Rusconi Tino
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Rusconi Tino
Rusconi Tino Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE MicrosoftInternetExplorer4 FRA MEMORIA E UTOPIA Tino Rusconi ha detto una volta: "la mia pittura non è il figurativo dove una mela è una mela; né l'astratto dove la gente comune non capisce niente: la mia pittura nasce sul crinale di questi due modi di dipingere e di pensare la pittura". Cercheremo di vedere e capire perché questa "verità effettuale", cioè questo risultato che rende la sua pittura così intrigantemente affascinante non è un semplice ibrido formale, ma una chiave della sua poesia. Tino Rusconi è un lombardo già molto affermato. È nato a Lecco nel 1958, ma vive da sempre a Bergamo. Ha fatto fino a vent'anni una professione tecnica poi, grazie al pittore locale Gilberto Feruta, ha scoperto la pittura, prima quella ovvia e di genere, nature morte e paesaggi, non scevri - vedremo - della grande linea figurativa lombarda; poi ha lentamente conquistato una sua personalissima cifra stilistica, un mondo e uno stile che via via si sono evoluti, ma sempre, o quasi, su un medesimo pedale di fondo, su alcuni light motiv di tonalità, di arabesco, di struttura. Quali sono, dunque, i riferimenti pittorici e geoartistici di questo pittore italiano fra i più significativi di questo inizio millennio? Chi conosce Rusconi sa che, quando dipinge, osserva attentamente oltre la grande vetrata del suo studio bergamasco; quando non ha il pennello in mano si aggira costante fra panorami e scorci dei paesi di collina, da Sanrico a Caravaggio, fino al paesaggio massimamente manzoniano della sua Lecco. Né sono da trascurare le indovinabili soste presso l'Accademia di Carrara, dove la pittura lombarda, dal Lotto al Poppa scende per li rami, con il suo materico e stregante realismo, fino ai magici ritratti del Moroni, e ai grandi disegni e incisioni dell'arte bergamasca. Non tutto gli è servito anche se molto ha visto. Della pittura lombarda, Rusconi ha sentito più il tono che la potenza materia, più del realismo dispiegato e impegnato, certe velature timbriche e consistenti che segnano i suoi quadri di evanescenti e struggenti atmosfere. Eppure sarebbe - e sarà opportuna - una possibile storia di concordanze fra questo pittore e i suoi ascendenti, della quale qui si segnalano solo fuggevoli accenni. Per esempio certe malinconie del grande Moroni ultimo (ai tempi del celeberrimo ritratto Del Sarto), o saltando di tempi e modi, certe immediatezze di percezione di Arturo Tosi, o certe, appunto, illuminazioni morlottiane. È indubbio però che anche altri pittori Rusconi ha visto: anche se la sua tavolozza non ha maestri immediati, ma nasce da misteriose e sotterranee connivenze, e poco i suoi quadri nascon da altri quadri (di parentele pittoriche è del resto fatta tutta la pittura che conta). Alcuni nomi si posson fare senza azzardo. Primo direi quello - per restare al secolo e al nostro paese - di Massimo Campigli, del quale non certo Rusconi ha preso la calcinata solarità mediterranea, ma semmai quel gusto sapiente della stilizzazione (quasi un graffito) che, dal Campigli derivata da una illuminazione etnisca, concorre in quel pittore a creare una atemporalità di figure stilizzate, oggi così vicine e familiari al sentire noyecentesco. La stessa graffiante e nuda forza del segno è - ma vedremo in tutt'altro contesto, anzi capovolto - nel migliore Rusconi. Per altro verso, un artista "vicino" al nostro può essere Anton Zoran Music, contemporaneo Goriziano (che ha conosciuto non senza conseguenze il Lager di Dachau: ci restano i suoi disegni), il cui "astrattismo lirico", il monocromatismo insistito, l'intimismo lacerato sembrano cugini significativi, ma non incombenti, dell'arte sottile di Rusconi. Per quanto certi mondi artistici si richiamino pur da decisive quanto opposte diversità, un altro nome che si può fare ad arricchimento della costellazione rusconiana, è certamente quello del grande Francis Bacon. La "lotta con l'oggetto", come questo artista inglese ha definito la sua pittura, la sua tragica eticità decoratoria, le sue sfigurate elaborazioni di ritratti celebri, quel voler lasciare la tela "tracce memoniche di eventi passati", quella "imbrattatura" di immagini preesistenti, sono tutti partiti stilistici il cui eco, 1/4 Rusconi Tino evanescente e lontano, rintocca tuttavia quando si osservino le tele, più composte e liriche del nostro Rusconi, nelle quali la lotta fra presenze e assenze è uno dei più alti motivi della sua poetica. Questo breve viaggio "attorno" alle origini e agli echi di Rusconi serve a meglio introdurci nel vivo della sua poetica e della sua pittura il cui segreto formale sta proprio nel suo essere al crocicchio fra figurazione e non figurazione, ma in un modo specialissimo. Il centrale segreto di Rusconi è quello di far apparire le immagini su tela non con nitida evidenza ma attraverso velature successive e spiazzanti che mentre svolgono un racconto, tuttavia provocano all'occhio dell'osservatore un curioso effetto di "c'è e non c'è". Una sorta di nebbia più memoriale che meterologica vela ogni composizione che tuttavia si percepisce a tratti nella sua ricchezza narrativa. Forse, approposito di quest'artista che partendo da un fortissimo centro lirico, non ignora i segreti tecnici della fotografia e del cinema, il miglior esempio per descriverne la specificità è rifarsi appunto a un procedimento, anzi a un "errore" tecnico. È come se, in possesso di una macchina fotografica, si scattassero (senza far scorrere il rotolino) due immagini diverse e successive sullo stesso fotogramma: alla stampa, le due immagini sovrapposte offrono all'occhio un melange fortuito e insieme significante, un "curioso accidente" che non cancella la realtà, ma sovrapponendola ne fa scaturire un casuale terzo significato. La stregante magia dell'occhio fotografico è del resto troppo nota - e ce ne ha spiegato i più acuti risvolti non solo iconologici il grande Roland Barth nel suo "la camera chiara" - per non cogliere come il pittore Rusconi tragga partiti psicologici e narrativi da questa non in lui meccanica sovrapposizione di figure. Nella pittura di Rusconi questo "c'è e non c'è" non è, d'altra parte, assimilabile a tecniche affini: né all'arte del non-finito, né - se dal quadro passiamo al verso - al "vago" leopardiano. Certamente però queste effigi rusconiane di non immediata riconoscibilità, scatenano nell'osservatore una partecipazione indagante, chiamandolo a fraternizzare con l'emozione stessa dell'artista. Resta cioè sempre nel racconto velato di Rusconi uno spazio per l'immaginazione di chi guarda alla ricerca di ritrovare da questi "poveri" messaggi grafici, un'esattezza perduta sotto il sole scolorante del tempo e della memoria. La magia delle tele di Rusconi nasce dalla strana impressione che nell'ordine delle immagini si sia soprammessa una serie di sconnessioni fantasmatiche, insieme grafiche e memoriali, che in luogo dell'evidenza del presente, proponga e riannunci un'opaca e dolente stigmate del passato. Qui è il nodo lirico e poetico di questo singolare artista. Questa "esattezza negata" non è però un abile e astuto gioco psicologico che intrappoli l'osservatore; questa "inevidenza necessaria" si costituisce invece di materia pittorica, è sostanzialmente ed esclusivamente pittura, partecipa ora della luce opaca dell'affresco, ora ha l'incredibile sostanza di una "sinopia al collodio", altre volte echeggia l'effetto flou della fotografia o del cinema. Questo che chiamerei "realismo magico" di Rusconi è insieme un fatto - insisto sul tema - profondamente e squisitamente pittorico, ma partecipa anche della smisurata sapienza (stavo per dire saturazione) dell'immagine da cui siamo tutti annichiliti. Il mondo tutto figurale della nostra civiltà - dal cinema alla tv alla pubblicità - ci ha ormai fatti esperti di ogni possibile gioco e miscela iconologia, ci ha resi edotti di mille e mille possibilità retiniche di percepire il reale. Questa overdose di immagini, casuali e consumistiche, riacquista, per magia d'arte nelle tele di Rusconi, la dignità composta della poesia, torna alla sua matrice duplice di evidenza-oscurità, di chiarezza oscura, di presenza-assenza, di attualità e ricordo, che guidano la nostra esistenza sospesa fra presente e memoria. Questa, forse, è la centrale magia poetica di Tino Rusconi del quale poco si dice se non si nota che la qualità pittorica delle sue "velature" pioggia su grandi fondi monocromatici, su un pedale coloristico fatto di una sola qualità ma declinato in tonalità monotone quanto scalate, che sempre oscillano verso l'ocra e - 2/4 Rusconi Tino per tornare a-una componente citata - ricordano la magia del bianco e nero cinematografico. Per questo pittore che si avvale delle suggestioni più varie e lontane elaborate dalla sua officina pittorica - bisogna anche aggiungere che la sua arte non ignora, nell'angusto microcosmo della tela, la dispiegata narratività del gusto scenografico. Guardando certi quadri di Rusconi viene in mente che quei fondali calcinati e bruni, monocromi e allusivi di realtà urbane, sarebbero ottime quinte per una messinscena di melodrammi di Berg o Dallapiccola o per il teatro epico di Brecht. Il che ci dice - talora i più lontani contrari si richiamano fra loro - che una goccia di umore espressionista tocca gli spogliati e silenti racconti di Rusconi. Ma - è tempo, ormai che si giunga a questo tema - che cosa, appunto racconta, sotto le sue velature, questo pittore lombardo ed europeo? Che cosa si intravede dal suo racconto sbiadito in cui non si sa se le figure affondano o emergono sulla superficie della tela? Nei quadri di Rusconi si accampano paesaggi (perlopiù urbani) e figure. Spesso i due soggetti sono compresenti, i primi a sfondo i secondi in più evidente primo piano (per quanto le dislocazioni spaziali hanno un senso in questa "pittura dell'assenza"). Qualche volta Rusconi ha parlato di "personaggi medievali" a proposito delle sue figure, il che mi ha stupito perché osservando con familiare attenzione questi quadri io vi leggo - e domando conforto ai lettori -, invece, delle figure borghesi, leggermente retro, una sorte di borghesia anni Quaranta, macilenta e come cancellata nella sua muta silenziosa protesta esistenziale, ma rivestita in abiti di buon taglio (quasi da decaduti) che, chissà come e perché, mi chiamano alla mente atmosfere e figure dei romanzi ebraici di Bassani. Guardate gli adolescenti e i bambini così frequenti (credo sia uno dei più evidenti motivi autobiografici dell'artista quarantenne) nelle tele di Rusconi: i loro attillati cappottini, i berretti richiamano un'Italia anteguerra ancora fra cronaca e storia. Mentre dietro queste figure macilente, figlie non della miseria ma di una speciale desolazione e angustia dello spirito, si elevano grandi fondali di periferia urbana o rari interni casalinghi. I quali non richiamano certo la corposa cupezza delle periferie di Sironi, ma hanno la medesima continuità monotona, sep-pur qui come depurate da quella filigrana di nebbia in cui tutta la tela rusconiana è come tuffata. Quando tuttavia dico "borghesi" le figure di Rusconi non intendo dar loro una anagrafe storica e civile. I racconti di(questo pittore sono lontani da ogni connotazione temporale precisa, vivono anzi fuori dal tempo (o meglio rifluiti dal passato, o in esso sprofondanti), in una fissità dolente ed esistenziale che li esime da mostrarci la loro civile identità. Sono l'Individuo, la Persona come appare superstite - alta e insieme abbattuta - su questo sfondo di inizio millennio, tempo di folla e insieme di solitudine. Sono l'uomo fatto nudo, sotto il dimesso ciarpame multicolore del consumismo, oltre i lustrini della pubblicità, fuori delle luci accecanti della metropoli. Figure nude a cui l'autore affida una vaga capacità denunciatoria, insieme onirica e memoriale, un silenzioso ruolo di presenze. Il nucleo lirico di Rusconi sta appunto in questo "pressappoco", in questo visto e non visto, che aggiunge struggimento alla magia di tanto stemperate presenze. Tutto, però - ed è qui l'essenziale - risolto in pittura. Quei colori acrilici e quella tecnica mista, quel continuo ritocco a segni di matita o di gessetto, sono il lavorio da cui la composizione emerge, sia nella omogenea monotonia degli sfondi, sia nelle graffiature delle linee. Significativo, in proposito, è conoscere come questo pittore lavora.Rusconi non disegna la sua composizione sulla pagina del quadro per poi arricchirla e animarla col colore. Al contrario, Rusconi parte da immense macchie colorate (talora, all'origine, di colori vivi, poi stemperati nell'unica tonalità ocra e scura) e su queste o meglio a partire da questi laghi colorati fa nascere paesaggi, sfondi e figure. Dentro uno scenario di sfondo, il pittore opera dunque con grande libertà inventiva che gli permette di seguire le capricciose vie del ricordo, dell'affabula-zione lirica, dal buio alla luce, insomma, e non 3/4 Rusconi Tino viceversa. Da questo unico timbro coloristico, fondendo, aggiungendo e levando, emerge la linea e il racconto in un sottile, stenografico reticolo grafico, ora gessoso ora seccamente inchiostrato. E il quadro magicamente si compie, calcinato ma non cupo, graffito ma non disegnato. Pochi artisti sanno offrirci tanta forza di suggestione. Sanno raccontare fra omissione e evidenza, sanno coniugare presente 2 memoria, evitando quasi sempre il tranello della cifra ripetuta o l'astuzia della bravura. A salvare sempre la nobile pittura di Rusconi è la sua ricchezza intima e lirica, forse lombarda forse semplicemente indotta dalle inquiete condizioni esistenziali di questo inizio secolo. Un tempo, anche lui, indecifrabile come le tele di questo artista, perché sospeso fra memoria e utopia, fra speranza e disincanto. Pier Francesco Listri ESPOSIZIONI 2001 - Brennen Gallery - El Paseo - California (USA) 2001 - Galleria Comunale Briancon - Francia 2002 - Galleria Orta Arte - Orta - (NO) 2003 - Galleria Comunale Monclassico - (TR) 2003 - Confartigianato di Prato - (PO) 2004 - Galleria Cocker - Cranendonck - (Olanda) 2005 - Galleria C.A.D. -Huy - (Belgio) 2006 - Personale - Consolato italiano di Liegi (Belgio) 2007 - Galleria Itars - Nizza - (Francia) 2007 - Galleria d'Arte Contemporanea Castelfranco Veneto - (TV) 2007 - Corte del Cagnat - Macherio - (MI) 2008 - Galleria Art Prestige - Mougins Village - (Francia) 2009 - Galleria Mazzoleni - Alzano Lombardo - (BG) 2009 - Palazzo d'Amico - Milazzo - (ME) 2010 - Art-Evens - Forte-Village - Santa Margherita di Pula (CA) 2011 - Galleria Art Prestige - Mougins Village - (Francia) 2011 - Galleria Artequadri – Camposampiero (PD) 4/4