spirito diverso, non dominava la
lamentela nonostante la povertà in cui si viveva. Calabresi
inoltre fa degli esem652èìpi storici concreti che dimostrano
quanto sia sbagliato idealizzare il passato come “l’età
dell’oro”.
“Ma siamo davvero sicuri che ci sia stata una mitica età dell’oro da
rimpiangere? Guardo al secolo scorso e vedo guerre, macerie, stermini,
odio ideologico, giovani che si sprangano, terrorismo, stragi, iniquità,
disoccupazione, inflazione alle stesse e ingiustizie assortite […] E’ quello
il mondo da rimpiangere? Quello della P2, del terrorismo rosso e nero
che sparava a chi usciva di casa, delle bombe nelle banche, sui treni e
nelle stazioni, dei segreti inconfessabili? Oppure quello del ventennio
fascista, di due guerre mondiali, delle deportazioni nei campi di
sterminio, della fame? Quale mondo era così più bello e perfetto di
questo? Cosa abbiamo da invidiare voltando la testa indietro?”
“Quel che ho passato ho passato: 18 figli ho avuto e sono morti in dieci.
Allora non c’era la penicillina, un colpo d’aria e morivano.”
“Certo che avevamo una percezione più positiva della realtà.
Pensa che a casa mia non avevamo neppure il bagno: di giorno
o di notte ti dovevi sempre vestire per uscire in cortile. Ma
là fuori c’era solo la turca e, per fare la doccia, io e mio
fratello andavamo due volte alla settimana nel retro della
panetteria dello zio, portandoci da casa il sapone e un
sacchetto con la biancheria pulita di ricambio. Non ci
lamentavamo, e io ricordo quasi con nostalgia il freddo di
quella doccia che serviva ai fornai per lavarsi all’alba quando
avevano finito di lavorare le michette o i filoni […] I genitori
avevano la certezza che i figli sarebbero stati meglio, e così
il domani sembrava una cosa solida”.
Umberto Veronesi, il più famoso oncologo d’Italia fa un
confronto con la società del 1925 circa e quella
contemporanea. Anch’egli arriverà a sostenere che l’epoca
precedente a questa non è da idealizzare come perfetta.
“Ricordo il fascismo, la guerra, la ferocia del nazismo, la
fame del dopoguerra; ricordo la miseria, poi con il
benessere la paura dei rapimenti […] ricordo quando dicevi
“tumore” e significava “sei spacciato”, quando sui giornali
non si scriveva mai quella parola ma “male incurabile”;
ricordo quando l’unico strumento per individuare un cancro
al seno erano le mani; ricordo gli ospedali scalcinati,
l’assenza di qualunque terapia del dolore. Ricordo
esattamente quello che è successo negli ultimi ottant’anni
e per questo le dico: le sembra che ci sia qualcosa da
rimpiangere? […] Se guardiamo indietro e lo facciamo con
onestà, allora non possiamo raccontarci che c’era un’età
dell’oro. Questa idea è figlia dell’autofustigazione che va
tanto di moda, non se ne può più di questo piangersi
addosso”.
“I giovani di oggi a me sembrano bravissimi, sono più
evoluti e riflessivi di noi, vengono messi all’indice perché
fanno tardi la notte, perché tirano l’alba nei fine
settimana, ma io li capisco: sono oppressi da una società
adulta che non gli lascia nessuno spazio, nel lavoro, nella
ricerca, nell’università e allora loro si impossessano della
notte, l’unico spazio libero rimasto”
Questa affermazione la sento mia!
Il protagonista di questo testo è Massimo Moratti, l’attuale
presidente dell’Inter e vuole dimostrare il fatto che non è
veritiero quando si afferma che la violenza e la criminalità negli
stadi è aumentata nel corso del tempo, tutt’altro. Egli vivendo da
piccolo nei pressi del Meazza ha ben in mente molteplici episodi
di violenza estrema avvenuti nel passato.
“Quelli che dicono che una volta allo stadio non c’era violenza, o
non andavano allo stadio o se ne sono dimenticati”.
I protagonisti di questo capitolo sono tre: De Rita, Mario Deaglio e
Juan Carlos De Martin. Entrambi sostengono la tesi che nella società
odierna gli spazi dedicati per i più giovani e le opportunità per questi
sono molto limitati.
Anche in questo brano si vuole far emergere il filo conduttore di quasi
tutte le interviste, ovvero che non bisogna rimpiangere un’età idilliaca
che non è mai esistita
“C’è un problema che unisce gli anziano che hanno nostalgia del passato
e lo dipingono come fosse l’età dell’oro, e i giovani, che pensano di aver
davanti il nulla: la mancanza di spazi e di orizzonti” .(De Rita)
“Mi chiedi perché oggi c’è questo clima? E’ perché c’è la
percezione che questo Paese non va avanti. Io sapevo che
avrei guadagnato più di mio padre e anche lui lo sapeva, e
questo lo faceva sentire bene, così i miei genitori
avevano ragionevole speranza che io e mio fratello
saremmo vissuti meglio di loro. Oggi, invece, c’è la
sensazione che i figli staranno peggio dei genitori e che
nel Paese non ci sia più spazio. […] Questa sensazione di
asfissia è aggravata dalla quantità abnorme di
burocrazia, tasse, costi e regole che gravano su ogni
attività”.
(Mario Deaglio)
“Il concetto di spazio è fondamentale per capire i problemi
dell’Italia di oggi. Negli Stati Uniti tutto è più largo e mobile: prima
della crisi, ogni anno una persona su sette cambiava luogo di lavoro;
la loro è una scelta è più vasta e con più opportunità, quindi con
meno invidia. Qui invece, quelli che hai intorno a te, i colleghi o
anche gli amici, te li tieni per tutta la vita, così sei costretto a
tenerne continuamente conto, e questo ti frena e ti inibisce.
L’atteggiamento peggiore è quello di guardare con sospetto chi
cerca di emergere, chi ha idee e proposte nuove. E’ questa l’altra
grande differenza : la società americana ha un pregiudizio
favorevole per il nuovo, mentre da noi c’è un pregiudizio negativo. Il
messaggio che passa è che sia meglio stare tutti nel fango
piuttosto che lasciare uscire fuori qualcuno”.
(Juan Carlos De Martin)
Questi capitoli trattano la svolta che c’è stata con
l’invenzione della macchina fotografica digitale, quindi con la
fine dell’utilizzo dei rullini e l’invenzione dei cellulari quindi
l’abolizione dei gettoni per le cabine telefoniche.
Con questi piccoli esempi, che possono apparire anche banali,
Calabresi vuole marcare la concezione che hanno portato
tutte le tecnologie emergenti: IL TUTTO E SUBITO.
Questo brano tratta tre interviste fatte a Jovanotti,
Federico Grom ed infine a Guido Martinelli. Tutti
sostengono che le critiche e le lamentele dei più
giovani sono sintomo di passività e mancata reazione
alle loro condizioni di vita.
“La cultura della lamentela in questi anni ha raggiunto livelli terribili, è
la cosa più negativa che ci sia, perché cancella davvero ogni possibilità
di riscatto e di cambiamento. Innamorarsi delle proprie sfighe è
rassicurante e ti fa vivere in un territorio protetto, in un mondo che
riconosci e ti rassicura. Ogni epoca impone una forma di resistenza, la
nostra è non essere lamentosi”.
(Jovanotti)
“Si potrebbe obiettare che per te è facile parlare con ottimismo, tu sei
Jovanotti, vendi milioni di dischi, riempi i palazzetti e fai una bella
vita”. “ Ma mica ci sono nato Jovanotti!”
(Jovanotti)
La protagonista di questo racconto è Amal, una ragazza marocchina di soli
13 anni che vive in Liguria da molti anni. Il suo spirito dovrebbe
influenzare o essere d’ispirazione per molti giovani italiani. Questa
ragazzina, davvero brava a scuola, studia con gusto ed interesse perché
consapevole che tanto impegno sarà motivo di guadagno e realizzazione
lavorativa in futuro.
“La vita è questione di volontà, se uno non vuole non fa. Io non voglio
proprio accontentarmi, voglio poter scegliere, voglio provare a puntare in
alto e a conquistarmi la mia libertà”.
Questo brano ha un accento autobiografico, in quanto
Calabresi racconta le sue esperienze universitarie e la sua
forte passione per il giornalismo. Calabresi ama così tanto ciò
che studia che non si arrende nonostante le circostanze non
siano sempre state così favorevoli nelle sue esperienze; ha
così tanta tenacia che non si fa sottomettere dalle prove che
deve superare, ma le affronta tutte a testa alta finchè
riesce a raggiungere i suoi scopi. Purtroppo questo spirito è
sempre più assente nello spirito degli italiani e non facilita
certamente la risalita dalla crisi.
“La sua storia racconta le opportunità che l’Italia coglie, quelle che
spreca, le necessità di immaginare e di rischiare, e di come scommettere
sui più giovani possa essere un ottimo affare anche per i più vecchi”.
Questo racconto ha come protagonista Loris Degioanni, un ragazzo che
inventa per la sua tesina universitaria un nuovo software (WinPcap). Non
vedendo sbocchi lavorativi in Italia decide di trasferirsi in Nuova
Zelanda e successivamente sarà chiamato da John Bruno, un uomo ormai
settantenne residente in California proponendogli un’offerta di lavoro
importante. L’attività creata dai due dopo anni di sacrifici verrà poi
rilevata da una grande compagnia e questo sarà motivo per loro di
arricchirsi e di diventare famosi nel campo informatico.
Il racconto in questione ha come protagonista Giuseppe Masera un
dottore che iniziò ad occuparsi di oncologia pediatrica nel 1964 e
trattava nello specifico i casi di leucemia. Egli racconta a Calabresi un
episodio della sua vita in cui, Lorena, una bambina che lui curava,
nonostante la leucemia fosse un male incurabile, ha un desiderio così
forte di vivere che non smetterà mai di reagire, finchè riuscirà a
guarire diventando uno dei primi casi in Italia di guarigione di leucemia.
Con questa testimonianza si vuole anche evidenziare il fatto che la
ricerca scientifica è sempre più migliorata nel corso del tempo, tanto
che oggi come oggi, molti tumori sono curabili attraverso varie terapie
scoperte col passare del tempo.
Il protagonista di quest’ultima intervista è l’astrofisico Giovanni Bignami
il quale raccontale più grandi scoperte del secolo in campo
fisico/astronomico, come per esempio la scoperta del neutrone. E’ un
uomo davvero affascinato dalla realtà perché sa perfettamente le
composizioni chimiche di ciò che ci circonda ed è mosso da una curiosità
invidiabile.
“Abbiamo bisogno di grandi progetti, di grandi visioni e di stimolare la
fantasia della gente. Dobbiamo tornare ad avere fame di avventura e di
scoperte. Dobbiamo ricominciare a guardare in direzione delle stelle,
perché significa alzare la testa, avere la vista lunga ed immaginare altri
mondi”.
L’ottimismo di Calabresi mi ha fatto provare un sentimento di
libertà mentre lo leggevo, mi ha dato la carica giusta per affrontare
i problemi della vita. Mi ha permesso di aprire gli occhi, dato che
anch’io ho sempre sostenuto che il passato andasse rimpianto e che
le generazioni passate dovessero solo che ritenersi fortunate a non
nascere in questo periodo. Ho capito invece che, nonostante le
circostanze siano ardue la determinazione e le passioni di ognuno
possono essere motivo determinante per riuscire nella propria
realizzazione. Il futuro è nei giovani e proprio questi giovani,
dovrebbero capire che le potenzialità ci sono ed esserne
consapevoli anche se la situazione politica Italiana, fa intendere
tutt'altro.