il diritto all`istruzione

Transcript

il diritto all`istruzione
IL DIRITTO ALL'ISTRUZIONE
vademecum per la tutela dei diritti dei nostri figli
Avv. Roberto Mastalia
www.emergenzautismo.org
1
Questa serie di articoli dedicata alla tutela dei diritti dei disabili, in realtà, seguendo un criterio
strettamente temporale, sarebbe dovuta iniziare trattando del riconoscimento dell’handicap e dei
diritti ad esso collegati (legge 104/92, indennità di frequenza, indennità di accompagnamento etc.),
ma l’approssimarsi dell’inizio della scuola rende più imminente dare delucidazioni relativamente al
diritto all’istruzione.
Premessa necessaria è che, logicamente, gli articoli saranno commisurati alla problematica
autistica ma il loro valore, ad eccezione di modeste modificazioni, rimane inalterato anche in
relazione ad altre disabilità.
Alcuni mesi or sono, nel corso delle mie quotidiane ricerche di materiale, ci si è imbattuti in un
articolo a firma G. Benedetti destinato agli insegnanti per una conferenza su bambini difficili a
scuola1 che inizia come segue: “I bambini che creano più difficoltà agli insegnanti per la gestione della
classe sono solitamente quelli che non rispettano le regole, non danno retta agli adulti e pretendono di fare
come pare a loro. E in più si oppongono e reagiscono malamente ai tentativi di mettere limiti al loro
comportamento, disturbano il lavoro della classe, provocano i compagni e creano situazioni di scontro fisico
e a volte di rischio per l’incolumità loro, dei compagni e a volte anche degli adulti”. Successivamente
l’autore indica due categorie di soggetti; da una parte “…bambini di normale intelligenza e sviluppo” ma
con comportamento che potremmo definire problematico; dall’altro “…bambini con handicap psichico
e relazionale, riconosciuto in base alla legge 104/92 e seguiti di solito con insegnati di sostegno educatore
scolastico e altri interventi. Si tratta per lo più di bambini diagnosticati come autistici, con ritardo mentale
più o meno complicato da disturbi neurologici…”.
Si eviterà di sottolineare come sia universalmente riconosciuta la funzione formativa della presenza
di un soggetto cd “problematico” all’interno di una classe per evitare di cadere nel medesimo
qualunquismo del quale è intriso l’articolo di cui sopra; ci soffermeremo invece sul termine
“difficoltà”, su chi possa crearne realmente all’interno di una classe e su chi, sostanzialmente, possa
essere considerato un “problema” nell’ambito della classe stessa.
Nella mia pluriennale esperienza di padre di un bambino autistico, prima ancora che di avvocato,
ho toccato con mano le difficoltà che si trovano quotidianamente di fronte i bambini autistici, le
rispettive famiglie, le insegnanti – di ruolo e di sostegno – gli assistenti, i terapisti e gli altri
bambini.
Durante le mie peregrinazioni in giro per l’Italia per seguire cause o partecipare a convegni ho
avuto modo di conoscere centinaia, per non dire migliaia, di bambini autistici giungendo alla
conclusione che il bambino autistico diventa un “problema” per la scuola solo in presenza di due
requisiti: da una parte un grave deficit nella terapia che non sia in grado di rimuovere le
problematiche di natura organica che, interferendo con il sistema nervoso, creano una serie di
disturbi anche gravi; dall’altra la mancata instaurazione di un rapporto “umano” ancor prima che
collaborativo tra bambino autistico ed insegnante di sostegno e, conseguentemente, con le altre
insegnanti e con il resto della classe.
2
Nel primo caso si è dimostrato in questi ultimi anni a livello internazionale come una dieta
privativa di glutine e caseina, l’eliminazione di altre sostanze per le quali il soggetto ha dimostrato
una particolare intolleranza, l’uso di integratori e di prodotti naturali o omeopatici, sono in grado
di rimuovere quelle problematiche di natura organica che, provocando dolore o comunque
interferenze neurologiche o di altra natura nel bambino, ne alterano il comportamento evitando
l’uso degli psicofarmaci.
Nel secondo caso il problema investe direttamente, oltre alle problematiche del bambino, le
capacità umane e professionali dell’insegnante di sostegno.
In mancanza di ciò, ogni intervento di natura psicologica o psichiatrica, limitandosi a cercare di
controllare i sintomi piuttosto che a rimuoverne le cause, è destinato al fallimento.
Nella stragrande maggioranza delle occasioni nelle quali sono stati evidenziati “comportamenti
problema” da parte del bambino si è potuto infatti constatare come tali comportamenti fossero
indirizzati sostanzialmente nei confronti dell’insegnante di sostegno e non dei compagni di classe.
Molto spesso, inoltre, in seguito ad una serie di colloqui effettuati con il personale insegnante, con
gli operatori pubblici e/o privati coinvolti e con i genitori, è emerso che l’insegnante di sostegno
aveva espresso giudizi negativi sul bambino in sua presenza, definendolo incapace di comprendere
quello che gli veniva insegnato ovvero utilizzando epiteti più offensivi tipo “idiota” o “stupido”.
In altre occasioni sono stati gli stessi bambini, utilizzando la comunicazione facilitata e scrivendo al
computer, a spiegare dettagliatamente il perché del loro atteggiamento e la causa delle difficoltà nei
rapporti con l’insegnante.
Naturalmente, il problema dell’accesso all’insegnamento ed in particolare al sostegno è ben più
grave e diffuso di quanto non possa essere affrontato in questa sede, anche alla luce delle
“demenziali” proposte di modifica attualmente al vaglio del parlamento (vedi privatizzazione del
sostegno) per cui si rimanda ad un apposito articolo di prossima uscita sull’argomento.
Tornando al diritto allo studio, l’argomento verrà affrontato suddividendolo nei seguenti capitoli:
-. Il riconoscimento dell’handicap e della legge 104/92;
-. Il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.);
-. Il diritto al sostegno: rapporto 1:1, intero monte ore previsto e diritto all’integrazione del
sostegno con un assistente per l’autonomia o per la comunicazione;
-. Il diritto ai trasporti scolastici gratuiti;
-. Luogo e modalità di svolgimento della didattica;
-. La tutela dei diritti.
IL RICONOSCIMENTO DELL’HANDICAP E DELLA LEGGE 104/92
L’accesso ai diritti riconosciuti dal vigente ordinamento in favore della disabilità per il diritto allo
studio ed all’integrazione scolastica passa necessariamente per il riconoscimento medico-legale
3
dell’esistenza di una grave disabilità. In questo senso, si possono definire come propedeutici sia il
riconoscimento dell’handicap che della legge 104/92.
Fino al 31.12.2009 l’organismo deputato all’accertamento dello stato di handicap e di disabilità del
soggetto era la commissione medico-legale costituita in sede di ASL ma a far data dal 01 gennaio
20102 detta commissione medica è stata integrata da un medico dell’INPS; ente, questo, divenuto a
tutti gli effetti responsabile dell’accertamento definitivo. Tanto è vero che la domanda, corredata
dagli allegati previsti3 va oggi presentata presso le sedi dell’INPS.
Dal riconoscimento dell’handicap, della disabilità e della legge 104/92 discendono una serie di
benefici tesi per esempio a rendere “…effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della
persona handicappata, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a
linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato,
docente e non docente” ed allo “adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi,
sportivi, di tempo libero e sociali”.4.
Il diritto allo studio trae la sua origine dapprima dall’art. 26 della Dichiarazione universale dei
Diritti dell’Uomo, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948 5,
quindi dagli artt. 3 e 34 della Costituzione della Repubblica Italiana, dagli artt. 12-16 della legge
quadro n. 104 del 05.02.1992 oltre che da una serie di leggi, decreti ed atti normativi minori
susseguitisi nel corso degli anni.
La legge 104/92 definisce la persona handicappata come “…colui che presenta una minorazione fisica,
psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. La
persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla
consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie
riabilitative”.6
Scopo fondamentale della normativa di riferimento è quello di consentire alle persone
handicappate di poter avere un’educazione ed una formazione adeguate da una parte alle proprie
difficoltà e dall’altra alle proprie aspirazioni, capacità e peculiarità in modo tale da consentire a tali
soggetti una conseguente migliore integrazione nel tessuto sociale anche attraverso il successivo
accesso al mondo del lavoro.
Prima dell’emanazione ad opera del legislatore della legge 104/92, che costituisce come spesso
accade in questo paese la presa d’atto di una serie di situazioni già affrontate e risolte in altra sede,
soprattutto giudiziale, la normativa di riferimento per l’inserimento e l’integrazione degli alunni
disabili nelle scuole era contenuta nella Circolare Ministeriale n. 262 del 22.09.1988 che aveva
fatto seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 03.06.1987. Con la successiva
approvazione della legge 104/92 il legislatore ha quindi cercato di dare organicità ad una materia
fino ad allora piuttosto frastagliata; in particolare, quelli relativi al diritto allo studio sono gli
articoli che vanno dal n. 12 al n. 16 della legge 104/927.
4
IL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (P.E.I.).
Il primo passo dell’integrazione è costituito dall’individuazione dell’alunno come persona
handicappata e dalla redazione della DIAGNOSI FUNZIONALE (DF) 8 intesa come “…descrizione
analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico dell’alunno in situazione di handicap, al
momento in cui accede alla struttura sanitaria per conseguire gli interventi previsti dagli articoli 12 e 13 della
legge n. 104 del 1992” alla redazione della DF provvede l’unità multidisciplinare
della quale
dovrebbero far parte un medico specialista per la patologia segnalata, un neuropsichiatra infantile,
un terapista della riabilitazione e gli operatori sociali in servizio presso la ASL.
Tale documento, costituito dall’acquisizione di elementi clinici (visita medica ed acquisizione di
documentazione medica preesistente) e di elementi psico-sociali costituiti dai dati anagrafici del
soggetto e dai dati relativi al suo nucleo familiare, si deve articolare in accertamenti quali
l’anamnesi fisiologica e patologica prossima e remota del soggetto e la diagnosi clinica dovendo
tenere presenti l’aspetto cognitivo, quello affettivo-relazionale, quello linguistico, sensoriale,
motorio-prassico, neuropsicologico e quello relativo all’autonomia personale e sociale.
Tale documento, redatto in forma di scheda riepilogativa, deve essere terminato in tempo utile per
la realizzazione del PEI e comunque entro la fine di luglio.
All’atto dell’ingresso a scuola si procede all’acquisizione della documentazione medica risultante
dalla diagnosi funzionale e si procede alla stesura di un PROFILO DINAMICO-FUNZIONALE
(PDF)9 necessario alla stesura del PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO 10 (PEI) che risulterà
essere il documento di riferimento sia per la storia scolastica del bambino sia per ottenere il
riconoscimento dei diritti; documento, quindi, di importanza assolutamente fondamentale.
Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola
elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore 11.
La mancata condivisione di quanto contenuto nella DF e nel PDF potrà essere evidenziata dalla
mancata sottoscrizione dei documenti alla quale faccia seguito l’invio di un’istanza per la loro
revisione.
Il PEI, così come indicato dall’art. 14 legge 328/2000 12, deve indicare le caratteristiche fisiche,
psichiche, sociali ed affettive dell'alunno evidenziando sia le difficoltà di apprendimento
conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che
devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle
scelte culturali della persona handicappata. Per questo motivo, alla definizione e stesura del PEI
dovrebbero provvedere gli operatori delle ASL, il personale insegnante specializzato della scuola e
l’insegnante operatore psico-pedagogico in collaborazione con i genitori del bambino.
L’assoluta insufficienza, sia qualitativa che quantitativa, degli interventi messi a disposizione delle
famiglie dalle ASL, derivanti sia da problemi economici, sia da problemi di personale sia
soprattutto da fondamentali problemi di natura latamente “filosofica” in quanto miranti a limitare
5
gli effetti piuttosto che a ricercare e quindi ad eliminare le cause, hanno fatto sì che negli ultimi
anni proliferassero le terapie cd “complementari” affidate a medici e terapeuti privati.
Considerato che oramai sempre più spesso i bambini disabili che iniziano il percorso scolastico
hanno già da tempo iniziato un percorso terapico-rieducativo con un consulente privato, si ritiene
assolutamente necessario che alla stesura sia del PDF che del PEI partecipi anche questo
professionista anche al fine di “omogeneizzare” e concordare al massimo gli interventi nei confronti
del bambino. Nell’autismo, ancor più che in altre forme di disabilità, è assolutamente fondamentale
che le indicazioni date al bambino siano quanto più univoche possibili.
Va da sé che, affinché il PEI possa svolgere appieno le sue funzioni, il documento deve essere
redatto prima dell’inizio dell’anno scolastico o, stante il ritardo con il quale vengono normalmente
nominati gli insegnanti di sostegno, soprattutto nel caso del primo anno è comprensibile possa
essere redatto anche successivamente, in ogni caso entro il mese di ottobre.
Nel corso dell’anno scolastico è opportuno vengano effettuate una serie di verifiche con cadenza
almeno trimestrale: la prima è opportuno intervenga abbastanza presto, entro la fine di ottobre,
per verificare la rispondenza del PEI alle esigenze del bambino ed agli obiettivi prefissati mentre le
successive possono intervenire a febbraio/marzo ed a giugno. Naturalmente, è sempre possibile
richiedere verifiche straordinarie in conseguenza di imprevisti di vario genere (problemi di salute,
cambi di insegnanti o terapie etc.) che rendano opportuno rivedere gli indirizzi precedentemente
concordati.
Si ricorda che il PEI è il documento di maggiore importanza per poter ottenere i benefici previsti ex
lege e per la tutela dei diritti dell’alunno disabile per cui si consiglia vivamente ai genitori non solo
di partecipare attivamente alle riunioni per la stesura e per l’aggiornamento del PEI ma anche di
verificare che quanto discusso ed approvato sia stato correttamente riportato nel documento
facendosene consegnare copia.
Anche il questo caso qualora la famiglia non dovesse condividere il contenuto del PEI potrà evitare
di sottoscriverlo inoltrando un’istanza scritta di revisione; in caso di mancato accoglimento
dell’istanza, potrà poi eventualmente procedere giudizialmente.
Si ricorda inoltre che quello ad ottenere il PEI è un vero e proprio diritto come sancito anche dal
TAR Catania in data 12.02.2010.
Naturalmente il PEI dovrà essere coordinato con il PROGRAMA EDUCATIVO DIDATTICO (PED)
detto anche “programmazione” riguardante apprendimenti e competenze che i docenti mirano a
promuovere negli alunni attraverso interventi sistematici, basati su espliciti indirizzi pedagogici e
metodologici.
L’importanza del PEI sarà comunque meglio evidenziata nel successivo paragrafo.
6
IL DIRITTO AL SOSTEGNO: RAPPORTO 1:1, INTERO MONTE ORE PREVISTO E
DIRITTO ALL’INTEGRAZIONE DEL SOSTEGNO CON UN ASSISTENTE PER
L’AUTONOMIA O PER LA COMUNICAZIONE.
In attesa che il Parlamento si esprima in merito alla indecente proposta di legge che vorrebbe
privatizzare il sostegno al solo fine di ridurre le spese autorizzando, in teoria, i dirigenti scolastici a
definire progetti con la collaborazione di non meglio precisati “soggetti privati” 13 ma in realtà
scaricando una volta di più sulle spalle della famiglia i costi sociali dell’integrazione del bambino,
prendiamo atto con disappunto del mancato accoglimento della proposta che prevedeva la
possibilità, ai fini della continuità didattica, di permanenza del docente di sostegno per l’intero
ciclo scolastico nell’ambito di quello che è divenuto il DL 13.05.2011 n. 70 14, ad ulteriore riprova di
una classe politica e di un Parlamento incapaci da quasi un ventenni di produrre atti normativi
anche solo “decenti” in ogni campo e che hanno definitivamente perso il contatto con la società;
non è un caso, infatti, che le norme più significative sono state emanate nell’ambito della tanto
bistrattata “prima repubblica” antecedentemente al 1993.
La situazione attuale è quindi rimasta la seguente.
In primo luogo va precisato che la figura dell’insegnate di sostegno non deve in alcun modo
sostituirsi agli insegnati curricolari che rimangono a tutti gli effetti responsabili dell’educazione del
bambino anche se, nella prassi, tendono a disinteressarsi del “problema” lasciandolo integralmente
nelle mani dell’insegnante di sostegno.
Mentre nel nostro Paese si susseguono le norme che richiedono inutili quanto costosi corsi di
specializzazione e di aggiornamento anche per le materie più assurde (come ben sanno gli
appartenenti alla categoria forense) al solo scopo di far guadagnare denaro a chi organizza tali
corsi, in una materia di grande rilevanza come il sostegno è demandato sostanzialmente alla buona
volontà degli insegnanti.
Col passare degli anni infatti si è passati dal titolo di specializzazione polivalente previsto dal DPR
970/75 che consentiva di acquisire competenze teoriche alle quali faceva seguito un tirocinio
pratico per le tre diverse tipologie di handicap (visiva, uditiva e psicofisica) ad una serie di
interventi incoerenti e contraddittori che hanno contribuito a rendere ulteriormente nebulosa la
materia.
La vigente normativa conferisce alla laurea in scienze della formazione primaria il valore di “…
esame di stato e abilita all’insegnamento, rispettivamente, nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria”
per cui i docenti della scuola dell’infanzia (già scuola materna o asilo) e della scuola materna (già
scuole elementari), per poter conseguire l’abilitazione al sostegno, debbono aggiungere alla
predetta laurea la frequenza di un corso semestrale aggiuntivo di quattrocento ore presso la
medesima facoltà di scienze della formazione primaria.
7
Il primo problema del sostegno è legato alla possibilità di passare da una graduatoria all’altra da
parte degli insegnanti per cui in sostanza, anziché essere una carriera a sé stante intrapresa da
personale docente motivato, si rivela essere il ripiego a cui ricorrono i docenti rimasti privi di ruolo
al solo scopo di poter maturare punteggio utile per gli anni successivi. Per questo motivo il
Parlamento avrebbe fatto meglio ad interessarsi anche a questa “separazione delle carriere” anziché
concentrarsi esclusivamente su quella dei magistrati!
Un secondo problema è dato dalla formazione professionale dei docenti. Pur nella sua
incompletezza, il predetto DPR 970/75 aveva già individuato la necessità di suddividere la
“specializzazione” del sostegno in almeno tre diverse branche. Oggi, alla luce del moltiplicarsi delle
forme di disabilità e della maggior consapevolezza della loro causa, appare ancor più necessaria
una specializzazione che possa permettere agli insegnanti di sostegno di approcciarsi nel modo
migliore con l’alunno disabile.
E’ di tutta evidenza infatti, anche ai profani, che sia assolutamente diverso per un insegnante avere
a che fare con un bimbo privo di vista, privo di udito, sordo-cieco, paraplegico o tetraplegico,
affetto dalla sindrome di Down, psicotico o autistico; senza considerare poi che nel solo ambito
dello “spettro” autistico i bambini potrebbero essere ulteriormente suddivisi in molteplici
sottogruppi a seconda delle rispettive caratteristiche. Da qui l’assoluta incompletezza della
preparazione generica fornita attualmente agli insegnanti di sostegno per cui, come già detto in
precedenza, è legittimo affermare che la preparazione dell’insegnate di sostegno è demandata
pressoché esclusivamente alla sua sensibilità ed alla sua buona volontà.
Senza considerare poi che i (pochi) corsi di aggiornamento che possono essere definiti tali sono
organizzati privatamente con costi notevoli per chi, come spiegato in precedenza, può essere
definito ancora precario.
In tale contesto appare chiaro come quella di “incappare” in un insegnate di sostegno capace e
sensibile è una mera possibilità (rara) rimessa al caso piuttosto che un diritto previsto per legge.
La richiesta di un insegnante di sostegno deve essere naturalmente preceduta e corredata dal
riconoscimento dell’handicap e della legge 104/92 ed essere avanzata alla direzione didattica
all’atto della richiesta di iscrizione alla scuola.
In primavera il Dirigente Scolastico è tenuto a richiedere al Centro Servizi Amministrativi (già
Provveditorato agli Studi) l’assegnazione complessiva al proprio istituto di un numero di insegnati
di sostegno adeguato alle iscrizioni ricevute e quindi alla quantità, tipologia e gravità delle
disabilità evidenziatesi nel corso delle DF, delle PDF e dei PEI.
Nei mesi successivi – purtroppo sempre troppo tardi – il Dirigente Scolastico procede di concerto
con il Gruppo di Lavoro sull’Handicap (GLH) 15 alla ripartizione di tali risorse con modalità non
meglio precisate ma, tendenzialmente e logicamente, tenendo conto delle rispettive esigenze e della
gravità dei casi. A tal proposito va precisato che i Dirigenti Scolastici debbono anche avanzare
richiesta di deroghe per i casi certificati di situazioni di gravità 16 in base a quanto previsto dal DL
8
78/2010 che ha preso atto di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.
80/201017 in merito all’illegittimità della legge finanziaria 2008 sia nella parte in cui fissava un
limite massimo al numero degli insegnanti di sostegno sia nella parte in cui escludeva la possibilità
di assunzione di insegnanti di sostegno in deroga.
Non pago, il Governo ed in particolare la ministra Gelmini hanno cercato comunque di procedere
al taglio dell’organico degli insegnanti incorrendo però nella pronuncia del TAR del Lazio
dell’aprile 2011 con la quale tali tagli sono stati dichiarati illegittimi 18.
Una volta effettuate le scelte e portate a conoscenza della famiglia, questa potrà eventualmente
ricorrere in giudizio avverso le stesse, qualora non conformi alle proprie esigenze ed aspettative.
Al fine di evitare, se possibile, il contenzioso si consiglia alla famiglia di avanzare le proprie
richieste in merito al sostegno sin dalla fine del precedente anno scolastico e comunque durante il
periodo estivo; anche qualora non dovessero essere prese in considerazione le istanze
costituirebbero comunque un importante precedente; a tal proposito si consiglia di inviare le
richieste ai seguenti indirizzi: ufficio scolastico regionale, ufficio scolastico provinciale, gruppo
lavoro provinciale alunni diversamente abili (ove esistente), gruppo di lavoro sull’handicap
scolastico, e direzione scolastica.
Nel corso degli anni e soprattutto negli ultimi tre anni sono stati molteplici i tentativi da parte del
Governo di limitare normativamente le proprie responsabilità relativamente al sostegno. Agli
esempi fatti in precedenza, si aggiungono anche il continuo taglio ai finanziamenti per la scuola ed
il tentativo di allargare illegittimamente le competenze dell’insegnante di sostegno considerato
sempre di più un insegnante a “sostegno” della classe piuttosto che dell’alunno disabile. Da qui
l’utilizzo dell’insegnante di sostegno per sopperire ai deficit di organico, soprattutto in conseguenza
di malattie e permessi degli insegnati di ruolo, il tentativo di andare aldilà del rapporto 1:1 tra
disabile ed insegnante e quello di limitare le ore di copertura.
Fortunatamente, i tentativi di cui sopra hanno finora trovato un ostacolo insormontabile nella
giurisprudenza. Abbiamo già avuto modo di illustrare la sentenza della Corte Costituzionale ma nel
corso degli anni molteplici e quasi sempre univoche sono state le pronunce dapprima dei giudici
ordinari e quindi di quelli amministrativi relativamente al rapporto 1:1, soprattutto se previsto dal
PEI o già ottenuto in precedenza, al diritto alla continuità didattico-educativa con il medesimo
insegnante di sostegno, al diritto alla copertura dell’intero monte orario 19 etc..
Nonostante quindi la giurisprudenza si sia espressa sostanzialmente a favore dei ricorrenti, ad oggi
i dati indicano come nelle scuole italiane di ogni ordine e grado gli alunni disabili siano circa
185.000 a fronte di circa 93.000 insegnati di sostegno; da ciò si evince come le famiglie siano
ancora piuttosto titubanti nel ricorrere in giudizio per tutelare i propri diritti.
Con l’approvazione delle legge n. 67/2006 è stato inoltre introdotto un nuovo strumento a tutela
dei disabili; la norma infatti introduce la possibilità di adire il giudice ordinario in caso di
9
discriminazioni dirette o indirette nei confronti di un disabile come sarà meglio illustrato in
seguito.
Oltre all’insegnate di sostegno, l’alunno disabile può usufruire anche di un ASSISTENTE PER
L’AUTONOMIA O LA COMUNICAZIONE che possa aiutare il bambino per tali problematiche
supportando il lavoro degli insegnanti.
Come indicato dal nome tale figura non si deve sovrapporre né tantomeno sostituire all’insegnante
di sostegno o agli insegnati curricolari ai quali spettano sia i compiti educativi che quelli didattici
indicati dai programmi scolastici e dal PEI limitandosi ad “assisterli”. Nella prassi però, causa la
continua riduzione del numero degli insegnanti di sostegno e delle ore a questi assegnate, la figura
dell’assistente per l’autonomia è stata illegittimamente utilizzata come un “surrogato” e quindi
“caricata” di indebite responsabilità educative e didattiche.
Alla fine dell’anno scolastico o comunque entro il periodo estivo, analogamente a quanto indicato
per l’insegnate di sostegno, le famiglie interessate debbono presentare apposita istanza al Dirigente
Scolastico che provvede ad inoltrarla all’Ente locale competente per la nomina dello stesso 20 di
norma, previo intervento dei servizi sociali, nell’ambito di cooperative di servizi che collaborano
con la ASL di competenza.
La figura dell’assistente non è sostitutiva di quella dell’insegnante di sostegno (anche se spesso si
possono incontrare persone più sensibili e con una maggiore esperienza pratica con soggetti
disabili) per cui è fondamentale che la famiglia esiga che l’orario scolastico sia coperto interamente
dall’insegnate di sostegno potendo oraria sia quella massima; l’assistente potrà essere sempre
richiesto per coadiuvare la famiglia anche al di fuori dell’orario scolastico.
Se si pensa che nel 1997, secondo uno studio basato su interviste agli insegnanti di sostegno delle
scuole superiori21, è risultato che solo il 22% dei colleghi delle materie curricolari conosceva in
maniera “soddisfacente” la legge 104/92 c’è poco da stare allegri!
IL DIRITTO AI TRASPORTI SCOLASTICI GRATUITI.
Tra gli altri diritti previsti dalla legge 104/92 di particolare rilievo appare quello relativo ai
trasporti scolastici. E’ infatti evidente che la garanzia del trasporto scolastico può essere
considerato una sorta di “prerequisito” essenziale per l’accesso al diritto allo studio; requisito ancor
più importante per quei soggetti che, in conseguenza della natura della loro disabilità, hanno
problemi di autonomia e di mobilità
La prima norma che ha disciplinato la materia è stata la legge 118/71 22 che all’art. 28 prevedeva “…
il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola o del corso e viceversa, a carico dei
patronati scolastici o dei consorzi dei patronati scolastici o degli enti gestori dei corsi”. La norma destò sin
dalla sua entrata in vigore non poche perplessità non prevedendo forme di tutela e di supporto per i
disabili per i disabili che avessero voluto accedere all’istruzione superiore o universitaria in quanto
10
prevedeva che “sarà facilitata, inoltre, la frequenza degli invalidi e mutilati civili alle scuole medie superiori
ed universitarie".
Ancora una volta, perdurando l’immobilismo del legislatore, fu la giurisprudenza a provvedere in
tal senso. Con la sentenza n. 215/1987 la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale
della norma nella parte in cui prevedeva che la frequenza degli invalidi e mutilati civili alle scuole
superiori ed all’università fosse solo “facilitata” anziché “assicurata”.
Successivamente tale indicazione è stata ripresa dal legislatore all’atto della stesura della legge
104/92 agli articoli 12 e 13.
Per quanto riguarda la competenza, l’art. 139 del D.Lgs 112/1998 23 prevede che siano le Province
ad occuparsi dell'istruzione secondaria superiore mentre i Comuni sono competenti sulle scuole di
grado inferiore.
Nonostante la previsione normativa, varie sono state in questi anni le violazioni di tale diritto ad
opera di Enti alla costante ricerca di risparmiare sulle spese ma la giurisprudenza ha
costantemente riconfermato tale diritto.
LUOGO E MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLA DIDATTICA
Più volte famiglie di bambini autistici ci hanno scritto o telefonato lamentando il fatto che i
bambini fossero sistematicamente impegnati a svolgere attività ludica o didattica al di fuori
dell’aula della propria classe. Alla domanda su quale fosse la giustificazione, in maniera più o meno
diretta, ci si è sentiti rispondere che era per evitare che il bambino disturbasse la lezione.
E’ del tutto evidente che il bambino, in quanto membro di una classe, abbia tutto il diritto di
svolgere, per quanto possibile, le medesime attività previste per gli altri compagni di classe e di
permanere all’interno della medesima.
Una parte importante della terapia prevista non solo per i bambini autistici ma in generale per
tutte le disabilità prevede la socializzazione con gli altri bambini al fine di superare
psicologicamente la propria disabilità e di integrarsi per non sentirsi “diversi”, per cui è
assolutamente indispensabile che il bambino svolga le proprie attività, ancorché differenziate,
all’interno della classe.
Naturalmente, ciò non comprende le ore eventualmente trascorse del bambino in altre aule
attrezzate (con computer e/o altri strumenti) per lo svolgimento di attività didattiche mirate e
rientranti nel PEI e nel PED o per quei casi in cui si renda necessario far distrarre un attimo il
bambino per consentirgli di “ricaricare le pile” al fine di riprendere un’attività didattica che, si
ricorda, per loro è ancor più “pesante” che per gli altri bambini.
L’evoluzione di una società civile ha portato a grandi conquiste come l’eliminazione delle scuole e
delle classi differenziate per cui l’allontanamento sistematico del bambino dalla classe non ha
11
alcuna motivazione né sociale, né terapeutica, né tanto meno logica rispondendo ad esigenze
meramente egoistiche degli insegnanti e come tale può e deve essere combattuta con ogni mezzo:
dapprima oralmente, quindi per iscritto alle istituzioni e, eventualmente, anche giudizialmente.
D’altra parte è difficile immaginare che la pratica dell’allontanamento del bambino dalla classe sia
previsto dal PEI o dal PED; se così fosse sarebbe un ulteriore buon motivo per agire giudizialmente
al fine di rimuovere tale aberrante discriminazione
L’atteggiamento ostile o ribelle da parte di un bambino autistico può essere causato da:
-. un malessere “fisico” conseguente ad un problema organico;
-. un malessere “psicologico” derivante a sua volta da:
-. non essere rispettato dagli insegnanti;
-. non riuscire ad esprimere ciò che vorrebbe;
-. non riuscire a fare qualcosa.
Attualmente, rispetto ad alcuni anni or sono, alcune caratteristiche del bambino autistico tra le
quali la ricerca di luoghi nascosti o angusti e l’impossibilità a socializzare sono profondamente
cambiate in conseguenza sia del cambiamento delle cause scatenanti la sindrome sia degli
interventi dietetico-medico-terapeutici che vengono effettuati sia, infine, del rifiuto/inutilità della
somministrazione di psicofarmaci.
Di solito tali atteggiamenti si rivelano ostili esclusivamente nei confronti degli adulti, con
particolare riferimento agli insegnanti. Non dobbiamo dimenticare che il bambino autistico può
sentirsi “frustrato” per non sentirsi considerato o addirittura offeso se, come spesso accade, gli
insegnanti in sua presenza si lasciano andare a commenti poco edificanti se non offensivi su di lui
nell’erronea convinzione che il bambino non possa comprenderli. In realtà, per ignoranza della
problematica e per scarsa sensibilità, non si rendono conto che la difficoltà di esprimere
verbalmente o in altro modo le proprie sensazioni non comporta necessariamente l’incapacità di
comprendere fino in fondo il senso di ciò che viene loro detto, delle sensazioni che possono essere
trasmesse anche non verbalmente, anzi. I bambini, tutti i bambini, sono delle “spugne” ed hanno
una capacità pressoché illimitata di acquisire dati ed anche di elaborarli comprendendo ciò che
accade intorno a loro anche se può non apparire così agli occhi di chi non sia preparato dal punto di
vista “tecnico” oppure sufficientemente sensibile per cogliere alcuni messaggi.
Come già detto in precedenza, l’acquisizione da parte del bambino delle capacità di esprimere le
proprie sensazioni sia oralmente sia attraverso mezzi di comunicazione alternativa come la
comunicazione facilitata al computer hanno confermato quanto sopra riportato evidenziando le
altrui deficienze.
12
Infine, è anche possibile che il bambino attraversi un momento particolare a causa
dell’impossibilità ad esprimere quello che vorrebbe o per non riuscire a fare qualcosa.
Da ciò consegue che, come già detto in precedenza, un bambino che sia seguito con attenzione al
fine di rimuovere le cause organiche che lo portano talvolta ad atteggiamenti problematici, che sia
“rispettato” dalle insegnanti e dai compagni e che si senta parte integrante della classe difficilmente
darà luogo ad atteggiamenti ostili o, quanto meno, lo farà nei limiti nei quali tali atteggiamenti
possono essere posti in essere da tutti i bambini.
A parziale scusante, ma non a giustificazione, di tale prassi valga la considerazione che negli ultimi
anni i soggetti disabili sono andati moltiplicandosi a causa di fattori ambientali e di sciagurate
politiche mediche e che, causa l’incapacità da parte dei responsabili ASL di riconoscerle e
diagnosticarle24 è possibile possano convivere con altra disabilità riconosciuta come tale all’interno
della stessa classe in palese violazione di legge. Se poi si aggiunge che, soprattutto nelle scuole
materne e primarie, il numero dei bambini stranieri (comunitari o extracomunitari) che non hanno
padronanza della lingua italiana è in continuo aumento è chiaro che gli insegnanti si trovano a
dover fronteggiare contemporaneamente più situazioni “problematiche” con scarso per non dire
nullo ausilio da parte delle istituzioni.
In conclusione vale la pena ricordare i seguenti punti:
-. Le classi non possono ricomprendere più di un alunno disabile.
-. Gli insegnanti curricolari sono in ogni caso le titolari della classe per cui non possono
abbandonare il bambino all’insegnante di sostegno escludendolo dalla didattica di classe.
-. L’insegnante di sostegno è assegnato alla classe per coadiuvare gli insegnanti curricolari
nell’insegnamento all’alunno disabile per cui non può fungere da “tappabuchi” all’interno
dell’istituto.
-. Il bambino ha il diritto di svolgere le proprie attività didattiche e quelle ludiche con i propri
compagni di classe.
LA TUTELA DEI DIRITTI
Dopo esserci soffermati a lungo su quelli che sono i diritti dell’alunno disabile è ora il momento di
affrontare il problema della tutela degli stessi.
Innanzitutto una premessa: come già detto in precedenza, purtroppo, in questa società pseudocivile un diritto non è tale tanto o solo perché previsto dalla vigente normativa e magari perché
riconfermato più volte in via giudiziale, ma è tale solo se si hanno la capacità e la forza – psicologica
e talvolta economica - di lottare per la sua affermazione.
13
Potrà sembrare una considerazione “dura” ma, vale la pena ripeterlo, è la realtà e va affrontata in
quanto tale.
a). LE DIAGNOSI MEDICO-LEGALI E LE INDENNITA’ PREVISTE EX LEGE
Partendo dalla diagnosi medico-legale di handicap ed il riconoscimento della legge 104/92
abbiamo già indicato le modalità di avvio delle relative procedure che prevedono la presentazione
delle istanze corredate dalla documentazione prevista, presso l’INPS e non più presso le ASL.
Preso atto della documentazione medica prodotta ed effettuata la visita, la commissione emette la
propria valutazione la quale, qualora considerata non corrispondente non solo alle aspettative
quanto piuttosto alla realtà, potrà essere impugnata seguendo due distinte strade:
-. La prima ed unica vera “impugnazione” prevede la possibilità di ricorrere entro il termine
perentorio di sei mesi al tribunale civile, sezione lavoro, al fine di ottenere la revisione della
diagnosi; tale termine decorre dalla data di ricevimento del provvedimento della commissione.
Naturalmente, dovendo procedere giudizialmente, sarà necessario acquisire una perizia medico-
legale che giustifichi la richiesta e quindi e, presumibilmente, effettuare una serie di esami e di
valutazioni per cui, considerati i tempi medi per l’effettuazione degli esami e per riceverne il
responso, si consiglia di procedervi senza indugio in modo tale da non complicare il lavoro del
consulente medico di parte (CTP) e l’esito della causa. Trattandosi però di rivalutazione della
diagnosi già effettuata ci si potrebbe anche limitare alla mera rivalutazione della documentazione
già in atti anche se non è consigliabile. Trattandosi di impugnazione, gli eventuali benefici avranno
effetto retroattivo fino al mese successivo alla presentazione della domanda.
-. Il secondo strumento è quello del cd “aggravamento” ovvero della presentazione di una nuova
istanza di riconoscimento dell’invalidità o di concessione del beneficio. Vale la pena sottolineare
che in questo caso non vi sono scadenze temporali per la presentazione in quanto si viene ad
instaurare una nuova procedura completamente scollegata dalla precedente per cui sarà
assolutamente necessario produrre la perizia medico-legale ed acquisire documentazione medica
successiva per evitare che la domanda possa non essere accolta. In questo caso, essendo una
procedura nuova, l’eventuale accoglimento della domanda retroagirà fino al mese successivo alla
presentazione di questa seconda domanda perdendo quindi tutte le indennità eventualmente
dovute nel periodo tra la presentazione della prima e della seconda domanda; circostanza la quale,
alla luce dei tempi medi sia delle commissioni che della giustizia, può prevedere la perdita di
somme cospicue.
Le considerazioni di cui sopra valgono non solo per il riconoscimento dell’invalidità ma anche per
riconoscimento dell’indennità di frequenza e dell’indennità di accompagnamento. A tal proposito
vale la pena sottolineare che, contrariamente a quanto illegittimamente asserito da alcune ASL o
uffici INPS, l’affermazione che “per i minorenni è prevista la sola indennità di frequenza” non trova
alcuna giustificazione dal punto di vista normativo ma corrisponde unicamente al tentativo di
14
risparmiare sulle spese a scapito delle famiglie; tentativo destinato ad avere successo in misura
direttamente proporzionale alla ritrosia delle famiglie ad agire in giudizio.
Vale la pena ricordare che l’ INDENNITA’ DI FREQUENZA SCOLASTICA è prevista in favore dei
ragazzi diversamente abili fino al compimento del 18° anno di età e mira a sostenerne l'inserimento
scolastico e sociale. Tra i requisiti previsti: l’età inferiore a 18 anni; il riconoscimento della
condizione di “invalido civile minore con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie
dell'età" o "minore ipoacusico con perdita uditiva superiore a 60 decibel nell'orecchio migliore" ;
cittadinanza italiana e residenza nel territorio nazionale ma ne hanno diritto anche cittadini EU
residenti in Italia oppure stranieri titolari di carta o permesso di soggiorno UE per i cittadini
soggiornanti di lungo periodo; un reddito annuo personale non superiore, per l'anno 2010, ad €
4.408,95.
L’indennità, attualmente è di € 256,67 al mese ma ha validità per il solo periodo di frequenza di
scuole pubbliche o private legalmente riconosciute, di ogni ordine e grado a partire dagli asili nido
o in altri casi previsti 25 per cui termina a partire dal mese successivo al terminare dei corsi e dei
trattamenti per i quali è stata concessa e non spetta per i periodi in cui il minore è ricoverato a
carattere continuativo e permanente in istituti pubblici.
Per contro l’ INDENNITA’ DI ACCOMPAGNAMENTO è prevista anche per i minori degli anni 18
in quanto spetta ai minori invalidi civili totali che per affezioni fisiche o psichiche si trovino anche
nella impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo
in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognino di una assistenza continua.
I requisiti per la concessione sono: il riconoscimento di un'invalidità totale e permanente del 100%
accompagnata dall’impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore;
cittadinanza italiana e residenza sul territorio nazionale ovvero le altre previsioni indicate per
l’indennità di frequenza. Si precisa che al compimento del 18° anno l’interessato, divenuto
maggiorenne, qualora ancora in possesso dei requisiti richiesti, dovrà presentare personalmente la
domanda e gli effetti, come d’uso, decorreranno dal mese successivo alla data di presentazione
anche se, in attesa dell’accertamento sanitario e della concessione a nuovo titolo dell’indennità,
continuerà comunque a percepirla. Nel caso in cui l’invalido sia stato dichiarato interdetto la
dichiarazione sarà resa dal suo tutore.
b). LA DIAGNOSI FUNZIONALE E GLI ALTRI ATTI PROPEDEUTICI AL PEI
Abbiamo già avuto modo in precedenza di affrontare l’argomento indicando come i modi per
opporsi a questi siano nell’ordine: la mancata sottoscrizione e quindi una lettera di protesta per
raccomandata a.r. indirizzata alla direzione scolastica, agli altri componenti e alle altre istituzioni
gerarchicamente competenti.
15
Trattandosi di atti che possono essere considerati non definitivi ma propedeutici al PEI, che rimane
l’atto principale e più importante, si ritiene non possano essere impugnati singolarmente in via
giurisdizionale.
c.) IL PEI
Per quanto riguarda il PEI, invece, dopo averne rifiutato la sottoscrizione e richiesto la sua
modifica in autotutela sia alla commissione che l’ha redatto che alle altre istituzioni sovraordinate
sarà invece possibile ricorrere in via giurisdizionale al TAR entro sessanta giorni dalla
comunicazione dello stesso. Se è vero che i tempi del TAR, di norma, mal si conciliano con
l’urgenza di ottenere un provvedimento che sia immediatamente efficace al fine di evitare di
“perdere” inutilmente un anno scolastico è vero altresì che anche in sede amministrativa è possibile
richiedere una procedura d’urgenza in presenza dei requisiti previsti per legge del fumus boni iuris
e del periculum in mora ovvero, rispettivamente, della dimostrazione di un principio di fondatezza
della pretesa e del pericolo nel ritardo.
Si è già avuto modo in precedenza di ricordare come il TAR Catania abbia a suo tempo riconosciuto
il PEI come un vero e proprio diritto dell’alunno disabile.
Pur non avendo trovato precedenti specifici si ritiene che anche la mancata redazione del PEI o la
sua incompletezza possano legittimare il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria per atti
discriminatori ex lege n. 67 del 01.03.2006.
d). LA MANCATA CONCESSIONE DEL SOSTEGNO 1:1 CON COPERTURA DELL’INTERO
MONTE ORARIO
Avuta conoscenza del provvedimento negativo la famiglia avrà l’onere di diffidare il Dirigente
Scolastico e/o le altre istituzioni responsabili a provvedere in autotutela a stretto giro di posta; in
difetto, entro e non oltre 60 giorni, dovrà eventualmente procedere giudizialmente con un ricorso
al TAR.
Come già indicato in precedenza, la tutela di tali diritti, stante la loro difficile qualificazione
giuridica, è stata oggetto di molteplici variazioni dal punto della giurisdizione.
Fino alla pronuncia delle sezioni unite della Cassazione n.1144 del 19.01.2007 che ha confermato la
giurisdizione della magistratura amministrativa, a seconda dei casi, i ricorrenti avevano
alternativamente adito sia la magistratura ordinaria che quella amministrativa prediligendo però la
prima in considerazione della possibilità di ottenere un provvedimento di urgenza ex art. 700 cpc
che meglio rispondeva alle esigenza di celerità della richiesta; in conseguenza di tale pronuncia,
quindi, la giurisdizione è stata limitata alla sola magistratura amministrativa.
Aver sottratto tale delicatissima materia al giudice ordinario, anche alla luce delle modifiche alla
procedura amministrativa, non ha però determinato insormontabili inconvenienti. Sussistendo un
16
pericolo di pregiudizio grave ed irreparabile, si può adire anche il Giudice Amministrativo in via
cautelare e d’urgenza26 al fine di ottenere un provvedimento dal Presidente del Collegio in tempi
piuttosto rapidi.
Inoltre è sempre possibile che il TAR provveda con “decisione in forma semplificata” 27.
Come già detto in precedenza, in sede cautelare, anche il Giudice Amministrativo applicherà gli
stessi criteri richiesti dall’art. 700 cpc ovvero il fumus Boni Iuris ed il periculum in mora.
Detto ciò, la legge n. 67/2006 ha quindi introdotto la possibilità di adire il giudice ordinario per
comportamento discriminatorio potendo richiedere: il risarcimento del danno, anche non
patrimoniale; la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio; ogni
altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti della discriminazione.
Il giudice, inoltre, può ordinare la pubblicazione del provvedimento, a spese del responsabile, per
una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno dei quotidiani a maggiore
diffusione nel territorio interessato28.
Nel corso del 2011 il Tribunale di Milano, su ricorso presentato da un gruppo di 17 famiglie, ha
condannato il Ministero dell’Istruzione, l’Ufficio Scolastico Regionale e l’Ufficio Scolastico
provinciale per discriminazione nei confronti degli studenti disabili per aver provveduto alla
riduzione del 50% delle ore di sostegno in conseguenza della finanziaria precedentemente
approvata dal Parlamento.
Infine, vale la pena ricordare che, in caso di gravi inadempienze da parte di un pubblico ufficiale o
di un incaricato di pubblico servizio che possano aver arrecato un danno ingiusto al disabile e/o
alla sua famiglia, è sempre possibile presentare un esposto-denuncia direttamente alla procura
della repubblica ovvero per il tramite di carabinieri, polizia di stato etc. per il reato di abuso
d’ufficio ex art. 323 c.p.. La denuncia, se redatta in proprio o esposta oralmente ad uno dei predetti
soggetti che la redige, non ha alcun costo mentre invece ne può avere se redatta da un legale. A quel
punto sarà la procura della repubblica a disporre le indagini, a verificare l’esistenza di un reato ed
eventualmente anche a disporre, se ritenuta necessaria, la misura cautelare della sospensione
dall’esercizio di un ufficio o servizio ex art. 289 c.p.p.; in questo caso il denunciante non potrà più
intervenire in quanto il reato di cui all’art. 323 c.p. è, per la sua rilevanza pubblica, tra quelli a
procedibilità d’ufficio ex art. 50 c.p.p..
Non è detto che la procura ravvisi un reato ma in ogni caso, in presenza di un atteggiamento
apertamente ostile che possa arrecare danni seri al disabile anche solo per il ritardo, quello della
denuncia penale risulta essere spesso un buon deterrente nei confronti di quelle pubbliche
amministrazioni aduse ad ignorare le legittime richieste dei cittadini; come direbbero i francesi: à
la guerre comme à la guerre!
e). I TRASPORTI SCOLASTICI
17
In caso di mancata concessione dei trasporti gratuiti o di mancata attivazione del servizio la
famiglia, dopo aver diffidato l’Ente responsabile (Comune o Provincia) potrà agire giudizialmente
di fronte alla magistratura amministrativa entro il termine di 60 giorni.
Anche in questo caso, pur in assenza di precedenti, si ritiene che la mancata fruizione del servizio
scolastico, comportando una gravissima menomazione per il disabile nell’accesso al diritto allo
studio, possa dar luogo a quel comportamento discriminatorio previsto e punito dalla lex 67/2006
per cui è legittimo il ricorso al giudice ordinario.
f). LE SPESE GIUDIZIALI
La più grande remora per le famiglie di bambini disabili, già fortemente provate sia
psicologicamente
che economicamente, nel ricorrere ad un avvocato al fine di far valere
giudizialmente i propri diritti, prima ancora che la lungaggine della giustizia, è data dai costi di
quest’ultima.
Di norma vale il principio della soccombenza in base al quale chi perde paga; da ciò consegue che,
soprattutto in quanto attori/ricorrenti e tenendo conto di chi sono le controparti (Ministeri o
comunque PP.AA.), in caso di vittoria non vi sono spese in quanto a carico dei soccombenti.
In caso di mancato successo invece, in base all’esperienza maturata nel corso degli anni, è possibile
affermare che il principio della soccombenza può andare incontro ad una serie di “eccezioni”.
Per le procedure di competenza del tribunale ordinario-sezione lavoro, trattandosi di procedimenti
riguardanti previdenza ed assistenza, di norma il Giudice non condanna alle spese il ricorrente
limitandosi a disporre la compensazione delle spese; in pratica, ognuno paga il proprio legale ed il
proprio CTP mentre per quanto riguarda il CTU , se richiesto inizialmente da entrambe le parti, il
Giudice avrà già disposto il pagamento pro quota. Si ricorda che tali procedure sono esentate dal
pagamento del contributo unificato all’atto dell’iscrizione a ruolo.
Per quanto riguarda invece le procedure di competenza del tribunale ordinario o del tribunale
amministrativo il principio della soccombenza viene di norma rispettato anche se il Giudice può
liberamente, in considerazione della tipologia di domanda, della sua rilevanza, della motivazioni
iniziali del ricorrente e della loro presunta fondatezza iniziale, ritenere che vi fossero comunque
motivi tali da indurre il soggetto ad avanzare la pretesa e quindi disporre comunque la
compensazione totale o parziale delle spese del giudizio.
Non mi avventurerò, naturalmente, sull’entità della parcella che il proprio legale potrebbe
richiedere per una serie di motivi: in primo luogo perché le procedure sono varie come anche la
lunghezza delle stesse; quindi perché la loro lunghezza e le relative incombenze sono, a monte,
oggettivamente non quantificabili; infine perché le richieste variano di norma da legale a legale in
base a diverse motivazioni.
Fino ad un paio di anni or sono gli avvocati potevano variare le loro parcelle limitatamente a
minimi e massimi previsti per legge senza peraltro poter scendere al di sotto dei minimi tariffari.
18
Anche se poi, nella pratica, ci sono sempre stati avvocati piuttosto “esosi” ed altri che presentavano
parcelle francamente “indegne” della professione forense. Senza considerare poi che sono sempre
esistiti avvocati che richiedevano il pagamento in percentuale rispetto a quanto incassato dal
cliente (cd divieto di patto di quota-lite). Con l’approvazione del decreto “Bersani” sulle
liberalizzazioni gli avvocati possono richiedere parcelle senza tener conto dei minimi e massimi
tariffari con conseguenze, a seconda dei casi, positive o negative per il cliente.
La modifica di maggiore rilevanza è stata però la scomparsa del divieto di patto di quota-lite con la
possibilità, qualora entrambe le parti siano d’accordo, di stipulare con il legale un vero e proprio
“contratto” con clausole che prevedano un pagamento commisurato all’esito del giudizio, a quanto
liquidato etc.. Anche tale formula, naturalmente, prestandosi ad abusi da parte del contraente
“forte”, può avere i suoi pro ed i suoi contro.
Prima di chiudere questo articolo un passo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948, vorrei ribadire una serie
di concetti forse crudi, magari non condivisi da tutti, ma che reputo assolutamente fondamentali
nella società d’oggi per la tutela dei diritti, di tutti i diritti, soprattutto quelli dei nostri figli:
Un diritto è tale solo se si ha la forza di farlo valere!
Non pretendete che siano gli altri a concedervi ciò per cui non siete in grado o non volete lottare!
Non chiedete aiuto agli altri se non siete voi disposti per primi ad impegnarvi personalmente! A
questo punto, ma solo a questo punto…rivolgetevi a professionisti seri!
Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo
Articolo 26
1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le
classi
elementari
e
fondamentali.
L'istruzione
elementare
deve
essere
obbligatoria.
L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere
egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del
rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la
tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni
Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli.
Avv. Roberto Mastalia
19
1
G. Benedetti, Appunti per una conferenza su bambini difficili a scuola per insegnati di scuole materne ed elementari
del 19.04.2010.
2
Art. 20 legge 102 del 03.08.2009.
3
La domanda per minori ed interdetti debbono essere prodotte dal legale rappresentante (genitori) o dal tutore su
apposito modulo scaricabile in formato pdf dal sito dell’INPS o reperito presso le Segreterie invalidi civili delle singole
zone, l'ufficio Relazioni con il Pubblico, presso gli Enti di Patronato o le Associazioni di Categoria e corredate dalla
seguente documentazione:
a) certificato del medico di famiglia o di un medico specialista, in originale, con espressa in modo chiaro e
leggibile la natura delle infermità invalidanti e redatto in data non antecedente a tre mesi da quella di presentazione
della domanda;
b) copia del documento di identità personale e del codice fiscale.
4
Art. 8 lett. d) ed e) legge 104 del 05.02.1992.
5
Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, Art. 26: 1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve
essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere
obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve
essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. 2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo
della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve
promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire
l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. 3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di
istruzione da impartire ai loro figli.
6
Art. 3 n. 1. e 2. legge 104/92 cit.
7
Legge 104/92 cit.: art. 12 diritto all’educazione ed all’istruzione; art. 13 integrazione scolastica; art. 14 modalità di
attuazione dell’integrazione; art. 15 gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica; art. 16 valutazione del rendimento e
prove d’esame.
8
DPR 24.02.1994, art. 2 (individuazione dell’alunno come persona handicappata) e art. 3 (diagnosi funzionale).
9
Il Profilo Dinamico Funzionale, previsto dall’art. 12, comma 5 legge 104/92 e dall’art. 4 DPR 24.02.1994 cit., indica il
livello di sviluppo che l’alunno disabile ha raggiunto durante un periodo di scolarizzazione valutato in tempi brevi (sei
mesi) ovvero medi (due anni) e viene redatto dall’unità multidisciplinare in collaborazione con gli insegnanti,
curricolari e di sostegno ed i genitori. Si ritiene però possa essere necessaria la partecipazione dell’eventuale terapista
privato come meglio indicato in seguito.
10
Art. 12 n. 5. legge 104/92 cit. ed art. 5 DPR 24.02.1994 cit.
11
Ai sensi dell’art. 12 comma 8 legge 104/92.
12
Legge n. 328/2000, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
13
Senato della Repubblica, proposta n. 2594 presentata dai senatori Pdl, Bevilacqua e Gentile e Camera dei Deputati,
proposta n. 4405 ad iniziativa dei deputati Dima, D’Ippolito, Vitale, De Camillis, galati, Versace, Formichella, Taddei,
Nastri, Catanoso, Genoese, Faenzi.
14
La proposta di modifica n. 9.24 al DDL n. 2791, successivamente divenuto il DL n. 70 del 13.05.2011 convertito in
legge n. 106 del 12.07.2011, prevedeva all’art. 9, dopo il comma 20-bis, l’aggiunta del seguente: “20-ter. Al fine di
garantire ai bambini con autismo la continuità didattica necessaria alla propria integrazione educativa è prevista la
permanenza del relativo docente di sostegno per l'intero ciclo scolastico”.
15
Il GLH è composto dal Dirigente Scolastico, dagli insegnanti, dall’insegnante di sostegno, dai rappresentanti dei
genitori, dai rappresentanti degli operatori socio-sanitari e, nella scuola superiore, dai rappresentanti degli alunni.
16
Ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della Legge 104/92.
17
La Corte Costituzionale con sentenza n. 80/2010 del 22.02.2010 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2,
comma 413 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2008), nella parte in cui fissava un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di
sostegno e dell’art. 2, comma 414, della medesima legge nella parte in cui escludeva la possibilità, già contemplata
dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti
con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.
18
TAR Lazio sentenza n. 1144 del 14.04.2011.
19
In passato, Trib. Modica, 5 maggio 2008; Trib. Pescara, 26 gennaio 2007; Trib. Aquila, 6 dicembre 2005; Trib.
Taranto, 12 dicembre 2005; più recentemente, a partire dalla pronuncia della Cassazione SS.UU. n.1144 del
19.01.2007 che ha confermato la giurisdizione della magistratura amministrativa, e quindi, ex multis, TAR Puglia del
25 giugno 2009; TAR Sardegna 2011; TAR Lazio sentenza n. 9926 del 10.10.2007; Consiglio di Stato, sentenza n. 3104
del 2009.
20
La competenza è del Comune per la scuola primaria e per quella secondaria di I grado; della Provincia per la scuola
secondaria di II grado.
21
Cultura dell’handicap e integrazione scolastica, a cura di C. Poletti, Provincia di Perugia, 1997.
22
Art. 28 Legge n. 118 del 30 marzo 1971.
23
D.Lgs n. 112 del 31.03.1998.
24
Ci si riferisce per esempio a forme di iperattività.
25
E’ prevista anche per la frequenza continua o periodica di centri ambulatoriali, di centri diurni anche di tipo semiresidenziale, pubblici o privati, purché operanti in regime convenzionale, specializzati nel trattamento terapeutico e
nella riabilitazione e recupero di persone portatrici di handicap;; oppure frequenza di centri di formazione o
addestramento professionale pubblici o privati, purchè convenzionati, finalizzati al reinserimento sociale dei soggetti.
26
Ai sensi dell’art. 21 lex 1034/1971 come modificata dalla legge 205/2000.
27
Art. 21 comma 10 ed art. 26 legge TAR. All’esito della Camera di Consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare il
Collegio del TAR, anziché decidere rapidamente sulla sola misura cautelare, può definire il giudizio direttamente nel
merito, con carattere di priorità, se il contraddittorio e l’istruttoria appaiono completi e dopo aver sentito le parti
costituite. Qualora il contraddittorio non sia completo, il tribunale ordina il suo completamento, per poi fissare la data
di udienza di trattazione del merito, sempre con priorità.
28
Legge n. 67 del 01.03.2006 "Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni"