la stampa - Arianna Lazzarini
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NA CA CT MI RM LV LA LA STAMPA STAMPA QUOTIDIANO FONDATO NEL 1867 VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 • ANNO 147 N. 337 • 1,30 € IN ITALIA (PREZZI PROMOZIONALI ED ESTERO IN ULTIMA) SPEDIZIONE ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/04) ART. 1 COMMA 1, DCB - TO www.lastampa.it 1918-2013 NELSON MANDELA DAL CARCERE UN SORRISO CAPACE DI PARLARE A TUTTI SCONFISSE L’APARTHEID GIANNI RIOTTA MIMMO CÁNDITO ex presidente sudafricano Nelson Mandela amava raccontare agli amici questa storiella: «Quando morirò, mi presenterò alle Porte del Paradiso e l’Angelo mi chiederà “Lei chi è?”. Io risponderò usando il mio nome tribale, “Madiba”. “E da dove viene?” insisterà l’Angelo, ed io “Dal Sudafrica”. L’Angelo mi guarderà “Ah, lei è quel Madiba. Credo debba accomodarsi ai Cancelli Infuocati, là sotto!”». nche le bandiere muoiono, quando sono fatte di uomini. Così muore anche Nelson Mandela, che sembrava consegnato eterno ai suoi giorni senza più parole, una storia che ormai era come se il corso del tempo si fosse perduto in un oblio stanco, portando via con sé la memoria di fatti che oggi ci paiono lontani quanto mille anni. Bandiera del suo Paese Mandela lo diventò sul finire del secolo scorso, in un giorno d’estate del ’95. L’ A CONTINUA A PAGINA 5 CONTINUA A PAGINA 2 «SENZA DI LUI SAREBBE STATA GUERRA CIVILE» PIEGATO SOLO DALLE FAIDE DI FAMIGLIA PAOLO MASTROLILLI LORENZO SIMONCELLI a bambino pensavo che non lo avrebbero mai fatto uscire di prigione, e il Sudafrica sarebbe precipitato nella guerra civile. Averla evitata è la più grande eredità storica che ci ha lasciato». Lo scrittore Richard Mason è la voce del nuovo Sudafrica, quello che dovrebbe completare il sogno di Nelson Mandela e diventare una democrazia interrazziale e ricca, capace di ispirare la rinascita dell’intero continente africano. KIM LUDBROOK/EPA opo tante battaglie vinte, Nelson Mandela si è arreso. È riuscito a varcare la soglia dei95anni(lihacompiutiil18luglio), ma ieri i suoi polmoni malandati, che gli hanno dato fiato per ribellarsi alla segregazione razziale che ha colpito il suo Sudafrica,lohannolasciato. Madiba, il suo soprannome derivante dall’etnia di origine Xhosa, ha lottato fino alla fine. insieme allo staff di medici che lo ha accompagnato in questi ultimi anni di vecchiaia e sofferenza. DA PAG 2 A PAG. 7 CONTINUA A PAGINA 4 D CONTINUA A PAGINA 6 CONTI PUBBLICI NON CI SONO SCORCIATOIE STEFANO LEPRI ul senso del messaggio dall’Europa ormai c’è poco da arzigogolare: la legge di stabilità 2014 così non va bene. Fino all’ultimo ha cercato di far finta di non capirlo un’Italia divisa, secondo linee di frattura tutte politiche, tra minimalisti e velleitari. S CONTINUA A PAGINA 31 D Addio Nelson Mandela è morto a 95 anni. L’annuncio è stato dato dal presidente del Sudafrica, Zuma: il Paese è in lutto Napolitanodifendelalegislatura:«Orasuperareilproporzionale».ScontroCamera-Senato “Il Parlamento è legittimo” All’indomani della sentenza della Consulta sulla messa in mora del Porcellum, Napolitano ribadisce la «legittimità del Parlamento» e difende il bipolarismo: «E’ imperativo superare il sistema proporzionale». L’Ue, sui conti pubblici: servono più tagli. E Draghi invita i governi a evitare gli «effetti distorsivi» degli aumenti delle tasse. DA PAGINA 8 A PAGINA 13 1 Buongiorno MASSIMO GRAMELLINI 1 L’autista del 44 accosta il bestione e scende in strada a telefonare. I passeggeri, una cinquantina tra studenti e impiegati, seguono il dramma con gli occhi collosi delle otto del mattino. Siamo su un autobus a Monteverde Vecchio, quartiere di Roma immortalato nei film di Nanni Moretti, anche se la scena raccontata dal Messaggero.it ricorda di più i Cesaroni. Attraverso le porte aperte del 44 risuona la voce dell’autista, alle prese con l’autopsia del suo matrimonio già declinato in divorzio con contorno avvelenato di alimenti: «Mi hai distrutto la vita! Lo vuoi capire che non c’ho una lira?» Seguono insulti mescolati ai lamenti. L’uomo chiude la telefonata con l’ex moglie, risale a bordo e scoppia in lacrime. «Scendete subito, brutti stronzi», intima alla pregiata clientela. Nessuno si ribella, scendono tutti. L’auti- DAL PORCELLUM AL GIOCO DELL’OCA FEDERICO GEREMICCA a speranza è durata poche ore. E chi immaginava che la temuta sentenza della Corte Costituzionale potesse avere almeno l’effetto di accelerare e L responsabilizzare l’estenuante dibattito in corso intorno alla riforma della legge elettorale, ci ha messo pochissimo a capire che non è così. Se possibile, anzi, la situazione è addirittura peggiorata. CONTINUA A PAGINA 31 Spettatori paganti sta accende la scritta Deposito e si allontana col suo destriero di latta verso Trastevere, mentre i passeggeri disarcionati si mettono in attesa del bus successivo, augurandosi che sia guidato da un single. Qualcuno si consola al pensiero che il divorziato fuori di testa ha avuto quantomeno il buon senso di non usare il telefono mentre guidava. In qualche altra parte di mondo un dipendente che interrompeilpubblicoservizioperunafaccendaprivataenescarica le conseguenze sui cittadini verrebbe linciato. Ma nella patria del melodramma e delle fiction sbrodolone la fragilità emotiva, purché platealmente esibita, è un’attenuante formidabile. Davanti allo spettacolo del suo dolore, quei passeggeri non si sentivano contribuenti defraudati, ma spettatori paganti. Almeno quelli che avevano pagato il biglietto. IL CASO Papa Francesco, CENTRAFRICA in arrivo Lanuovaguerra una task-force diHollande Q contro i pedofili D OMENICO Cooperazione con le autorità civili E per il ministero sacerdotale servirà l’attestato di idoneità Galeazzi e Tornielli A PAGINA 17 UIRICO okassa, imperatore del Centrafrica, faceva iniziare la visita a questa terra ricca di violatori di diritti umani più che di iene, non dal palazzo dell’assemblea o da una università. B CONTINUA A PAGINA 18 R 2 .Primo Piano STAMPA .LA VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 U MANDELA 1918-2013 Quando un uomo ha compiuto quello che ritiene essere il suo dovere nei confronti della sua gente può riposare in pace Il tweet scelto per il saluto Nelson Mandela è morto a 95 anni. Il presidente del Sudafrica, Jacob Zuma lo ha annunciato ieri sera alle 22,47 ora italiana, in un commosso discorso: «Abbiamo perso il nostro grande figlio».Con Nelson Mandela scompare uno dei grandi protagonisti del XX secolo.Cresciuto nello spietato regime dell’apartheid che oppresse il Sudafrica dal 1948 al 1994, Mandela ha trascorso quasi un terzo della vita in carcere e ne è uscito con un messaggio di perdono e riconciliazione. Ricoverato in ospedale lo scorso 8 giugno per un’infezione polmonare Mandela era stato per 3 mesi in clinica e a settembre era stato dimesso. Da allora si trovava nella sua casa vicino Johannesburg circondato dai famigliari e dall’affetto dell’intero Paese. M IMMO CÁNDITO SEGUE DALLA PRIMA PAGINA L o era già per il popolo di neri che in quelle terre verdi del Sud Africa ci erano nati da sempre; ma in quelle terre c’erano anche i bianchi venuti dai mari dell’Europa a prendersi la vita, e loro invece lo odiavano perché lui gli aveva rubato il futuro. Il pomeriggio di quel 24 giugno, nel sole tiepido dell’estate australe presa già dai brividi del freddo che veniva dai venti del Sud, Mandela entrò con animo incerto nello stadio dove si stava per giocare la finale del Campionato del mondo di rugby: lui era il nuovo presidente d’un Paese non più schiacciato dentro il retaggio della violenza legale dell’Apartheid, ma la pacificazione non c’era ancora stata, e nemmeno l’accettazione d’una identità unica, uguale per i due popoli che a lungo avevano convissuto come in un angolo perduto della storia. In quella finale, i campioni nazionali degli Springboks, bianchi dentro e fuori, sfidavano la squadra campione del mondo, gli imbattibili All Blacks con il loro rito sciamanico dell’autoglorificazione haka; e nello stadio stracolmo di tifosi, di colori, di sciarpe e bandiere, il pubblico era quasi interamente di bianchi. Che accolsero Mandela con un applauso tiepido, quasi solo di cortesia. Lui rispose alzando le mani in aria; era Presidente da poco più di un anno, e in quella finale voleva trovare assai più della cerimonia ufficiale che si stava consumando. Lo trovò. Gli Springboks vinsero, contro ogni pronostico, e i sessantaduemila dello stadio impazzirono di felicità per quel trionfo del loro sport nazionale. In un coro gigantesco che era come un ruggito della storia, cantarono tutti l’inno nazionale, e però poi – prima lentamente, ma subito con un crescendo Una delle immagini scattate a Nelson Mandela nel 1993 quando fu insignito del Premio Nobel per la Pace FOTO HANS GEDDA/SYGMA/CORBIS Addio all’uomo comune che sconfisse l’apartheid L’ex presidente del Sudafrica diceva di sé: “Sono una persona normale al quale solo circostanze straordinarie hanno offerto un ruolo storico” inarrestabile, contagioso – presero a tri popoli alla supremazia dell’uomo scandire una parola che mai prima bianco, e apriva ora a obblighi nuovi avevano osato pronunciare: Madiba, e a nuove responsabilità la cultura Madiba Mandela, il nome di batta- dei diritti umani. glia di un vecchio glorioso combatDi sé, Nelson Mandela diceva di tente che ora diventava il Presidente essere un uomo comune, uno come tanti, cui soltanto «circostanze stradi tutti, neri e bianchi insieme. Del secolo scorso, ordinarie» avevano Mandela è stato uno BIANCHI E NERI offerto un ruolo stodei simboli più forti, Si potrebbe La riconciliazioneI MONDIA cominciò rico. uomo davvero del anche ritenere che, proprio tempo per con la vittoria della nazionale in realtà, la sua lotta ai mondiali di rugby ’95 per l’uguaglianza e quella sua storia di vita che, muovendo il riscatto dei dandal piccolo villaggio di Mvezo, sulle nati della Terra fosse destinata a rive del fiume Mbashe, nel cuore del- dargli la vittoria comunque, perché l’Africa più profonda, l’aveva portato il corso della storia dopo la II guerra a essere biografia di un intero Conti- mondiale segnava il destino d’una nente, quando la valanga irruente modifica inevitabile degli equilibri della decolonizzazione aveva tronca- coloniali che per secoli i vascelli e le to il lungo filo che nella schiavitù dei armi degli imperi europei avevano corpi e delle terre aveva legato gli al- impiantato nelle terre d’oltremare, Africa o Asia che fosse. E di questa inevitabilità lui sarebbe stato soltanto un protagonista necessario. Ma così non è, e per due fattori che sono essenziali a definirne ruolo e rilievo politico. Il primo è stato la scelta della nonviolenza; una scelta non praticata nelle forme radicali del Mahatma Gandhi, perché l’African National Congress combatteva anche con le armi l’intransigenza feroce del governo dell’Apartheid, ma una scelta impiantata tuttavia in un progetto politico che allo strapotere della minoranza bianca opponeva la forza del diritto della Storia (una concezione nella quale incidevano i suoi anni di studio nei college cattolici e, poi, il duro apprendistato che ebbe a praticare nelle disperate condizioni di lavoro dentro le gallerie della miniera d’oro di Crown Mines). Il secondo fattore che fa di Mandela un grande leader politico fu la sua strategia di «inclusione» e non di separazione, la mano aperta sempre verso i suoi avversari (nella cella di Robben Island un giorno aveva detto: «Io non ho nemici, ho soltanto avversari») piuttosto che la tentazione – irresistibile per molti vincitori – del risarcimento della vendetta. Quando il ruvido Peter Botha, il capo bianco della separazione più rigida, lo chiamò a un incontro segreto, il vecchio militante nero aveva già passato in galera più di vent’anni della propria vita: dalle celle segregate di Robben Island ora lo avevano trasferito nella prigione di Pollsmoor, alla lontana periferia di Città del Capo, e lo tenevano in isolamento totale. Lui era il Nemico, bisognava piegarlo. R LA STAMPA La vita VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 Primo Piano .3 . La giovinezza La professione Il carcere La presidenza Il ritiro Mandela nasce in un villaggio nel 1918. A 22 anni, per sottrarsi a un matrimonio combinato, scappa a Johannesburg dove studia legge Nel 1943 si iscrive al Congresso Nazionale Africano, nel 1952 apre a Johannesburg con l’amico Oliver Tambo il primo studio legale nero Arrestato una prima volta nel ’62 per incitamento allo sciopero condannato all’ergastolo nel ’64 per sabotaggio dell’esercito Liberato nel 1990, Nobel per la pace nel 1993, nel 1994 viene eletto presidente. Guida la transizione alla democrazia e alla riconciliazione Nel 1999 non si ricandida ma continua il suo impegno per i diritti civili. Nel 2004, a 85 anni, si ritira definitivamente a vita privata Obama: non posso immaginare la mia vita senza il suo esempio ROMA Nelson Mandela con l’allora presidente americano Bill Clinton il 27 marzo del 1998 nella cella numero 5 del carcere di Robben Island dove il leader sudafricano per i diritti civili dei neri ha trascorso 18 dei suoi ventisette anni di prigionia Ma quel giorno, il 4 luglio del stesso Paese era un obiettivo di cui 1989, Mandela non cedette: l’incon- Mandela conosceva bene quali tro tra il prigioniero segregato e il asprezze, quante diffidenze e rangrande capo bianco fu freddo, non cori, quali odi di cuore e di testa, si diedero la mano, parlarono frasi bisognasse ora vincere. Il dovere brevi, di chi diffida anche se vuol del perdono, della conciliazione decapire. L’uno, che era il Presidente, gli spiriti, delle culture radicate, forte della forza del proprio potere delle spigolose ragioni dei contraassoluto, stava però dichiarando sti, fa parte delle scelte politiche con quell’incontro gelato la scon- che in democrazia i vincitori hanno fitta più amara della propria vita; il potere di assumere; e un altro l’altro, il prigioniero politico n° saggio vecchio, il vescovo nero De46664, ammaccato dagli anni e dal- smond Tutu, diede alla strategia le privazioni, stava invece cele- politica di «Madiba» anche la forza brando la propria vittoria, che era del suo spirito cristiano. sì la sua vittoria personale ma, anL’obiettivo faticò a realizzarsi, ci che e soprattutto, era la vittoria di furono lunghi percorsi di dialoghi difquel mondo che ficili, diffidenti, di aveva imposto a LA NON VIOLENZA confessioni strapPretoria le sancon lacerazioUn progetto politico che pate zioni e fatto di ni profonde delallo strapotere dei bianchi l’animo. Ma poi ar«Madiba» il simbolo della lotta opponeva la forza del diritto rivò una partita di dei diritti umani rugby, e un pallone («Free Mandela», L’INCLUSIONE ovale lanciato oltre cantava in ogni meta davanti a Non ebbe mai la tentazione la angolo della Teruno stadio pazzo di della vendetta, ma la mano felicità sancì simra il popolo della musica). sempre aperta agli avversari bolicamente la fine Pochi mesi dodi quel processo. po quel freddo incontro di luglio – Il Presidente nero diventò la banera ormai il 2 febbraio del ’90 – il diera di un intero Paese, anche dei presidente F.W. de Klerk cancella- bianchi spossessati del loro passato, va il bando imposto alle attività anche di chi non voleva dimenticare. dell’African National Congress e Nasceva per sempre il nuovo Sud annunciava il rilascio in libertà di Africa, quello cui «Madiba» aveva quell’antico prigioniero dell’Apar- dedicato l’intera vita. Oggi, «Free theid, un vecchio adesso, ma sem- Mandela» si canterà forse per l’ultipre sorridente, sempre sereno. Fi- ma volta, e sempre più i diritti umani nito un tempo, bisognava che suonano oggi come parole verbose s’aprisse un tempo nuovo; e la con- nella ipocrisia dei leader del mondo. ciliazione dei due popoli d’uno Perché anche le bandiere muoiono. Il dolore, lo sgomento e la commozione per la morte di Mandela hanno immediatamente prodotto reazioni in tutto il mondo. «Non posso immaginare la mia vita senza l’esempio di Nelson Mandela» ha detto, visibilmente commosso, il presidente americano Barack Obama che ha poi aggiunto: «Nelson Mandela è vissuto per un ideale e l’ha reso reale. È uno dei personaggi più coraggiosi della nostra era. Appartiene al tempo, alla storia. Ha trasformato il Sudafrica e tutti noi. Noi troviamo fonte di esempio e rinnovamento nella riconciliazione e nello spirito di resistenza che ha fatto dell’azione di Mandela una cosa vera». Pochi minuti dopo la notizia della scomparsa il consiglio di Sicurezza dell’Onu ha osservato un minuto di silenzio in suo onore e il segretario generale, Ban Ki Moon ha voluto ricordare come «la sua forza morale, la sua umanità hanno abbattuto il sistema dell’apartheid. E dopo 27 anni di detenzione non ha voluto vendetta ma ha parlato di riconciliazione e pacificazione». Il tema della pacificazione è stato una costante nel ricordo dei leader di tutto il mondo, il presidente sudafricano Jacob Zuma, dopo aver ordinato i funerali di Stato e le bandiere a mezz’asta in tutto il paese, ha voluto sottolineare che Mandela «è morto serenamente» nella sua casa di Johannesburg con «accanto la sua famiglia». Ma anche l’ultimo presidente sudafricano dell’epoca dell’aparthied, Frederik De Klerk ha voluto riconoscere i grandi meriti di Mandela: «È grazie a lui se la riconciliazione in Sudafrica è stata possibile». La decisione di esporre le bandiere a mezz’asta è stata presa anche dal premier inglese, David Cameron sottolineando che «una grande luce si è spenta nel mondo» e il presidente dell’Unione Europea, Herman Van Rompuy ricordando come Mandela sia stato «uno dei più grandi statisti dei nostri tempi» ha aggiunto che il modo migliore per onorare «la sua memoria sia un impegno collettivo per la democrazia». Dalla Francia, François Hollande ha salutato Nelson Mandela come «un magnifico combattente» e «un eccezionale» protagonista della resistenza contro l’apartheid. L’ex presidente Usa, Bill Clinton ha focalizzato l’attenzione sulle doti morali di Mandela: «Un campione di dignità umana, libertà, di pace e riconciliazione. Oggi il mondo ha perduto uno dei suoi più importanti leader e uno degli esseri umani più puri. Tutti noi viviamo in un mondo migliore grazie alla vita che Madiba ha vissuto». [F. I.] R 4 .Primo Piano STAMPA .LA VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 U MANDELA 1918-2013 La donna della vita Mandela con Winnie, la moglie devota degli anni difficili: divorziarono nel ’96 dopo 34 anni La festa dei 90 anni «Madiba» il 19 luglio 2008 nella sua casa natale a Qunu spegne 90 candele e dice: «Sono onorato che abbiate voluto rendere omaggio a un vecchietto ormai ritirato a vita privata, che non ha più potere né influenza sul Paese» Il volto privato del padre della nazione Un leone piegato da avidi eredi politici e faide famigliari L’ultimo amore Mandela con Graça Machel sposata nel 1998, a 80 anni LORENZO SIMONCELLI PRETORIA SEGUE DALLA PRIMA PAGINA I l vuoto che lascia è immenso e incolmabile, soprattutto perché nessuno è all’altezza di rimpiazzarlo nella scena pubblica e politica sudafricana. C’è da dire che Mandela era lontano dai riflettori ormai da diversi anni, l’ultima apparizione era stata alla Coppa del Mondo del 2010. Poi un lungo silenzio, fino a quel tragico 29 aprile scorso in cui era apparso nuovamente agli occhi del mondo e del suo popolo attraverso un video della televisione pubblica sudafricana. Forse sarebbe stato meglio non mostrarlo. I segni della maschera di ossigeno sul volto, lo sguardo assente. Un guerriero chiuso in gabbia, irriconoscibile. Al suo fianco Jacob Zuma, l’attuale presidente, designato insieme all’ex presidente Mbeki a prendere le redini del partito, l’Anc (Africa National Congress) e del Paese. Ma non è andata così la politica dell’attuale partito al governo non ha niente da spartire con la linea dettata da Mandela. Nepotismi, interessi personali e corruzione hanno sovvertito la lotta di Madiba contro avidità, ingiustizia e conflitti. Mandela, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno, era diventato uno strumento utilizzato dai partiti politici per ottenere voti. Ogni discorso dell’Anc era accompagnato da un richiamo alle azioni del leader. Il partito avverso, la Da (Democratic Alliance), ha impostato la sua campagna sul far riscoprire al popolo nero, come in realtà Mandela fosse sempre stato in ottimi rapporti con gli L’ultima apparizione pubblica nel 2010, poi tante amarezze L’omaggio di Whitney Le lacrime di Charlize Nel 1994 la cantante dedica tre concerti in Sudafrica a Mandela presidente Storico incontro tra due sudafricani: l’attrice Charlize Theron emozionata dal «grande Madiba» avversari politici. Già a fine del suo primo e unico mandato come Presidente del Sudafrica, il partito non si era fatto troppi problemi a dargli il ben servito, ma il finale è stato quasi irrispettoso. Un altro legame difficile Mandela lo ha avuto con la famiglia. Relazioni a distanza, tormentate, soprattutto con la prima moglie Evelyn e con Winnie, l’«Evita nera». Il terzo matrimonio con Graca Machel, ex moglie del presidente del Mozambico Samora Machel, e unica donna al mondo a essersi sposata con due capi di Stato, è avvenuto alla tenera età di 80 anni ed è sempre stato malvisto dai figli avuti dai precedenti matrimoni. La vita sentimentale di Madiba è stata complessa, ma anche come padre non ha di certo avuto vita facile. Sei figli, solo tre ancora in vita. Nessuno di loro ha mai capito piena- mente l’impegno politico del padre, forse avrebbero preferito averlo a casa piuttosto che sentirne parlare come un mito. Zenani, una delle figlie avute con Winnie lo ha incontrato per la prima volta a 16 anni. Lo stesso Mandela, nelle ultime dichiarazioni, ha sempre detto di essersi pentito di non aver dedicato più tempo alla famiglia e ai figli in particolare. Di certo non avrebbe mai pensato che già prima della sua morte si potesse scatenare una così drammatica lotta per l’eredità. Non sarebbe piaciuta a Mandela neanche una lotta per l’eredità politica all’interno della sua famiglia, tantomeno a livello economico. Negli ultimi mesi non era quasi più cosciente e la speranza è che non si sia reso conto della lotta fratricida per pochi milioni di euro tra chi dovesse gestire i risparmi tra i suoi amici e avvocati che lo hanno difeso negli anni bui dell’apartheid e le figlie Zenani e Makaziwe. Nessuno saprà mai quanto era davvero consapevole Mandela di ciò che gli ruotava attorno negli ultimi anni, ma chi lo conosce bene, come il suo amico e avvocato George Bizos, sa che sarebbe stata l’ennesima sofferenza della sua vita, ma che non aveva più la forza fisica e mentale di combattere. Sono tante le persone che devono ringraziare Nelson Mandela in Sudafrica. A cominciare dal suo popolo. Giovane e vecchio. Bianco, colorato e nero. Se oggi la nazione arcobaleno è libera è merito della sua lotta e dei suo sforzi durante questi 95 anni di vita. Ciò che rimane è il suo messaggio, il suo insegnamento, ma anche un’icona ed un’immagine che all’interno del Paese, come oltreoceano vendono benissimo. Il più grande ringraziamento da parte della sua gente, del partito e della famiglia sarebbe quello di gestire al meglio questa eredità. R LA STAMPA VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 Primo Piano .5 . U MANDELA 1918-2013 Icona anche per lo sport Tutto il Sudafrica in piazza Nel 1995 ha consegnato la Coppa del Mondiale di rugby a Steve Pienaar, capitano della nazionale sudafricana Pochi minuti dopo l’annuncio della morte migliaia di persone si sono riversate nelle piazze per rendere omaggio a Mandela e ricordarlo insieme con veglie e preghiere Il sorriso del “nonno” di tutti capace di parlare anche ai nemici Personalità accattivante, un mito non scalfito dalla storia: e nessun desiderio di vendetta GIANNI RIOTTA SEGUE DALLA PRIMA PAGINA qui Nelson Mandela scoppiava nella sua accattivante risata, che in galera aveva confortato i compagni per 27 anni e poi affascinato leader politici, star dello spettacolo e dello sport, intellettuali, la giuria del Nobel e milioni di persone semplici. Autocondannandosi per scherzo all’Inferno, Mandela provava a schermarsi dall’icona di profeta della libertà e della giustizia più amato al mondo, e così facendo, con grazia, aumentava solo la sua influenza. Il mito del Che Guevara è offuscato dalla corruzione del regime cubano e dalle rivelazioni sulla sua durezza personale nella biografia di Anderson. John Kennedy resta amato, ma ha subito mille pesanti gossip sulla vita privata, il fratello Bob ha la saggezza di Mandela, ma la morte tragica E Il coraggio Nel marzo del 1999 Michael Jackson fu ricevuto da Mandela. La pop star lo definì «l’uomo più coraggioso e straordinario mai esistito» L’ARRIVO IN CIELO «Un angelo mi dirà: tu sei quel Madiba? Scendi ai cancelli infuocati» nel 1968 gli ha impedito di lavorare davvero nella Storia. Ai leader comunisti asiatici, Ho Chi Minh in Vietnam e Mao in Cina, i successi contro il colonialismo e la popolarità nel 1968 degli studenti non bastano a cancellare la repressione feroce contro i propri cittadini e il disprezzo della democrazia. Mandela, nato Rolihlahla Dalibhunga, ha avuto la grazia di maturare in un politico capace di parlare a chiunque, perché persuaso di non detenere la verità e davvero umano, cordiale. Nelle sue memorie, tradotte in italiano da Feltrinelli, Mandela ricorda il carcere duro di Robben Island, quando le guardie costringevano i detenuti neri a indossare i pantaloncini per disprezzo, a lavori umili e faticosi, chiamandoli con il nomignolo razzista «Kaffir boy», oggi fuorilegge in Sud Africa. Come il patriota italiano Silvio Pellico nel suo libro «Le mie prigioni» riconosce tra le sofferenze che il carceriere austriaco Schiller aveva il carattere Ha ispirato musica e poemi In una delle ultime apparizioni pubbliche, nel 2007 a una cena benefica con Bono, leader degli U2, sempre vicino alle cause del leader sudafricano di un uomo buono, così Mandela, nell’odio feroce dell’apartheid che divideva il suo paese, impara osservando i secondini che non tutti i bianchi sono «diavoli». Capisce, da leader politico geniale, che l’odio, il rancore, il risentimento perenne non porteranno che all’oppressione infinita dei neri e, alla caduta del regime Afrikaner, alla guerra civile e alla dittatura, tra massacri. La qualità migliore di un leader è saper maturare, guardare non solo alle proprie idee e ai propri militanti, ma alle ragioni, i sentimenti, la cultura degli avversari. Un percorso difficilissimo in condizioni normali, ma quasi impossibile nel Sudafrica con i militanti neri uccisi, milioni di cittadini in condizioni di povertà, il disprezzo del razzismo. Quando va a studiare legge all’Università, Mandela siede accanto a uno studente bianco, che ricorda «per le orecchie a sventola». Quello, sdegnato, si alza subito per non avere compagno di banco un «coloured» e si allontana. Mezzo secolo dopo, quando gli ex allievi tengono una riunione celebrativa, il presidente Mandela fa cercare il ragazzo dalle orecchie a sventola, ma è morto. «Mi spiace - commenta Mandela gli avrei chiesto della sua vita, gli avrei stretto la mano e assicurato che non gli serbavo rancore». Né le prove terribili della politica, né le angosce private, i divorzi, gli adulteri della moglie, la morte precoce dei figli in incidenti o per l’Aids, hanno alterato la «buona volontà» di Nelson Mandela e il suo sorriso, il cercare l’intesa, il dialogo anche nelle feroci guerre civili della sua adorata Africa che cercava di conciliare. Il mondo lo ha adottato come «nonno» di tutti riconoscendo questa qualità. È facile ora dimenticare, nel tripudio dei riconoscimenti unanimi, che Nelson Mandela lasciò il carce- re solo nel 1990, che a lungo - negli anni della Guerra Fredda quando il Sud Africa anticomunista che sorvegliava le rotte di due oceani era roccaforte importante - l’Occidente chiuse un occhio sulla tragedia dell’apartheid, e che il business ascoltò distratto le voci che chiedevano «divest», non finanziare o fare affari con Pretoria. Le prime pagine di tanti giornali, fino alla fine degli Anni Ottanta, testimoniano malinconiche questa ipocrisia. Mandela ha chiesto di essere sepolto nell’ancestrale Qunu, area orientale cara alla sua famiglia: «Là sono stato un bambino felice, prendevo passeri con la fionda, raccoglievo miele selvatico, frutta e ortaggi, bevevo il latte caldo appena munto, nuotavo nei torrenti gelati e andavo a pescare con una lenza di filo di ferro». Il patriarca non ha mai perduto il sorriso di quel bambino, né nella sconfitta, né nella vittoria, né nella cella umida dove contrasse la tubercolosi, né nei palazzi del potere che lo ricevettero in gloria. Il miracolo dell’umanità di Nelson Mandela ha dunque parlato a ciascuno di noi, e per questo lo abbiamo amato e la sua icona ha brillato nella storia, come un sorriso di bimbo. R 6 .Primo Piano STAMPA .LA VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 U MANDELA 1918-2013 Con la coppa I Mondiali di calcio del 2010 in Sudafrica furono fortemente voluti da Mandela I due Nobel alla guida del Sudafrica Il presidente Nelson Mandela nel 1996 con uno dei suoi vice quel Frederick De Klerk che qualche anno prima aveva annunciato la scarcerazione di Madiba da Robben Island e decretato così la fine dell’apartheid Lo scrittore Richard Mason “Cambiò la storia Fu lui a salvarci dalla guerra civile” PAOLO MASTROLILLI INVIATO A NEW YORK SEGUE DALLA PRIMA PAGINA C i parla, l’autore di «Drowning People», dalla sede della fondazione intitolata alla sorella Kay, che per missione cerca di mettere in pratica gli insegnamenti di Madiba. Lei è nato nel 1977, quando Mandela era già in prigione. Ricorda il momento in cui ha capito chi era? «La mia famiglia era molto politicizzata. Si parlava sempre di lui, dei problemi del Sudafrica, e quindi questo momento particolare non è mai avvenuto: è stato una presenza costante nella mia vita. Però ricordo che quando ne parlavamo, con mia sorella e i miei genitori, eravamo sicuri che non sarebbe mai uscito di prigione. Era un’idea che ci terrorizzava, perché sapevamo che senza di lui sarebbe scoppiata la guerra civile». Non si rischia di nuovo, ora che non c’è più? «No, ne sono sicuro. Mandela è riuscito a immunizzare il Sudafrica da questa minaccia. Il paese ha tanti problemi da risolvere, ma la guerra civile basata sull’appartenenza razziale non sarà uno di loro». Perché questa è l’eredità principale di Mandela? «Principale, giusto, perché poi ce ne sono molte altre di cui parleremo. Poche persone fanno davvero la storia, nel senso che riescono a cambiare il corso degli eventi. Alcuni, come Hitler, li mutano in maniera negativa, facendo accadere orrori che senza di loro non sarebbero capitati. Altri, come Mandela, riescono invece ad avere un impatto positivo duraturo. La guerra civile era l’orizzonte naturale del Sudafrica, e lui invece ha cambiato il corso degli eventi». “Ma ha governato troppo poco per poter costruire il futuro del Paese” Il carcere L’eredità Il nuovo «Apartheid» «Sono nato quando era già in prigione: eravamo sicuri che non ne sarebbe mai uscito. L’idea ci terrorizzava» «Ci ha insegnato la tolleranza e l’importanza dell’istruzione: diceva che solo l’istruzione può salvare il Paese» «Oggi la vera spaccatura non è più bianchi e neri ma tra ricchi e poveri Solo l’uguaglianza porterà la pace» Il pericolo I conflitti Dieci anni in più «ll suo messaggio è riuscito a immunizzare il Sudafrica dalla minaccia di un conflitto fratricida» «Ormai abbiamo la democrazia da vent’anni, ma troppe persone sono ancora escluse dal benessere» «Se avesse avuto più tempo si sarebbe occupato dei poveri, perché conosceva bene la loro condizione» pletare il suo sogno? «Perché ha governato troppo poco. Averlo a capo del Sudafrica è stata una fortuna, perché ha evitato il collasso, ma non ha avuto abbastanza tempo per costruire il futuro. Ci sarebbe servito che avesse governato per altri dieci anni». Cosa avrebbe cambiato? «Si sarebbe occupato dei poveri, perché conosceva bene la loro condizione. E poi non avremmo visto decisioni senza senso, tipo quella di negare le cure ai malati di Aids». È colpevole di non aver coltivato successori all’altezza? «Quelli erano gli uomini a disposizione. Mbeki non aveva esperienza esecutiva, e non conosceva il dramma della povertà. Zuma era solo il capo dell’ala militare dell’Anc: non aveva la preparazione per guidare il paese». Il vuoto che lascia ora non è una minaccia? Quali sono le altre eredità a cui si riferiva prima? crescere il Sudafrica oltre i suoi problemi». «La tolleranza, senza dubbio. E poi l’importanza che ha sempre dato all’istruzione: diceva che l’istruzione l’aveva salvato durante gli anni duri della prigione, e solo l’istruzione può salvare ora il Sudafrica. Questo è il motivo per cui con la Kay Mason Foundation noi distribuiamo borse di studio ai ragazzi più disagiati: solo la conoscenza, offerta a tutti, farà «Quello fondamentale è la povertà. Ormai abbiamo la democrazia da vent’anni, ma troppe persone sono escluse dal benessere che doveva portare. Queste persone sono state fin troppo pazienti, perché avremmo le risorse per aiutarle e farle crescere». «Di più: è il nuovo conflitto, che ha preso il posto di quello razziale. La vera spaccatura del Sudafrica oggi non è fra bianchi e neri, ma tra i pochi ricchi e i molti poveri. Ci sono persone di tutte le razze, in entrambe le categorie, e fino a quando non risolveremo questa emergenza non avremo una vera pacificazione e crescita del paese». È un problema superiore al conflitto Perché Mandela non è riuscito a com- Quali sono questi problemi? razziale? «In Sudafrica sta crescendo una nuova generazione non corrotta, preparata, motivata, senza pregiudizi razziali, che lavora tanto al governo, quanto all’opposizione. Pensate che i bambini nati dopo il 1992, quelli che non hanno mai visto l’apartheid, ora hanno vent’anni e stanno per uscire dalle università. Io ho fiducia. C’è un mare di problemi urgenti da affrontare, ma abbiamo le risorse e la forza per risolverli». R LA STAMPA VENERDÌ 6 DICEMBRE 2013 Primo Piano .7 . U MANDELA 1918-2013 Nella cella Mandela nel 1994 affacciato alla finestra di quella che era stata la sua cella nel carcere di Robben Island dove trascorse 18 dei 27 anni di detenzione Oggi Robben Island è un museo a cielo aperto Patrimonio mondiale dell’umanità Un leader a suo agio con il mondo intero La capacità di dialogo e un fascino che conquistava tutti Nelson Mandela è arrivato tardi al potere dopo 27 anni di carcere e una vita in lotta contro l’apartheid. Nel suo unico mandato da presidente ha incontrato decine di leader mondiali, dalla regina Elisabetta a Clinton, da Ciampi a Fidel Castro La sua coerenza e il suo idealismo sono stati modello e fonte di ispirazione. Pareva che visitare il Sudafrica senza incontrarlo, anche per molte star, fosse impensabile Sul taccuino Gli anni di detenzione (27), quelli che aveva all’ingresso in carcere (44) e quelli alla liberazione (72) Tè con la regina L’incontro con Ciampi Mandela presidente ospite di Elisabetta a Buckingham Palace Nel marzo 2002 il presidente Ciampi, in visita ufficiale in Sudafrica, vede Mandela, ormai fuori dalla vita politica «Castro, un grande amico» Verità e riconciliazione Mondi opposti Mandela disse di Fidel a Clinton, incontrandolo nel 1998 : «È uno dei miei più grandi amici» Monsignor Tutu consegna a Mandela una copia del rapporto della sua Commissione per la verità e la riconciliazione Mandela nel 1997 con l’ex presidente Botha, simbolo dell’apartheid