la stampa - Arianna Lazzarini

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la stampa - Arianna Lazzarini
NA CA CT MI RM LV
LA
LA STAMPA
STAMPA
QUOTIDIANO FONDATO NEL 1867
VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 • ANNO 147 N. 337 • 1,30 € IN ITALIA (PREZZI PROMOZIONALI ED ESTERO IN ULTIMA) SPEDIZIONE ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/04) ART. 1 COMMA 1, DCB - TO www.lastampa.it
1918-2013
NELSON MANDELA
DAL CARCERE
UN SORRISO CAPACE
DI PARLARE A TUTTI
SCONFISSE
L’APARTHEID
GIANNI RIOTTA
MIMMO CÁNDITO
ex presidente
sudafricano
Nelson Mandela amava raccontare agli
amici questa storiella:
«Quando morirò, mi presenterò alle Porte del Paradiso e
l’Angelo mi chiederà “Lei chi
è?”. Io risponderò usando il
mio nome tribale, “Madiba”.
“E da dove viene?” insisterà
l’Angelo, ed io “Dal Sudafrica”. L’Angelo mi guarderà
“Ah, lei è quel Madiba. Credo
debba accomodarsi ai Cancelli Infuocati, là sotto!”».
nche le bandiere
muoiono, quando
sono fatte di uomini. Così muore anche Nelson Mandela, che sembrava consegnato
eterno ai suoi giorni senza più
parole, una storia che ormai
era come se il corso del tempo
si fosse perduto in un oblio
stanco, portando via con sé la
memoria di fatti che oggi ci paiono lontani quanto mille anni.
Bandiera del suo Paese
Mandela lo diventò sul finire
del secolo scorso, in un giorno
d’estate del ’95.
L’
A
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«SENZA DI LUI
SAREBBE STATA
GUERRA CIVILE»
PIEGATO SOLO
DALLE FAIDE
DI FAMIGLIA
PAOLO MASTROLILLI
LORENZO SIMONCELLI
a bambino pensavo che non lo
avrebbero mai
fatto uscire di
prigione, e il Sudafrica sarebbe precipitato
nella guerra civile. Averla
evitata è la più grande eredità storica che ci ha lasciato».
Lo scrittore Richard Mason è la voce del nuovo Sudafrica, quello che dovrebbe
completare il sogno di Nelson Mandela e diventare una
democrazia interrazziale e
ricca, capace di ispirare la rinascita dell’intero continente africano.
KIM LUDBROOK/EPA
opo tante battaglie vinte, Nelson
Mandela si è arreso. È riuscito a
varcare la soglia
dei95anni(lihacompiutiil18luglio), ma ieri i suoi polmoni malandati, che gli hanno dato fiato
per ribellarsi alla segregazione
razziale che ha colpito il suo Sudafrica,lohannolasciato.
Madiba, il suo soprannome derivante dall’etnia di
origine Xhosa, ha lottato fino
alla fine. insieme allo staff di
medici che lo ha accompagnato in questi ultimi anni di
vecchiaia e sofferenza.
DA PAG 2 A PAG. 7
CONTINUA A PAGINA 4
D
CONTINUA A PAGINA 6
CONTI PUBBLICI
NON CI SONO
SCORCIATOIE
STEFANO LEPRI
ul senso del messaggio
dall’Europa ormai c’è
poco da arzigogolare: la
legge di stabilità 2014 così non
va bene. Fino all’ultimo ha cercato di far finta di non capirlo
un’Italia divisa, secondo linee
di frattura tutte politiche, tra
minimalisti e velleitari.
S
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D
Addio
Nelson Mandela è morto a 95 anni. L’annuncio è stato dato dal presidente del Sudafrica, Zuma: il Paese è in lutto
Napolitanodifendelalegislatura:«Orasuperareilproporzionale».ScontroCamera-Senato
“Il Parlamento è legittimo”
All’indomani della sentenza della Consulta sulla messa in
mora del Porcellum, Napolitano ribadisce la «legittimità del
Parlamento» e difende il bipolarismo: «E’ imperativo superare il sistema proporzionale».
L’Ue, sui conti pubblici: servono più tagli. E Draghi invita i governi a evitare gli «effetti distorsivi» degli aumenti delle
tasse.
DA PAGINA 8 A PAGINA 13
1
Buongiorno
MASSIMO GRAMELLINI
1 L’autista
del 44 accosta il bestione e scende in strada a
telefonare. I passeggeri, una cinquantina tra studenti e impiegati, seguono il dramma con gli occhi collosi delle otto
del mattino. Siamo su un autobus a Monteverde Vecchio,
quartiere di Roma immortalato nei film di Nanni Moretti,
anche se la scena raccontata dal Messaggero.it ricorda di
più i Cesaroni. Attraverso le porte aperte del 44 risuona la
voce dell’autista, alle prese con l’autopsia del suo matrimonio già declinato in divorzio con contorno avvelenato di alimenti: «Mi hai distrutto la vita! Lo vuoi capire che non c’ho
una lira?» Seguono insulti mescolati ai lamenti. L’uomo
chiude la telefonata con l’ex moglie, risale a bordo e scoppia
in lacrime. «Scendete subito, brutti stronzi», intima alla
pregiata clientela. Nessuno si ribella, scendono tutti. L’auti-
DAL PORCELLUM AL GIOCO DELL’OCA
FEDERICO GEREMICCA
a speranza è durata poche ore. E chi immaginava che la temuta
sentenza della Corte Costituzionale potesse avere almeno l’effetto di accelerare e
L
responsabilizzare l’estenuante dibattito in corso intorno
alla riforma della legge elettorale, ci ha messo pochissimo a
capire che non è così. Se possibile, anzi, la situazione è addirittura peggiorata.
CONTINUA A PAGINA 31
Spettatori paganti
sta accende la scritta Deposito e si allontana col suo destriero di latta verso Trastevere, mentre i passeggeri disarcionati si mettono in attesa del bus successivo, augurandosi che sia guidato da un single. Qualcuno si consola al pensiero che il divorziato fuori di testa ha avuto quantomeno il
buon senso di non usare il telefono mentre guidava.
In qualche altra parte di mondo un dipendente che interrompeilpubblicoservizioperunafaccendaprivataenescarica le conseguenze sui cittadini verrebbe linciato. Ma nella
patria del melodramma e delle fiction sbrodolone la fragilità
emotiva, purché platealmente esibita, è un’attenuante formidabile. Davanti allo spettacolo del suo dolore, quei passeggeri non si sentivano contribuenti defraudati, ma spettatori paganti. Almeno quelli che avevano pagato il biglietto.
IL CASO
Papa Francesco, CENTRAFRICA
in arrivo
Lanuovaguerra
una task-force
diHollande
Q
contro i pedofili D
OMENICO
Cooperazione
con le autorità civili
E per il ministero
sacerdotale servirà
l’attestato di idoneità
Galeazzi e Tornielli
A PAGINA 17
UIRICO
okassa, imperatore del
Centrafrica, faceva
iniziare la visita a questa terra ricca di violatori di
diritti umani più che di iene,
non dal palazzo dell’assemblea o da una università.
B
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R
2 .Primo Piano
STAMPA
.LA
VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013
U
MANDELA
1918-2013
Quando un uomo ha
compiuto quello che
ritiene essere il suo
dovere nei confronti
della sua gente può
riposare in pace
Il tweet scelto per il saluto
Nelson Mandela è morto
a 95 anni. Il presidente
del Sudafrica, Jacob Zuma lo
ha annunciato ieri sera alle
22,47 ora italiana, in un commosso discorso: «Abbiamo
perso il nostro grande figlio».Con Nelson Mandela
scompare uno dei grandi protagonisti del XX secolo.Cresciuto nello spietato regime
dell’apartheid che oppresse il
Sudafrica dal 1948 al 1994,
Mandela ha trascorso quasi
un terzo della vita in carcere
e ne è uscito con un messaggio di perdono e riconciliazione. Ricoverato in ospedale lo
scorso 8 giugno per un’infezione polmonare Mandela era
stato per 3 mesi in clinica e a
settembre era stato dimesso.
Da allora si trovava nella sua
casa vicino Johannesburg
circondato dai famigliari e
dall’affetto dell’intero Paese.
M IMMO CÁNDITO
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
L
o era già per il popolo di
neri che in quelle terre
verdi del Sud Africa ci
erano nati da sempre;
ma in quelle terre c’erano anche i bianchi venuti dai mari
dell’Europa a prendersi la vita, e loro invece lo odiavano perché lui gli
aveva rubato il futuro.
Il pomeriggio di quel 24 giugno,
nel sole tiepido dell’estate australe
presa già dai brividi del freddo che
veniva dai venti del Sud, Mandela
entrò con animo incerto nello stadio dove si stava per giocare la finale del Campionato del mondo di
rugby: lui era il nuovo presidente
d’un Paese non più schiacciato dentro il retaggio della violenza legale
dell’Apartheid, ma la pacificazione
non c’era ancora stata, e nemmeno
l’accettazione d’una identità unica,
uguale per i due popoli che a lungo
avevano convissuto come in un angolo perduto della storia.
In quella finale, i campioni nazionali degli Springboks, bianchi dentro e fuori, sfidavano la squadra
campione del mondo, gli imbattibili
All Blacks con il loro rito sciamanico dell’autoglorificazione haka; e
nello stadio stracolmo di tifosi, di
colori, di sciarpe e bandiere, il pubblico era quasi interamente di bianchi. Che accolsero Mandela con un
applauso tiepido, quasi solo di cortesia. Lui rispose alzando le mani
in aria; era Presidente da poco più
di un anno, e in quella finale voleva
trovare assai più della cerimonia
ufficiale che si stava consumando.
Lo trovò. Gli Springboks vinsero, contro ogni pronostico, e i sessantaduemila dello stadio impazzirono di felicità per quel trionfo del
loro sport nazionale. In un coro gigantesco che era come un ruggito
della storia, cantarono tutti l’inno
nazionale, e però poi – prima lentamente, ma subito con un crescendo
Una delle immagini scattate a Nelson Mandela nel 1993 quando fu insignito del Premio Nobel per la Pace
FOTO HANS GEDDA/SYGMA/CORBIS
Addio all’uomo comune
che sconfisse l’apartheid
L’ex presidente del Sudafrica diceva di sé: “Sono una persona normale
al quale solo circostanze straordinarie hanno offerto un ruolo storico”
inarrestabile, contagioso – presero a tri popoli alla supremazia dell’uomo
scandire una parola che mai prima bianco, e apriva ora a obblighi nuovi
avevano osato pronunciare: Madiba, e a nuove responsabilità la cultura
Madiba Mandela, il nome di batta- dei diritti umani.
glia di un vecchio glorioso combatDi sé, Nelson Mandela diceva di
tente che ora diventava il Presidente essere un uomo comune, uno come
tanti, cui soltanto «circostanze stradi tutti, neri e bianchi insieme.
Del secolo scorso,
ordinarie» avevano
Mandela è stato uno
BIANCHI E NERI offerto un ruolo stodei simboli più forti,
Si potrebbe
La riconciliazioneI MONDIA
cominciò rico.
uomo davvero del
anche ritenere che,
proprio tempo per con la vittoria della nazionale in realtà, la sua lotta
ai mondiali di rugby ’95 per l’uguaglianza e
quella sua storia di
vita che, muovendo
il riscatto dei dandal piccolo villaggio di Mvezo, sulle nati della Terra fosse destinata a
rive del fiume Mbashe, nel cuore del- dargli la vittoria comunque, perché
l’Africa più profonda, l’aveva portato il corso della storia dopo la II guerra
a essere biografia di un intero Conti- mondiale segnava il destino d’una
nente, quando la valanga irruente modifica inevitabile degli equilibri
della decolonizzazione aveva tronca- coloniali che per secoli i vascelli e le
to il lungo filo che nella schiavitù dei armi degli imperi europei avevano
corpi e delle terre aveva legato gli al- impiantato nelle terre d’oltremare,
Africa o Asia che fosse. E di questa
inevitabilità lui sarebbe stato soltanto un protagonista necessario.
Ma così non è, e per due fattori
che sono essenziali a definirne ruolo
e rilievo politico. Il primo è stato la
scelta della nonviolenza; una scelta
non praticata nelle forme radicali del
Mahatma Gandhi, perché l’African
National Congress combatteva anche con le armi l’intransigenza feroce del governo dell’Apartheid, ma
una scelta impiantata tuttavia in un
progetto politico che allo strapotere
della minoranza bianca opponeva la
forza del diritto della Storia (una
concezione nella quale incidevano i
suoi anni di studio nei college cattolici e, poi, il duro apprendistato che
ebbe a praticare nelle disperate condizioni di lavoro dentro le gallerie
della miniera d’oro di Crown Mines).
Il secondo fattore che fa di Mandela un grande leader politico fu la
sua strategia di «inclusione» e non
di separazione, la mano aperta sempre verso i suoi avversari (nella cella di Robben Island un giorno aveva
detto: «Io non ho nemici, ho soltanto avversari») piuttosto che la tentazione – irresistibile per molti vincitori – del risarcimento della vendetta. Quando il ruvido Peter
Botha, il capo bianco della separazione più rigida, lo chiamò a un incontro segreto, il vecchio militante
nero aveva già passato in galera più
di vent’anni della propria vita: dalle
celle segregate di Robben Island
ora lo avevano trasferito nella prigione di Pollsmoor, alla lontana periferia di Città del Capo, e lo tenevano in isolamento totale. Lui era il
Nemico, bisognava piegarlo.
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LA STAMPA
La vita
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Primo Piano .3
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La giovinezza
La professione
Il carcere
La presidenza
Il ritiro
Mandela nasce in un villaggio nel
1918. A 22 anni, per sottrarsi a un
matrimonio combinato, scappa a
Johannesburg dove studia legge
Nel 1943 si iscrive al Congresso
Nazionale Africano, nel 1952 apre a
Johannesburg con l’amico Oliver
Tambo il primo studio legale nero
Arrestato una prima volta nel ’62
per incitamento allo sciopero
condannato all’ergastolo nel ’64
per sabotaggio dell’esercito
Liberato nel 1990, Nobel per la pace
nel 1993, nel 1994 viene eletto
presidente. Guida la transizione alla
democrazia e alla riconciliazione
Nel 1999 non si ricandida ma
continua il suo impegno per i diritti
civili. Nel 2004, a 85 anni, si ritira
definitivamente a vita privata
Obama: non posso
immaginare
la mia vita senza
il suo esempio
ROMA
Nelson Mandela con l’allora presidente americano Bill
Clinton il 27 marzo del 1998 nella cella numero 5 del carcere
di Robben Island dove il leader sudafricano per i diritti civili
dei neri ha trascorso 18 dei suoi ventisette anni di prigionia
Ma quel giorno, il 4 luglio del stesso Paese era un obiettivo di cui
1989, Mandela non cedette: l’incon- Mandela conosceva bene quali
tro tra il prigioniero segregato e il asprezze, quante diffidenze e rangrande capo bianco fu freddo, non cori, quali odi di cuore e di testa,
si diedero la mano, parlarono frasi bisognasse ora vincere. Il dovere
brevi, di chi diffida anche se vuol del perdono, della conciliazione decapire. L’uno, che era il Presidente, gli spiriti, delle culture radicate,
forte della forza del proprio potere delle spigolose ragioni dei contraassoluto, stava però dichiarando sti, fa parte delle scelte politiche
con quell’incontro gelato la scon- che in democrazia i vincitori hanno
fitta più amara della propria vita; il potere di assumere; e un altro
l’altro, il prigioniero politico n° saggio vecchio, il vescovo nero De46664, ammaccato dagli anni e dal- smond Tutu, diede alla strategia
le privazioni, stava invece cele- politica di «Madiba» anche la forza
brando la propria vittoria, che era del suo spirito cristiano.
sì la sua vittoria personale ma, anL’obiettivo faticò a realizzarsi, ci
che e soprattutto, era la vittoria di furono lunghi percorsi di dialoghi difquel mondo che
ficili, diffidenti, di
aveva imposto a
LA NON VIOLENZA confessioni strapPretoria le sancon lacerazioUn progetto politico che pate
zioni e fatto di
ni profonde delallo strapotere dei bianchi l’animo. Ma poi ar«Madiba» il simbolo della lotta opponeva la forza del diritto rivò una partita di
dei diritti umani
rugby, e un pallone
(«Free Mandela»,
L’INCLUSIONE ovale lanciato oltre
cantava in ogni
meta davanti a
Non ebbe mai la tentazione la
angolo della Teruno stadio pazzo di
della vendetta, ma la mano felicità sancì simra il popolo della
musica).
sempre aperta agli avversari bolicamente la fine
Pochi mesi dodi quel processo.
po quel freddo incontro di luglio –
Il Presidente nero diventò la banera ormai il 2 febbraio del ’90 – il diera di un intero Paese, anche dei
presidente F.W. de Klerk cancella- bianchi spossessati del loro passato,
va il bando imposto alle attività anche di chi non voleva dimenticare.
dell’African National Congress e Nasceva per sempre il nuovo Sud
annunciava il rilascio in libertà di Africa, quello cui «Madiba» aveva
quell’antico prigioniero dell’Apar- dedicato l’intera vita. Oggi, «Free
theid, un vecchio adesso, ma sem- Mandela» si canterà forse per l’ultipre sorridente, sempre sereno. Fi- ma volta, e sempre più i diritti umani
nito un tempo, bisognava che suonano oggi come parole verbose
s’aprisse un tempo nuovo; e la con- nella ipocrisia dei leader del mondo.
ciliazione dei due popoli d’uno Perché anche le bandiere muoiono.
Il dolore, lo sgomento e la commozione per la morte di Mandela hanno immediatamente prodotto reazioni in tutto il mondo.
«Non posso immaginare la mia
vita senza l’esempio di Nelson
Mandela» ha detto, visibilmente
commosso, il presidente americano Barack Obama che ha poi
aggiunto: «Nelson Mandela è vissuto per un ideale e l’ha reso reale. È uno dei personaggi più coraggiosi della nostra era. Appartiene al tempo, alla storia. Ha trasformato il Sudafrica e tutti noi.
Noi troviamo fonte di esempio e
rinnovamento nella riconciliazione e nello spirito di resistenza
che ha fatto dell’azione di Mandela una cosa vera».
Pochi minuti dopo la notizia
della scomparsa il consiglio di Sicurezza dell’Onu ha osservato un
minuto di silenzio in suo onore e il
segretario generale, Ban Ki Moon
ha voluto ricordare come «la sua
forza morale, la sua umanità hanno abbattuto il sistema dell’apartheid. E dopo 27 anni di detenzione non ha voluto vendetta ma ha
parlato di riconciliazione e pacificazione». Il tema della pacificazione è stato una costante nel ricordo dei leader di tutto il mondo,
il presidente sudafricano Jacob
Zuma, dopo aver ordinato i funerali di Stato e le bandiere a mezz’asta in tutto il paese, ha voluto
sottolineare che Mandela «è morto serenamente» nella sua casa di
Johannesburg con «accanto la
sua famiglia». Ma anche l’ultimo
presidente sudafricano dell’epoca dell’aparthied, Frederik De
Klerk ha voluto riconoscere i
grandi meriti di Mandela: «È grazie a lui se la riconciliazione in Sudafrica è stata possibile».
La decisione di esporre le bandiere a mezz’asta è stata presa anche dal premier inglese, David Cameron sottolineando che «una
grande luce si è spenta nel mondo»
e il presidente dell’Unione Europea, Herman Van Rompuy ricordando come Mandela sia stato
«uno dei più grandi statisti dei nostri tempi» ha aggiunto che il modo
migliore per onorare «la sua memoria sia un impegno collettivo
per la democrazia». Dalla Francia,
François Hollande ha salutato Nelson Mandela come «un magnifico
combattente» e «un eccezionale»
protagonista della resistenza contro l’apartheid. L’ex presidente
Usa, Bill Clinton ha focalizzato l’attenzione sulle doti morali di Mandela: «Un campione di dignità
umana, libertà, di pace e riconciliazione. Oggi il mondo ha perduto
uno dei suoi più importanti leader
e uno degli esseri umani più puri.
Tutti noi viviamo in un mondo migliore grazie alla vita che Madiba
ha vissuto».
[F. I.]
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U
MANDELA
1918-2013
La donna della vita
Mandela con Winnie, la moglie
devota degli anni difficili:
divorziarono nel ’96 dopo 34 anni
La festa dei 90 anni
«Madiba» il 19 luglio 2008 nella sua casa natale a Qunu spegne 90 candele
e dice: «Sono onorato che abbiate voluto rendere omaggio a un vecchietto
ormai ritirato a vita privata, che non ha più potere né influenza sul Paese»
Il volto privato del padre della nazione
Un leone piegato
da avidi eredi politici
e faide famigliari
L’ultimo amore
Mandela con Graça Machel
sposata nel 1998, a 80 anni
LORENZO SIMONCELLI
PRETORIA
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
I
l vuoto che lascia è immenso
e incolmabile, soprattutto
perché nessuno è all’altezza
di rimpiazzarlo nella scena
pubblica e politica sudafricana. C’è da dire che Mandela era
lontano dai riflettori ormai da diversi anni, l’ultima apparizione
era stata alla Coppa del Mondo del
2010. Poi un lungo silenzio, fino a
quel tragico 29 aprile scorso in cui
era apparso nuovamente agli occhi del mondo e del suo popolo attraverso un video della televisione
pubblica sudafricana.
Forse sarebbe stato meglio non
mostrarlo. I segni della maschera di
ossigeno sul volto, lo sguardo assente. Un guerriero chiuso in gabbia, irriconoscibile. Al suo fianco Jacob
Zuma, l’attuale presidente, designato insieme all’ex presidente Mbeki a
prendere le redini del partito, l’Anc
(Africa National Congress) e del Paese. Ma non è andata così la politica
dell’attuale partito al governo non
ha niente da spartire con la linea
dettata da Mandela. Nepotismi, interessi personali e corruzione hanno sovvertito la lotta di Madiba contro avidità, ingiustizia e conflitti.
Mandela, in vista delle elezioni
presidenziali del prossimo anno,
era diventato uno strumento utilizzato dai partiti politici per ottenere voti. Ogni discorso dell’Anc
era accompagnato da un richiamo
alle azioni del leader. Il partito avverso, la Da (Democratic Alliance), ha impostato la sua campagna
sul far riscoprire al popolo nero,
come in realtà Mandela fosse sempre stato in ottimi rapporti con gli
L’ultima apparizione pubblica nel 2010, poi tante amarezze
L’omaggio di Whitney
Le lacrime di Charlize
Nel 1994 la cantante dedica tre concerti
in Sudafrica a Mandela presidente
Storico incontro tra due sudafricani: l’attrice
Charlize Theron emozionata dal «grande Madiba»
avversari politici. Già a fine del suo
primo e unico mandato come Presidente del Sudafrica, il partito non si
era fatto troppi problemi a dargli il
ben servito, ma il finale è stato quasi
irrispettoso.
Un altro legame difficile Mandela lo ha avuto con la famiglia. Relazioni a distanza, tormentate, soprattutto con la prima moglie
Evelyn e con Winnie, l’«Evita nera». Il terzo matrimonio con Graca
Machel, ex moglie del presidente
del Mozambico Samora Machel, e
unica donna al mondo a essersi sposata con due capi di Stato, è avvenuto alla tenera età di 80 anni ed è
sempre stato malvisto dai figli avuti
dai precedenti matrimoni.
La vita sentimentale di Madiba è
stata complessa, ma anche come
padre non ha di certo avuto vita facile. Sei figli, solo tre ancora in vita.
Nessuno di loro ha mai capito piena-
mente l’impegno politico del padre,
forse avrebbero preferito averlo a
casa piuttosto che sentirne parlare
come un mito. Zenani, una delle figlie avute con Winnie lo ha incontrato per la prima volta a 16 anni. Lo
stesso Mandela, nelle ultime dichiarazioni, ha sempre detto di essersi
pentito di non aver dedicato più
tempo alla famiglia e ai figli in particolare. Di certo non avrebbe mai
pensato che già prima della sua
morte si potesse scatenare una così
drammatica lotta per l’eredità. Non
sarebbe piaciuta a Mandela neanche una lotta per l’eredità politica
all’interno della sua famiglia, tantomeno a livello economico. Negli ultimi mesi non era quasi più cosciente
e la speranza è che non si sia reso
conto della lotta fratricida per pochi
milioni di euro tra chi dovesse gestire i risparmi tra i suoi amici e avvocati che lo hanno difeso negli anni
bui dell’apartheid e le figlie Zenani e
Makaziwe.
Nessuno saprà mai quanto era
davvero consapevole Mandela di ciò
che gli ruotava attorno negli ultimi
anni, ma chi lo conosce bene, come il
suo amico e avvocato George Bizos,
sa che sarebbe stata l’ennesima sofferenza della sua vita, ma che non
aveva più la forza fisica e mentale di
combattere. Sono tante le persone
che devono ringraziare Nelson Mandela in Sudafrica. A cominciare dal
suo popolo. Giovane e vecchio. Bianco, colorato e nero. Se oggi la nazione
arcobaleno è libera è merito della sua
lotta e dei suo sforzi durante questi
95 anni di vita. Ciò che rimane è il suo
messaggio, il suo insegnamento, ma
anche un’icona ed un’immagine che
all’interno del Paese, come oltreoceano vendono benissimo. Il più grande
ringraziamento da parte della sua
gente, del partito e della famiglia sarebbe quello di gestire al meglio questa eredità.
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U
MANDELA
1918-2013
Icona anche per lo sport
Tutto il Sudafrica in piazza
Nel 1995 ha consegnato la Coppa
del Mondiale di rugby a Steve Pienaar,
capitano della nazionale sudafricana
Pochi minuti dopo l’annuncio della morte migliaia di persone
si sono riversate nelle piazze per rendere omaggio a Mandela
e ricordarlo insieme con veglie e preghiere
Il sorriso del “nonno” di tutti
capace di parlare anche ai nemici
Personalità accattivante, un mito non scalfito dalla storia: e nessun desiderio di vendetta
GIANNI RIOTTA
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
qui Nelson Mandela
scoppiava nella sua accattivante risata, che in
galera aveva confortato
i compagni per 27 anni
e poi affascinato leader politici,
star dello spettacolo e dello sport,
intellettuali, la giuria del Nobel e
milioni di persone semplici.
Autocondannandosi per scherzo all’Inferno, Mandela provava a
schermarsi dall’icona di profeta
della libertà e della giustizia più
amato al mondo, e così facendo,
con grazia, aumentava solo la sua
influenza. Il mito del Che Guevara
è offuscato dalla corruzione del regime cubano e dalle rivelazioni
sulla sua durezza personale nella
biografia di Anderson. John Kennedy resta amato, ma ha subito
mille pesanti gossip sulla vita privata, il fratello Bob ha la saggezza
di Mandela, ma la morte tragica
E
Il coraggio
Nel marzo del 1999 Michael Jackson fu ricevuto
da Mandela. La pop star lo definì «l’uomo più
coraggioso e straordinario mai esistito»
L’ARRIVO IN CIELO
«Un angelo mi dirà: tu sei
quel Madiba? Scendi
ai cancelli infuocati»
nel 1968 gli ha impedito di lavorare
davvero nella Storia. Ai leader comunisti asiatici, Ho Chi Minh in
Vietnam e Mao in Cina, i successi
contro il colonialismo e la popolarità nel 1968 degli studenti non bastano a cancellare la repressione
feroce contro i propri cittadini e il
disprezzo della democrazia.
Mandela, nato Rolihlahla Dalibhunga, ha avuto la grazia di maturare in un politico capace di parlare a chiunque, perché persuaso
di non detenere la verità e davvero
umano, cordiale. Nelle sue memorie, tradotte in italiano da Feltrinelli, Mandela ricorda il carcere
duro di Robben Island, quando le
guardie costringevano i detenuti
neri a indossare i pantaloncini per
disprezzo, a lavori umili e faticosi,
chiamandoli con il nomignolo razzista «Kaffir boy», oggi fuorilegge
in Sud Africa. Come il patriota italiano Silvio Pellico nel suo libro
«Le mie prigioni» riconosce tra le
sofferenze che il carceriere austriaco Schiller aveva il carattere
Ha ispirato musica e poemi
In una delle ultime apparizioni pubbliche, nel 2007 a una cena benefica con
Bono, leader degli U2, sempre vicino alle cause del leader sudafricano
di un uomo buono, così Mandela,
nell’odio feroce dell’apartheid che
divideva il suo paese, impara osservando i secondini che non tutti i
bianchi sono «diavoli». Capisce, da
leader politico geniale, che l’odio, il
rancore, il risentimento perenne
non porteranno che all’oppressione
infinita dei neri e, alla caduta del regime Afrikaner, alla guerra civile e
alla dittatura, tra massacri.
La qualità migliore di un leader è
saper maturare, guardare non solo
alle proprie idee e ai propri militanti, ma alle ragioni, i sentimenti, la
cultura degli avversari. Un percorso
difficilissimo in condizioni normali,
ma quasi impossibile nel Sudafrica
con i militanti neri uccisi, milioni di
cittadini in condizioni di povertà, il
disprezzo del razzismo.
Quando va a studiare legge all’Università, Mandela siede accanto
a uno studente bianco, che ricorda
«per le orecchie a sventola». Quello,
sdegnato, si alza subito per non avere compagno di banco un «coloured» e si allontana. Mezzo secolo dopo, quando gli ex allievi tengono una
riunione celebrativa, il presidente
Mandela fa cercare il ragazzo dalle
orecchie a sventola, ma è morto.
«Mi spiace - commenta Mandela gli avrei chiesto della sua vita, gli
avrei stretto la mano e assicurato
che non gli serbavo rancore».
Né le prove terribili della politica,
né le angosce private, i divorzi, gli
adulteri della moglie, la morte precoce dei figli in incidenti o per l’Aids,
hanno alterato la «buona volontà»
di Nelson Mandela e il suo sorriso, il
cercare l’intesa, il dialogo anche nelle feroci guerre civili della sua adorata Africa che cercava di conciliare. Il mondo lo ha adottato come
«nonno» di tutti riconoscendo questa qualità.
È facile ora dimenticare, nel tripudio dei riconoscimenti unanimi,
che Nelson Mandela lasciò il carce-
re solo nel 1990, che a lungo - negli
anni della Guerra Fredda quando il
Sud Africa anticomunista che sorvegliava le rotte di due oceani era
roccaforte importante - l’Occidente
chiuse un occhio sulla tragedia dell’apartheid, e che il business ascoltò
distratto le voci che chiedevano «divest», non finanziare o fare affari
con Pretoria. Le prime pagine di
tanti giornali, fino alla fine degli Anni Ottanta, testimoniano malinconiche questa ipocrisia.
Mandela ha chiesto di essere sepolto nell’ancestrale Qunu, area
orientale cara alla sua famiglia:
«Là sono stato un bambino felice,
prendevo passeri con la fionda,
raccoglievo miele selvatico, frutta
e ortaggi, bevevo il latte caldo appena munto, nuotavo nei torrenti
gelati e andavo a pescare con una
lenza di filo di ferro». Il patriarca
non ha mai perduto il sorriso di
quel bambino, né nella sconfitta, né
nella vittoria, né nella cella umida
dove contrasse la tubercolosi, né
nei palazzi del potere che lo ricevettero in gloria. Il miracolo dell’umanità di Nelson Mandela ha
dunque parlato a ciascuno di noi, e
per questo lo abbiamo amato e la
sua icona ha brillato nella storia,
come un sorriso di bimbo.
R
6 .Primo Piano
STAMPA
.LA
VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013
U
MANDELA
1918-2013
Con la coppa
I Mondiali di calcio
del 2010 in Sudafrica
furono fortemente
voluti
da Mandela
I due Nobel alla guida del Sudafrica
Il presidente Nelson Mandela nel 1996 con uno dei suoi vice quel Frederick
De Klerk che qualche anno prima aveva annunciato la scarcerazione
di Madiba da Robben Island e decretato così la fine dell’apartheid
Lo scrittore Richard Mason
“Cambiò la storia
Fu lui a salvarci
dalla guerra civile”
PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A NEW YORK
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
C
i parla, l’autore di
«Drowning People», dalla sede della fondazione
intitolata alla sorella
Kay, che per missione
cerca di mettere in pratica gli insegnamenti di Madiba.
Lei è nato nel 1977, quando Mandela era già in prigione. Ricorda il
momento in cui ha capito chi era?
«La mia famiglia era molto politicizzata. Si parlava sempre di lui,
dei problemi del Sudafrica, e quindi questo momento particolare
non è mai avvenuto: è stato una
presenza costante nella mia vita.
Però ricordo che quando ne parlavamo, con mia sorella e i miei genitori, eravamo sicuri che non sarebbe mai uscito di prigione. Era
un’idea che ci terrorizzava, perché
sapevamo che senza di lui sarebbe
scoppiata la guerra civile».
Non si rischia di nuovo, ora che non
c’è più?
«No, ne sono sicuro. Mandela è riuscito a immunizzare il Sudafrica da
questa minaccia. Il paese ha tanti
problemi da risolvere, ma la guerra
civile basata sull’appartenenza razziale non sarà uno di loro».
Perché questa è l’eredità principale
di Mandela?
«Principale, giusto, perché poi ce
ne sono molte altre di cui parleremo. Poche persone fanno davvero
la storia, nel senso che riescono a
cambiare il corso degli eventi. Alcuni, come Hitler, li mutano in maniera negativa, facendo accadere
orrori che senza di loro non sarebbero capitati. Altri, come Mandela,
riescono invece ad avere un impatto positivo duraturo. La guerra civile era l’orizzonte naturale del Sudafrica, e lui invece ha cambiato il
corso degli eventi».
“Ma ha governato troppo poco per poter costruire il futuro del Paese”
Il carcere
L’eredità
Il nuovo «Apartheid»
«Sono nato quando
era già in prigione:
eravamo sicuri
che non ne sarebbe
mai uscito. L’idea
ci terrorizzava»
«Ci ha insegnato
la tolleranza
e l’importanza
dell’istruzione: diceva
che solo l’istruzione
può salvare il Paese»
«Oggi la vera
spaccatura non
è più bianchi e neri
ma tra ricchi e poveri
Solo l’uguaglianza
porterà la pace»
Il pericolo
I conflitti
Dieci anni in più
«ll suo messaggio
è riuscito
a immunizzare
il Sudafrica
dalla minaccia di
un conflitto fratricida»
«Ormai abbiamo
la democrazia
da vent’anni, ma
troppe persone
sono ancora escluse
dal benessere»
«Se avesse avuto
più tempo
si sarebbe occupato
dei poveri, perché
conosceva bene
la loro condizione»
pletare il suo sogno?
«Perché ha governato troppo poco.
Averlo a capo del Sudafrica è stata
una fortuna, perché ha evitato il collasso, ma non ha avuto abbastanza
tempo per costruire il futuro. Ci sarebbe servito che avesse governato
per altri dieci anni».
Cosa avrebbe cambiato?
«Si sarebbe occupato dei poveri, perché conosceva bene la loro condizione. E poi non avremmo visto decisioni
senza senso, tipo quella di negare le
cure ai malati di Aids».
È colpevole di non aver coltivato successori all’altezza?
«Quelli erano gli uomini a disposizione. Mbeki non aveva esperienza
esecutiva, e non conosceva il dramma della povertà. Zuma era solo il
capo dell’ala militare dell’Anc: non
aveva la preparazione per guidare il
paese».
Il vuoto che lascia ora non è una minaccia?
Quali sono le altre eredità a cui si riferiva prima?
crescere il Sudafrica oltre i suoi problemi».
«La tolleranza, senza dubbio. E poi
l’importanza che ha sempre dato all’istruzione: diceva che l’istruzione
l’aveva salvato durante gli anni duri
della prigione, e solo l’istruzione
può salvare ora il Sudafrica. Questo
è il motivo per cui con la Kay Mason
Foundation noi distribuiamo borse
di studio ai ragazzi più disagiati: solo la conoscenza, offerta a tutti, farà
«Quello fondamentale è la povertà.
Ormai abbiamo la democrazia da
vent’anni, ma troppe persone sono
escluse dal benessere che doveva
portare. Queste persone sono state
fin troppo pazienti, perché avremmo le risorse per aiutarle e farle
crescere».
«Di più: è il nuovo conflitto, che ha
preso il posto di quello razziale. La
vera spaccatura del Sudafrica oggi
non è fra bianchi e neri, ma tra i pochi ricchi e i molti poveri. Ci sono
persone di tutte le razze, in entrambe le categorie, e fino a quando non
risolveremo questa emergenza non
avremo una vera pacificazione e crescita del paese».
È un problema superiore al conflitto
Perché Mandela non è riuscito a com-
Quali sono questi problemi?
razziale?
«In Sudafrica sta crescendo una nuova generazione non corrotta, preparata, motivata, senza pregiudizi razziali, che lavora tanto al governo,
quanto all’opposizione. Pensate che i
bambini nati dopo il 1992, quelli che
non hanno mai visto l’apartheid, ora
hanno vent’anni e stanno per uscire
dalle università. Io ho fiducia. C’è un
mare di problemi urgenti da affrontare, ma abbiamo le risorse e la forza
per risolverli».
R
LA STAMPA
VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013
Primo Piano .7
.
U
MANDELA
1918-2013
Nella cella
Mandela nel 1994
affacciato alla finestra
di quella che era stata
la sua cella nel carcere
di Robben Island
dove trascorse 18
dei 27 anni di detenzione
Oggi Robben Island
è un museo a cielo aperto
Patrimonio mondiale
dell’umanità
Un leader a suo agio
con il mondo intero
La capacità di dialogo e un fascino che conquistava tutti
Nelson Mandela è arrivato tardi al potere
dopo 27 anni di carcere e una vita in lotta
contro l’apartheid. Nel suo unico mandato
da presidente ha incontrato decine di leader mondiali, dalla regina Elisabetta
a Clinton, da Ciampi a Fidel Castro
La sua coerenza e il suo idealismo sono
stati modello e fonte di ispirazione. Pareva
che visitare il Sudafrica senza incontrarlo,
anche per molte star, fosse impensabile
Sul taccuino
Gli anni di detenzione (27), quelli
che aveva all’ingresso in carcere
(44) e quelli alla liberazione (72)
Tè con la regina
L’incontro con Ciampi
Mandela presidente ospite di
Elisabetta a Buckingham Palace
Nel marzo 2002 il presidente Ciampi, in visita ufficiale in
Sudafrica, vede Mandela, ormai fuori dalla vita politica
«Castro, un grande amico»
Verità e riconciliazione
Mondi opposti
Mandela disse di Fidel a Clinton, incontrandolo
nel 1998 : «È uno dei miei più grandi amici»
Monsignor Tutu consegna a Mandela una copia del rapporto
della sua Commissione per la verità e la riconciliazione
Mandela nel 1997 con l’ex presidente
Botha, simbolo dell’apartheid