Leggi due testimonianze sull`emergenza verificatasi

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Leggi due testimonianze sull`emergenza verificatasi
AFRICA MISSION - COOPERAZIONE E SVILUPPO
Luglio 2011
EMERGENZA RETURNEES: DUE TESTIMONIANZE
Dall’Uganda ci ha inviato una testimonianza
sull’emergenza returnees Valeria Iannazzone, 26
anni, di S. Angelo a Cupolo (Benevento),
volontaria in servizio civile internazionale come
Casco Bianco con Africa Mission - Cooperazione e
Sviluppo presso il Centro Giovani “Don Vittorio”
di Moroto. Ecco cosa scrive Valeria:
“Le cose possono accadere in ogni luogo ma ci
sono posti dove tutto appare amplificato e lo stesso
tempo assume i confini dati dallo sguardo di
bambini che ci elemosinano ora soprattutto un
sorriso. Questa è la Karamoja che conosco, quella
che mi è entrata dentro e che mi toglie le forze per
poi rendermele moltiplicate quando do un senso
alle mie azioni. È quello che accade ogni giorno e
che è accaduto in particolare nei sette giorni in cui ci sono stati assegnati 250 bambini sottratti
dalla strada della capitale Kampala, per ricongiungerli alle loro famiglie. Bambini i cui occhi
hanno visto molto di più di quello che noi adulti osiamo immaginare e che hanno spesso visto
purtroppo evaporare dagli stessi occhi la loro breve innocenza.
Lo staff del Don Vittorio Youth Centre, qui a Moroto, e quello di Child Protection hanno congiunto
i propri sforzi nel comune obiettivo di ridare la giusta dimensione, affettiva e materiale a questi
bambini. Piccole cose concrete che speriamo non evaporino anch’esse, ma che danno il senso del
nostro impegno sulle nuove generazioni affinché possano rappresentare non solo un mezzo per lo
sviluppo di queste terre flagellate dalla miseria e dalle malattie, ma anche per loro stessi, obiettivo
di una nuova Vita.
Le difficoltà logistiche, igieniche e alimentari - tutto organizzato in 24 ore - mi hanno riportato alla
mente l’episodio evangelico sulla riva del lago Tiberiade e, se quei pani e quei pesci ci sarebbero
serviti in senso materiale, in qualche modo anche qui si è verificato un piccolo miracolo
umanitario: dapprima in noi stessi. Quale miracolo? Abbiamo semplicemente condiviso dapprima
quello che avevamo, poi quello che non avevamo e questo è bastato. I giochi, le loro domande,
incuriositi da noi “mzungu”, camminare veloci e le risate che esplodevano nei loro visi al solo
buongiorno! E poi le danze, il correre insieme e la stanchezza che ci ha portato avanti, perché
quando si lavora insieme a un bel gruppo si possono scalare monti e oltrepassare i limiti. Una
piccola magia di 7 giorni, un piccolo miracolo vederli arrivare in condizioni disumane, spaventati
e confusi, per poi, giorno per giorno, cercare di fare il proprio meglio per farli sentire a casa.
Dai rangers, ai social workers, al team di calcio, allo staff di Child Protection tutti insieme ci
siamo sentiti parti di un piccolo universo. Un privilegio per pochi, oserei dire. Spiegar loro le
basilari forme di igiene, utilizzare la carta igienica e non le pietre, lavarsi prima e dopo i pasti,
stare in fila ordinati, e poi giocare. Quello che ho visto mi ha reso orgogliosa di tante cose, mi ha
dato una forza così fluente da non farmi dormire la notte e mi ha dato modo di pensare a cosa
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organizzare per loro e con loro. Un canto di mille voci che mi hanno avvicinato ad un Dio che
all’inizio ho visto lontano, forse troppo e poi per mezzo di quei sorrisi e quei movimenti eleganti mi
ha portato a credere che il Tempo ha bisogno di tempo e che l’amore e la gioia hanno squarciato la
rete di governi incapaci a provvedere al proprio popolo. Piccoli esseri che, prima di affrontare 10
ore e più di viaggio, erano chiusi in una specie di lager a Kampala e che arrivati qui si sono
affidati a tante mani tremolanti,timorose ma pronte a impegnarsi per loro.
Ricorderò per sempre, infatti, le ore prima del loro arrivo, tutto lo staff informato della situazione
di emergenza credeva di non potercela fare: troppo poco tempo, troppe anime in cammino. E
serberò per sempre nel mio cuore la loro entrata qui nello Y.C. stipati in 2 pulmini. Ho assaporato
ogni fotogramma e ciascuno si è fermato sul negativo della mia mente e ciascuno mi ha ferito con
la sua autenticità, figlia delle lacrime della violenza, figlia della bellezza che non vuole pagare
pedaggi all’egoismo delle oligarchie, figlia del tempo che si piega al canto dei poveri, figlia della
natura generosa e violentata. E ricorderò per sempre nel mio cuore il loro andare via per ritornare
alle loro famiglie: in un attimo come un caldo telo rosso che copre il sipario così questi piccoli
uomini e donne hanno lasciato il Centro e con loro è andato via un pezzo di quel silenzio che fa
tremare di gioia e che ti porta a vivere alla giornata con preghiera e sempre con amore”.
Valeria Iannazzone
All’emergenza returnees ha assistito anche
la scout di Castel San Giovanni (PC) Anna
Molinari, in questi giorni in Uganda con
Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo.
La 25enne capo scout, studentessa
all’Università di Bergamo, è infatti in
Uganda per un paio di mesi per raccogliere
dati per la sua tesi di laurea sul tema del
rapporto tra educazione e povertà.
Imbattutasi nella situazione di emergenza il
giorno stesso del suo arrivo a Moroto, la
giovane piacentina ha collaborato a stretto contatto con lo staff di Africa Mission - Cooperazione e
Sviluppo, dando il suo supporto soprattutto nelle attività di animazione in cui sono stati coinvolti i
245 piccoli accolti nel Centro Giovani.
“Quando sono partita dall’Italia - dice Anna, raggiunta telefonicamente in Uganda -, mi aspettavo
certamente di incontrare molta povertà, ma l’impatto con la situazione di questi bambini è stato
comunque molto forte. Mi hanno colpito le condizioni in cui si trovavano i bambini quando sono
scesi dal pullman che li ha portati al Centro, stanchi e affamati dopo un viaggio difficile. Allo
stesso tempo, tuttavia, sono stata colpita positivamente da come la situazione di emergenza è stata
affrontata e superata da Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo. E soprattutto sono rimasta
sorpresa di vedere questi bambini così sorridenti nonostante le condizioni di povertà estrema in cui
vivono”.
“Nei giorni in cui sono stati ospitati al Centro Giovani - continua Anna - ho avuto l’impressione
che questi bambini si sentissero davvero accolti. In tempi record lo staff di Africa Mission Cooperazione e Sviluppo ha allestito servizi igienici aggiuntivi per poter ospitare nel migliore
modo possibile così tante persone. Con prontezza sono stati risolti i piccoli problemi logistici che si
presentavano ogni giorno e alla fine tutti i bambini sono stati aiutati a ritrovare le loro famiglie e a
tornare a casa. Mentre erano qui, i piccoli hanno potuto fare anche diverse attività, come giochi e
balli. E per me è stato bello soprattutto vedere come questi piccoli, nonostante la vita difficile che
conducono, sono rimasti comunque bambini”.