Rezension über: Gian Enrico Rusconi, Marlene e

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Rezension über: Gian Enrico Rusconi, Marlene e
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Taviani, Ermanno: Rezension über: Gian Enrico Rusconi, Marlene e
Leni. Seduzione, cinema e politica, Milano: Feltrinelli, 2013, in: Il
Mestiere di Storico, 2014, 2, S. 304,
http://recensio.net/r/65e5c34287fc45faa3fcaf0c4d52369b
First published: Il Mestiere di Storico, 2014, 2
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304
i libri del 2013 / 2 - monografie
Gian Enrico Rusconi, Marlene e Leni. Seduzione, cinema e politica, Milano, Feltrinelli,
206 pp., € 16,00
Raramente nella storiografia italiana si assume con decisione il peso del cinema
all’interno della ricostruzione della storia. Il volume di Rusconi, invece, percorre questa
strada fino in fondo, procedendo in maniera decisa, andando oltre una riproposizione
pura e semplice della categoria di fascinating Fascism. In questo libro di impostazione
brechtiana – nel primo capitolo viene sintetizzato l’essenziale dello svolgimento – in realtà
le protagoniste non sono Leni Riefenstahl e Marlene Dietrich, ma la Germania e la sua
cultura. Anche perché queste due importantissime figure del ’900, come scrive Rusconi,
incarnarono un modello (o più modelli nel caso della Dietrich) di donna tedesca. In questo quadro, Leni e Marlene si stagliano come il prodotto di una cultura non univoca, ma
ricchissima, come quella di Weimar e del suo modello di «donna moderna» sulla quale,
nelle sue diverse accezioni, l’a. scrive delle pagine di grande fascino e interesse. Il libro
segue con attenzione e senso del racconto le biografie delle due cineaste, nell’intreccio di
eros, arte, professionalità e politica. Due vite contrassegnate da molti incroci e intrecci:
la scuola di Reinhardt e, soprattutto, il cinema di Weimar, di cui la Riefenstahl fu una
figura di spicco molto più della Dietrich, almeno fino all’Angelo azzurro, che consacrerà
la seconda come una star di livello mondiale.
Il personaggio Dietrich – modellato anche fisicamente da Von Sternberg, che gli fece
asportare anche alcuni denti per disegnarne diversamente il profilo – anticonformista e
controverso dal punto di vista del costume, trovò il suo limite nelle regole dello star system
che forzò, spostò più in avanti ma, in definitiva, non violò. Anche il contesto hollywoodiano viene assunto nel libro non in modo piatto, ma mettendo in luce anche gli spazi
di libertà e di creatività che esistevano, pur all’interno di un sistema che si strutturava
come un’industria. Rifiutando le letture femministe della Dietrich, Rusconi sostiene che
Marlene non si pose mai il problema dell’emancipazione: propose un modello femminile
nuovo, ma non eversivo.
Malgrado il suo percorso nel regime nazista, la Riefenstahl fu, per Rusconi, molto di
più una «donna moderna» nel senso weimariano, in primo luogo perché si affermò come
un’artista autonoma, come regista, fatto inedito nel cinema dei quegli anni. L’autrice del
Trionfo della volontà cercò, attraverso l’estetizzazione della tecnica, di superare il contrasto
convenzionale tra la Kultur e la Zivilisation. Conciliò la moderna tecnica con le tematiche
völkisch nei «film di montagna», che tanto piacquero a Hitler e a Goebbels, e poi con
la propaganda del regime nazista. Anche la figura della Riefenstahl, quindi, è vista alla
luce del suo rapporto con la Germania, nel suo incrocio tra la componente innovativa,
progressiva, emancipativa, anche trasgressiva, e una invece tradizionalista, regressiva e
repressiva. La Riefenstahl utilizzò gli strumenti propri della modernità, che rimandavano
dunque alla prima componente, ma per lanciare messaggi e proporre visioni che riportavano fortemente alla seconda.
Ermanno Taviani