Alessandro Manzoni - "N. Copernico" Prato
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Alessandro Manzoni - "N. Copernico" Prato
OMANTICISMO ITALIANO e A. MANZONI CARATTERI DEL ROMANTICISMO ITALIANO poesia impegnata a rinnovare la realtà; patriottismo e senso della tradizione nazionale. IDEE e TENDENZE del Romanticismo italiano: poesia come espressione delle aspirazioni del popolo; importanza dell’educazione da impartire al popolo con chiarezza e sobrietà. affermazione da ricordare “ La gente che il poeta cerca, i suoi veri lettori, stanno a milioni nella terza classe” (la terza classe ovvero la borghesia) (frase da Berchet, Lettera semiseria di Grisostomo) IL ROMANTICISMO ITALIANO e la QUESTIONE DELLA LINGUA esigenza di una lingua viva che esprima il carattere della nazione - Manzoni sostenne la necessità di basarsi sul vero e di comunicare con il maggior numero di lettori- La letteratura dialettale: C. PORTA(Milano 1775 - 1821) e G. G. BELLI( Roma 1791 - 1863) aspetti della personalità dei due poeti: fiducia nel progresso della storia nel Porta, sfiducia invece nel Belli. Il Porta sceglie la lingua dialettale(il milanese) perché ha l’esigenza di esprimere con immediatezza la vera realtà delle cose e s’ispira alla tradizione lombarda che vuole la parola letteraria usata per comunicare agli uomini e incidere nella società. In metrica il Porta usa quartine e sestine adatte al tono narrativo della lirica portiana. TEMI PRINCIPALI DEL PORTA: simpatia per il popolo e satira contro i privilegi nobiliari; anticlericalismo che bolla l’ipocrisia e i privilegi di una parte del clero ma non intacca i valori essenziali della fede Atteggiamento politico del Porta: dapprima fiducioso negli ideali rivoluzionari, criticherà poi i nuovi padroni francesi. PORTA E LA POLEMICA CLASSICO - ROMANTICA fu contrario al purismo dei classicisti e difese la dignità del dialetto; riteneva anacronistica la nostalgia dei classicisti per il passato. 1 LINGUA E STILE DEL PORTA plurilinguismo con uso di diversi registri espressivi a seconda dei personaggi e delle situazioni; accanto al dialetto possono comparire anche parole straniere; la lingua viva del popolo viene contrapposta alla parlata delle “ damazze”, che mescolano toscanismi a goffe cadute dialettali. Atteggiamento del Manzoni nei confronti del Porta: ne apprezzava l’uso di una lingua viva ed espressiva come pure l’attenzione agli umili, ma riteneva il dialetto contrario alla prospettiva nazionale italiana. DIFFERENZE TRA PORTA E BELLI: Porta credeva nella dignità del dialetto come lingua, Belli lo considera invece una storpiatura della lingua da usare solo per esprimere una realtà degradata; il Belli era cattolico, il Porta laico; fiducia nel progresso in Porta, inquieta rassegnazione nel Belli; il Belli considerava il dialetto uno strumento espressivo, il Porta riconosceva al dialetto una dignità interclassista: il Porta è erede della tradizione di letteratura dialettale, il Belli no. ASPETTI DELLA VITA DEL BELLI: grazie a un fortunato matrimonio potè viaggiare ed arricchirsi culturalmente; ebbe un’esistenza sempre un poco contraddittoria, coerentemente con la sua inquieta personalità; i Sonetti del Belli vennero pubblicati postumi a cura del figlio; a Milano il Belli scoprì il dialetto come strumento poetico grazie alla lettura delle poesie del Porta. Il Belli intendeva con i Sonetti realizzare un proposito: fare un monumento della plebe romana; il suo intento artistico era rappresentare la realtà romana con esasperato realismo. La produzione del Belli si può qualificare come deformazione linguistica, realtà comica e tragica, grottesca, secondo l’ottica del pessimismo storico. lo stile del Belli si può accostare al Barocco; il personaggio dell’Innominato dei Promessi Sposi ha influenzato il contenuto del sonetto “La morte co la coda”. Sintesi su contenuto e stile dell’opera del Belli: rigore formale, buona educazione letteraria; nei Sonetti viene rappresentata una realtà deformata da una sorta di condanna originaria; si coglie un gusto per le immagini potenti ed incisive con capacità di esprimere(anche fonicamente) la drammatica realtà romana. A. MANZONI (1785 - 1873) La conversione di Manzoni fu una necessità intrinseca, maturata lentamente in un processo anche razionale. Per Manzoni il filosofo cristiano A. Rosmini divenne punto di riferimento del suo pensiero. IL PERSONALISMO di Antonio ROSMINI Un esponente di spicco della cultura cattolica fu Antonio Rosmini, amico di Manzoni e collaboratore di papa Pio IX, fu autore del Nuovo saggio sulla origine delle idee(1830). Secondo Rosmini ogni atto conoscitivo poggia su un’idea innata(che non può essere acquisita con le sensazioni)dell’essere ideale(Dio insomma) . Tale convinzione influirà su Manzoni che nel suo trattato Dell’invenzione(1850) sosterrà che ogni creare - anche quello dell’artista - è in realtà un ritrovare(invenire in latino) le cose nell’Idea prima che è Dio. Sul piano etico - morale Rosmini afferma la centralità della persona, il valore morale è intrinseco in ogni persona e pertanto occorre rispettare ogni uomo; le leggi dipendono dalla morale e tra i diritti inalienabili c’è la libertà religiosa e la proprietà privata. Contro la dottrina statolatrica di Hegel, che assolutizza i 2 poteri dello Stato a danno degli individui, Rosmini sostiene che non si può scambiare il fine come mezzo e quindi non si devono anteporre le cose alle persone, lo Stato si interessa dell’utile ma a patto che sia subordinato al bene e il giudice di tale bene può essere solo la Chiesa, unico rimedio alla tirannia dello Stato . MANZONI E LA SUA FAMIGLIA Mortagli la prima moglie(Enrichetta Blondel), si risposò con Teresa Borri Stampa, ebbe numerosi lutti: gli morirono sei degli otto figli. PERSONALITA’ MANZONIANA - ASPETTI: a) accolse e mantenne una formazione illuministica, la passione morale e razionale; b) trovò nel cattolicesimo la radice e la giustificazione della verità e della morale. Sulla produzione del primo Manzoni influisce Parini- “Il trionfo della libertà” è la prima prova giovanile del Manzoni, scritta in terzine sul modello della “visione” montiana e caratterizzata da forti sentimenti giacobini. “Il santo vero mai non tradir: né proferir mai verbo che plauda al vizio, o la virtù derida”: sono versi del carme “In morte di Carlo Imbonati”(scritto in onore del convivente della madre, figura di intellettuale laico che ebbe come precettore il Parini, visto dal Manzoni come una sorta di padre ideale) Influenza della conversione religiosa sulle scelte artistico - culturali del Manzoni: a) la conversione implicò il ripudio del neoclassicismo e l’accoglimento di molti dei principi romantici; b) da una posizione di scrittore aristocratico il Manzoni, con la conversione, si aprì a un’idea democratica della letteratura. CARATTERI DEGLI “INNI SACRI”: a) è una poesia corale, in cui il poeta esprime un sentimento comune e coinvolgente; b) si coglie uno sforzo di semplificazione stilistica con ricerca di termini non consunti dalla letteratura; c) è evidente il valore democratico degli Inni, in cui il divino viene colto nel suo rapporto con la comune vicenda della gente; d) vi è una ricerca di ritmi nuovi, adatti ad esprimere la coralità degli Inni. Lo Spirito Santo nella “Pentecoste” è nel mondo e discende sugli uomini che lo invocano. In “Marzo 1821” Manzoni indica gli elementi costitutivi della patria: Arme, Lingua, Altar, Memorie, Sangue, Cor. Idea centrale del “Cinque Maggio”: la vera gloria è quella celeste, dove le cose del mondo sono solo “silenzio e tenebre”. Il coro delle tragedie ha la funzione di permettere al poeta di esprimere i suoi sentimenti e le sue idee. Manzoni rifiuta le unità aristoteliche(unità di tempo e di spazio) perché, come sostengono anche gli altri romantici, limitano la libertà creativa e la verità della rappresentazione. Le tragedie si fondano sul contrasto tra un ideale di giustizia e verità e la realtà del mondo corrotto dal male, sono cariche di allusioni alla realtà contemporanea. Concetti fondamentali dell’Adelchi: a) nella vita “non resta che far torto o patirlo”; b) provvida sventura; c) agire significa fare il male SCHEMA DELLA POETICA MANZONIANA Influssi culturali : Illuminismo - religione cattolica - Romanticismo lombardo 3 Scritti di poetica :introduzione alla tragedia Il Conte di Carmagnola, degli appunti riuniti nei Materiali estetici, la Lettera al signor Chauvet sull’unità di tempo e di luogo(scritta in francese),la Lettera sul Romanticismo al marchese D’Azeglio. Vi sono sostenute le seguenti posizioni: 1) i drammi storici non possono rispettare l’unità di luogo e di tempo come vorrebbero i classicisti ma devono attenersi alle regole della verosimiglianza; 2)è necessario fondarsi essenzialmente sul vero, senza inventare fatti e personaggi pittoreschi ( come lo scrittore Scott, autore del romanzo uscito nel 1819, Ivanhoe),lo scrittore può integrare la storia per ricostruire i sentimenti che la storia tace; 3)il poeta deve mirare all’utile(l’utile morale), cercando modi e contenuti adatti a proporre buoni esempi al popolo; 4)occorre evitare la mitologia e raccontare fatti più interessanti e moderni che s’ispirino alla fede cristiana e ai valori condivisi dal popolo; 5)occorre usare un linguaggio realistico e accessibile e rivolgersi a un pubblico popolare( ovvero borghese). DUE NOVITA’ DEL ROMANZO “ I PROMESSI SPOSI”: a) gli umili come protagonisti di un’opera seria; b) l’invenzione di una lingua italiana viva ed efficace CONCEZIONI LINGUISTICHE MANZONIANE : a) è necessaria, a chi scrive un romanzo, una lingua viva, fondata sull’uso; b) la lingua dei Promessi Sposi s’ispira al fiorentino parlato dalle classi colte. Ai tempi di Manzoni i milanesi colti parlavano il milanese e il francese. La lingua letteraria nelle tre redazioni dei Promessi Sposi: ibridismo nel Fermo e Lucia del 21-23(ci sono termini milanesi e francesi); soluzione toscana nella “ventisettana”(1827) e poi perfezionata nella “ quarantana”(40-42) Ci sono differenze tra le tre stesure anche di tipo narrativo: per esempio nel Fermo e Lucia sono presenti lunghe digressioni dedicate a personaggi come il Conte del Sagrato, poi l’Innominato, e alla monaca di Monza e ci sono temi orrorosi della tradizione del romanzo gotico, in quella del ’27 la struttura narrativa non è più divisa in 4 parti distinte ma ha un’Introduzione e 38 capitoli, inoltre le vicende di Renzo e Lucia si intrecciano in una narrazione più equilibrata, cerca inoltre ricorrendo al Vocabolario milanese toscano di Cherubini e al Vocabolario della Crusca di adottare il toscano, in quella del 40 - 42 c’è una vera e propria revisione linguistica grazie anche al viaggio fatto dal Manzoni dopo l’edizione del ’27 a Firenze, adotta il fiorentino parlato dalla borghesia colta, sostenendo che tale dialetto è un modello di lingua unitario accessibile a tutti gli Italiani; l’opera ha il titolo I promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni e in appendice è aggiunto un pamphlet storico(piccolo saggio) sui processi agli untori del 1630, la Storia della colonna infame. I Promessi Sposi si articolano in sei nuclei narrativi e in tre digressioni: Capitoli I - VIII - primo nucleo- i due promessi sposi insieme al villaggio e loro fuga dopo il fallito matrimonio a sorpresa; capitoli IX - X - secondo nucleo - vicenda di Lucia a Monza; Capitoli X - XVII - terzo nucleo -Renzo a Milano in mezzo ai tumulti, suo arresto e fuga nel bergamasco; Capitoli XX - XXVII - quarto nucleo - Lucia è rapita dall’Innominato e poi viene ospitata da donna Prassede; 4 capitoli XXXIII - XXXV - quinto nucleo viaggio di Renzo dal bergamasco al paese, poi dal paese a Milano per ritrovare Lucia nel lazzaretto e infine di nuovo al paese; capitoli XXXVI - XXXVIII - sesto nucleo - i due protagonisti insieme al paese dove si sposano poi nel bergamasco dove si sistemano economicamente e formano una famiglia. Prima digressione : fra la fine del cap.IX e quella del cap. X dedicata alla storia di Gertrude; seconda digressione : capitoli XVIII e XIX :incontro fra il conte zio e il padre provinciale e storia dell’Innominato; terza digressione : cap.XXVIII -XXXII : carestia , guerra, peste e vicende di don Abbondio, Agnese e Perpetua che fuggono all’arrivo dei lanzichenecchi. Le tre digressioni servono come intermezzo e raccordo dei quattro nuclei centrali. Lo spazio della narrazione oscilla fra due poli : il paese e la città; essi appaiono inizialmente in antitesi: a Lucia e a Renzo il paese si presenta in opposizione alla città, ma questa opposizione è apparente, anche nel paese predomina la violenza( Don Rodrigo, la viltà di don Abbondio, l’egoismo dei paesani, la miseria, la guerra, ecc.). Comunque resta una differenza tra paese e città. Nel primo Renzo si muove a proprio agio, nella seconda si trova disorientato, inoltre il tempo della città è più concitato(Renzo scappa in due momenti diversi dalla mani delle guardie o dalla folla che lo ha preso per untore) A muoversi fra paese e città è Renzo eroe cercatore, a lui si lega come luogo la strada, l’eroe deve attraversare delle esperienze per giungere alla maturità; altri luoghi sono per Lucia la casa, l’interno, per don Rodrigo e l’Innominato, il castello. Da ricordare alcuni aspetti dei seguenti capitoli: Introduzione : funzione dell’espediente del manoscritto- la parodia nei confronti del ‘600 barocco- la storia come protagonista Capitolo I : tecnica descrittiva con un punto di vista superiore; uso dell’ironia come strumento stilistico; lentezza narrativa. La figura di don Abbondio e l’umorismo manzoniano Temi: a) paesaggio naturale e umano/ storico; b) inerzia spirituale, cura esclusiva del proprio comodo, codardia sono il rovesciamento della condizione sacerdotale in don Abbondio. Capitolo II : presentazione dei personaggi di Renzo e Lucia Cap. III: l’episodio di Azzecca-garbugli e l’uso distorto della cultura Cap. IV : storia di Lodovico poi padre Cristoforo - il pane del perdono; Cap. V- il dialogo tra padre Cristoforo e Renzo - don Rodrigo e il suo palazzotto Cap. VI- Cristoforo contro don Rodrigo- Agnese e Lucia- il realismo manzoniano Cap. VII -capitolo di preparazione in cui si gettano le premesse organizzative delle imprese di don Rodrigo da un lato e di Renzo e Agnese dall’altro Cap. VIII - la notte degli imbrogli - l’addio ai monti Cap. IX : La monaca di Monza, Gertrude – con la lettera con cui Gertrude chiede perdono al padre Lodovico si ribella alla concezione della vita dominante,fondata sull’orgoglio di casta a cui si contrappone il valore evangelico dell’umiltà: il pane simboleggia l’idea religiosa del sacrificio Gertrude condivide la logica del mondo, la sua personalità viene distrutta dalla famiglia, complici la Chiesa e la società, il padre è l’artefice di questa distruzione con l’intimidazione, gli allettamenti,il ricatto, l’accentuazione del senso di colpa. Manzoni rappresenta la famiglia come un’istituzione autoritaria, dominata dall’orgoglio e dall’interesse. Cap. X - L’episodio di Gertrude e la monacazione coatta nella letteratura 5 Cap. XI - Renzo a Milano l’11 novembre e trova la città in rivolta contro i fornai Cap. XII -Le posizioni politiche ed economiche di Manzoni- Manzoni condivideva il programma liberale della borghesia e per questo appoggiò il processo risorgimentale e si batté perché la borghesia potesse svolgervi una funzione dirigente. Le sue idee economiche sono coerenti con il suo liberalismo; sono infatti ispirate ai criteri del liberismo- Manzoni descrittore impietoso del popolo che quando diventa folla si trasforma in marmaglia. Nella condanna della folla oltre ai motivi politici vi sono anche ragioni filosofiche e forse psicologiche. Cap. XIII - i personaggi di autorità , il vicario e il cancelliere Ferrer; la folla in tumulto e la posizione politica di Manzoni; Cap. XIV - il tema dell’osteria e la figura dell’oste -i discorsi di Renzo e la funzione educativa dell’episodio Cap. XV - struttura ordinata ed equilibrata del capitolo diviso in tre sequenze in ognuna delle quali si fronteggiano due personaggi: dapprima Renzo e l’oste, poi l’oste e il notaio, infine il notaio e Renzo; Renzo campeggia come protagonista nella prima e nell’ultima sequenza in modo da garantire la continuità all’inizio con il Capitolo XIV e, alla fine, con il XVI.- un altro personaggio d’autorità, il notaio il quale tende sistematicamente alla finzione e all’inganno. Il notaio usa un linguaggio doppio come il cancelliere Ferrer Cap. XVI -XVII- la fuga di Renzo da Milano ai territori della Repubblica di Venezia: l’esperienza dell’eden, quella della città e il ritrovamento dell’Adda Cap. XIX - Il potere del linguaggio e il linguaggio del potere- dialogo del Conte zio e del Padre provinciale: “Due potestà, due canizie, due esperienze consumate si trovarono a fronte...” Entrambi perseguono una logica di potere, il primo a favore della casata, il secondo a vantaggio dell’ordine religioso dei cappuccini. E’ un documento straordinario dei rapporti fra Chiesa e potere visti nel vivo di un’azione diplomatica dove la corruzione invade le minime sfumature del discorso. “Veda vostra paternità, son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui... Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire”. Presentazione dell’Innominato Cap. XX - Il castello dell’Innominato - scavo psicologico e ricchezza simbolica del personaggio dell’Innominato Cap. XXI -il tema del voto di castità di Lucia Cap. XXII - il ritratto del cardinale F. Borromeo- il cardinale è operoso e intende la cultura non come strumento del potere ma come servizio civile per tutti; l’autore, dunque, vuole fornire al lettore una figura esemplare del suo modo di concepire la religione: non mistica o eremitica, bensì attiva e impegnata nella società Cap. XXIII - Dialogo fra l’Innominato e il Cardinale Borromeo- il Cardinale esercita una funzione maieutica nei confronti del grande peccatore; Il cardinale espressione della morale cattolica manzoniana. Cap. XXIV - Lucia viene liberata e viene accolta da una famiglia. Realismo nella rappresentazione della casa del sarto Cap. XXV - dialogo di don Abbondio con il Cardinale Borromeo- dialogo impossibile perché non c’è punto di contatto tra i due interlocutori Cap. XXVI - colloquio tra il cardinale e don Abbondio e sua conclusione; nella seconda parte del capitolo dialogo fra Agnese e Lucia che informa la madre del voto fatto Cap. XXVII - descrizione di don Ferrante nobiluomo, marito di donna Prassede.”Don Ferrante passava di grand’ore nel suo studio..”. ”Là c’è purtroppo la vera cagione, - diceva; - e son costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell’altra così in aria. La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove. His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non 6 prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’ attaccò; andò a letto a morire come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”.(Capitolo XXXVII) Don Ferrante che muore di peste negandone l’esistenza sulla base di comici ragionamenti deduttivi spinti fino al limite della parodia ricorda il Simplicio di Galileo, che si rifiuta di credere all’evidenza sperimentale quando questa contrasti con quello che sta scritto sui libri di Aristotele. La cultura, che non aiuta l’uomo a risolvere i problemi reali che la vita pone, pare a Manzoni un ridicolo fardello, inutile e spesso dannoso che apre la strada alla superstizione e costituisce il supporto di un potere politico e sociale elitario. La polemica contro la cultura del Seicento che viene meno a quella che dovrebbe essere la sua funzione(conoscere la realtà ed elevare le classi più sprovvedute) s’inquadra nel programma del Romanticismo lombardo. Cap. XXVIII - comincia la digressione storica sulla carestia, sulla peste e sulla discesa dei Lanzichenecchi(fra autunno del 1628 e autunno del 1629) Cap. XXIX - Agnese, Perpetua e don Abbondio si rifugiano nel castello dell’Innominato Cap. XXX - L’Innominato in azione come organizzatore e condottiero(difesa del territorio)- Perpetua e don Abbondio trovano la casa rovinata e il tesoro nascosto sotto il fico è stato trafugato; effetto di comicità nei rapporti fra i due personaggi Cap. XXXI -XXXII- digressione storica sulla peste(ottobre 1629 e maggio 1630)- il metodo storiografico di Manzoni Cap. XXXIII - discorso sul male e sulla natura: l’episodio della vigna di Renzo - la vigna è allegoria morale del caos di una natura in cui domina la confusione e che prevale sulla civiltà; specchio di questa natura è la peste la quale liberando gli istinti primordiali dell’uomo lo fa precipitare in una fase primitiva e selvaggia da cui si può uscire solo con un progetto civile e razionale Cap. XXXIV - La peste appare come l’evento incontrastabile che provoca il sovvertimento di ogni regola, fa decadere i vincoli umani e religiosi, è un banco di prova e metafora del male come abbandono della ragione in nome del fanatismo. Significato dell’episodio della madre di Cecilia -Manzoni nella lettera allo Chauvet aveva sostenuto che uno dei compiti più alti dell’arte è quello di cogliere il significato profondo del dolore. Questo episodio rappresenta i valori religiosi e civili, perché la madre di Cecilia afferma con il suo gesto la dignità della persona e recupera il senso del sacro. La madre di Cecilia è una figura allegorica della civiltà e della religione, in lei coscienza razionale e sentimento religioso non sono in conflitto. Cap. XXXV - il processo di maturazione di Renzo si conclude con l’incontro di fra Cristoforo nel lazzaretto Cap. XXXVI- scioglimento del voto di Lucia da parte di fra Cristoforo - il testamento spirituale di fra Cristoforo : le sventure sono una prova voluta da Dio(la provvida sventura); il cristiano per quanto riguarda i rapporti terreni può solo perdonare e operare la carità e la solidarietà - dono del frate ai due promessi sposi del pane del perdono Cap. XXXVII- La pioggia - lavacro- ritorno di Renzo al paese natio - notizia della morte di don Ferrante: la sua morte e la fine della sua biblioteca sono simbolo dell’inutilità di una cultura scolastica che è mera erudizione separata dalla vita, che è amore per i libri e non per gli uomini, perciò don Ferrante, in una sorta di contrappasso dantesco, muore di peste pur avendone sempre negato l’esistenza Cap. XXXVIII -il matrimonio di Renzo e Lucia- trasferimento dei due sposi nel bergamasco e Renzo acquista un filatoio diventando imprenditore- Lucia si oppone all’ingenuo ottimismo di Renzo ed espone il sugo della storia: i guai possono sopraggiungere per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio serve a renderli accettabili e utili per una vita migliore non a spiegarne la ragione.. Davanti al mistero del male non resta che la doppia difesa della ragione e della morale cattolica e quando non basta la prima non rimane che affidarsi alla seconda. I Promessi sposi non sono una facile epopea della Provvidenza ma 7 un’amara considerazione sulla condizione umana appena rischiarata dalla fiducia in una giustizia comunque tutta ultraterrena. Prof. ssa A. Pagnanelli 8