breve storia della normativa di protezione civile

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breve storia della normativa di protezione civile
BREVE STORIA DELLA NORMATIVA
DI PROTEZIONE CIVILE
Prima Fase: Primi interventi normativi disorganici
Tralasciando la legislazione preunitaria (che pure ha prodotto norme significative) e partendo dall’Unità
d’Italia, assistiamo ad un’intensa attività legislativa. Vedono così la luce numerose ed eterogenee
disposizioni di carattere generale accompagnate da legislazione ad hoc adottate a seguito di particolari
calamità.
Prefetti e Sindaci intervengono in situazioni di emergenza, limitando e requisendo, se del caso, anche la
proprietà privata e lo fanno utilizzando il generale potere di ordinanza assegnatogli dalla legge 2359 del
1865. Si tratta di uno strumento tuttora largamente utilizzato.
Nei primi anni del ‘900 vengono varate alcune significative leggi. E’ il caso, nel 1906, di disposizioni
particolari aventi per oggetto alluvioni, mareggiate e uragani. Nel 1908, a seguito del terremoto di
Messina, viene introdotta la classificazione sismica del territorio e diventa vigente la prima normativa
antisismica.
Si tratta di norme di un qualche valore, che però si trovano ad esplicare i propri effetti entro un quadro
normativo disorganico e scollegato che non consente di affrontare seriamente né tantomeno di
prevenire il rischio indotto dai fenomeni naturali.
Bisognerà attendere il 1925 perché sia varata la prima normativa organica.
Seconda Fase: Interventi normativi organici entro un quadro di forte accentramento
Vedono la luce interventi più consistenti che rivelano una certa logica.
Con la legge 473/1925 il soccorso alle popolazioni colpite da eventi calamitosi viene delegato al
Ministro dei LL.PP e al suo braccio operativo rappresentato dal genio civile, con il concorso delle
strutture sanitarie.
Il R.D.L 9.12.1926, n°2389, convertito nella legge 15.3.1928, n°833, precisò meglio l’organizzazione
pubblica destinata ad intervenire, mantenendo al ministero dei LL.PP, che allora era l’unico che
disponesse di mezzi tecnici organizzati, il potere di dirigere e coordinare gli interventi anche delle altre
amministrazioni dello Stato. La legge di conversione 833 ha affidato ai prefetti, rappresentanti del
governo nella provincia, il compito di attuare tale azione di coordinamento, dando a questi ultimi il
potere di gestire gli interventi immediati necessari subito dopo il verificarsi di un evento calamitoso; tali
poteri cessavano allorché il Ministro o un sottosegretario ai LL.PP assumevano direttamente sul posto
l’incarico della direzione delle operazioni. La stessa legge prevedeva eguali compiti per i sindaci con
riferimento al territorio comunale: essi, appena venuti a conoscenza dell’evento, dovevano inviare sul
luogo i pompieri e il personale a loro disposizione, dandone immediata notizia al prefetto. Le
competenze del sindaco si esaurivano a questi due adempimenti, peraltro essenziali nella prima
emergenza. (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).
E’ in questi anni che l’organizzazione del servizio antincendio inizia a mutare profondamente.
Dobbiamo pensare che dal XVIII secolo fino al 1926 tale servizio era strutturato unicamente su base
comunale. A partire da quest’anno e fino al 1938, attraverso varie disposizioni legislative , si operò una
profonda ristrutturazione di questa funzione. Infatti, con il R.D.L 16.6.1938, n°1021, i pompieri
assunsero la moderna denominazione di “Vigili del Fuoco”, e con successivo R.D.L 27.2.1939, n°333,
venne ridefinito il “corpo nazionale dei Vigili del Fuoco” e istituita, in seno al ministero dell’interno,
l’apposita Direzione generale dei Servizi Antincendio”.
Il processo di organizzazione dei VVdF si completa nel 1961 con la legge 469. Con essa viene
completamente devoluta al Ministero dell’interno la materia relativa agli studi, all’attività sperimentale
tecnica e all’organizzazione centrale e periferica dei servizi antincendi. Furono soppressi i corpi
provinciali dei VVdF e fu precisato il carattere civile del corpo nazionale. Tutto ciò comporto la
completa statalizzazione dei servizi antincendi (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).
Non si poteva ancora parlare di vera e propria protezione civile e di organi operativi appositi, ma,
soprattutto con questi ultimi provvedimenti, ci si riferiva già a precisi aggregati pubblici (forze armate,
pompieri, ecc) per lo svolgimento di attività di p.c. (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).
E si arriva così al dopoguerra, dove, nel clima di rinnovamento seguito al secondo conflitto mondiale, si
hanno tentativi per arrivare ad una legislazione organica di p.c..
Negli anni 1950,1962 e 1967 vengono infruttuosamente presentati progetti di legge specifici. Nel
frattempo alcuni eventi calamitosi particolarmente gravi, come la catastrofe del Vajont nel 1962, le
alluvioni del 1966, la frana di Agrigento nello stesso anno e il tragico terremoto nella Sicilia orientale nel
1968 accelerarono la predisposizione e l’approvazione di nuovi strumenti legislativi più idonei.
La 1^ vera svolta si ha nel 1970. Infatti, vede la luce la legge 996 che titola “Norme sul soccorso e
l’assistenza alle popolazioni colpite da calamità”. Si hanno, così, per la prima volta, disposizioni di
carattere generale che prevedono un’articolata organizzazione di protezione civile. Con questa legge si
recepisce, per la prima volta nel nostro ordinamento, il concetto di protezione civile, definendola come
“l’attività intesa alla predisposizione concertata, in tempo di normalità, dei servizi di emergenza, di
soccorso e di assistenza, e a predisporre, al verificarsi della calamità, in forma coordinata ed unitaria,
tutti gli interventi delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, degli enti locali territoriali e degli altri
enti pubblici istituzionali”.
E’ stata inoltre precisata, per la prima volta, la nozione di calamità naturale e di catastrofe, definite come
“l’insorgenza di situazioni che comportino grave danno e pericolo di danno all’incolumità delle persone
e dei beni, e che per la loro natura ed estensione debbano essere fronteggiate con interventi tecnici
straordinari”.
Siamo dunque in presenza di un nuovo concetto di protezione civile, intesa come predisposizione e
coordinamento degli interventi, e a tal fine giustamente si individuavano i compiti fondamentali
demandati agli organi della protezione civile, ponendo in primo piano l’esigenza della pianificazione a
livello nazionale, regionale e provinciale, e della più razionale organizzazione degli interventi, a calamità
avvenuta. (cfr Padoin – La Protezione Civile in Italia - 1988).
L’Organismo a cui è dedicata gran parte della legge è il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (cnvf).
La legge ritaglia un ruolo centrale al Ministero dell’Interno cui è affidato il compito di soccorso tecnico
urgente e di assistenza.
Il coinvolgimento delle autonomie locali è molto limitato, dobbiamo però pensare che le Regioni
nascono proprio in quell’anno.
La legge 996, in linea con le concezioni culturali del tempo, privilegia il momento dell’emergenza; pur
anticipando le nuove future linee guida della p.c in senso globale, organizza il solo momento operativo
che coincide con il disastro, con il soccorso da attuare un attimo dopo lo scoccare dell’ora x.
Il regolamento d’esecuzione della legge in questione fu approvato solo dopo 11 anni, mentre nel
frattempo rovinosi terremoti avevano colpito e devastato nel 1976 il Friuli e nel 1980 vaste zone della
Campania e della Basilicata. In tali occasioni il governo per far fronte all’emergenza, nominò un
commissario straordinario, come previsto dalla legge 996/70.
Anche a seguito di quest’ultima esperienza (gestione commissariale) cominciò a farsi strada l’idea della
necessità di prevedere stabilmente l’istituzione di un Alto Commissario per il coordinamento degli
interventi di p.c..
Si hanno, quindi, norme che danno corpo e contenuto a questa impostazione. Con il DL 22 febbraio
1982, 57 convertito nella legge 187/82 viene nominato un Ministro per il coordinamento della P.C che
nella sua attività si avvarrà del Dipartimento della protezione Civile, istituito con DPCM del 22 giugno
1982.
Con la legge 938 del 23.12.1982 viene formalizzata la figura del Ministro per il coordinamento della p.c
come autonoma figura di coordinamento.
Con la legge n°180 del 1983 viene conferito al nuovo Ministro il potere di emanare, in situazioni di
emergenza, provvedimenti immediatamente esecutivi in deroga alla normativa vigente.
Terza Fase: Interventi normativi organici all’insegna del decentramento
Ricordavamo come il Friuli 1976 e Irpinia 1980 segnano una pagina dolorosa ed uno sconvolgimento
radicale della coscienza e dell’organizzazione logistica in possesso dello Stato.
Di fronte alle catastrofi, ai morti, al patrimonio edilizio devastato, allo sconvolgimento radicale
dell’assetto paesaggistico dei territori, l’immagine di un esercito che interviene un attimo dopo non
basta più, mostra tutti i suoi limiti. Si fa strada l’idea che i disastri vadano affrontati dopo averli
immaginati, descritti prima, vissuti prima e che occorra sì dimensionare le strutture d’intervento per
l’ora X, ma occorre farlo tenendo conto di scenari già elaborati e di misure di prevenzione già poste in
atto. Si impongono studi per la previsione dei disastri, per la prevenzione degli effetti che consentano
un momento finale repressivo attuato però in quadro già reso più tollerabile da interventi di riduzione
del rischio. Protezione civile, nella mente di chi sino a quel momento ha avuto come obiettivo il
soccorso, diventa anche previsione, prevenzione e ricostruzione (cfr. il Codice della protezione civile –
aa.vv – 2000)
I tempi sono oramai maturi per un cambiamento radicale.
Finalmente viene promulgata la legge 24 febbraio 1992, n°225. Dopo 22 anni dalla legge 996 del 1970
nasce il “Servizio nazionale della p.c” con la cui istituzione la struttura di p.c del paese subisce una
profonda riorganizzazione.
Eccoci dunque alla 2^ grande svolta. La legge 24 febbraio 1992, n. 225, istituisce il Servizio Nazionale
della protezione civile, con l'importante compito di "tutelare la integrità della vita, i beni, gli
insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e
da altri eventi calamitosi"
Tale legge disciplina la protezione civile come sistema coordinato di competenze al quale concorrono le
amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Provincie, i Comuni e gli altri enti locali, gli enti pubblici, la
comunità scientifica, il volontariato, gli ordini e i collegi professionali e ogni altra istituzione anche
privata.
Un tale complesso sistema di competenze trova il suo punto di collegamento nell'affidamento delle
funzioni di impulso e coordinamento al Presidente del Consiglio dei ministri.
La nuova filosofia della p.c è ora saldamente impostata su quattro linee fondamentali: previsione;
prevenzione; soccorso; superamento dell’emergenza.
Collocare questa legge nella fase decentrata non è propriamente corretto in quanto significative
competenze vengono mantenute in capo allo Stato ed alla sua Amministrazione periferica. Essa più
propriamente può essere definita una legge che rappresenta un momento di passaggio fra la fase
accentrata e quella decentrata in quanto, se è vero che, con particolare riferimento alle competenze
operative, essa continua ad imperniarsi sull’amministrazione centrale e periferica dello Stato, è
altrettanto vero che per la prima volta, soprattutto per ciò che riguarda previsione e prevenzione, essa
aumenta notevolmente il peso di Regioni, Province e Comuni.
In questa fase, per così dire di passaggio, si collocano anche la legge 183 del 1989 sulla “difesa del
suolo” e la legge 8 giugno 1990 n° 142 <<Ordinamento delle autonomie locali>> in seguito più volte
modificata e, recentemente, trasformatasi nel dlgs 267 del 2000 (Testo unico). Questa legge , oltre a
dettare i principi generali dell’ordinamento delle Province e dei Comuni, ne determina funzioni e
compiti alcuni dei quali, direttamente od indirettamente afferiscono all’ambito della protezione civile.
A partire dai primi anni ’90 la domanda regionalista/federalista, condiziona ed orienta il dibattito
politico.
In risposta a questa domanda Governo, Parlamento, quasi tutte le forze politiche si accordano su di un
consistente trasferimento delle competenze, dal centro alla periferia, sulla base dei principi di
“sussidiarietà”ed “integrazione”, in modo da avvicinare la soluzione dei problemi ai cittadini e ai
rappresentanti dei cittadini.Ne consegue che funzioni statali passano alle Regioni e agli Enti locali,
funzioni regionali passano agli enti locali.
In questo contesto viene ridefinita anche la materia della protezione civile. Il Dlgs 112 (cd. Bassanini)
del 1998 ha in tre articoli rideterminato l’assetto della Protezione civile a livello delle competenze, da
una parte trasferendo notevolissime competenze alle Autonomie locali, stavolta anche di tipo operativo,
dall’altra prefigurando una profonda ristrutturazione anche per ciò che riguarda le residue competenze
statali. Il quadro di riferimento “ideologico” resta però la 225/92 che disciplina la protezione civile
come servizio e, soprattutto, identifica le categorie degli eventi e delle attività di protezione civile.
Il ciclo si chiude con la riforma del titolo V° della Costituzione (L.costituzionale 3/2001 che ha inserito
la protezione civile fra le materie a legislazione concorrente.
La Regione Toscana ha poi recepito la nuova riforma costituzionale e, con L.R.T 67 del 2003 ed i
successivi decreti attuativi, ha ribadito un’impostazione fortemente ancorata ai valori del
decentramento, dell’integrazione e della sussidiarietà, nel solco di una tradizione le cui origini, per
quanto riguarda la protezione civile, sono rintracciabili nelle leggi regionali 88/1998 e 1/2001.