Atti del Simposio

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Atti del Simposio
LA PERCEZIONE DELL’ESTETICA FACCIALE: ODONTOIATRI, MEDICI E GENTE
COMUNE A CONFRONTO
Di Giandomenico D., Leopardi M., Andreoli A., Parziale V., Chimenti C.
Dipartimento di Scienze Chirurgiche - Ortodonzia - Università degli Studi di L’Aquila
Introduzione: poiché l’estetica è un aspetto fondamentale per l’ortodonzia, abbiamo valutato se i parametri su cui essa
si basa, siano realmente percepiti. Questo studio, iniziato nell’ottobre 2008, nasce dall’intento di voler valutare come i
medici, gli odontoiatri ed in particolare gli ortodontisti italiani percepiscano l’estetica facciale. Successivamente lo
studio è stato allargato alle persone comuni, per vedere se e come alcuni parametri estetici fossero percepiti anche nella
popolazione normale.
Obiettivi: evidenziare la presenza di parametri estetici universali nella valutazione del sorriso e dell’estetica facciale.
Materiali e metodi: è stato creato un questionario per raccogliere dati statisticamente significativi. Sono state effettuate
foto di cinque differenti sorrisi per valutare la loro gradevolezza (quesito 1): a. Sorriso con affollamento e discromie
biancastre; b. Sorriso con rapporto di terza classe scheletrica, cross-bite monolaterale e linea mediana deviata; c. Sorriso
con diastema e rapporto dento-dentale deviato; d. Sorriso con eccesso verticale mascellare (sorriso gengivale); e.
Sorriso trattato (ideale). Poi sono state effettuate foto del profilo (con e senza sorriso), frontali (con e senza sorriso), in
seguito modificate con il programma Adobe Photoshop per valutare: la simmetria del viso (quesito 2); l’impatto del
sorriso nel viso (quesito 3); l’impatto degli occhi sul viso (quesito 4); la divergenza sul piano frontale senza e con la
variazione degli angoli goniaci (quesiti 5 e 6); la divergenza sul piano frontale considerando il labbro inferiore (quesito
7); la divergenza sul piano sagittale nelle foto di profilo con sorriso (quesito 8); la percezione della sagittalità (quesito
9); la divergenza sul piano sagittale nelle foto di profilo senza sorriso (quesito 10). Il questionario è stato proposto
sottoforma di intervista a due popolazioni: - 216 soggetti di varie categorie professionali (odontoiatri, ortodontisti,
medici); - 210 soggetti di diversa età, estrazione sociale, vari titoli di studio e ambiti lavorativi. I dati sono stati
importati in SPSS ver.14. usando un metodo di analisi statistica univariata.
Risultati: nel campione totale (426 soggetti) è emerso che il sesso non influisce sulla scelta dei sorrisi a, b, c, d, e,
mentre la scelta del sorriso a è influenzata dall’età. Confrontando gli odontoiatri e simili con le persone comuni, la
professione influenza la scelta dei sorrisi a, b, e ed anche le risposte dei quesiti 4, 7, 9 e 10. Dal confronto tra
odontoiatri e ortodontisti, l’età influenza la scelta del sorriso e, il sesso influenza la scelta dei sorrisi c e d e vi è
differenza di risposta nella scelta dei sorrisi b, d, e. L’età influenza le risposte dei quesiti 2 e 4 e vi è una differenza di
preferenza nei quesiti 4 e 10. Conclusioni: in generale il sesso e l’età non influenzano la scelta dei sorrisi. Il sorriso e è
considerato il più bello da una percentuale maggiore di medici e odontoiatri, mentre la maggioranza delle persone
comuni sceglie il sorriso b poiché non considerano tutti i parametri oggettivi, i quali invece acquistano grande
importanza tra gli ortodontisti. Gli odontoiatri e le persone comuni hanno una diversa percezione dell’impatto degli
occhi sull’aspetto del viso e dei difetti di proporzioni sui piani verticale e sagittale. Esiste una divergenza di pareri tra
odontoiatri e ortodontisti, gli ortodontisti risultano nella maggior parte dei casi concordi nelle preferenze.
REGISTRAZIONE DI MOVIMENTI MANDIBOLARI CON SISTEMI OPTOELETTRONICI
Andreoli A., Di Giandomenico D., Leopardi M., Alonzi S., Chimenti C.
Dipartimento di scienze chirurgiche –Ortodonzia- Università degli studi dell’Aquila
Introduzione: Il movimento mandibolare è permesso e condizionato dallo stato di conservazione delle superfici
articolari, determinato dall’attività muscolare e modulato dai menischi; ciò induce ad affermare che l’analisi dello
stesso informa sullo stato di salute e di equilibrio proprio dell’articolazione.
Obiettivi: Questo studio vuole presentare il 3d Tele Motion Tracking, un’ apparecchiatura stereofotogrammetrica
appartenente alla classe dei sistemi optoelettronici “a diffusione”, e lo sviluppo di un protocollo personalizzato,
associato al software di tale macchinario, per la registrazione di movimenti mandibolari nei tre piani dello spazio.
Materiali e metodi: Il presente lavoro è stato condotto su tre maschi e sette femmine di età compresa tra 15 e 47 anni in
dentizione permanente nel reparto di Ortognatodonzia e Gnatologia della Clinica Odontoiatrica dell’ Università degli
studi di L’Aquila. Cinque di questi pazienti sono giunti alla nostra attenzione per risolvere una problematica a livello
dell’ATM, riferendo sintomi quali click e dolore articolare. Gli altri cinque pazienti invece avevano una storia clinica
priva di qualsiasi sintomo o disturbo dell’ ATM.
Ad ogni paziente è stato effettuato un esame kinesiografico con 3D Tele Motion Tracking.
Risultati: Tramite il 3d-TMT siamo riusciti a rilevare e ad analizzare, tramite marker passivi catarifrangenti posizionati
in precisi punti anatomici, i movimenti mandibolari effettuati durante le diverse analisi (massima apertura, protrusione e
lateralità) del protocollo.
Dai risultati ottenuti si evince che il 3d-TMT è uno strumento affidabile e di facile utilizzo, che riesce efficacemente ad
oggettivare la funzione dell’apparato stomatognatico in modo veloce e non invasivo , rappresentatando graficamente la
dinamica mandibolare e tenendo inoltre conto delle alterazioni posturali durante l’esame kinesiografico.
Conclusioni: complessivamente questo strumento, utilizzato in sinergia con altri esami diagnostici, offre un quadro
completo della situazione artro-mio-discale sia nelle singole componenti sia nella sua globalità. Quindi si impone un
suo utilizzo nelle fasi diagnostiche del trattamento ortognatodontico, sia nei pazienti con disfunzioni
temporomandibolari, per individuare il tipo di patologia e l’eziopatogenesi, sia nei pazienti non disfunzionali, per
effettuare uno screening completo della salute dell’ATM.
FIBRODISPLASTIC BONE LESIONS IN ORTHODONTIC PATIENT
Leopardi M., Di Giandomenico D., Andreoli A., Lucci M., Chimenti C.
Department of Surgery Science – Orthodontics - , University of L’Aquila
Introduction: In the clinical practice, more often than we expect, we can observe primarily clinical manifestations, at
Stomatognathic level, of systemic syndrome not still diagnosed.
In these cases we are called in primis to start diagnostic process of the syndrome and also to treat these patients
examining more aspects than ones we usually evaluate.
The McCune-Albright Syndrome (MAS) belong to this group, infact it can show clinical manifestations at
Stomatognathic level.
The MAS is a rare disease, more frequent in female than male, results from somatic mutations of the GNAS1 gene,
specifically mutations in the cAMP regulating protein, Gs alpha, with estimated prevalence between 1/100,000 and
1/1,000,000. It is classically defined by the clinical triad of fibrous dysplasia of bone (FD), café-au-lait skin spots, that
usually appear in the neonatal period, and precocious puberty (PP).
Diagnosis of MAS is usually established on clinical grounds. Plain radiographs are often sufficient to make the
diagnosis of FD and biopsy of FD lesions can confirm the diagnosis.
In addition to PP, other hyperfunctioning endocrinopathies may be involved including hyperthyroidism, growth
hormone excess, Cushing syndrome, and renal phosphate wasting; some of this endocrinopathies can further influence
bone metabolism.
Objective: In this work we report maxilla’s clinical manifestations of a patients affected of McCune-Albright
Syndrome (MAS) and consequent Orthodontics involvements and therapy.
Materials and Methods: we report a case of male patient 8 years-old, arrived at Orthodontic Department of the
University of L’Aquila to resolve a problem of anterior open-bite.
In the clinical exam we observe a small swelling of left emi-maxilla in the zone corresponding to apex roots of 16 and
under the gems of 14 and 15.
From the Rx-OPT exam we can observe radio-opaque area in the over-mentioned zone. From the Tc-Dentascan exam
we can observe dysplasic bone lesion.
Results: anterior open-bite was solved and later on, the individuation of bone lesion bring to the diagnosis of McCuneAlbright Syndrome (MAS). Then the bone lesion was ablated surgically.
Conclusions: it’s always useful to have diagnostic doubts about atypical clinical manifestations at the stomatognathic
level, in fact often they are local signs of a systemic syndrome.
The knowledge of that, is important for patient’s health, and also useful during our treatment.
CBCT: APPLICAZIONI NELLA DIAGNOSI ORTOGNATODONTICA
Laffranchi L, Dalessandri D, Fontana P
Dental School, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia,Università di Brescia
Introduzione: La tecnologia Cone Beam Computed Tomography (CBCT) utilizza un fascio conico, che si irradia dalla
sorgente di raggi X a forma di cono e che comprende un grande volume con una sola rotazione sul paziente. Le
immagini vengono poi ricostruite utilizzando algoritmi di produrre immagini 3D ad alta risoluzione.
Obiettivi: Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare la fattibilità di realizzazione di CBCT nei pazienti con
sindromi diverse, non solo geneticamente determinate, che avevano bisogno di una TAC in considerazione della
particolare complessità dei casi in esame, e considerando la necessità di una diagnosi accurata per stabilire il più
preciso e mirato piano di trattamento possibile.
Materiali e metodi: Nella prima parte del nostro studio abbiamo considerato l'uso di CBCT in un paziente con un canino
incluso, poi abbiamo analizzato il caso di un paziente affetto da Displasia Cleidocranica (CCD). continuando abbiamo
valutato il caso di un paziente affetto da Picnodisostosi, un osteosclerosi determinata geneticamente, autosomica
recessiva, legata alla carenza di catepsina K, pazienti che necessitavano di chirurgia maxillo-facciale e non per ultimi
pazienti con asimmetrie mandibolari. Le ricostruzioni 3D sono state elaborate tramite il software InVivoDental
Anatomage.
Risultati: Le osservazioni radiologiche effettuate attraverso l’uso della CBCT hanno permesso una accurata indagine
diagnostica, una precisa valutazione dell’anatomia ossea e dentale e delle relazioni e rapporti tra strutture ossee e
dentali, che hanno portato a formulare una più corretta diagnosi e prognosi dei casi oggetto di esame.
Conclusioni: Pensiamo che i risultati CBCT comprese le informazioni dettagliate circa l'anatomia del mascellare
superiore e inferiore, gli elementi dentali ed il loro rapporto con le strutture anatomiche circostanti e la posizione
spaziale siano importanti per formulare una diagnosi corretta. La possibilità inoltre di un ricostruzioni 3D con
programmi dedicati rende possibile effettuare una corretta diagnosi, prognosi e terapia in pazienti affetti da dismorfismi
maxillo-facciale.
VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI UN SISTEMA MONOUSO DI
MONITORAGGIO DELLE PARAFUNZIONI MASTICATORIE
Authors: Bruno F.; Gavioli S.; Frau G.; Piras V.
Università degli Studi di Cagliari. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia.
Introduzione : Spesso i pazienti con parafunzioni non hanno la percezione della loro patologia, il
primo passo verso una terapia è l’acquisizione della consapevolezza della disfunzione.Il Bite strip si
configura come un holter elettromiografico monouso applicabile dal paziente stesso sulla guancia
sinistra, ed utilizzabile per il monitoraggio delle parafunzioni durante l’arco di una notte.
Obiettivi del lavoro: Valutazione delle finalità e dell’ efficacia del monitoraggio delle parafunzioni
masticatorie tramite un dispositivo monouso.
Materiali e metodi : è stato monitorato un gruppo di soggetti costituito da 13 pazienti selezionati in
base alla presenza di almeno uno o più dei seguenti segni clinici di parafunzione: marcatura linea
alba, impronte dentali sulla lingua, faccette di usura. Criterio di esclusione assoluto è stata la
presenza di sintomatologia soggettiva. Sono stati utilizzati per la registrazione notturna un
dispositivo Bite strip monouso per valutare la quantità di contrazioni muscolari dei pazienti.
Successivamente i pazienti sono stati sottoposti ad un tracciato elettromiografico di superficie (J&J.
I 430) durante la mattinata successiva al fine di ricercare i segni strumentali delle parafunzioni
rilevate dal dispositivo monouso notturno . Quindi per ogni paziente sono state eseguite 2
valutazioni : la prima attraverso il Bite strip che monitorava percentualmente il numero delle
contrazioni, la seconda valutava l’intensità delle contrazioni muscolari a carico del massetere e del
temporale anteriore per 5 ore.
Risultati: I pazienti che hanno rilevato un numero significativo di contrazioni attraverso l’analisi
ottenuta con il Bite strip hanno confermato all’esame elettromiografico una correlazione
significativa di parafunzione.
Conclusioni: I risultati della ricerca hanno evidenziato nei soggetti positivi al Bite strip e
successivamente sottoposti ad un esame elettromiografico una correlazione diretta tra contrazioni
muscolari e parafunzioni. In tal senso il Bite strip, dispositivo semplice nel suo funzionamento e di
facile utilizzo per il paziente, si è rilevato un utile ausilio nella diagnosi delle parafunzioni e nella
sensibilizzazione del paziente a tale riguardo.
ANALISI TRIDIMENSIONALE AL FEM DI UN INCISIVO CENTRALE SOTTOPOSTO A
CARICHI VESTIBOLARI E LINGUALI.
Lombardo Luca, Attorresi Laura, Guarneri Maria Paola, Panza Chiara, Giuseppe Siciliani
Università degli Studi di Ferrara
INTRODUZIONE: Lo scopo di questo studio è quello di analizzare dal punto di vista meccanico un sistema formato da
un incisivo inferiore e dalla corrispondente regione ossea. Tale sistema è stato sottoposto a diverse condizioni di carico
riconducibili all’applicazione di un bracket ortodontico, sia sul lato vestibolare che sul lato linguale, per mettere in luce
le differenze fra i due tipi di trattamenti. MATERIALI E METODI: Utilizzando una Cone-Beam Computer
Tomography (CBCT) di un incisivo inferiore, ne è stato realizzato un modello geometrico tridimensionale e quindi un
modello agli elementi finiti, comprensivo di dente, segmento osseo e legamento parodontale. Al modello sono stati
applicati diversi sistemi di forze, sia singole (orizzontale, verticale e laterale) che composte (orizzontale e verticale,
orizzontale, verticale e momento antiorario), al centro della corona clinica su entrambe le superfici dentali.
RISULTATI: Lo spostamento istantaneo del dente lungo la direzione vestibolo-linguale dovuto all’applicazione del
carico è stato considerato per valutare il tipo di movimento generato dai diversi sistemi di forze. La sollecitazione sull’
osso e sul legamento parodontale nella stessa direzione invece è stata considerata per valutare lo stato tensionale in
questa zone e le differenze riscontrabili a seconda del lato di applicazione dei carichi. CONCLUSIONI: Dalle
simulazioni effettuate, si riscontra che la regione di applicazione delle forze e quindi del bracket influisce sul
movimento del dente solo quando è presente una componente di tipo intrusivo. Nei casi in cui questa si presenta infatti
può essere più o meno conveniente eseguire un trattamento piuttosto che un altro a seconda del movimento finale che il
dente deve eseguire. Dalle simulazioni effettuate, si riscontra uno spostamento di tipo prevalentemente corporeo
quando è presente una forza verticale applicata sulla superficie linguale; nei casi di sistemi di forze composte lo
spostamento è essenzialmente rotativo (tipping); infine nel gruppo delle forze composte e momento antiorario quando il
vettore viene applicato sulla superficie vestibolare si riscontra un movimento intrusivo prevalentemente corporeo.
TRATTAMENTO CON APPARECCHIATURA INVISALIGN: CASE REPORT
Guarneri MP. ,Oliverio T. e Siciliani G.
Università degli Studi di Ferrara
Cattedra di Ortognatodonzia
(Direttore: G.Siciliani)
Presentiamo un caso clinico trattato con apparecchiatura INVISALIGN. La diagnosi è di prima classe scheletrica e prima classe
dentale molare e canina; morso aperto dentoalveolare di 4 mm, affollamento di grado lieve nell’arcata superiore e inferiore. Si è
richiesto ad Align Technology di risolvere l’openbite mediante la sola estrusione degli incisivi e canini superiori e inferiori e di
risolvere l’affollamento degli incisivi superiori riallineando gli stessi nello spazio ottenuto tramite stripping.
Iniziale lato destro
Iniziale bocca frontale
Iniziale lato sinistro
Iniziale teleradio
Iniziale frontale
Iniziale profilo
Iniziale sorriso
Iniziale
occlusale sup.
Iniziale
occlusale inf.
Iniziale
openbite
Piano di trattamento:
Apparecchiatura Invisalign prodotta da Align Technology di Santa Clara, California programmata per:
Iniziale OPT
•Arcata superiore: sono stati richiesti a inizio trattamento attachment bisellati orizzontali rettangolari spessi 1 mm gengivalmente e
0,25 occlusalmente sui denti 11-12-21-22 per favorire l’estrusione e contemporaneamente è stato richiesto IPR da .2mm da canino a
canino.
•Arcata inferiore: sono stati richiesti attachments ovali spessi 1 mm sui denti 31-32-33-41-42 sempre per l’estrusione, mentre su 43
un attachment bisellato spesso 1 mm distale e 0.25 mm mesiale per favorire la derotazione a soli 2 gradi per allineatore.
Inizio terapia: settembre 2007
Durante il primo appuntamento sono stati bondati gli attachments previsti. La paziente ha iniziato la terapia cambiando gli allineatori
sempre ogni 14 giorni, indossandoli per 22 ore al giorno. La paziente è stata controllata con cadenza mensile. Gli allineatori previsti
erano 35 per l’arcata superiore e 15 per l’arcata inferiore. La paziente, soddisfatta del risultato raggiunto, non ha avuto necessità di
rifinitura del caso. L’estrusione richiesta è avvenuta lentamente a .12 mm per allineatore e precisamente di 3 mm a livello degli
incisivi superiori e di 1 mm a livello degli incisivi inferiori.
Fine terapia: marzo 2008
Finale OPT
Finale frontale
Finale profilo
Finale lato destro
Finale frontale
Finale occlusale sup.
Finale occlusale inf.
Finale lato sinistro
Finale sorriso
Finale teleradio
A nostro parere la tecnica Invisalign si è dimostrata sufficientemente adeguata a risolvere il caso con un buon risultato estetico e
funzionale. La paziente è rimasta soddisfatta del risultato ottenuto anche grazie ai vantaggi estetici e alla non invasività del
trattamento
VARIAZIONE DELLA BASE CRANICA IN PAZIENTI CON CROSSBITE TRATTATI CON
ESPANSORE RAPIDO DEL PALATO E NON TRATTATI: RISULTATI A UN ANNO DI
DISTANZA.
Poli F, Migliorati M, Ugolini M, Gambino A, Silvestrini Biavati A.
Corso di Laurea Specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentaria; Insegnamento di Ortognatodonzia e Gnatologia
(Titolare: Prof. A. Silvestrini Biavati), Università degli Studi di Genova
Scopi del lavoro Obiettivo dello studio è verificare se si instaurano modificazione della base cranica (Basion) nei
pazienti con crossbite un anno dopo espansione rapida del palato (ERP) rispetto a un gruppo con crossbite non trattato.
Materiali e metodi Sono stati selezionati in modo retrospettivo e consecutivo un gruppo di 30 pazienti trattati con RPE
(età media 8,0; DS 1,6) di razza caucasica. L'espansione è avvenuta effettuando 2 attivazioni al giorno (0.20 mm per
attivazione) fino all'ipercorrezione del crossbite posteriore. Conclusa l'espansione, la vite è stata bloccata con un filo in
acciaio per un periodo di 6 mesi. Il gruppo di studio è stato confrontato con un gruppo di controllo non trattato formato
da 15 soggetti (età media 7,5; DS 1,0), selezionati per sesso e maturazione scheletrica (compresa tra il primo e il terzo
stadio secondo il metodo CVM). Sull’analisi cefalometrica sono stati valutati: quattro misurazioni lineari (S-SOS, S-Ba,
Ba-N e Ba-SOS) relative alla sincondrosi sfeno-occipitale, i cui valori sono stati correlati con altre quattro misurazioni ,
2 sagittali e 2 verticali (SNA°, SNB° e S-N/Go-Me°, AFH/PFH%). Per tutte le variabili sono stati eseguiti i test di
statistica descrittiva . Il gruppo ERP è stato confrontato con il gruppo di controllo utilizzando il T-test. E' stato inoltre
valutato l'errore sulle misurazioni cefalometriche.
Risultati I dati ottenuti indicano una differenza statisticamente significativa tra il gruppo controllo e il gruppo RPE in
due delle quattro misurazioni lineari (SOS-Ba e S-Ba). Questa differenza tuttavia non è altrettanto significativa da un
punto di vista clinico poiché non correlata con modificazioni scheletriche anteroposteriori o verticali.
Conclusioni I risultati dimostrano che il trattamento con ERP provoca a medio termine, modificazioni statisticamente
significative a livello di 2 delle 4 misurazioni lineari relative alla sincondrosi prese in considerazione. Tali
modificazioni non risultano essere però altrettanto significative dal punto di vista clinico poiché non influiscono la
tipologia di crescita scheletrica dei pazienti.
LA DISTALIZZAZIONE DEI MOLARI MASCELLARI NEL PAZIENTE ADULTO: STUDIO
MULTICENTRICO RETROSPETTIVO
Mattia Fontana
Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio
Gli effetti dentoscheletrici della distalizzazione molare sono stati ampiamente analizzati in pazienti in crescita, mentre
quelli relativi a pazienti non in crescita sono carenti. Pertanto, lo scopo dello studio è stato fornire dati relativi ai
cambiamenti dentoalveolari e scheletrici che avvengono in pazienti adulti a seguito di distalizzazione molare. Il
campione di questo studio multicentrico retrospettivo è consistito in 46 soggetti selezionati presso 4 studi privati di
specialisti Orthodontic Board Certified, i quali presentavano una malocclusione di II classe ed erano stati trattati con
una meccanica di distalizzazione. Le misurazioni sono state fatte su cefalometrie all’inizio (T1) e alla fine del
trattamento complessivo (T2). Le misurazioni iniziali e finali e i cambiamenti indotti dal trattamento sono stati
confrontati attraverso un t-test per dati appaiati o un test di Wilcoxon per dati appaiati.
I risultati dello studio mostrano che il tempo di trattamento è stato più lungo in pazienti adulti che in pazienti
adolescenti riportato in altri studi. I molari mascellari possono essere distalizzati in pazienti adulti, ma talvolta rimane
un leggero tipping distale della corona alla fine del trattamento. Il movimento distale del primo molare ha contribuito
per il 57.6% nella correzione della II classe, mentre il movimento mesiale del primo molare inferiore ha contribuito per
il 42.4%. L’overjet si è ridotto principalmente per una endoinclinazione degli incisivi superiori ed una
vestibolarizzazione degli incisivi inferiori, e il piano occlusale ha subito una rotazione oraria. Quando la distalizzazione
dei molari mascellari viene effettuata in un paziente a fine crescita potrebbe verificarsi una rotazione oraria della
mandibola ed un aumento dell’altezza facciale inferiore.
DISTALIZZAZIONE DEI MOLARI SUPERIORI: MGBM-SYSTEM E PENDOLUM, DUE METODICHE A
CONFRONTO
Lisa Mariani
Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio
OBIETTIVI: Confrontare gli effetti estetici, scheletrici, dento-alveolari risultanti dall’utilizzo di due diverse
meccaniche di distalizzazione molare, l’MGBM-System e il Pendulum, utilizzate per il trattamento di malocclusioni di
II classe. MATERIALI E METODO: sono stati selezionati 30 pazienti trattati con MGBM-System (15 maschi e 15
femmine) e 27 pazienti trattati con il Pendulum (15 maschi e 12 femmine), con un ‘età media rispettivamente di 13,3 e
12,8 anni. La durata della fase di distalizzazione è stata in media di 8 mesi per il gruppo MGBM-System e di 10,5 per il
Pendulum. Sono state raccolte e analizzate le teleradiografie latero-laterali e i modelli in gesso pre e post
distalizzazione. RISULTATI: Sia l’MGBM-System che il Pendulum sono meccaniche capaci di garantire la
distalizzazione dei molari superiori e l’ipercorrezione di classe molare, senza significative differenze a livello di
inclinazione distale dei molari superiori. L’MGBM-System ha mostrato tuttavia una maggior distalizzazione molare e
una ridotta perdita di ancoraggio a livello degli incisivi superiori. La perdita di ancoraggio a livello premolare non ha
mostrato differenze significative nei due gruppi. La velocità di distalizzazione molare è risultata maggiore nel MGBMSystem rispetto al Pendulum di circa 1,5 mesi. L’MGBM-System ha portato una maggiore inclinazione del piano
occlusale ad una maggiore post-rotazione mandibolare rispetto al Pendulum. Significativa è la maggior rotazione
mesio-buccale dei primi e secondi molari superiori ottenuta nel gruppo MGBM-System rispetto al gruppo Pendulum.
CONCLUSIONI: Entrambe le apparecchiature si sono mostrate efficienti ed efficaci nell’ottenere una rapporto di I
classe molare. Essendo l’ MGBM-System una nuova meccanica di distalizzazione si ritengono tuttavia necessari
ulteriori studi a fine trattamento ortodontico e nel post-contenzione per verificare la stabilità a lungo termine dei
trattamenti.
VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI CLINICI E MICROBIOLOGICI DEL SISTEMA INVISALIGN E
DELL’APPARECCHIATURA ORTODONTICA FISSA SULLA SALUTE PARODONTALE
Federico Migliori
Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio
Introduzione: L’uso di apparecchi ortodontici rimovibili può evitare effetti negativi sulla salute parodontale
permettendo ai pazienti di compiere le manovre di igiene orale senza la presenza di ostacoli. Lo scopo di questo studio
prospettico randomizzato è stato quello di valutare i cambiamenti microbiologici e clinici che avvengono in pazienti
adulti durante i primi tre mesi di terapia ortodontica con apparecchiatura fissa e il sistema Invisalign® Metodi: L’indice
di placca, la profondità di sondaggio, il sanguinamento al sondaggio, la compliance e campioni microbici subgengivali
sono stati valutati in 20 pazienti in trattamento con il sistema Invisalign® e con apparecchiatura ortodontica fissa. Dieci
pazienti aggiuntivi non in trattamento ortodontico sono stati utilizzati come gruppo controllo. I campioni microbiologici
sono stati analizzati attraverso PCR real time per individuare patogeni parodontali e la quantità di biofilm microbico.
Una comparazione statistica è stata effettuata tra i tre gruppi nel corso dei tre mesi analizzati. Risulati: Il gruppo che ha
mostrato il più basso livello di biofilm microbico è stato quello trattato con il sistema Invisalign®. Un’influenza diretta
del trattamento ortodontico sulla compliance è stato trovato principalmente in quei pazienti che non hanno mantenuto
un alto livello di igiene orale, nei quali il sistema Invisalign® ha mostrato una evoluzione positiva della compliance.
Solo un paziente trattato con apparecchiatura ortodontica fissa è risultato essere positivo per un anaerobio
parodontopatogeno. Conclusioni: il sistema Invisalign® ha evidenziato sempre un livello di biofilm microbico inferiore
se comparato al gruppo trattato con apparecchiatura ortodontica fissa, in particolar modo in pazienti con una scarsa
compliance.
ESPANSIONE LENTA MAXILLARE NEL PAZIENTE ADULTO: STUDIO PILOTA
Pasquale Mobrici
Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio
Introduzione: La letteratura è concorde nell’affermare che il trattamento ideale del deficit trasversale del
mascellare superiore nel paziente adulto, consista nella terapia ortodontico-chirurgica. Spesso i pazienti
rifiutano tale trattamento e richiedono una soluzione alternativa che è rappresentata dall’espansione
dentoalveolare. Tale metodica presenta però diversi inconvenienti come danni parodontali e tipping
eccessivo degli elementi di ancoraggio. L’ ELA (espansore lento ammortizzato) nasce con lo scopo di
minimizzare tali effetti indesiderati. Il dispositivo è in grado di generare forze leggere e costanti grazie
all’azione di una molla in NiTi compressa.
Scopo: Valutare le modificazioni di: ampiezza d’arcata, ampiezza intermascellare, tipping degli elementi di
ancoraggio, altezza di corona clinica in pazienti adulti trattati con ELA
Materiali e metodi: Lo studio è stato condotto su un campione di 16 pazienti adulti (età media 31,6 anni) che
presentavano crossbite medio di 3,2 mm. Delle teleradiografie posteroanteriori di inizio (T0) e fine
espansione (T1) sono stati valutati e confrontati i seguenti valori: ampiezza intermascellare (Mxs-Mxd),
ampiezza intermolare (MS-MD), inclinazione dei primi molari (1.6^AO, 2.6^AO).Dei modelli in gesso
(sezionati distalmente ai primi molari) di inizio (T0) e fine terapia (T1) sono stati valutati e confrontati i
seguenti valori: inclinazione dei processi alveolari (IPA), inclinazione dei primi molari (IM), ampiezza
intermolare e interpremolare (DI 4,DI 6),altezze di corona clinica (H1.4,H2.4,H1.6,H2.6).
Risultati: In tutti i casi selezionati è stata ottenuta la correzione completa del crossbite. L’inclinazione molare
(IM) risulta lievemente diminuita alla fine del trattamento ortodontico (-1°).L’inclinazione dei processi
alveolari (IPA) risulta aumentata con un incremento medio di 2°.Si evidenzia un’ espansione maggiore a
livello dei primi premolari rispetto ai primi molari (4 e 3 mm rispettivamente).L’ altezza di corona clinica
aumentano sia a livello molare sia premolare
Conclusioni:Il nostro studio dimostra come l’ELA sia in grado di incrementare lo spazio in arcata,
soprattutto nella zona premolare. L’espansione del mascellare superiore avviene mediante rimodellamento
dento-alveolare grazie all’applicazione di forze leggere e continue, predeterminate per intensità e direzione;
ciò consente di ottenere un movimento di espansione molare controllato e pressoché corporeo sul piano
frontale. Non si sono evidenziati effetti negativi rilevabili,a livello parodontale.
METODO DI SOVRAPPOSIZIONE TRIDIMENSIONALE SU SCANSIONI TOMOGRAFICHE
CONE BEAM
Giulia Rolla
Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio
Lo scopo del lavoro è quello di proporre un metodo semplice per effettuare la sovrapposizione
tridimensionale di tomografie Cone Beam su punti di repere anatomici stabili durante la crescita del paziente,
utilzzando il software Mimics (Materialize, Leuven, Belgio). Due pazienti di età media 14 anni in II Classe
molare sono stati sottoposti all’esame tomografico pre e post distalizzazione dei primi molari superiori
attraverso due terapie differenti: il Pendulum di Hilgers e l’MGBM System. La terapia ha avuto la durata di
circa 6-8 mesi. Il risultato ottenuto è stato confrontato con le sovrapposizioni bidimensionali eseguite con
due diversi metodi: il “Best Fit” e il metodo strutturale di A.Bjork. L’esame consiste in una
tomografia Cone Beam a bassa dose di radiazioni, eseguito attraverso il macchinario ILUMATM (IMETEC
Imaging, Ardore, OK, USA), con dimensione voxel 0.3 mm². La procedura di realizzazione è suddivisa in
fasi. Il posizionamento delle slice secondo i piani di riferimento è il primo passaggio, in modo da rendere i
volumi orientati allo stesso modo. Il secondo passaggio consiste nella segmentazione del volume, per
dividere le componenti anatomiche da sovrapporre localmente. Infine le due tomografie sono pronte per
essere sovrapposte per punti. Per l’area generale sono sono stati scelti i punti: Apofisi Crista Galli, Pt destro
e sinistro, Aposifisi Clioidee Anteriori, per l’area mascellare invece il forame incisivo e il punto PTM destro
e sinistro, per la mandibola il forame mandibolare destro e sinistro e il foro mentoniero dentro e sinistro.
Le sovrapposizioni ottenute con questo metodo possono considerarsi affidabili se paragonate ai cambiamenti
dento-scheletrici rilevati dagli studi effettuati in precedenza e dalle sovrapposizioni bidimensionali. Tuttavia
non può considerarsi completo per la mancanza di un procedimento che quantifichi l’entità della variazione
visibile tra le due tomografie. Il confronto tra sovrapposizione 2D e 3D ha messo in luce i limiti della prima
tecnica e i vantaggi dell’altra. La teleradiografia presenta degli errori di base che non permettono una
localizzazione univoca dei punti di repere, attraverso la CBCT è possibile invece valutare ogni compontente
del cranio presa singolarmente e i tutte le proiezioni, senza avere ingrandimenti. E’ possibile quindi valutare
le variazioni in sagittalità e verticalità in entrambi i lati del paziente, esaminare la posizione condilare e della
radice dei denti all’interno del processo alveolare in tre dimensioni. Sicuramente il progresso sta portando a
convertire tutti i metodi diagnostici bidimensionali in semplice e completo, permettendone l’utilizzo a tutti i
clinici.
FORZE RILASCIATE DA FILI IN NITI IN UN “THREE-BRACKETS SYSTEM”
Gatto E., Nucera R., Matarese G., Borsellino C., Cordasco G.
Corso di Laurea Specialistica di Odontoiatria e Protesi Dentaria.
Università degli Studi di Messina.
Insegnamento di Ortognatodonzia: Prof. G. Cordasco
OBIETTIVO: L’obiettivo di questo studio è stato quello di determinare le forze rilasciate da fili in NiTi 0.014 inches in
combinazione con diverse tipologie di brackets.
MATERIALI E METODI: Un modello sperimentale a tre brackets è stato utilizzato per simulare il disallineamento sul
piano verticale di un canino superiore. Sono stati testati tre differenti sistemi di attacchi: self-ligating passivi (Vision,
American Orthodontics), self-ligating attivi (Time 3, American Orthodontics), convenzionali con legature elastiche
(Mini Master Series, American Orthodontics).
Test di carico-deflessione sono stati condotti su due differenti fili di allineamento in NiTi della stessa dimensione (0.014
inch): un filo termico (Therma Ti-Lite) e un filo superelastico (NiTi Force I) della stessa casa produttrice (American
Orthodontics).
I fili sono stati ingaggiati in ciascun sistema “three-brackets” e sottoposti a deflessione di 2 e 4 mm alla temperatura
costante di 36 °C.
I dati relativi alla fase di scarico delle curve di carico-deflessione ottenute, espressione delle “working forces” dei fili,
sono stati analizzati statisticamente con test ANOVA.
RISULTATI: I risultati mostrano che il sistema di attacchi (self-ligating attivi, passivi e convenzionali), la tipologia del
filo (termico e superelastico) e la deflessione del filo (2 e 4 mm) influenzano in maniera statisticamente significativa le
forze rilasciate dai fili (p<0.05).
Con i brackets self-ligating passivi sono stati registrati i più alti livelli di forza, mentre i più bassi valori sono stati
osservati con gli attacchi convenzionali per i più alti livelli di frizione del sistema.
Le forze di scarico dei fili termici sono risultate significativamente più basse rispetto a quelle dei fili superelastici della
stessa dimensione in tutte le combinazioni con brackets.
Una riduzione statisticamente significativa delle “working forces” è stata registrata all’aumentare della deflessione del
filo da 2 a 4 mm con entrambe le tipologie di filo.
CONCLUSIONI: Le forze rilasciate dai fili in NiTi testati sono influenzate in maniera statisticamente significativa dal
sistema di bracket, dalla tipologia del filo e dalla deflessione a cui viene sottoposto. La scelta del filo in NiTi dovrebbe,
dunque, essere fatta considerando i differenti livelli di forza che esso produce in relazione alla sua diversa tipologia e al
sistema di brackets in cui viene utilizzato.
LASER BIOSTIMULATION AND SELF LIGATING APPLIANCES IN ORTHODONTICS:
PERIODONTAL REMODELING
Authors: Caccianiga G.L., Leonida A.
Universita’ Degli Studi Di Milano Bicocca
Aim. The use of laser biostimulation in combination with self ligating appliances in order to stimulate the growth of
attached gingiva was examinated in 23 teeth erupted in vestibular mucosae, in maxillary and mandibular jaws of 15
patients in a range of age between 11 and 27 years. Self ligating appliances have a low periodontal impact and allow us
to achieve a good alignement. Laser biostimulation with diode lasers improves the cellular activities and the periodontal
regeneration.
Materials and Methods. 15 patients are selected in this protocol research.All patients had canines or premolars in
vestibular mucosae, without keratinized gingiva. No active periodontal disease (no BOP and gingival recessions). 18
canines (16 in the upper jaw and 2 in mandible) and 5 premolars (4 in mandible and 1 in maxilla) were involved. No
BOP and CAL loss at the start of the orthodontic treatment. Every patient was treated with self ligating appliances
(Time2/Time3, American Orthodontics). In every orthodontic session (each 34 days as average) the patient was treated
with diode laser biostimulation (Wiser /Lambda, G8 Galbiati), for 5 minutes with 600 micron fiber section, on utilizing
the Biostimulating machine paremeters (2/4 watt, focalized or defocalized, on depending the laser machine utilized). No
termical effects were produced by lasers applications.
Results. At the moment of debonding, 23 teeth involved in the research were evaluated in terms of quality and quantity
of attached gingiva. BOP and CAL loss were also investigated. 3 patient showed an inflammatory reaction around the
crown of the teeth examinated, with BOP + , without loss of CAL. Every tooth considerated, at the end of orthodontic
treatment showed a attached gingiva were before (at the start of treatment) were oral mucosae.
Conclusions. The combination between self ligating appliances and laser biostimulation could improve the
differentation of periodontal ligament’s stem cells in fibroblastes, able to promote attached gingiva around the crown of
the teeth erupted in oral vestibular mucosae.
RME CON BSNDE VS RME BONDED
Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Giannini L., Galbiati G., Maspero C.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: L’ipoplasia del mascellare superiore prevede come terapia d’elezione l’espansione ortopedica della
sutura palatina. Fu Angel nel XIX secolo a studiare per primo gli effetti ottenibili grazie all’espansione palatale.
Obiettivi:Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare su teleradiografie latero-laterali i valori cefalometrici
prima e dopo trattamento con l’espansore rapido del palato su bande e di quello con docce in resina. Si è voluto valutare
se vi fossero differenze significative nei tre piani dello spazio dopo l’attivazione delle due apparecchiature e verificare
in quali situazioni cliniche sia più indicata un’apparecchiatura rispetto a un’altra.
Materiali e Metodi: Questo studio è stato eseguito su 60 pazienti (30 maschi e 30 femmine) tra i 6 e i 15 anni con
crossbite latero-posteriori dovuti a ipoplasia del mascellare. I pazienti sono stati quindi suddivisi in due gruppi di 30
pazienti ciascuno (15 maschi e 15 femmine). Per il primo gruppo è stato utilizzato un espansore rapido del palato tipo
Hyrax cementato sui primi molari superiori e sui quinti decidui; il secondo gruppo è stato trattato invece con un
espansore rapido del palato con docce in resina.
Risultati:I pazienti trattati con RME tipo Hyrax non hanno evidenziato variazioni statisticamente significative nella
posizione sagittale del mascellare superiore, della mandibola e della classe scheletrica, mentre si è avuto un aumento
significativo dell’angolo cranio-spinale dovuto alla postrotazione del piano bispinale e ad un aumento dell’angolo
cranio-mandibolare. Nel gruppo di pazienti trattati con con l’RME con docce in resina si è verificato un aumento
statisticamente significativo dell’angolo SNB e ad una riduzione statisicamete significativa dell’angolo craniomandibolare. Non si sono riscontrate variazioni significative nei valori di SNA,ANB,SN-SNP,SNA.
Conclusioni: entrambe le apparecchiature sono in grado di ottenere in modo sovrapponibile la disgiunzione trasversale
della sutura palatale. Nei pazienti con aumentata dimensione verticale anteriore si è osservato che l’espansore bondato
con docce in resina consente un migliore controllo sul piano verticale.
DISGIUNZIONE CHIRURGICA vs ORTOPEDICA
Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Galbiati G., Giannini L., Maspero C.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: Il trattamento d’elezione del deficit trasverso del mascellare superiore è l’ espansione rapida del palato,
che, a seconda dell’età, può essere di tipo ortopedico o chirurgicamente assistito.
Obiettivi: Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare le modificazioni scheletriche sul piano verticale, sagittale
e trasverso in pazienti a fine crescita, sottoposti a espansione chirurgica assistita del mascellare superiore, e confrontare
tali risultati con quelli ottenuti in soggetti in fase dinamica a fine crescita, trattati con disgiunzione ortopedica.
Materiali e Metodi:Sono stati presi in esame due gruppi di pazienti, tutti con cross-bite bilaterale posteriore: il primo
formato da 6 soggetti a fine crescita, il secondo da 18 pazienti in fase dinamica di crescita. Per ogni paziente sono stati
eseguiti, prima e dopo il trattamento, una teleradiografia in proiezione latero-laterale e postero-anteriore del cranio,
modelli in gesso delle arcate dentarie e fotografie intraorali.
Risultati:Dopo l’ espansione, in entrambi i gruppi aumentano le dimensioni trasversali del mascellare superiore e della
cavità nasale, la larghezza dell’ arcata superiore e inferiore. Non si registrano invece modificazioni verticali
significative. Sul piano sagittale, l’ angolo ANB tende ad aumentare nelle III classi scheletriche ma rimane invariato
nelle I e II.
Conclusioni:La disgiunzione ortopedica del palato nei soggetti in fase dinamica di crescita e l’ espansione
chirurgicamente assistita nei soggetti adulti risultano essere le terapie d’elezione per le discrepanze trasversali del
mascellare superiore, indipendentemente dalla classe scheletrica e dai rapporti verticali. Le II classi scheletriche e gli
open-bite scheletrici non possono essere considerati una controindicazione assoluta alla disgiunzione.
TRATTAMENTO NON CHIRURGICO DI PAZIENTI AFFETTI DALLA SINDROME DI
CROUZON
Autori: Begnoni G.*, Galbiati G., Rossini G., Giannini L., Maspero C.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: Lo scopo di questo lavoro consiste nel presentare il trattamento non chirurgico di due casi clinici di
pazienti affetti da sindrome di Crouzon, la più frequente forma di sinostosi craniofaciale caratterizzata da una fusione
prematura delle suture superiori e inferiori della maxilla lungo la parete dell’ orbita. L’incidenza di questa malattia è di
1 su 25000 con una frequenza che va dal 4.5 al 4.8%. Essa è riscontrabile alla nascita o nella prima infanzia e presenta
una grande variabilità di forme. L’ arresto dello sviluppo interessa la maxilla, l’ orbita e il volto e le alterazioni
riguardano soprattutto la dimensione sagittale della faccia. Il segno più caratteristico della malattia è l’iposviluppo del
terzo medio della faccia con esoftalmo.
Obiettivi:In questo lavoro si è voluto documentare e descrivere, il trattamento ortodontico e ortopedico di due casi di
due sorelle affette da Sindrome di Crouzon.
Materiali e Metodi: Sono state sottoposte all’ attenzione del reparto di Ortognatodonzia della Clinica Odontoiatrica
dell’ IRCCS Cà Granda-Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano, due sorelle affette da
Sindrome di Crouzon. Si è deciso di optare per un trattamento non chirurgico utilizzando apparecchiature ortopediche e
ortodontiche.
Risultati: La scelta di trattare le due pazienti pervenute alla nostra attenzione con metodiche non chirurgiche ha
permesso di ottenere ottimi risultati sia in termini di estetica che di migliormaento della funzionalità dell’ apparato
stomatognatico.
Conclusioni: Al termine della terapia ortopedica ed ortodontica si sono raggiunti ottimi risultati estetici e funzionali
SUCCHIAMENTO NON NUTRITIVO: REVISIONE DELLA LETTERATURA
Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Giannini L., Galbiati G., Maspero C.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
INTRODUZIONE: Il succhiamento non nutritivo è una abitudine viziata che causa frequentemente malocclusione.
OBIETTIVI: Lo scopo di questo lavoro consiste nell’effettuare una revisione sistematica della letteratura riguardo
l’abitudine al succhiamento non nutritivo.
MATERIALI E METODI: È stata effettuata una revisione sistematica della letteratura tramite la banca dati Medline
[www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed].
Per effettuare la ricerca, sono state scelte le parole chiave “thumbsuckinghabit, digitalsuckinghabit, finger suckinghabit,
non nutritive suckinghabit” .
Particolare attenzione è stata posta riguardo all’epidemiologia, all’eziologia, agli effetti del succhiamento e alle opzioni
terapeutiche.
RISULTATI: Si evidenziano gli effetti di tale abitudine viziata a livello dell’apparato stomatognatico, le possibilità
terapeutiche e le corrette tempistiche.
CONCLUSIONI: Dall’analisi della letteratura effettuata, appare evidente la necessità da parte dell’odontoiatra di
conoscere i fenomeni legati a tale abitudine viziata per potere diagnosticarla, avvertire e motivare i genitori ed il
paziente, e mettere in atto strategie preventive e terapeutiche. Il successo dipende infatti dalla motivazione e
collaborazione dei pazienti e dei familiari.
CORRELAZIONE TRA DISGNAZIE E DISLALIE
Autori: Begnoni G.*, Giannini L., Galbiati G., Rossini G., Maspero C
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
INTRODUZIONE: La contemporanea presenza di malocclusioni e difetti della fonazione è abbastanza frequentemente
riscontrata clinicamente. Conoscere se e in che modo queste due alterazioni siano collegate permette di formulare un
piano di trattamento adeguato a correggere entrambi i disturbi.
OBIETTIVI: Gli obiettivi di questo studio consistono nell’evidenziare la correlazione tra malocclusioni e difetti
fonetici e di pianificare un approccio clinico combinato tra ortodonzia e logopedia.
MATERIALI E METODI: 880 bambini tra i 6 e i 10 anni di età sono stati esaminati al fine di determinare l’esistenza
della relazione tra disgnazia e dislalia. I bambini (448 maschi e 432 femmine) sono stati visitati da un logopedista e da
un ortodonzista. Sono stati eseguiti esami approfonditi della struttura faciale e della cavità orale al fine di verificare
questa correlazione.
RISULTATI: Abbiamo riscontrato una relazione tra disgnazie e dislalie.
CONCLUSIONI: Esistono alterazioni agli organi della fonazione ad alla cavità orale provocate dalla dislalia. L’effetto
della malocclusione sulla dislalia sembra essere più rilevante, più frequente e aumenta proporzionalmente alla gravità
della malocclusione stessa.
VANTAGGI DELL’ APPARECCHIATURA SELF-LIGATING NELLE MECCANICHE
FRIZIONALI
Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Giannini L., Galbiati G., Maspero C.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione:.Presentazione di un caso clinico di un paziente sul quale si sono voluti valutare i vantaggi
dell’apparecchiatura self-ligating.
Obiettivi:In questo studio si è voluto analizzare l’utilizzo dell’apparecchiatura self-ligating.
Materiali e Metodi: Si presenta un caso clinico di un paziente adulto trattato ortodonticamente con metodica self
ligating.
Risultati:In questo studio si è potuto constatare che questo sistema riduce notevolmente le forze di attrito che
ostacolano il movimento di scorrimento, riducendo così, i tempi di trattamento. Inoltre, assicura un buon controllo del
tip, del torque e dei movimenti di rotazione, ed è ben accetto per le sue ridotte dimensioni di ingombro mesio-distale.
Conclusioni:Tra le diverse apparecchiature fisse che impiegano meccaniche di scorrimento, le apparecchiature selfligating offrono molteplici vantaggi.
UTILIZZO DELLA TC CONE BEAM NELL’ANALISI TRIDIMENSIONALE DEI TESSUTI
MOLLI DEL MASSICCIO FACCIALE
Autori: Begnoni G*., Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Perozeni G., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: La tecnologia radiologica TC Cone Beam permette di analizzare tridimensionalmente e con elevata
qualità di immagine sia i tessuti duri che quelli molli del massiccio facciale.
Obiettivi: Studiare lo spessore dei tessuti molli in pazienti adulti, esaminando punti di repere scheletrici, mediani e
laterali, con misurazioni reali effettuate con TC Cone Beam.
Materiali e metodi: I dataset della TC Cone Beam (i-CAT, Imaging Sciences International, Hatfield, Pa) di 10
pazienti in I Classe scheletrica, 10 pazienti in II Classe scheletrica e 10 in III Classe scheletrica sono stati elaborati con
l’ausilio del software Materialise Mimics. Di ogni singolo paziente sono stati studiati gli spessori dei tessuti molli,
considerando 30 punti ossei, ripartiti in 10 punti mediani e 10 punti laterali omologhi di destra e di sinistra e i
corrispettivi punti cutanei. Il valore della distanza fra i punti cutanei e la tangente ai corrispettivi punti ossei rappresenta
lo spessore dei tessuti molli. Sono state calcolate le medie e le deviazioni standard delle varie serie di dati. Le
misurazioni sono state inoltre confrontate in base alle diverse classi scheletriche.
Risultati: Confrontando i dati dei pazienti in I e II classe non si riscontrano sostanziali differenze. Al contrario, nei
pazienti in III classe è emersa una variabilità nello spessore dei tessuti molli, soprattutto a carico dei punti
dell’eminenza frontale e malare.
Conclusioni: Lo studio dello spessore dei tessuti molli ha evidenziato l’esistenza di importanti differenze tra le diverse
classi scheletriche.
VALORI DELL’ANGOLO ANB: VALUTAZIONE COMPARATIVA TC CONE BEAM VS
CEFALOMETRIA 2D
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Perozeni G., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione :Lo sviluppo di nuove tecnologie a supporto dell’ortodontista, quali la TC ConeBeam, pone il caso
clinico in una valutazione di tipo tridimensionale. L’analisi tridimensionale necessita di una comparazione con l’analisi
cefalometrica tradizionale bidimensionale per poter stabilire le eventuali discrepanze dei valori fisiologici e patologici
nelle due differenti metodiche.
Obiettivi: Analizzare i valori dell’angolo ANB rilevati sia mediante TC ConeBeam, sia mediante Cefalometria
tradizionale 2D, compararli e valutare la eventuale presenza di variazioni significative.
Materiali e Metodi: Sono stati reclutati 47 pazienti a partire da un archivio di 300 pazienti sottoposti a TC ConeBeam
(i-CAT, ImagingSciences International, Hatfield, Pa). Il criterio di inclusione applicato è stato la presenza di prima
classe scheletrica diagnosticata secondo la tradizionale cefalometria di Steiner. Con l’ausilio del software
MaterializeMimics 11.11 per ciascun caso è stato calcolato il valore dell’angolo ANB. Successivamente, i dati ottenuti
sono stati confrontati con i corrispondenti valori angolari ricavati da tradizionali cefalometrie in proiezione laterolaterale e con quelli ottenuti dalla differenza fra i valori di SNA e SNB. Infine, i risultati ottenuti sono stati analizzati
mediante il software MiniTab.
Risultati: La differenza tra le misurazioni angolari (ANB) 3D e 2D è risultata 0,28° ± 0,55°. Tale differenza, sottoposta
a test statistico di Pearson ha mostrato significatività rilevante. In 3D il valore dell’angolo ANB non coincide con la
differenza tra SNA e SNB.
Conclusioni: Diversamente dalla cefalometria tradizionale, in cui ANB è il risultato della differenza fra SNA ed SNB,
in 3D tale differenza non coincide con il valore di ANB. Il valore calcolato in 3D risente della differente localizzazione
verticale e trasversale, oltre che sagittale, dei punti A e B.
TRATTAMENTO PRECOCE CON APPARECCHIO FUNZIONALE SU BAMBINI AFFETTI DA
ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: Un apparecchio funzionale usato come trattamento precoce nei bambini affetti da artrite idiopatica
giovanile è di fondamentale importanza per lo sviluppo delle multifunzioni stomatognatiche.
Obiettivi: Lo scopo di questo studio è di suggerire un valido trattamento precoce con apparecchio funzionale durante il
progressivo evolversi dell’AIJ sulla crescita e morfologia cranio-facciale.
Materiali e metodi: Il coinvolgimento dell’Articolazione Temporo-Mandibolare risulta bilaterale nel 61% e unilaterale
nel 39% dei pazienti. Gli autori hanno usato un attivatore bi-mascellare unito ad una placca di distrazione allo scopo di
incrementare i movimenti dell’articolazione e modificare in tal modo il pattern di crescita sfavorevole e provvedere alla
graduale ante-rotazione della mandibola.
Risultati: E’ stato possibile osservare una riduzione della retrusione mandibolare e della discrepanza sagittale tra
mandibola e mascella, una riduzione dell’angolo di divergenza, una rotazione antioraria della mandibola, una riduzione
dell’angolo goniale, un più lungo ramo mandibolare, e infine una riduzione della discrepanza tra altezza anteriore e
posteriore grazie all’aumento dell’altezza posteriore e una posizione del mento più protrusa.
Conclusioni: I risultati a lungo termine di questo studio mostrano che una precoce terapia ortodontica sarebbe in grado
di ridurre la gravità delle alterazioni facciali, migliorare la crescita mandibolare e condilare, aumentando così la
funzione e migliorando il profilo facciale.
L’intervento chirurgico per migliorare le funzione dell’Articolazione Temporo-Mandibolare dovrebbe considerarsi solo
in casi ristretti e di particolare gravità.
BITE IN PMMA: REALIZZAZIONE E VALUTAZIONI CLINICHE
Autori: Porcellini G., Begnoni G.*, Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: L’utilizzo della tecnologia CAD/CAM per la costruzione di apparecchi ortodontici e funzionali permette
di ottenere molti vantaggi clinici, il presente studio spiega come ottenerli con una tecnica semplice e rapida.
Obiettivi: Costruzione di un bite con tecnologia CAD/CAM e valutazione dei vantaggi clinici.
Materiali e Metodi: I modelli in gesso, costruiti sulle impronte delle arcate dentarie, sono stati scansionati con tecnica
CAD/CAM. Lo scanner utilizza una tecnologia a luce strutturata. La fase CAD genera un’immagine digitale 3D sulla
quale è possibile progettare il profilo del bite. Durante la fase CAM, il BITE viene realizzato da un blocchetto di
Polimetilmetacrilato (PMMA) di circa 20 mm di spessore. Tale materiale, polimerizzato industrialmente con autoclavi
ad alta pressione, impedisce la formazione di monomeri residui e riduce l’assorbimento dell’acqua. Attraverso il
passaggio di una gomma siliconica, uno spazzolino di cotone e con pietra pomice si ottiene un ottima lisciatura
superficiale.
Risultati: Produzione di un BITE previa progettazione digitale. La tecnica di costruzione del D-BITE è standardizzata
grazie alle procedure computer-dipendenti. Il materiale offre molti vantaggi clinici. L’assenza di monomeri residui, che
possono provocare reazioni allergiche, permette il suo utilizzo anche su soggetti suscettibili. Non subisce facilmente
pigmentazioni, che possono generare un risultato estetico nel tempo non soddisfacente. È molto liscio e ciò garantisce
un minor accumulo di placca.
Conclusioni: Il BITE è stato costruito grazie alla tecnologia CAD/CAM, conseguendo eccellenti risultati biologici ed
estetici con una tecnica semplice e rapida.
BRACKETS CUSTOMIZZATI: REALIZZAZIONE ATTRAVERSO METODICHE DIGITALI
CAD/CAM
Autori: Porcellini G., Begnoni G.*, Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Solidoro L., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: La tecnologia CAD/CAM consente tramite la realizzazione di brackets customizzati di standardizzare la
terapia ortodontica rendendola semplice e predicibile.
Obiettivi: Il nostro scopo è stato quello di descrivere il funzionamento della tecnologia CAD/CAM per la realizzazione
di brackets customizzati.
Materiali e metodi: Dopo l’acquisizione dei modelli tridimensionali grazie all’utilizzo di uno scanner e di un computer
che dispongono di specifici software, viene creato quello che viene definito setup ortodontico virtuale: il software
esegue segmentazioni dei singoli elementi dentari che permettono di ottenere la visione 3D dei rapporti dento-alveolari.
Il clinico può così variare il tip e il torque, ruotare e traslare gli elementi dentari nei tre piani dello spazio, e simulare in
questo modo il trattamento ortodontico desiderato. In base al setup ortodontico, viene poi progettato il design
personalizzato dei bracket (fase CAD). Terminata la progettazione, i bracket sono pronti per essere realizzati dalla
macchina utensile (fase CAM).
Risultati: Il progresso tecnologico rappresentato dalle tecniche CAD/CAM è determinato dalla digitalizzazione del
design e dalla produzione computer-dipendente.
Conclusioni: I vantaggi che ne conseguono, risiedono in primo luogo nel miglior controllo del ciclo produttivo e nella
significativa riduzione di errori e imprecisioni operatore-dipendenti, in secondo luogo nella possibilità di utilizzare
materiali sofisticati altrimenti non lavorabili con tecniche tradizionali quali, ad esempio, il titanio grado 5.
CEFALOMETRIA 3D vs 2D
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Colombo M., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione: La TC è da sempre uno strumento diagnostico di enorme importanza in molti ambiti della medicina. In
campo odontoiatrico l’analisi tridimensionale sta assumendo sempre maggiore importanza; in particolare nella
pianificazione del trattamento ortodontico si sta sostituendo alla tecnica cefalometrica tradizionale, facilitando una
corretta diagnosi e terapia.
Obiettivi: Proporre un metodo semplice, ripetibile e non influenzabile da errori umani, affidandosi all’uso del computer
e della TC Cone Beam.
Materiali e metodi: Da un archivio di circa 500 TC Cone Beam sono stati selezionati 44 casi con un rapporto di prima
classe scheletrica normovertibite simmetrici, di cui 24 femmine e 20 maschi.
Le CBCT dei pazienti selezionati sono state processate, poi, con il software Mimics® (Materialise) ed è stata creata la
vera e propria cefalometria tridimensionale, la quale prevede 18 punti, di cui 10 mediani e 8 laterali omologhi,
identificati su una sezione TC dei tessuti duri e successivamente verificati sulle due rimanenti e sul rendering del
volume generato dal software Mimics®. Da questi 18 punti scaturiscono 36 misurazioni, che forniscono informazioni
sagittali, verticali e trasversali.
Risultati: La dimensione e l’omogeneità del campione e le caratteristiche del metodo presentato permettono di definire
dei nuovi parametri di riferimento, calcolabili dall’analisi dei risultati e riportati nella tabella 1.
Conclusioni: La tecnica tridimensionale permette di raggiungere risultati migliori e con notevoli vantaggi rispetto alla
tecnica tradizionale, in termini di rappresentazione effettiva della realtà, minori possibilità di errore dovuti all’intervento
umano, assenza di sovrapposizione di strutture anatomiche e, soprattutto, la possibilità di lavorare utilizzando
direttamente le tre dimensioni.
RAPPORTI TRA DIMENSIONI VOLUMETRICHE E DIMENSIONI LINEARI MANDIBOLARI
NELLA TC CONE BEAM
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione: La TC Cone Beam è un valido strumento diagnostico che consente di ottenere misurazioni nei tre piani
dello spazio e perciò di calcolare la dimensione volumetrica della mandibola oltre che le dimensioni lineari
Obiettivi: L’obiettivo del presente lavoro è confrontare dimensioni lineari quali la lunghezza, l’altezza e l’ampiezza
mandibolare con dimensioni volumetriche reali calcolate su TC ConeBeam.
Materiali e Metodi: Sono stati reclutati 25 pazienti afferenti al Reparto di Ortognatodonzia del Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche dell’Università degli studi di Milano. I dataset della TC ConeBeam
di tali pazienti sono stati elaborati con l’ausilio del software Mimics 11.11 (Materialise). Sono stati quindi calcolati il
volume e dimensioni lineari: lunghezza, altezza e ampiezza mandibolare. Il volume è stato poi confrontato con le
singole misure lineari utilizzando il software statistico MiniTab.
Risultati: Il volume mandibolare e le rispettive dimensioni lineari non sono correlabili tra loro.
Conclusioni: Il volume mandibolare reale, calcolato su ConeBeam TC è indipendente dalla lunghezza, altezza e
ampiezza della stessa.
HERBST: APPLICAZIONI CLINICHE E VANTAGGI DELL'APPARECCHIATURA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Solidoro L., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione: La cerniera di Herbst è un meccanismo telescopico bilaterale (formato da un pistone e da un tubo) che
permette la dislocazione della mandibola in protrusione consentendo movimenti di apertura e chiusura della bocca e
lievi escursioni in lateralità, viene infatti paragonato ad una articolazione artificiale fra il mascellare superiore e
inferiore.
Obiettivi: L'apparecchio nella sua forma tradizionale presenta delle limitazioni: basso livello di comfort; limitati
movimenti di lateralità della mandibola; ulcerazioni della mucosa che ricopre la cresta obliqua del processo coronoide;
rottura della banda sul primo molare inferiore; disassemblaggio del sistema telescopico durante il movimento di
massima apertura della bocca.
Negli ultimi anni, per limitare gli svantaggi sopra citati sono stati introdotti due meccanismi di ultima generazione , che
presentano numerosi vantaggi clinici ed un maggior comfort per il paziente: Herbst Miniscope e HTH ( Hanks
Telescopic Herbst Appliance).
Materiali e metodi: L'Herbst HTH presenta un sistema telescopico che incorpora un pistone, due tubi e una vite in un
unico pezzo e un tipo di attacco alle bande detto giunto cardanico, formato da una cavità in cui si inserisce la testa
sferica di una vite, la quale è in grado di ruotare nei tre piani dello spazio compiendo rotazioni fino a 35°. La filettatura
della vite permette di ancorare il sistema telescopico ad un dado localizzato superiormente a livello della banda del
primo molare e inferiormente su di una barra a cantilever a livello del primo premolare.
Risultati: Il design dell' HTH ad un pezzo unico facilita l'applicazione del dispositivo con notevole risparmio di tempo,
riduce i danni potenziali dell' Herbst tradizionale alla mucosa del paziente e fornisce un'ampia libertà di movimento
aumentando il comfort del paziente. Durante la terapia inoltre è possibile incrementare l'entità dell'avanzamento
mandibolare pinzando sul pistone degli spaziatori senza necessità di rimuovere il sistema telescopico; in tal modo si
possono effettuare anche delle attivazioni monolaterali. Il giunto cardanico permette inoltre ampi movimenti di lateralità
riducendo la probabilità di rottura del dispositivo. L'Herbst Miniscope presenta un sistema telescopico analogo all'HTH,
dal quale differisce per la tipologia del giunto; il Miniscope infatti, presenta degli anelli alle estremità del sistema
telescopico analoghi a quelli del sistema tradizionale . Questi anelli consentono di ancorare il sistema telescopico a dadi
localizzati a livello della banda o corona del primo molare superiore e ad una barra a cantilever nell'arcata inferiore. Gli
anelli hanno inclinazione tale da far si che la testa delle viti sia in linea con il telescopio stesso. Ciò riduce l'emergenza
della vite stessa migliorando il comfort del paziente.
Conclusioni: Il Miniscope presenta gli stessi vantaggi dell'HTH rispetto al quale risulta anche meno ingombrante.
HERBST: RISULTATI DELL’ANALISI KINESIOGRAFICA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G.
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,
Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia,
Direttore: Prof.G.Farronato
Introduzione: Analisi di pazienti trattati con apparecchiatura di Herbst ottenuta mediante analisi kinesiografica
Obiettivi: Con questo lavoro si vogliono presentare i risultati preliminari ottenuti dall’analisi kinesiografica di pazienti
sottoposti a trattamento con apparecchiatura di Herbst.
Materiali e metodi: Per questa ricerca è stato utilizzato l’elettrokinesiografo K6-I (Myotronics- Noromed). Sono stati
considerati 5 pazienti, selezionati da un campione di 15, in quanto arrivati a fine trattamento. Il protocollo prevede
un’analisi della kinesiologia mandibolare prima del trattamento, dopo la cementazione dell’apparecchiatura, in controlli
periodici e a fine terapia. Nei controlli viene effettuata u n’acquisizione con l’apparecchio in situ ed una senza i sistemi
telescopici, mentre a fine trattamento l’esame viene svolto dopo la rimozione completa dell’apparecchiatura. Ogni
acquisizione prevede diverse prove: 1) tre cicli di massima apertura e chiusura, 2) massima apertura e chiusura in
massima velocità, 3) movimenti limite in apertura, lateralità e protrusione.
Risultati: Confrontando le acquisizioni a inizio e fine trattamento si notano un aumento della componente sagittale
durante il movimento di massima apertura, un incremento della protrusiva, ed una riduzione della lateralità.
Conclusioni: L’aumento della componente sagittale rispecchia l’avvenuta crescita condilare e lo spostamento dentoalveolare. La riduzione della lateralità si può attribuire probabilmente alla ridotta escursione laterale permessa
dall’apparecchiatura durante il trattamento.
HERBST MINISCOPE: PROTOCOLLO DI APPLICAZIONE
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G.
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,
Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia,
Direttore: Prof.G.Farronato
Introduzione: Presentazione del protocollo di applicazione dell’apparecchiatura di Herbst MIniscope
Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è descrivere il protocollo di applicazione dell’apparecchiatura di Herbst in uso
presso il reparto di ortognatodonzia della clinica odontoiatrica di Milano.
Materiali e metodi: Il tipo di apparecchio utilizzato è il Miniscope prodotto dalla Micerium, costruito utilizzando
quattro bande, due superiori e due inferiori da cementare a livello dei primi molari, e due pistoni propulsori telescopici.
Il principio telescopico si basa sullo scorrimento di due cilindri, uno all’interno dell’altro, costruiti per non permetterne
l’uscita, riducendo le complicanze che si presentano con l’Herbst tradizionale. Grazie alla lunghezza dei pistoni non
viene limitata l’ampiezza di apertura della bocca. Il primo appuntamento prevede l’applicazione degli elastici separatori
e dopo una settimana si procede con la prova bande. Durante la stessa seduta si rilevano le impronte e il morso di
costruzione in cera con un avanzamento mandibolare tale da consentire la correzione sul piano sagittale. Il laboratorio
finalizza l’apparecchiatura. A questo punto l’Herbst è pronto per essere cementato. La terapia ha una durata di circa un
anno. E’indicata in soggetti in fase post-adolescenziale caratterizzati da una seconda classe scheletrica, soprattutto se
respiratori orali o non collaboranti.
Risultati: Al termine della terapia si ottiene generalmente una ipercorrezione della relazione sagittale tra le arcate
dentarie. È necessario quindi un periodo di contenzione attiva o una fase di terapia ortodontica fissa tradizionale per la
finalizzazione ortodontica del caso.
Conclusioni: L’apparecchiatura di Herbst è risultata essere molto utile nel contesto del trattamento ortognatodontico
poiché permette la correzione di tali quadri disgnatici anche dopo il picco di crescita.
HERBST IN TITANIO: REALIZZAZIONE
APPARECCHIATURA IGIENICA
TRAMITE
CAD/CAM
DI
UNA
NUOVA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G.
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,
Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia,
Direttore: Prof.G.Farronato
Introduzione: Realizzazione di una nuova apparecchiatura di Herbst mediante tecnologia CAD/CAM
Obiettivi: Descrivere le caratteristiche di una nuova apparecchiatura di Herbst igienica, da noi ideata attraverso
CAD/CAM e realizzata in Titanio Grado 5.
Materiali e metodi: L’Herbst da noi progettato nella fase CAD è a supporto dentale e presenta splints aperti per 2/3 del
versante occlusale. Si estendono dal primo molare al primo premolare per ogni emiarcata, con uno spessore di circa 0,5
mm, sino al punto di contatto interdentale senza superarlo. Il disegno dell’apparecchio è stato eseguito sul modello
digitale. Terminata la fase CAD, le istruzioni del design vengono inviate alle macchine utensili del software CAM e ha
inizio la realizzazione per fresatura a partire da un blocco di Titanio Grado 5.
Risultati: La macchina CAD/CAM ha prodotto l’Herbst da noi ideato in Titanio Grado 5. Le discrepanze tra il prodotto
finito e il design virtuale sono di circa 10-30 µm. La cementazione è stata eseguita con cemento vetroionomerico. Infine
abbiamo montato i cursori telescopici.
Conclusioni: L’utilizzo del nostro Herbst in Titanio ha comportato diversi vantaggi: assenza di dolore e fastidio da
parte del paziente durante l’applicazione dell’Herbst (non si effettua la separazione interdentale con elastici);
agevolazione nell’esecuzione delle corrette manovre di igiene orale con un minor accumulo di placca; elevata
precisione nelle fasi di virtual design e produzione CAD/CAM; assenza di reazioni allergiche grazie all’uso di materiale
biocompatibile e resistente alla corrosione.
EFFETTO MIOFUNZIONALE DELL’OCCLUS-O-GUIDE
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F.,Rossini G.,Bakuli L.,Farronato G.
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,
Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia,
Direttore: Prof.G.Farronato
Introduzione: Secondo la scuola di Milano le fasi del trattamento ortodontico devono trovare una corrispondenza ai
diversi periodi di crescita del paziente. Possiamo distinguere quattro fasi di accrescimento (prima del picco puberale, al
picco puberale, alla fine del picco, alla fine dell’accrescimento) a cui corrispondono quattro fasi del trattamento
ortodontico: fase preventiva, intercettiva, correttiva e contenitiva.
In fase dinamica di crescita, quindi, la finalità delle nostre apparecchiature sarà duplice: limitare l’influenza negativa dei
fattori estrinseci (abitudini viziate) e contrastare gli aspetti sfavorevoli intrinseci genetici che si manifesteranno lungo
tutto l’arco dinamico di crescita.
Il progresso tecnologico e l’evoluzione nel campo dei materiali hanno messo a disposizione delle apparecchiature
costituite da materiale resiliente, che ben rispondono alle necessità terapeutiche di contrasto delle abitudini viziate e di
guida funzionale nel miglioramento del potenziale di crescita del paziente.
Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare l'effetto miofunzionale del dispositivo occlus-o-guide in
pazienti trattati nel reparto di Ortognatodonzia della Clinica di Ortognatodonzia di Milano, nella fase prima del picco di
crescita puberale.
Materiali e metodi: L' Occlus-o-Guide è stato utilizzato in dentizione mista. Alla consegna dell’’apparecchiatura
elastodontica i pazienti sono stati istruiti sulle modalità di utilizzo, in particolare è stato richiesto di portare il dispositivo
nelle ore notturne e per quattro ore durante il giorno.
Risultati: Il ripristino dei corretti rapporti spaziali tra gli incisivi superiori e quelli inferiori è stato ottenuto
precocemente e già al controllo dopo 3 mesi in molti casi si è verificata una notevole riduzione dell’overjet.
Conclusioni: I risultati clinici preliminari ottenuti hanno dimostrato l’efficacia dei dispositivi elastodontici nella terapia
ortodontica precoce, nella risoluzione delle abitudini viziate e nel conseguente ripristino dei corretti rapporti dentoalveolari. Guidando l’eruzione di canini e premolari verso un perfetto rapporto occlusale e allineando i denti anteriori è
indicato per la risoluzione di overbite di vario grado, overjet fino a 10 mm, cross-bite dentali lievi rotazioni, curve di
Spee accentuate e affollamento di media entità. Inoltre essendo costruito con un rapporto di testa a testa facilita
l’avanzamento mandibolare permettendo la risoluzione delle seconde classi scheletriche.
Il successo terapeutico è comunque condizionato dalle corrette indicazioni che devono supportare la prescrizione
dell’apparecchiatura e dal raggiungimento di una sufficiente compliance del paziente.
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MYOBRACE IN ORTODONZIA INTERCETTIVA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L.., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: Il Myobrace non è solo un apparecchio funzionale in grado di correggere le abitudini viziate e
riequilibrare il sistema neuromuscolare dello splancocranio, ma è anche considerato un apparecchio ortodontico, grazie
al quale si può avere un corretto allineamento dentale.
Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è stato valutare l’efficacia dell’apparecchiatura Myobrace nell’intercettare le
malocclusioni dentarie. Quello che si è cercato di valutare è stato infatti il movimento dentale e quello del legamento
parodontale con conseguente rimodellamento dell’osso alveolare. Il range ideale di età per il trattamento con Trainer
System è tra gli 8 e i 12 anni. Si ottiene un equilibrio tra muscoli facciali e masticatori e un miglior rapporto interarcata
con un conseguente miglioramento nell’allineamento dei denti.
Materiali e Metodi: Alla consegna del dispositivo ortodontico i pazienti vengono istruiti sulle modalità di utilizzo: uso
per 4 ore al giorno, preferibilmente il pomeriggio e per l’intera notte. E’ importante che il paziente sia stimolato a tenere
le labbra accostate così che i muscoli protrusivi della mandibola vengano tenuti in posizione di allungamento. Se questa
posizione è tenuta correttamente per il tempo previsto, anche durante le ore in cui il paziente non indosserà il
dispositivo si avrà ipercontrazione dei muscoli, che porterà ad una ipervascolarizzazione della zona. La struttura del
Myobrace ha un parte interna che contrasta la forza esercitata dal muscolo buccinatore contro i denti posteriori, e inoltre
ha una guida anteriore che scarica la forza sui denti migliorandone l’allineamento. Nella parte linguale del dispositivo
sono presenti degli scudi linguali per tenere la lingua in posizione fisiologica e permettere la respirazione nasale ed un
appoggio interincisivo per la rieducazione della stessa. Il lip bumper anteriore dissuade l’iperattività del muscolo
labiale.
Discussione: Myobrace è un dispositivo ortodontico in grado di allineare gli elementi dentari anteriori, correggere le
seconde classi scheletriche e predisporre gli elementi dentari secondo una forma d’arcata ideale.
Le caratteristiche principali sono: un’area esterna morbida flessibile, un’area centrale interna rigida, alloggiamenti per i
singoli denti, scudo linguale, alloggiamento per la lingua ed effetto lip bumper per contrastare l’iperattività del muscolo
mentale. Il periodo ottimale di applicazione è la fase eruttiva di crescita in tarda dentizione mista. E’ possibile osservare
un effetto miofunzioniale e allineamento dei denti nei primi 2-3 mesi di trattamento.
Conclusioni: Nella nostra pratica clinica il dispositivo Myobrace si è quindi rivelato efficace nella risoluzione del deepbite dentario nei pazienti in crescita. Può essere anche utilizzato in sostituzione di altri apparecchi funzionali; è infatti
una valida alternativa al trattamento delle malocclusioni in età precoce in quanto agisce avanzando la mandibola e
migliorando l’affollamento dentale e l’allineamento.
APPARECCHIATURA NITE-GUIDE
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione:Descrizione dell’ utilizzo dell’apparecchiatura Nite-Guide.
Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è quello di descrivere l’utilizzo dell’apparecchiatura Nite-Guide in ortodonzia
preventiva presso Il Reparto di Ortognatodonzia della Clinica Universitaria.
Materiali e metodi:Il Nite-Guide è un dispositivo ortodontico preformato, in materiale resiliente,da utilizzare in
dentizione decidua o durante la prima fase di permuta dentaria per fornire un’ideale guida eruttiva degli incisivi centrali
permanenti. Funge inoltre da guida per una forma ideale di arcata espandendo la circonferenza e la larghezza dell’arcata
tra i canini decidui.Nite-Guide è in grado di prevenire lo sviluppo di un overbite eccessivo, un affollamento massimo di
7 mm nella dentizione permanente, rotazioni e malposizioni degli elementi dentali ed è in grado di intercettare abitudini
viziate quali suzione del dito, deglutizione con protrusione della lingua e respirazione orale abituale. Migliora il sorriso
gengivale associato ad eccessivo overjet. Previene i problemi a carico dell’articolazione temporomandibolare in età più
avanzata e ne riduce di almeno sei volte l’incidenza a 14 anni. Promuove l’avanzamento mandibolare sul piano
sagittale e verticale. Il dispositivo viene consegnato al momento dell’eruzione degli incisivi centrali permanenti e la
terapia si protrae fino all’eruzione degli incisivi laterali per poi essere sostituito con un Occlus-o-Guide della serie G.E’
un dispositivo ortodontico preventivo indicato in bambini dai 5 ai 7 anni. Si è valutata l’efficacia del dispositivo
ortopedico e ortodontico nelle seconde classi scheletriche deepbite in età pediatrica. Il dispositivo è dotato di scudi
vestibolari; alette per l’avanzamento mandibolare; nicchie come guide eruttive; apertura frontale tra le due arcate che
consente la respirazione orale nei pazienti con tale abitudine.
Risultati:Nella nostra pratica clinica il Nite-Guide si è rivelato efficace nella prevenzione delle malocclusioni in fase
dinamica di crescita, soprattutto in pazienti con II classe dentale e scheletrica accompagnata da un morso profondo
dentale e deepbite scheletrico.
Conclusioni:Il Nite-Guide è quindi in grado di prevenire futuri problemi al paziente e di intercettare alcune abitudini
viziate. Previene inoltre problemi a carico dell’articolazione temporo-mandibolare.
UTILIZZO DI OCCLUS-O-GUIDE E POSITION TRAINER NEL PAZIENTE IN CRESCITA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Perozeni G., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione: Il progresso tecnologico e l’evoluzione nel campo dei materiali hanno messo a disposizione delle
apparecchiature costituite da materiale resiliente, che ben rispondono alle necessità terapeutiche di contrasto delle
abitudini viziate e di guida funzionale nel miglioramento del potenziale di crescita del paziente.
Obiettivi: Secondo la scuola di Milano le fasi del trattamento ortodontico devono trovare una corrispondenza ai diversi
di periodi crescita che il paziente attraversa. In tal senso possiamo distinguere quattro fasi di accrescimento (prima del
picco puberale, al picco puberale, alla fine del picco, alla fine dell’accrescimento) a cui corrispondono quattro fasi del
trattamento ortodontico: fase preventiva, intercettiva, correttiva e contenitiva. In fase dinamica di crescita, quindi, la
finalità delle nostre apparecchiature sarà duplice: limitare i danni dai fattori estrinseci (abitudini viziate) e contrastare
gli aspetti negativi intrinseci genetici che si manifesteranno lungo tutto l’arco dinamico di crescita.
Materiali e metodi: Nella nostra ricerca abbiamo trattato 30 pazienti (18 femmine e 12 maschi) afferenti al reparto di
Ortognatodonzia della Clinica Odontoiatrica di Milano, e tutti nella fase prima del picco di crescita puberale.I pazienti
sono stati trattati con due apparecchiature elastodontiche: Position Trainer e Occlus-o-Guide. Il Position Trainer è stato
utilizzato preferibilmente nei pazienti in dentizione decidua, mentre Occlus-o-Guide è stato preferito per l’utilizzo in
dentizione mista. Alla consegna del dispositivo elastodontico i pazienti sono stati istruiti sulle modalità di utilizzo, in
particolare è stato richiesto di portare il dispositivo nelle ore serali e notturne e in tutti gli altri momenti in cui
solitamente i pazienti manifestavano eventualmente l’abitudine viziata
Risultati: Il ripristino dei corretti rapporti spaziali tra gli incisivi superiori e quelli inferiori è stato ottenuto
precocemente e già al controllo dopo 3 mesi in molti casi abbiamo potuto verificare una notevole riduzione dell’overjet
e la completa scomparsa dell’abitudine viziata.
Conclusioni: I risultati clinici preliminari ottenuti in questa ricerca hanno dimostrato l’efficacia dei dispositivi
elastodontici nella terapia ortodontica precoce, nella risoluzione delle abitudini viziate e nel conseguente ripristino dei
corretti rapporti dento-alveolari. Il successo terapeutico è comunque condizionato dalle corrette indicazioni che devono
supportare la prescrizione dell’apparecchiatura e dal raggiungimento di una sufficiente compliance del paziente
DENTI PARODONTALMENTE COMPROMESSI: TRATTAMENTO ORTODONTICO DOPO
CHIRURGIA PARODONTALE RIGENERATIVA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Ponchio M., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione: La cooperazione interdisciplinare tra ortodonzia e parodontologia negli adulti è diventata ormai
fondamentale. Il presente studio propone un protocollo basato sulla terapia ortodontica preceduta dalle tecniche di
chirurgia rigenerativa.
Obiettivi: La migrazione patologica dei denti causata dalla malattia parodontale si associa al peggioramento della linea
del sorriso, determinando una diminuzione dell’autostima personale del paziente. Scopo della ricerca è stato quello di
verificare l’efficacia di un approccio multidisciplinare di tipo ortodontico-parodontale nella risoluzione di questi casi.
Materiali e Metodi: Sono stati trattati 10 pazienti con migrazione patologica dentale associata a profondi difetti
infraossei, mediante chirurgia parodontale rigenerativa e, dopo un mese, è stata iniziata la terapia ortodontica fissa con
metodiche a bassa frizione. Sono stati registrati prima della chirurgia e alla fine dell’ortodonzia la profondità di tasca al
sondaggio (PPD), il livello di attacco clinico (CAL), e la recessione gengivale. Le analisi statistiche sono state eseguite
per confrontare i dati.
Risultati: I risultati alla fine del trattamento hanno mostrato una riduzione significativa della profondità di tasca e un
aumento del livello di attacco, nonché un miglioramento estetico dovuto al riallineamento dei denti.
Conclusioni: Nonostante i limiti di questa ricerca, questo studio afferma la possibilità di combinare la terapia
ortodontica a quella rigenerativa parodontale in modo sicuro e predicibile, senza che venga danneggiato il tessuto neorigenerato da parte del trattamento ortodontico e portando invece un notevole miglioramento estetico al sorriso del
paziente.
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PROGRAMMAZIONE 3D VIRTUALE ORTODONTICO CHIRURGICA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Ponchio M., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: Illustrare come affrontare il paziente ortodontico-chirurgico mediante programmazione 3D virtuale
Obiettivi: Programmazione ortodontico-chirurgica 3D virtuale basata sull’interfaccia CBCT-modello digitale.
Materiali e metodi: La scansione ottica dei modelli in gesso è effettuata da uno scanner a luce strutturata. Per la
corretta sovrapposizione del modello digitale alla CBCT è stata ideata una cera di masticazione dotata di tre punti di
repere, indossata dal paziente durante l’esecuzione della CBCT ed interposta tra le arcate del modello in gesso durante
la scansione. Un software riconosce le sfere (reperi) presenti sulla CBCT, ne individua il diametro e lo sovrappone alle
sfere presenti sul modello, con un margine di errore inferiore al decimo di millimetro. Acquisite e coordinate le
immagini, è possibile eseguire ogni tipo di analisi.
I software utilizzati sono dotati di strumenti di segmentazione che consentono di separare il complesso maxillo-facciale
dalla mandibola e che permettono al clinico di simulare gli spostamenti e di determinare in millimetri lo spostamento
per la correzione della disgnazia.
Risultati: Grazie alle immagini tridimensionali la chirurgia ortognatica e craniofacciale trae beneficio già in fase
diagnostica. Con l’introduzione della TC Cone Beam , il clinico ha acquisito la possibilità di realizzare il volume del
cranio, ricavando tutti i dati relativi ad esso; il clinico ha guadagnato un’immagine tridimensionale.
Conclusioni: Programmare l’intervento mediante l’ausilio del computer, integrato con software dedicati, rende la
procedura veloce, ripetibile e soprattutto precisa, contrariamente alle tecniche tradizionali che sono operatoredipendenti e, per definizione, maggiormente soggette ad imprecisione.
SCANNER INTRAORALE (IOS) IN ORTOGNATODONZIA
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Solidoro L., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato.
Introduzione: Lo scanner intraorale è un utile presidio che è possibile utilizzare nella pratica clinica
dell’ortognatodonzia.
Obiettivi: Valutare l’utilizzo dello scanner intraorale in ortognatodonzia.
Materiali e Metodi: Presso il Dipartimento di Scienza Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche dell'Università degli
Studi di Milano si stanno valutando due diversi scanner intraorali basati su un laser. Sono effettuate scansioni intraorali
su pazienti ortodontico-chirurgici ed i risultati sono confrontati con i tradizionali modelli in gesso degli stessi pazienti.
Risultati: Sono emersi diversi vantaggi. Rilevare direttamente le impronte tridimensionali delle arcate dentarie esclude
lo step della presa delle impronte che, per quanto preciso, non è privo di errori. Migliora il comfort del paziente poiché
non si provoca il riflesso del vomito. La digitalizzazione dei modelli rende possibile la creazione di una "Gypsoteca
virtuale", in cui sono memorizzati modelli digitali 3D in formato STL che si possono importare in software che
consentono una pianificazione virtuale del trattamento ortodontico. I limiti della procedura sono il tempo di rilevamento
e l'impossibilità di sterilizzare la microcamera.
Conclusioni: Lo studio comparativo ha mostrato una mancanza di differenze statisticamente significative tra i modelli
digitali tridimensionali e modelli in gesso tradizionali.
VALUTAZIONE DEI VOLUMI DELLE BASI OSSEE MASCELLARI E CALCOLO DEI
RAPPORTI RECIPROCI NELLA TC CONE BEAM
Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G.
Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di
Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in
Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato
Introduzione: La TC ConeBeam è un valido strumento diagnostico che consente di ottenere misurazioni nei tre piani
dello spazio e perciò di calcolare la dimensione volumetrica delle basi ossee mascellari oltre che le dimensioni lineari.
Obiettivi: Analisi dei volumi delle basi ossee mascellari, dopo costruzione di due solidi rappresentanti il mascellare
superiore e la mandibola, e calcolo dei rapporti fra i relativi volumi.
Materiali e Metodi: Sono stati selezionati 52 pazienti a partire da un archivio di 300 pazienti sottoposti a TC
ConeBeam (i-CAT, ImagingSciences International, Hatfield, Pa). Il criterio di inclusione applicato è stato la presenza di
prima classe scheletrica diagnosticata secondo la tradizionale cefalometria di Steiner. Con l’ausilio del software Mimics
11.11 (Materialise) per ciascun caso è stata effettuata un’analisi cefalometrica 3D. Questa considera 5 punti che
identificano il mascellare superiore, ovvero Nasion, Mascellare dx, Mascellare sx, Spina Nasale Posteriore, A, e 5 punti
che identificano la mandibola, ovvero Pogonion, Condilion dx, Condilionsx, Gonion dx, Gonionsx. Sono stati, quindi,
costruiti due solidi geometrici rappresentanti ogni mascellare. E’ stato calcolato il volume di ciascun solido ed il
rapporto tra essi. Infine, i risultati ottenuti sono stati analizzati mediante il software MiniTab.
Risultati: La media dei valori ottenuti per il volume del solido rappresentante il mascellare superiore è di 24620,42 ±
3362,14 mm³ e quella relativa al solido rappresentante la mandibola è di 99938,63 ± 29071,45 mm³. La media del
rapporto tra i volumi dei solidi rappresentanti i due mascellari (mandibola/mascellare) è di 4,01 ± 0,82.
Conclusioni: E’ stato ipotizzato che nelle prime classi scheletriche il rapporto dimensionale fra le due basi mascellari
sia costante. I risultati ottenuti confermano che esiste una relazione statisticamente significativa fra i volumi dei due
solidi rappresentativi dei mascellari.
VALUTAZIONE DEL CAMBIAMENTO DELLA RUGOSITÀ SUPERFICIALE DI ARCHI
ESTETICI IN NITI DOPO L’UTILIZZO CLINICO
D’Antò V., Rongo R., Pace M., Manzo P., Valletta R.
Università degli Studi Di Napoli “FedericoII”, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali,
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione: La richiesta di apparecchiature ad alta valenza estetica ha portato alla produzione di fili estetici il cui
utilizzo potesse essere combinato a quello degli attacchi ceramici.
Obiettivi: Lo scopo del nostro studio è quello di verificare la variazione, in seguito all’utilizzo clinico, della rugosità
superficiale di differenti fili estetici attraverso l’utilizzo della microscopia a forza atomica.
Materiali e metodi: Per questo studio sono stati selezionate tre tipologie di archi ortodontici, tutti in nichel titanio
superelastico di dimensione 0,016 pollici: due rivestiti con resine contenenti fluoro, Arco Memoria Estetico® e
Everwhite® (Micerium-American Orthodontics), ed il terzo sottoposto ad impiantazione di ioni di rodio, Sentalloy®
High Aesthetic (GAC International). I fili sono stati divisi in due gruppi: il primo includeva i fili nuovi non utilizzati
(controllo), il secondo fili utilizzati su attacchi estetici Radiance®, recuperati dopo un mese di trattamento
(sperimentale). Per ogni tipologia di filo, sono stati selezionati tre campioni dei quali sono state analizzate venti aree
(15µm x 15µm) tramite un microscopio a forza atomica (AFM Perception, Assing, Italy). Le immagini tridimensionali
sono state elaborate attraverso il software Gwyddion. Per valutare la rugosità superficiale sono stati registrati tre
parametri: la rugosità media (Ra), la rugosità quadratica media (Rms), l’altezza massima (Mh). I valori sono stati
espressi come media ± deviazione standard e le differenze tra i vari gruppi sono state esaminate utilizzando l’ANOVA
con il test post Hoc di Tukey e il test T di Student per dati appaiati (p<0.05).
Risultati: Dall’analisi dei dati apprezziamo un aumento della rugosità superficiale statisticamente significativo per ogni
tipologia di filo. Tra i fili nuovi l’Everwhite ® (Ra=22,5±6,2; Rms=29,8±9,1; Mh=226,9±75) è risultato meno rugoso
dell’Arco Memoria Estetico® (Ra=50,3±15,2; Rms=61,7±18,4; Mh=416,3±251,9) e del Sentalloy® High Aesthetic,
(Ra=133,5±10,8; Rms=165,8±9,8; Mh = 949,6±192,1). Dopo l’utilizzo clinico l’Everwhite® presenta una migliore
stabilità del rivestimento in Teflon e un minore incremento della rugosità (Ra=68,1±45,6; Rms=86,6±52,2;
Mh=572,2±229,7) mentre l’Arco Memoria Estetico® subisce un maggiore deterioramento (Ra=175,2±94,7;
RMS=220,8±116,2; Mh=1368,2±670,4). Il Sentalloy® High Aesthetic risulta comunque essere il filo più rugoso
(Ra=198,7±36,4; Rms=254,2±40,8; Mh=1263,9±430,2).
Conclusioni: Il diverso rivestimento dell’Everwhite® aderisce meglio al NiTi sottostante e si degrada meno rispetto
all’Arco Memoria Estetico® riducendo così l’esposizione del metallo e risultando più estetico. L’impiantazione di ioni
sugli strati superficiali dell’arco non diminuisce la rugosità superficiale del filo che presenta i valori più alti sia prima
sia dopo l’utilizzo clinico. Ulteriori studi dovranno essere effettuati per verificare la correlazione fra questi dati e la
frizione prodotta.
COMPOSITI ORTODONTICI: CORRELAZIONE TRA IL RILASCIO DI IONI E LA CITOTOSSICITA’
D’Antò V., Cioffi A, Pace M., Martina R. , Valletta R.
Università degli Studi Di Napoli “FedericoII”
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Obiettivi: Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare gli effetti biologici di quattro compositi ortodontici:
Concise (3M Unitek, Monrovia, USA), Transbond XT (3M Unitek, Monrovia, USA), Eagle Spectrum (American
Orthodontics, Sheboygan, USA) e Greengloo (Ormco, Glendora, USA).
Materiali e metodi: le cellule BALB 3T3 sono state esposte ai campioni, non polimerizzati e polimerizzati, dei
materiali testati. Dopo 24 ore, i cambiamenti morfologici sono stati valutati, attraverso la visione diretta al
microscopio ottico. La vitalità cellulare è stata valutata, attraverso il saggio dell’Alamar Blue, dopo un’esposizione
di 24 ore ai campioni non polimerizzati e polimerizzati e dopo un’esposizione di 24, 48 e 72 ore ai campioni
polimerizzati. La cromatografia liquida ad alte prestazione (HPLC) è stata utilizzata per valutare la quota di
monomeri liberi rilasciati dai campioni dopo 24, 48 e 72 ore. I risultati sono stati analizzati attraverso l’analisi della
varianza ad una via (one way ANOVA) seguita dal test post-hoc di Bonferroni per le comparazioni multiple
(p<0,005).
Risultati: i nostri risultati dimostrano che tutti i materiali testati sono citotossici. La valutazione della vitalità
cellulare, realizzata attraverso il saggio dell’Alamar Blue, mostra i seguenti risultati: Eagle Spectrum (70% a 24
ore, 60% a 48 ore and 50 % a 72 ore) > Transbond XT (60% a 24 ore, 55% a 48 ore and 40% a 72 ore) > Concise
(40% a 24 ore, 30 % a 48 ore and 20% a 72 ore) > Greengloo (15% a 24 ore, 10% a 48 ore and 5% a 72 ore). Il
saggio dell’Alamar Blue ha, inoltre, mostrato come i campioni non polimerizzati siano più citotossici di quelli
polimerizzati. L’analisi del rilascio dei monomeri liberi, valutato attraverso HPLC, mostra come il TEGDMA sia
caratterizzato da un maggior rilascio rispetto al Bis-GMA.
Conclusioni: gli effetti citotossici dei compositi ortodontici potrebbero avere una rilevanza clinica. La citotossicità
dei compositi è significativamente influenzata dalla quota di composito rilasciata sotto forma di monomeri liberi.
UTILIZZO DELLA MICROSCOPIA A FORZA ATOMICA (AFM) PER L’ANALISI DELLA
RUGOSITA’ SUPERFICIALE DEGLI ARCHI ORTODONTICI
D’Antò V., Rongo R., Panariello G., Manzo P., Valletta R.
Università degli Studi Di Napoli “FedericoII”
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione: L’introduzione delle tecniche a bassa frizione ha incrementato l’attenzione sui fattori che influenzano
l’attrito in ortodonzia, come la rugosità superficiale.
Obiettivi: Lo scopo del nostro studio è confrontare la rugosità superficiale di differenti fili nuovi attraverso l’utilizzo
della Microscopia a Forza Atomica (AFM).
Materiali e Metodi: Per questo studio sono stati presi in considerazione quattro archi in nickel-titanio (NeoSentalloy®
e NeoSentalloy® High Aesthetic, GAC International; NiTi Memory Wire ThermaTi e Arco Memoria Estetico,
American Orthodontics-Micerium), tre fili in β-titanio (TMA® e Colored TMA®, Ormco; β-Titanio, American
Orthodontics-Micerium), un arco in acciaio (Stainless Steel, American Orthodontics-Micerium). Per ogni filo sono stati
raccolti tre campioni e per ogni campione sono state VALUTAte, attraverso il Microscopio a Forza Atomica (AFM
Perception, Assing, Italy), operante in modalità contatto, venti aree quadrate 15µm X 15µm. Le immagini
tridimensionali (400 x 400 linee) con risoluzione di 40 nm sono state processate tramite il software Gwyddion® e sono
stati valutati i valori di rugosità media (Ra), rugosità quadratica media (Rms) e altezza massima (Mh). I valori sono stati
espressi come media ± deviazione standard e le differenze tra i gruppi sono state analizzate attraverso l’Analisi della
Varianza a Una Via (ANOVA) e il test Post Hoc di Tukey (p<0,05).
Risultati: All’analisi dei dati registrati si riscontrano differenze di rugosità superficiale statisticamente significative tra
i differenti tipi di archi utilizzati. Il filo in acciaio è l’arco che ha presentato i valori di rugosità minori (Ra=36,4±5,4;
Rms=47,4±6,7; Mh=313,2±22,3).Tra i vari fili in nickel-titanio, l’Arco Memoria Estetico è risultato essere il meno
rugoso grazie anche al suo rivestimento in Teflon (ANOVA p<0,05), seguito dal NeoSentalloy® e dal ThermaTi®. Il
NeoSentalloy® High Aesthetic, un arco sottoposto ad impiantazione ionica, è l’arco più rugoso del gruppo (ANOVA
p<0,05). Tra i vari campioni di β-titanio, invece, l’arco sottoposto ad impiantazione ionica, Colored TMA, è il meno
rugoso. Inoltre i fili Beta-Titanio® hanno presentato parametri di rugosità minori del TMA®.
Conclusioni: La variabilità della rugosità superficiale dei fili ortodontici analizzati risulta essere statisticamente
significativa. Negli archi in β-Titanio l’impiantazione ionica sembra effettivamente ridurre la rugosità superficiale. Ciò
non avviene negli archi in nickel-titanio dove il NeoSentalloy® High Aesthetic è il filo più rugoso, mentre il
rivestimento in Teflon® dell’Arco Memoria Estetico riduce drasticamente la rugosità degli archi in nickel-titanio. In
questo studio si è inoltre apprezzato le potenzialità dell’utilizzo della Microscopia a Forza Atomica per l’analisi delle
proprietà superficiali dei materiali ortodontici.
L’INGEGNERIA DEL TESSUTO OSSEO CON CELLULE STAMINALI E MATERIALI
COMPOSITI BIOMIMETICI
Vincenzo D’Antò, Stefano Martina, Gaetano Panariello, Rosa Valletta
Università degli Studi Di Napoli “FedericoII”
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione: L’ingegneria dei tessuti è un campo interdisciplinare che applica i principi dell’ingegneria e delle scienze
della vita allo sviluppo di sostituti biologici per ristabilire, mantenere o migliorare la funzione di un tessuto o un intero
organo.
Obettivi: valutare le proprietà osteoinduttive e osteoconduttive di un nuovo materiale composito usato come scaffold
nell’ingegneria dei tessuti ossei (HA/PCL).
Materiali e metodi: la biocompatibilità degli scaffold di PCL/HA è stata testata con colture di cellule BALB 3T3 tramite
i saggi dell’Alamar Blu e dell’ MTT. Inoltre, cellule staminali mesenchimali derivate dal midollo osseo (BMSC) e
cellule staminali mesenchimali derivate dalla polpa dentaria (DPSC) sono state seminate in uno scaffold tridimensionale
ed è stato valutato il loro grado di proliferazione ed i livelli di fosfatasi alcalina (ALP) dopo 7, 14, 21 e 28 giorni.
L’analisi morfologica è stata dopo 15 e 35 giorni tramite il microscopio ottico a scansione (SEM) e le prove istologiche.
Risultati: il materiale non ha mostrato effetti negativi sulla vitalità delle cellule BALB 3T3. Le cellule staminali hanno
proliferato durante il periodo di coltura. In particolare, è stata riscontrata una grande differenza tra i livelli di
proliferazione delle due linee cellulari oggetto dello studio e tra le cellule cresciute nel mezzo base e quelle cresciute nel
mezzo osteogenico. I valori della fosfatasi alcalina hanno dimostrato che le cellule, soprattutto le BMSC, si sono
differenziate nella linea osteoblastica. Nelle micrografie al SEM si osservano al giorno 15 la migrazione delle cellule
all’interno dei pori dello scaffold, la loro adesione alle pareti e la loro proliferazione e al giorno 35 una grandissima
quantità di matrice extracellulare (fibre collagene) all’interno dello scaffold.
Conclusioni: come mostrano i risultati positivi degli esperimenti con gli scaffold di PCL/HA, l’ingegneria dei tessuti
ossei rappresenta una valida strategia terapeutica volta alla riparazione dei difetti ossei craniofacciali e potrebbe
risultare un ausilio fondamentale nel trattamento di pazienti ortodontici complessi.
ASIMMETRIE DENTARIE: EFFETTI CLINICI DI UNA PIEGA REALIZZATA SULL’ARCO.
D'Arco A., Tagliaferri R., Panariello G., Martina R.
Università degli Studi Di Napoli “FedericoII”
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione: Durante un trattamento ortodontico ci si trova spesso a gestire condizioni di asimmetria (chiusura di uno
spazio, correzione del rapporto molare, etc.) in cui è necessario utilizzare elastici intermascellari in modo
asimmetrico.L’uso asimmetrico degli elastici intermascellari può determinare un canting del piano occlusale anteriore
con estrusione dal lato dell'elastico di II classe ed intrusione dal lato dell’ elastico di III classe.
Obiettivi:In questo studio sono stati valutati gli effetti di una piega applicata all'arco, utile a prevenire o compensare
preesistenti asimmetrie.
Materiali e Metodi: Sono stati selezionati 6 pazienti, sottoposti a trattamento ortodontico con tecnica Straight-wire,
attacchi 0.022×0.028 con prescrizione MBT. Durante l'utilizzo asimmetrico degli elastici di classe, è stata applicata una
piega a V sul piano verticale, sull'arco superiore di ciascun paziente, per prevenire o correggere il bascule del piano
occlusale anteriore. La piega è stata applicata con apice rivolto verso l'alto dal lato dell'elastico di II classe, distalmente
agli incisivi laterali.
Risultati: In tutti i pazienti è stato evitato o corretto, laddove già presente, il bascule del piano occlusale anteriore,
realizzando un buon rapporto di classe molare e canina.
Conclusioni: In molti trattamenti ortodontici può essere necessario l'utilizzo di elastici asimmetrici per la correzione del
rapporto di classe. Per prevenire asimmetrie indesiderate è indicato l'utilizzo di attivazioni asimmetriche degli archi.
VARIAZIONE DELLA FORMA E DEL VOLUME DEI TESSUTI MOLLI FACCIALI PRIMA E
DOPO CHIRURGIA ORTOGNATICA.
D' Arco A., Laino G., Laino A., Martina R.
Università degli Studi Di Napoli “FedericoII”
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione: In chirurgia ortognatica, al fine di ottenere il miglior risultato possibile, la pianificazione e gli obiettivi di
trattamento dovrebbero essere valutati su una riproduzione tridimensionale della faccia del paziente e rapportati ad un
gruppo di pazienti controllo.
Obiettivi:valutare i cambiamenti della forma e del volume dei tessuti molli facciali dopo chirurgia orto gnatica.
Materiali e Metodi: Sono state monitorate 4 donne, tra i 18 ed 35 anni, con una malocclusione di III Classe scheletrica
ed asimmetria mandibolare, sia prima (circa 2 mesi) che dopo (circa 10.7 mesi) l'intervento chirurgico (osteotomia
mandibolare e Le Fort I mascellare).
Sono state raccolte le coordinate tridimensionali di 50 punti di repere facciali (fronte, occhi, naso, guance, bocca,
mandibola, orecchie), tramite un digitalizzatore elettromagnetico non invasivo. Sono stati calcolati angoli, distanze e
volumi facciali. Tali valori sono stati confrontati con quelli ottenuti dalla misurazione di 87 donne della stessa età e
razza.
Risultati e Conclusioni: Prima della chirurgia le donne hanno una faccia più corta rispetto alle pazienti controllo con un
labbro inferiore ed una naso più larghi. Il trattamento chirurgico riduce il volume totale della faccia e della mandibola,
aumenta il volume totale delle labbra e del labbro superiore. In media il gonion destro è il punto che viene spostato di
più con l'intervento chirurgico, seguito dal menton; mentre il trago a l'alare sono i punti che vengono spostati di meno.
IL TRATTAMENTO DI UNA CLASSE II DENTO-SCHELETRICA CON L’AUSILIO DI
MINIVITI
Laiola A, Esercizio D,Cristallo L, Landi C, Perillo L.
Seconda Università Degli Studi di Napoli. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Dir. Prof. Letizia Perillo
INTRODUZIONE: Il trattamento di una malocclusione dento-scheletrica di classe II presenta 2 opzioni
terapeutiche:un approccio di tipo ortopedico/ortodontico nel paziente in crescita,un approccio di tipo chirurgico nel
paziente adulto.
OBIETTIVI: Dimostrare che è possibile risolvere un caso di malocclusione dento-scheletrica di classe II senza
l’ausilio di apparecchiature ortopediche che richiederebbero la collaborazione del paziente ma con l’utilizzo di miniviti
sfruttando il differenziale di crescita per migliorare la discrepanza scheletrica.
MATERIALI E METODI: La paziente si è presentata alla nostra osservazione all’età di 9.3 anni. Il viso era
simmetrico,le labbra competenti ed il sorriso armonico. All’esame occlusale presentava una classe II divisione 1, OVJ e
OVB aumentato, assenza di affollamento e curva di spee superiore invertita e inferiore leggermente accentuata.
L’analisi cefalometrica rilevava una classe II scheletrica sia da retrusione mandibolare posizionale che da protrusione
mascellare (SNA=83,5°,SNB=78,6°,ANB=4,9°),una tipologia brachifacciale(FMA=16,7°), una vestibolo inclinazione
degli incisivi superiori e inferiori (I/SN=113,9°,IMPA=103,3°) e un età vertebrale CS 1.
L’esame dell’ortopantomografia ha rilevato una formula dentale completa e l’imminente esfoliazione dei secondi
molaretti di latte. Non appena erotti i premolari, due
miniviti tipo LG anchor sono state inserite nel mascellare
tra il primo e secondo premolare e utilizzate prima come rinforzo di ancoraggio e poi come ancoraggio assoluto, al fine
di distalizzare l’arcata superiore.
RISULTATI: La correzione della malocclusione dento-scheletrica di classe II è sta raggiunta bondando
esclusivamente l’arcata superiore e senza la collaborazione della paziente.
CONCLUSIONI: Le miniviti rappresentano un sistema no-compliance di ancoraggio extradentale. Per la loro facile
applicazione e rimozione e per le dimensioni ridotte risultano essere ben tollerate anche dal piccolo paziente. La
possibilità di utilizzarle non appena sono erotti i premolari , quindi in una fase abbastanza precoce, le rende utili nel
trattamento precoce delle malocclusioni dento-scheletriche di classe II.
UN CASO DI DISINCLUSIONE BILATERALE DI CANINI MASCELLARI MEDIANTE
L’UTILIZZO DI MINI IMPIANTI
Corvo O, Sava R, Parlato D, Di Lillo M, De Gregorio F.
Seconda Università Degli Studi di Napoli. Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia
Dir. Prof. Letizia Perillo
INTRODUZIONE:Il controllo dell’ancoraggio ortodontico è un fattore fondamentale per il successo della terapia
ortodontica con apparecchiature fisse.L’utilizzo di miniviti permette di ottenere un ancoraggio extradentale ottimale
riducendo i tempi di trattamento.
OBIETTIVI:Risolvere un caso di inclusione bilaterale di canini mascellari mediante l’applicazione di 2 mini impianti a
livello mandibolare.
MATERIALI E METODI:La paziente si è presentata alla nostra osservazione all’età di 15 anni con un viso
simmetrico e il profilo leggermente concavo. L’esame occlusale evidenziava una I classe molare con linee mediane
centrate ed assenza in arcata di 13 e 23. L’esame dell’ortopantomografia confermava l’inclusione di 13 e 23. L’esame
cefalometrico rivelava una Classe I scheletrica ( ANB=2°), associata ad una tendenza all’iperdivergenza (SN-GoMe=
36°). una linguo-inclinazione degli incisivi superiori e inferiori ( I-SN= 96, IMPA=82°) e un età vertebrale CS 3.
Il piano di trattamento ha previsto:
-­‐
bandaggio delle arcate e allineamento;
-­‐
recupero dello spazio necessario per il corretto posizionamento in arcata di 13 e 23
-­‐
esposizione chirurgica e legatura ortodontica di 13 e 23
-­‐
applicazione di due mini impianti nella regione interradicolare tra 34-35 e 43-44 (Spider Screw - short neck
:1,5 x 8 mm)
-­‐
trazione elastica mediante elastici intermascellari ( 5oz / dx - 3 oz/ sn);
-­‐
riposizionamento in arcata di 13 e 23
-­‐
definizione occlusale.
RISULTATI: La disinclusione di 13 e 23 è avvenuta in circa 6 mesi senza effetti collaterali all’arcata superiore.
CONCLUSIONI:L’utilizzo di mini impianti per la disinclusione dei canini è un approccio innovativo che evita le
problematiche connesse alla perdita di ancoraggio dei denti adiacenti a quelli inclusi e riduce i tempi di trattamento.
VALUTAZIONE CRANIOMETRICA COMPARATIVA TRA CRANI CONTEMPORANEI E
CRANI ANTICHI: LE POTENZIALITÀ DELLA TC VOLUMETRICA.
Tufano G , Monsurrò A, Romano A, Vitale V, Perillo L.
Seconda Università Degli Studi di Napoli.Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia.
Dir. Prof. Letizia Perillo
Introduzione: Per la diffusione di TC con tecnologia multidetettore e la messa a punto di software di ricostruzione
sempre più evoluti, la TC volumetrica si pone,oramai, come la tecnica di riferimento negli studi craniometrici, fino al
decennio scorso appannaggio della cefalometria tradizionale.
Obiettivi : Valutare i vantaggi della TC volumetrica in uno studio craniometrico comparativo tra due serie di crani di
epoca diversa.
Materiali e Metodi: Venti crani risalenti al VII-V secolo a.c., ritrovati negli scavi delle antiche necropoli etruscoitaliote di Pompei e Pontecagnano ed oggi conservati presso il museo di anatomia della Seconda Università degli Studi
di Napoli, e 20 crani risalenti all’epoca moderna sono stati studiati con un apparecchioTC multidetettore e con tecnica
di acquisizione volumetrica.Il centraggio di ciascun cranio è stato effettuato con il fascio di luce verticale
corrispondente alla linea mediana e quello orizzontale corrispondente ad una linea immaginaria che univa i due porion
(linea biporionica). I dati dicom ottenuti sono stati successivamente importati su un software dedicato per il postprocessing (vital®, vitrea®, Minnetonka, Minnesota, Usa) e successivamente ricostruiti in immagini multiplanari
(multiplanar reformations, mpr) e tridimensionali (volume rendering, vr, e shaded surface display, ssd). Due radiologi,
esperti nell’utilizzo del software di post-processing, hanno separatamente identificato predefiniti punti craniometrici ed
ottenuto misure craniometriche lineari ed angolari. Per l’analisi statistica sono stati utilizzati il t- test t di Student, la
formula di Dahlberg e il coefficiente di affidabilità di Houston.
Risultati: Le differenze interosservatore valutate con la formula di Dahlberg e con il coefficiente di affidabilità di
Houston, si sono rivelate trascurabili. Il calcolo del coefficiente di affidabilità ha indicato una elevata correlazione delle
variabili misurate dai due operatori con valori compresi tra 0,98 e 0,85.
Conclusioni:La TC volumetrica si è dimostrata una metodica estremamente affidabile negli studi craniometrici
comparativi. La possibilità di valutare il cranio tridimensionalmente attraverso le applicazioni mpr, vr e ssd ha
determinato un sensibile aumento di accuratezza nella fase di identificazione dei punti craniometrici e una più precisa
definizione delle misure lineari ed angolari. I risultati ottenuti confermano la TC volumetrica come una metodica
affidabile negli studi craniometrici, con un tasso di accuratezza maggiore rispetto a quello garantito dalla cefalometria
tradizionale.
CONFRONTI DELLA RESISTENZA ALLO SCORRIMENTO DI TRE LEGATURE ELASTICHE
Antonino Marco Cuccia1, Paolo Di Falco1, M Moscato2, L D’Acquisto2
1)Sezione di Scienze Stomatologiche “G.Messina”, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia (Direttore Prof P
Messina)
2) Dipartimento di Meccanica, Corso di Laurea in Ingegneria.
Università degli Studi di Palermo
Obiettivi: Confrontare i valori di attrito generati durante lo scorrimento di un arco ortodontico 0,014” NiTi all’interno
di 10 bracket (Standard Edgewise, Leone) e 2 tubi molare (Tubi D.B: MIM ®, Leone), che ricreano le condizioni una
intera arcata dentaria, utilizzando tre diversi tipi di legature (Slide™ small Leone, Slikers ovvero Slide compatibili
small e legature elastiche Leone diam. int. mm 1,3), in presenza di uno spostamento apicale dei canini di 6 mm).
Materiali e metodi: Tutti i test sono stati eseguiti con una macchina prova materiali (Instron 3367) in grado di impostare
la velocità e l’entità della traslazione verticale e contemporaneamente di registrare i valori relativi ai livelli di frizione
ed alle posizioni assunte dal canino. Tutti i test sono stati eseguiti presso il Dipartimento di Meccanica dell’ Università
di Palermo. L’analisi statistica delle forze di attrito, espresse come media e deviazione standard, è stata effettuata con un
test non parametrico (analisi della varanza [ANOVA] su ranghi con il test poc hoc di Student-Newman-Keuls)
Risultati e conclusioni: Le legature Slide e Slikers generano livelli di frizione inferiori rispetto alle legature elastiche
(P< 0.001). Le legature Slide hanno generato livelli di attrito inferiori rispetto alle Slide compatibili (P< 0.001). Si
ritiene che i livelli di attrito inferiori generati dalle legature Slide siano legati alle diverse caratteristiche del materiale
delle Slikers (maggiore rigidità e rugosità).
INDICAZIONI PER L’UTILIZZO DELLA
DISCLUSIONE OCCLUSALE IN FASE 1 IN
ASSOCIAZIONE AD UNA SISTEMATICA SELF-LIGATING PASSIVA MULTI-TORQUE
Cassi D., Mandelli G., Magnifico M., Di Blasio A., Gandolfini M.
Dipartimento di Scienze Otorino-Odonto-Oftalmologiche e Cervico-Facciali Insegnamento di Ortognatodonzia
Titolare: Prof. M. Gandolfini. Corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria.
Università degli Studi di Parma
Introduzione: la disclusione occlusale in una sistematica ad arco continuo self-ligating comporta cambiamenti
biomeccanici nella risposta dente-attacco-arco tale da rendere utili, a nostro giudizio, considerazioni preliminari per
l’allestimento del set-up di fase 1.
Obiettivo: di questo lavoro è di fornire criterio di utilizzo e indicazioni per l’esecuzione della disclusione qualora
prevista nella fase 1 di un trattamento con tecnica ad arco continuo.
Materiali e metodi: revisione della letteratura sull’argomento.
Risultati: rispetto alle indicazioni all’utilizzo possiamo schematicamente suddividere la disclusione in: 1)
Disarticolazione occlusale funzionale: la ridotta interferenza occlusale creata dal posizionamento del rialzo in arcate
completamente bandate con una sistematica ad arco continuo self-ligating, favorirebbe lo sviluppo della forma d’arcata
soprattutto se in associazione con il posizionamento elettivo degli stop su archi rotondi copper Ni-Ti. Normalmente è
realizzata con rialzi simmetrici (stesso numero di denti destra e sinistra) eseguiti nei settori anteriori (incisivi centrali o
centrali e laterali) o nei settori posteriori (cuspidi vestibolari dei molari inferiori). L’analisi della disclusione viene
eseguita direttamente alla poltrona manipolando il paziente dalla relazione centrica alla massima intercuspidazione e
una volta eseguita non deve modificare gli iniziali rapporti mandibulo-cranici (modelli in gesso con cera di centrica a
lato). Se associata ad ELP (elastici leggeri precoci) l’entità della disarticolazione deve prevedere: a) quantità di
estrusione desiderata; b) tipo e numero di elementi dentari coinvolti nel movimento; c) analisi vettoriale delle forze
elastiche nei tre piani dello spazio: verticale, sagittale e trasversale.
2) Disarticolazione occlusale con riposizionamento: con tale termine intendiamo un particolare tipo di disclusione
eseguita in soggetti che presentano uno scivolamento (anteriore e/o laterale) nel passaggio dal primo contatto in
relazione centrica terminale, alla massima intercuspidazione. La disarticolazione in questo caso avrebbe, oltre che il
succitato primo vantaggio, anche la possibilità di eseguire, soprattutto se in associazione all’utilizzo di elastici leggeri
precoci, la correzione della malocclusione verso rapporti mandibulo-cranico in relazione centrica. Il numero di
elementi dentari settore destro e settore sinistro e/o gruppo frontale, l’entità e la tipologia della copertura occlusale,
l’altezza del rialzo per singolo elemento dentario sono subordinati all’analisi del caso ed all’obiettivo di
riposizionamento.
Conclusioni: la disclusione occlusale, con le indicazioni succitate, rappresenta a nostro giudizio un valido mezzo
ausilirio di fase 1 se utilizzato in concomitanza con una terapia ortodontica condotta con l’utilizzo di una sistematica
self-ligating passiva.
CONSIDERAZIONI PER L’UTILIZZO DEGLI ELASTICI LEGGERI PRECOCI NELLA FASE 1
DI TRATTAMENTO ORTODONTICO CON UNA SISTEMATICA SELF-LIGATING PASSIVA
MULTI-TORQUE
Magnifico M., Mandelli G., De Tullio A., Di Blasio A., Gandolfini M.
Dipartimento di Scienze Otorino-Odonto-Oftalmologiche e Cervico-Facciali. Insegnamento di Ortognatodonzia
Titolare: Prof. M. Gandolfini. Corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria.
Università degli Studi di Parma
Introduzione: l’utilizzo di elastici leggeri precoci nella programmazione del movimento ortodontico con una
sistematica self-ligating ad arco continuo necessita di alcune considerazioni di base fondamentali per l’allestimento di
un set-up ortodontico che consideri la diversa risposta biomeccanica determinata dall’interazione tra bracket-arco ed
elastici leggeri precoci. Pur trovandoci in un sistema staticamente indeterminato, quale la tecnica ad arco continuo, è
comunque richiesta da parte del clinico una previsione del movimento ortodontico che si basi su valutazioni di
biomeccanica estese all’analisi dei vettori generati dall’uso di elastici leggeri precoci che consideri l’entità della forza
utilizzata ed al punto di applicazione.
Obiettivo: di questo lavoro è di fornire, una guida (criterio) per l’allestimento di un set up di fase 1 in tecnica ad arco
continuo.
Materiali e metodi: revisione della letteratura sull’argomento, valutazioni cliniche personali.
Risultati: dall’analisi della letteratura sull’argomento abbiamo estrapolato due tipi di considerazioni che devono
precedere l’utilizzo di elastici leggeri precoci: a) considerazioni generali sull’uso delle forze elastiche b) considerazioni
specifiche per il set-up di fase 1.
a) considerazioni generali sull’uso delle forze elastiche ed in particolare 1) limite di elasticità : limite della distorsione
forzata; 2) massimo della forza elastica: ottenuto quando l’anello di gomma è allungato fino a 3 volte il suo diametro;
3) reciprocità: una forza elastica applicata a due solidi identici determina un movimento identico e reciproco; 4)
elastomeri: materiali che tornano alla loro dimensione originale immediatamente dopo aver subito una sostanziale
distorsione; 5) vantaggi: messi e tolti dal paziente, gettati dopo l’utilizzo, nessuna attivazione da parte dell’ortodontista,
effetto aumentato dai movimenti mandibolari (masticazione, fonazione), cambiati secondo prescrizione giorno e/o notte
; 6) svantaggi: deterioramento, perdita della memoria elastica, variabilità di forze esercitate se prescrizione non spiegata
e controllata, movimenti indesiderati se utilizzo errato da parte del paziente, forze esercitate non costanti,
collaborazione del paziente. Considerazioni specifiche per il set-up di fase 1 ed in particolare: 1) obiettivo clinico; 2)
entità della forza subordinata al tipo di movimento; 3) distribuzione delle forze rispetto al punto di applicazione: pin su
attacco e arco di fase utilizzato (lega, sezione); 4) utilizzo di altri ausiliari di fase, in particolare il concomitante uso di
rialzi occlusali; 5) tipo di elastici: diametro, forza espressa; 6) intervallo tra gli appuntamenti di controllo subordinato a:
tipo di movimento, tempo previsto di risposta terapeutica, integrazione-interazione con altri ausiliari di fase; 7) rischi di
mancato controllo Conclusioni: l’utilizzo di elastici leggeri precoci nella programmazione del movimento ortodontico
con una sistematica ad arco continuo self-ligating, può essere considerato ausilio biomeccanico di fase 1 utile per
favorire correzioni dentarie non ottenibili dalla semplice interazione arco-bracket ma deve considerare tutti i fattori
generali e specifici, come da noi formulato, relativamente all’utilizzo delle forze elastiche.
INDICAZIONI PER LA SELEZIONE DEL TORQUE CON L’UTILIZZO DI UNA SISTEMATICA
SELF-LIGATING PASSIVA MULTI-TORQUE
Talignani G., Mandelli G., Cassi D., Di Blasio A., Gandolfini M.
Dipartimento di Scienze Otorino-Odonto-Oftalmologiche e Cervico-Facciali Insegnamento di
Ortognatodonzia.Titolare: Prof. M. Gandolfini. Corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria.
Università degli Studi di Parma
Introduzione: L’utilizzo di bracket cosidetti preinformati, necessita, per una corretta selezione ed integrazione con la
biomeccanica usata, una valutazione preliminare che consideri tutti i fattori coinvolti nella programmazione del
movimento dentario: posizione iniziale e finale degli elementi dentari, gestione della forma d’arcata, necessità di
rinforzo d’ancoraggio nelle meccaniche di chiusura degli spazi e nelle meccaniche di correzione antero-posteriore.
Obiettivo: di questo lavoro è di fornire indicazioni per la selezione del torque in particolare con l’utilizzo di una
sistematica self-ligating passiva multi-torque ad arco continuo che prevede tre tipologie di torque per incisivi centrali,
laterali e canini superiori (standard, low ed high); due tipologie di torque per incisivi centrali e laterali inferiori
(standard e low); tre tipologie di torque standard, low ed high per i canini inferiori .
Materiali e metodi: attraverso l’analisi della prescrizione proposta e inserita negli attacchi della sistematica selfligating multi-torque, oggetto della valutazione, ed in considerazione delle specifiche necessità biomeccaniche connesse
con l’utilizzo di una metodica ad arco continuo, si vogliono sottoporre indicazioni utili per la selezione del torque che
tengano in considerazione i due fattori succitati: tipo di prescrizione, necessità biomeccaniche. Si intende pertanto
arrivare a formulare indicazioni di orientamento clinico per alcune delle più frequenti malocclusioni; tale protocollo è
stato da noi utilizzato in soggetti portatori di malocclusione con l’obiettivo di verificarne la sostenibilità clinica.
Risultati: la diversificazione del torque nei settori anteriori dell’arcata ha contribuito, a nostro giudizio, a ridurre i
movimenti indesiderati del settore anteriore nelle diverse sollecitazioni biomeccaniche indotte dalla terapia ad arco
continuo in tipologie di malocclusione diverse.
Conclusioni: la possibilità di disporre di una una sistematica self-ligating passiva multi-torque, può essere considerata
come un fattore utile per una corretta pianificazione del caso in tecnica ortodontica ad arco continuo.
INFLUENZA DELLA POSIZIONE VESTIBOLARE O LINGUALE DEI BRACKETS ORTODONTICI
SULLA CONCENTRAZIONE DEGLI STREPTOCOCCHI E DELLA FLORA MICROBICA ORALE:
STUDIO CLINICO PROSPETTICO RANDOMIZZATO
Autori: Bianchi M., Scribante A., Sfondrini M.F.
Università degli Studi di Pavia- Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia- Direttore Prof. Gandini P.
Abstract
Scopo della sperimentazione è valutare se il posizionamento vestibolare o linguale dei brackets ortodontici possa
influenzare la flora microbica orale in generale e gli Streptococchi in particolare.
Materiali e metodi
È stato effettuato uno studio caso-controllo prospettico randomizzato su un campione di 20 studenti volontari. Si è
scelto di suddividere il cavo orale secondo la tecnica splith-mouth in 4 quadranti: due quadranti test, utilizzati per
applicare i brackets linguali e vestibolari, e due quadranti controllo. Si è deciso di utilizzare i brackets linguali 2D®
Forestadent (Pforzheim, Germania). I prelievi microbiologici sono stati effettuati attraverso curette parodontali al giorno
0, 7 e 30 sia sui denti bondati che sui denti privi di attacchi ortodontici. I terreni di cultura utilizzati per le procedure
microbiologiche sono stati: Columbia blood agar, Mitis salivarius agar, Mitis salivarius mutans agar.
Risultati
Nessuna differenza statisticamente significativa tra i denti con brackets posizionati lingualmente, i denti con brackets
posizionati vestibolarmente e denti controllo è stata riscontrata per quanto riguarda la concentrazione della flora
microbica orale e gli Sterptococchi.
Conclusioni
La posizione dei brackets (linguale o vestibolare) non influenza la concentrazione della flora microbica orale e gli
Streptococchi.
EFFETTI DELLA TERAPIA CON APPARECCHIATURA DI HERBST SULLA MORFOLOGIA
DELL’ATM E SULLA POSIZIONE DEL DISCO ARTICOLARE: STUDIO CLINICO
PROSPETTICO MEDIANTE RMN
Massironi S, Tagnesi MT, Gandini P, Sfondrini MF
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia- Università degli Studi di Pavia
INTRODUZIONE: L’Herbst è un dispositivo fisso di avanzamento mandibolare considerato come un’articolazione
artificiale tra il mascellare superiore e la mandibola. E’ costituito da un meccanismo telescopico bilaterale, attaccato a
bande ortodontiche, a splint in resina o a fusioni cromo-cobalto, che mantiene la mandibola in posizione protrusa.
Agisce in modo costante 24 ore al giorno, non richiede la collaborazione del paziente e permette un tempo di
trattamento attivo breve (6-9 mesi). OBIETTIVI: Scopo dello studio è stato quello di analizzare mediante indagini di
risonanza magnetica nucleare (RMN) i possibili meccanismi adattativi dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM):
rimodellamento condilare, rimodellamento della fossa glenoide e variazione della posizione del disco articolare prima e
dopo la terapia mediante apparecchiatura di Herbst.
MATERIALI E METODI: Il campione era costituito da 9 pazienti (2 maschi e 7 femmine) affetti da malocclusione di
II classe in dentizione permanente trattati con Herbst per circa 9 mesi. L’apparecchiatura è stata progettata in modo da
produrre in ogni paziente un rapporto incisale testa a testa e particolare attenzione è stata rivolta alla individuazione di
segni e sintomi di disordini temporo-mandibolari (DTM).
Di ogni soggetto sono state prese in esame le RMN di entrambe le ATM a 2 stadi:
T0 - precedente al trattamento con Herbst: 1) esame a bocca chiusa; 2) esame a bocca aperta; 3) esame in avanzamento
mandibolare mediante bite in resina.
T1 - alla fine del trattamento: 1) esame a bocca chiusa; 2) esame a bocca aperta.
Le immagini a bocca aperta sono state eseguite con un distanziatore inserito tra gli incisivi superiori ed inferiori. Ogni
acquisizione è stata realizzata con un pacchetto di 5 sezioni dello spessore di 3 mm ciascuna, senza intervallo tra ogni
sezione. Nelle immagini RMN semi-sagittali a bocca chiusa la posizione del disco articolare è stata valutata con il
criterio della zona intermedia che stabilisce la posizione della zona intermedia del disco rispetto al condilo e
all’eminenza articolare del temporale.
Nelle immagini a sezione semi-coronale a bocca chiusa è stata tracciata una linea di riferimento all’asse lungo, passante
attraverso testa e collo del condilo, e nella zona in cui incrociava la massima larghezza era divisa in dieci decimi. La
posizione del disco è stata registrata in relazione a 1/10 delle divisioni della larghezza del condilo. RISULTATI: In tutti
i soggetti la terapia con Herbst ha determinato un aumento del prognatismo mandibolare. Sono stati osservati segni di
rimodellamento condilare nel bordo di tutti i 18 condili studiati; l’ammontare del rimodellamento della fossa glenoide è
risultato inferiore al rimodellamento condilare e il rapporto disco-condilo è risultato in media inalterato dal trattamento.
Il trattamento con apparecchiatura di Herbst non è controindicato per una dislocazione parziale del disco con riduzione.
CONCLUSIONI: L’Herbst nelle II classi scheletriche può determinare il successo della terapia nei pazienti a fine
crescita e l’aumento del prognatismo mandibolare sembra essere attribuibile al rimodellamento del condilo e della fossa
glenoidea. Il mantenimento continuativo della mandibola in posizione protrusa per tutta la durata del trattamento
sembra essere un presupposto indispensabile per stimolare la risposta dell’ATM.
LA TAC VOLUMETRICA CONE- BEAM
MALOCCLUSIONI E PROBLEMI RESPIRATORI
NELLA
DIAGNOSI
ORTODONTICA:
Preziosa A.F.*, Zampollo E.*, Carli E.*, Martena M.°, Giuca M.R.*.
*Dipartimento di Chirurgia, Unità di Pedodonzia,Università di Pisa; °Libero professionista
INTRODUZIONE: La scoperta del procedimento tomografico computerizzato ha permesso il passaggio alla
tridimensionalità, con numerosi vantaggi
OBIETTIVI:Scopo del lavoro è stato verificare la validità della TAC volumetrica a scopo diagnostico, terapeutico e
prognostico, nonché la versatilità della tecnologia Cone-Beam.
MATERIALI E METODI: Sono stati revisionati 122 casi ortodontici di pazienti in crescita con necessità di trattamento
(già trattati o in corso di terapia), riportando per ognuno di essi il sesso, l’età e l’eventuale presenza di alterazioni di
natura ortodontica e/o funzionale. Ogni caso è stato analizzato partendo dai dati grezzi su cui è stata eseguita una
ricostruzione primaria (sezioni assiali di 0,5 mm condotte dal punto sott’orbitario fino al margine inferiore della
mandibola e parallele ad un piano bispinale) e si è valutata la pervietà delle vie aeree superiori attraverso una serie di
sezioni trans-assiali (Tr) di 0,5 mm di spessore sul piano coronale. Successivamente, per valutare la postura linguale ed
il tipo di rapporto anteriore tra i mascellari, si è tracciata una singola sezione trans-assiale (Vrt) sul piano mediano
sagittale; invece per evidenziare eventuali inclusioni dentarie, disodontiasi ed agenesie, si è proceduto alla ricostruzione
panoramica. Infine, selezionando opportunamente la regione mascellare e mandibolare “di interesse” (ROI), si è
ottenuta una ricostruzione tridimensionale di entrambe le arcate per valutare i rapporti interocclusali (classe scheletrica,
affollamenti,discrepanze di crescita alveolo dentarie, cross- ed open bite posteriori).
RISULTATI: Osservando i dati si è visto che quasi il 75 % dei pazienti osservati presentavano alla TCV una o più
alterazioni anatomiche delle prime vie aeree che ne determinavano la parziale ostruzione. Si è quindi cercato di
correlare la presenza di queste ultime con le alterazioni di postura linguale, ma soprattutto con le anomalie di crescita
dei mascellari. Dalla ricerca condotta è risultato che il 26 % dei pazienti (32 su 122) inclusi nel campione non
presentava correlazioni significative tra i fattori considerati, mentre il restante 74 % (90 su 122) presentava una o più
correlazioni, ovvero: 13 pazienti presentavano un’alterata anatomia delle prime vie aeree ed una postura linguale
anomala (14%); 15 pazienti presentavano un’anomala crescita dei mascellari associata ad una postura linguale scorretta
(17%); 29 pazienti presentavano un’anormale crescita dei mascellari ed un’alterata anatomia delle prime vie aeree
superiori (32%), soprattutto nel sesso femminile (20 pazienti su 29); infine, ben 33 pazienti (37%) presentavano sia
un’anomalia di crescita dei mascellari, sia una postura linguale scorretta che un’anomala anatomia delle prime vie aeree
superiori. In questo studio il sesso si è dimostrato un fattore importante poiché la maggior parte delle alterazioni
funzionali e di crescita si rilevano nelle donne.
CONCLUSIONI: Dai risultati ottenuti si può affermare che diagnosticare precocemente una disfunzione respiratoria o
deglutitoria significa orientare in maniera mirata e predicibile il piano di trattamento, e questo oggi è possibile solo con
l’impiego di nuove tecniche radiologiche d’indagine (quali la TCV) in grado di evidenziare eventuali ostruzioni delle
vie aeree superiori, difficilmente visibili con un semplice teleradiografia latero-laterale.
SELF-LIGATING IN STRAIGHT WIRE: VANTAGGI E SVANTAGGI
Brigante C.*, Zampollo E. *, Bonfigli D., * Vanni A.*, Giuca M.R.*.
*Dipartimento di Chirurgia, Unità di Pedodonzia,Università di Pisa.
INTRODUZIONE: Le apparecchiature self-ligating permettono di applicare forze leggere e continue agli elementi
dentari in ogni momento del trattamento e consentono di avere una migliore risposta parodontale ed un movimento
dentale associato a rimodellamento osseo.
OBIETTIVI: Tramite l’applicazione della tecnica self-ligating è possibile ottenere espansioni trasversali delle arcate e
risolvere casi di affollamento senza la necessità di ricorrere ad estrazione. L’utilizzo di forze estremamente leggere
permette inoltre di sfruttare l’ancoraggio fornito dalla muscolatura oro-labiali; il tutto utilizzando una meccanica ad arco
dritto estremamente semplice e veloce.
MATERIALI E METODI:
E’ stato analizzato un caso ortodontico di una paziente in crescita che presentava affollamento superiore e inferiore
trattata con un’apparecchiatura self-ligating. Sono state eseguite teleradiografie latero laterali e OPT per valutare la
classe scheletrica, il profilo di crescita e la situazione parondontale. Sono stati misurati i diametri trasversali delle arcate
prima e dopo il trattamento.
RISULTATI:
E’ stato possibile risolvere l’affollamento tramite l’espansione trasversale delle arcate, senza necessità di ricorrere ad
estrazione. Si registra un incremento del diametro interpremolare sia superiore che inferiore. A fronte di un trattamento
espansivo la situazione parodontale non risulta peggiorata ma anzi migliorata. L’occlusione rispecchia le sei chiavi di
occlusione ideale di Andrews e il tracciato cefalo metrico mostra una corretto rapporto intermascellare.
CONCLUSIONI: Il mondo ortodontico è sempre più sensibilizzato sull’importanza della corretta gestione della frizione
nel raggiungimento di risultati clinici di qualità, associati a tempi di esecuzione brevi e nel rispetto dei tessuti biologici.
Si può senz’altro affermare che la tecnica self-ligating rappresenti il futuro dell’ortodonzia fissa.
LA MICROVIBRAZIONE NELLA TERAPIA DEI DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI
Deli R, Lomaglio D, de Roberto I.
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia - Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
INTRODUZIONE: le microvibrazioni sono degli stimoli meccanici in grado di produrre un ricondizionamento
muscolare. Il meccanismo attraverso cui agiscono è rappresentato dalla stimolazione delle fibre afferenti intra-fusali Ia
da cui parte una contrazione tonica riflessa detta TVR. La risposta muscolare sembra essere linearmente correlata alla
frequenza e ampiezza dello stimolo applicato. La stimolazione delle fibre muscolari indotta dalle microvibrazioni
produce i seguenti effetti: 1) aumento del tono muscolare; 2) aumento della forza; 3) miglioramento della resistenza
muscolare. Pertanto l’applicazione di vibrazioni ad alta frequenza potrebbe essere usata per ristabilire un corretto
funzionamento dei muscoli masticatori e cervicali nei pazienti con disordini temporo-mandibolari (DTM) in cui la
patologia muscolare rappresenta la principale causa della limitazione funzionale e della sintomatologia algica.
OBIETTIVI: partendo da tali premesse gli obiettivi di questo lavoro sono stati i seguenti: 1) valutare l’effetto
dell’azione ricondizionante delle microvibrazioni sui muscoli masticatori nei pazienti con DTM e analizzarne le
conseguenze sulla sintomatologia algica e sulla limitazione funzionale; 2) confrontare i risultati ottenuti da questa
sperimentazione con quelli ottenuti con la terapia gnatologica tradizionale eseguita mediante l’applicazione di splint.
MATERIALI E METODI: è stato studiato un gruppo di 18 pazienti (16 donne, 2 uomini) affetti da DTM associati a
dolore e limitazione funzionale. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi in maniera casuale, in base all’ordine di
arrivo: i primi 9 pazienti sono stati indirizzati ad una terapia con splint per tre mesi; i successivi 9 sono stati sottoposti
ad una terapia di ricondizionamento muscolare mediante l’applicazione di microvibrazioni con il Closed Loop
Myomodulator (CLM). Il CLM è stato applicato secondo il seguente schema: tre applicazioni da 10 minuti ciascuna
ripetute per tre giorni consecutivi e seguite da tre richiami rispettivamente al 30°, 60° e 90° giorno. I parametri valutati
prima e dopo il trattamento sono stati il dolore (mediante scala VAS) e la limitazione funzionale (lateralità sinistra,
lateralità destra e massima apertura).
RISULTATI: dai risultati emerge che tutti i pazienti hanno avuto una remissione parziale della sintomatologia algica
con risultati significativi (p<0,05) sia per il gruppo trattato con micro vibrazioni sia per il gruppo trattato con splint. Per
quanto riguarda la cinematica mandibolare (apertura e lateralità) è stato ugualmente registrato un miglioramento
significativo (p<0,05) in entrambi i gruppi.
CONCLUSIONI: da quanto analizzato possiamo concludere che la terapia con microvibrazioni può portare a dei
risultati paragonabili alla tradizionale terapia con splint. Questo rappresenta un dato incoraggiante se consideriamo che
le microvibrazioni non danno effetti collaterali, sono applicate per via topica, richiedono applicazioni molto brevi e, per
questo, non comportano una particolare compliance del paziente come nel caso dell’applicazione di splint. Ulteriori
studi ed un aumento del campione analizzato dovranno essere eseguiti per confermare i dati ottenuti e per valutare a
distanza di tempo la stabilità dei risultati.
MODIFICA DELLA FORMA D’ARCATA IN PAZIENTI APPARTENTENENTI ALLA
TIPOLOGIA ROTAZIONALE R2D SECONDO PETROVIC TRATTATI CON TECNICA LOWFRICTION
Autori: Tangorra A.,Oliva B., Grippaudo C., Deli R.
Universita’ Cattolica del Sacro Cuore, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
INTRODUZIONE: Con la tipologia rotazionale R2D individuata secondo il protocollo di Petrovic-LavergneStuzmann viene classificato un gruppo particolare di II classe caratterizzato da una rotazione di crescita mandibolare
neutra( R), da un potenziale di crescita del mascellare maggiore di quello mandibolare( 2),e da una relazione
intermascellare sagittale distale (D).
SCOPO DEL LAVORO: Valutare la modifica della’arcata in pazienti appartenenti alla tipologia rotazionale R2D
trattati con tecnica low-friction dopo la fase di allineamento e livellamento.
MATERIALI E METODI: Abbiamo selezionato 5 pazienti appartenenti alla tipologia rotazionale R2D trattati con
tecnica low-friction. Durante la fase di allineamento e livellamento sono stati utilizzati archi in nichel-titanio
superelastici del diametro di .014 per la durata di 3 mesi.
Sono stai valutati su modelli in gesso la distanza intercanina, la distanza tra i primi premolari, la distanza tra i secondi
premolari. La distanza intermolare , il perimetro d’arcata e la profondita’ d’arcata prima del trattamento e dopo la fase
di allineamento e livellamento.
RISULTATI: Le misurazioni effettuate hanno subito un lieve incremento dopo la fase di allineamento e livellamento.
CONCLUSIONI: Il campione preso in esame attesta una ridotta modifica dell’arcata che potrebbe essere associata a
una maggiore influenza genetica sulla forma d’arcata nei pazienti appartenenti alla tipologia rotazionale R2D.
CONFRONTO TRA LE INFLUENZE GENETICHE DELLE TIPOLOGIE ROTAZIONALI A1D E
R2D
Autore principale Peluso L.
Altri autori: Greco A.L., Sferra S., Grippaudo C., Deli R.
Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria
Indroduzione: Conoscere e comprendere le particolarità morfo-strutturali, quindi le potenzialità fenotipiche individuali
di ogni tipologia facciale, aiuta nella formulazione della diagnosi e del piano terapeutico. La tipologia rotazionale
rappresenta il genotipo e stabilisce i limiti o potenzialità del fenotipo; il fenotipo di un individuo rimane entro questi
limiti, ma il suo grado di espressione dipende dalle influenze ambientali.
Obiettivi: lo scopo di questo lavoro è quello di individuare le differenze morfo-genetiche sul piano sagittale e
trasversale tra le tipologie rotazionali A1D e R2D, individuate secondo il protocollo di Petrovic-Lavergne-Stuzmann.
Materiali e metodi: i due gruppi sperimentali selezionati comprendono rispettivamente 34 e 22 pazienti, a permuta
completata, non trattati ortodonticamente. Per ogni paziente è stato eseguito il tracciato cefalometrico ed è stata valutata
la forma d’arcata. Le misurazioni sono state realizzate mediante l’ausilio di un software e confrontate con t-test a due
code.
Risultati: è stata rilevata l’esistenza di parametri cefalometrici sagittali e verticali con una valenza statistica (p<0,05)
che caratterizzano le due tipologie rotazionali; anche dal confronto della forma d’arcata dei campioni sono emersi
risultati statisticamente significativi.
Conclusioni: dai dati ricavati è possibile comprendere meglio le caratteristiche morfologiche cefalometriche e relative
alle forme d’arcata dei pazienti con tipologie rotazionali A1D e R2D. Il lavoro evidenzia la variabilità biologica
esistente all’interno della stessa tipologia rotazionale.
IL RIASSORBIMENTO RADICOLARE IN ELEMENTI TRATTATI ENDODONTICAMENTE IN CORSO
DI TRATTAMENTO ORTODONTICO
Alligri FM, Peluso P, Franzelletti A, Putrino A, Zangrillo C,Barbato E, Galluccio G.
Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Direttore: A. Polimeni. U.O.C. di
Ortognatodonzia e Gnatologia, Direttore: E. Barbato. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: E.
Barbato
INTRODUZIONE:Il riassorbimento radicolare o rizalisi è un rimaneggiamento della radice del dente e può essere
primitivo o secondario. Tale fenomeno, che può anche essere associato al trattamento ortodontico, è imprevedibile,
inevitabile e, quando coinvolge la dentina, diviene irreparabile. Esistono vari fattori implicati nel riassorbimento
radicolare: esso può essere secondario a un trattamento ortodontico, a causa di forze non biologiche, trattamenti
prolungati, movimenti intrusivi, spostamenti eccessivi, o può essere condizionato dalla suscettibilità individuale dalle
caratteristiche dentali, dall'età avanzata, dalla densità ossea, dal sesso, dal tipo di malocclusione, dalle condizioni
sistemiche e dalla malnutrizione.L’accorciamento delle radici durante il trattamento ortodontico si verifica in tre forme
diverse:riassorbimento generalizzato moderato (RGM), generalizzato grave (RGG) e localizzato grave (RLG). Il RGM
interessa alcuni elementi dentari più frequentemente, come gli incisivi superiori, i quali presentano una riduzione della
lunghezza radicolare che di media è superiore a quella di altri elementi dentari. Una volta posta la diagnosi di
riassorbimento bisogna intervenire tempestivamente in quanto il fenomeno può progredire velocemente.
OBIETTIVI:Abbiamo condotto uno studio sul riassorbimento radicolare, in collaborazione fra il reparto di Endodonzia
e Ortognatodonzia dell’Università di Roma “La Sapienza”, attraverso l'analisi delle radiografie periapicali di soggetti in
trattamento ortodontico che presentavano alcuni elementi sottoposti a terapia endodontica allo scopo di valutare
l'eventuale presenza e caratteristiche del riassorbimento radicolare, e confrontando gli elementi trattati
endodonticamente con quelli non trattati.
MATERIALI E METODI:Abbiamo analizzato i casi dal punto di vista radiografico effettuando delle radiografia a fine
trattamento, notando che il rischio di riassorbimento grave è molto maggiore per gli incisivi superiori, interessati nel 3%
dei casi rispetto all’ 1% di tutti gli altri elementi dentari. E' stata valutata la precentuale di riassorbimento radicolare
rispetto alle radiografie inziziali e sono stati paragonati i dati dei due gruppi.
RISULTATI E CONCLUSIONI: Sebbene pochissimi casi abbiano avuto riassorbimento radicolare, si è visto che il
riassorbimento radicolare più frequente è quello localizzato. Nessuna particolare differenza è stata evidenziata tra
elementi trattati endodonticamenti ed elementi non trattati. Appare possibile e doveroso, comunque, osservare un
attento protocollo volto alla limitazione dei danni che possono insorgere a causa di un eccessivo fenomeno di rizalisi
come una buona informazione della possibilità di un riassorbimento radicolare come complicanza del trattamento e
soprattutto una valutazione radiografica degli elementi dentari ogni 3-6 mesi al fine di prevenire le forze troppo pesanti
che possono comportare questa complicanza.
ASSOCIAZIONE TRA IPODONZIA NON SINDROMICA E DIFETTI SCHELETRICI SUL PIANO
SAGITTALE, VERTICALE E TRASVERSALE: REVISIONE SISTEMATICA
Autore principale: Peluso L.
Altri autori: Alligri F., Gallerano G.
Università degli Studi di Roma La Sapienza, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione: L’ipodonzia può presentarsi sia come una condizione isolata (ipodonzia non sindromica) che associata ad
altre sindromi congenite (ipodonzia sindromica) come la palatoschisi o la sindrome di Christ-Siemens-Touraine.
Secondo Giannì l'ipodonzia va distinta in forma agenesica, microdontica e iatrogena. Tutte le varianti presentano una
più o meno accentuata riduzione della dimensione verticale scheletrica. La variante microdontica presenta in genere una
crescita ortognatica con tendenza all'orizzontale. Sempre secondo Giannì, agenesie si ritrovano di frequente in casi di
III classe scheletrica , con facies adenoidea, stati iperergici delle vie respiratorie, con profilo tendente al concavo ed
ipoplasia del mascellare superiore.
Obbiettivi: Lo scopo di questo lavoro è esaminare la più recente letteratura per verificare le ipotesi formulate da Giannì
per quanto riguarda lo sviluppo scheletrico in senso verticale, sagittale e trasversale nei pazienti affetti da ipodonzia
non sindromica.
Materiali e metodi: È stata realizzata una revisione sistematica della letteratura pubblicata nel 2010 e 2011. Sono stati
esclusi gli studi riguardanti forme sindromiche. Sono stati esaminati gli articoli in lingua inglese o italiana. Sono stati
consultati i seguenti databases: Pubmed, Cochrane Library, NSH.
Risultati: I due studi che hanno superato i criteri di selezione mostrano un maggiore prevalenza dell’ipodonzia nei
pazienti con malocclusione di classe IIIª ed una maggiore incidenza di agenesie a livello mascellare. Non è presente
una differenza statisticamente significativa nella relazione verticale dei mascellari, mentre le distanze intercanine e
intermolari sono significativamente ridotte sia per la mandibola che per la mascella se paragonate gruppi controllo sani.
Conclusioni: I dati ricavati mostrano una maggiore prevalenza di ipodonzia a livello del mascellare superiore ed in
soggetti con IIIª classe. Non è presente un’alterazione dei rapporti verticali dovuta all’ipodonzia, ma vengono rilevate
modifiche nei diametri trasversi. Sarebbe auspicabile effettuare ulteriori approfondite revisioni sistematiche della
letteratura per verificare la presenza di tali alterazioni nello sviluppo scheletrico dovute a tale patologia.
APPROCCIO INTERDISCIPLINARE AL PAZIENTE ORTODONTICO: MALOCCLUSIONE E
ALTERAZIONI FUNZIONALI DELL’APPARATO STOMATOGNATICO. STUDIO CASOCONTROLLO
Guarnieri R. , Fabretti P., Mauro V. Mazza D., Galluccio G., Barbato E.
Sapienza Università di Roma, I Facoltà di Medicina e Chirurgia.
Dip. di Scienze Odontostomatologiche e Chirurgia Maxillo Facciale, Direttore: A. Polimeni
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: E. Barbato
Introduzione. Nell’ambito delle ipotesi eziopatogenetiche di malocclusione, oltre alle componenti genetiche ed
epigenetiche, svolgono un ruolo di rilievo, soprattutto nel periodo infantile, le influenze ambientali, volte a modificare
l’equilibrio omeostatico. Le arcate dentarie si sviluppano all’interno di un corridoio muscolare, nel quale la risultante
delle forze intraorali (lingua) e periorali (labbra e guance) deve essere nulla, al fine di garantire un equilibrio dinamico.
Tutte le condizioni anomale che determinano l’alterazione di tale equilibrio nell’arco della giornata, per un periodo di
tempo sufficiente, rappresenterebbero dei potenziali in grado di generare quadri di malocclusione. Obiettivi. Valutare
tramite indagine epidemiologica e statistica il rapporto di consequenzialità causa-effetto esistente tra le alterazioni
ortognatodontiche e le alterazioni funzionali, analizzando l’incidenza delle alterazioni funzionali sia in soggetti con
malocclusione di tipo molare (rappresentanti il gruppo caso) che in soggetti con occlusione normale (gruppo controllo).
Materiali e Metodi. è stata elaborata una cartella clinica interdisciplinare per la registrazione integrata dei parametri di
pertinenza ortodontica e foniatrico-logopedica. Nel periodo 02/2008-02/2010, su 964 pazienti in prima visita
ortodontica presso la UOC di Ortognatodonzia, 88 hanno aderito al protocollo di valutazione interdisciplinare e sono
stati sottoposti anche a valutazione foniatrico-logopedica presso il Dipartimento di Otorinolaringoiatria. Previa
compilazione del questionario inerente la raccolta delle notizie anamnestiche, ciascun paziente è stato sottoposto ad
esame clinico intra ed extraorale condotto da due operatori opportunamente addestrati e calibrati. I dati dei pazienti
sono stati trasferiti presso l’UOC di Otorinolaringoiatria, Audiologia e Foniatria dove sono state esaminato tutte le
funzioni del sistema neuromuscolare che hanno luogo in ambito stomatognatico. Particolare rilievo è stato conferito allo
studio della fase orale della deglutizione, valutata mediante tecnica palpatoria bimanuale e allo studio del livello
fonetico-fonologico, mediante somministrazione ad ogni paziente di un test di valutazione dell’articolazione (test del
Fanzago) composto da 22 tavole e 117 figure stimolo che elicitano tutti i fonemi dell’italiano standard in posizione
iniziale, intervocalica ed in gruppo consonantico.Lo studio caso-controllo ha esaminato 48 soggetti affetti da
malocclusione molare secondo Angle e 40 controlli normocclusi.
Risultati: è stata riscontrata assenza di correlazione statistica (P value<α) tra malocclusione molare e alterazioni
funzionali nei due gruppi. Il 67% del campione presenta deglutizione atipica semplice e di questi solo il 6% è affetto da
open bite dentale. È stata invece riscontrata presenza di correlazione statistica tra soggetti con quadri di open bite
(14,8%) e modello deglutitorio atipico (P value=0,059). Conclusioni: nessuna correlazione è evidenziabile tra
malocclusione/normocclusione molare e presenza/assenza di alterazioni funzionali. Dall’indagine sul modello
deglutitorio si evince che la deglutizione atipica rappresenta una conseguenza e non una causa di malocclusione.
IPODONZIA NEL PAZIENTE ORTODONTICO: REVISIONE DELLA LETTERATURA
Di Benedetto S., Vizzielli G., Galluccio G., Barbato E.
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciale, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia.
Direttore prof.ssa E. Barbato, Sapienza, Università di Roma
Introduzione: agenesie a carico della serie dentale permanente rappresentano un’anomalia congenita frequentemente
riscontrabile nell’uomo. Possono essere correlate ad oltre 49 quadri sindromici. Termini specifici vengono utilizzati per
definire la diversa natura delle agenesie: ipodonzia se mancano da 1 a 6 elementi dentari; oligodonzia se mancano più di
6 elementi; anodonzia se a mancare sono tutti gli elementi dentari. Frequenza e prevalenza dell’ipodonzia variano a
seconda della razza presa in esame.
Obiettivi: con la presente revisione si vuole valutare l’influenza dell’ipodonzia nel trattamento ortodontico.
Materiali e metodi: è stata effettuata una ricerca utilizzando 2 database elettronici (pubmed; medline) revisionando
articoli dal 2000 al 2011. Da 26 articoli, è stata eseguita un’accurata selezione in base ai seguenti criteri: 1.razza
caucasica; 2.dentizione permanente; 3.agenesie diagnosticate clinicamente e radiologicamente. Solo 11 articoli sono
risultati idonei.
Risultati: l’ipodonzia nel paziente ortodontico è statisticamente più frequente rispetto alla popolazione normale;
coinvolge maggiormente il mascellare superiore rispetto all’inferiore (i denti più soggetti ad agenesie sono gli incisivi
laterali superiori seguiti dai secondi premolari sia superiori che inferiori). Pazienti con severi quadri di ipodonzia
mostrano una tendenza alla III classe e un overbite accentuato.
Conclusioni: l’ipodonzia dunque ha delle dirette implicazioni cliniche sul trattamento ortodontico: influenza la relazione
occlusale tra mascella e mandibola, provocando l’inclinazione dei denti contigui; l’estrusione dei denti antagonisti,
nonché una deviazione della linea mediana. È indispensabile una precoce valutazione dell’entità delle agenesie al fine di
programmare un efficace piano terapeutico sulla base delle dimensioni e del numero degli elementi restanti in ambedue
le arcate; questo permetterà di procedere ad un’apertura ortodontica degli spazi seguita da riabilitazione implantare
piuttosto che ad una chiusura ortodontica degli stessi.
MINIVITI: DALLA SCELTA DEL SITO ALLA PIANIFICAZIONE TERAPEUTICA
Pupilli E., Massai E., Mazzuoli V., Grassi C.
Dipartimento scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche Università di Siena
Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione: L’utillizzo delle miniviti ha permesso una più agevole gestione dell’ancoraggio dentale. E’ diventato così
possibile affrontare con successo anche condizioni che fino a qualche tempo fa erano ritenute limite per la pratica
ortodontica, come il trattamento di pazienti con selle edentule o poco collaboranti.
Obiettivi: Le miniviti possono essere utilizzate da sole, sia come ancoraggio diretto sia come ancoraggio indiretto, o
associate a presidi ortodontici di diversa natura.
Vengono presentati due casi clinici trattati con dispositivi distalizzanti e mascherine Invisaling® per evidenziare nuove
prospettive terapeutiche.
Materiali e metodi:Nel primo caso viene utilizzato un dispositivo distalizzante L’unità reattiva –o di ancoraggio- è
costituita da una placca di Nance ancorata con due miniviti palatali. Il secondo caso presenta una parodontopatia
diffusa che ha portato ad una vestibolarizzazione del settore anteriore superiore. Il trattamento ortodontico viene
effettuato con mascherine Invisalign®. L’ancoraggio è scheletrico e permette di scaricare completamente le forze di
reazione sulla minivite evitando la mesializzazione degli elementi dentali .
Risultati e conclusioni: la possibilita’ di ancorarsi scheletricamente permette di ampliare le possibilita’ ortodontiche e
dunque lo spettro delle indicazioni. Movimenti dentali fino a poco tempo fa ritenuti impossibili per mancanza di
ancoraggio sono oggi possibili grazie al semplice utilizzo di questi dispositivi.
TECAR: PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO E PROTOCOLLI TERAPEUTICI
Autori: Nannelli P. , Nannelli F. , Di Matteo C. , Del Grosso F.
Università degli Studi di Siena
Obiettivo: illustrare l’utilità della Tecar terapia nelle riabilitazioni delle patologie articolari acute e
croniche degli sportivi.
Materiali e metodi: viene presentato il principio di funzionamento della apparecchiatura volto alla
riduzione della sintomatologia dolorosa e al più rapido ripristino della normale e asintomatica
funzione articolare. Vengono presentati i protocolli utilizzati nelle specifiche situazioni disfunzionali
e flogistiche, acute e croniche.
Risultati: la Tecar terapia risulta efficace nel trattamento delle seguenti patologie : pazienti con
patologia cronica extraarticolare di tipo muscolo tensivo; pazienti con trauma acuto e perdita del
disco articolare; pazienti con patologia articolare cronica intraarticolare e perdita permanente del
disco articolare. Tali pazienti erano per il resto seguiti con normali protocolli terapeutici
odontoiatrici e fisioterapici, metodica di Rocabado.
Conclusioni: la patologia delle disfunzioni dell’ATM si avvale di molti mezzi odontoiatrici e molti
mezzi ausiliari. La Tecar terapia può essere utilizzata nelle patologie acute o nelle patologie croniche
mediante due programmi specifici in grado di produrre calore o in grado di funzionare in Atermia.
METALLO VERUS CERAMICA:
FRIZIONE A CONFRONTO DEGLI ATTACCHI SELF- LEGATING
Francioli D. Beccuti M.L.
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche/ Università degli Studi di Siena
Facoltà di Medicina e Chirurgia/ Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Introduzione:
Nel reparto di Ortodonzia dell’Università degli Studi di Siena a seguito dell’impiego di attacchi interattivi con forze
leggere abbiamo deciso di determinare una possibile differenza di frizione tra due differenti tipi di attacchi.
Obiettivo:
Scopo di questo studio è valutare la differenza tra la frizione espressa nello scivolamento di archi metallici con attacchi
self-legating in metallo tipo Quik® 2.0 e quella espressa con attacchi self-legating in ceramica tipo Quiklear®
(FORESTADENT Bernhard Förster GmbH, Westliche Karl-Friedrich-Str. 151 - 75172 Pforzheim - Germany).
L’analisi delle forze rilasciate è stata valutata durante le fasi di allineamento e livellamento.
Materiali e metodi:
Sono stati selezionati un campione di 35 pazienti di cui 18 femmine (51%) e 17 maschi (49%) (grafico n°1) in cura
presso il reparto di Ortognatodonzia dell’Università degli Studi di Siena che presentavano una I Classe molare ed un
affollamento degli incisivi superiori ed inferiori caratterizzato da malposizione del canino/i supsequenza eriore/i. Ai
pazienti per la fase iniziale del trattamento è stata applicata la seguente di archi: 0.010 NiTi, 0.012 NiTi, 0.014 NiTi,
0.016 NiTi. Nel presente studio la valutazione della frizione durante l’utilizzo degli archi tondi è schematizzata nel
(grafico n°2). Mentre le misurazioni effettuate nel gruppo C1♀ e nel gruppo C2 ♂ sono nel grafico n°3, con il colore
più scuro il risultato degli attacchi in metallo.
Durante queste fasi di allineamento e livellamento ( al cambio di ogni arco) sono state rilevate le impronte in alginato
delle arcate per poter avere a disposizione i modelli in gesso sui quali effettuare le misurazioni lineari. Sono stati
analizzati i tempi di livellamento in base a: C1 applicazione dell’arco 0.010 in NiTi, C2 applicazione dell’arco 0.012 in
NiTi, C3 applicazione dell’arco 0.014 in NiTi, C4 applicazione dell’arco 0.016 in NiTi arrivando al quasi allineamento
dei/i canino/i superiori.
Risultati:
A seguito della nostra ricerca sulle differenze di frizione tra gli attacchi metallici Quik e gli attacchi in ceramica
Quiklear non sono state evidenziate nei tempi di cura (livellamento ed allineamento) differenze significative tra i due
gruppi di controllo (p<0.05).
Conclusioni:
I risultati del presente studio hanno messo in evidenza il fatto che tra gli attacchi in metallo Quik e gli attacchi in
ceramica Quiklear non esistano differenze significative di frizione con l’arco, dando evinti similari nelle fasi di
allineamento e livellamento.
INTERACTIONS BETWEEN SELF-LIGATING BRACKETS AND WIRES OF SMALL
DIAMETER ROUND
Prof. Faccioni F., Dott. Bozzola N., Dott. Spinelli M., dott. Salvador F.
Università degli studi di Verona
Introduction: The purpose of this study was to identify and analyze the effectiveness of low-diameter wire (0.10) use
in the early stages orthodontic treatment.
Methods: We collected the data in the literature and evaluated with the help of the clinic, which were the best wire to
use in early orthodontic treatment in the presence of crowding.
Results: statistical analysis showed that the amount of initial tooth movement was not related to force magnitude; light
forces provided a greater percentage of tooth retraction than heavy forces, with less strain on anchorage.
Conclusion: initial tooth movement would benefit from light forces. Heavier forces tend to increase the rate and the
amount of tooth retraction but lose their advantage because of unwanted clinical side effects.
CORTICOTOMIE INTERDENTARIE: INDICAZIONI PER FAVORIRE ED ACCELERARE I
MOVIMENTI ORTODONTICI.
Autori: Prof. Faccioni F., Prof. Bertossi D., Dott.ssa Soave E e Prof. Nocini P.F.
Dipartimento di Chirurgia. Direttore: Prof. P. F. Nocini
Sezione di Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontostomatologia. Direttore: Prof. P. F. Nocini
Introduzione: Nel definire e presentare un trattamento ortodontico, oltre alla preparazione scientifica e all’esperienza
clinica, è necessario tenere in considerazione le richieste di un paziente sempre più esigente, il quale desidera ricevere
un risultato ottimale in tempi ridotti.
Obiettivi: Obiettivo di tale studio è fornire le indicazioni corrette per favorire ed accelerare i movimenti ortodontici
tramite corticotomie interdentarie.
Materiali e metodi: Si presentano tre casi clinici con trattamento combinato di microchirurgia ortodontica
(Piezosurgery®) ed ortodonzia.
Risultati: I risultati raggiunti clinicamente con l’utilizzo della microchirurgia ortodontica confermano una riduzione dei
tempi di trattamento globale, con preservazione dei tessuti parodontali ed assenza di riassorbimenti radicolari.
Conclusioni: L’approccio al paziente ortodontico utilizzando corticotomie interdentarie, risulta particolarmente
indicato in soggetti con biotipo gengivale sottile o con danni parodontali stabili.