i training propriocettivi

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i training propriocettivi
PREVENZIONE E RIEDUCAZIONE
DEI TRAUMI DELLO SPORTIVO
“I TRAINING
PROPRIOCETTIVI”
Relatori:
Dott. Cocucci Rossella
Dott. Boni Roberto
Premessa
Le strutture capaci di raccogliere gli stimoli provenienti sia
dall'ambiente esterno che dall'interno dell'organismo e di
trasformarli in impulsi nervosi che vengono inviati al sistema
nervoso centrale, vengono dette recettori.
I recettori pongono l'organismo in relazione con il mondo esterno,
nel senso che gli danno conoscenza dell'esistenza di un mondo
esterno, forniscono altresì informazioni ai centri nervosi delle
condizioni interne dello stesso organismo. Distinguiamo i
recettori, a seconda della provenienza degli stimoli, in :
a) Esterocettori, sensibili a stimoli provenienti dall'esterno ( tali i
corpuscoli nervosi sensitivi della cute, atti a raccogliere stimoli
tattili, termici, e gli organi dei sensi specifici dell'olfatto, del
gusto, dell'udito e dell'equilibrio, e della vista);
b) Propriocettori, sensibili a stimoli raccolti dai tendini e dai
muscoli, e per ciò ancora in relazione, in un certo senso, a stimoli
esterni ( tali le terminazioni sensitive su fibre muscolari e su fibre
tendinee);
c)Enterocettori, sensibili a stimoli provenienti dall'interno dei
visceri.
In questo lavoro ci occuperemo dei propriocettori e della
propriocezione cioè dall'insieme dei messaggi inviati al sistema
nervoso centrale da terminazioni specializzate definite
propriocettori, localizzate nella capsula articolare, legamenti,
tendini e muscoli.
La propriocezione e i propriocettori
Il primo ricercatore ad occuparsi di propriocezione, anche se in
modo empirico, fu il neurologo francese Douchenne di Boulogne
(1806-1875) che con le sue osservazioni sull'atassia motoria,
scoprì l'esistenza delle sensazioni propriocettive dei muscoli e
delle articolazioni. Successivamente gli studi di Sharrington ai
primi del '900, che hanno creato le basi della neurofisiologia
moderna, hanno approfondito le conoscenze soprattutto delle
risposte riflesse midollari e dei meccanismi automatici
sottocorticali legati alla propriocezione. Nel 1938 lo svedese Ivar
Palmer, chirurgo ortopedico, ha espresso interesse verso l'imput
propriocettivo dei legamenti in un suo articolo sulle lesioni degli
stessi (“ On the injury of the knee ligaments ST of S
1958”)Bisogna però passare a Roy Abbatt nel 1944 con i suoi
studi sulle strutture intrarticolari del ginocchio, principalmente i
legamenti, per avere conferma della ricca innervazione sensitiva
che permette loro di essere la prima linea di difesa nella catena
cinetica.
Dagli studi anatomici ed istologici del 1967 di M.A.R. Freeman e
B.D. Wike, che descrissero l'instabilità funzionale della caviglia e
il rapporto tra meccano recettori e risposta riflessa dei muscoli e
hanno sucessivamente descritto l'innervazione del ginocchio del
gatto, lavori che hanno guidato la maggior parte dei riabilitatori
fino ad oggi, molta strada è stata fatta. Moltissimi gli studi in vivo
sull'uomo, altrettanti gli studi clinici e le ricerche di laboratori.
La propriocettività è un termine introdotto da Sharrington per
descrivere gli ingressi sensoriali che originano, nel corso di
movimenti guidati centralmente, da particolari strutture: i
propriocettori.
I propriocettori sono terminazioni nervose che inviano
informazioni al sistema nervoso. La loro funzione principale è
fornire informazioni di retroazione sui movimenti propri
dell'organismo, in altre parole di segnalare, istante per istante,
quali siano i movimenti che l'organismo stesso sta compiendo.
Queste terminazioni generano degli impulsi nervosi che sono
trasmessi al midollo spinale e da qui possono rimanere nel midollo
spinale stesso, per la determinazione dei riflessi spinali, oppure
raggiungere altre zone del midollo spinale o del cervello, per la
determinazione di funzioni specifiche.
I propriocettori hanno una funzione importante nel controllo della
contrazione dei muscoli scheletrici e attraverso quest'ultima è
esplicata la maggior parte delle funzioni fisiche del corpo.
Tale controllo avviene per mezzo di due tipi di recettori distinti:
–
–
I fusi neuromuscolari, distribuiti nel corpo muscolare.
Gli organi tendinei del Golgi, posti nei tendini.
I fusi neuromuscolari
Sovraintendono il riflesso da stiramento: se un muscolo è
improvvisamente allungato, la parte mediana del fuso neuromuscolare è stirata e questo provoca l'immediato invio di segnali
al midollo spinale. Questi segnali eccitano le cellule nervose
motrici che controllano le fibre muscolari scheletriche
immediatamente circostanti il fuso. Pertanto, l'improvviso
stiramento del muscolo determina una contazione riflessa che si
oppone automaticamente allo stiramento. Questa funzione serve a
lenire le variazioni di lunghezza del muscolo impedendo così che
la lunghezza del muscolo cambi troppo rapidamente.
Gli organi tendinei del Golgi
Sovraintendono il riflesso tendineo, o di stiramento inverso, che
rileva l'entità della sua tensione ed invia tale informazione al
midollo spinale e da esso al sistema nervoso centrale.
L'informazione a sua volta è utilizzata nei centri nervosi per
aggiustare con precisione la tensione muscolare in rapporto alle
necessità funzionali.
Presiedono poi a tale controllo anche i Corpuscoli del Ruffini e
quelli del Pacini ( recettori cinestesici), situati nelle capsule
articolari, che informano sul grado di angolazione delle
articolazioni e la velocità con la quale tale grado si modifica.
L'equilibrio
L'equilibrio mantenuto in ortostatismo è un tipico ed importante
esempio di come tutti i meccanismi propriocettivi sono coinvolti.
L'equilibrio , infatti, si mantiene con lo spostamento ripetuto dei
segmenti corporei originate da continue azioni involontarie e
coordinate di contrazione e rilassamento della muscolatura, in
modo da correggere continuamente la posizione del baricentro,
affinchè la proiezione di quest'ultimo non esca dall'”ombra
d'appoggio” sul piano.
Per imparare a capire come agiscono i meccanismi propriocettivi,
è necessario “ ascoltare” quello che è trasmesso, sensorialmente,
dal piede, che è la regione del nostro corpo in grado di fornire il
maggior numero di informazioni propriocettive, derivanti dai
recettori situati nella parte anteriore del tallone, sotto la testa dei
metatarsi, sotto l'alluce e nei muscoli lombricali del piede.
Il piede è un complesso sistema in equilibrio; la sua struttura ad
archi, conferisce al sistema stesso un continuo stato di “allarme”
che può essere percepito prestando attenzione a quello che
trasmette il piede in appoggio, quando si assume la posizione
eretta, con un arto sollevato e piegato.
Si possono così sentire dei continui cambiamenti di pressione, in
diversi punti della pianta del piede, accompagnati da oscillazioni
dell'arto in appoggio e da tutto il resto del corpo . Queste
oscillazioni sono determinate, inconsciamente, dalla contrazione e
dal rilassamento muscolare, che mettono in movimento le masse
corporee, affinchè la proiezione del baricentro del corpo cada
sempre nell'ombra d'appoggio della pianta del piede medesimo.
E' importante ricordare che il controllo propriocettivo è
fondamentale, non solo per le attività nelle quali è richiesto
l'equilibrio, come ad esempio per il funambolista o per il ginnasta ,
ma pure per il tiratore scelto ad esempio, che ha come
caratteristica fondamentale la capacità di stabilizzare la sua arma
nello spazio.Quest'ultimo riesce a pensare solo alla posizione
esatta del bersaglio e , benchè molta parte della muscolatura del
suo corpo continui a contrarsi, l'arma rimane praticamente
immobile.
Perchè e quando l'esercizio propriocettivo?
Passiamo adesso ad analizzare i motivi per i quali le esercitazioni
propriocettive possono essere impiegate nei vari campi delle
attività motorie ed in particolare : nella rieducazione, nella
prevenzione e nell'allenamento.
Rieducazione post-traumatica
Va sempre tenuto presente che il corpo è un'unità che interagisce
con l'ambiente in maniera totale e complessa e che la lunga
inattività dovuta ad un trauma comporta anche l'acquisizione di
nuovi schemi motori, equilibri e coordinazioni di compenso che
possono permanere, anche se parzialmente, anche dopo la
riabilitazione. Pertanto attraverso la riabilitazione propriocettiva,
si cerca, una volta ristabilita la funzionalità dell'arto traumatizzato,
di recuperare anche tutti gli schemi motori ottimali per il
fisiologico equilibrio statico e dinamico di tutto il corpo .
Praticamente “ riprogrammare” in maniera corretta i normali
schemi motori di movimento ( camminare, correre, sedersi
correttamente, salire le scale, ecc.).
La rieducazione propriocettiva è una riprogrammazione
neuromotoria, cioè una tecnica rieducativa che si basa sulla
stimolazione del sistema neuro-motorio nella sua totalità.
Per questo vengono usati diversi attrezzi, ausili ( tavolette, pedane,
tappeti elastici ecc.) Molto usata è la pedana oscillante sulla quale
si appoggiano i piedi dalla stazione eretta. L'instabilità della
pedana procura delle continue alterazioni dell'equilibrio,
costringendo il sistema muscolare e nervoso ad un lavoro di
correzione continua per mantenere il corpo in equilibrio. Il
cervello riceve un flusso continuo di informazioni cinestetiche che
vanno migliorando:
–
–
–
le carenze propriocettive distrettuali;
la sensibilità cinestetica;
il controllo dell'equilibrio.
In sintesi si può affermare che la fisioterapia tradizionale ed i vari
esercizi localizzati tendono al recupero post-traumatico del
complesso muscolo-articolazione. E' opportuno proseguire con la
riabilitazione propriocettiva al fine di ripristinare gli equilibri
neuromuscolari e di coordinazione generali per una funzione
preventiva al ripetersi dell'evento traumatico.
Obiettivo primario della ginnastica propriocettiva è infatti quello
di ri-educare i riflessi propriocettivi al fine di ottenere nuovamente
un ottimale “controllo” articolare attraverso un perfetto gioco
muscolare.
Non solo nelle prestazioni sportive, ma anche nei movimenti che
eseguiamo quotidianamente, è indispensabile una perfetta
coordinazione e coscienza della posizione nello spazio delle varie
strutture muscolo-tendinee e legamentose implicate nel
movimento. Tanto più l'attività richiesta è impegnativa, come
nell'esempio dello sportivo, tanto più questa funzionalità deve
essere affinata.
Alla luce di quanto detto, la rieducazione propriocettiva risulta
fondamentale e deve sempre accompagnare il lavoro tradizionale
di rieducazione sia per ottenere un recupero completo dopo il
trauma sia per prevenire le recidive.
Prevenzione
Nella pratica sportiva gli esercizi propriocettivi devono essere
svolti, soprattutto, da tutti gli atleti che praticano un'attività
sportiva nella quale il salto è una componente primaria ( pallavolo,
pallacanestro, calcio, pallamano, ecc.). Nella ricaduta infatti,
quando il piede è appoggiato al suolo dopo una fase più o meno
lunga di volo, deve sopportare e contrastare tutte quelle forze che
il corpo ha acquistato prima e durante il volo stesso,
quindi mantenendo una perfetta stabilità in tutta la fase di
ammortizzazione.In genere quando un atleta compie un salto, e
non è contrastato in volo da nessuna forza esterna, può prevedere
il punto di caduta avendo una notevole facilità nel controllare,
seppur inconsciamente, l'appoggio del piede al suolo.
Se invece, durante il salto, l'atleta riceve un urto, può essere
costretto a scomporsi in volo modificando la traiettoria del suo
baricentro, cosa che rende incontrollata la ricaduta ed il
conseguente appoggio sul terreno. Per ridurre i rischi di incidenti,
è importante che ogni arto abbia un'attività posturale stabile anche
durante la fasi di ammortizzazione senza che si possano creare
scompensi e quindi perdita del controllo motorio.
Lo scopo delle esercitazioni propriocettive preventive deve essere
quello di rendere più rapido ed automatico il controllo della
muscolatura in considerazione del fatto che durante il gioco si
possono sviluppare azioni imprevedibili e talvolta violente.
Gli esercizi propriocettivi di prevenzione, basati sulla progressiva
capacità di resistere agli squilibri, danno la possibilità di un
appoggio del piede sempre corretto, stimolando la muscolatura in
modo da evitare delle contrazioni isolate, sollecitando gruppi o
combinazioni di gruppi muscolari. La ripetizione dell'esercizio fa
acquisire sicurezza, rapidità e precisione al gesto.
Ovviamente, tale forma di allenamento è particolarmente
importante per soggetti predisposti a traumi distorsivi (caviglia e
ginocchio) e come azione preventiva per quelle fasi di gioco in cui
la stanchezza fisica compare in maniera rilevante.
L'allenamento
Per le discipline sportive nelle quali è indispensabile un gran
senso dell'equilibrio o del controllo assoluto del gesto tecnico (
sci, pattinaggio, karatè, judo, ecc.), la sensibilità propriocettiva è
una caratteristica fondamentale.
“L'equilibrio, in realtà, dipende più dalla capacità individuale di
recuperarlo quando lo si è perso, piuttosto che dall'abilità a non
perderlo”.
L'allenamento deve essere finalizzato a indurre la muscolatura a
reagire utilizzando il pieno funzionamento di tutte le aree di
informazione, affinchè ci sia una corrispondente ed appropriata
risposta motoria alla nuova situazione posturale.
Il miglioramento dell'equilibrio passa attraverso esercitazioni
mirate al mantenimento della posizione voluta, unito ad una
elevata capacità di correzione degli sbilanciamenti.
Metodologie
Ma come avviene la continua stimolazione dei meccanocettori
periferici, attivando i circuiti nervosi propriocettivi?
La tecnica si basa su sollecitazioni benigne e controllate applicate
alle articolazioni ( al fine di velocizzare le risposte muscolari per
assorbire l'effetto destabilizzante anziché subirlo) utilizzando sia
esercizi in scarico che in carico naturale e appoggio su piani
oscillanti ( tavolette) di varia difficoltà.
Gli esercizi che verranno descritti in seguito, tendono a stimolare
in maniera crescente i sistemi propriocettivi ed i centri nervosi dai
quali dipende la regolazione dell'equilibrio posturale.
Va tenuto presente che molto importante è la progressione delle
esercitazioni proposte, in modo da passare all'esercizio di
difficoltà superiore solo quando quello precedente è stato
assimilato correttamente.
Esempi di lavoro propriocettivo dopo trauma
distorsivo di caviglia
Dopo un trauma distorsivo di caviglia spesso, dopo la guarigione
clinica, si trascura tutta la fase di “guarigione sportivo”, ossia
quella fase in cui l'atleta riacquista la capacità di eseguire
nuovamente i gesti tecnici dello sport praticato, e spesso questo
comportamento è causa di recidive del trauma o di ridotta
efficienza funzionale.
Fase importante se non essenziale, nella rieducazione dell'atle e
non solo , dopo un infortunio è quella di stimolazione
propriocettiva della struttura che ha subito il trauma.
Nel piede i propriocettori si situano in particolare sulla capsula e
sui legamenti dell'articolazione tibio-tarsica, sottoastragalica e
metatarso-falangee del primo dito: zone fondamentali per una
dinamica ottimale in stazione eretta.
In seguito al trauma, la lesione di alcune fibre capsulari e tendinee,
l'insorgenza di edema delle strutture e gli stimoli dolorosi alterano
il sistema di feed-back “ stimolo propriocettivo-risposta
neuromuscolare”.
La rieducazione neuromuscolare della caviglia e del piede
generalmente passa attraverso fasi diverse, nelle quali gli stimoli
proposti all'atleta subiranno un incremento per quantità e qualità;
sarà inoltre importante variare il più possibile gli stimoli stessi
cambiando i parametri del movimento ( asse, “range” e velocità).
Per la rieducazione propriocettiva si utilizzano solitamente piani
instabili, quali le tavolette di Freeman, ma molto altro è possibile
fare sfruttando l'uso di semplici attrezzi, stimoli manuali indotti
dal rieducatore e il carico del paziente stesso sia in acqua che in
palestra.
Fase iniziale > La rieducazione propriocettiva deve essere
iniziata precocemente, anche quando ancora al paziente non è
concesso il carico sull'arto traumatizzato. In questa fase gli
esercizi sono eseguiti da seduto, ad arto quasi completamente
scarico.
Esercizio 1
Appoggiando il piede leso sopra la tavoletta tipo Freeman a
mezzeluna ( con un solo asse di movimento), si fanno eseguire dei
movimenti di flesso-estensione della caviglia, mantenendo un
range articolare in cui non sia presente dolore. Il movimento è
lento, graduale e controllato per tutto l'arco di esecuzione.
L'esercizio si può ripetere variando l'asse di movimento
(orientando le mezzelune della tavoletta trasversalmente),
introducendo così movimenti di prono-supinazione e inversioneeversione per poi passare all'uso della tavoletta a base sferica che
permette movimenti combinati di circonduzione.
Esercizio 2
Esistono diverse apparecchiature che, quando l'atleta si esercita
sella pedana forniscono il feed-back visivo tramite il software
dedicato che permette di disegnare sullo schermo dei tracciati o
seguire dei percorsi prestabiliti, muovendo la pedana con il piede,
verificando in tempo reale la precisione o gli errori che si
commettono. E' altresì possibile, tramite celle di carico che
misurano la forza applicata sulla tavoletta, eseguire gli esercizi
aggiungendo anche il parametro “ controllo del peso applicato”.
Anche in questo caso vengono proposti esercizi ad occhi chiusi
nei quali l'atleta può giocare con il computer, cercando di ripetere
i tracciati visualizzati e poi verificarne l'esattezza al termine
dell'esercizio. Non va infatti dimenticato che l'equilibrio è
controllato anche dagli esterocettori ( vista ed apparato
vestibolare), che ricevono le informazioni del mondo esterno e che
assieme alle informazioni propriocettive, danno un quadro esatto
del rapporto esistente tra corpo ed ambiente.
Esercizio 3
In questa fase può diventare importante l'uso della terapia manuale
( contrresistenze modello Kabat), nella quale il rieducatore stesso
può percepire la qualità della risposta neuromuscolare dell'atleta,
variando sempre gli schemi di movimento proposti.
Fase intermedia a carico limitato> In questa fase gli esercizi
proposti in precedenza (1 e 2), vengono eseguiti in piedi, con arto
sano poggiato al suolo e quello infortunato sulla tavoletta. Il carico
sull'arto traumatizzato viene aumentato progressivamente sempre
comunque in un range di assenza di dolore.
Viene iniziato in questa fase il lavoro in acqua dove grazie alla
spinta idrodinamica, è possibile anticipare gli esercizi in
ortostatismo a pieno carico.
Fase finale > A questo punto vengono proposti esercizi con
carico sugli arti inferiori sempre maggiore e introdotti esercizi
dinamici, dove oltre ai movimenti attivi e precisi eseguiti in
precedenza, viene richiesto all'atleta di mantenere l'equilibrio in
situazioni di sempre maggiore “instabilità”.
Si ripetono gli esercizi sulle tavolette sia in appoggio bipodalico
che monopodalico, eseguendo, oltre ai movimenti attivi della
caviglia, anche dei piegamenti sugli arti inferiori, cercando in
questo caso di mantenere orizzontale la tavoletta stessa durante il
piegamento. Le tavolette utilizzate hanno una superficie
d'appoggio sempre minore e quindi aumenta l'instabilità e quindi
la difficoltà dell'esercizio che, se eseguito ad occhi chiusi
raggiunge livelli di impegno molto elevati.
Esercizio 6
L'atleta in appoggio monopodalico su una tavoletta, deve
mantenere la posizione ad occhi chiusi, mentre il rieducatore
imprime piccole spinte destabilizzanti sull'atleta, da diverse
direzioni; l'esercizio si ripete a veri gradi di piegamento degli arti
inferiori.
Esercizio 7
L'atleta in appoggio monopodalico su una tavoletta semisferica,
mantiene l'equilibrio a gradi diversi di piegamento del ginocchio,
quindi esegue esercizi con l'arto superiore ( ad esempio lanciare
una palla contro il muro e riprenderla) o con l'arto inferiore
controlaterale (dei palleggi al muro).Oltre all'effetto
destabilizzante, si distoglie in tal modo l'attenzione dall'arto
infortunato automatizzando le risposte neuromuscolari.
Esercizio 8
L'atleta esegue alcuni balzi prima con atterraggio su due piedi e
poi su un piede solo, sul tappetto elastico e sulle tavolette; il balzo
viene eseguito da varie direzioni in avanti, in direzione obliqua, di
lato e così via. Per ultimo vengono effettuati dei percorsi composti
da tavolette diverse e tappeti elastici, nei quali l'atleta balza da una
superficie all'altra.
Conclusioni
Gli esercizi illustrati sono solo una parte di quelli possibili, ma
spiegano quale deve essere la filosofia del lavoro di riabilitazione
propriocettiva, che vede nella gradualità e nella variazione degli
stimoli il suo punto di forza.Gli atleti necessitano di questo tipo di
esercitazioni non solo per recuperare da un trauma, ma anche
come prevenzione degli eventi distorsivi molto frequenti in sport
come la pallavolo, il calcio, il basket; i risultati ottenuti
incoraggiano a proseguire questo tipo di lavoro.
Nelle azioni di ricaduta da un salto spesso si subiscono traumi
distorsivi a carico della caviglia e/o del ginocchio.