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Epidemiologia dell’insonnia
FABIO CIRIGNOTTA
1:2004; 15-23
La grande variabilità dei dati epidemiologici presenti in letteratura sulla prevalenza
dell’insonnia riflette una disomogeneità nei criteri di definizione, gravità e frequenza
del disturbo.
Alcuni studi recenti hanno cercato di valutare l’insonnia con criteri più unitari che si
riferiscono sia alla presenza di sintomi diurni (stanchezza, sonnolenza, disturbi della
concentrazione) sia alla frequenza e al numero dei sintomi notturni (difficoltà all’addormentamento, risvegli ripetuti, risveglio precoce e sonno non riposante per almeno
3 volte alla settimana per un periodo superiore al mese). In questo modo è stata individuata una prevalenza dell’insonnia nella popolazione generale di circa il 10%.
Un dato su cui tutti concordano è la prevalenza nell’insonnia nel sesso femminile
dopo i 45 anni, e la sottovalutazione del disturbo da parte dei pazienti, che di solito
non lo riferiscono spontaneamente al medico.
L’insonnia è riconosciuta ormai come un problema sociale, sia per i costi diretti sia
per gli elevati costi indiretti legati non solo all’assenteismo e alla riduzione delle
performance lavorative, ma anche alla comorbilità, soprattutto per la depressione, gli
incidenti stradali e lavorativi e le malattie coronariche.
NÓOςς
RIASSUNTO
I DISTURBI DEL SONNO
(PARTE I)
U.O. Neurologia, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università di Bologna
Parole chiave: Insonnia, epidemiologia, cure primarie.
SUMMARY
The wide variability of epidemiological data present in literature on the prevalence
of insomnia reflects the lack of homogeneity in the criteria defining the severity and
frequency of the disorder. Some recent studies have estimated insomnia with similar
criteria that consider the presence of daytime symptoms (fatigue, sleepiness, impaired concentration and memory) and the frequency and number of nocturnal symptoms (difficulty of sleep onset, nocturnal awakenings, early awakening and nonrestorative sleep occurring at least 3 times a week and lasting more than one month).
These criteria disclosed a prevalence of insomnia in the general population of
approximately 10%. A finding on which there is a consensus is the predominance of
insomnia in females after the age of 45 years, and the underestimation of the disorder by patients who do not spontaneously report it to the doctor. Insomnia is now
recognized as a social problem, both for the direct and high indirect costs due to
absenteeism, reduced work performance and comorbidity (depression, car and work
accidents, coronary disease).
Key words: Insomnia, epidemiology, primary care.
15
Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Fabio Cirignotta, U.O. Neurologia, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Via Albertoni 15 - 40138 Bologna. Tel. 051 6362589, Fax 051 6362640.
NÓOςς
EPIDEMIOLOGIA DELL’INSONNIA
F. CIRIGNOTTA
INTRODUZIONE
Secondo la International Classification of Sleep Disorders (ICSD)1 l’insonnia è definita come “difficoltà nell’iniziare e\o mantenere il sonno” o come
sensazione di “sonno non riposante” ed è distinta in numerose entità sindromiche, comprese fra le “dissonnie estrinseche”, le “dissonnie intrinseche”, i
“disturbi del ritmo sonno-veglia” e i “disturbi del sonno associati a malattie
di tipo medico o psichiatrico”1.
Tuttavia il consenso sulla definizione e sulla classificazione dell’insonnia è
ancora lontano dall’essere raggiunto. Se infatti gli specialisti del sonno tendono a far riferimento alla ICSD, gli psichiatri utilizzano preferibilmente la classificazione proposta dal Diagnostic and Statistical Manual of Sleep Disorders
(DSM-IV)2 che prevede diagnosi non sempre sovrapponibili a quelle della
ICSD. Infine l’insonnia può essere classificata secondo la International Classification of Diseases (ICD-10) proposta dalla World Health Organisation.
Un confronto fra le diagnosi formulate in uno stesso campione di pazienti
secondo le diverse classificazioni3 ha dimostrato che seguendo la ICSD, la
diagnosi più frequente è stata quella di “disturbo del sonno associato a
disturbo dell’umore” (32,3% dei casi) seguita da “insonnia psicofisiologica”
(12,5%); seguendo il DSM-IV la diagnosi più frequente è stata di “insonnia
correlata ad altri disturbi mentali” (44% dei casi) seguita dalla “insonnia primaria” (20,2%); ed infine la diagnosi più frequente secondo la ICD-10 è
stata quella di “insonnia dovuta a cause emozionali” (61,9% dei casi) seguita
da “insonnia di origine organica” (8,9%).
Oltre a queste diverse classificazioni nosografiche, il termine stesso di insonnia è usato spesso in modo confondente, sia come espressione di malattia, sia
come sintomo soggettivo o come reperto polisonnografico.
Il disturbo del sonno può avere inoltre caratteristiche diverse, spesso combinate fra loro; secondo un’indagine della National Sleep Foundation del
19914, gli insonni lamentano: sonnolenza o stanchezza al risveglio mattutino
(nel 72% dei casi), risveglio nel mezzo della notte (67%), difficoltà ad
addormentarsi (56%), risveglio precoce al mattino (44%).
Un altro elemento confondente è rappresentato dalla durata del disturbo:
l’insonnia si definisce “occasionale” o “transitoria” quando dura meno di tre
settimane, e “persistente” o “cronica” quando dura di più, ma appare poco
codificata la frequenza di presentazione (tutte le notti, alcune notti a settimana, alcune notti al mese, ecc.).
Questa mancanza di consenso sulla definizione del disturbo, sulla classificazione e sui criteri per valutarne la gravità si riflette nella variabilità dei risultati delle indagini epidemiologiche, nelle quali la prevalenza dell’insonnia
varia dal 4% al 49%.
LE INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE SULLA POPOLAZIONE GENERALE
In una inchiesta condotta nel 1983 nella Repubblica di San Marino, il 19,3%
della popolazione adulta ha riferito di dormire male sempre o spesso, con
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NÓOςς
I DISTURBI DEL SONNO
(PARTE I)
una significativa prevalenza nel sesso femminile dopo l’età di 45 anni5;
secondo una indagine Gallup del 1991 la prevalenza negli Stati Uniti dell’insonnia cronica è del 9% e dell’insonnia occasionale del 27%4; uno studio
multicentrico condotto in cinque paesi Europei (Francia, Belgio, Germania,
Irlanda, Gran Bretagna) ha dimostrato una prevalenza di insonnia “severa”
del 10%, con una variabilità nei diversi paesi compresa fra il 4% della Germania e il 22% della Gran Bretagna6.
Pur essendo abbastanza variabile la prevalenza della insonnia nei diversi
studi, tutti concordano invece nel rilevare che il sesso femminile è significativamente più colpito, presentando una probabilità 1.3 volte maggiore rispetto agli uomini di lamentare un disturbo del sonno tipo insonnia. Questa differenza di sesso, che risulta evidente sui campioni generali, si annulla tuttavia
nei gruppi di età sotto i quaranta anni, come rilevato nello studio di San
Marino sopra citato5.
Un altro dato consistente in tutti i campioni studiati è la prevalenza dell’insonnia negli anziani con 65 anni o più che risulta 1.5 volte maggiore rispetto
ai soggetti con meno di 65 anni. La percentuale di anziani che lamentano difficoltà a dormire “qualche volta o spesso” varia secondo i diversi studi fra il
25% e il 65%7,8. In realtà la maggiore prevalenza di insonnia nell’anziano
sembra legata alla presenza di patologie organiche o psichiatriche; infatti la
prevalenza di indicatori d’insonnia nell’anziano sano equivale a quella del
giovane9.
Anche l’insonnia nei bambini, solitamente riportata dai genitori, sembra
essere un problema piuttosto frequente: alcune indagini epidemiologiche
hanno infatti dimostrato che, nella fascia di età fra 6 mesi e 2 anni, circa il
20-30% dei piccoli presenta un sonno disturbato, questa percentuale si riduce
al 10-15% nei bambini fra 4 ed 8 anni.
Negli adolescenti la prevalenza dell’insonnia oscilla fra il 4 e il 17%, mentre
più frequentemente viene riportata una sonnolenza diurna, che nelle diverse
casistiche varia fra il 19% e il 38%. La presenza di insonnia o sonno insufficiente a questa età è stata correlata con l’insorgenza di insonnia e con la tendenza all’abuso di alcol o droghe nell’età adulta10.
Uno studio epidemiologico condotto però intervistando direttamente
bambini e ragazzi fra i 6 ed i 14 anni ha riscontrato che circa il 50% riferiva
un sonno disturbato; questa percentuale così elevata sembra dimostrare o che
i ragazzi non riferiscono il loro disturbo ai genitori o che i genitori sottostimano questo problema. D’altronde una recente indagine condotta su 606
pediatri ha dimostrato nella categoria una scarsa propensione ad approfondire le conoscenze sui disturbi del sonno ed ad applicarle nella pratica
clinica11.
Nella tabella I sono sintetizzati i principali lavori condotti sull’argomento
negli scorsi decenni, che ben evidenziano la variabilità della definizione e
delle prevalenze.
Su due punti le indagini epidemiologiche sembrano concordare:
1) l’insonnia si associa a riduzione delle performance (memoria, concentrazione, capacità di confrontarsi con i problemi), ridotta qualità di vita,
peggioramento dei rapporti sociali e familiari, sonnolenza diurna22.
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NÓOςς
EPIDEMIOLOGIA DELL’INSONNIA
F. CIRIGNOTTA
Tabella I. Studi epidemiologici dell’insonnia nella popolazione generale.
Paese
primo autore
%
criteri
USA
Karacan 197612
22
12,8
“trouble with sleeping sometimes”
“often \ all time”
USA
Bixler 197913
42,5
“insomnia (previous or current)”
S. Marino
Lugaresi 19835
13,4
dormire bene mai o quasi mai
Svezia
Gislason 198714
14,3
6,9
“moderate trouble falling asleep”
“great trouble falling asleep”
Australia
Lack 198815
47
13
“all sleep problems”
“moderate \severe sleep problems”
Germania
Weyerer 199116
15
“mild insomnia”
13,5
“moderate\severe insomnia”
(last week)
Francia
Quera -Salva 199117
48
“sleep problems (lifetime)”
USA
Balter 199218
32
“sleep difficulty (past year)”
Francia
Ohayon 199719
12,7
“insomnia complaints with daytime
symptoms”
5,6
Spagna
Vela –Bueno 199920
Giappone
Doi 200021
11,3
“insomnia diagnosis according DSM-IV”
“complaint of insomnia”
17,3/21,5 maschi/femmine insonnia
2) Il sintomo insonnia è spesso sottovalutato. Secondo l’indagine della
National Sleep Foundation solo il 5% degli insonni si era rivolto al proprio medico direttamente per questo disturbo ed il 26% ne aveva parlato
occasionalmente durante una visita effettuata per altri motivi4.
Negli ultimi anni si è cercato di definire in modo più preciso l’insonnia, intesa come un disturbo caratterizzato da sintomi o “indicatori” notturni e da
manifestazioni diurne.
Sono “indicatori” notturni la difficoltà all’addormentamento, i risvegli infrasonno, il risveglio precoce e la sensazione di sonno non riposante; i sintomi
diurni sono rappresentati da stanchezza, sonnolenza, irritabilità, disturbi
della memoria e della concentrazione.
Nella tabella II sono sintetizzati i risultati di uno studio epidemiologico che
dimostra come in una stessa popolazione la prevalenza dei disturbi del sonno
possa ampiamente variare in funzione dei criteri di definizione utilizzati23.
18
maschi
femmine
Almeno 1 indicatore
73%
68%
78%
1 indicatore almeno 3 volte alla settimana
29%
25%
34%
1 indicatore almeno 3 volte alla settimana
+ conseguenze diurne
19%
14%
23%
2 indicatori almeno 3 volte alla settimana
+ conseguenze diurne
9%
6%
12%
IL PROBLEMA DELLA “SODDISFAZIONE” DEL SONNO
Uno studio condotto da Ohayon et al.24 su un campione di 1722 francesi ha
dimostrato che accanto ad un 10% di soggetti che era insoddisfatto del proprio sonno e lamentava indicatori di insonnia, esisteva un altro 10% che
lamentava gli indicatori di insonnia, ma era soddisfatto del proprio sonno, ed
infine un 6% del campione che non era soddisfatto del proprio sonno pur non
lamentando gli indicatori di insonnia (figura 1).
Ciò suggerisce l’importanza del parametro del tutto soggettivo della “soddisfazione del sonno”, che può essere indipendente dagli indicatori notturni e
diurni, e il possibile effetto confondente che esso può avere negli studi epidemiologici quando non viene espressamente rilevato.
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totale
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Presenza nell’ultimo mese di
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Tabella II. Prevalenza dell’insonnia secondo i diversi criteri, 12.778 adulti, Francia23.
Figura 1. Soddisfatti (S) e insoddisfatti (INS) del proprio sonno. IND = indicatori di insonnia24.
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NÓOςς
EPIDEMIOLOGIA DELL’INSONNIA
F. CIRIGNOTTA
STUDI PROSPETTICI
Un’altra lacuna dell’epidemiologia dell’insonnia è la scarsità degli studi prospettici sull’evoluzione del disturbo. Nel 1989 Angst et al.25 hanno valutato la
prevalenza dell’insonnia in un popolazione di giovani di 20-21 anni, trovando
un insonnia continua nell’8% dei casi ed episodi ripetuti di insonnia transitoria
nel 13%. La stessa popolazione è stata rivalutata dopo 8 anni, con una prevalenza sostanzialmente stabile: 10% per l’insonnia continua e 19% per quella
transitoria. Recentemente una interessante ricerca è stata condotta in Svezia, su
2602 uomini di età compresa fra 30 e 69 anni. I soggetti hanno compilato un
questionario sui disturbi del sonno una prima volta nel 1984 e poi una seconda
volta a distanza di 10 anni, nel 1994. Nel 1984 la prevalenza dell’insonnia era
risultata del 10,3% e 10 anni dopo si era mantenuta sostanzialmente stabile,
12,8%. L’insonnia non è risultata correlare con l’età. L’insonnia rilevata nel
‘94 è risultata correlata a disturbi psichiatrici (OR 8.27), insonnia nell’‘84 (OR
6.45), patologie articolari (OR 2.95), alcol dipendenza (OR 1.75), inattività
fisica (OR 1.42), BMI >27 (OR 1.35); 149 soggetti con insonnia nell’‘84 non
ne soffrivano più nel ‘94 e le maggiori probabilità di remissione riguardavano
chi aveva smesso di fumare, le minori chi era sovrappeso26.
Uno studio longitudinale condotto nell’arco di 24 anni su coorti di donne svedesi di varia età ha rilevato una prevalenza di “problemi di sonno” del 20%
all’età di 38 anni e di circa il 45-50% all’età di 84, confermando che il maggiore incremento si verifica intorno ai 45-50 anni. Meno della metà delle donne
che lamentavano “problemi di sonno” si era rivolta al medico27.
L’INSONNIA IN MEDICINA GENERALE
Un particolare capitolo degli studi epidemiologici riguarda la popolazione
selezionata di pazienti afferenti agli ambulatori di medicina generale.
In uno studio condotto in Svizzera su 700 pazienti che si erano recati nell’ambulatorio di 27 medici di base, la prevalenza dell’insonnia definita con i criteri
del DSM-III è risultata del 44%; nel 64% dei casi era considerata lieve, nel
31% moderata e nel 5% grave. La causa dell’insonnia era individuata in un
“disordine psicoreattivo” nel 52% dei casi, in una patologia organica nel 28%
e infine in un disturbo psichiatrico nel 18%28. Un’altra indagine condotta in
Canada su 280 pazienti ha rilevato una prevalenza dell’insonnia del 38% (26%
cronica, 12% a breve termine). I pazienti con età superiore ai 54 anni curavano
la propria insonnia soprattutto con farmaci prescritti dal medico, quelli di età
compresa fra i 35 e i 54 anni usavano soprattutto prodotti naturali, ed i giovani
fra i 16 e i 34 anni ricorrevano in prevalenza ai prodotti da banco29.
Secondo una indagine condotta in Germania su un campione più ampio, la
prevalenza dell’insonnia, definita secondo i criteri del DSM-IV, in 19.155
pazienti afferenti ad un ambulatorio di medicina generale, è risultata del
26,5%, con prevalenza di forme croniche (85,6%); solo la metà circa di questi pazienti si riteneva insonne e fra tutti gli insonni il 50% non assumeva
alcun trattamento30.
20
insonnia occasionale
insonnia cronica
prescrizione di un farmaco
42%
36%
rassicurazione
consiglio di esercizio fisico
18%
12%
8%
6%
consiglio di farmaci da banco
rilassamento mentale
3%
2%
6%
6%
invio ad uno specialista del sonno
invio ad altro specialista
2%
2%
4%
6%
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Azione del medico
NÓOςς
Tabella III. Il comportamento dei medici di medicina generale negli USA di fronte
all’insonnia.
I DISTURBI DEL SONNO
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Hohagen et al.31 hanno somministrato un questionario a 2512 pazienti, rilevando una prevalenza dell’insonnia definita secondo i criteri del DSM-III-R
del 18,7% (grave), 12,2% (moderata) e 15% lieve; lo stesso questionario
spedito due anni dopo a tutti coloro che avevano lamentato insonnia grave ha
confermato il carattere cronico dell’insonnia.
Lo studio Morfeo I condotto in Italia su circa 3000 pazienti afferenti agli
ambulatori di 700 medici di medicina generale ha dimostrato che il 44% dei
soggetti lamentava almeno un sintomo di insonnia con problemi diurni, ed
un altro 20% solo indicatori di insonnia notturni senza problemi diurni32.
Il comportamento dei medici di medicina generale USA di fronte ai pazienti
insonni è stato studiato da Ancoli-Israel & Roth4 ed è riassunto nella tabella III.
COMORBILITÀ
Tutte le indagini epidemiologiche concordano sul fatto che gli insonni presentano più spesso rispetto ai buoni dormitori patologie organiche o mentali,
ricorrono di più ai medici e presentano un maggiore tasso di ospedalizzazione, anche se i rapporti di causa-effetto non sono ancora stati approfonditi7.
Negli insonni il rischio di malattie coronariche sale fino al 3,9 rispetto ai
buoni dormitori33, ed il rischio di un nuovo episodio depressivo è più alto
(odds ratio 1.6) in coloro in cui l’insonnia persiste dopo la risoluzione di una
depressione34.
Durante lo studio Morfeo I è stato somministrato ai pazienti afferenti all’ambulatorio di medicina generale il questionario validato SF-36 Health Survey
considerato un indicatore globale della qualità della vita. Mentre i buoni
dormitori hanno presentato una curva di risposta sovrapponibile o lievemente migliore rispetto a quella nota della popolazione generale italiana, coloro
che lamentavano insonnia con conseguenze diurne hanno mostrato valori
più bassi in tutti gli item relativi ai vari aspetti della qualità della vita32.
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NÓOςς
EPIDEMIOLOGIA DELL’INSONNIA
F. CIRIGNOTTA
CONCLUSIONI
Analizzando globalmente i dati della letteratura, si può ritenere che nella
popolazione generale, la prevalenza dell’insonnia intesa come presenza persistente di almeno 2 indicatori di insonnia associati ad almeno un sintomo
diurno, con una frequenza di almeno 3 volte alla settimana (in sostanza la
prevalenza di una insonnia come significativo problema clinico per il paziente), oscilli fra l’8% e il 12%.
La prevalenza di una insonnia di minore gravità clinica, sia in termini di cronicità del disturbo sia di intensità e frequenza dei sintomi e delle conseguenze, è più difficilmente definibile per i problemi sopra esposti, ma può
comunque essere valutata nelle misura del 20%.
L’aumento della prevalenza dell’insonnia con l’età non sembra legato all’invecchiamento in sé ma alla maggiore incidenza di malattie organiche e problemi psicologici e socio-economici.
L’insonnia infine correla con una peggiore qualità della vita.
Appare comunque evidente che l’epidemiologia dell’insonnia è ancora nella
sua infanzia7.
Le prospettive di ricerca sono stimolanti: frequenza e gravità nella popolazione, disabilità associata, comorbilità, rapporto con lo stato fisico e mentale,
storia naturale delle insonnie transitorie, efficacia dei trattamenti, costi-benefici degli interventi rappresentano alcuni dei filoni più interessanti da
approfondire nei prossimi anni.
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