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Conoscenza e risorse monetarie: analogie
e principi di management convergenti
ALFONSO SIANO∗
Abstract
In una prospettiva moderna le risorse delle imprese sono riconducibili a due
fondamentali categorie: le risorse di conoscenza e le risorse monetarie. Pur appartenenti, per
loro natura, a categorie diverse, riteniamo che questi due tipi di risorse risultino accomunate
da alcune funzioni, potenzialità e rischi. Obiettivo del nostro studio è individuare, sulla base
dell’approccio analogico, principi di management convergenti per la gestione della
conoscenza, della reputazione e delle risorse monetarie d’impresa.
L’individuazione di principi comuni ha implicazioni sul piano teorico-concettuale e su
quello pratico-operativo. L’utilizzo di tali principi favorisce la formazione trasversale dei
manager d’impresa, fondata su competenze a più ampio raggio. La condivisione del
linguaggio che ne consegue garantisce una migliore interazione e dialogo tra manager a
livello sia intra-organizzativo che inter-organizzativo.
Parole chiave: competenze, reputazione aziendale, risorse monetarie, principi di management
Nowadays companies’ key resources are: competences and financial resources. Although
their nature means they belong to different categories, we believe that corporate resources
have some functions, potentialities and risks in common. Thus, in this study we use the
analogy-based approach to identify common elements in these resources, to then utilize them
in order to define convergent management principles.
The identification of common principles has implications both from a theoreticalconceptual and practical-operational point of view. The use of common principles favours the
transversal training of managers. In fact, it is based on a wide range of skills and
competences. By supporting the development of a shared language, the common principles
improve interaction and dialogue among managers on an intra-organizational and interorganizational level.
Key words: competences, corporate reputation, financial resources, principles of
management
∗
Ordinario di Corporate Communication - Università degli Studi di Salerno
e-mail: [email protected]
sinergie n. 76/08
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CONOSCENZA E RISORSE MONETARIE
1. Introduzione
Per operare con successo le imprese hanno bisogno di due fondamentali
categorie di risorse: le risorse monetarie e le risorse di conoscenza. Per queste ultime
è più corretto parlare di macro-categoria, in quanto esse possono essere distinte in
risorse di conoscenza in senso stretto e in risorse di fiducia (Vicari, 1992 e 1995b).
Secondo la dimensione epistemologica, le risorse di conoscenza in senso stretto
(sapere, skill, competenze, brevetti) sono riconducibili a due tipi di conoscenza:
tacita (o implicita) e codificata (o esplicita) (Polanyi, 1967; Nonaka, 1991 e 1994;
Nonaka e Takeuchi, 1995).
È tacita la conoscenza pratica (“saper fare” e “saper essere”), basata
sull’esperienza (Polanyi 1967; Nelson e Winter, 1982; Brown e Duguid, 1998;
Nonaka e Takeuchi 1995) che attribuisce al suo possessore - il singolo individuo, il
gruppo (team) o il sistema d’impresa nel suo complesso - capacità operative, abilità
di esecuzione di compiti specifici. Per le sue caratteristiche, la conoscenza tacita è
difficilmente codificabile e comunicabile agli altri o non lo è affatto (we know more
than we can tell) (Polanyi, 1967; Winter, 1987; Haldin-Herrgard, 2000). Sono
molteplici le espressioni utilizzate in letteratura per riferirsi alla conoscenza tacita.
Oltre che implicita, è detta informale, personale, soggettiva, pratica, concreta,
empirica, esperienziale, procedurale, locale, dipendente dall’individuo o dal gruppo
di individui, contestualizzata, non codificata (Golinelli et. al., 2002).
La conoscenza codificata rappresenta il “sapere cosa” (knowledge o know-about
o, ancora, know-why) ed è relativa a fatti, nozioni, modelli, teorie, strumenti,
tecniche, rispetto ad un preciso dominio. Anche la conoscenza codificata è indicata
con diverse espressioni terminologiche equivalenti. Oltre che esplicita, per riferirsi a
tale tipo di conoscenza vengono usati termini del tipo: formalizzata, astratta, teorica,
dichiarativa, indipendente dall’individuo o dal gruppo, decontestualizzata (Di
Bernardo e Rullani, 1990; Golinelli et. al., 2002). La conoscenza codificata è
astratta e decontestualizzata in quanto si riferisce ad una cognizione, ad una nozione
di validità generale, esulando dalle specificità di contesto. La conoscenza esplicita
generalmente è condivisa e disponibile nell’ambito dell’organizzazione in differenti
forme: strutturate (libri, manuali, database), semistrutturate (intranet e siti web:
pagine in HTML, documenti in XML, ecc.) e destrutturate (documenti testuali:
procedure, template, ecc.).
La fiducia, a sua volta, rappresenta una risorsa relazionale (Gambetta, 1989;
Mutti, 1998). Essa consiste in schemi o modelli cognitivi di altri soggetti, che
regolano le relazioni dell’impresa con gli stakeholder, e agisce come sostituto delle
informazioni (Vicari, 1991 e 1995b). La fiducia rappresenta ciò che un soggetto, o
un’organizzazione, si attende da un altro soggetto, o da un’altra organizzazione,
relativamente al soddisfacimento delle proprie aspettative (Baccarani, 1995). Ogni
qual volta gli schemi cognitivi vengono confermati dall’esperienza vissuta, si crea
ulteriore fiducia; in caso contrario si distrugge fiducia. Per l’impresa la fiducia è una
risorsa vitale in quanto essa è alla base della corporate reputation (Fombrun, 1996;
Fombrun e van Riel, 2004).
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Nella prospettiva Resorce-based View, la conoscenza e la reputazione sono
determinanti per la sostenibilità del vantaggio competitivo, in quanto danno vita a
meccanismi di isolamento e a barriere all’imitazione (Barney, 1986 e 1991;
Lippman e Rumelt, 1982; Rumelt, 1984; Dierickx e Cool, 1989; Amit e
Schoemaker, 1993).
Le due categorie di risorse considerate - le risorse reputazionali e di conoscenza
in senso stretto, da un lato, e le risorse monetarie, dall’altro - sono tradizionalmente
considerate differenti, per natura e caratteristiche. Se si considerano dal punto di
vista delle funzioni, delle potenzialità e dei rischi, le distanze tra queste due
categorie risultano, tuttavia, meno forti di quanto si possa pensare. È quello che
cercheremo di dimostrare nel nostro contributo, avvalendoci dell’approccio
analogico. L’analisi è utile per verificare se esistano elementi di convergenza delle
risorse monetarie, reputazionali e di conoscenza e, dunque, se sia possibile
individuare comuni principi e finalità di management.
2. Conoscenza, reputazione e risorse monetarie: analogie di funzioni,
potenzialità e rischi
Ad un’analisi delle caratteristiche delle risorse monetarie e di conoscenza
emergono alcune analogie (in termini di funzioni, potenzialità e rischi) che meritano
di essere evidenziate e discusse. Gli elementi di somiglianza e affinità tra le queste
due diverse categorie di risorse consentono di individuare alcune caratteristiche
comuni che pongono le due categorie in relazione tra loro e le rendono
corrispondenti (v. tab. 1). L’analisi si fonda su due presupposti:
-
la conoscenza è un bene economico (Arrow, 1962; Rullani, 2004a; Foray, 2006);
il valore del capitale reputazionale è dato dal valore del brand aziendale e delle
relazioni con gli stakeholder, determinato dalla stima, dalla credibilità e dalla
fiducia che l’impresa riscuote presso i pubblici, in virtù delle condotte tenute nel
corso del tempo (Fombrun, 1996; Petrick et al., 1999; Fombrun e van Riel, 2004;
Jackson, 2004).
Un primo elemento riguarda la funzione svolta. Al pari delle risorse monetarie,
le quali hanno la funzione di mezzi di scambio per ottenere sul mercato altri tipi di
risorse, anche la reputazione rappresenta un mezzo di scambio per ottenere risorse
necessarie per l’adeguato funzionamento dell’impresa, soprattutto quando queste
non sono acquisibili attraverso normali transazioni di mercato. Difatti, una buona
reputazione favorisce la collaborazione e la fedeltà degli stakeholder (clienti,
dipendenti, partner, investitori, ecc.) (Rindova e Fombrun, 1997).
CONOSCENZA E RISORSE MONETARIE
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Tab. 1: Risorse monetarie, competenze e reputazione d’impresa:
comuni funzioni, potenzialità e rischi
Risorse monetarie
hanno la funzione primaria di facilitare
gli scambi, al fine di permettere di
ottenere altri tipi di risorse attraverso
transazioni di mercato
hanno la funzione di riserva di valore
(di potere di acquisto) nel tempo, salvo
il rischio di svalutazione (v. ultimo
punto in basso nella tavola)
consentono
un
rendimento
da
investimento
possono essere accentrate e condivise
(cash
pooling)
per
essere
opportunamente allocate presso le
società appartenenti ad uno stesso
gruppo aziendale
possono essere cedute (a terzi) o
ottenute (da terzi), dietro adeguata
remunerazione
sono soggette al rischio di svalutazione
nel corso del tempo (perdita di potere
di acquisto per inflazione)
Conoscenza e reputazione d’impresa
la reputazione consente di ottenere risorse chiave, a
condizioni vantaggiose, soprattutto quando esse non
sono acquisibili attraverso normali transazioni di
mercato
la reputazione rappresenta una riserva fiduciaria da poter
utilizzare in futuro
la conoscenza pregressa consente la creazione di nuova
conoscenza
la conoscenza dell’individuo e del team può essere in
parte utilizzata da parte dei restanti membri
dell’organizzazione d’impresa e con questi condivisa
(attraverso sistemi di Knowledge Management)
la reputazione di un brand di una unità di business può
essere condivisa con altre unità di business della stessa
impresa o gruppo aziendale
la conoscenza codificata è trasferibile a terzi
la reputazione d’impresa può essere posta a beneficio di
altre organizzazioni così come la reputazione di altre
organizzazioni può essere posta a vantaggio
dell’impresa
Il capitale di conoscenza e il capitale reputazionale sono
a rischio di perdita (decadimento) di valore nel corso del
tempo
Fonte: Ns. elaborazione
Inoltre, anche quando esiste un mercato, la reputazione consente di acquisire le
risorse a condizioni più vantaggiose, in quanto gli elementi fiduciari ad essa
connessi alimentano aspettative positive e riducono la percezione di rischio nella
controparte. Ciò favorisce la riduzione dei costi per la minor pretesa di garanzie a
copertura del rischio stesso. È il caso, per esempio, delle risorse monetarie, le quali
vengono scambiate con tassi di interesse determinati sulla base del rapporto
rischio/rendimento percepito dagli attori che esprimono le attese del sistema
finanziario (le banche e le altre istituzioni creditizie) (Golinelli, 2000b). È evidente
che tale percezione viene condizionata, inevitabilmente, dagli elementi fiduciari.
Una buona reputazione migliora, dunque, i risultati finanziari, competitivi e sociali;
agisce positivamente sui costi (oltre che sui ricavi), con effetti favorevoli sulla
profittabilità e sulle performance economico-finanziarie delle organizzazioni nel
lungo termine (Shapiro, 1983; Rindova e Fombrun, 1997; McMillan e Joshi, 1997;
Roberts e Dowling, 2002; Fombrun e van Riel, 2004).
ALFONSO SIANO
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Un secondo elemento funzionale accomuna le risorse monetarie e di conoscenza.
Le risorse monetarie rappresentano riserve di capacità di spesa (il cui valore dipende
dal potere di acquisto della moneta). Similmente, la conoscenza e la fiducia
(reputazione) costituiscono riserve dotate di valore (Vicari 1998). L’accumulazione
di conoscenza consente di utilizzare nel corso del tempo il sapere acquisito, salvo i
limiti di obsolescenza cui quest’ultimo è soggetto. L’accumulazione di capitale
fiduciario, d’altra parte, costituisce una riserva utilizzabile immediatamente o in
futuro, per ottenere risorse chiave e per fronteggiare situazioni di crisi, a patto che
tale capitale non venga compromesso da condotte aziendali errate, da
comportamenti socialmente ed eticamente non responsabili.
Un terzo elemento di somiglianza attiene al rendimento. Le risorse monetarie
vengono investite in vista del conseguimento di un rendimento sul capitale. Anche il
sapere e la fiducia permettono di conseguire un rendimento: è possibile creare nuove
competenze e nuova fiducia a partire dalla conoscenza posseduta e dalle relazioni
fiduciarie esistenti con gli stakeholder, secondo il principio per il quale la
conoscenza e la fiducia sono in grado di autoalimentarsi e di alimentarsi
vicendevolmente (Vicari, 1998). In altri termini, le nuove risorse vengono generate a
partire da quelle accumulate, in un processo ricorsivo che continuamente si rigenera
(Vicari, 1995a). “Per dirla con Sraffa, in un’economia basata sulla conoscenza la
«produzione di merci a mezzo di merci» diventa - in gran parte - produzione di
conoscenza a mezzo di conoscenza. In questo processo circolare, l’output (la nuova
conoscenza ottenuta dal processo corrente) deve rigenerare le proprie premesse,
ripristinando le condizioni di partenza del ciclo produttivo. Ma la nuova conoscenza
- a differenza di quanto avviene alle merci (materiali) di Sraffa - non deve soltanto
riprodurre il suo input (la conoscenza precedente). Deve fare molto di più: infatti
deve innovare, adattare, sviluppare la conoscenza precedente per mantenere attive le
condizioni che ne giustificano la propagazione e il ri-uso […]. La produzione di
conoscenza a mezzo di conoscenza è dunque un percorso di apprendimento che si
propaga generando sempre nuove forme, versioni, varianti della base di conoscenza
da chi ha preso origine. Nella propagazione, il nuovo si appoggia al vecchio e lo
rigenera, adattandolo nella misura che serve a far proseguire il processo di
propagazione. Il processo circolare si sviluppa, in questo modo, dando luogo ad un
percorso cumulativo […]” (Rullani, 2004a, pp. 23-24).
Un quarto elemento che accomuna le risorse monetarie e di conoscenza riguarda
i vantaggi che possono derivare dalla condivisione delle risorse nell’ambito
dell’organizzazione. Nei gruppi aziendali l’accentramento in capo ad un unico
soggetto giuridico (holding) della gestione delle risorse monetarie è finalizzata a
conseguire migliori condizioni di tesoriera aziendale (Petix, 1979). Il cash pooling
garantisce, infatti, benefici economici derivanti dalla riduzione dei costi complessivi
di accesso al credito. Simile soluzione organizzativa consente una gestione unitaria
della situazione finanziaria di gruppo, che evita possibili squilibri finanziari
riconducibili alle singole società, e permette l’allocazione delle risorse monetarie
delle società con maggiore liquidità (saldi attivi) a favore di altre consociate che
presentano fabbisogni finanziari (saldi negativi o posizioni passive).
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CONOSCENZA E RISORSE MONETARIE
Anche il sapere di un individuo o di una cerchia ristretta di persone (team) può
essere in parte trasferito a vantaggio dei restanti membri dell’organizzazione e con
questi essere condiviso attraverso processi dinamici e ricorsivi, che continuamente si
amplificano, fondati sulla relazione circolare tra apprendimento individuale e
apprendimento collettivo e sulla conversione della conoscenza implicita (o tacita) in
conoscenza esplicita (o codificata) e viceversa (Nonaka, 1991 e 1994; Debowski,
2006; Ichijo e Nonaka, 2006; Prusak e Matson, 2006). Quando il trasferimento e la
condivisione di conoscenza avviene tra strategic business unit della stessa impresa
(o gruppo aziendale), vengono sfruttate interrelazioni strategiche intangibili
nell’ambito di strategie “orizzontali” a livello corporate (Porter, 1985).
Allo stesso modo, il capitale reputazionale di un brand appartenente ad una unità
di business può essere condiviso con altre unità di business della stessa impresa (o
dello stesso gruppo aziendale). Ciò accade quando si realizzano processi di brand
extension (Aaker e Keller, 1990; Smith, 1992; Keller e Aaker, 1992; Sullivan, 1992;
Busacca et al., 2006). Dalla condivisione del marchio tra s.b.u. derivano, infatti,
interrelazioni strategiche intangibili di mercato che consentono vantaggi competitivi
in termini di riduzione dei costi di comunicazione e/o di rafforzamento
dell’immagine e della reputazione (Porter, 1985). Anche i programmi di cobranding interni all’impresa (o al gruppo) possono consentire la condivisione di
capitale reputazionale e conducono, di conseguenza, alle medesime conclusioni. Sul
co-branding torneremo più diffusamente nel prosieguo.
Un quinto elemento di somiglianza riguarda la possibilità di cedere (a terzi) o
ottenere (da terzi) risorse, di cui il soggetto richiedente necessita. Questo accade
normalmente per le risorse monetarie quando sono trattate come moneta-merce e
sono oggetto di transazioni creditizie (attraverso l’intermediazione di istituzioni
finanziarie come le banche) che consentono di trasferire capitali da soggetti che li
detengono in eccesso, rispetto alle proprie esigenze, a favore di soggetti che invece
hanno un fabbisogno di finanziamento. In tal caso il costo dell’indebitamento
consente di remunerare il capitale del creditore.
Fenomeni in parte simili possono riguardare anche le risorse di conoscenza e la
reputazione, sebbene a certe condizioni e, comunque, in una prospettiva non di
prestito ma di cooperazione, che può condurre a fattispecie molto diversificate.
Anche le operazioni di cessione delle risorse di conoscenza e di reputazione ad
organizzazioni terze trovano la loro giustificazione nell’esistenza di controparti con
esigenze opposte, vale a dire di un soggetto che detiene risorse in eccesso e di un
soggetto che, invece, necessita di esse. Rispetto alle risorse monetarie, risulta assai
più complesso il significato di remunerazione delle risorse di conoscenza e della
reputazione, in quanto entrano in gioco elementi di valutazione che hanno a che fare
con elementi per lo più figurativi, connessi al rafforzamento del vantaggio
competitivo derivante dalla cooperazione.
Esiste una parte di conoscenza che, seppur protetta da proprietà intellettuale
(Gille, 2005), è trasferibile all’esterno dell’organizzazione attraverso transazioni di
mercato o scambi cooperativi. Ciò accade quando il sapere è traducibile, per mezzo
di processi di formalizzazione, in simboli con significati standard, tali da renderlo
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non più strettamente localizzato (tacito, di pertinenza dell’individuo, del gruppo o
dell’organizzazione che lo detiene) bensì comunicabile a terzi, nell’ambito di reti di
imprese che collaborano soprattutto sul piano dell’innovazione tecnologica (Di
Bernardo-Rullani, 1990; Rullani, 2004b).
Il trasferimento di conoscenze per questa via è particolarmente indicato quando il
sapere non è producibile autonomamente all’interno dell’organizzazione, con costi e
in tempi adeguati (Vicari, 1998). Per avere un’idea della praticabilità del
trasferimento di informazioni, si consideri che tale operazione comporta il dare o il
ricevere qualcosa nell’ambito di un processo di scambio tra parti che restano distinte
e separate, il che configura una situazione più agevole rispetto alla condivisione di
conoscenza tacita.
È bene, comunque, precisare che, pur essendo trasferibile attraverso un
linguaggio formale, l’informazione non è immediatamente operativa; necessita della
mediazione della fase di implementazione, nel corso della quale la capacità
applicativa (la conoscenza tacita) consente di trasformare il sapere astratto in sapere
dotato di validità locale, in rapporto alla specifica area d’intervento (Di BernardoRullani, 1990).
Anche la reputazione d’impresa può essere posta a beneficio di altre
organizzazioni, così come la reputazione di altre organizzazioni può essere posta a
vantaggio dell’impresa. I principali strumenti per ottenere questi effetti sono
rappresentati dagli accordi di co-branding (o brand alliance o, ancora, brand
bundling) (Blackett e Boad, 1999; Busacca e Bertoli, 2003; Keller et. al., 2005) e gli
ingredient branding (Norris, 1992). Si tratta di iniziative che consentono di cedere a
terzi o ottenere da altri, per un certo periodo di tempo, la disponibilità del patrimonio
di marca (o capitale reputazionale del brand).
Un sesto e ultimo elemento di comunanza tra le due categorie di risorse in esame
attiene al rischio. Le risorse monetarie sono soggette al rischio di svalutazione nel
corso del tempo. È noto che l’insorgenza dell’inflazione fa perdere potere di
acquisto alla moneta. Anche il patrimonio di conoscenze e il capitale fiduciario e
reputazionale sono a rischio di perdita di valore.
Come è noto, il decadimento della conoscenza è conseguente alla naturale
tendenza all’obsolescenza del sapere, in un mondo caratterizzato da continui
cambiamenti e innovazioni. Per evitare questo decadimento è necessario rigenerare
costantemente il bagaglio di conoscenze. La compromissione della reputazione e
dell’immagine aziendale, d’altra parte, deriva da situazioni di crisi e dalla
percezione, da parte degli stakeholder, di condotte errate dei membri
dell’organizzazione d’impresa. Sono soprattutto i comportamenti non etici o
socialmente poco responsabili a generare la perdita di stima e credibilità
dell’impresa presso i pubblici. Questi aspetti saranno approfonditi nel paragrafo
successivo.
CONOSCENZA E RISORSE MONETARIE
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3. Conoscenza, reputazione e risorse monetarie: comuni principi e
finalità di management
La comunanza di diverse funzioni, potenzialità e rischi delle risorse monetarie,
delle competenze e della reputazione d’impresa apre la strada alla ricerca di ulteriori
elementi di analogia, dal punto di vista dei principi e delle finalità di management di
queste diverse categorie di risorse (v. tab. 2). A tal fine, utilizzeremo in questo
paragrafo gli acronimi CFM, KM e CRM per indicare, rispettivamente, il Corporate
Finance Management (Gallagher e Andrew, 2000; Van Horne e Wachowicz, 2001;
Brigham e Ehrhardt, 2002), il Knowledge Management (Nonaka e Takeuchi, 1995;
Davenport et. al., 1998; Hansen et. al., 1999; Earl, 2001; Argote et. al., 2003;
Volpato, 2007) e il Corporate Reputation Management (Fombrun, 1996; Fombrun e
Rindova, 1998; Gray e Balmer, 1998; Kitchen, 2003; Fombrun e van Riel, 2004).
Tab. 2: Risorse monetarie, competenze e reputazione d’impresa:
comuni principi e finalità nell’azione di management
Principi e finalità del
Corporate Finance
Management
creazione di valore
Principi e finalità del
Knowledge Management e del
Corporate Reputation Management
creazione e sviluppo di competenze
e di capitale reputazionale
conseguimento
di
un
rendimento
dall’investimento
delle
risorse monetarie
incremento nel tempo dello stock di
conoscenza
e
di
capitale
reputazionale
utilizzo
delle
risorse
monetarie per investimenti
in asset
condivisione di risorse
monetarie
tramite
accentramento
della
tesoreria di gruppo (cash
pooling)
utilizzo del capitale reputazionale
per ottenere risorse chiave
condivisione di conoscenza e di
capitale reputazionale con:
- s.b.u. della stessa impresa
- società dello stesso gruppo
aziendale di appartenenza
- con imprese partner
protezione
del
valore
(potere d’acquisto) delle
risorse monetarie nel tempo
riduzione del rischio di perdita di
valore del patrimonio di conoscenze
posseduto
riduzione
del
rischio
finanziario d’impresa
superamento di crisi e
ricostituzione di valore
riduzione del reputational risk
Fonte: Ns. elaborazione
recupero di credibilità
reputazionale) post crisi
(capitale
Comuni principi
di management
organization-development
management
cooperative management
risk
management
crisis
management
ALFONSO SIANO
183
Un primo comune principio che accomuna il governo e la gestione delle risorse
monetarie, delle competenze e della reputazione lo si può individuare
nell’organization-development management (Beckhard, 1969; Bennis, 1969). La
fondamentale finalità del CFM è la creazione di valore per gli azionisti (Guatri,
1991; Brealey et. al., 1999; Ross et. al., 2002). Parallelamente, essenziale per il KM
e per il CRM è la creazione e lo sviluppo, rispettivamente, di competenze e di
capitale reputazionale.
Al pari del CFM, il quale è proteso al conseguimento di un rendimento nel tempo
dall’investimento delle risorse monetarie, anche il KM e il CRM mirano
all’incremento nel tempo dello stock di conoscenza e del reputational capital.
All’utilizzo delle risorse monetarie per investimenti in asset, nell’ambito del CFM,
corrisponde l’utilizzo del capitale reputazionale (in ambito CRM) per ottenere dagli
stakeholder le risorse chiave per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa (Pfeffer
e Salancik, 1978; Golinelli 2000a).
La validità del comune principio dell’organization-development management
trova conferma nella prospettiva unitaria offerta dall’approccio sistemico vitale, per
la quale le risorse monetarie, di conoscenza e relazionali costituiscono la categoria
delle capacità di base incorporate nella struttura d’impresa (Golinelli, 2000a;
Golinelli et. al., 2002; Siano, 2001; Siano et. al., 2006).
Un secondo principio comune è rappresentato dal cooperative management
(Ray, 2000) che riassume bene i principi che ruotano intorno all’idea di
collaborazione per la condivisione di risorse. Si è visto come nei gruppi societari
l’accentramento della tesoreria di gruppo consenta di conseguire benefici economici.
La condivisione di risorse monetarie tramite l’accentramento della tesoreria di
gruppo rappresenta un principio di CFM che si può far corrispondere, in sostanza, ad
uno dei principi cardine del KM e del CRM: la condivisione rispettivamente di
conoscenza e di capitale reputazionale.
Nel precedente paragrafo si è visto come la brand extension renda possibile la
condivisione del capitale reputazionale tra s.b.u. di un’impresa (o di un gruppo
societario) e come il co-branding consenta ad un’impresa di condividere questo
capitale con imprese partner. In entrambi i casi il cooperative management agisce
per creare valore mettendo in comune il capitale reputazionale.
Sul piano della conoscenza, il cooperative management si occupa della
condivisione del sapere tra unità di business della stessa impresa (o gruppo
aziendale) o tra imprese partner nell’ambito di network. La condivisione del sapere
non riguarda solo la conoscenza codificata trasferita e scambiata ma anche,
naturalmente, la conoscenza implicita, ottenuta da processi di apprendimento e di
co-produzione di nuovo sapere che va a formare un patrimonio comune. Ci
riferiamo, ad esempio, al training on the job svolto in comune nelle attività di
ricerca e sviluppo (Nonaka, 1991 e 1994; Vicari, 1998). In questa seconda ipotesi, il
complesso fenomeno collettivo di creazione di nuova conoscenza, basato sullo
spirito di gruppo e sul coinvolgimento di più soggetti (Senge, 1992 e 1997), ostacola
sensibilmente il cooperative management della conoscenza tacita (Haldin-Herrgard,
2000). La complessità associata al trasferimento e, soprattutto, alla co-produzione di
184
CONOSCENZA E RISORSE MONETARIE
conoscenza, rende opportuno il ricorso a knowledge agent (Wakefield, 2005),
nell’ambito dei sistemi di KM orientati alla condivisione della conoscenza (Hansen
et. al., 1999).
Un terzo principio comune è costituito dal risk management, per la protezione
dell’organizzazione dagli eventi sfavorevoli e dai loro effetti negativi (Borghesi,
1985 e 1994; Crockford, 1986; Forestieri, 1996; Carter e Crockford, 1999; Crouhy
et. al., 2001; Lam, 2003). La protezione del valore (potere d’acquisto) delle risorse
monetarie possedute dall’impresa rappresenta una finalità del CFM. Inoltre, il CFM
è attento alla riduzione del rischio finanziario d’impresa, derivante dalla variabilità
dei tassi di remunerazione del prestito e dalla carenza della liquidità necessaria per il
rimborso dei debiti a scadenza (rischio di insolvenza, espresso dal tasso di
indebitamento) (Shapiro e Sheridan, 1985; Shimpi, 2002; Culp et. al., 1994; Brealey
et al., 1999; Golinelli, 2000b; Metallo, 2002; Ross, Westerfield e Jaffe, 2002).
Similmente, il KM e il CRM fronteggiano nel corso del tempo il rischio di
perdita di valore rispettivamente del patrimonio di conoscenze posseduto e del
capitale reputazionale d’impresa.
Consentendo la protezione del sapere posseduto, il risk management crea il
presupposto per lo sfruttamento di tale risorsa, vale a dire per l’appropriazione del
valore che la conoscenza può potenzialmente generare (Winter, 1987; Schilling,
2005). Il CRM, d’altra parte, mira alla riduzione del reputational risk d’impresa
(Green, 1992, Fombrun et. al., 2000; Larkin, 2003; Rayner, 2003), vale a dire del
rischio a carico dell’impresa di subire conseguenze economiche derivanti dal
peggioramento del giudizio e dei rapporti fiduciari con i clienti e con i restanti
stakeholder, a seguito di eventi che alterano negativamente la considerazione, la
stima e la credibilità di cui gode l’impresa stessa all’interno del sistema economico
(Gabbi, 2003).
L’inadeguata gestione dei rischi aziendali porta ad effetti economici negativi (in
termini di riduzione dei ricavi e maggiorazione dei costi) conseguenti al
peggioramento della reputazione aziendale (Gabbi, 2003; Eccles, 2006): perdita di
clientela o minore fedeltà di quest’ultima (market risk); perdita di risorse umane
chiave e difficoltà di reclutamento di talenti; peggioramento dei servizi offerti e
delle condizioni praticate (es. dilazioni di pagamento) dai fornitori (contractual
risk); difficoltà di reperimento di capitali a prestito, aggravio del costo del capitale,
riduzione del valore di borsa delle azioni (credit-financing risk); preclusione di
partnership, fusioni e/o acquisizioni strategiche, che significano perdita di
opportunità di business e di miglioramento dei processi operativi di gestione.
Un quarto e ultimo principio comune che è possibile individuare riguarda il
crisis management (Littlejohn, 1983; Gilardoni, 1994; Mitroff et. al., 1987;
Regester, 1987; Shrivastava e Mitroff, 1987; Baker, 1993; Booth, 1993). Il
superamento di eventuali situazioni di crisi (per insolvenza, per difettosità del
prodotto, per comportamento non etico) e la ricostituzione di valore economico,
attraverso il CFM, rappresentano principi simili a quelli del CRM, orientati al
recupero della credibilità (e del capitale reputazionale) a seguito di fenomeni
sfavorevoli di questo tipo. Quando si manifestano i danni sulla reputazione vanno
ALFONSO SIANO
185
intraprese azioni mirate quale, soprattutto, l’implementazione di adeguati interventi
di crisis communication (Dougherty, 1992; Marra, 1998; Coombs e Holladay, 2006;
Siano et. al., 2007).
4. Conclusioni
L’individuazione di principi di management convergenti per la gestione delle
diverse categorie di risorse d’impresa favorisce una parziale integrazione di
discipline diverse (la Finanza Aziendale, l’Economia e Gestione delle Imprese,
l’Economia Aziendale, l’Organizzazione Aziendale, il Marketing e la
Comunicazione d’Impresa) e l’emergere di un dominio culturale che consente lo
sviluppo di competenze manageriali ad ampio raggio.
La prospettiva dei principi comuni non manca di avere implicazioni sul piano
pratico-operativo, in quanto essa è alla base della formazione trasversale dei
manager d’impresa, consentendo a questi ultimi di dotarsi di competenze non
confinate ad ambiti specialistici di governo e gestione dell’impresa ma più generali,
che valgono ad orientare correttamente le valutazioni e le decisioni in campi diversi.
La trasversalità dei principi-guida comuni ha il vantaggio, tra l’altro, di permettere
una loro più agevole focalizzazione e apprendimento.
Per le loro caratteristiche, i principi comuni di gestione delle risorse risultano
adatti, innanzitutto, per la formazione dei general manager, tenuto conto che il risk
management risulta sempre più di competenza dei general manager d’impresa
(Forestieri, 1996).
Tuttavia, anche i manager operanti nell’ambito delle funzioni aziendali possono
avvantaggiarsi di tali principi. Questi ultimi rappresentano presupposti cognitivi per
la formazione specialistica nelle varie aree di management (finanza, ricerca e
sviluppo, produzione, marketing e comunicazione, ecc.) che consentono a ciascun
manager di funzione di ben operare nella propria area, di meglio interagire con gli
altri manager di funzione e di comprenderne più a fondo le ragioni di valutazioni e
proposte.
La comunanza di principi di management facilita la comunicazione non solo tra i
manager di funzione appartenenti alla stessa impresa ma anche tra manager di
imprese differenti, nell’ambito di processi di cooperative management. Grazie alla
condivisione del linguaggio e alla comune piattaforma culturale, derivante
dall’impiego di medesimi principi di gestione delle risorse, i manager sono posti in
condizione di interagire tra di loro in modo più agevole ed efficace, a livello sia
intra-organizzativo che inter-organizzativo. Si tratta di un fondamentale presupposto
per la realizzazione di un più efficace management dello sviluppo d’impresa.
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