Atti del Simposio
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Atti del Simposio
LA PERCEZIONE DELL’ESTETICA FACCIALE: ODONTOIATRI, MEDICI E GENTE COMUNE A CONFRONTO Di Giandomenico D., Leopardi M., Andreoli A., Parziale V., Chimenti C. Dipartimento di Scienze Chirurgiche - Ortodonzia - Università degli Studi di L’Aquila Introduzione: poiché l’estetica è un aspetto fondamentale per l’ortodonzia, abbiamo valutato se i parametri su cui essa si basa, siano realmente percepiti. Questo studio, iniziato nell’ottobre 2008, nasce dall’intento di voler valutare come i medici, gli odontoiatri ed in particolare gli ortodontisti italiani percepiscano l’estetica facciale. Successivamente lo studio è stato allargato alle persone comuni, per vedere se e come alcuni parametri estetici fossero percepiti anche nella popolazione normale. Obiettivi: evidenziare la presenza di parametri estetici universali nella valutazione del sorriso e dell’estetica facciale. Materiali e metodi: è stato creato un questionario per raccogliere dati statisticamente significativi. Sono state effettuate foto di cinque differenti sorrisi per valutare la loro gradevolezza (quesito 1): a. Sorriso con affollamento e discromie biancastre; b. Sorriso con rapporto di terza classe scheletrica, cross-bite monolaterale e linea mediana deviata; c. Sorriso con diastema e rapporto dento-dentale deviato; d. Sorriso con eccesso verticale mascellare (sorriso gengivale); e. Sorriso trattato (ideale). Poi sono state effettuate foto del profilo (con e senza sorriso), frontali (con e senza sorriso), in seguito modificate con il programma Adobe Photoshop per valutare: la simmetria del viso (quesito 2); l’impatto del sorriso nel viso (quesito 3); l’impatto degli occhi sul viso (quesito 4); la divergenza sul piano frontale senza e con la variazione degli angoli goniaci (quesiti 5 e 6); la divergenza sul piano frontale considerando il labbro inferiore (quesito 7); la divergenza sul piano sagittale nelle foto di profilo con sorriso (quesito 8); la percezione della sagittalità (quesito 9); la divergenza sul piano sagittale nelle foto di profilo senza sorriso (quesito 10). Il questionario è stato proposto sottoforma di intervista a due popolazioni: - 216 soggetti di varie categorie professionali (odontoiatri, ortodontisti, medici); - 210 soggetti di diversa età, estrazione sociale, vari titoli di studio e ambiti lavorativi. I dati sono stati importati in SPSS ver.14. usando un metodo di analisi statistica univariata. Risultati: nel campione totale (426 soggetti) è emerso che il sesso non influisce sulla scelta dei sorrisi a, b, c, d, e, mentre la scelta del sorriso a è influenzata dall’età. Confrontando gli odontoiatri e simili con le persone comuni, la professione influenza la scelta dei sorrisi a, b, e ed anche le risposte dei quesiti 4, 7, 9 e 10. Dal confronto tra odontoiatri e ortodontisti, l’età influenza la scelta del sorriso e, il sesso influenza la scelta dei sorrisi c e d e vi è differenza di risposta nella scelta dei sorrisi b, d, e. L’età influenza le risposte dei quesiti 2 e 4 e vi è una differenza di preferenza nei quesiti 4 e 10. Conclusioni: in generale il sesso e l’età non influenzano la scelta dei sorrisi. Il sorriso e è considerato il più bello da una percentuale maggiore di medici e odontoiatri, mentre la maggioranza delle persone comuni sceglie il sorriso b poiché non considerano tutti i parametri oggettivi, i quali invece acquistano grande importanza tra gli ortodontisti. Gli odontoiatri e le persone comuni hanno una diversa percezione dell’impatto degli occhi sull’aspetto del viso e dei difetti di proporzioni sui piani verticale e sagittale. Esiste una divergenza di pareri tra odontoiatri e ortodontisti, gli ortodontisti risultano nella maggior parte dei casi concordi nelle preferenze. REGISTRAZIONE DI MOVIMENTI MANDIBOLARI CON SISTEMI OPTOELETTRONICI Andreoli A., Di Giandomenico D., Leopardi M., Alonzi S., Chimenti C. Dipartimento di scienze chirurgiche –Ortodonzia- Università degli studi dell’Aquila Introduzione: Il movimento mandibolare è permesso e condizionato dallo stato di conservazione delle superfici articolari, determinato dall’attività muscolare e modulato dai menischi; ciò induce ad affermare che l’analisi dello stesso informa sullo stato di salute e di equilibrio proprio dell’articolazione. Obiettivi: Questo studio vuole presentare il 3d Tele Motion Tracking, un’ apparecchiatura stereofotogrammetrica appartenente alla classe dei sistemi optoelettronici “a diffusione”, e lo sviluppo di un protocollo personalizzato, associato al software di tale macchinario, per la registrazione di movimenti mandibolari nei tre piani dello spazio. Materiali e metodi: Il presente lavoro è stato condotto su tre maschi e sette femmine di età compresa tra 15 e 47 anni in dentizione permanente nel reparto di Ortognatodonzia e Gnatologia della Clinica Odontoiatrica dell’ Università degli studi di L’Aquila. Cinque di questi pazienti sono giunti alla nostra attenzione per risolvere una problematica a livello dell’ATM, riferendo sintomi quali click e dolore articolare. Gli altri cinque pazienti invece avevano una storia clinica priva di qualsiasi sintomo o disturbo dell’ ATM. Ad ogni paziente è stato effettuato un esame kinesiografico con 3D Tele Motion Tracking. Risultati: Tramite il 3d-TMT siamo riusciti a rilevare e ad analizzare, tramite marker passivi catarifrangenti posizionati in precisi punti anatomici, i movimenti mandibolari effettuati durante le diverse analisi (massima apertura, protrusione e lateralità) del protocollo. Dai risultati ottenuti si evince che il 3d-TMT è uno strumento affidabile e di facile utilizzo, che riesce efficacemente ad oggettivare la funzione dell’apparato stomatognatico in modo veloce e non invasivo , rappresentatando graficamente la dinamica mandibolare e tenendo inoltre conto delle alterazioni posturali durante l’esame kinesiografico. Conclusioni: complessivamente questo strumento, utilizzato in sinergia con altri esami diagnostici, offre un quadro completo della situazione artro-mio-discale sia nelle singole componenti sia nella sua globalità. Quindi si impone un suo utilizzo nelle fasi diagnostiche del trattamento ortognatodontico, sia nei pazienti con disfunzioni temporomandibolari, per individuare il tipo di patologia e l’eziopatogenesi, sia nei pazienti non disfunzionali, per effettuare uno screening completo della salute dell’ATM. FIBRODISPLASTIC BONE LESIONS IN ORTHODONTIC PATIENT Leopardi M., Di Giandomenico D., Andreoli A., Lucci M., Chimenti C. Department of Surgery Science – Orthodontics - , University of L’Aquila Introduction: In the clinical practice, more often than we expect, we can observe primarily clinical manifestations, at Stomatognathic level, of systemic syndrome not still diagnosed. In these cases we are called in primis to start diagnostic process of the syndrome and also to treat these patients examining more aspects than ones we usually evaluate. The McCune-Albright Syndrome (MAS) belong to this group, infact it can show clinical manifestations at Stomatognathic level. The MAS is a rare disease, more frequent in female than male, results from somatic mutations of the GNAS1 gene, specifically mutations in the cAMP regulating protein, Gs alpha, with estimated prevalence between 1/100,000 and 1/1,000,000. It is classically defined by the clinical triad of fibrous dysplasia of bone (FD), café-au-lait skin spots, that usually appear in the neonatal period, and precocious puberty (PP). Diagnosis of MAS is usually established on clinical grounds. Plain radiographs are often sufficient to make the diagnosis of FD and biopsy of FD lesions can confirm the diagnosis. In addition to PP, other hyperfunctioning endocrinopathies may be involved including hyperthyroidism, growth hormone excess, Cushing syndrome, and renal phosphate wasting; some of this endocrinopathies can further influence bone metabolism. Objective: In this work we report maxilla’s clinical manifestations of a patients affected of McCune-Albright Syndrome (MAS) and consequent Orthodontics involvements and therapy. Materials and Methods: we report a case of male patient 8 years-old, arrived at Orthodontic Department of the University of L’Aquila to resolve a problem of anterior open-bite. In the clinical exam we observe a small swelling of left emi-maxilla in the zone corresponding to apex roots of 16 and under the gems of 14 and 15. From the Rx-OPT exam we can observe radio-opaque area in the over-mentioned zone. From the Tc-Dentascan exam we can observe dysplasic bone lesion. Results: anterior open-bite was solved and later on, the individuation of bone lesion bring to the diagnosis of McCuneAlbright Syndrome (MAS). Then the bone lesion was ablated surgically. Conclusions: it’s always useful to have diagnostic doubts about atypical clinical manifestations at the stomatognathic level, in fact often they are local signs of a systemic syndrome. The knowledge of that, is important for patient’s health, and also useful during our treatment. CBCT: APPLICAZIONI NELLA DIAGNOSI ORTOGNATODONTICA Laffranchi L, Dalessandri D, Fontana P Dental School, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia,Università di Brescia Introduzione: La tecnologia Cone Beam Computed Tomography (CBCT) utilizza un fascio conico, che si irradia dalla sorgente di raggi X a forma di cono e che comprende un grande volume con una sola rotazione sul paziente. Le immagini vengono poi ricostruite utilizzando algoritmi di produrre immagini 3D ad alta risoluzione. Obiettivi: Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare la fattibilità di realizzazione di CBCT nei pazienti con sindromi diverse, non solo geneticamente determinate, che avevano bisogno di una TAC in considerazione della particolare complessità dei casi in esame, e considerando la necessità di una diagnosi accurata per stabilire il più preciso e mirato piano di trattamento possibile. Materiali e metodi: Nella prima parte del nostro studio abbiamo considerato l'uso di CBCT in un paziente con un canino incluso, poi abbiamo analizzato il caso di un paziente affetto da Displasia Cleidocranica (CCD). continuando abbiamo valutato il caso di un paziente affetto da Picnodisostosi, un osteosclerosi determinata geneticamente, autosomica recessiva, legata alla carenza di catepsina K, pazienti che necessitavano di chirurgia maxillo-facciale e non per ultimi pazienti con asimmetrie mandibolari. Le ricostruzioni 3D sono state elaborate tramite il software InVivoDental Anatomage. Risultati: Le osservazioni radiologiche effettuate attraverso l’uso della CBCT hanno permesso una accurata indagine diagnostica, una precisa valutazione dell’anatomia ossea e dentale e delle relazioni e rapporti tra strutture ossee e dentali, che hanno portato a formulare una più corretta diagnosi e prognosi dei casi oggetto di esame. Conclusioni: Pensiamo che i risultati CBCT comprese le informazioni dettagliate circa l'anatomia del mascellare superiore e inferiore, gli elementi dentali ed il loro rapporto con le strutture anatomiche circostanti e la posizione spaziale siano importanti per formulare una diagnosi corretta. La possibilità inoltre di un ricostruzioni 3D con programmi dedicati rende possibile effettuare una corretta diagnosi, prognosi e terapia in pazienti affetti da dismorfismi maxillo-facciale. VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI UN SISTEMA MONOUSO DI MONITORAGGIO DELLE PARAFUNZIONI MASTICATORIE Authors: Bruno F.; Gavioli S.; Frau G.; Piras V. Università degli Studi di Cagliari. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Introduzione : Spesso i pazienti con parafunzioni non hanno la percezione della loro patologia, il primo passo verso una terapia è l’acquisizione della consapevolezza della disfunzione.Il Bite strip si configura come un holter elettromiografico monouso applicabile dal paziente stesso sulla guancia sinistra, ed utilizzabile per il monitoraggio delle parafunzioni durante l’arco di una notte. Obiettivi del lavoro: Valutazione delle finalità e dell’ efficacia del monitoraggio delle parafunzioni masticatorie tramite un dispositivo monouso. Materiali e metodi : è stato monitorato un gruppo di soggetti costituito da 13 pazienti selezionati in base alla presenza di almeno uno o più dei seguenti segni clinici di parafunzione: marcatura linea alba, impronte dentali sulla lingua, faccette di usura. Criterio di esclusione assoluto è stata la presenza di sintomatologia soggettiva. Sono stati utilizzati per la registrazione notturna un dispositivo Bite strip monouso per valutare la quantità di contrazioni muscolari dei pazienti. Successivamente i pazienti sono stati sottoposti ad un tracciato elettromiografico di superficie (J&J. I 430) durante la mattinata successiva al fine di ricercare i segni strumentali delle parafunzioni rilevate dal dispositivo monouso notturno . Quindi per ogni paziente sono state eseguite 2 valutazioni : la prima attraverso il Bite strip che monitorava percentualmente il numero delle contrazioni, la seconda valutava l’intensità delle contrazioni muscolari a carico del massetere e del temporale anteriore per 5 ore. Risultati: I pazienti che hanno rilevato un numero significativo di contrazioni attraverso l’analisi ottenuta con il Bite strip hanno confermato all’esame elettromiografico una correlazione significativa di parafunzione. Conclusioni: I risultati della ricerca hanno evidenziato nei soggetti positivi al Bite strip e successivamente sottoposti ad un esame elettromiografico una correlazione diretta tra contrazioni muscolari e parafunzioni. In tal senso il Bite strip, dispositivo semplice nel suo funzionamento e di facile utilizzo per il paziente, si è rilevato un utile ausilio nella diagnosi delle parafunzioni e nella sensibilizzazione del paziente a tale riguardo. ANALISI TRIDIMENSIONALE AL FEM DI UN INCISIVO CENTRALE SOTTOPOSTO A CARICHI VESTIBOLARI E LINGUALI. Lombardo Luca, Attorresi Laura, Guarneri Maria Paola, Panza Chiara, Giuseppe Siciliani Università degli Studi di Ferrara INTRODUZIONE: Lo scopo di questo studio è quello di analizzare dal punto di vista meccanico un sistema formato da un incisivo inferiore e dalla corrispondente regione ossea. Tale sistema è stato sottoposto a diverse condizioni di carico riconducibili all’applicazione di un bracket ortodontico, sia sul lato vestibolare che sul lato linguale, per mettere in luce le differenze fra i due tipi di trattamenti. MATERIALI E METODI: Utilizzando una Cone-Beam Computer Tomography (CBCT) di un incisivo inferiore, ne è stato realizzato un modello geometrico tridimensionale e quindi un modello agli elementi finiti, comprensivo di dente, segmento osseo e legamento parodontale. Al modello sono stati applicati diversi sistemi di forze, sia singole (orizzontale, verticale e laterale) che composte (orizzontale e verticale, orizzontale, verticale e momento antiorario), al centro della corona clinica su entrambe le superfici dentali. RISULTATI: Lo spostamento istantaneo del dente lungo la direzione vestibolo-linguale dovuto all’applicazione del carico è stato considerato per valutare il tipo di movimento generato dai diversi sistemi di forze. La sollecitazione sull’ osso e sul legamento parodontale nella stessa direzione invece è stata considerata per valutare lo stato tensionale in questa zone e le differenze riscontrabili a seconda del lato di applicazione dei carichi. CONCLUSIONI: Dalle simulazioni effettuate, si riscontra che la regione di applicazione delle forze e quindi del bracket influisce sul movimento del dente solo quando è presente una componente di tipo intrusivo. Nei casi in cui questa si presenta infatti può essere più o meno conveniente eseguire un trattamento piuttosto che un altro a seconda del movimento finale che il dente deve eseguire. Dalle simulazioni effettuate, si riscontra uno spostamento di tipo prevalentemente corporeo quando è presente una forza verticale applicata sulla superficie linguale; nei casi di sistemi di forze composte lo spostamento è essenzialmente rotativo (tipping); infine nel gruppo delle forze composte e momento antiorario quando il vettore viene applicato sulla superficie vestibolare si riscontra un movimento intrusivo prevalentemente corporeo. TRATTAMENTO CON APPARECCHIATURA INVISALIGN: CASE REPORT Guarneri MP. ,Oliverio T. e Siciliani G. Università degli Studi di Ferrara Cattedra di Ortognatodonzia (Direttore: G.Siciliani) Presentiamo un caso clinico trattato con apparecchiatura INVISALIGN. La diagnosi è di prima classe scheletrica e prima classe dentale molare e canina; morso aperto dentoalveolare di 4 mm, affollamento di grado lieve nell’arcata superiore e inferiore. Si è richiesto ad Align Technology di risolvere l’openbite mediante la sola estrusione degli incisivi e canini superiori e inferiori e di risolvere l’affollamento degli incisivi superiori riallineando gli stessi nello spazio ottenuto tramite stripping. Iniziale lato destro Iniziale bocca frontale Iniziale lato sinistro Iniziale teleradio Iniziale frontale Iniziale profilo Iniziale sorriso Iniziale occlusale sup. Iniziale occlusale inf. Iniziale openbite Piano di trattamento: Apparecchiatura Invisalign prodotta da Align Technology di Santa Clara, California programmata per: Iniziale OPT •Arcata superiore: sono stati richiesti a inizio trattamento attachment bisellati orizzontali rettangolari spessi 1 mm gengivalmente e 0,25 occlusalmente sui denti 11-12-21-22 per favorire l’estrusione e contemporaneamente è stato richiesto IPR da .2mm da canino a canino. •Arcata inferiore: sono stati richiesti attachments ovali spessi 1 mm sui denti 31-32-33-41-42 sempre per l’estrusione, mentre su 43 un attachment bisellato spesso 1 mm distale e 0.25 mm mesiale per favorire la derotazione a soli 2 gradi per allineatore. Inizio terapia: settembre 2007 Durante il primo appuntamento sono stati bondati gli attachments previsti. La paziente ha iniziato la terapia cambiando gli allineatori sempre ogni 14 giorni, indossandoli per 22 ore al giorno. La paziente è stata controllata con cadenza mensile. Gli allineatori previsti erano 35 per l’arcata superiore e 15 per l’arcata inferiore. La paziente, soddisfatta del risultato raggiunto, non ha avuto necessità di rifinitura del caso. L’estrusione richiesta è avvenuta lentamente a .12 mm per allineatore e precisamente di 3 mm a livello degli incisivi superiori e di 1 mm a livello degli incisivi inferiori. Fine terapia: marzo 2008 Finale OPT Finale frontale Finale profilo Finale lato destro Finale frontale Finale occlusale sup. Finale occlusale inf. Finale lato sinistro Finale sorriso Finale teleradio A nostro parere la tecnica Invisalign si è dimostrata sufficientemente adeguata a risolvere il caso con un buon risultato estetico e funzionale. La paziente è rimasta soddisfatta del risultato ottenuto anche grazie ai vantaggi estetici e alla non invasività del trattamento VARIAZIONE DELLA BASE CRANICA IN PAZIENTI CON CROSSBITE TRATTATI CON ESPANSORE RAPIDO DEL PALATO E NON TRATTATI: RISULTATI A UN ANNO DI DISTANZA. Poli F, Migliorati M, Ugolini M, Gambino A, Silvestrini Biavati A. Corso di Laurea Specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentaria; Insegnamento di Ortognatodonzia e Gnatologia (Titolare: Prof. A. Silvestrini Biavati), Università degli Studi di Genova Scopi del lavoro Obiettivo dello studio è verificare se si instaurano modificazione della base cranica (Basion) nei pazienti con crossbite un anno dopo espansione rapida del palato (ERP) rispetto a un gruppo con crossbite non trattato. Materiali e metodi Sono stati selezionati in modo retrospettivo e consecutivo un gruppo di 30 pazienti trattati con RPE (età media 8,0; DS 1,6) di razza caucasica. L'espansione è avvenuta effettuando 2 attivazioni al giorno (0.20 mm per attivazione) fino all'ipercorrezione del crossbite posteriore. Conclusa l'espansione, la vite è stata bloccata con un filo in acciaio per un periodo di 6 mesi. Il gruppo di studio è stato confrontato con un gruppo di controllo non trattato formato da 15 soggetti (età media 7,5; DS 1,0), selezionati per sesso e maturazione scheletrica (compresa tra il primo e il terzo stadio secondo il metodo CVM). Sull’analisi cefalometrica sono stati valutati: quattro misurazioni lineari (S-SOS, S-Ba, Ba-N e Ba-SOS) relative alla sincondrosi sfeno-occipitale, i cui valori sono stati correlati con altre quattro misurazioni , 2 sagittali e 2 verticali (SNA°, SNB° e S-N/Go-Me°, AFH/PFH%). Per tutte le variabili sono stati eseguiti i test di statistica descrittiva . Il gruppo ERP è stato confrontato con il gruppo di controllo utilizzando il T-test. E' stato inoltre valutato l'errore sulle misurazioni cefalometriche. Risultati I dati ottenuti indicano una differenza statisticamente significativa tra il gruppo controllo e il gruppo RPE in due delle quattro misurazioni lineari (SOS-Ba e S-Ba). Questa differenza tuttavia non è altrettanto significativa da un punto di vista clinico poiché non correlata con modificazioni scheletriche anteroposteriori o verticali. Conclusioni I risultati dimostrano che il trattamento con ERP provoca a medio termine, modificazioni statisticamente significative a livello di 2 delle 4 misurazioni lineari relative alla sincondrosi prese in considerazione. Tali modificazioni non risultano essere però altrettanto significative dal punto di vista clinico poiché non influiscono la tipologia di crescita scheletrica dei pazienti. LA DISTALIZZAZIONE DEI MOLARI MASCELLARI NEL PAZIENTE ADULTO: STUDIO MULTICENTRICO RETROSPETTIVO Mattia Fontana Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio Gli effetti dentoscheletrici della distalizzazione molare sono stati ampiamente analizzati in pazienti in crescita, mentre quelli relativi a pazienti non in crescita sono carenti. Pertanto, lo scopo dello studio è stato fornire dati relativi ai cambiamenti dentoalveolari e scheletrici che avvengono in pazienti adulti a seguito di distalizzazione molare. Il campione di questo studio multicentrico retrospettivo è consistito in 46 soggetti selezionati presso 4 studi privati di specialisti Orthodontic Board Certified, i quali presentavano una malocclusione di II classe ed erano stati trattati con una meccanica di distalizzazione. Le misurazioni sono state fatte su cefalometrie all’inizio (T1) e alla fine del trattamento complessivo (T2). Le misurazioni iniziali e finali e i cambiamenti indotti dal trattamento sono stati confrontati attraverso un t-test per dati appaiati o un test di Wilcoxon per dati appaiati. I risultati dello studio mostrano che il tempo di trattamento è stato più lungo in pazienti adulti che in pazienti adolescenti riportato in altri studi. I molari mascellari possono essere distalizzati in pazienti adulti, ma talvolta rimane un leggero tipping distale della corona alla fine del trattamento. Il movimento distale del primo molare ha contribuito per il 57.6% nella correzione della II classe, mentre il movimento mesiale del primo molare inferiore ha contribuito per il 42.4%. L’overjet si è ridotto principalmente per una endoinclinazione degli incisivi superiori ed una vestibolarizzazione degli incisivi inferiori, e il piano occlusale ha subito una rotazione oraria. Quando la distalizzazione dei molari mascellari viene effettuata in un paziente a fine crescita potrebbe verificarsi una rotazione oraria della mandibola ed un aumento dell’altezza facciale inferiore. DISTALIZZAZIONE DEI MOLARI SUPERIORI: MGBM-SYSTEM E PENDOLUM, DUE METODICHE A CONFRONTO Lisa Mariani Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio OBIETTIVI: Confrontare gli effetti estetici, scheletrici, dento-alveolari risultanti dall’utilizzo di due diverse meccaniche di distalizzazione molare, l’MGBM-System e il Pendulum, utilizzate per il trattamento di malocclusioni di II classe. MATERIALI E METODO: sono stati selezionati 30 pazienti trattati con MGBM-System (15 maschi e 15 femmine) e 27 pazienti trattati con il Pendulum (15 maschi e 12 femmine), con un ‘età media rispettivamente di 13,3 e 12,8 anni. La durata della fase di distalizzazione è stata in media di 8 mesi per il gruppo MGBM-System e di 10,5 per il Pendulum. Sono state raccolte e analizzate le teleradiografie latero-laterali e i modelli in gesso pre e post distalizzazione. RISULTATI: Sia l’MGBM-System che il Pendulum sono meccaniche capaci di garantire la distalizzazione dei molari superiori e l’ipercorrezione di classe molare, senza significative differenze a livello di inclinazione distale dei molari superiori. L’MGBM-System ha mostrato tuttavia una maggior distalizzazione molare e una ridotta perdita di ancoraggio a livello degli incisivi superiori. La perdita di ancoraggio a livello premolare non ha mostrato differenze significative nei due gruppi. La velocità di distalizzazione molare è risultata maggiore nel MGBMSystem rispetto al Pendulum di circa 1,5 mesi. L’MGBM-System ha portato una maggiore inclinazione del piano occlusale ad una maggiore post-rotazione mandibolare rispetto al Pendulum. Significativa è la maggior rotazione mesio-buccale dei primi e secondi molari superiori ottenuta nel gruppo MGBM-System rispetto al gruppo Pendulum. CONCLUSIONI: Entrambe le apparecchiature si sono mostrate efficienti ed efficaci nell’ottenere una rapporto di I classe molare. Essendo l’ MGBM-System una nuova meccanica di distalizzazione si ritengono tuttavia necessari ulteriori studi a fine trattamento ortodontico e nel post-contenzione per verificare la stabilità a lungo termine dei trattamenti. VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI CLINICI E MICROBIOLOGICI DEL SISTEMA INVISALIGN E DELL’APPARECCHIATURA ORTODONTICA FISSA SULLA SALUTE PARODONTALE Federico Migliori Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio Introduzione: L’uso di apparecchi ortodontici rimovibili può evitare effetti negativi sulla salute parodontale permettendo ai pazienti di compiere le manovre di igiene orale senza la presenza di ostacoli. Lo scopo di questo studio prospettico randomizzato è stato quello di valutare i cambiamenti microbiologici e clinici che avvengono in pazienti adulti durante i primi tre mesi di terapia ortodontica con apparecchiatura fissa e il sistema Invisalign® Metodi: L’indice di placca, la profondità di sondaggio, il sanguinamento al sondaggio, la compliance e campioni microbici subgengivali sono stati valutati in 20 pazienti in trattamento con il sistema Invisalign® e con apparecchiatura ortodontica fissa. Dieci pazienti aggiuntivi non in trattamento ortodontico sono stati utilizzati come gruppo controllo. I campioni microbiologici sono stati analizzati attraverso PCR real time per individuare patogeni parodontali e la quantità di biofilm microbico. Una comparazione statistica è stata effettuata tra i tre gruppi nel corso dei tre mesi analizzati. Risulati: Il gruppo che ha mostrato il più basso livello di biofilm microbico è stato quello trattato con il sistema Invisalign®. Un’influenza diretta del trattamento ortodontico sulla compliance è stato trovato principalmente in quei pazienti che non hanno mantenuto un alto livello di igiene orale, nei quali il sistema Invisalign® ha mostrato una evoluzione positiva della compliance. Solo un paziente trattato con apparecchiatura ortodontica fissa è risultato essere positivo per un anaerobio parodontopatogeno. Conclusioni: il sistema Invisalign® ha evidenziato sempre un livello di biofilm microbico inferiore se comparato al gruppo trattato con apparecchiatura ortodontica fissa, in particolar modo in pazienti con una scarsa compliance. ESPANSIONE LENTA MAXILLARE NEL PAZIENTE ADULTO: STUDIO PILOTA Pasquale Mobrici Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio Introduzione: La letteratura è concorde nell’affermare che il trattamento ideale del deficit trasversale del mascellare superiore nel paziente adulto, consista nella terapia ortodontico-chirurgica. Spesso i pazienti rifiutano tale trattamento e richiedono una soluzione alternativa che è rappresentata dall’espansione dentoalveolare. Tale metodica presenta però diversi inconvenienti come danni parodontali e tipping eccessivo degli elementi di ancoraggio. L’ ELA (espansore lento ammortizzato) nasce con lo scopo di minimizzare tali effetti indesiderati. Il dispositivo è in grado di generare forze leggere e costanti grazie all’azione di una molla in NiTi compressa. Scopo: Valutare le modificazioni di: ampiezza d’arcata, ampiezza intermascellare, tipping degli elementi di ancoraggio, altezza di corona clinica in pazienti adulti trattati con ELA Materiali e metodi: Lo studio è stato condotto su un campione di 16 pazienti adulti (età media 31,6 anni) che presentavano crossbite medio di 3,2 mm. Delle teleradiografie posteroanteriori di inizio (T0) e fine espansione (T1) sono stati valutati e confrontati i seguenti valori: ampiezza intermascellare (Mxs-Mxd), ampiezza intermolare (MS-MD), inclinazione dei primi molari (1.6^AO, 2.6^AO).Dei modelli in gesso (sezionati distalmente ai primi molari) di inizio (T0) e fine terapia (T1) sono stati valutati e confrontati i seguenti valori: inclinazione dei processi alveolari (IPA), inclinazione dei primi molari (IM), ampiezza intermolare e interpremolare (DI 4,DI 6),altezze di corona clinica (H1.4,H2.4,H1.6,H2.6). Risultati: In tutti i casi selezionati è stata ottenuta la correzione completa del crossbite. L’inclinazione molare (IM) risulta lievemente diminuita alla fine del trattamento ortodontico (-1°).L’inclinazione dei processi alveolari (IPA) risulta aumentata con un incremento medio di 2°.Si evidenzia un’ espansione maggiore a livello dei primi premolari rispetto ai primi molari (4 e 3 mm rispettivamente).L’ altezza di corona clinica aumentano sia a livello molare sia premolare Conclusioni:Il nostro studio dimostra come l’ELA sia in grado di incrementare lo spazio in arcata, soprattutto nella zona premolare. L’espansione del mascellare superiore avviene mediante rimodellamento dento-alveolare grazie all’applicazione di forze leggere e continue, predeterminate per intensità e direzione; ciò consente di ottenere un movimento di espansione molare controllato e pressoché corporeo sul piano frontale. Non si sono evidenziati effetti negativi rilevabili,a livello parodontale. METODO DI SOVRAPPOSIZIONE TRIDIMENSIONALE SU SCANSIONI TOMOGRAFICHE CONE BEAM Giulia Rolla Università degli Studi dell’Insubria Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Alberto Caprioglio Lo scopo del lavoro è quello di proporre un metodo semplice per effettuare la sovrapposizione tridimensionale di tomografie Cone Beam su punti di repere anatomici stabili durante la crescita del paziente, utilzzando il software Mimics (Materialize, Leuven, Belgio). Due pazienti di età media 14 anni in II Classe molare sono stati sottoposti all’esame tomografico pre e post distalizzazione dei primi molari superiori attraverso due terapie differenti: il Pendulum di Hilgers e l’MGBM System. La terapia ha avuto la durata di circa 6-8 mesi. Il risultato ottenuto è stato confrontato con le sovrapposizioni bidimensionali eseguite con due diversi metodi: il “Best Fit” e il metodo strutturale di A.Bjork. L’esame consiste in una tomografia Cone Beam a bassa dose di radiazioni, eseguito attraverso il macchinario ILUMATM (IMETEC Imaging, Ardore, OK, USA), con dimensione voxel 0.3 mm². La procedura di realizzazione è suddivisa in fasi. Il posizionamento delle slice secondo i piani di riferimento è il primo passaggio, in modo da rendere i volumi orientati allo stesso modo. Il secondo passaggio consiste nella segmentazione del volume, per dividere le componenti anatomiche da sovrapporre localmente. Infine le due tomografie sono pronte per essere sovrapposte per punti. Per l’area generale sono sono stati scelti i punti: Apofisi Crista Galli, Pt destro e sinistro, Aposifisi Clioidee Anteriori, per l’area mascellare invece il forame incisivo e il punto PTM destro e sinistro, per la mandibola il forame mandibolare destro e sinistro e il foro mentoniero dentro e sinistro. Le sovrapposizioni ottenute con questo metodo possono considerarsi affidabili se paragonate ai cambiamenti dento-scheletrici rilevati dagli studi effettuati in precedenza e dalle sovrapposizioni bidimensionali. Tuttavia non può considerarsi completo per la mancanza di un procedimento che quantifichi l’entità della variazione visibile tra le due tomografie. Il confronto tra sovrapposizione 2D e 3D ha messo in luce i limiti della prima tecnica e i vantaggi dell’altra. La teleradiografia presenta degli errori di base che non permettono una localizzazione univoca dei punti di repere, attraverso la CBCT è possibile invece valutare ogni compontente del cranio presa singolarmente e i tutte le proiezioni, senza avere ingrandimenti. E’ possibile quindi valutare le variazioni in sagittalità e verticalità in entrambi i lati del paziente, esaminare la posizione condilare e della radice dei denti all’interno del processo alveolare in tre dimensioni. Sicuramente il progresso sta portando a convertire tutti i metodi diagnostici bidimensionali in semplice e completo, permettendone l’utilizzo a tutti i clinici. FORZE RILASCIATE DA FILI IN NITI IN UN “THREE-BRACKETS SYSTEM” Gatto E., Nucera R., Matarese G., Borsellino C., Cordasco G. Corso di Laurea Specialistica di Odontoiatria e Protesi Dentaria. Università degli Studi di Messina. Insegnamento di Ortognatodonzia: Prof. G. Cordasco OBIETTIVO: L’obiettivo di questo studio è stato quello di determinare le forze rilasciate da fili in NiTi 0.014 inches in combinazione con diverse tipologie di brackets. MATERIALI E METODI: Un modello sperimentale a tre brackets è stato utilizzato per simulare il disallineamento sul piano verticale di un canino superiore. Sono stati testati tre differenti sistemi di attacchi: self-ligating passivi (Vision, American Orthodontics), self-ligating attivi (Time 3, American Orthodontics), convenzionali con legature elastiche (Mini Master Series, American Orthodontics). Test di carico-deflessione sono stati condotti su due differenti fili di allineamento in NiTi della stessa dimensione (0.014 inch): un filo termico (Therma Ti-Lite) e un filo superelastico (NiTi Force I) della stessa casa produttrice (American Orthodontics). I fili sono stati ingaggiati in ciascun sistema “three-brackets” e sottoposti a deflessione di 2 e 4 mm alla temperatura costante di 36 °C. I dati relativi alla fase di scarico delle curve di carico-deflessione ottenute, espressione delle “working forces” dei fili, sono stati analizzati statisticamente con test ANOVA. RISULTATI: I risultati mostrano che il sistema di attacchi (self-ligating attivi, passivi e convenzionali), la tipologia del filo (termico e superelastico) e la deflessione del filo (2 e 4 mm) influenzano in maniera statisticamente significativa le forze rilasciate dai fili (p<0.05). Con i brackets self-ligating passivi sono stati registrati i più alti livelli di forza, mentre i più bassi valori sono stati osservati con gli attacchi convenzionali per i più alti livelli di frizione del sistema. Le forze di scarico dei fili termici sono risultate significativamente più basse rispetto a quelle dei fili superelastici della stessa dimensione in tutte le combinazioni con brackets. Una riduzione statisticamente significativa delle “working forces” è stata registrata all’aumentare della deflessione del filo da 2 a 4 mm con entrambe le tipologie di filo. CONCLUSIONI: Le forze rilasciate dai fili in NiTi testati sono influenzate in maniera statisticamente significativa dal sistema di bracket, dalla tipologia del filo e dalla deflessione a cui viene sottoposto. La scelta del filo in NiTi dovrebbe, dunque, essere fatta considerando i differenti livelli di forza che esso produce in relazione alla sua diversa tipologia e al sistema di brackets in cui viene utilizzato. LASER BIOSTIMULATION AND SELF LIGATING APPLIANCES IN ORTHODONTICS: PERIODONTAL REMODELING Authors: Caccianiga G.L., Leonida A. Universita’ Degli Studi Di Milano Bicocca Aim. The use of laser biostimulation in combination with self ligating appliances in order to stimulate the growth of attached gingiva was examinated in 23 teeth erupted in vestibular mucosae, in maxillary and mandibular jaws of 15 patients in a range of age between 11 and 27 years. Self ligating appliances have a low periodontal impact and allow us to achieve a good alignement. Laser biostimulation with diode lasers improves the cellular activities and the periodontal regeneration. Materials and Methods. 15 patients are selected in this protocol research.All patients had canines or premolars in vestibular mucosae, without keratinized gingiva. No active periodontal disease (no BOP and gingival recessions). 18 canines (16 in the upper jaw and 2 in mandible) and 5 premolars (4 in mandible and 1 in maxilla) were involved. No BOP and CAL loss at the start of the orthodontic treatment. Every patient was treated with self ligating appliances (Time2/Time3, American Orthodontics). In every orthodontic session (each 34 days as average) the patient was treated with diode laser biostimulation (Wiser /Lambda, G8 Galbiati), for 5 minutes with 600 micron fiber section, on utilizing the Biostimulating machine paremeters (2/4 watt, focalized or defocalized, on depending the laser machine utilized). No termical effects were produced by lasers applications. Results. At the moment of debonding, 23 teeth involved in the research were evaluated in terms of quality and quantity of attached gingiva. BOP and CAL loss were also investigated. 3 patient showed an inflammatory reaction around the crown of the teeth examinated, with BOP + , without loss of CAL. Every tooth considerated, at the end of orthodontic treatment showed a attached gingiva were before (at the start of treatment) were oral mucosae. Conclusions. The combination between self ligating appliances and laser biostimulation could improve the differentation of periodontal ligament’s stem cells in fibroblastes, able to promote attached gingiva around the crown of the teeth erupted in oral vestibular mucosae. RME CON BSNDE VS RME BONDED Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Giannini L., Galbiati G., Maspero C. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: L’ipoplasia del mascellare superiore prevede come terapia d’elezione l’espansione ortopedica della sutura palatina. Fu Angel nel XIX secolo a studiare per primo gli effetti ottenibili grazie all’espansione palatale. Obiettivi:Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare su teleradiografie latero-laterali i valori cefalometrici prima e dopo trattamento con l’espansore rapido del palato su bande e di quello con docce in resina. Si è voluto valutare se vi fossero differenze significative nei tre piani dello spazio dopo l’attivazione delle due apparecchiature e verificare in quali situazioni cliniche sia più indicata un’apparecchiatura rispetto a un’altra. Materiali e Metodi: Questo studio è stato eseguito su 60 pazienti (30 maschi e 30 femmine) tra i 6 e i 15 anni con crossbite latero-posteriori dovuti a ipoplasia del mascellare. I pazienti sono stati quindi suddivisi in due gruppi di 30 pazienti ciascuno (15 maschi e 15 femmine). Per il primo gruppo è stato utilizzato un espansore rapido del palato tipo Hyrax cementato sui primi molari superiori e sui quinti decidui; il secondo gruppo è stato trattato invece con un espansore rapido del palato con docce in resina. Risultati:I pazienti trattati con RME tipo Hyrax non hanno evidenziato variazioni statisticamente significative nella posizione sagittale del mascellare superiore, della mandibola e della classe scheletrica, mentre si è avuto un aumento significativo dell’angolo cranio-spinale dovuto alla postrotazione del piano bispinale e ad un aumento dell’angolo cranio-mandibolare. Nel gruppo di pazienti trattati con con l’RME con docce in resina si è verificato un aumento statisticamente significativo dell’angolo SNB e ad una riduzione statisicamete significativa dell’angolo craniomandibolare. Non si sono riscontrate variazioni significative nei valori di SNA,ANB,SN-SNP,SNA. Conclusioni: entrambe le apparecchiature sono in grado di ottenere in modo sovrapponibile la disgiunzione trasversale della sutura palatale. Nei pazienti con aumentata dimensione verticale anteriore si è osservato che l’espansore bondato con docce in resina consente un migliore controllo sul piano verticale. DISGIUNZIONE CHIRURGICA vs ORTOPEDICA Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Galbiati G., Giannini L., Maspero C. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: Il trattamento d’elezione del deficit trasverso del mascellare superiore è l’ espansione rapida del palato, che, a seconda dell’età, può essere di tipo ortopedico o chirurgicamente assistito. Obiettivi: Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare le modificazioni scheletriche sul piano verticale, sagittale e trasverso in pazienti a fine crescita, sottoposti a espansione chirurgica assistita del mascellare superiore, e confrontare tali risultati con quelli ottenuti in soggetti in fase dinamica a fine crescita, trattati con disgiunzione ortopedica. Materiali e Metodi:Sono stati presi in esame due gruppi di pazienti, tutti con cross-bite bilaterale posteriore: il primo formato da 6 soggetti a fine crescita, il secondo da 18 pazienti in fase dinamica di crescita. Per ogni paziente sono stati eseguiti, prima e dopo il trattamento, una teleradiografia in proiezione latero-laterale e postero-anteriore del cranio, modelli in gesso delle arcate dentarie e fotografie intraorali. Risultati:Dopo l’ espansione, in entrambi i gruppi aumentano le dimensioni trasversali del mascellare superiore e della cavità nasale, la larghezza dell’ arcata superiore e inferiore. Non si registrano invece modificazioni verticali significative. Sul piano sagittale, l’ angolo ANB tende ad aumentare nelle III classi scheletriche ma rimane invariato nelle I e II. Conclusioni:La disgiunzione ortopedica del palato nei soggetti in fase dinamica di crescita e l’ espansione chirurgicamente assistita nei soggetti adulti risultano essere le terapie d’elezione per le discrepanze trasversali del mascellare superiore, indipendentemente dalla classe scheletrica e dai rapporti verticali. Le II classi scheletriche e gli open-bite scheletrici non possono essere considerati una controindicazione assoluta alla disgiunzione. TRATTAMENTO NON CHIRURGICO DI PAZIENTI AFFETTI DALLA SINDROME DI CROUZON Autori: Begnoni G.*, Galbiati G., Rossini G., Giannini L., Maspero C. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: Lo scopo di questo lavoro consiste nel presentare il trattamento non chirurgico di due casi clinici di pazienti affetti da sindrome di Crouzon, la più frequente forma di sinostosi craniofaciale caratterizzata da una fusione prematura delle suture superiori e inferiori della maxilla lungo la parete dell’ orbita. L’incidenza di questa malattia è di 1 su 25000 con una frequenza che va dal 4.5 al 4.8%. Essa è riscontrabile alla nascita o nella prima infanzia e presenta una grande variabilità di forme. L’ arresto dello sviluppo interessa la maxilla, l’ orbita e il volto e le alterazioni riguardano soprattutto la dimensione sagittale della faccia. Il segno più caratteristico della malattia è l’iposviluppo del terzo medio della faccia con esoftalmo. Obiettivi:In questo lavoro si è voluto documentare e descrivere, il trattamento ortodontico e ortopedico di due casi di due sorelle affette da Sindrome di Crouzon. Materiali e Metodi: Sono state sottoposte all’ attenzione del reparto di Ortognatodonzia della Clinica Odontoiatrica dell’ IRCCS Cà Granda-Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano, due sorelle affette da Sindrome di Crouzon. Si è deciso di optare per un trattamento non chirurgico utilizzando apparecchiature ortopediche e ortodontiche. Risultati: La scelta di trattare le due pazienti pervenute alla nostra attenzione con metodiche non chirurgiche ha permesso di ottenere ottimi risultati sia in termini di estetica che di migliormaento della funzionalità dell’ apparato stomatognatico. Conclusioni: Al termine della terapia ortopedica ed ortodontica si sono raggiunti ottimi risultati estetici e funzionali SUCCHIAMENTO NON NUTRITIVO: REVISIONE DELLA LETTERATURA Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Giannini L., Galbiati G., Maspero C. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato INTRODUZIONE: Il succhiamento non nutritivo è una abitudine viziata che causa frequentemente malocclusione. OBIETTIVI: Lo scopo di questo lavoro consiste nell’effettuare una revisione sistematica della letteratura riguardo l’abitudine al succhiamento non nutritivo. MATERIALI E METODI: È stata effettuata una revisione sistematica della letteratura tramite la banca dati Medline [www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed]. Per effettuare la ricerca, sono state scelte le parole chiave “thumbsuckinghabit, digitalsuckinghabit, finger suckinghabit, non nutritive suckinghabit” . Particolare attenzione è stata posta riguardo all’epidemiologia, all’eziologia, agli effetti del succhiamento e alle opzioni terapeutiche. RISULTATI: Si evidenziano gli effetti di tale abitudine viziata a livello dell’apparato stomatognatico, le possibilità terapeutiche e le corrette tempistiche. CONCLUSIONI: Dall’analisi della letteratura effettuata, appare evidente la necessità da parte dell’odontoiatra di conoscere i fenomeni legati a tale abitudine viziata per potere diagnosticarla, avvertire e motivare i genitori ed il paziente, e mettere in atto strategie preventive e terapeutiche. Il successo dipende infatti dalla motivazione e collaborazione dei pazienti e dei familiari. CORRELAZIONE TRA DISGNAZIE E DISLALIE Autori: Begnoni G.*, Giannini L., Galbiati G., Rossini G., Maspero C Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. INTRODUZIONE: La contemporanea presenza di malocclusioni e difetti della fonazione è abbastanza frequentemente riscontrata clinicamente. Conoscere se e in che modo queste due alterazioni siano collegate permette di formulare un piano di trattamento adeguato a correggere entrambi i disturbi. OBIETTIVI: Gli obiettivi di questo studio consistono nell’evidenziare la correlazione tra malocclusioni e difetti fonetici e di pianificare un approccio clinico combinato tra ortodonzia e logopedia. MATERIALI E METODI: 880 bambini tra i 6 e i 10 anni di età sono stati esaminati al fine di determinare l’esistenza della relazione tra disgnazia e dislalia. I bambini (448 maschi e 432 femmine) sono stati visitati da un logopedista e da un ortodonzista. Sono stati eseguiti esami approfonditi della struttura faciale e della cavità orale al fine di verificare questa correlazione. RISULTATI: Abbiamo riscontrato una relazione tra disgnazie e dislalie. CONCLUSIONI: Esistono alterazioni agli organi della fonazione ad alla cavità orale provocate dalla dislalia. L’effetto della malocclusione sulla dislalia sembra essere più rilevante, più frequente e aumenta proporzionalmente alla gravità della malocclusione stessa. VANTAGGI DELL’ APPARECCHIATURA SELF-LIGATING NELLE MECCANICHE FRIZIONALI Autori: Begnoni G.*, Rossini G., Giannini L., Galbiati G., Maspero C. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda-Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione:.Presentazione di un caso clinico di un paziente sul quale si sono voluti valutare i vantaggi dell’apparecchiatura self-ligating. Obiettivi:In questo studio si è voluto analizzare l’utilizzo dell’apparecchiatura self-ligating. Materiali e Metodi: Si presenta un caso clinico di un paziente adulto trattato ortodonticamente con metodica self ligating. Risultati:In questo studio si è potuto constatare che questo sistema riduce notevolmente le forze di attrito che ostacolano il movimento di scorrimento, riducendo così, i tempi di trattamento. Inoltre, assicura un buon controllo del tip, del torque e dei movimenti di rotazione, ed è ben accetto per le sue ridotte dimensioni di ingombro mesio-distale. Conclusioni:Tra le diverse apparecchiature fisse che impiegano meccaniche di scorrimento, le apparecchiature selfligating offrono molteplici vantaggi. UTILIZZO DELLA TC CONE BEAM NELL’ANALISI TRIDIMENSIONALE DEI TESSUTI MOLLI DEL MASSICCIO FACCIALE Autori: Begnoni G*., Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Perozeni G., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: La tecnologia radiologica TC Cone Beam permette di analizzare tridimensionalmente e con elevata qualità di immagine sia i tessuti duri che quelli molli del massiccio facciale. Obiettivi: Studiare lo spessore dei tessuti molli in pazienti adulti, esaminando punti di repere scheletrici, mediani e laterali, con misurazioni reali effettuate con TC Cone Beam. Materiali e metodi: I dataset della TC Cone Beam (i-CAT, Imaging Sciences International, Hatfield, Pa) di 10 pazienti in I Classe scheletrica, 10 pazienti in II Classe scheletrica e 10 in III Classe scheletrica sono stati elaborati con l’ausilio del software Materialise Mimics. Di ogni singolo paziente sono stati studiati gli spessori dei tessuti molli, considerando 30 punti ossei, ripartiti in 10 punti mediani e 10 punti laterali omologhi di destra e di sinistra e i corrispettivi punti cutanei. Il valore della distanza fra i punti cutanei e la tangente ai corrispettivi punti ossei rappresenta lo spessore dei tessuti molli. Sono state calcolate le medie e le deviazioni standard delle varie serie di dati. Le misurazioni sono state inoltre confrontate in base alle diverse classi scheletriche. Risultati: Confrontando i dati dei pazienti in I e II classe non si riscontrano sostanziali differenze. Al contrario, nei pazienti in III classe è emersa una variabilità nello spessore dei tessuti molli, soprattutto a carico dei punti dell’eminenza frontale e malare. Conclusioni: Lo studio dello spessore dei tessuti molli ha evidenziato l’esistenza di importanti differenze tra le diverse classi scheletriche. VALORI DELL’ANGOLO ANB: VALUTAZIONE COMPARATIVA TC CONE BEAM VS CEFALOMETRIA 2D Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Perozeni G., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione :Lo sviluppo di nuove tecnologie a supporto dell’ortodontista, quali la TC ConeBeam, pone il caso clinico in una valutazione di tipo tridimensionale. L’analisi tridimensionale necessita di una comparazione con l’analisi cefalometrica tradizionale bidimensionale per poter stabilire le eventuali discrepanze dei valori fisiologici e patologici nelle due differenti metodiche. Obiettivi: Analizzare i valori dell’angolo ANB rilevati sia mediante TC ConeBeam, sia mediante Cefalometria tradizionale 2D, compararli e valutare la eventuale presenza di variazioni significative. Materiali e Metodi: Sono stati reclutati 47 pazienti a partire da un archivio di 300 pazienti sottoposti a TC ConeBeam (i-CAT, ImagingSciences International, Hatfield, Pa). Il criterio di inclusione applicato è stato la presenza di prima classe scheletrica diagnosticata secondo la tradizionale cefalometria di Steiner. Con l’ausilio del software MaterializeMimics 11.11 per ciascun caso è stato calcolato il valore dell’angolo ANB. Successivamente, i dati ottenuti sono stati confrontati con i corrispondenti valori angolari ricavati da tradizionali cefalometrie in proiezione laterolaterale e con quelli ottenuti dalla differenza fra i valori di SNA e SNB. Infine, i risultati ottenuti sono stati analizzati mediante il software MiniTab. Risultati: La differenza tra le misurazioni angolari (ANB) 3D e 2D è risultata 0,28° ± 0,55°. Tale differenza, sottoposta a test statistico di Pearson ha mostrato significatività rilevante. In 3D il valore dell’angolo ANB non coincide con la differenza tra SNA e SNB. Conclusioni: Diversamente dalla cefalometria tradizionale, in cui ANB è il risultato della differenza fra SNA ed SNB, in 3D tale differenza non coincide con il valore di ANB. Il valore calcolato in 3D risente della differente localizzazione verticale e trasversale, oltre che sagittale, dei punti A e B. TRATTAMENTO PRECOCE CON APPARECCHIO FUNZIONALE SU BAMBINI AFFETTI DA ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: Un apparecchio funzionale usato come trattamento precoce nei bambini affetti da artrite idiopatica giovanile è di fondamentale importanza per lo sviluppo delle multifunzioni stomatognatiche. Obiettivi: Lo scopo di questo studio è di suggerire un valido trattamento precoce con apparecchio funzionale durante il progressivo evolversi dell’AIJ sulla crescita e morfologia cranio-facciale. Materiali e metodi: Il coinvolgimento dell’Articolazione Temporo-Mandibolare risulta bilaterale nel 61% e unilaterale nel 39% dei pazienti. Gli autori hanno usato un attivatore bi-mascellare unito ad una placca di distrazione allo scopo di incrementare i movimenti dell’articolazione e modificare in tal modo il pattern di crescita sfavorevole e provvedere alla graduale ante-rotazione della mandibola. Risultati: E’ stato possibile osservare una riduzione della retrusione mandibolare e della discrepanza sagittale tra mandibola e mascella, una riduzione dell’angolo di divergenza, una rotazione antioraria della mandibola, una riduzione dell’angolo goniale, un più lungo ramo mandibolare, e infine una riduzione della discrepanza tra altezza anteriore e posteriore grazie all’aumento dell’altezza posteriore e una posizione del mento più protrusa. Conclusioni: I risultati a lungo termine di questo studio mostrano che una precoce terapia ortodontica sarebbe in grado di ridurre la gravità delle alterazioni facciali, migliorare la crescita mandibolare e condilare, aumentando così la funzione e migliorando il profilo facciale. L’intervento chirurgico per migliorare le funzione dell’Articolazione Temporo-Mandibolare dovrebbe considerarsi solo in casi ristretti e di particolare gravità. BITE IN PMMA: REALIZZAZIONE E VALUTAZIONI CLINICHE Autori: Porcellini G., Begnoni G.*, Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: L’utilizzo della tecnologia CAD/CAM per la costruzione di apparecchi ortodontici e funzionali permette di ottenere molti vantaggi clinici, il presente studio spiega come ottenerli con una tecnica semplice e rapida. Obiettivi: Costruzione di un bite con tecnologia CAD/CAM e valutazione dei vantaggi clinici. Materiali e Metodi: I modelli in gesso, costruiti sulle impronte delle arcate dentarie, sono stati scansionati con tecnica CAD/CAM. Lo scanner utilizza una tecnologia a luce strutturata. La fase CAD genera un’immagine digitale 3D sulla quale è possibile progettare il profilo del bite. Durante la fase CAM, il BITE viene realizzato da un blocchetto di Polimetilmetacrilato (PMMA) di circa 20 mm di spessore. Tale materiale, polimerizzato industrialmente con autoclavi ad alta pressione, impedisce la formazione di monomeri residui e riduce l’assorbimento dell’acqua. Attraverso il passaggio di una gomma siliconica, uno spazzolino di cotone e con pietra pomice si ottiene un ottima lisciatura superficiale. Risultati: Produzione di un BITE previa progettazione digitale. La tecnica di costruzione del D-BITE è standardizzata grazie alle procedure computer-dipendenti. Il materiale offre molti vantaggi clinici. L’assenza di monomeri residui, che possono provocare reazioni allergiche, permette il suo utilizzo anche su soggetti suscettibili. Non subisce facilmente pigmentazioni, che possono generare un risultato estetico nel tempo non soddisfacente. È molto liscio e ciò garantisce un minor accumulo di placca. Conclusioni: Il BITE è stato costruito grazie alla tecnologia CAD/CAM, conseguendo eccellenti risultati biologici ed estetici con una tecnica semplice e rapida. BRACKETS CUSTOMIZZATI: REALIZZAZIONE ATTRAVERSO METODICHE DIGITALI CAD/CAM Autori: Porcellini G., Begnoni G.*, Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Solidoro L., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: La tecnologia CAD/CAM consente tramite la realizzazione di brackets customizzati di standardizzare la terapia ortodontica rendendola semplice e predicibile. Obiettivi: Il nostro scopo è stato quello di descrivere il funzionamento della tecnologia CAD/CAM per la realizzazione di brackets customizzati. Materiali e metodi: Dopo l’acquisizione dei modelli tridimensionali grazie all’utilizzo di uno scanner e di un computer che dispongono di specifici software, viene creato quello che viene definito setup ortodontico virtuale: il software esegue segmentazioni dei singoli elementi dentari che permettono di ottenere la visione 3D dei rapporti dento-alveolari. Il clinico può così variare il tip e il torque, ruotare e traslare gli elementi dentari nei tre piani dello spazio, e simulare in questo modo il trattamento ortodontico desiderato. In base al setup ortodontico, viene poi progettato il design personalizzato dei bracket (fase CAD). Terminata la progettazione, i bracket sono pronti per essere realizzati dalla macchina utensile (fase CAM). Risultati: Il progresso tecnologico rappresentato dalle tecniche CAD/CAM è determinato dalla digitalizzazione del design e dalla produzione computer-dipendente. Conclusioni: I vantaggi che ne conseguono, risiedono in primo luogo nel miglior controllo del ciclo produttivo e nella significativa riduzione di errori e imprecisioni operatore-dipendenti, in secondo luogo nella possibilità di utilizzare materiali sofisticati altrimenti non lavorabili con tecniche tradizionali quali, ad esempio, il titanio grado 5. CEFALOMETRIA 3D vs 2D Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Colombo M., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione: La TC è da sempre uno strumento diagnostico di enorme importanza in molti ambiti della medicina. In campo odontoiatrico l’analisi tridimensionale sta assumendo sempre maggiore importanza; in particolare nella pianificazione del trattamento ortodontico si sta sostituendo alla tecnica cefalometrica tradizionale, facilitando una corretta diagnosi e terapia. Obiettivi: Proporre un metodo semplice, ripetibile e non influenzabile da errori umani, affidandosi all’uso del computer e della TC Cone Beam. Materiali e metodi: Da un archivio di circa 500 TC Cone Beam sono stati selezionati 44 casi con un rapporto di prima classe scheletrica normovertibite simmetrici, di cui 24 femmine e 20 maschi. Le CBCT dei pazienti selezionati sono state processate, poi, con il software Mimics® (Materialise) ed è stata creata la vera e propria cefalometria tridimensionale, la quale prevede 18 punti, di cui 10 mediani e 8 laterali omologhi, identificati su una sezione TC dei tessuti duri e successivamente verificati sulle due rimanenti e sul rendering del volume generato dal software Mimics®. Da questi 18 punti scaturiscono 36 misurazioni, che forniscono informazioni sagittali, verticali e trasversali. Risultati: La dimensione e l’omogeneità del campione e le caratteristiche del metodo presentato permettono di definire dei nuovi parametri di riferimento, calcolabili dall’analisi dei risultati e riportati nella tabella 1. Conclusioni: La tecnica tridimensionale permette di raggiungere risultati migliori e con notevoli vantaggi rispetto alla tecnica tradizionale, in termini di rappresentazione effettiva della realtà, minori possibilità di errore dovuti all’intervento umano, assenza di sovrapposizione di strutture anatomiche e, soprattutto, la possibilità di lavorare utilizzando direttamente le tre dimensioni. RAPPORTI TRA DIMENSIONI VOLUMETRICHE E DIMENSIONI LINEARI MANDIBOLARI NELLA TC CONE BEAM Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione: La TC Cone Beam è un valido strumento diagnostico che consente di ottenere misurazioni nei tre piani dello spazio e perciò di calcolare la dimensione volumetrica della mandibola oltre che le dimensioni lineari Obiettivi: L’obiettivo del presente lavoro è confrontare dimensioni lineari quali la lunghezza, l’altezza e l’ampiezza mandibolare con dimensioni volumetriche reali calcolate su TC ConeBeam. Materiali e Metodi: Sono stati reclutati 25 pazienti afferenti al Reparto di Ortognatodonzia del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche dell’Università degli studi di Milano. I dataset della TC ConeBeam di tali pazienti sono stati elaborati con l’ausilio del software Mimics 11.11 (Materialise). Sono stati quindi calcolati il volume e dimensioni lineari: lunghezza, altezza e ampiezza mandibolare. Il volume è stato poi confrontato con le singole misure lineari utilizzando il software statistico MiniTab. Risultati: Il volume mandibolare e le rispettive dimensioni lineari non sono correlabili tra loro. Conclusioni: Il volume mandibolare reale, calcolato su ConeBeam TC è indipendente dalla lunghezza, altezza e ampiezza della stessa. HERBST: APPLICAZIONI CLINICHE E VANTAGGI DELL'APPARECCHIATURA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Solidoro L., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione: La cerniera di Herbst è un meccanismo telescopico bilaterale (formato da un pistone e da un tubo) che permette la dislocazione della mandibola in protrusione consentendo movimenti di apertura e chiusura della bocca e lievi escursioni in lateralità, viene infatti paragonato ad una articolazione artificiale fra il mascellare superiore e inferiore. Obiettivi: L'apparecchio nella sua forma tradizionale presenta delle limitazioni: basso livello di comfort; limitati movimenti di lateralità della mandibola; ulcerazioni della mucosa che ricopre la cresta obliqua del processo coronoide; rottura della banda sul primo molare inferiore; disassemblaggio del sistema telescopico durante il movimento di massima apertura della bocca. Negli ultimi anni, per limitare gli svantaggi sopra citati sono stati introdotti due meccanismi di ultima generazione , che presentano numerosi vantaggi clinici ed un maggior comfort per il paziente: Herbst Miniscope e HTH ( Hanks Telescopic Herbst Appliance). Materiali e metodi: L'Herbst HTH presenta un sistema telescopico che incorpora un pistone, due tubi e una vite in un unico pezzo e un tipo di attacco alle bande detto giunto cardanico, formato da una cavità in cui si inserisce la testa sferica di una vite, la quale è in grado di ruotare nei tre piani dello spazio compiendo rotazioni fino a 35°. La filettatura della vite permette di ancorare il sistema telescopico ad un dado localizzato superiormente a livello della banda del primo molare e inferiormente su di una barra a cantilever a livello del primo premolare. Risultati: Il design dell' HTH ad un pezzo unico facilita l'applicazione del dispositivo con notevole risparmio di tempo, riduce i danni potenziali dell' Herbst tradizionale alla mucosa del paziente e fornisce un'ampia libertà di movimento aumentando il comfort del paziente. Durante la terapia inoltre è possibile incrementare l'entità dell'avanzamento mandibolare pinzando sul pistone degli spaziatori senza necessità di rimuovere il sistema telescopico; in tal modo si possono effettuare anche delle attivazioni monolaterali. Il giunto cardanico permette inoltre ampi movimenti di lateralità riducendo la probabilità di rottura del dispositivo. L'Herbst Miniscope presenta un sistema telescopico analogo all'HTH, dal quale differisce per la tipologia del giunto; il Miniscope infatti, presenta degli anelli alle estremità del sistema telescopico analoghi a quelli del sistema tradizionale . Questi anelli consentono di ancorare il sistema telescopico a dadi localizzati a livello della banda o corona del primo molare superiore e ad una barra a cantilever nell'arcata inferiore. Gli anelli hanno inclinazione tale da far si che la testa delle viti sia in linea con il telescopio stesso. Ciò riduce l'emergenza della vite stessa migliorando il comfort del paziente. Conclusioni: Il Miniscope presenta gli stessi vantaggi dell'HTH rispetto al quale risulta anche meno ingombrante. HERBST: RISULTATI DELL’ANALISI KINESIOGRAFICA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof.G.Farronato Introduzione: Analisi di pazienti trattati con apparecchiatura di Herbst ottenuta mediante analisi kinesiografica Obiettivi: Con questo lavoro si vogliono presentare i risultati preliminari ottenuti dall’analisi kinesiografica di pazienti sottoposti a trattamento con apparecchiatura di Herbst. Materiali e metodi: Per questa ricerca è stato utilizzato l’elettrokinesiografo K6-I (Myotronics- Noromed). Sono stati considerati 5 pazienti, selezionati da un campione di 15, in quanto arrivati a fine trattamento. Il protocollo prevede un’analisi della kinesiologia mandibolare prima del trattamento, dopo la cementazione dell’apparecchiatura, in controlli periodici e a fine terapia. Nei controlli viene effettuata u n’acquisizione con l’apparecchio in situ ed una senza i sistemi telescopici, mentre a fine trattamento l’esame viene svolto dopo la rimozione completa dell’apparecchiatura. Ogni acquisizione prevede diverse prove: 1) tre cicli di massima apertura e chiusura, 2) massima apertura e chiusura in massima velocità, 3) movimenti limite in apertura, lateralità e protrusione. Risultati: Confrontando le acquisizioni a inizio e fine trattamento si notano un aumento della componente sagittale durante il movimento di massima apertura, un incremento della protrusiva, ed una riduzione della lateralità. Conclusioni: L’aumento della componente sagittale rispecchia l’avvenuta crescita condilare e lo spostamento dentoalveolare. La riduzione della lateralità si può attribuire probabilmente alla ridotta escursione laterale permessa dall’apparecchiatura durante il trattamento. HERBST MINISCOPE: PROTOCOLLO DI APPLICAZIONE Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof.G.Farronato Introduzione: Presentazione del protocollo di applicazione dell’apparecchiatura di Herbst MIniscope Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è descrivere il protocollo di applicazione dell’apparecchiatura di Herbst in uso presso il reparto di ortognatodonzia della clinica odontoiatrica di Milano. Materiali e metodi: Il tipo di apparecchio utilizzato è il Miniscope prodotto dalla Micerium, costruito utilizzando quattro bande, due superiori e due inferiori da cementare a livello dei primi molari, e due pistoni propulsori telescopici. Il principio telescopico si basa sullo scorrimento di due cilindri, uno all’interno dell’altro, costruiti per non permetterne l’uscita, riducendo le complicanze che si presentano con l’Herbst tradizionale. Grazie alla lunghezza dei pistoni non viene limitata l’ampiezza di apertura della bocca. Il primo appuntamento prevede l’applicazione degli elastici separatori e dopo una settimana si procede con la prova bande. Durante la stessa seduta si rilevano le impronte e il morso di costruzione in cera con un avanzamento mandibolare tale da consentire la correzione sul piano sagittale. Il laboratorio finalizza l’apparecchiatura. A questo punto l’Herbst è pronto per essere cementato. La terapia ha una durata di circa un anno. E’indicata in soggetti in fase post-adolescenziale caratterizzati da una seconda classe scheletrica, soprattutto se respiratori orali o non collaboranti. Risultati: Al termine della terapia si ottiene generalmente una ipercorrezione della relazione sagittale tra le arcate dentarie. È necessario quindi un periodo di contenzione attiva o una fase di terapia ortodontica fissa tradizionale per la finalizzazione ortodontica del caso. Conclusioni: L’apparecchiatura di Herbst è risultata essere molto utile nel contesto del trattamento ortognatodontico poiché permette la correzione di tali quadri disgnatici anche dopo il picco di crescita. HERBST IN TITANIO: REALIZZAZIONE APPARECCHIATURA IGIENICA TRAMITE CAD/CAM DI UNA NUOVA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof.G.Farronato Introduzione: Realizzazione di una nuova apparecchiatura di Herbst mediante tecnologia CAD/CAM Obiettivi: Descrivere le caratteristiche di una nuova apparecchiatura di Herbst igienica, da noi ideata attraverso CAD/CAM e realizzata in Titanio Grado 5. Materiali e metodi: L’Herbst da noi progettato nella fase CAD è a supporto dentale e presenta splints aperti per 2/3 del versante occlusale. Si estendono dal primo molare al primo premolare per ogni emiarcata, con uno spessore di circa 0,5 mm, sino al punto di contatto interdentale senza superarlo. Il disegno dell’apparecchio è stato eseguito sul modello digitale. Terminata la fase CAD, le istruzioni del design vengono inviate alle macchine utensili del software CAM e ha inizio la realizzazione per fresatura a partire da un blocco di Titanio Grado 5. Risultati: La macchina CAD/CAM ha prodotto l’Herbst da noi ideato in Titanio Grado 5. Le discrepanze tra il prodotto finito e il design virtuale sono di circa 10-30 µm. La cementazione è stata eseguita con cemento vetroionomerico. Infine abbiamo montato i cursori telescopici. Conclusioni: L’utilizzo del nostro Herbst in Titanio ha comportato diversi vantaggi: assenza di dolore e fastidio da parte del paziente durante l’applicazione dell’Herbst (non si effettua la separazione interdentale con elastici); agevolazione nell’esecuzione delle corrette manovre di igiene orale con un minor accumulo di placca; elevata precisione nelle fasi di virtual design e produzione CAD/CAM; assenza di reazioni allergiche grazie all’uso di materiale biocompatibile e resistente alla corrosione. EFFETTO MIOFUNZIONALE DELL’OCCLUS-O-GUIDE Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F.,Rossini G.,Bakuli L.,Farronato G. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Direttore: Prof. F. Santoro; Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof.G.Farronato Introduzione: Secondo la scuola di Milano le fasi del trattamento ortodontico devono trovare una corrispondenza ai diversi periodi di crescita del paziente. Possiamo distinguere quattro fasi di accrescimento (prima del picco puberale, al picco puberale, alla fine del picco, alla fine dell’accrescimento) a cui corrispondono quattro fasi del trattamento ortodontico: fase preventiva, intercettiva, correttiva e contenitiva. In fase dinamica di crescita, quindi, la finalità delle nostre apparecchiature sarà duplice: limitare l’influenza negativa dei fattori estrinseci (abitudini viziate) e contrastare gli aspetti sfavorevoli intrinseci genetici che si manifesteranno lungo tutto l’arco dinamico di crescita. Il progresso tecnologico e l’evoluzione nel campo dei materiali hanno messo a disposizione delle apparecchiature costituite da materiale resiliente, che ben rispondono alle necessità terapeutiche di contrasto delle abitudini viziate e di guida funzionale nel miglioramento del potenziale di crescita del paziente. Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare l'effetto miofunzionale del dispositivo occlus-o-guide in pazienti trattati nel reparto di Ortognatodonzia della Clinica di Ortognatodonzia di Milano, nella fase prima del picco di crescita puberale. Materiali e metodi: L' Occlus-o-Guide è stato utilizzato in dentizione mista. Alla consegna dell’’apparecchiatura elastodontica i pazienti sono stati istruiti sulle modalità di utilizzo, in particolare è stato richiesto di portare il dispositivo nelle ore notturne e per quattro ore durante il giorno. Risultati: Il ripristino dei corretti rapporti spaziali tra gli incisivi superiori e quelli inferiori è stato ottenuto precocemente e già al controllo dopo 3 mesi in molti casi si è verificata una notevole riduzione dell’overjet. Conclusioni: I risultati clinici preliminari ottenuti hanno dimostrato l’efficacia dei dispositivi elastodontici nella terapia ortodontica precoce, nella risoluzione delle abitudini viziate e nel conseguente ripristino dei corretti rapporti dentoalveolari. Guidando l’eruzione di canini e premolari verso un perfetto rapporto occlusale e allineando i denti anteriori è indicato per la risoluzione di overbite di vario grado, overjet fino a 10 mm, cross-bite dentali lievi rotazioni, curve di Spee accentuate e affollamento di media entità. Inoltre essendo costruito con un rapporto di testa a testa facilita l’avanzamento mandibolare permettendo la risoluzione delle seconde classi scheletriche. Il successo terapeutico è comunque condizionato dalle corrette indicazioni che devono supportare la prescrizione dell’apparecchiatura e dal raggiungimento di una sufficiente compliance del paziente. . MYOBRACE IN ORTODONZIA INTERCETTIVA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L.., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: Il Myobrace non è solo un apparecchio funzionale in grado di correggere le abitudini viziate e riequilibrare il sistema neuromuscolare dello splancocranio, ma è anche considerato un apparecchio ortodontico, grazie al quale si può avere un corretto allineamento dentale. Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è stato valutare l’efficacia dell’apparecchiatura Myobrace nell’intercettare le malocclusioni dentarie. Quello che si è cercato di valutare è stato infatti il movimento dentale e quello del legamento parodontale con conseguente rimodellamento dell’osso alveolare. Il range ideale di età per il trattamento con Trainer System è tra gli 8 e i 12 anni. Si ottiene un equilibrio tra muscoli facciali e masticatori e un miglior rapporto interarcata con un conseguente miglioramento nell’allineamento dei denti. Materiali e Metodi: Alla consegna del dispositivo ortodontico i pazienti vengono istruiti sulle modalità di utilizzo: uso per 4 ore al giorno, preferibilmente il pomeriggio e per l’intera notte. E’ importante che il paziente sia stimolato a tenere le labbra accostate così che i muscoli protrusivi della mandibola vengano tenuti in posizione di allungamento. Se questa posizione è tenuta correttamente per il tempo previsto, anche durante le ore in cui il paziente non indosserà il dispositivo si avrà ipercontrazione dei muscoli, che porterà ad una ipervascolarizzazione della zona. La struttura del Myobrace ha un parte interna che contrasta la forza esercitata dal muscolo buccinatore contro i denti posteriori, e inoltre ha una guida anteriore che scarica la forza sui denti migliorandone l’allineamento. Nella parte linguale del dispositivo sono presenti degli scudi linguali per tenere la lingua in posizione fisiologica e permettere la respirazione nasale ed un appoggio interincisivo per la rieducazione della stessa. Il lip bumper anteriore dissuade l’iperattività del muscolo labiale. Discussione: Myobrace è un dispositivo ortodontico in grado di allineare gli elementi dentari anteriori, correggere le seconde classi scheletriche e predisporre gli elementi dentari secondo una forma d’arcata ideale. Le caratteristiche principali sono: un’area esterna morbida flessibile, un’area centrale interna rigida, alloggiamenti per i singoli denti, scudo linguale, alloggiamento per la lingua ed effetto lip bumper per contrastare l’iperattività del muscolo mentale. Il periodo ottimale di applicazione è la fase eruttiva di crescita in tarda dentizione mista. E’ possibile osservare un effetto miofunzioniale e allineamento dei denti nei primi 2-3 mesi di trattamento. Conclusioni: Nella nostra pratica clinica il dispositivo Myobrace si è quindi rivelato efficace nella risoluzione del deepbite dentario nei pazienti in crescita. Può essere anche utilizzato in sostituzione di altri apparecchi funzionali; è infatti una valida alternativa al trattamento delle malocclusioni in età precoce in quanto agisce avanzando la mandibola e migliorando l’affollamento dentale e l’allineamento. APPARECCHIATURA NITE-GUIDE Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Bakuli L., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione:Descrizione dell’ utilizzo dell’apparecchiatura Nite-Guide. Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è quello di descrivere l’utilizzo dell’apparecchiatura Nite-Guide in ortodonzia preventiva presso Il Reparto di Ortognatodonzia della Clinica Universitaria. Materiali e metodi:Il Nite-Guide è un dispositivo ortodontico preformato, in materiale resiliente,da utilizzare in dentizione decidua o durante la prima fase di permuta dentaria per fornire un’ideale guida eruttiva degli incisivi centrali permanenti. Funge inoltre da guida per una forma ideale di arcata espandendo la circonferenza e la larghezza dell’arcata tra i canini decidui.Nite-Guide è in grado di prevenire lo sviluppo di un overbite eccessivo, un affollamento massimo di 7 mm nella dentizione permanente, rotazioni e malposizioni degli elementi dentali ed è in grado di intercettare abitudini viziate quali suzione del dito, deglutizione con protrusione della lingua e respirazione orale abituale. Migliora il sorriso gengivale associato ad eccessivo overjet. Previene i problemi a carico dell’articolazione temporomandibolare in età più avanzata e ne riduce di almeno sei volte l’incidenza a 14 anni. Promuove l’avanzamento mandibolare sul piano sagittale e verticale. Il dispositivo viene consegnato al momento dell’eruzione degli incisivi centrali permanenti e la terapia si protrae fino all’eruzione degli incisivi laterali per poi essere sostituito con un Occlus-o-Guide della serie G.E’ un dispositivo ortodontico preventivo indicato in bambini dai 5 ai 7 anni. Si è valutata l’efficacia del dispositivo ortopedico e ortodontico nelle seconde classi scheletriche deepbite in età pediatrica. Il dispositivo è dotato di scudi vestibolari; alette per l’avanzamento mandibolare; nicchie come guide eruttive; apertura frontale tra le due arcate che consente la respirazione orale nei pazienti con tale abitudine. Risultati:Nella nostra pratica clinica il Nite-Guide si è rivelato efficace nella prevenzione delle malocclusioni in fase dinamica di crescita, soprattutto in pazienti con II classe dentale e scheletrica accompagnata da un morso profondo dentale e deepbite scheletrico. Conclusioni:Il Nite-Guide è quindi in grado di prevenire futuri problemi al paziente e di intercettare alcune abitudini viziate. Previene inoltre problemi a carico dell’articolazione temporo-mandibolare. UTILIZZO DI OCCLUS-O-GUIDE E POSITION TRAINER NEL PAZIENTE IN CRESCITA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Perozeni G., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione: Il progresso tecnologico e l’evoluzione nel campo dei materiali hanno messo a disposizione delle apparecchiature costituite da materiale resiliente, che ben rispondono alle necessità terapeutiche di contrasto delle abitudini viziate e di guida funzionale nel miglioramento del potenziale di crescita del paziente. Obiettivi: Secondo la scuola di Milano le fasi del trattamento ortodontico devono trovare una corrispondenza ai diversi di periodi crescita che il paziente attraversa. In tal senso possiamo distinguere quattro fasi di accrescimento (prima del picco puberale, al picco puberale, alla fine del picco, alla fine dell’accrescimento) a cui corrispondono quattro fasi del trattamento ortodontico: fase preventiva, intercettiva, correttiva e contenitiva. In fase dinamica di crescita, quindi, la finalità delle nostre apparecchiature sarà duplice: limitare i danni dai fattori estrinseci (abitudini viziate) e contrastare gli aspetti negativi intrinseci genetici che si manifesteranno lungo tutto l’arco dinamico di crescita. Materiali e metodi: Nella nostra ricerca abbiamo trattato 30 pazienti (18 femmine e 12 maschi) afferenti al reparto di Ortognatodonzia della Clinica Odontoiatrica di Milano, e tutti nella fase prima del picco di crescita puberale.I pazienti sono stati trattati con due apparecchiature elastodontiche: Position Trainer e Occlus-o-Guide. Il Position Trainer è stato utilizzato preferibilmente nei pazienti in dentizione decidua, mentre Occlus-o-Guide è stato preferito per l’utilizzo in dentizione mista. Alla consegna del dispositivo elastodontico i pazienti sono stati istruiti sulle modalità di utilizzo, in particolare è stato richiesto di portare il dispositivo nelle ore serali e notturne e in tutti gli altri momenti in cui solitamente i pazienti manifestavano eventualmente l’abitudine viziata Risultati: Il ripristino dei corretti rapporti spaziali tra gli incisivi superiori e quelli inferiori è stato ottenuto precocemente e già al controllo dopo 3 mesi in molti casi abbiamo potuto verificare una notevole riduzione dell’overjet e la completa scomparsa dell’abitudine viziata. Conclusioni: I risultati clinici preliminari ottenuti in questa ricerca hanno dimostrato l’efficacia dei dispositivi elastodontici nella terapia ortodontica precoce, nella risoluzione delle abitudini viziate e nel conseguente ripristino dei corretti rapporti dento-alveolari. Il successo terapeutico è comunque condizionato dalle corrette indicazioni che devono supportare la prescrizione dell’apparecchiatura e dal raggiungimento di una sufficiente compliance del paziente DENTI PARODONTALMENTE COMPROMESSI: TRATTAMENTO ORTODONTICO DOPO CHIRURGIA PARODONTALE RIGENERATIVA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Ponchio M., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione: La cooperazione interdisciplinare tra ortodonzia e parodontologia negli adulti è diventata ormai fondamentale. Il presente studio propone un protocollo basato sulla terapia ortodontica preceduta dalle tecniche di chirurgia rigenerativa. Obiettivi: La migrazione patologica dei denti causata dalla malattia parodontale si associa al peggioramento della linea del sorriso, determinando una diminuzione dell’autostima personale del paziente. Scopo della ricerca è stato quello di verificare l’efficacia di un approccio multidisciplinare di tipo ortodontico-parodontale nella risoluzione di questi casi. Materiali e Metodi: Sono stati trattati 10 pazienti con migrazione patologica dentale associata a profondi difetti infraossei, mediante chirurgia parodontale rigenerativa e, dopo un mese, è stata iniziata la terapia ortodontica fissa con metodiche a bassa frizione. Sono stati registrati prima della chirurgia e alla fine dell’ortodonzia la profondità di tasca al sondaggio (PPD), il livello di attacco clinico (CAL), e la recessione gengivale. Le analisi statistiche sono state eseguite per confrontare i dati. Risultati: I risultati alla fine del trattamento hanno mostrato una riduzione significativa della profondità di tasca e un aumento del livello di attacco, nonché un miglioramento estetico dovuto al riallineamento dei denti. Conclusioni: Nonostante i limiti di questa ricerca, questo studio afferma la possibilità di combinare la terapia ortodontica a quella rigenerativa parodontale in modo sicuro e predicibile, senza che venga danneggiato il tessuto neorigenerato da parte del trattamento ortodontico e portando invece un notevole miglioramento estetico al sorriso del paziente. . PROGRAMMAZIONE 3D VIRTUALE ORTODONTICO CHIRURGICA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Ponchio M., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: Illustrare come affrontare il paziente ortodontico-chirurgico mediante programmazione 3D virtuale Obiettivi: Programmazione ortodontico-chirurgica 3D virtuale basata sull’interfaccia CBCT-modello digitale. Materiali e metodi: La scansione ottica dei modelli in gesso è effettuata da uno scanner a luce strutturata. Per la corretta sovrapposizione del modello digitale alla CBCT è stata ideata una cera di masticazione dotata di tre punti di repere, indossata dal paziente durante l’esecuzione della CBCT ed interposta tra le arcate del modello in gesso durante la scansione. Un software riconosce le sfere (reperi) presenti sulla CBCT, ne individua il diametro e lo sovrappone alle sfere presenti sul modello, con un margine di errore inferiore al decimo di millimetro. Acquisite e coordinate le immagini, è possibile eseguire ogni tipo di analisi. I software utilizzati sono dotati di strumenti di segmentazione che consentono di separare il complesso maxillo-facciale dalla mandibola e che permettono al clinico di simulare gli spostamenti e di determinare in millimetri lo spostamento per la correzione della disgnazia. Risultati: Grazie alle immagini tridimensionali la chirurgia ortognatica e craniofacciale trae beneficio già in fase diagnostica. Con l’introduzione della TC Cone Beam , il clinico ha acquisito la possibilità di realizzare il volume del cranio, ricavando tutti i dati relativi ad esso; il clinico ha guadagnato un’immagine tridimensionale. Conclusioni: Programmare l’intervento mediante l’ausilio del computer, integrato con software dedicati, rende la procedura veloce, ripetibile e soprattutto precisa, contrariamente alle tecniche tradizionali che sono operatoredipendenti e, per definizione, maggiormente soggette ad imprecisione. SCANNER INTRAORALE (IOS) IN ORTOGNATODONZIA Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Solidoro L., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato. Introduzione: Lo scanner intraorale è un utile presidio che è possibile utilizzare nella pratica clinica dell’ortognatodonzia. Obiettivi: Valutare l’utilizzo dello scanner intraorale in ortognatodonzia. Materiali e Metodi: Presso il Dipartimento di Scienza Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche dell'Università degli Studi di Milano si stanno valutando due diversi scanner intraorali basati su un laser. Sono effettuate scansioni intraorali su pazienti ortodontico-chirurgici ed i risultati sono confrontati con i tradizionali modelli in gesso degli stessi pazienti. Risultati: Sono emersi diversi vantaggi. Rilevare direttamente le impronte tridimensionali delle arcate dentarie esclude lo step della presa delle impronte che, per quanto preciso, non è privo di errori. Migliora il comfort del paziente poiché non si provoca il riflesso del vomito. La digitalizzazione dei modelli rende possibile la creazione di una "Gypsoteca virtuale", in cui sono memorizzati modelli digitali 3D in formato STL che si possono importare in software che consentono una pianificazione virtuale del trattamento ortodontico. I limiti della procedura sono il tempo di rilevamento e l'impossibilità di sterilizzare la microcamera. Conclusioni: Lo studio comparativo ha mostrato una mancanza di differenze statisticamente significative tra i modelli digitali tridimensionali e modelli in gesso tradizionali. VALUTAZIONE DEI VOLUMI DELLE BASI OSSEE MASCELLARI E CALCOLO DEI RAPPORTI RECIPROCI NELLA TC CONE BEAM Autori: Begnoni G.*, Porcellini G., Zoia A., Giachi Carù F., Rossini G., Lombardo S., Farronato G. Università degli Studi di Milano. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche. Direttore: Prof. F. Santoro. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof G. Farronato Introduzione: La TC ConeBeam è un valido strumento diagnostico che consente di ottenere misurazioni nei tre piani dello spazio e perciò di calcolare la dimensione volumetrica delle basi ossee mascellari oltre che le dimensioni lineari. Obiettivi: Analisi dei volumi delle basi ossee mascellari, dopo costruzione di due solidi rappresentanti il mascellare superiore e la mandibola, e calcolo dei rapporti fra i relativi volumi. Materiali e Metodi: Sono stati selezionati 52 pazienti a partire da un archivio di 300 pazienti sottoposti a TC ConeBeam (i-CAT, ImagingSciences International, Hatfield, Pa). Il criterio di inclusione applicato è stato la presenza di prima classe scheletrica diagnosticata secondo la tradizionale cefalometria di Steiner. Con l’ausilio del software Mimics 11.11 (Materialise) per ciascun caso è stata effettuata un’analisi cefalometrica 3D. Questa considera 5 punti che identificano il mascellare superiore, ovvero Nasion, Mascellare dx, Mascellare sx, Spina Nasale Posteriore, A, e 5 punti che identificano la mandibola, ovvero Pogonion, Condilion dx, Condilionsx, Gonion dx, Gonionsx. Sono stati, quindi, costruiti due solidi geometrici rappresentanti ogni mascellare. E’ stato calcolato il volume di ciascun solido ed il rapporto tra essi. Infine, i risultati ottenuti sono stati analizzati mediante il software MiniTab. Risultati: La media dei valori ottenuti per il volume del solido rappresentante il mascellare superiore è di 24620,42 ± 3362,14 mm³ e quella relativa al solido rappresentante la mandibola è di 99938,63 ± 29071,45 mm³. La media del rapporto tra i volumi dei solidi rappresentanti i due mascellari (mandibola/mascellare) è di 4,01 ± 0,82. Conclusioni: E’ stato ipotizzato che nelle prime classi scheletriche il rapporto dimensionale fra le due basi mascellari sia costante. I risultati ottenuti confermano che esiste una relazione statisticamente significativa fra i volumi dei due solidi rappresentativi dei mascellari. VALUTAZIONE DEL CAMBIAMENTO DELLA RUGOSITÀ SUPERFICIALE DI ARCHI ESTETICI IN NITI DOPO L’UTILIZZO CLINICO D’Antò V., Rongo R., Pace M., Manzo P., Valletta R. Università degli Studi Di Napoli “FedericoII”, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: La richiesta di apparecchiature ad alta valenza estetica ha portato alla produzione di fili estetici il cui utilizzo potesse essere combinato a quello degli attacchi ceramici. Obiettivi: Lo scopo del nostro studio è quello di verificare la variazione, in seguito all’utilizzo clinico, della rugosità superficiale di differenti fili estetici attraverso l’utilizzo della microscopia a forza atomica. Materiali e metodi: Per questo studio sono stati selezionate tre tipologie di archi ortodontici, tutti in nichel titanio superelastico di dimensione 0,016 pollici: due rivestiti con resine contenenti fluoro, Arco Memoria Estetico® e Everwhite® (Micerium-American Orthodontics), ed il terzo sottoposto ad impiantazione di ioni di rodio, Sentalloy® High Aesthetic (GAC International). I fili sono stati divisi in due gruppi: il primo includeva i fili nuovi non utilizzati (controllo), il secondo fili utilizzati su attacchi estetici Radiance®, recuperati dopo un mese di trattamento (sperimentale). Per ogni tipologia di filo, sono stati selezionati tre campioni dei quali sono state analizzate venti aree (15µm x 15µm) tramite un microscopio a forza atomica (AFM Perception, Assing, Italy). Le immagini tridimensionali sono state elaborate attraverso il software Gwyddion. Per valutare la rugosità superficiale sono stati registrati tre parametri: la rugosità media (Ra), la rugosità quadratica media (Rms), l’altezza massima (Mh). I valori sono stati espressi come media ± deviazione standard e le differenze tra i vari gruppi sono state esaminate utilizzando l’ANOVA con il test post Hoc di Tukey e il test T di Student per dati appaiati (p<0.05). Risultati: Dall’analisi dei dati apprezziamo un aumento della rugosità superficiale statisticamente significativo per ogni tipologia di filo. Tra i fili nuovi l’Everwhite ® (Ra=22,5±6,2; Rms=29,8±9,1; Mh=226,9±75) è risultato meno rugoso dell’Arco Memoria Estetico® (Ra=50,3±15,2; Rms=61,7±18,4; Mh=416,3±251,9) e del Sentalloy® High Aesthetic, (Ra=133,5±10,8; Rms=165,8±9,8; Mh = 949,6±192,1). Dopo l’utilizzo clinico l’Everwhite® presenta una migliore stabilità del rivestimento in Teflon e un minore incremento della rugosità (Ra=68,1±45,6; Rms=86,6±52,2; Mh=572,2±229,7) mentre l’Arco Memoria Estetico® subisce un maggiore deterioramento (Ra=175,2±94,7; RMS=220,8±116,2; Mh=1368,2±670,4). Il Sentalloy® High Aesthetic risulta comunque essere il filo più rugoso (Ra=198,7±36,4; Rms=254,2±40,8; Mh=1263,9±430,2). Conclusioni: Il diverso rivestimento dell’Everwhite® aderisce meglio al NiTi sottostante e si degrada meno rispetto all’Arco Memoria Estetico® riducendo così l’esposizione del metallo e risultando più estetico. L’impiantazione di ioni sugli strati superficiali dell’arco non diminuisce la rugosità superficiale del filo che presenta i valori più alti sia prima sia dopo l’utilizzo clinico. Ulteriori studi dovranno essere effettuati per verificare la correlazione fra questi dati e la frizione prodotta. COMPOSITI ORTODONTICI: CORRELAZIONE TRA IL RILASCIO DI IONI E LA CITOTOSSICITA’ D’Antò V., Cioffi A, Pace M., Martina R. , Valletta R. Università degli Studi Di Napoli “FedericoII” Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Obiettivi: Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare gli effetti biologici di quattro compositi ortodontici: Concise (3M Unitek, Monrovia, USA), Transbond XT (3M Unitek, Monrovia, USA), Eagle Spectrum (American Orthodontics, Sheboygan, USA) e Greengloo (Ormco, Glendora, USA). Materiali e metodi: le cellule BALB 3T3 sono state esposte ai campioni, non polimerizzati e polimerizzati, dei materiali testati. Dopo 24 ore, i cambiamenti morfologici sono stati valutati, attraverso la visione diretta al microscopio ottico. La vitalità cellulare è stata valutata, attraverso il saggio dell’Alamar Blue, dopo un’esposizione di 24 ore ai campioni non polimerizzati e polimerizzati e dopo un’esposizione di 24, 48 e 72 ore ai campioni polimerizzati. La cromatografia liquida ad alte prestazione (HPLC) è stata utilizzata per valutare la quota di monomeri liberi rilasciati dai campioni dopo 24, 48 e 72 ore. I risultati sono stati analizzati attraverso l’analisi della varianza ad una via (one way ANOVA) seguita dal test post-hoc di Bonferroni per le comparazioni multiple (p<0,005). Risultati: i nostri risultati dimostrano che tutti i materiali testati sono citotossici. La valutazione della vitalità cellulare, realizzata attraverso il saggio dell’Alamar Blue, mostra i seguenti risultati: Eagle Spectrum (70% a 24 ore, 60% a 48 ore and 50 % a 72 ore) > Transbond XT (60% a 24 ore, 55% a 48 ore and 40% a 72 ore) > Concise (40% a 24 ore, 30 % a 48 ore and 20% a 72 ore) > Greengloo (15% a 24 ore, 10% a 48 ore and 5% a 72 ore). Il saggio dell’Alamar Blue ha, inoltre, mostrato come i campioni non polimerizzati siano più citotossici di quelli polimerizzati. L’analisi del rilascio dei monomeri liberi, valutato attraverso HPLC, mostra come il TEGDMA sia caratterizzato da un maggior rilascio rispetto al Bis-GMA. Conclusioni: gli effetti citotossici dei compositi ortodontici potrebbero avere una rilevanza clinica. La citotossicità dei compositi è significativamente influenzata dalla quota di composito rilasciata sotto forma di monomeri liberi. UTILIZZO DELLA MICROSCOPIA A FORZA ATOMICA (AFM) PER L’ANALISI DELLA RUGOSITA’ SUPERFICIALE DEGLI ARCHI ORTODONTICI D’Antò V., Rongo R., Panariello G., Manzo P., Valletta R. Università degli Studi Di Napoli “FedericoII” Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: L’introduzione delle tecniche a bassa frizione ha incrementato l’attenzione sui fattori che influenzano l’attrito in ortodonzia, come la rugosità superficiale. Obiettivi: Lo scopo del nostro studio è confrontare la rugosità superficiale di differenti fili nuovi attraverso l’utilizzo della Microscopia a Forza Atomica (AFM). Materiali e Metodi: Per questo studio sono stati presi in considerazione quattro archi in nickel-titanio (NeoSentalloy® e NeoSentalloy® High Aesthetic, GAC International; NiTi Memory Wire ThermaTi e Arco Memoria Estetico, American Orthodontics-Micerium), tre fili in β-titanio (TMA® e Colored TMA®, Ormco; β-Titanio, American Orthodontics-Micerium), un arco in acciaio (Stainless Steel, American Orthodontics-Micerium). Per ogni filo sono stati raccolti tre campioni e per ogni campione sono state VALUTAte, attraverso il Microscopio a Forza Atomica (AFM Perception, Assing, Italy), operante in modalità contatto, venti aree quadrate 15µm X 15µm. Le immagini tridimensionali (400 x 400 linee) con risoluzione di 40 nm sono state processate tramite il software Gwyddion® e sono stati valutati i valori di rugosità media (Ra), rugosità quadratica media (Rms) e altezza massima (Mh). I valori sono stati espressi come media ± deviazione standard e le differenze tra i gruppi sono state analizzate attraverso l’Analisi della Varianza a Una Via (ANOVA) e il test Post Hoc di Tukey (p<0,05). Risultati: All’analisi dei dati registrati si riscontrano differenze di rugosità superficiale statisticamente significative tra i differenti tipi di archi utilizzati. Il filo in acciaio è l’arco che ha presentato i valori di rugosità minori (Ra=36,4±5,4; Rms=47,4±6,7; Mh=313,2±22,3).Tra i vari fili in nickel-titanio, l’Arco Memoria Estetico è risultato essere il meno rugoso grazie anche al suo rivestimento in Teflon (ANOVA p<0,05), seguito dal NeoSentalloy® e dal ThermaTi®. Il NeoSentalloy® High Aesthetic, un arco sottoposto ad impiantazione ionica, è l’arco più rugoso del gruppo (ANOVA p<0,05). Tra i vari campioni di β-titanio, invece, l’arco sottoposto ad impiantazione ionica, Colored TMA, è il meno rugoso. Inoltre i fili Beta-Titanio® hanno presentato parametri di rugosità minori del TMA®. Conclusioni: La variabilità della rugosità superficiale dei fili ortodontici analizzati risulta essere statisticamente significativa. Negli archi in β-Titanio l’impiantazione ionica sembra effettivamente ridurre la rugosità superficiale. Ciò non avviene negli archi in nickel-titanio dove il NeoSentalloy® High Aesthetic è il filo più rugoso, mentre il rivestimento in Teflon® dell’Arco Memoria Estetico riduce drasticamente la rugosità degli archi in nickel-titanio. In questo studio si è inoltre apprezzato le potenzialità dell’utilizzo della Microscopia a Forza Atomica per l’analisi delle proprietà superficiali dei materiali ortodontici. L’INGEGNERIA DEL TESSUTO OSSEO CON CELLULE STAMINALI E MATERIALI COMPOSITI BIOMIMETICI Vincenzo D’Antò, Stefano Martina, Gaetano Panariello, Rosa Valletta Università degli Studi Di Napoli “FedericoII” Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: L’ingegneria dei tessuti è un campo interdisciplinare che applica i principi dell’ingegneria e delle scienze della vita allo sviluppo di sostituti biologici per ristabilire, mantenere o migliorare la funzione di un tessuto o un intero organo. Obettivi: valutare le proprietà osteoinduttive e osteoconduttive di un nuovo materiale composito usato come scaffold nell’ingegneria dei tessuti ossei (HA/PCL). Materiali e metodi: la biocompatibilità degli scaffold di PCL/HA è stata testata con colture di cellule BALB 3T3 tramite i saggi dell’Alamar Blu e dell’ MTT. Inoltre, cellule staminali mesenchimali derivate dal midollo osseo (BMSC) e cellule staminali mesenchimali derivate dalla polpa dentaria (DPSC) sono state seminate in uno scaffold tridimensionale ed è stato valutato il loro grado di proliferazione ed i livelli di fosfatasi alcalina (ALP) dopo 7, 14, 21 e 28 giorni. L’analisi morfologica è stata dopo 15 e 35 giorni tramite il microscopio ottico a scansione (SEM) e le prove istologiche. Risultati: il materiale non ha mostrato effetti negativi sulla vitalità delle cellule BALB 3T3. Le cellule staminali hanno proliferato durante il periodo di coltura. In particolare, è stata riscontrata una grande differenza tra i livelli di proliferazione delle due linee cellulari oggetto dello studio e tra le cellule cresciute nel mezzo base e quelle cresciute nel mezzo osteogenico. I valori della fosfatasi alcalina hanno dimostrato che le cellule, soprattutto le BMSC, si sono differenziate nella linea osteoblastica. Nelle micrografie al SEM si osservano al giorno 15 la migrazione delle cellule all’interno dei pori dello scaffold, la loro adesione alle pareti e la loro proliferazione e al giorno 35 una grandissima quantità di matrice extracellulare (fibre collagene) all’interno dello scaffold. Conclusioni: come mostrano i risultati positivi degli esperimenti con gli scaffold di PCL/HA, l’ingegneria dei tessuti ossei rappresenta una valida strategia terapeutica volta alla riparazione dei difetti ossei craniofacciali e potrebbe risultare un ausilio fondamentale nel trattamento di pazienti ortodontici complessi. ASIMMETRIE DENTARIE: EFFETTI CLINICI DI UNA PIEGA REALIZZATA SULL’ARCO. D'Arco A., Tagliaferri R., Panariello G., Martina R. Università degli Studi Di Napoli “FedericoII” Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: Durante un trattamento ortodontico ci si trova spesso a gestire condizioni di asimmetria (chiusura di uno spazio, correzione del rapporto molare, etc.) in cui è necessario utilizzare elastici intermascellari in modo asimmetrico.L’uso asimmetrico degli elastici intermascellari può determinare un canting del piano occlusale anteriore con estrusione dal lato dell'elastico di II classe ed intrusione dal lato dell’ elastico di III classe. Obiettivi:In questo studio sono stati valutati gli effetti di una piega applicata all'arco, utile a prevenire o compensare preesistenti asimmetrie. Materiali e Metodi: Sono stati selezionati 6 pazienti, sottoposti a trattamento ortodontico con tecnica Straight-wire, attacchi 0.022×0.028 con prescrizione MBT. Durante l'utilizzo asimmetrico degli elastici di classe, è stata applicata una piega a V sul piano verticale, sull'arco superiore di ciascun paziente, per prevenire o correggere il bascule del piano occlusale anteriore. La piega è stata applicata con apice rivolto verso l'alto dal lato dell'elastico di II classe, distalmente agli incisivi laterali. Risultati: In tutti i pazienti è stato evitato o corretto, laddove già presente, il bascule del piano occlusale anteriore, realizzando un buon rapporto di classe molare e canina. Conclusioni: In molti trattamenti ortodontici può essere necessario l'utilizzo di elastici asimmetrici per la correzione del rapporto di classe. Per prevenire asimmetrie indesiderate è indicato l'utilizzo di attivazioni asimmetriche degli archi. VARIAZIONE DELLA FORMA E DEL VOLUME DEI TESSUTI MOLLI FACCIALI PRIMA E DOPO CHIRURGIA ORTOGNATICA. D' Arco A., Laino G., Laino A., Martina R. Università degli Studi Di Napoli “FedericoII” Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: In chirurgia ortognatica, al fine di ottenere il miglior risultato possibile, la pianificazione e gli obiettivi di trattamento dovrebbero essere valutati su una riproduzione tridimensionale della faccia del paziente e rapportati ad un gruppo di pazienti controllo. Obiettivi:valutare i cambiamenti della forma e del volume dei tessuti molli facciali dopo chirurgia orto gnatica. Materiali e Metodi: Sono state monitorate 4 donne, tra i 18 ed 35 anni, con una malocclusione di III Classe scheletrica ed asimmetria mandibolare, sia prima (circa 2 mesi) che dopo (circa 10.7 mesi) l'intervento chirurgico (osteotomia mandibolare e Le Fort I mascellare). Sono state raccolte le coordinate tridimensionali di 50 punti di repere facciali (fronte, occhi, naso, guance, bocca, mandibola, orecchie), tramite un digitalizzatore elettromagnetico non invasivo. Sono stati calcolati angoli, distanze e volumi facciali. Tali valori sono stati confrontati con quelli ottenuti dalla misurazione di 87 donne della stessa età e razza. Risultati e Conclusioni: Prima della chirurgia le donne hanno una faccia più corta rispetto alle pazienti controllo con un labbro inferiore ed una naso più larghi. Il trattamento chirurgico riduce il volume totale della faccia e della mandibola, aumenta il volume totale delle labbra e del labbro superiore. In media il gonion destro è il punto che viene spostato di più con l'intervento chirurgico, seguito dal menton; mentre il trago a l'alare sono i punti che vengono spostati di meno. IL TRATTAMENTO DI UNA CLASSE II DENTO-SCHELETRICA CON L’AUSILIO DI MINIVITI Laiola A, Esercizio D,Cristallo L, Landi C, Perillo L. Seconda Università Degli Studi di Napoli. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Dir. Prof. Letizia Perillo INTRODUZIONE: Il trattamento di una malocclusione dento-scheletrica di classe II presenta 2 opzioni terapeutiche:un approccio di tipo ortopedico/ortodontico nel paziente in crescita,un approccio di tipo chirurgico nel paziente adulto. OBIETTIVI: Dimostrare che è possibile risolvere un caso di malocclusione dento-scheletrica di classe II senza l’ausilio di apparecchiature ortopediche che richiederebbero la collaborazione del paziente ma con l’utilizzo di miniviti sfruttando il differenziale di crescita per migliorare la discrepanza scheletrica. MATERIALI E METODI: La paziente si è presentata alla nostra osservazione all’età di 9.3 anni. Il viso era simmetrico,le labbra competenti ed il sorriso armonico. All’esame occlusale presentava una classe II divisione 1, OVJ e OVB aumentato, assenza di affollamento e curva di spee superiore invertita e inferiore leggermente accentuata. L’analisi cefalometrica rilevava una classe II scheletrica sia da retrusione mandibolare posizionale che da protrusione mascellare (SNA=83,5°,SNB=78,6°,ANB=4,9°),una tipologia brachifacciale(FMA=16,7°), una vestibolo inclinazione degli incisivi superiori e inferiori (I/SN=113,9°,IMPA=103,3°) e un età vertebrale CS 1. L’esame dell’ortopantomografia ha rilevato una formula dentale completa e l’imminente esfoliazione dei secondi molaretti di latte. Non appena erotti i premolari, due miniviti tipo LG anchor sono state inserite nel mascellare tra il primo e secondo premolare e utilizzate prima come rinforzo di ancoraggio e poi come ancoraggio assoluto, al fine di distalizzare l’arcata superiore. RISULTATI: La correzione della malocclusione dento-scheletrica di classe II è sta raggiunta bondando esclusivamente l’arcata superiore e senza la collaborazione della paziente. CONCLUSIONI: Le miniviti rappresentano un sistema no-compliance di ancoraggio extradentale. Per la loro facile applicazione e rimozione e per le dimensioni ridotte risultano essere ben tollerate anche dal piccolo paziente. La possibilità di utilizzarle non appena sono erotti i premolari , quindi in una fase abbastanza precoce, le rende utili nel trattamento precoce delle malocclusioni dento-scheletriche di classe II. UN CASO DI DISINCLUSIONE BILATERALE DI CANINI MASCELLARI MEDIANTE L’UTILIZZO DI MINI IMPIANTI Corvo O, Sava R, Parlato D, Di Lillo M, De Gregorio F. Seconda Università Degli Studi di Napoli. Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia Dir. Prof. Letizia Perillo INTRODUZIONE:Il controllo dell’ancoraggio ortodontico è un fattore fondamentale per il successo della terapia ortodontica con apparecchiature fisse.L’utilizzo di miniviti permette di ottenere un ancoraggio extradentale ottimale riducendo i tempi di trattamento. OBIETTIVI:Risolvere un caso di inclusione bilaterale di canini mascellari mediante l’applicazione di 2 mini impianti a livello mandibolare. MATERIALI E METODI:La paziente si è presentata alla nostra osservazione all’età di 15 anni con un viso simmetrico e il profilo leggermente concavo. L’esame occlusale evidenziava una I classe molare con linee mediane centrate ed assenza in arcata di 13 e 23. L’esame dell’ortopantomografia confermava l’inclusione di 13 e 23. L’esame cefalometrico rivelava una Classe I scheletrica ( ANB=2°), associata ad una tendenza all’iperdivergenza (SN-GoMe= 36°). una linguo-inclinazione degli incisivi superiori e inferiori ( I-SN= 96, IMPA=82°) e un età vertebrale CS 3. Il piano di trattamento ha previsto: -‐ bandaggio delle arcate e allineamento; -‐ recupero dello spazio necessario per il corretto posizionamento in arcata di 13 e 23 -‐ esposizione chirurgica e legatura ortodontica di 13 e 23 -‐ applicazione di due mini impianti nella regione interradicolare tra 34-35 e 43-44 (Spider Screw - short neck :1,5 x 8 mm) -‐ trazione elastica mediante elastici intermascellari ( 5oz / dx - 3 oz/ sn); -‐ riposizionamento in arcata di 13 e 23 -‐ definizione occlusale. RISULTATI: La disinclusione di 13 e 23 è avvenuta in circa 6 mesi senza effetti collaterali all’arcata superiore. CONCLUSIONI:L’utilizzo di mini impianti per la disinclusione dei canini è un approccio innovativo che evita le problematiche connesse alla perdita di ancoraggio dei denti adiacenti a quelli inclusi e riduce i tempi di trattamento. VALUTAZIONE CRANIOMETRICA COMPARATIVA TRA CRANI CONTEMPORANEI E CRANI ANTICHI: LE POTENZIALITÀ DELLA TC VOLUMETRICA. Tufano G , Monsurrò A, Romano A, Vitale V, Perillo L. Seconda Università Degli Studi di Napoli.Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Dir. Prof. Letizia Perillo Introduzione: Per la diffusione di TC con tecnologia multidetettore e la messa a punto di software di ricostruzione sempre più evoluti, la TC volumetrica si pone,oramai, come la tecnica di riferimento negli studi craniometrici, fino al decennio scorso appannaggio della cefalometria tradizionale. Obiettivi : Valutare i vantaggi della TC volumetrica in uno studio craniometrico comparativo tra due serie di crani di epoca diversa. Materiali e Metodi: Venti crani risalenti al VII-V secolo a.c., ritrovati negli scavi delle antiche necropoli etruscoitaliote di Pompei e Pontecagnano ed oggi conservati presso il museo di anatomia della Seconda Università degli Studi di Napoli, e 20 crani risalenti all’epoca moderna sono stati studiati con un apparecchioTC multidetettore e con tecnica di acquisizione volumetrica.Il centraggio di ciascun cranio è stato effettuato con il fascio di luce verticale corrispondente alla linea mediana e quello orizzontale corrispondente ad una linea immaginaria che univa i due porion (linea biporionica). I dati dicom ottenuti sono stati successivamente importati su un software dedicato per il postprocessing (vital®, vitrea®, Minnetonka, Minnesota, Usa) e successivamente ricostruiti in immagini multiplanari (multiplanar reformations, mpr) e tridimensionali (volume rendering, vr, e shaded surface display, ssd). Due radiologi, esperti nell’utilizzo del software di post-processing, hanno separatamente identificato predefiniti punti craniometrici ed ottenuto misure craniometriche lineari ed angolari. Per l’analisi statistica sono stati utilizzati il t- test t di Student, la formula di Dahlberg e il coefficiente di affidabilità di Houston. Risultati: Le differenze interosservatore valutate con la formula di Dahlberg e con il coefficiente di affidabilità di Houston, si sono rivelate trascurabili. Il calcolo del coefficiente di affidabilità ha indicato una elevata correlazione delle variabili misurate dai due operatori con valori compresi tra 0,98 e 0,85. Conclusioni:La TC volumetrica si è dimostrata una metodica estremamente affidabile negli studi craniometrici comparativi. La possibilità di valutare il cranio tridimensionalmente attraverso le applicazioni mpr, vr e ssd ha determinato un sensibile aumento di accuratezza nella fase di identificazione dei punti craniometrici e una più precisa definizione delle misure lineari ed angolari. I risultati ottenuti confermano la TC volumetrica come una metodica affidabile negli studi craniometrici, con un tasso di accuratezza maggiore rispetto a quello garantito dalla cefalometria tradizionale. CONFRONTI DELLA RESISTENZA ALLO SCORRIMENTO DI TRE LEGATURE ELASTICHE Antonino Marco Cuccia1, Paolo Di Falco1, M Moscato2, L D’Acquisto2 1)Sezione di Scienze Stomatologiche “G.Messina”, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia (Direttore Prof P Messina) 2) Dipartimento di Meccanica, Corso di Laurea in Ingegneria. Università degli Studi di Palermo Obiettivi: Confrontare i valori di attrito generati durante lo scorrimento di un arco ortodontico 0,014” NiTi all’interno di 10 bracket (Standard Edgewise, Leone) e 2 tubi molare (Tubi D.B: MIM ®, Leone), che ricreano le condizioni una intera arcata dentaria, utilizzando tre diversi tipi di legature (Slide™ small Leone, Slikers ovvero Slide compatibili small e legature elastiche Leone diam. int. mm 1,3), in presenza di uno spostamento apicale dei canini di 6 mm). Materiali e metodi: Tutti i test sono stati eseguiti con una macchina prova materiali (Instron 3367) in grado di impostare la velocità e l’entità della traslazione verticale e contemporaneamente di registrare i valori relativi ai livelli di frizione ed alle posizioni assunte dal canino. Tutti i test sono stati eseguiti presso il Dipartimento di Meccanica dell’ Università di Palermo. L’analisi statistica delle forze di attrito, espresse come media e deviazione standard, è stata effettuata con un test non parametrico (analisi della varanza [ANOVA] su ranghi con il test poc hoc di Student-Newman-Keuls) Risultati e conclusioni: Le legature Slide e Slikers generano livelli di frizione inferiori rispetto alle legature elastiche (P< 0.001). Le legature Slide hanno generato livelli di attrito inferiori rispetto alle Slide compatibili (P< 0.001). Si ritiene che i livelli di attrito inferiori generati dalle legature Slide siano legati alle diverse caratteristiche del materiale delle Slikers (maggiore rigidità e rugosità). INDICAZIONI PER L’UTILIZZO DELLA DISCLUSIONE OCCLUSALE IN FASE 1 IN ASSOCIAZIONE AD UNA SISTEMATICA SELF-LIGATING PASSIVA MULTI-TORQUE Cassi D., Mandelli G., Magnifico M., Di Blasio A., Gandolfini M. Dipartimento di Scienze Otorino-Odonto-Oftalmologiche e Cervico-Facciali Insegnamento di Ortognatodonzia Titolare: Prof. M. Gandolfini. Corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria. Università degli Studi di Parma Introduzione: la disclusione occlusale in una sistematica ad arco continuo self-ligating comporta cambiamenti biomeccanici nella risposta dente-attacco-arco tale da rendere utili, a nostro giudizio, considerazioni preliminari per l’allestimento del set-up di fase 1. Obiettivo: di questo lavoro è di fornire criterio di utilizzo e indicazioni per l’esecuzione della disclusione qualora prevista nella fase 1 di un trattamento con tecnica ad arco continuo. Materiali e metodi: revisione della letteratura sull’argomento. Risultati: rispetto alle indicazioni all’utilizzo possiamo schematicamente suddividere la disclusione in: 1) Disarticolazione occlusale funzionale: la ridotta interferenza occlusale creata dal posizionamento del rialzo in arcate completamente bandate con una sistematica ad arco continuo self-ligating, favorirebbe lo sviluppo della forma d’arcata soprattutto se in associazione con il posizionamento elettivo degli stop su archi rotondi copper Ni-Ti. Normalmente è realizzata con rialzi simmetrici (stesso numero di denti destra e sinistra) eseguiti nei settori anteriori (incisivi centrali o centrali e laterali) o nei settori posteriori (cuspidi vestibolari dei molari inferiori). L’analisi della disclusione viene eseguita direttamente alla poltrona manipolando il paziente dalla relazione centrica alla massima intercuspidazione e una volta eseguita non deve modificare gli iniziali rapporti mandibulo-cranici (modelli in gesso con cera di centrica a lato). Se associata ad ELP (elastici leggeri precoci) l’entità della disarticolazione deve prevedere: a) quantità di estrusione desiderata; b) tipo e numero di elementi dentari coinvolti nel movimento; c) analisi vettoriale delle forze elastiche nei tre piani dello spazio: verticale, sagittale e trasversale. 2) Disarticolazione occlusale con riposizionamento: con tale termine intendiamo un particolare tipo di disclusione eseguita in soggetti che presentano uno scivolamento (anteriore e/o laterale) nel passaggio dal primo contatto in relazione centrica terminale, alla massima intercuspidazione. La disarticolazione in questo caso avrebbe, oltre che il succitato primo vantaggio, anche la possibilità di eseguire, soprattutto se in associazione all’utilizzo di elastici leggeri precoci, la correzione della malocclusione verso rapporti mandibulo-cranico in relazione centrica. Il numero di elementi dentari settore destro e settore sinistro e/o gruppo frontale, l’entità e la tipologia della copertura occlusale, l’altezza del rialzo per singolo elemento dentario sono subordinati all’analisi del caso ed all’obiettivo di riposizionamento. Conclusioni: la disclusione occlusale, con le indicazioni succitate, rappresenta a nostro giudizio un valido mezzo ausilirio di fase 1 se utilizzato in concomitanza con una terapia ortodontica condotta con l’utilizzo di una sistematica self-ligating passiva. CONSIDERAZIONI PER L’UTILIZZO DEGLI ELASTICI LEGGERI PRECOCI NELLA FASE 1 DI TRATTAMENTO ORTODONTICO CON UNA SISTEMATICA SELF-LIGATING PASSIVA MULTI-TORQUE Magnifico M., Mandelli G., De Tullio A., Di Blasio A., Gandolfini M. Dipartimento di Scienze Otorino-Odonto-Oftalmologiche e Cervico-Facciali. Insegnamento di Ortognatodonzia Titolare: Prof. M. Gandolfini. Corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria. Università degli Studi di Parma Introduzione: l’utilizzo di elastici leggeri precoci nella programmazione del movimento ortodontico con una sistematica self-ligating ad arco continuo necessita di alcune considerazioni di base fondamentali per l’allestimento di un set-up ortodontico che consideri la diversa risposta biomeccanica determinata dall’interazione tra bracket-arco ed elastici leggeri precoci. Pur trovandoci in un sistema staticamente indeterminato, quale la tecnica ad arco continuo, è comunque richiesta da parte del clinico una previsione del movimento ortodontico che si basi su valutazioni di biomeccanica estese all’analisi dei vettori generati dall’uso di elastici leggeri precoci che consideri l’entità della forza utilizzata ed al punto di applicazione. Obiettivo: di questo lavoro è di fornire, una guida (criterio) per l’allestimento di un set up di fase 1 in tecnica ad arco continuo. Materiali e metodi: revisione della letteratura sull’argomento, valutazioni cliniche personali. Risultati: dall’analisi della letteratura sull’argomento abbiamo estrapolato due tipi di considerazioni che devono precedere l’utilizzo di elastici leggeri precoci: a) considerazioni generali sull’uso delle forze elastiche b) considerazioni specifiche per il set-up di fase 1. a) considerazioni generali sull’uso delle forze elastiche ed in particolare 1) limite di elasticità : limite della distorsione forzata; 2) massimo della forza elastica: ottenuto quando l’anello di gomma è allungato fino a 3 volte il suo diametro; 3) reciprocità: una forza elastica applicata a due solidi identici determina un movimento identico e reciproco; 4) elastomeri: materiali che tornano alla loro dimensione originale immediatamente dopo aver subito una sostanziale distorsione; 5) vantaggi: messi e tolti dal paziente, gettati dopo l’utilizzo, nessuna attivazione da parte dell’ortodontista, effetto aumentato dai movimenti mandibolari (masticazione, fonazione), cambiati secondo prescrizione giorno e/o notte ; 6) svantaggi: deterioramento, perdita della memoria elastica, variabilità di forze esercitate se prescrizione non spiegata e controllata, movimenti indesiderati se utilizzo errato da parte del paziente, forze esercitate non costanti, collaborazione del paziente. Considerazioni specifiche per il set-up di fase 1 ed in particolare: 1) obiettivo clinico; 2) entità della forza subordinata al tipo di movimento; 3) distribuzione delle forze rispetto al punto di applicazione: pin su attacco e arco di fase utilizzato (lega, sezione); 4) utilizzo di altri ausiliari di fase, in particolare il concomitante uso di rialzi occlusali; 5) tipo di elastici: diametro, forza espressa; 6) intervallo tra gli appuntamenti di controllo subordinato a: tipo di movimento, tempo previsto di risposta terapeutica, integrazione-interazione con altri ausiliari di fase; 7) rischi di mancato controllo Conclusioni: l’utilizzo di elastici leggeri precoci nella programmazione del movimento ortodontico con una sistematica ad arco continuo self-ligating, può essere considerato ausilio biomeccanico di fase 1 utile per favorire correzioni dentarie non ottenibili dalla semplice interazione arco-bracket ma deve considerare tutti i fattori generali e specifici, come da noi formulato, relativamente all’utilizzo delle forze elastiche. INDICAZIONI PER LA SELEZIONE DEL TORQUE CON L’UTILIZZO DI UNA SISTEMATICA SELF-LIGATING PASSIVA MULTI-TORQUE Talignani G., Mandelli G., Cassi D., Di Blasio A., Gandolfini M. Dipartimento di Scienze Otorino-Odonto-Oftalmologiche e Cervico-Facciali Insegnamento di Ortognatodonzia.Titolare: Prof. M. Gandolfini. Corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria. Università degli Studi di Parma Introduzione: L’utilizzo di bracket cosidetti preinformati, necessita, per una corretta selezione ed integrazione con la biomeccanica usata, una valutazione preliminare che consideri tutti i fattori coinvolti nella programmazione del movimento dentario: posizione iniziale e finale degli elementi dentari, gestione della forma d’arcata, necessità di rinforzo d’ancoraggio nelle meccaniche di chiusura degli spazi e nelle meccaniche di correzione antero-posteriore. Obiettivo: di questo lavoro è di fornire indicazioni per la selezione del torque in particolare con l’utilizzo di una sistematica self-ligating passiva multi-torque ad arco continuo che prevede tre tipologie di torque per incisivi centrali, laterali e canini superiori (standard, low ed high); due tipologie di torque per incisivi centrali e laterali inferiori (standard e low); tre tipologie di torque standard, low ed high per i canini inferiori . Materiali e metodi: attraverso l’analisi della prescrizione proposta e inserita negli attacchi della sistematica selfligating multi-torque, oggetto della valutazione, ed in considerazione delle specifiche necessità biomeccaniche connesse con l’utilizzo di una metodica ad arco continuo, si vogliono sottoporre indicazioni utili per la selezione del torque che tengano in considerazione i due fattori succitati: tipo di prescrizione, necessità biomeccaniche. Si intende pertanto arrivare a formulare indicazioni di orientamento clinico per alcune delle più frequenti malocclusioni; tale protocollo è stato da noi utilizzato in soggetti portatori di malocclusione con l’obiettivo di verificarne la sostenibilità clinica. Risultati: la diversificazione del torque nei settori anteriori dell’arcata ha contribuito, a nostro giudizio, a ridurre i movimenti indesiderati del settore anteriore nelle diverse sollecitazioni biomeccaniche indotte dalla terapia ad arco continuo in tipologie di malocclusione diverse. Conclusioni: la possibilità di disporre di una una sistematica self-ligating passiva multi-torque, può essere considerata come un fattore utile per una corretta pianificazione del caso in tecnica ortodontica ad arco continuo. INFLUENZA DELLA POSIZIONE VESTIBOLARE O LINGUALE DEI BRACKETS ORTODONTICI SULLA CONCENTRAZIONE DEGLI STREPTOCOCCHI E DELLA FLORA MICROBICA ORALE: STUDIO CLINICO PROSPETTICO RANDOMIZZATO Autori: Bianchi M., Scribante A., Sfondrini M.F. Università degli Studi di Pavia- Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia- Direttore Prof. Gandini P. Abstract Scopo della sperimentazione è valutare se il posizionamento vestibolare o linguale dei brackets ortodontici possa influenzare la flora microbica orale in generale e gli Streptococchi in particolare. Materiali e metodi È stato effettuato uno studio caso-controllo prospettico randomizzato su un campione di 20 studenti volontari. Si è scelto di suddividere il cavo orale secondo la tecnica splith-mouth in 4 quadranti: due quadranti test, utilizzati per applicare i brackets linguali e vestibolari, e due quadranti controllo. Si è deciso di utilizzare i brackets linguali 2D® Forestadent (Pforzheim, Germania). I prelievi microbiologici sono stati effettuati attraverso curette parodontali al giorno 0, 7 e 30 sia sui denti bondati che sui denti privi di attacchi ortodontici. I terreni di cultura utilizzati per le procedure microbiologiche sono stati: Columbia blood agar, Mitis salivarius agar, Mitis salivarius mutans agar. Risultati Nessuna differenza statisticamente significativa tra i denti con brackets posizionati lingualmente, i denti con brackets posizionati vestibolarmente e denti controllo è stata riscontrata per quanto riguarda la concentrazione della flora microbica orale e gli Sterptococchi. Conclusioni La posizione dei brackets (linguale o vestibolare) non influenza la concentrazione della flora microbica orale e gli Streptococchi. EFFETTI DELLA TERAPIA CON APPARECCHIATURA DI HERBST SULLA MORFOLOGIA DELL’ATM E SULLA POSIZIONE DEL DISCO ARTICOLARE: STUDIO CLINICO PROSPETTICO MEDIANTE RMN Massironi S, Tagnesi MT, Gandini P, Sfondrini MF Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia- Università degli Studi di Pavia INTRODUZIONE: L’Herbst è un dispositivo fisso di avanzamento mandibolare considerato come un’articolazione artificiale tra il mascellare superiore e la mandibola. E’ costituito da un meccanismo telescopico bilaterale, attaccato a bande ortodontiche, a splint in resina o a fusioni cromo-cobalto, che mantiene la mandibola in posizione protrusa. Agisce in modo costante 24 ore al giorno, non richiede la collaborazione del paziente e permette un tempo di trattamento attivo breve (6-9 mesi). OBIETTIVI: Scopo dello studio è stato quello di analizzare mediante indagini di risonanza magnetica nucleare (RMN) i possibili meccanismi adattativi dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM): rimodellamento condilare, rimodellamento della fossa glenoide e variazione della posizione del disco articolare prima e dopo la terapia mediante apparecchiatura di Herbst. MATERIALI E METODI: Il campione era costituito da 9 pazienti (2 maschi e 7 femmine) affetti da malocclusione di II classe in dentizione permanente trattati con Herbst per circa 9 mesi. L’apparecchiatura è stata progettata in modo da produrre in ogni paziente un rapporto incisale testa a testa e particolare attenzione è stata rivolta alla individuazione di segni e sintomi di disordini temporo-mandibolari (DTM). Di ogni soggetto sono state prese in esame le RMN di entrambe le ATM a 2 stadi: T0 - precedente al trattamento con Herbst: 1) esame a bocca chiusa; 2) esame a bocca aperta; 3) esame in avanzamento mandibolare mediante bite in resina. T1 - alla fine del trattamento: 1) esame a bocca chiusa; 2) esame a bocca aperta. Le immagini a bocca aperta sono state eseguite con un distanziatore inserito tra gli incisivi superiori ed inferiori. Ogni acquisizione è stata realizzata con un pacchetto di 5 sezioni dello spessore di 3 mm ciascuna, senza intervallo tra ogni sezione. Nelle immagini RMN semi-sagittali a bocca chiusa la posizione del disco articolare è stata valutata con il criterio della zona intermedia che stabilisce la posizione della zona intermedia del disco rispetto al condilo e all’eminenza articolare del temporale. Nelle immagini a sezione semi-coronale a bocca chiusa è stata tracciata una linea di riferimento all’asse lungo, passante attraverso testa e collo del condilo, e nella zona in cui incrociava la massima larghezza era divisa in dieci decimi. La posizione del disco è stata registrata in relazione a 1/10 delle divisioni della larghezza del condilo. RISULTATI: In tutti i soggetti la terapia con Herbst ha determinato un aumento del prognatismo mandibolare. Sono stati osservati segni di rimodellamento condilare nel bordo di tutti i 18 condili studiati; l’ammontare del rimodellamento della fossa glenoide è risultato inferiore al rimodellamento condilare e il rapporto disco-condilo è risultato in media inalterato dal trattamento. Il trattamento con apparecchiatura di Herbst non è controindicato per una dislocazione parziale del disco con riduzione. CONCLUSIONI: L’Herbst nelle II classi scheletriche può determinare il successo della terapia nei pazienti a fine crescita e l’aumento del prognatismo mandibolare sembra essere attribuibile al rimodellamento del condilo e della fossa glenoidea. Il mantenimento continuativo della mandibola in posizione protrusa per tutta la durata del trattamento sembra essere un presupposto indispensabile per stimolare la risposta dell’ATM. LA TAC VOLUMETRICA CONE- BEAM MALOCCLUSIONI E PROBLEMI RESPIRATORI NELLA DIAGNOSI ORTODONTICA: Preziosa A.F.*, Zampollo E.*, Carli E.*, Martena M.°, Giuca M.R.*. *Dipartimento di Chirurgia, Unità di Pedodonzia,Università di Pisa; °Libero professionista INTRODUZIONE: La scoperta del procedimento tomografico computerizzato ha permesso il passaggio alla tridimensionalità, con numerosi vantaggi OBIETTIVI:Scopo del lavoro è stato verificare la validità della TAC volumetrica a scopo diagnostico, terapeutico e prognostico, nonché la versatilità della tecnologia Cone-Beam. MATERIALI E METODI: Sono stati revisionati 122 casi ortodontici di pazienti in crescita con necessità di trattamento (già trattati o in corso di terapia), riportando per ognuno di essi il sesso, l’età e l’eventuale presenza di alterazioni di natura ortodontica e/o funzionale. Ogni caso è stato analizzato partendo dai dati grezzi su cui è stata eseguita una ricostruzione primaria (sezioni assiali di 0,5 mm condotte dal punto sott’orbitario fino al margine inferiore della mandibola e parallele ad un piano bispinale) e si è valutata la pervietà delle vie aeree superiori attraverso una serie di sezioni trans-assiali (Tr) di 0,5 mm di spessore sul piano coronale. Successivamente, per valutare la postura linguale ed il tipo di rapporto anteriore tra i mascellari, si è tracciata una singola sezione trans-assiale (Vrt) sul piano mediano sagittale; invece per evidenziare eventuali inclusioni dentarie, disodontiasi ed agenesie, si è proceduto alla ricostruzione panoramica. Infine, selezionando opportunamente la regione mascellare e mandibolare “di interesse” (ROI), si è ottenuta una ricostruzione tridimensionale di entrambe le arcate per valutare i rapporti interocclusali (classe scheletrica, affollamenti,discrepanze di crescita alveolo dentarie, cross- ed open bite posteriori). RISULTATI: Osservando i dati si è visto che quasi il 75 % dei pazienti osservati presentavano alla TCV una o più alterazioni anatomiche delle prime vie aeree che ne determinavano la parziale ostruzione. Si è quindi cercato di correlare la presenza di queste ultime con le alterazioni di postura linguale, ma soprattutto con le anomalie di crescita dei mascellari. Dalla ricerca condotta è risultato che il 26 % dei pazienti (32 su 122) inclusi nel campione non presentava correlazioni significative tra i fattori considerati, mentre il restante 74 % (90 su 122) presentava una o più correlazioni, ovvero: 13 pazienti presentavano un’alterata anatomia delle prime vie aeree ed una postura linguale anomala (14%); 15 pazienti presentavano un’anomala crescita dei mascellari associata ad una postura linguale scorretta (17%); 29 pazienti presentavano un’anormale crescita dei mascellari ed un’alterata anatomia delle prime vie aeree superiori (32%), soprattutto nel sesso femminile (20 pazienti su 29); infine, ben 33 pazienti (37%) presentavano sia un’anomalia di crescita dei mascellari, sia una postura linguale scorretta che un’anomala anatomia delle prime vie aeree superiori. In questo studio il sesso si è dimostrato un fattore importante poiché la maggior parte delle alterazioni funzionali e di crescita si rilevano nelle donne. CONCLUSIONI: Dai risultati ottenuti si può affermare che diagnosticare precocemente una disfunzione respiratoria o deglutitoria significa orientare in maniera mirata e predicibile il piano di trattamento, e questo oggi è possibile solo con l’impiego di nuove tecniche radiologiche d’indagine (quali la TCV) in grado di evidenziare eventuali ostruzioni delle vie aeree superiori, difficilmente visibili con un semplice teleradiografia latero-laterale. SELF-LIGATING IN STRAIGHT WIRE: VANTAGGI E SVANTAGGI Brigante C.*, Zampollo E. *, Bonfigli D., * Vanni A.*, Giuca M.R.*. *Dipartimento di Chirurgia, Unità di Pedodonzia,Università di Pisa. INTRODUZIONE: Le apparecchiature self-ligating permettono di applicare forze leggere e continue agli elementi dentari in ogni momento del trattamento e consentono di avere una migliore risposta parodontale ed un movimento dentale associato a rimodellamento osseo. OBIETTIVI: Tramite l’applicazione della tecnica self-ligating è possibile ottenere espansioni trasversali delle arcate e risolvere casi di affollamento senza la necessità di ricorrere ad estrazione. L’utilizzo di forze estremamente leggere permette inoltre di sfruttare l’ancoraggio fornito dalla muscolatura oro-labiali; il tutto utilizzando una meccanica ad arco dritto estremamente semplice e veloce. MATERIALI E METODI: E’ stato analizzato un caso ortodontico di una paziente in crescita che presentava affollamento superiore e inferiore trattata con un’apparecchiatura self-ligating. Sono state eseguite teleradiografie latero laterali e OPT per valutare la classe scheletrica, il profilo di crescita e la situazione parondontale. Sono stati misurati i diametri trasversali delle arcate prima e dopo il trattamento. RISULTATI: E’ stato possibile risolvere l’affollamento tramite l’espansione trasversale delle arcate, senza necessità di ricorrere ad estrazione. Si registra un incremento del diametro interpremolare sia superiore che inferiore. A fronte di un trattamento espansivo la situazione parodontale non risulta peggiorata ma anzi migliorata. L’occlusione rispecchia le sei chiavi di occlusione ideale di Andrews e il tracciato cefalo metrico mostra una corretto rapporto intermascellare. CONCLUSIONI: Il mondo ortodontico è sempre più sensibilizzato sull’importanza della corretta gestione della frizione nel raggiungimento di risultati clinici di qualità, associati a tempi di esecuzione brevi e nel rispetto dei tessuti biologici. Si può senz’altro affermare che la tecnica self-ligating rappresenti il futuro dell’ortodonzia fissa. LA MICROVIBRAZIONE NELLA TERAPIA DEI DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI Deli R, Lomaglio D, de Roberto I. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia - Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma INTRODUZIONE: le microvibrazioni sono degli stimoli meccanici in grado di produrre un ricondizionamento muscolare. Il meccanismo attraverso cui agiscono è rappresentato dalla stimolazione delle fibre afferenti intra-fusali Ia da cui parte una contrazione tonica riflessa detta TVR. La risposta muscolare sembra essere linearmente correlata alla frequenza e ampiezza dello stimolo applicato. La stimolazione delle fibre muscolari indotta dalle microvibrazioni produce i seguenti effetti: 1) aumento del tono muscolare; 2) aumento della forza; 3) miglioramento della resistenza muscolare. Pertanto l’applicazione di vibrazioni ad alta frequenza potrebbe essere usata per ristabilire un corretto funzionamento dei muscoli masticatori e cervicali nei pazienti con disordini temporo-mandibolari (DTM) in cui la patologia muscolare rappresenta la principale causa della limitazione funzionale e della sintomatologia algica. OBIETTIVI: partendo da tali premesse gli obiettivi di questo lavoro sono stati i seguenti: 1) valutare l’effetto dell’azione ricondizionante delle microvibrazioni sui muscoli masticatori nei pazienti con DTM e analizzarne le conseguenze sulla sintomatologia algica e sulla limitazione funzionale; 2) confrontare i risultati ottenuti da questa sperimentazione con quelli ottenuti con la terapia gnatologica tradizionale eseguita mediante l’applicazione di splint. MATERIALI E METODI: è stato studiato un gruppo di 18 pazienti (16 donne, 2 uomini) affetti da DTM associati a dolore e limitazione funzionale. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi in maniera casuale, in base all’ordine di arrivo: i primi 9 pazienti sono stati indirizzati ad una terapia con splint per tre mesi; i successivi 9 sono stati sottoposti ad una terapia di ricondizionamento muscolare mediante l’applicazione di microvibrazioni con il Closed Loop Myomodulator (CLM). Il CLM è stato applicato secondo il seguente schema: tre applicazioni da 10 minuti ciascuna ripetute per tre giorni consecutivi e seguite da tre richiami rispettivamente al 30°, 60° e 90° giorno. I parametri valutati prima e dopo il trattamento sono stati il dolore (mediante scala VAS) e la limitazione funzionale (lateralità sinistra, lateralità destra e massima apertura). RISULTATI: dai risultati emerge che tutti i pazienti hanno avuto una remissione parziale della sintomatologia algica con risultati significativi (p<0,05) sia per il gruppo trattato con micro vibrazioni sia per il gruppo trattato con splint. Per quanto riguarda la cinematica mandibolare (apertura e lateralità) è stato ugualmente registrato un miglioramento significativo (p<0,05) in entrambi i gruppi. CONCLUSIONI: da quanto analizzato possiamo concludere che la terapia con microvibrazioni può portare a dei risultati paragonabili alla tradizionale terapia con splint. Questo rappresenta un dato incoraggiante se consideriamo che le microvibrazioni non danno effetti collaterali, sono applicate per via topica, richiedono applicazioni molto brevi e, per questo, non comportano una particolare compliance del paziente come nel caso dell’applicazione di splint. Ulteriori studi ed un aumento del campione analizzato dovranno essere eseguiti per confermare i dati ottenuti e per valutare a distanza di tempo la stabilità dei risultati. MODIFICA DELLA FORMA D’ARCATA IN PAZIENTI APPARTENTENENTI ALLA TIPOLOGIA ROTAZIONALE R2D SECONDO PETROVIC TRATTATI CON TECNICA LOWFRICTION Autori: Tangorra A.,Oliva B., Grippaudo C., Deli R. Universita’ Cattolica del Sacro Cuore, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia INTRODUZIONE: Con la tipologia rotazionale R2D individuata secondo il protocollo di Petrovic-LavergneStuzmann viene classificato un gruppo particolare di II classe caratterizzato da una rotazione di crescita mandibolare neutra( R), da un potenziale di crescita del mascellare maggiore di quello mandibolare( 2),e da una relazione intermascellare sagittale distale (D). SCOPO DEL LAVORO: Valutare la modifica della’arcata in pazienti appartenenti alla tipologia rotazionale R2D trattati con tecnica low-friction dopo la fase di allineamento e livellamento. MATERIALI E METODI: Abbiamo selezionato 5 pazienti appartenenti alla tipologia rotazionale R2D trattati con tecnica low-friction. Durante la fase di allineamento e livellamento sono stati utilizzati archi in nichel-titanio superelastici del diametro di .014 per la durata di 3 mesi. Sono stai valutati su modelli in gesso la distanza intercanina, la distanza tra i primi premolari, la distanza tra i secondi premolari. La distanza intermolare , il perimetro d’arcata e la profondita’ d’arcata prima del trattamento e dopo la fase di allineamento e livellamento. RISULTATI: Le misurazioni effettuate hanno subito un lieve incremento dopo la fase di allineamento e livellamento. CONCLUSIONI: Il campione preso in esame attesta una ridotta modifica dell’arcata che potrebbe essere associata a una maggiore influenza genetica sulla forma d’arcata nei pazienti appartenenti alla tipologia rotazionale R2D. CONFRONTO TRA LE INFLUENZE GENETICHE DELLE TIPOLOGIE ROTAZIONALI A1D E R2D Autore principale Peluso L. Altri autori: Greco A.L., Sferra S., Grippaudo C., Deli R. Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria Indroduzione: Conoscere e comprendere le particolarità morfo-strutturali, quindi le potenzialità fenotipiche individuali di ogni tipologia facciale, aiuta nella formulazione della diagnosi e del piano terapeutico. La tipologia rotazionale rappresenta il genotipo e stabilisce i limiti o potenzialità del fenotipo; il fenotipo di un individuo rimane entro questi limiti, ma il suo grado di espressione dipende dalle influenze ambientali. Obiettivi: lo scopo di questo lavoro è quello di individuare le differenze morfo-genetiche sul piano sagittale e trasversale tra le tipologie rotazionali A1D e R2D, individuate secondo il protocollo di Petrovic-Lavergne-Stuzmann. Materiali e metodi: i due gruppi sperimentali selezionati comprendono rispettivamente 34 e 22 pazienti, a permuta completata, non trattati ortodonticamente. Per ogni paziente è stato eseguito il tracciato cefalometrico ed è stata valutata la forma d’arcata. Le misurazioni sono state realizzate mediante l’ausilio di un software e confrontate con t-test a due code. Risultati: è stata rilevata l’esistenza di parametri cefalometrici sagittali e verticali con una valenza statistica (p<0,05) che caratterizzano le due tipologie rotazionali; anche dal confronto della forma d’arcata dei campioni sono emersi risultati statisticamente significativi. Conclusioni: dai dati ricavati è possibile comprendere meglio le caratteristiche morfologiche cefalometriche e relative alle forme d’arcata dei pazienti con tipologie rotazionali A1D e R2D. Il lavoro evidenzia la variabilità biologica esistente all’interno della stessa tipologia rotazionale. IL RIASSORBIMENTO RADICOLARE IN ELEMENTI TRATTATI ENDODONTICAMENTE IN CORSO DI TRATTAMENTO ORTODONTICO Alligri FM, Peluso P, Franzelletti A, Putrino A, Zangrillo C,Barbato E, Galluccio G. Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Direttore: A. Polimeni. U.O.C. di Ortognatodonzia e Gnatologia, Direttore: E. Barbato. Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: E. Barbato INTRODUZIONE:Il riassorbimento radicolare o rizalisi è un rimaneggiamento della radice del dente e può essere primitivo o secondario. Tale fenomeno, che può anche essere associato al trattamento ortodontico, è imprevedibile, inevitabile e, quando coinvolge la dentina, diviene irreparabile. Esistono vari fattori implicati nel riassorbimento radicolare: esso può essere secondario a un trattamento ortodontico, a causa di forze non biologiche, trattamenti prolungati, movimenti intrusivi, spostamenti eccessivi, o può essere condizionato dalla suscettibilità individuale dalle caratteristiche dentali, dall'età avanzata, dalla densità ossea, dal sesso, dal tipo di malocclusione, dalle condizioni sistemiche e dalla malnutrizione.L’accorciamento delle radici durante il trattamento ortodontico si verifica in tre forme diverse:riassorbimento generalizzato moderato (RGM), generalizzato grave (RGG) e localizzato grave (RLG). Il RGM interessa alcuni elementi dentari più frequentemente, come gli incisivi superiori, i quali presentano una riduzione della lunghezza radicolare che di media è superiore a quella di altri elementi dentari. Una volta posta la diagnosi di riassorbimento bisogna intervenire tempestivamente in quanto il fenomeno può progredire velocemente. OBIETTIVI:Abbiamo condotto uno studio sul riassorbimento radicolare, in collaborazione fra il reparto di Endodonzia e Ortognatodonzia dell’Università di Roma “La Sapienza”, attraverso l'analisi delle radiografie periapicali di soggetti in trattamento ortodontico che presentavano alcuni elementi sottoposti a terapia endodontica allo scopo di valutare l'eventuale presenza e caratteristiche del riassorbimento radicolare, e confrontando gli elementi trattati endodonticamente con quelli non trattati. MATERIALI E METODI:Abbiamo analizzato i casi dal punto di vista radiografico effettuando delle radiografia a fine trattamento, notando che il rischio di riassorbimento grave è molto maggiore per gli incisivi superiori, interessati nel 3% dei casi rispetto all’ 1% di tutti gli altri elementi dentari. E' stata valutata la precentuale di riassorbimento radicolare rispetto alle radiografie inziziali e sono stati paragonati i dati dei due gruppi. RISULTATI E CONCLUSIONI: Sebbene pochissimi casi abbiano avuto riassorbimento radicolare, si è visto che il riassorbimento radicolare più frequente è quello localizzato. Nessuna particolare differenza è stata evidenziata tra elementi trattati endodonticamenti ed elementi non trattati. Appare possibile e doveroso, comunque, osservare un attento protocollo volto alla limitazione dei danni che possono insorgere a causa di un eccessivo fenomeno di rizalisi come una buona informazione della possibilità di un riassorbimento radicolare come complicanza del trattamento e soprattutto una valutazione radiografica degli elementi dentari ogni 3-6 mesi al fine di prevenire le forze troppo pesanti che possono comportare questa complicanza. ASSOCIAZIONE TRA IPODONZIA NON SINDROMICA E DIFETTI SCHELETRICI SUL PIANO SAGITTALE, VERTICALE E TRASVERSALE: REVISIONE SISTEMATICA Autore principale: Peluso L. Altri autori: Alligri F., Gallerano G. Università degli Studi di Roma La Sapienza, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: L’ipodonzia può presentarsi sia come una condizione isolata (ipodonzia non sindromica) che associata ad altre sindromi congenite (ipodonzia sindromica) come la palatoschisi o la sindrome di Christ-Siemens-Touraine. Secondo Giannì l'ipodonzia va distinta in forma agenesica, microdontica e iatrogena. Tutte le varianti presentano una più o meno accentuata riduzione della dimensione verticale scheletrica. La variante microdontica presenta in genere una crescita ortognatica con tendenza all'orizzontale. Sempre secondo Giannì, agenesie si ritrovano di frequente in casi di III classe scheletrica , con facies adenoidea, stati iperergici delle vie respiratorie, con profilo tendente al concavo ed ipoplasia del mascellare superiore. Obbiettivi: Lo scopo di questo lavoro è esaminare la più recente letteratura per verificare le ipotesi formulate da Giannì per quanto riguarda lo sviluppo scheletrico in senso verticale, sagittale e trasversale nei pazienti affetti da ipodonzia non sindromica. Materiali e metodi: È stata realizzata una revisione sistematica della letteratura pubblicata nel 2010 e 2011. Sono stati esclusi gli studi riguardanti forme sindromiche. Sono stati esaminati gli articoli in lingua inglese o italiana. Sono stati consultati i seguenti databases: Pubmed, Cochrane Library, NSH. Risultati: I due studi che hanno superato i criteri di selezione mostrano un maggiore prevalenza dell’ipodonzia nei pazienti con malocclusione di classe IIIª ed una maggiore incidenza di agenesie a livello mascellare. Non è presente una differenza statisticamente significativa nella relazione verticale dei mascellari, mentre le distanze intercanine e intermolari sono significativamente ridotte sia per la mandibola che per la mascella se paragonate gruppi controllo sani. Conclusioni: I dati ricavati mostrano una maggiore prevalenza di ipodonzia a livello del mascellare superiore ed in soggetti con IIIª classe. Non è presente un’alterazione dei rapporti verticali dovuta all’ipodonzia, ma vengono rilevate modifiche nei diametri trasversi. Sarebbe auspicabile effettuare ulteriori approfondite revisioni sistematiche della letteratura per verificare la presenza di tali alterazioni nello sviluppo scheletrico dovute a tale patologia. APPROCCIO INTERDISCIPLINARE AL PAZIENTE ORTODONTICO: MALOCCLUSIONE E ALTERAZIONI FUNZIONALI DELL’APPARATO STOMATOGNATICO. STUDIO CASOCONTROLLO Guarnieri R. , Fabretti P., Mauro V. Mazza D., Galluccio G., Barbato E. Sapienza Università di Roma, I Facoltà di Medicina e Chirurgia. Dip. di Scienze Odontostomatologiche e Chirurgia Maxillo Facciale, Direttore: A. Polimeni Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: E. Barbato Introduzione. Nell’ambito delle ipotesi eziopatogenetiche di malocclusione, oltre alle componenti genetiche ed epigenetiche, svolgono un ruolo di rilievo, soprattutto nel periodo infantile, le influenze ambientali, volte a modificare l’equilibrio omeostatico. Le arcate dentarie si sviluppano all’interno di un corridoio muscolare, nel quale la risultante delle forze intraorali (lingua) e periorali (labbra e guance) deve essere nulla, al fine di garantire un equilibrio dinamico. Tutte le condizioni anomale che determinano l’alterazione di tale equilibrio nell’arco della giornata, per un periodo di tempo sufficiente, rappresenterebbero dei potenziali in grado di generare quadri di malocclusione. Obiettivi. Valutare tramite indagine epidemiologica e statistica il rapporto di consequenzialità causa-effetto esistente tra le alterazioni ortognatodontiche e le alterazioni funzionali, analizzando l’incidenza delle alterazioni funzionali sia in soggetti con malocclusione di tipo molare (rappresentanti il gruppo caso) che in soggetti con occlusione normale (gruppo controllo). Materiali e Metodi. è stata elaborata una cartella clinica interdisciplinare per la registrazione integrata dei parametri di pertinenza ortodontica e foniatrico-logopedica. Nel periodo 02/2008-02/2010, su 964 pazienti in prima visita ortodontica presso la UOC di Ortognatodonzia, 88 hanno aderito al protocollo di valutazione interdisciplinare e sono stati sottoposti anche a valutazione foniatrico-logopedica presso il Dipartimento di Otorinolaringoiatria. Previa compilazione del questionario inerente la raccolta delle notizie anamnestiche, ciascun paziente è stato sottoposto ad esame clinico intra ed extraorale condotto da due operatori opportunamente addestrati e calibrati. I dati dei pazienti sono stati trasferiti presso l’UOC di Otorinolaringoiatria, Audiologia e Foniatria dove sono state esaminato tutte le funzioni del sistema neuromuscolare che hanno luogo in ambito stomatognatico. Particolare rilievo è stato conferito allo studio della fase orale della deglutizione, valutata mediante tecnica palpatoria bimanuale e allo studio del livello fonetico-fonologico, mediante somministrazione ad ogni paziente di un test di valutazione dell’articolazione (test del Fanzago) composto da 22 tavole e 117 figure stimolo che elicitano tutti i fonemi dell’italiano standard in posizione iniziale, intervocalica ed in gruppo consonantico.Lo studio caso-controllo ha esaminato 48 soggetti affetti da malocclusione molare secondo Angle e 40 controlli normocclusi. Risultati: è stata riscontrata assenza di correlazione statistica (P value<α) tra malocclusione molare e alterazioni funzionali nei due gruppi. Il 67% del campione presenta deglutizione atipica semplice e di questi solo il 6% è affetto da open bite dentale. È stata invece riscontrata presenza di correlazione statistica tra soggetti con quadri di open bite (14,8%) e modello deglutitorio atipico (P value=0,059). Conclusioni: nessuna correlazione è evidenziabile tra malocclusione/normocclusione molare e presenza/assenza di alterazioni funzionali. Dall’indagine sul modello deglutitorio si evince che la deglutizione atipica rappresenta una conseguenza e non una causa di malocclusione. IPODONZIA NEL PAZIENTE ORTODONTICO: REVISIONE DELLA LETTERATURA Di Benedetto S., Vizzielli G., Galluccio G., Barbato E. Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciale, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore prof.ssa E. Barbato, Sapienza, Università di Roma Introduzione: agenesie a carico della serie dentale permanente rappresentano un’anomalia congenita frequentemente riscontrabile nell’uomo. Possono essere correlate ad oltre 49 quadri sindromici. Termini specifici vengono utilizzati per definire la diversa natura delle agenesie: ipodonzia se mancano da 1 a 6 elementi dentari; oligodonzia se mancano più di 6 elementi; anodonzia se a mancare sono tutti gli elementi dentari. Frequenza e prevalenza dell’ipodonzia variano a seconda della razza presa in esame. Obiettivi: con la presente revisione si vuole valutare l’influenza dell’ipodonzia nel trattamento ortodontico. Materiali e metodi: è stata effettuata una ricerca utilizzando 2 database elettronici (pubmed; medline) revisionando articoli dal 2000 al 2011. Da 26 articoli, è stata eseguita un’accurata selezione in base ai seguenti criteri: 1.razza caucasica; 2.dentizione permanente; 3.agenesie diagnosticate clinicamente e radiologicamente. Solo 11 articoli sono risultati idonei. Risultati: l’ipodonzia nel paziente ortodontico è statisticamente più frequente rispetto alla popolazione normale; coinvolge maggiormente il mascellare superiore rispetto all’inferiore (i denti più soggetti ad agenesie sono gli incisivi laterali superiori seguiti dai secondi premolari sia superiori che inferiori). Pazienti con severi quadri di ipodonzia mostrano una tendenza alla III classe e un overbite accentuato. Conclusioni: l’ipodonzia dunque ha delle dirette implicazioni cliniche sul trattamento ortodontico: influenza la relazione occlusale tra mascella e mandibola, provocando l’inclinazione dei denti contigui; l’estrusione dei denti antagonisti, nonché una deviazione della linea mediana. È indispensabile una precoce valutazione dell’entità delle agenesie al fine di programmare un efficace piano terapeutico sulla base delle dimensioni e del numero degli elementi restanti in ambedue le arcate; questo permetterà di procedere ad un’apertura ortodontica degli spazi seguita da riabilitazione implantare piuttosto che ad una chiusura ortodontica degli stessi. MINIVITI: DALLA SCELTA DEL SITO ALLA PIANIFICAZIONE TERAPEUTICA Pupilli E., Massai E., Mazzuoli V., Grassi C. Dipartimento scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche Università di Siena Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: L’utillizzo delle miniviti ha permesso una più agevole gestione dell’ancoraggio dentale. E’ diventato così possibile affrontare con successo anche condizioni che fino a qualche tempo fa erano ritenute limite per la pratica ortodontica, come il trattamento di pazienti con selle edentule o poco collaboranti. Obiettivi: Le miniviti possono essere utilizzate da sole, sia come ancoraggio diretto sia come ancoraggio indiretto, o associate a presidi ortodontici di diversa natura. Vengono presentati due casi clinici trattati con dispositivi distalizzanti e mascherine Invisaling® per evidenziare nuove prospettive terapeutiche. Materiali e metodi:Nel primo caso viene utilizzato un dispositivo distalizzante L’unità reattiva –o di ancoraggio- è costituita da una placca di Nance ancorata con due miniviti palatali. Il secondo caso presenta una parodontopatia diffusa che ha portato ad una vestibolarizzazione del settore anteriore superiore. Il trattamento ortodontico viene effettuato con mascherine Invisalign®. L’ancoraggio è scheletrico e permette di scaricare completamente le forze di reazione sulla minivite evitando la mesializzazione degli elementi dentali . Risultati e conclusioni: la possibilita’ di ancorarsi scheletricamente permette di ampliare le possibilita’ ortodontiche e dunque lo spettro delle indicazioni. Movimenti dentali fino a poco tempo fa ritenuti impossibili per mancanza di ancoraggio sono oggi possibili grazie al semplice utilizzo di questi dispositivi. TECAR: PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO E PROTOCOLLI TERAPEUTICI Autori: Nannelli P. , Nannelli F. , Di Matteo C. , Del Grosso F. Università degli Studi di Siena Obiettivo: illustrare l’utilità della Tecar terapia nelle riabilitazioni delle patologie articolari acute e croniche degli sportivi. Materiali e metodi: viene presentato il principio di funzionamento della apparecchiatura volto alla riduzione della sintomatologia dolorosa e al più rapido ripristino della normale e asintomatica funzione articolare. Vengono presentati i protocolli utilizzati nelle specifiche situazioni disfunzionali e flogistiche, acute e croniche. Risultati: la Tecar terapia risulta efficace nel trattamento delle seguenti patologie : pazienti con patologia cronica extraarticolare di tipo muscolo tensivo; pazienti con trauma acuto e perdita del disco articolare; pazienti con patologia articolare cronica intraarticolare e perdita permanente del disco articolare. Tali pazienti erano per il resto seguiti con normali protocolli terapeutici odontoiatrici e fisioterapici, metodica di Rocabado. Conclusioni: la patologia delle disfunzioni dell’ATM si avvale di molti mezzi odontoiatrici e molti mezzi ausiliari. La Tecar terapia può essere utilizzata nelle patologie acute o nelle patologie croniche mediante due programmi specifici in grado di produrre calore o in grado di funzionare in Atermia. METALLO VERUS CERAMICA: FRIZIONE A CONFRONTO DEGLI ATTACCHI SELF- LEGATING Francioli D. Beccuti M.L. Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche/ Università degli Studi di Siena Facoltà di Medicina e Chirurgia/ Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Introduzione: Nel reparto di Ortodonzia dell’Università degli Studi di Siena a seguito dell’impiego di attacchi interattivi con forze leggere abbiamo deciso di determinare una possibile differenza di frizione tra due differenti tipi di attacchi. Obiettivo: Scopo di questo studio è valutare la differenza tra la frizione espressa nello scivolamento di archi metallici con attacchi self-legating in metallo tipo Quik® 2.0 e quella espressa con attacchi self-legating in ceramica tipo Quiklear® (FORESTADENT Bernhard Förster GmbH, Westliche Karl-Friedrich-Str. 151 - 75172 Pforzheim - Germany). L’analisi delle forze rilasciate è stata valutata durante le fasi di allineamento e livellamento. Materiali e metodi: Sono stati selezionati un campione di 35 pazienti di cui 18 femmine (51%) e 17 maschi (49%) (grafico n°1) in cura presso il reparto di Ortognatodonzia dell’Università degli Studi di Siena che presentavano una I Classe molare ed un affollamento degli incisivi superiori ed inferiori caratterizzato da malposizione del canino/i supsequenza eriore/i. Ai pazienti per la fase iniziale del trattamento è stata applicata la seguente di archi: 0.010 NiTi, 0.012 NiTi, 0.014 NiTi, 0.016 NiTi. Nel presente studio la valutazione della frizione durante l’utilizzo degli archi tondi è schematizzata nel (grafico n°2). Mentre le misurazioni effettuate nel gruppo C1♀ e nel gruppo C2 ♂ sono nel grafico n°3, con il colore più scuro il risultato degli attacchi in metallo. Durante queste fasi di allineamento e livellamento ( al cambio di ogni arco) sono state rilevate le impronte in alginato delle arcate per poter avere a disposizione i modelli in gesso sui quali effettuare le misurazioni lineari. Sono stati analizzati i tempi di livellamento in base a: C1 applicazione dell’arco 0.010 in NiTi, C2 applicazione dell’arco 0.012 in NiTi, C3 applicazione dell’arco 0.014 in NiTi, C4 applicazione dell’arco 0.016 in NiTi arrivando al quasi allineamento dei/i canino/i superiori. Risultati: A seguito della nostra ricerca sulle differenze di frizione tra gli attacchi metallici Quik e gli attacchi in ceramica Quiklear non sono state evidenziate nei tempi di cura (livellamento ed allineamento) differenze significative tra i due gruppi di controllo (p<0.05). Conclusioni: I risultati del presente studio hanno messo in evidenza il fatto che tra gli attacchi in metallo Quik e gli attacchi in ceramica Quiklear non esistano differenze significative di frizione con l’arco, dando evinti similari nelle fasi di allineamento e livellamento. INTERACTIONS BETWEEN SELF-LIGATING BRACKETS AND WIRES OF SMALL DIAMETER ROUND Prof. Faccioni F., Dott. Bozzola N., Dott. Spinelli M., dott. Salvador F. Università degli studi di Verona Introduction: The purpose of this study was to identify and analyze the effectiveness of low-diameter wire (0.10) use in the early stages orthodontic treatment. Methods: We collected the data in the literature and evaluated with the help of the clinic, which were the best wire to use in early orthodontic treatment in the presence of crowding. Results: statistical analysis showed that the amount of initial tooth movement was not related to force magnitude; light forces provided a greater percentage of tooth retraction than heavy forces, with less strain on anchorage. Conclusion: initial tooth movement would benefit from light forces. Heavier forces tend to increase the rate and the amount of tooth retraction but lose their advantage because of unwanted clinical side effects. CORTICOTOMIE INTERDENTARIE: INDICAZIONI PER FAVORIRE ED ACCELERARE I MOVIMENTI ORTODONTICI. Autori: Prof. Faccioni F., Prof. Bertossi D., Dott.ssa Soave E e Prof. Nocini P.F. Dipartimento di Chirurgia. Direttore: Prof. P. F. Nocini Sezione di Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontostomatologia. Direttore: Prof. P. F. Nocini Introduzione: Nel definire e presentare un trattamento ortodontico, oltre alla preparazione scientifica e all’esperienza clinica, è necessario tenere in considerazione le richieste di un paziente sempre più esigente, il quale desidera ricevere un risultato ottimale in tempi ridotti. Obiettivi: Obiettivo di tale studio è fornire le indicazioni corrette per favorire ed accelerare i movimenti ortodontici tramite corticotomie interdentarie. Materiali e metodi: Si presentano tre casi clinici con trattamento combinato di microchirurgia ortodontica (Piezosurgery®) ed ortodonzia. Risultati: I risultati raggiunti clinicamente con l’utilizzo della microchirurgia ortodontica confermano una riduzione dei tempi di trattamento globale, con preservazione dei tessuti parodontali ed assenza di riassorbimenti radicolari. Conclusioni: L’approccio al paziente ortodontico utilizzando corticotomie interdentarie, risulta particolarmente indicato in soggetti con biotipo gengivale sottile o con danni parodontali stabili.