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La struttura dei valori di cittadinanza. L’analisi fattoriale per lo studio delle configurazioni valoriali ROBERTO ALBANO, BARBARA LOERA Per conto della redazione dei Quaderni di Ricerca del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Torino, questo saggio è stato valutato da Paolo Almondo, Nicola Negri e Loredana Sciolla. 1 La struttura dei valori di cittadinanza. L’analisi fattoriale per lo studio delle configurazioni valoriali INDICE 1) Lo studio della cultura politica mediante l’indagine survey 1.1 Rilevanza degli aspetti soggettivi della cultura politica 1.2 Rilevanza dell’indagine quantitativa per la costruzione di strutture di senso 2) L’analisi fattoriale applicata a scale di atteggiamenti: problemi di metodo posti dal livello di misurazione 3) I fattori della morale civica: civismo, liberalismo morale, responsabilità sociale. Un’analisi secondaria dei dati. 3.1 European Value Survey 1990: Italia, Francia, Germania ovest, Germania est, Gran Bretagna 3.2 European Value Survey 1999: Italia, macroaree geopolitiche 3.3 Ricerca sui valori civili in sei province italiane 1999-2000 4) Conclusioni Riferimenti bibliografici 2 Premessa Una prima versione del presente lavoro è stata presentata da Roberto in un seminario del Dipartimento di Scienze Sociali di Torino nel giugno del 2000. Utile fu il contributo apportato dai discussant (Nicola Negri, Sergio Scamuzzi e Silvia Testa) ma anche da numerosi altri interventi, in particolare quelli di Paolo Almondo, Carlos Barbé, Massimo Follis, Luca Ricolfi e Loredana Sciolla. Fra i numerosi impegni di ricerca e di didattica, questo lavoro è poi rimasto a lungo, ingiustamente, nel cassetto. Barbara ha pensato bene (o male, a seconda dei punti di vista) di ‘rispolverarlo’ per la sua tesi di dottorato discussa all’inizio del 2004; dopodiché ha risposto positivamente alla mia proposta di lavorare insieme a una nuova versione del saggio. Ne è nato questo working paper, che è, a questo punto, di responsabilità di entrambi. La stesura delle singole parti è così suddivisa: Roberto ha scritto il par. 1.1, il cap. 2, il par. 3.1 e le conclusioni, mentre Barbara ha scritto i parr. 1.2, 3.2 e 3.3. 3 1. Lo studio della cultura politica mediante l’indagine survey Lo studio della cultura politica è un tema classico delle scienze sociali; come si conviene a un ‘classico’, la sua rilevanza non deriva solo dalla numerosità di studi, riflessioni e dispute che attorno ad esso sono stati condotti in passato, ma anche dalla sua attualità. L’idea che la stabilità e l’efficienza dei sistemi politici democratici possano dipendere da fattori di natura culturale e, in particolare, dai valori diffusi nella società civile, pur non rappresentando un elemento di novità, pare infatti quanto mai attuale. Le tesi che collegano il funzionamento dei sistemi democratici alle virtù dei cittadini godono oggi di un rinnovato interesse, che si può facilmente dedurre dalla quantità di contributi sociologici e politologici in cui i concetti di cultura politica, cultura civica e, in ultimo, di capitale sociale sono utilizzati per rendere conto di un’ampia serie di fenomeni, fra i quali il coinvolgimento politico (Kaase e Newton 1995; Klingemann e Fuchs 1995; Sciolla e Negri, 1996), le preferenze partitiche (Wildawski, 1987), il cambiamento politico (Eckstein, 1988), la stabilità e il rendimento delle istituzioni democratiche (Inglehart 1977, 1990, 1996; Putnam 1993, 2000). Nel presente saggio intendiamo affrontare alcune questioni che caratterizzano lo studio di uno specifico aspetto della cultura politica: precisamente, quello riguardante il nucleo dei valori di cittadinanza (Sciolla, 1999) ricostruiti mediante indagini survey. Le ragioni che rendono importante lo studio dei valori e dei loro mutamenti sono state evidenziate già a partire dalle riflessioni di Weber e di Durkheim; in questa sede, è sufficiente ricordare il loro ruolo fondamentale, benché complesso da rilevare, nella formazione delle identità sociali e collettive, delle preferenze individuali, delle norme sociali e delle percezioni che i soggetti hanno di queste ultime, in ultima istanza il ruolo che i valori hanno nella determinazione dell’orizzonte di possibilità dell’azione sociale (Sciolla, 1993). Le questioni che intendiamo affrontare 4 riguardano la ricostruzione delle dimensioni valoriali che caratterizzano ampi settori della pubblica opinione, a cui è possibile accedere mediante l’indagine survey. 1.1 Rilevanza degli aspetti soggettivi della cultura politica Prima di arrivare ai temi più specifici di questa ricerca è opportuno riprendere una vecchia questione: è possibile studiare questi aspetti della cultura politica attraverso l’analisi quantitativa, e in particolare mediante dati survey? Una risposta affermativa si può trovare in un’ampia letteratura che ha trattato: - la ‘misurabilità’ degli atteggiamenti individuali, relativi a oggetti e temi di rilevanza sociale, attraverso la rilevazione di opinioni; - il rapporto tra atteggiamenti individuali e valori sociali. Non intendiamo riprendere in modo dettagliato tali temi, che occupano gran parte del dibattito metodologico ed epistemologico delle scienze sociali. E’ necessario però dichiarare quali sono i nostri punti di riferimento. Per quanto riguarda il primo punto ci riferiamo a una tradizione di ricerca che parte dal celebre saggio di Thurstone del 1932, significativamente intitolato Attitudes Can Be Measured. La posizione di Thurstone è fortemente ancorata a una concezione positivistica della quantificazione nelle scienze sociali (si tenga conto che quello scritto precede di più di una decina d’anni la rivoluzione operata da Stevens nella concezione della misurazione). Una posizione post-positivista, che non intende però rinunciare ai vantaggi della quantificazione per la ricerca empirica, si può riassumere nei seguenti termini: “opinioni, atteggiamenti e valori sono un settore di indagine di interesse cruciale per le scienze umane, e sicuramente inaccessibile alla misurazione in senso proprio. D’altra parte, è conveniente trattare le relative variabili 5 come cardinali, perché ciò permette di sottoporle a potenti tecniche di analisi multivariata” (Marradi, 1998, p. 49, corsivo nostro). Per quanto concerne il secondo punto occorre spendere qualche parola in più. Tralasciando le formulazioni teoriche di matrice comportamentista, che equiparano l’atteggiamento ad uno stato di prontezza mentale e neurologica organizzato nel corso dell’esperienza (Allport, 1935), o a una sindrome di risposte comportamentali coerenti riferite a oggetti sociali (Campbell, 1950), passiamo a considerare i modelli psicologici in cui l’atteggiamento è concepito come una dimensione latente, che svolge un ruolo essenziale nella determinazione del comportamento sociale. Conviene quindi partire da una delle definizioni più generali che sono state date dell’atteggiamento: esso consiste, in ultima analisi, in uno schema complesso che riflette la cultura del gruppo di appartenenza (Bartlett, 1932). Pur essendo originario della psicologia sociale il concetto di atteggiamento, così definito, trova applicazione anche nella sociologia, mostrando così una valenza interdisciplinare (Warren e Jahoda, 1973, trad. it. 1976, p. 12). Una classica definizione in campo sociologico si trova nel famoso studio di Thomas e Znaniecki sui contadini polacchi in Europa e quelli emigrati in America; per i due autori l’atteggiamento designa “un processo della coscienza individuale che determina l’attività reale o possibile dell’individuo nel mondo sociale… L’atteggiamento è così la contropartita individuale del valore sociale; l’attività, in qualsiasi forma, è il legame tra di essi” (Thomas e Znaniecki, 1918, trad. it. 1968, pp. 26-27). In questa visione, i valori (oggetti materiali e non che rivestono un significato e una valenza positiva, negativa o neutra per il soggetto) sono dunque la ‘controparte’ sociale degli atteggiamenti, questi ultimi intesi non come meri stati psichici interni, ma come processi della coscienza individuale connessi all’attività effettiva o potenziale dell’individuo nel mondo sociale1. 6 I valori possono anche essere definiti in altro modo: non come un attributo degli oggetti sociali, ma come una caratteristica interiore degli individui; in entrambi i casi sono (anche quando i comportamenti effettivi dei soggetti li contraddicono) delle strutture di fondo in cui gli atteggiamenti sono organizzati e integrati rispetto ad alcune astrazioni concernenti classi generali di oggetti (Katz, Stotland, 1959, cit. in Capecchi, 1962, p. 169; Rokeach, 1973). Le scelte qui dichiarate, pur avendo predecessori tanto illustri quali quelli menzionati (e molti altri), sono lontane dall’essere condivise nelle comunità scientifiche in cui si discute di cultura politica. Una prima obiezione che occorre affrontare è quella che denuncia i forti limiti, se non l’irrilevanza dei dati atomistici prodotti con il sondaggio o la survey per lo studio dei fenomeni culturali e in particolare della cultura politica (Allum, 1988 e 1997; Fideli, 1998; Ginsborg, 1998). Tale critica ha come oggetto la tradizione di ricerca inaugurata dal celebre studio di Almond e Verba sulla Civic Culture (1963), fortemente improntata a una teoria funzionalista del sistema sociale. Per verificare il loro modello di sistema politico e le ipotesi specifiche per i vari Paesi in cui conducono le ricerche, Almond e Verba definiscono la cultura politica come la dimensione soggettiva della politica; ma così facendo avrebbero di fatto solo ‘aggirato’ il problema del ‘significato’, nozione centrale per lo studio dei fenomeni culturali (Allum, 1988, p. 262). Ma è così scontato che studiare gli aspetti soggettivi significhi necessariamente ‘aggirare’ il concetto di cultura (politica)? Certamente è riduttivo affermare che essa sia semplicemente una sommatoria di orientamenti individuali; ma è altrettanto difficile accettare una definizione come la seguente: “I significati attribuiti, in una data società, alle attività (politiche e non) sono attributi collettivi di quella società” (Allum, 1988, corsivo nostro). Perché se tali attributi riguardano prodotti oggettivati dell’azione umana (oggetti o prassi), siamo di fronte a un riduzionismo di segno opposto ma di grado almeno pari al precedente; 7 mentre se essi designano concetti del tipo ‘Volksgeist’, ‘carattere nazionale’ ‘spirito dell’epoca’ e simili, dobbiamo chiederci se siamo ancora di fronte a concetti che possono essere oggetto di ricerca empirica. Ciò che vogliamo sostenere, anche attraverso l’analisi di alcuni dati, è che: a) lo studio degli aspetti soggettivi della cultura politica è utile oltre che possibile; ciò non comporta necessariamente la riduzione del concetto di cultura a mero epifenomeno dei vissuti soggettivi di una popolazione in un dato momento; b) l’analisi di opinioni e atteggiamenti non è affatto slegata dall’interpretazione di strutture di senso e significato più profonde, quali sono per esempio le configurazioni valoriali diffuse in una comunità o in una società. Come ha osservato Sciolla, “quando le proposizioni culturali sono apprese dai soggetti il loro significato è collocato anche nelle loro menti” (2002, pag. 62, corsivo nostro). In particolare, “la dimensione cognitiva dei valori rimanda al fatto che essi si presentano come enunciati del tipo «X è buono», «X è bello» che hanno un senso argomentabile da parte dell’attore sociale”; quindi non vi è ragione di ritenere che consapevolezza e capacità di argomentare non si attivino qualora agli stessi soggetti sia chiesto di dichiarare, anche in una indagine survey, in quale misura essi ritengono che “X sia ammissibile, importante o condivisibile” (ibidem, pag. 64). Lo studio della cultura politica attuato mediante l’inchiesta, è una tra le possibili opzioni di ricerca, scorretta a nostro parere solo quando ha ambizioni imperialiste2. Si tratta dell’accentuazione unilaterale di un punto di vista, così come è una accentuazione unilaterale, di diverso tipo e egualmente legittima, studiare una cultura, ad esempio, mediante 8 l’osservazione di rituali o di identità collettive, o mediante l’esame degli ordinamenti giuridici e delle scelte organizzative che regolano le istituzioni di una collettività. E’ certamente vero che gli oggetti e le prassi culturali si collocano su un piano diverso di manifestazione della realtà rispetto alle disposizioni dei singoli individui (richiedendo peraltro approcci diversi al loro studio); ma è opportuno evitare una riduzione di uno di questi due aspetti all’altro se vogliamo cogliere i numerosi aspetti di un sistema culturale3. L’obiezione mossa allo studio degli aspetti soggettivi della cultura civica si mescola spesso, impropriamente, alle critiche dello schema teorico proposto da Almond e Verba. Questi considerano la cultura politica come “l’insieme degli orientamenti psicologici dei membri di una società nei confronti della politica” (1963, pp. 12-13) e ritengono che tale dimensione soggettiva stia alla base dell’attività politica; uno dei tre tipi di cultura da loro individuati, la civic culture, in cui si combinano partecipazione razionale, lealtà e fiducia verso l’autorità, svolgerebbe una funzione di coesione sociale, orientamento e responsabilizzazione della classe politica, indispensabile per la stabilità dei regimi democratici. Questa causalità unidirezionale tra cultura politica (soggettiva) e stabilità del sistema4, ha sollevato numerose obiezioni. Alcuni critici hanno proposto uno schema che si limita a rovesciare il rapporto di influenza, per cui si ha produzione di civic culture se, soprattutto in democrazia, alla base vi è una consolidata situazione di stabilità politica (ad es. Barry, 1970). Altri, come Pateman (1971) hanno invece sottolineato che le due dimensioni sono interdipendenti. Il confronto ha assunto spesso i toni di polemica; raramente si è affrontato il nodo cruciale dello studio empirico dei meccanismi mediante i quali gli aspetti culturali influenzano la riproduzione strutturale e viceversa. Il vero problema della tesi di Almond e Verba non è quello di limitare l’attenzione all’influenza della cultura sul sistema politico (punto di vista legittimo, così come quello che focalizza il rapporto 9 inverso), bensì il fatto che gli autori non si preoccupano di sottoporlo ad un controllo empirico. Confrontando le culture dei paesi esaminati con il modello civico, gli autori finiscono per accertare non la congruenza tra cultura politica e struttura politica, ma la congruenza tra la cultura rilevata e quella idealtipica. Nelle conclusioni di The Civic Culture si sostiene che la cultura civica produce stabilità politica perché prevede un equilibrio tra responsivness e potere delle élite politiche. Ciò significa che tra causa (cultura civica) ed effetto (stabilità politica) si situa il comportamento dell’élite politica. Tuttavia, Almond e Verba non misurano in alcun modo questa “variabile interveniente”, ed assumono implicitamente che nei paesi in cui è diffusa una cultura politica simile a quella ideale l’élite politica sia più sensibile alle richieste dei cittadini, ed abbia le capacità di soddisfarle (Lijphart 1980, pag. 50). Questa carenza deriva dal fatto che l’adozione di una prospettiva sistemica porta gli autori ad includere i politici ed il loro comportamento tra gli oggetti di atteggiamento. Di conseguenza, nella definizione di cultura civica impiegata da Almond e Verba sono già compresi alcuni dei fenomeni politici che il modello dovrebbe spiegare. Tali questioni non verranno ulteriormente esaminate in questa sede; tuttavia ci pareva necessario ricordarle per chiarire il punto di vista da cui partiamo: focalizzare l’attenzione sugli ‘indizi’ di cultura politica, non implica accreditare a quest’ultima un primato nella riproduzione dei sistemi sociali. Intendiamo invece riconoscere ai valori, agli atteggiamenti, alle norme soggettive e alle rappresentazioni sociali il loro contributo nel veicolare le prassi sociali su certi ‘binari’ piuttosto che su altri (per riprendere la celebre metafora di Weber dello scambio ferroviario): ovviamente, accanto ad altre condizioni, che sono le opportunità e i vincoli strutturali (oggettivati nelle reti sociali), gli interessi degli attori sociali, nonché le relazioni e le strutture di dominio. 10 1.2 Rilevanza dell’indagine quantitativa per la costruzione di strutture di senso Una seconda obiezione che occorre affrontare è interna alla scelta di studiare gli aspetti soggettivi della cultura diffusi in una popolazione. Essa sostiene la non opportunità di ricorrere a strumenti di indagine come il questionario standardizzato per la rilevazione dei valori (Fideli, 1998); conseguentemente, dichiara inadeguati gli strumenti di analisi basati sulla matrice dati, al fine di individuare strutture di senso, configurazioni stabili di valori e loro connessioni (Rositi, 1993). E’ incontestabile che lo studio delle connessioni semantiche che organizzano i valori non si esaurisce in una analisi quantitativa di risposte a item standardizzati. Un raffinamento delle interpretazioni delle configurazioni valoriali (strutture di senso) sottostanti agli atteggiamenti espressi verbalmente può essere ottenuto conducendo anche analisi di carattere qualitativo, per esempio mediante interviste in profondità, e analizzando queste ultime con tecniche di analisi che partono da un testo piuttosto che da una matrice dati. Ma occorre anche evitare di scambiare le strutture di senso degli intervistati con le strutture di senso che guidano un’indagine sociologica. La costruzione di un numero ridotto di dimensioni latenti per interpretare una batteria di domande attinenti ai valori, va giudicata per la sua capacità euristica e non per la sua capacità di riprodurre accuratamente le numerose configurazioni di valori realmente diffuse in questo o quello strato dell’opinione pubblica. Se fosse quest’ultimo l’obiettivo, sarebbe facile obiettare che nello studiare l’intera popolazione dei cittadini italiani, francesi o nordamericani ci troveremmo di fronte a tali e tante combinazioni di credenze, valori e concezioni della morale da non essere in grado di rappresentarli tutti in 11 una mappa sintetica (Converse 1964), a maggior ragione se rilevati con strumenti estremamente analitici come l’intervista in profondità, i focus group ecc. Anche limitando l’attenzione ai soli valori di cittadinanza dovremmo comunque ammettere che “gli ideali di cittadinanza oggi non costituiscono un insieme coerente. Il cittadino riceve, per così dire, istruzioni tra loro non coerenti. Patriottismo, civiltà, tolleranza e attivismo politico lo tirano in differenti direzioni. Il primo e l’ultimo richiedono zelo e passione, e stimolano all’eccitamento e al tumulto nella vita pubblica…Civiltà e tolleranza servono a ridurre la tensione… incoraggiano la gente a considerare gli interessi come diversi e privati; militano per la quiete e la cittadinanza passiva” (Walzer 1992, pag. 93). La ricostruzione delle connessioni tra i valori non deve necessariamente coincidere con quella che fornirebbero i singoli intervistati se fosse possibile discuterne con ciascuno di loro. Questa è un’opzione epistemologica e metodologica certamente legittima, che sceglie la via della conoscenza intensiva di pochi casi e rinuncia alla parsimonia scientifica e allo studio di grandi popolazioni5. All’opposto si può optare per una impostazione altrettanto lecita, che parte dall’idea di operare a un livello più generale e astratto per semplificare una realtà vasta e eterogenea, cogliendo processi su vasta scala e di lungo periodo: ovviamente in questo caso occorre tenere sempre presente che le semplificazioni imposte dal ricercatore rendono il suo modello distante dalla realtà fenomenica. Le dimensioni latenti che il ricercatore individua e interpreta come criteri di organizzazione delle risposte ad un questionario necessariamente non coincidono con l’infinita molteplicità della realtà empirica. Tuttavia, se questi costrutti introducono nei dati accessibili all’osservazione un ordine (Lazarsfeld, 1954, p. 352) e se questo ordine è utile a semplificare la varietà del dato empirico, e quindi a progredire nella costruzione di modelli teorici sottoponibili a test empirici, allora è difficile non riconoscere la 12 loro dignità scientifica. Le connessioni semantiche che individuiamo tra i valori, sono solo parzialmente il prodotto della reattività dei dati alle tecniche di analisi: il processo cognitivo che conduce il ricercatore a etichettare le dimensioni latenti si basa in buona misura su informazioni che egli ricava esternamente alla base dei dati. Stravolgendo il significato di una nota metafora, si può dire che il bicchiere è in parte vuoto e può essere riempito della capacità interpretativa del ricercatore; ma resta il fatto che il bicchiere è anche in parte pieno di dati: l’interpretazione finale nasce da una ‘soluzione’ tra queste componenti, perché i dati hanno una loro ‘rigidità’ intrinseca, non sono cioè plasmabili secondo modalità totalmente arbitrarie. Il problema è mettere in discussione la validità e l’adeguatezza della struttura latente, e la sua interpretazione. Quante dimensioni latenti è opportuno costruire su una batteria di variabili manifeste? La questione non dipende solo dagli aspetti semantici e sintattici delle variabili che compongono la batteria: occorrerà anche valutare se i fattori costruiti rendono intelligibili altre variabili costruite nell’inchiesta e se, viceversa, sono resi maggiormente intelligibili da quelle; così come occorrerà valutare se quegli stessi fattori sono replicabili su un insieme diverso di casi: evidentemente, pur restando nell’ambito della ricerca idiografica, una struttura latente (nel nostro caso: principi organizzatori di atteggiamenti) ha una sua utilità se non è totalmente idiosincratica al campione su cui è stata costruita la prima volta6. 2) L’analisi fattoriale applicata a scale di atteggiamenti: problemi di metodo posti dal livello di misurazione L’indagine survey può essere criticata come strumento per lo studio dei fenomeni culturali, anche a motivo delle difficoltà di rilevare l’effettivo stato dei soggetti intervistati mediante questionario su proprietà come la morale, l'identità, la fiducia ecc. 13 Innanzitutto, va considerata l’obiezione di Asch (1955, trad. it. 1958, pp.620-633), per il quale le scale di atteggiamento servirebbero solo “a rilevare esempi di quello che le persone possono dire quando viene loro richiesto di esprimere la propria opinione in una situazione artificiale”. Come ha osservato Capecchi, ciò non giustifica l’abbandono dell’uso delle scale di atteggiamento, perlomeno nella ricerca sociologica (generalizzante); “infatti una volta stabilito che la misura degli atteggiamenti è necessariamente indiretta, la posizione da accettare è quella di Krech e Crutchfield [...] per i quali lo «scaling» resta di tutti i metodi di misura degli atteggiamenti e credenze, il più importante, il più ampiamente usato e il più accuratamente delineato e verificato” (Capecchi, 1962, p. 173, nota 5). Un’altra obiezione a cui è soggetto l’uso dei dati survey concerne il fatto che tali dati sono frutto di risposte spesso non veritiere e distorte, a causa di fenomeni come la desiderabilità sociale, l’acquiescenza, la capacità riflessiva dell’intervistato, la sua incertezza o difficoltà di risposta di fronte a una domanda complessa o relativa a un argomento ‘sensibile’ senza la possibilità di argomentare e chiedere ulteriori precisazioni. Queste fonti di distorsione riguardano le inchieste in generale, ma in particolare quelle in cui si rilevano atteggiamenti. I rimedi di cui oggi disponiamo riguardano soprattutto le regole di costruzione del questionario e di conduzione dell’intervista (Cfr. Gobo, 1997). Un’ulteriore fonte di distorsione a cui è esposta la misurazione soggettiva, già evidenziata in psicometria negli anni ’40 dello scorso secolo, è il response style (Cfr. Rorer, 1965); essa è relativamente indipendente dal contenuto delle domande e consiste in un uso che varia da soggetto a soggetto delle scale di risposta, siano esse scale Likert, termometri, lineproduction ecc. (Marradi 1995, par. 5.2). C’è chi, ad esempio, tende a usare preferibilmente le categorie centrali di risposta così come c’è chi tende a usare gli estremi, a prescindere 14 (sempre o in parte) dal contenuto dell’item. Oltre a questo effetto di ‘traslazione’ sulla scala di risposta, dobbiamo poi considerare un effetto di ‘dilatazione’: alcuni soggetti tendono a utilizzare poche categorie della scala, mentre altri sfruttano tutte le possibilità offerte. La presenza di idiosincrasie individuali nell’uso degli strumenti di rilevazione è una eventualità da considerare in sede di analisi dei dati, perché può portare a distorsioni rilevanti sul piano sostantivo: nell’Analisi Fattoriale esplorativa, alla sopravvalutazione del numero di fattori latenti necessari per interpretare le relazioni tra variabili manifeste (ad es., in una situazione che è in realtà unidimensionale queste distorsioni possono portare a estrarre tre fattori: Cfr. Ricolfi, 1999, ‘Appendice metodologica’). Ciò peraltro ha come ulteriore conseguenza negativa un ‘inquinamento’ nei loading dei fattori principali. Tale problema si accentua, come si può intuire, quando si hanno scale con molte modalità di risposta: le scale autoancoranti a 10 o a 100 modalità, sono cioè maggiormente soggette al fenomeno del response style rispetto alle scale ordinali a cinque o sette posti, mentre le dicotomie non lo sono affatto. Inoltre, il problema si fa sentire maggiormente quando si analizzano batterie ‘lunghe’, formate cioè da molti item. Per individuare e correggere questa distorsione, legata allo strumento di misurazione e individuare fattori sostantivi e distinguibili da un punto di vista semantico, si può ricorrere a speciali procedure di analisi Un esempio può essere quello di effettuare una diagnostica sui dati da analizzare, individuando un subset di item per il quale si è già dimostrata in passato la presenza di una sola dimensione sottostante. Se su questo sottoinsieme, un fattore non è sufficiente a soddisfare i comuni indici di valutazione (fit) del modello fattoriale, si può ipotizzare che ciò sia dovuto al response style. Un secondo esempio, questa volta di correzione invece che di diagnostica, è data dalla ‘deflazione’ (Marradi, 1979, 1995); essa consiste in una manipolazione dei dati originari che 15 dovrebbe eliminare, o almeno attenuare, l’interazione tra soggetto e strumento; la procedura ricorda la standardizzazione cioè la doppia operazione di centratura e uniformazione che rende le variabili scale-free e quindi confrontabili anche quando le loro scale hanno origine e unità di misura diverse: solo che nel caso della deflazione si opera sulle righe della matrice CxV invece che sulle colonne, cioè si attuano una centratura e una uniformazione dei profili per fronteggiare rispettivamente quelli che sopra sono stati definiti gli effetti di ‘traslazione’ e di ‘dilatazione’ nell’uso soggettivo delle scale. Si tratta di una procedura, come mette in evidenza lo stesso Marradi, applicabile solo quando si dispone di batterie composte da numerosi item, con polarità invertite e inoltre eterogenei per contenuto7. Non sempre si dispone di dati che permettono la diagnostica o l’intervento correttivo secondo modalità come quelle a cui si è fatto cenno poc’anzi. Una trasformazione dei dati, sempre possibile, che annulla gli effetti del response style è l’accorpamento delle modalità di risposta, al limite le dicotomizzazioni. Questa operazione è però consigliabile solo per effettuare un controllo di massima, ovvero per verificare se, accorpando, cambia la dimensionalità della struttura latente. L’accorpamento infatti ha almeno due svantaggi: - distrugge informazione; - produce comunque distorsioni, perché l’attribuzione di un soggetto ad una modalità piuttosto che a una modalità contigua può essere comunque dovuto a response style. Nel caso delle dicotomizzazioni, occorre poi tenere conto del fatto che l’analisi fattoriale classica è lineare nei parametri, fatto che può non accordarsi, o portare a risultati paradossali, se le variabili dipendenti del modello (le variabili manifeste) sono dicotomiche. 16 Per concludere sul response style: aldilà di interventi correttivi e diagnostici, occorre almeno tener presente il rischio di estrarre un numero di fattori eccedenti alle dimensioni sostantive; nella scelta tra k o k+1 fattori la consapevolezza di questo problema potrebbe, insieme a altre considerazioni, far propendere verso una maggior parsimonia (anche se come abbiamo visto ciò può non essere sufficiente, in quanto potrebbero essere gravemente distorti anche i loading dei fattori sostantivi, con gravi errori interpretativi come conseguenza). Sempre sul piano dell’analisi dei dati occorre poi ricordare che la rilevazione degli atteggiamenti avviene perlopiù con scale che, pur essendo considerate per fiat come scale quasi-cardinali, sono a rigore pur sempre scale ordinali, a meno che non siano dicotomie (originarie o derivate). In entrambi i casi, ciò ha come conseguenza alcuni effetti indesiderati per una analisi fattoriale, tra cui: - l’attenuazione dell’associazione tra le variabili (rispetto a una ipotetica misurazione con vere scale cardinali); - la non-normalità delle distribuzioni bivariate; - la non-linearità delle relazioni tra variabili manifeste e tra variabili manifeste e fattori latenti. A rigore, tali effetti comporterebbero l’abbandono dell’Analisi Fattoriale Lineare e il ricorso a tecniche più sofisticate per la costruzione delle dimensioni latenti, ossia a modelli basati sulla Latent Trait Theory (nota anche come Item Response Theory: Lord, Novick, 1968; Wright, Stone, 1979; Hambleton, Swaminathan, 1991), sulla Analisi della Struttura Latente (Lazarsfeld, 1950, 1954 trad. it. 1967; Lazarsfeld, Henry 1968; Gibson, 1959) e sulla Analisi Fattoriale Non Lineare (McDonald 1962, 1967, 1982; Etezadi-Amoli, McDonald, 1983). Tuttavia, software che implementino tali tecniche, e che siano adeguatamente testati, sono difficili da reperire; peraltro la specificazione dei modelli e l’interpretazione dei risultati richiede 17 un livello di competenze matematico-statistiche da parte dell’analista decisamente superiori a quelle, già piuttosto sofisticate, richieste dall’analisi fattoriale lineare. Per chi intende percorrere le vie consuete, sono disponibili correttivi che spesso rendono legittimo l’uso dell’analisi fattoriale di tipo lineare (perlomeno come strumento esplorativo) con variabili non cardinali. Limitandoci al caso delle variabili cosiddette quasi cardinali8, il correttivo più semplice che si può suggerire è quello di normalizzare le distribuzioni delle singole variabili (Vidotto, Xausa, Pedon, 1996, pp. 224-6). Se le distribuzioni dei punteggi osservati sono molto distanti da quest’ultima condizione, il problema che si pone è la scelta della matrice di input dell’analisi fattoriale. Il calcolo delle correlazioni prodotto-momento tra variabili ordinali, per quanto robusto rispetto alla violazione del requisito di cardinalità delle variabili (Labovitz, 1970; O’Brien, 1979) porta di solito a sottovalutazioni dell’entità della correlazione (in modulo) tra due variabili. Ciò si somma a un altro effetto di attenuazione delle correlazioni, rappresentato dal fatto che le risposte a domande relative a atteggiamenti sono caratterizzate da una forte incertezza intrinseca e da un errore di misurazione piuttosto elevato. E’ opportuno quindi individuare il tipo più appropriato di matrice di momenti quando si è in presenza di variabili come queste. Una delle soluzioni più eleganti è stata fornita dal cosiddetto underlying variable approach, il cui esponente più noto è oggi Karl Jöreskog e che ha come precursori Karl Pearson e Clyde Coombs. Tale approccio si basa sull’idea che una variabile ordinale sia una misura grezza di una variabile continua non direttamente misurabile9. L’informazione contenuta in m misurazioni ordinali, insieme all’assunto che le m variabili metriche sottostanti abbiano una distribuzione normale standardizzata, può essere utilizzata per ricostruire i coefficienti di correlazioni tra queste ultime. Una delle procedure tecniche più 18 diffuse tra gli analisti dei dati che implementa questa filosofia, è nota come calcolo delle correlazioni policoriche (Jöreskog, Sörbom, 1986; Jöreskog, 1994)10. Inoltre, accade spesso che nella rilevazione di atteggiamenti i punteggi grezzi siano fortemente concentrati ad un estremo della distribuzione (come vedremo, è quanto accade nel nostro caso): detto in altri termini, un’ampia frazione del campione risponde utilizzando una categoria estrema della scala, che assume il nome di categoria ‘pavimento’ se si colloca sul valore più basso della scala di misurazione (ad es. ‘molto in disaccordo’ in una Likert), oppure di modalità ‘soffitto’ se molti soggetti si collocano sul valore più alto. Queste variabili sono note come censored variables e richiedono un trattamento particolare per il loro impiego nel calcolo di una matrice di momenti (Jöreskog, Sörbom, 1986). 3. I fattori della morale civica: civismo, liberalismo morale, responsabilità sociale. Un’analisi secondaria dei dati. Loredana Sciolla ha definito la sfera dei valori morali della cittadinanza come quell’insieme di “giudizi su ciò che è bene e ciò che è male, giustificabile o ingiustificabile rispetto a un insieme di atti nei confronti dei beni pubblici e dei diritti della persona” (Sciolla, 1999, p. 282). E’ proprio a partire da variabili che rappresentano giudizi soggettivi sulla liceità di comportamenti che si articola la nostra analisi volta a individuare le dimensioni latenti fondamentali della sfera dei valori di cittadinanza. Nei paragrafi seguenti commenteremo i risultati di alcune analisi secondarie dei dati condotte su dati provenienti da: - European Values Survey (da qui in poi EVS) 1990 – Italia, Francia, Germania ovest, Germania est, Gran Bretagna; 19 - EVS 1999 – Italia - Ricerca sulla Cultura Civica in sei Province italiane 1999/2000 – Caltanissetta, Teramo, Modena, Vicenza, Milano, Torino. 3.1 European Value Survey 1990: Italia, Francia, Germania ovest, Germania est, Gran Bretagna Come ha sottolineato Sciolla nell’articolo già citato, la sfera dei valori morali “si presenta assai più complessa e meno omogenea di quanto si è soliti pensare” (1999, p. 282). In questa affermazione c’è soprattutto un riferimento critico alle interpretazioni funzionaliste come quella di Almond e Verba (le critiche all’approccio di questi due autori sono sviluppate più estesamente in Sciolla, Negri, 1996, e Sciolla, 1997). Analizzando i dati della EVS-1990 relativi all’Italia, la Gran Bretagna, La Francia e le due Germanie (allora da poco riunificate) si possono evidenziare tre dimensioni sottostanti a un certo numero di atteggiamenti verso: - atti lesivi di interessi pubblici, collettivi o privati, che definiamo dimensione del ‘civismo’ in senso stretto (ovviamente è considerato ‘civico’ un rifiuto di tali atti); - comportamenti nella sfera privata tipici di una concezione liberale, che sono oggetto di disputa circa la loro legittimità dal punto di visto religioso, morale e del diritto; etichettiamo questa dimensione come ‘liberalismo morale’ (si considera liberale, o persino libertaria, una posizione che non condanna moralmente questo tipo di comportamenti); - comportamenti di assunzione di rischio per sé e per gli altri, propensione a generare confusione e provocazione, ovvero dimensione del ‘rischio’. La batteria sottoposta a analisi fattoriale è composta da 24 item relativi a giudizi di giustificabilità di azioni, rilevati con una scala di valutazione che va da 1 (mai giustificato) a 10 (sempre giustificato); gli argomenti sono: 20 - ottenere dallo Stato benefici a cui non si ha diritto; - prostituzione; - non pagare il biglietto sull’autobus; - aborto; - evadere (in tutto o in parte) le tasse; - divorzio; - comprare oggetti rubati; - avere uno scontro con la polizia; - guidare senza permesso l’auto di altri (joyriding); - eutanasia; - usare marijuana o hashish; - suicidio; - tenersi del denaro trovato; - non segnalare il danno fatto a auto in sosta; - dire il falso nel proprio interesse; - minacciare i lavoratori che non scioperano; - avere relazioni con persona sposata; - uccidere per difendersi; - relazioni sessuali tra minorenni; - uccidere per motivi politici; - accettare bustarelle nell’adempiere il proprio dovere; - disperdere rifiuti nell’ambiente; - omosessualità; - guidare in stato di ubriachezza. Con l’ausilio di alcune tabelle si cercherà ora di chiarire il contenuto semantico dei fattori estratti (tabelle 1a e 1b); verranno inoltre forniti i necessari dettagli tecnici sulle modalità con cui è stato specificato il modello. [inserire tabb. 1.a e 1.b] Le scelte operate sono uguali per tutte le analisi qui riportate, con una unica eccezione relativa al campione della Germania dell’est, per il quale si è semplicemente variato l’angolo di rotazione della soluzione fattoriale al fine di migliorarne l’interpretabilità. La matrice di input è sempre una matrice di correlazioni prodotto-momento, calcolate con il programma PRELIS su 18 variabili di tipo ordinale normalizzate11 e 6 censored. Sono state considerate below censored quelle variabili che presentano almeno il 70% dei casi nella modalità “1” del termometro (che va da 1 a 10)12. Il metodo di estrazione dei fattori utilizzato è quello dei minimi quadrati non pesati, cioè la soluzione Minres proposta da Harman e Jones (1966); i motivi di tale scelta sono essenzialmente tre: - questo metodo non richiede una distribuzione normale multivariata delle variabili osservate; 21 - non è richiesta la stima previa delle comunalità (operazione carica di arbitrarietà e quindi da evitare se possibile); - la funzione obiettivo del metodo minimizza lo scarto tra correlazioni riprodotte e correlazioni osservate: ciò è congruente con il nostro interesse di fornire un modello che interpreti le connessioni tra le variabili, mentre riteniamo secondaria la quantità di varianza delle variabili manifeste che i fattori spiegano13 (come accade spesso nella ricerca sociale, gli indicatori hanno una parte residua molto ampia rispetto a quella indicante). Per la rotazione è stata utilizzato il metodo direct oblimin, in quanto era nelle nostre aspettative che questi fattori avessero ampie aree di sovrapposizione semantica e che quindi fossero correlati. In effetti, in tutti i casi le correlazioni tra fattori risultano elevate14. Con la stessa parametrizzazione si è proceduto anche all’estrazione di due soli fattori. La soluzione a tre fattori infatti, pur essendo soddisfacente sul piano della riproduzione fedele della matrice di correlazioni15 in quattro Paesi su cinque, produce un fattore non sovradeterminato (Cfr. Comrey, Lee, 1992, trad. it. 1995) nella Germania dell’est. Con la soluzione a due fattori, si ottiene in tutti Paesi una netta distinzione tra una dimensione del ‘liberalismo’ e una dimensione che si potrebbe definire ‘responsabilità’ su cui saturano le variabili dei fattori ‘civismo’ e ‘rischio’ della soluzione a tre (peraltro ‘civismo’ e ‘rischio’ sono fortemente correlate seppur distinguibili, anche nella soluzione a tre fattori). Tuttavia, la soluzione a due fattori è notevolmente peggiore dal punto di vista della capacità del modello di riprodurre fedelmente le correlazioni tra le variabili16, come si può vedere dai valori dell’indice ‘fedeltà’ riportati in tabella 2: [inserire tab. 2] 3.2 European Value Survey 1999: Italia, macroaree geopolitiche 22 Ci si può chiedere se la struttura dei valori di cittadinanza mostri una certa stabilità temporale. Per verificarlo abbiamo innanzitutto testato il modello fattoriale a tre dimensioni sui dati EVS – Italia 1999, verificando nel contempo se tale struttura risulti sostanzialmente invariata a livello subnazionale. Abbiamo pertanto proceduto anche all’applicazione del modello sugli stessi dati ma questa volta sudddividendo il campione nazionale in cinque sub-aree territoriali (oltreché culturali): Nord-Ovest, Nord-Est, Regioni Rosse, Centro-Sud, Sud e Isole 17. Il questionario dell’ultima rilevazione EVS – Italia 1999 è in buona misura sovrapponibile a quelli precedenti poiché lo studio del mutamento dei valori è uno dei principali scopi del progetto di ricerca da cui dipendono le indagini europee. Nella batteria che impieghiamo per le analisi fattoriali sono stati inseriti 16 dei 24 item originari. Dei rimanenti soltanto 6 sono stati sostituiti, alcuni con item che possono essere considerati equivalenti, ossia indicatori della medesima proprietà latente, mentre altri riguardano un tema di attualità che non era mai stato considerato nelle indagini: la bioetica. Nel questionario EVS – Italia 1999 la batteria è quindi composta da 22 giudizi di giustificabilità, anziché 24. La tabella 3 mostra la composizione delle due batterie, evidenziandone le parti in comune; per chiarezza, i nuovi item sono stati riportati in forma estesa. [Inserire tabella 3] I due item relativi alla manipolazione genetica degli alimenti e alle sperimentazioni sugli embrioni umani presentano delle specificità molto marcate: hanno un livello di difficoltà superiore al resto della batteria, e si riferiscono ad un ambito di contenuto (la bioetica) piuttosto diverso da quelli affrontati negli altri item18. In secondo luogo, effettuando alcune analisi preliminari sull’intera batteria si è appurato che la comunalità dei due item in questione è piuttosto bassa, e in ogni 23 caso inferiore a quella dei restanti indicatori19. Per tali ragioni si è quindi preferito ignorare gli item relativi alla bioetica e stimare il modello fattoriale sui primi 20 giudizi di giustificabilità. Inoltre, al fine di massimizzare la comparabilità con le analisi svolte sui dati EVS del 1990, il modello fattoriale è stato stimato impiegando le stesse specificazioni: matrice di correlazioni policoriche20, metodo di stima Minres e rotazione obliqua dei fattori. I risultati sono presentati nella tabella successiva. [inserire tabella 4] L’adattamento del modello ai dati è soddisfacente perché, come si può osservare dagli indici diagnostici riportati nella tavola, la percentuale di correlazioni riprodotte che si discostano da quelle osservate in una misura superiore allo 0,05 è soltanto del 10% (vedi REPR). I tre fattori spiegano circa il 41% della variabilità degli indicatori manifesti, ma il modello non è molto parsimonioso, e ciò spiega perché l’indice di rendimento, che è una valutazione del rapporto tra varianza spiegata e numero di fattori estratti, è soltanto pari a 2,8 (in sostanza i benefici ottenuti sono quasi il triplo dei costi sostenuti per aver adottato una soluzione a 3 fattori). Tuttavia, come già detto, il criterio della varianza spiegata non è pertinente ai nostro obiettivi, perché non ci interessa riprodurre le risposte manifeste, bensì interpretarne i nessi. E’ per questo motivo che abbiamo escluso la soluzione con due soli fattori, che è più parsimoniosa ma meno adatta a render conto delle correlazioni tra le variabili manifeste21. Come si può notare, nonostante la composizione della batteria sia in parte variata rispetto al 1990, il significato delle tre dimensioni latenti resta il medesimo. Gli item che saturano sul primo fattore riguardano comportamenti che hanno a che fare con il denaro e l’interesse 24 personale, e una loro accettazione implica trarre un vantaggio che procura un danno allo Stato, o agli interessi collettivi. Il secondo fattore include invece una serie di comportamenti che sono espressione delle libertà e dei diritti individuali legati alla sessualità, alla famiglia e al corpo. Chi li ritiene giustificabili crede che ciascuno possa disporre pienamente di sé, sino al punto di porre termine alla propria vita (eutanasia, suicidio) a dispetto del corso naturale dell’esistenza. Si tratta di un orientamento fortemente libertario che può anche essere concepito come “immorale” da coloro che, al contrario, sostengono il valore dell’istituzione matrimoniale, rifiutano l’aborto, la sessualità occasionale e i rapporti omosessuali. Ma l’intransigenza rispetto ai costumi sessuali non esaurisce la posizione di questi soggetti che, in ultima analisi, può essere interpretata come un rifiuto a violare “la natura delle cose”, la sacralità del corpo, della vita e dell’amore. L’ultima dimensione da interpretare è quella che emerge dai giudizi di giustificabilità relativi ad un insieme di comportamenti che, oltre a costituire una violazione delle leggi dello Stato, comportano una assunzione di rischio: guidare ubriachi, superare i limiti di velocità, assumere droghe leggere e, in codominio con il fattore del civismo, accettare una bustarella. Ad eccezione di quest’ultimo, si tratta inoltre di comportamenti che non procurano alcun vantaggio personale, e dunque non possono essere giustificati in base ad un ragionamento utilitaristico. Nel complesso sono condotte che possono arrecare un danno a chi le compie e agli altri, e quindi legittimarle equivale ad ignorare le conseguenze che ne possono derivare. Nel complesso, i risultati offrono degli indizi piuttosto solidi in favore di una stabilità temporale della configurazione tridimensionale: anche a distanza di circa dieci anni dalla precedente rilevazione, e nonostante i cambiamenti dello strumento di raccolta dei dati, i giudizi di giustificabilità si strutturano lungo tre dimensioni morali che è plausibile continuare ad 25 interpretare come ‘civismo’, ‘liberalismo morale’ e ‘rischio’. La stabilità e la capacità euristica della soluzione fattoriale possono essere ulteriormente rafforzate se si considera che: (1) nello stesso periodo storico risultati del tutto analoghi sono stati ottenuti da Ricolfi, il quale, pur utilizzando un altro campione e un diverso set di indicatori, è giunto ad affermare che “i cittadini italiani abitano lo stesso spazio morale” (2002, pag. 20) e questo si struttura in tre assi fondamentali, che possono ragionevolmente essere interpretati come “self interest/civismo”, “libertarismo/integrismo” e “responsabilità/solidarietà” 22; (2) la struttura fattoriale resta sostanzialmente identica anche quando, per eliminare gli eventuali response style, i giudizi di ammissibilità vengono dicotomizzati. (3) il modello tridimensionale resta tale anche se applicato a livello sub-nazionale. La ‘tenuta’ di uno spazio tridimensionale a livello sub-nazionale è stata controllata attraverso un modello fattoriale confermativo, stimato con la procedura LISREL23 (Linear Structural Relationship, Joreskog 1973). Per la verifica si è quindi utilizzata soltanto la parte di equazione strutturale dedicata alla misurazione delle variabili latenti esogene, che è stata specificata imponendo un modello in cui i nessi di indicazione dei fattori latenti sugli indicatori manifesti sono tutti vincolati in modo da riprodurre la struttura emersa con la procedura esplorativa. [inserire tabella 5] Se ci limitiamo a considerazioni puramente sintattiche, dobbiamo constatare che l’esito del test non è totalmente soddisfacente, perché i valori degli indici sintetici che misurano il disadattamento tra la matrice di correlazioni osservata e quella riprodotta dal modello non rispettano alcuni standard tipicamente ritenuti sintomatici di una buona soluzione (Testa, 1998; 26 Primi, 2002). Lo scostamento dai valori soglia è comunque contenuto24 e, considerata la severità dei vincoli imposti alla struttura dei dati, ci sentiamo giustificati a ritenere che, anche a livello dei singoli insiemi territoriali, il modello tridimensionale permette di render conto in maniera sufficientemente accurata degli orientamenti morali inerenti i diritti individuali, il bene pubblico e le regole di convivenza civile. Infatti, sebbene taluni degli item che hanno la maggior saturazione sui tre fattori varino in corrispondenza delle singole macroaree, l’interpretazione complessiva delle dimensioni non cambia. Così, ad esempio, mentre nelle “regioni rosse” tutti gli item relativi alla dimensione di liberalismo morale hanno una saturazione elevata (>0.6), nel sud e nelle isole gli item che risultano maggiormente collegati alla stessa dimensione riguardano soprattutto la sfera sessuale (rapporti occasionali e adulterio) ma, nell’insieme, il contenuto del fattore continua ad essere legato alle libertà individuali e all’autodeterminazione. Si tratta quindi di scostamenti che non modificano il significato e la capacità euristica della soluzione tridimensionale. 3.3 Ricerca sui valori civili in sei province italiane 1999-2000 Per approfondire lo studio dei valori di cittadinanza in Italia possiamo infine considerare i dati di una recente ricerca sulla cultura civica in sei province: Caltanissetta, Teramo, Modena, Vicenza, Milano, Torino. Nel questionario utilizzato in questa ricerca sono stati utilizzati molti degli item che nella analisi secondaria dei dati della EVS contribuivano a individuare i tre fattori della morale. Alcuni sono stati eliminati per il loro scarso contributo o ambiguità; altri sono stati aggiunti, e precisamente la giustificabilità dei seguenti comportamenti: - assentarsi dal lavoro quando non si è realmente ammalati 27 - scommettere forti somme in giochi d’azzardo - fare a botte per farsi valere - fecondazione artificiale - rapporti sessuali con sconosciuti senza preservativo. Preliminarmente si è proceduto a controllare se la distribuzione dei giudizi di giustificabilità è analoga nei sei insiemi territoriali considerati. L’esame delle frequenze di risposta non ha segnalato differenze rilevanti, com’è possibile osservare nella tabella 6, in cui, per brevità, è riportata solo la “bassa giustificabilità”. [inserire tab. 6] Nell’effettuare la stima del modello fattoriale si è imposta a priori l’estrazione di tre dimensioni, per verificare se la struttura latente ricalcava quella già individuata applicando l’analisi fattoriale ai dati sopracitati dell’EVS. Anche il tipo di correlazioni in input (in questo caso tra 7 variabili ordinali normalizzate e 13 censored), le modalità di estrazione e di rotazione sono le stesse. Come si vede nella tab. 6, i risultati dell’analisi fattoriale condotta sulle sei province, considerate dapprima complessivamente e poi separatamente, confermano le nostre aspettative perché permettono di individuare le tre dimensioni della morale già emerse dalla duplice analisi dei dati EVS25. Il risultato non soddisfa appieno le aspettative, in quanto non si riscontra esattamente la stessa struttura in tutte le sei province prese singolarmente. In particolare, nel campione di Teramo non emergono distintamente le dimensioni del civismo e del rischio. Le differenze possono essere dovute a una effettiva diversità nella struttura latente, ma potrebbero anche essere dovute al rumore che è presente nei dati (i cui effetti rendono spesso instabili le stime dei parametri, soprattutto in campioni piccoli come quelli qui considerati). 28 Abbiamo pertanto condotto una multisample factor analysis con il programma LISREL26, per verificare se è plausibile ipotizzare una sostanziale uguaglianza della struttura latente (risultati riportati in tab. 7). [inserire tabb. 7a, 7b e 8] Tutti i loading risultano statisticamente significativi, anche per la provincia di Teramo (t-values > 1.96). L’analisi ha dato buoni risultati anche da un punto di vista del fit complessivo: il chi quadrato presenta un valore di 2356.75 con 1002 gdl; il rapporto tra queste due quantità (pari a 2.20) è dunque decisamente inferiore a 3, soglia massima accettabile secondo Carmines e McIver (1981)27. 4. Conclusioni I dati della EVS del 1990, relativi a cinque Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Francia e le due Germanie ancora divise) hanno permesso di identificare tre dimensioni fondamentali della morale di cittadinanza, attorno alle quali sembrano organizzarsi vari tipi di atteggiamenti: si tratta delle dimensioni etichettate come ‘liberalismo’, ‘civismo’ e ‘rischio’. Solo per il campione della Germania orientale siamo giunti a considerare il rischio e il civismo come due facce della stessa medaglia (e quindi fuse in una sola dimensione latente). Le tre dimensioni si ripresentano sostanzialmente identiche anche nella EVS – Italia – 1999 (intero campione nazionale e campione suddiviso in 5 sub-aree) e nell’indagine condotta in sei province italiane nel 1999/2000. 29 I fattori evidenziati sono interpretabili sostantivamente come nuclei di valori morali, grazie alla presenza di variabili marker ma anche alla coerenza con cui le variabili di domini semantici diversi sono caricate su diversi fattori. Un effetto di desiderabilità sociale è certamente presente in molti degli argomenti trattati nelle interviste. Tuttavia, ciò non dovrebbe costituire un problema eccessivo dal nostro punto di vista, essendo l’obiettivo principale quello di rilevare pattern culturali ideali, ovvero quei comportamenti che in linea di principio sono ritenuti desiderabili in una certa società dai suoi membri; il fatto che nella formulazione della riposta, alcuni individui si conformino alle norme della maggioranza o del loro principale gruppo di riferimento, rappresenterebbe un problema se fossimo interessati a rilevare comportamenti effettivi o opinioni private, mentre non ci pare che lo sia per un’indagine sui valori diffusi nella pubblica opinione. Infine, il problema del response style, cioè del diverso utilizzo da parte dei soggetti della scala, dovrebbe essere in parte neutralizzato, perlomeno nella sua componente di traslazione, dall’elevato grado di consenso sull’ammissibilità di certi comportamenti (alla cui base stanno alcuni valori centrali della convivenza civile). Infatti, nelle indagini da noi considerate, la grande maggioranza dei soggetti ha utilizzato poche posizioni della scala da 1 a 10 per gran parte degli item proposti, come si può vedere nella tabella 5. Prove condotte sugli item dicotomizzati ci hanno rafforzati nella convinzione che i fattori nella soluzione a tre dimensioni sono sostantivi. Un ulteriore e importante indizio in tal senso si trova nella già menzionata ricerca condotta da Ricolfi (2002), il quale non soltanto ha individuato una struttura morale a tre fattori, ma ha inoltre attribuito ad essi un significato del tutto analogo alla nostra interpretazione dei valori di cittadinanza. L’autore ha a disposizione molte più informazioni di quante offre la sola batteria da noi utilizzata, e pertanto può approfondire 30 l’interpretazione della dimensione “rischio”, cogliendone l’intensione in termini di opposizione tra solidarietà e responsabilità. Resta comunque il fatto che le prime due dimensioni morali da egli individuate sono del tutto analoghe a quelle emerse nelle analisi qui presentate e ciò, a nostro avviso, costituisce un prezioso elemento a sostegno della validità esterna e sostantiva della struttura tridimensionale. Si è tenuto comunque tenuto conto del rischio di eccesso di dimensionalità privilegiando una soluzione più parsimoniosa di quanto ci avrebbero suggerito i criteri meramente formali di valutazione del modello. Il fatto che l’analisi fattoriale, condotta distintamente in diversi contesti spaziali e temporali porti a risultati molto simili, non deve indurre a ritenere che nella maggior parte delle ‘teste’ delle persone intervistate, vi siano delle strutture organizzative (consapevoli o meno) degli atteggiamenti simili a quelle qui evidenziate28. L’imposizione di una struttura latente, se non fa troppo a pugni con i dati, può però dimostrarsi utile nell’interpretazione di fenomeni così complesso e articolato come quello qui trattato. Se essa si dimostra capace di interpretare situazioni empiriche molto diverse, come se le relazioni tra variabili manifeste fossero governate dai costrutti ipotetici individuati, assume a nostro parere un’utilità euristica, come è stato sostenuto da altri ben più autorevolmente (Lazarsfeld, 1954, Ricolfi, 1992). L’interpretazione dei fattori dei valori di cittadinanza può ovviamente essere arricchita individuando le eventuali associazioni (o anche le assenze di relazione attese) con altre variabili di interesse: l’identità territoriale, la fiducia interpersonale e nelle istituzioni, la religiosità ecc. I fattori qui individuati possono essere essi stessi variabili interpretative di altre dimensioni, per esempio le varie forme di partecipazione politica29. Una spiegazione adeguata della formazione di identità sociali, delle pratiche sociali, degli stili di vita ecc., deve comunque tenere in 31 considerazione i valori che stanno alla base (seppur diversamente declinati) di norme e di regole di comportamento; questo vale in qualsiasi ambito, e certamente anche nell’ambito di fenomeni concernenti la cultura politica30. Ovviamente, la conoscenza prodotta da tali indagini ha un valore idiografico: non siamo certo di fronte alla scoperta di leggi astratte e universali. Tuttavia, se ha senso parlare di configurazioni di valori, cioè di un prodotto di lunga durata di una convivenza politica, non è neanche pensabile che le sue dimensioni salienti possano variare nell’arco di pochi mesi o anche di pochi anni. Anche a nome dei colleghi che condividono questo percorso di ricerca, vorrei dire che ciò che ci ha spinti a utilizzare dati survey è l’idea, fortemente sostenuta da una certa tradizione di ricerca in misura almeno pari di quanto è contestata da altri, che le opinioni, pur nella loro instabilità (soprattutto per l’incertezza intrinseca che caratterizza la misurazione di atteggiamenti) forniscono indizi di atteggiamenti e valori ben più stabili. In secondo luogo la nostra scelta non deriva da una credenza nella superiorità dell’analisi quantitativa rispetto a quella qualitativa, bensì dall’interesse anche per una rappresentazione di insieme degli orientamenti valoriali diffusi attinenti ad alcuni aspetti della morale pubblica e privata. Non pretendiamo che ciò esaurisca il problema da un punto di vista empirico, ma speriamo, molto più umilmente, di aver (ri)proposto alcune questioni rilevanti su cui si possa aprire una discussione teorica e metodologica a tutto campo. 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Acquistare cose rubate Abuso benefici statali No biglietto tram Accettare bustarelle Divorzio Aborto Omosessualità Prostituzione Suicidio Eutanasia Relaz. extraconiugali Sex tra minori Uccidere per difesa Scontro con polizia Gettare rifiuti Guidare ubriachi Joy-riding Minacciare lavoratori Usare hashish Assassinio politico Danno auto N° casi: Varianza spiegata: Rendimento Repr: .67 .64 .59 .49 .50 .49 .33 .31 .78 .72 .67 .60 .54 .53 .44 .40 .40 .32 6144 37.2% 2.98 9% .34 .55 .50 .47 .48 .38 .38 .39 .63 .59 .49 .45 .56 .50 .40 .66 .71 .72 .56 .45 .58 .48 .85 .75 .67 .56 .51 .67 .52 .52 .40 .42 .32 .34 1600 38.2% 3.06 10% .79 .73 .80 .69 .64 .51 .50 .46 .31 (-.26) .30 .45 .58 .47 .39 .51 .49 .32 (.29) (.28) .59 .42 .42 .44 (.28) (.29) .39 854 38.6% 3.09 15% Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore è riportato tra () quello con valore assoluto massimo; i loading del fattore ‘liberalismo’ nelle colonne ‘totale’, ‘Italia’, ‘Francia’ e del fattore ‘rischio’ nella colonna ‘totale’ e ‘Italia’, sono stati riflessi. 39 Tabella 1b - Analisi esplorativa su dati EVS 1990. Germania ovest Gran Bretagna Germania est (*) Fattori latenti Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Variabili manifeste Evadere tasse Mentire Tenere denaro trov. Ricettazione Abuso benefici No biglietto Bustarelle Divorzio Aborto Omosex Prostituzione Suicidio Eutanasia Relaz. extraconiug. Sex tra minori Uccidere per difesa Scontro con polizia Inquinare Guidare ubriachi Joy-riding Minacciare lavorat. Usare hashish Assassinio politico Danno auto N° casi: Varianza spiegata: Rendimento Repr: .71 .64 .52 .51 .45 .39 .30 .74 .68 .55 .54 .48 .59 .31 .62 .47 .48 .58 .55 .57 .49 .42 .78 .69 .78 .70 .59 .36 .42 .47 .42 .35 .71 .74 .61 .61 .49 .54 .40 (.24) .69 .66 .61 .54 .47 .41 .35 .39 .48 .31 .32 .43 .31 .63 .51 .44 .55 .36 .39 .62 1383 40.2% 3.22 11% .36 .43 .33 .53 .59 .45 .38 .30 -.33 .49 1274 37.8% 3.02 13% .34 .50 .55 .65 .35 .58 (.19) .51 1033 35.2% 2.82 13% Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore è riportato tra () quello con valore assoluto massimo; i loading del fattore ‘civismo’ nella colonna ‘Germania ovest’ e ‘Germania est’, e del fattore ‘liberalismo’ nella colonna ‘Germania ovest’ sono stati riflessi. (*) Parametro delta di rotazione Oblimin: -1. Tabella 2 – Indici di valutazione della soluzione a tre fattori Fedeltà Varianza spiegata Totale (5 Paesi) 16% 34.8% Italia 22% 34.9% Francia 24% 35.3% Germania ovest 22% 37.1% Germania est 19% 32.4% Gran Bretagna 19% 35.3% Rendimento 2.78 2.79 2.82 2.97 2.59 2.82 40 Tabella 3 – Composizione della batteria sui valori: EVS 1990 e 1999 Composizione della batteria: Abuso benefici No biglietto Evadere tasse Ricettazione Joyriding Usare Hashish Denaro trovato Mentire Relazioni Extraconiugali Sesso tra minori Bustarelle Omosessualità Prostituzione Aborto Divorzio Scontro Polizia Eutanasia Suicidio Danno auto Minacce lavoratori Uccidere per difesa Assassinio politico Inquinare Guidare ubriachi Pagare in contanti per evitare la fattura Avere rapporti sessuali occasionali Guidare oltre i limiti di velocità consentiti Fumare in luoghi pubblici Manipolazione genetica degli alimenti Manipolazione genetica degli embrioni umani In evidenza: item comuni alle due indagini. 1990 X X X X X X X X X 1999 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 41 Tabella 4 - Analisi esplorativa su dati EVS 1999 - Italia. Fattori latenti Rischio Liberalismo Civismo Indicatori manifesti Guidare ubriachi Gettare rifiuti in luoghi pubblici Non pagare il biglietto sui mezzi pubblici Guidare oltre i limiti di velocità consentiti Joyriding Fumare in luoghi pubblici Divorzio Aborto Omosessualità Eutanasia Rapporti sessuali occasionali Prostituzione Assumere hashish Avere relazioni extraconiugali Suicidio Evadere le tasse Abuso di benefici Pagare in contanti per evitare la fattura Mentire nel proprio interesse Accettare una bustarella .64 .62 .50 .37 .39 .29 .82 .75 .67 .60 .52 .48 .45 .45 .41 .37 -.89 -.53 -.48 -.36 -.34 .30 Correlazioni tra i fattori Rischio Rischio 1 Liberalismo .337 Civismo -.483 Liberalismo Civismo 1 -.236 1 Rotazione: oblimin diretto con δ=-1 % di varianza spiegata: 40.86 REPR: 10% Rendimento: 2.8 Parsimonia: 58% N= 1947 42 Tabella 5 –LISREL-Multisample (EVS Italia 1999 – subaree). NORD OVEST Fattori latenti Indicatori manifesti Abuso benefici Evadere le tasse Mentire nel proprio interesse Accettare una bustrarella Pagare in contanti per evitare la fattura Omosessualità Aborto Divorzio Eutanasia Prostituzione Suicidio Adulterio Avere rapporti sessuali occasionali Gettare rifiuti in luoghi pubblici Joyriding Guidare ubriachi Assumere hashish Guidare oltre i limiti di velocità consentiti Non pagare il biglietto sui mezzi pubblici Fumare in luoghi pubblici N Coefficiente di determinazione GFI RMSR In evidenza: saturazioni >.6 Civismo Liberal. NORD EST ROSSE CENTRO SUD SUD E ISOLE Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo .55 .47 .78 .61 .64 .61 .57 .77 .49 .68 .61 .66 .64 .59 .77 .65 .51 .69 .56 .49 .43 .57 .75 .58 .67 .46 .63 .63 .60 .62 .54 .67 .74 .60 .64 .68 .63 .73 .73 .76 .84 .46 .48 .57 .67 .61 .66 .42 526 .980 .950 .076 .54 .55 .68 .49 .69 .54 .72 .80 .54 .50 .57 .70 .60 .71 .48 228 .956 .987 .080 .51 .59 .66 .58 .67 .49 .60 .72 .62 .52 .64 .71 .60 .74 .56 345 .986 .963 .074 Liberal. Rischio .58 .58 .59 .59 .54 .53 .65 .65 .51 .50 .55 .59 .59 .73 .43 413 .983 .957 .073 .48 .42 .63 .65 .49 .66 .50 436 .978 .948 .075 43 Tabella 6. Bassa giustificabilità (da 1 a 5 su una scala a 10 punti, dati in percentuale) assenteismo 10D tenere soldi trov.10H ricettazione10A no biglietto10L abuso benefici10G mentire15H evadere tasse15G giochi azzardo10E fare a botte10B divorzio15A omosex10I fecond.artific. 10F aborto10C eutanasia15D guidare ubriachi15C sex senza protez.15I joyriding15L uso stupefacenti15B prostituzione15F scontro polizia15E Totale CL TE MO VI MI TO 97.3 84.8 98.3 95.0 97.8 94.1 93.0 97.4 96.2 48.6 66.3 77.0 8.3 81.5 99.8 98.3 99.2 97.9 95.7 97.0 98.2 87.4 100.0 96.3 95.4 95.0 95.7 98.4 94.7 54.9 71.9 79.5 85.8 86.8 99.8 99.5 99.3 99.0 95.9 97.2 96.0 84.4 96.7 93.0 98.0 91.9 91.9 97.9 95.0 49.2 65.7 77.7 82.0 83.1 100.0 98.5 99.2 97.7 96.4 96.6 97.2 78.3 98.3 94.8 98.6 95.0 93.3 96.0 98.1 39.8 58.4 70.0 71.0 75.9 99.5 96.1 98.8 97.0 95.2 97.5 97.7 89.5 98.1 96.0 99.1 91.3 91.3 97.4 96.9 5.9 69.4 8.9 82.7 8.6 99.7 99.0 99.6 97.7 95.4 96.6 96.4 81.1 96.2 92.4 98.4 91.9 91.4 96.4 96.0 34.6 46.7 65.4 69.2 66.3 99.2 95.4 98.6 92.6 90.4 94.4 92.6 81.1 97.2 91.3 95.6 92.8 91.1 96.8 95.8 31.4 51.3 68.2 64.7 69.9 99.6 97.4 99.2 94.8 93.2 93.2 44 Tabella 7a – Analisi esplorativa su dati Cultura Civica in 6 province italiane 1999/2000. Totale (sei province) Caltanissetta Teramo Modena Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Fattori latenti Civismo Indicatori manifesti assenteismo 10D tenere soldi trov.10H ricettazione 10A no biglietto10L abuso benefici10G mentire15H evadere tasse15G giochi azzardo10E fare a botte10B divorzio15A omosex10I fecond.artific. 10F aborto10C eutanasia15D guidare ubriachi15C sex senza protez.15I joyriding15L uso stupefacenti15B prostituzione15F scontro polizia15E N° casi: Varianza spiegata: Rendimento: Repr: .58 .50 .52 .54 .58 .51 .48 .33 (.26) (.26) .66 .49 .40 .53 .39 .44 .34 .39 (.23) .68 .62 .57 .61 .46 .32 2435 33.7% 2.25 3% .43 .44 .38 .33 .30 .48 .42 .60 .30 (.17) .34 .63 .59 .52 .49 .67 .52 .46 .57 .42 .32 .38 .40 .57 .70 .41 .40 .54 .54 .41 .35 .32 (.21) .44 .45 .34 .60 .40 (.22) 400 26.1% 1.74 18% .74 .56 .54 .39 .36 .59 .58 .60 .56 .49 (.23) .61 .47 .33 .33 .31 (.26) 406 28.3% 1.89 24% .78 .64 .61 .49 .39 .41 433 35.0% 2.33 17% Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore si è riportato tra () quello con valore assoluto massimo. Sono stati riflessi i loading del fattore rischio delle colonne ‘Totale’ e ‘Vicenza’, e i loading del fattore liberalismo della colonna Caltanissetta. 45 Tabella 7b – Analisi esplorativa su dati Cultura Civica in 6 province italiane 1999/2000. Fattori latenti Civismo Vicenza Milano Torino Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Indicatori manifesti assenteismo 10D tenere soldi trov.10H ricettazione 10A no biglietto10L abuso benefici10G mentire15H evadere tasse15G giochi azzardo10E fare a botte10B divorzio15A omosex10I fecond.artific. 10F aborto10C eutanasia15D guidare ubriachi15C sex senza protez.15I joyriding15L uso stupefacenti15B prostituzione15F scontro polizia15E N° casi: Varianza spiegata: Rendimento: Repr: .52 .51 .67 .54 .49 .37 .31 .30 .30 (.25) .66 .62 .57 .65 .58 (.27) .34 (.25) (.24) .35 (.25) 405 32.6% 2.17 16% .41 .38 .55 .59 .69 .58 .56 .55 .43 .61 .58 .54 .72 .49 .56 .53 .54 .40 .31 .52 .52 .66 .67 .57 .44 .37 (.29) 390 38.0% 2.54 17% (.26) .68 .57 .61 .61 .42 .74 .63 .55 .60 .37 .42 (.29) .32 .53 (.25) (.29) (.22) 401 37.0% 2.47 13% (.26) .46 (.25) .74 .45 .30 Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore si è riportato tra () quello con valore assoluto massimo. Sono stati riflessi i loading del fattore rischio delle colonne ‘Vicenza’, ‘Milano’ e ‘Torino’. 46 Tabella 8. LISREL-Multisample (cultura civica in 6 province). Caltanissetta Teramo Modena Vicenza Milano Torino Fattori latenti Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Indicatori manifesti assenteismo 10D tenere soldi trov.10H acq. cose rubate10A no biglietto10L abuso benefici10G mentire15H evadere tasse15G giochi azzardo10E fare a botte10B divorzio15A omosex10I fecond.artific. 10F aborto10C eutanasia15D guidare ubriachi15C sex senza protez.15I joyriding15L uso stupefacenti15B prostituzione15F scontro polizia15E N° casi: GFI .56 .49 .47 .52 .35 .60 .45 .42 (.25) .56 .52 .56 .75 .44 .40 .35 .54 (.27) .56 .51 .54 .60 .58 .61 .55 .51 .59 .50 .56 .46 .60 .30 .56 .67 .57 .49 .42 .30 .50 .49 .53 .52 .44 400 .97 .63 .58 .43 .67 .46 .47 .39 .54 .42 .54 .51 .52 .67 .63 .38 .52 .53 .52 .34 .44 433 .95 .67 .60 .56 .64 .49 .62 .48 .59 .36 .64 .70 .60 .58 .57 .64 .66 .62 .72 .50 .66 406 .97 .55 .62 .67 .72 .51 .61 .50 .56 .39 .53 .60 .65 .73 .52 .58 .51 .42 .65 .52 .58 405 .97 .59 .59 .61 .66 .53 .57 .68 .60 .74 .60 .63 390 .98 .52 .54 .49 .65 .53 .66 401 .98 47 RMSR .05 .06 .05 .05 .06 .06 48 Note 1 Riteniamo che la distinzione analitica resti valida se, seguendo una diversa tradizione della psicologia sociale, si sostituisce il concetto di atteggiamento con quello di rappresentazione sociale, intesa come teoria ingenua socialmente diffusa, composta da sistemi di valori, di credenze e norme di comportamento, dotata della doppia funzione di organizzare la percezione del mondo e di servire da codice condiviso per la comunicazione e gli scambi interpersonali (per una trattazione del rapporto tra i due concetti si veda Jaspers e Fraser in Farr, Moscovici, 1984, trad. it. 1989). 2 Il fatto di sottolineare i forti limiti delle analisi basate esclusivamente su sondaggi di opinione non impedisce ad esempio allo storico Paul Ginsborg di fare un ampio uso dei dati raccolti con questi strumenti (si veda Ginsborg, 1998). 3 E’ interessante notare che anche un autore come Allum, il quale distingue nettamente tra cultura (inteso come mondo di significati intersoggettivi) e opinione pubblica (mondo dei significati soggettivi), giunge poi a riconoscere che lo studio di opinioni, atteggiamenti e valori è considerabile un preliminare descrittivo o un ‘indizio’ di cultura da cui partire per ricerche ulteriori (Allum, 1988, 1997). Si possono cogliere comunque delle contraddizioni in queste sue affermazioni: che senso ha infatti parlare di opinione pubblica se non in presenza di un certo grado di intersoggettività (senza il quale sarebbe impossibile confrontare le diverse opinioni)? E ancora: se si accetta il modo con cui egli distingue cultura e opinione pubblica, perché mai quest’ultima dovrebbe fornire indizi per la prima? 4 Per completezza bisogna però ricordare che secondo Almond e Verba gli orientamenti politici degli individui non hanno un ruolo assoluto nella spiegazione della stabilità politica; gli autori danno infatti altrettanta importanza, anche se più sul piano teorico che su quello della ricerca empirica, ad altre variabili chiave, quali la fiducia e gli atteggiamenti pro-sociali, considerate come indicatori di aspetti strutturali (relazioni interpersonali). 5 Peraltro anch’essa non supera le critiche mosse da chi osserva che l’intervista è pur sempre una situazione artificiale (che non permette di rilevare le norme e i valori che regolano l’interazione sociale e che mediante questa vengono riprodotti) e che spesso non sono consci al soggetto o si collocano a livello di quella che Giddens definisce coscienza pratica (Giddens, 1984, trad. it. 1990). Se l’oggetto di valutazione è ‘difficile’ (nel caso di atteggiamenti: caratterizzato da una diffusa indesiderabilità), è più semplice rilevarlo mediante il grado di accordo su affermazioni (anche molto radicali) già formulate (Cfr. Arcuri, Flores D’Arcais, 1974, p. 7), dando ad esso nella formulazione della domanda una pari dignità rispetto a oggetti più diffusamente desiderati. 6 Peraltro, se così fosse sarebbe meglio abbandonare un modello probabilistico come l’analisi fattoriale e ricorrere a una tecnica di analisi descrittiva, per esempio l’Analisi in Componenti Principali. 7 Dal punto di vista statistico inoltre non è stato fatto, a quanto ci risulta, uno studio analitico delle proprietà degli stimatori dei due effetti. Intuitivamente sembra ragionevole considerare non distorto lo stimatore dell’effetto di traslazione, sempre che la batteria abbia le caratteristiche sopra individuate; non altrettanto si può dire dello stimatore della dilatazione, in quanto esso incorpora la varianza dell’errore. Ringraziamo Luca Ricolfi per averci indicato queste problematiche aperte sulla deflazione. 8 Di sfuggita, va ricordato che l’analisi fattoriale lineare può essere utilizzata come strumento euristico anche con variabili dicotomiche, se queste ultime hanno bassa capacità discriminante tra i soggetti e se i tratti latenti variano in un range limitato: condizioni che di solito valgono per molte variabili usate nella ricerca sociale (Cfr. McDonald, 1985). 9 Da non confondere con una variabile latente misurata mediante più indicatori di area semantica solo in parte coincidente con quella della prima: la variabile ordinale usata come misura grezza di una variabile continua copre la stessa area semantica di quest’ultima. 10 Rilevanti le osservazioni mosse da Kampen e Swyngedouw (2000, pp. 94 e ss.) circa l’applicazione acritica di questo approccio a variabili ordinali. concordiamo infatti che in alcuni casi concreti è insensato pensare alla misurazione ordinale come a un’approssimazione di una misura continua. Poco convincenti ci sembrano invece le loro argomentazioni contro l’applicazione di questo approccio a variabili che misurano atteggiamenti: non è infatti chiaro il perché una scala di accordo/disaccordo in linea di principio non possa essere pensata come una misurazione grezza di un continuum. 11 Non è la scelta ottimale: questa sarebbe costituita da una matrice ‘mista’ contenente correlazioni policoriche (tra variabili ordinali), prodotto-momento (tra censored), e poliseriali (tra censored e ordinali). Purtroppo, l’ampiezza dei campioni relativi alle sei province italiane, non è sufficiente per il calcolo delle poliseriali; pertanto, non potendo essere assunta come standard si è preferito abbandonare tale scelta. Ci sono però due considerazioni da fare sulla ‘seconda scelta’: prove effettuate sui campioni più grandi non hanno mostrato sostanziali differenze tra i due tipi di input; inoltre va ricordato che le variabili grezze sono termometri ancorati solo alle estremità: a eccezione delle censored, una parte consistente delle altre variabili non si discosta moltissimo da una distribuzione normale, per cui sembra legittimo sottoporle a normalizzazione. 12 Si tratta di una scelta volontariamente restrittiva; i motivi sono due: uno è quello di non avere troppe variabili censored per le quali le categorie di risposta diverse da quella estrema sono considerate come aventi distanze uguali (scale di intervalli); il secondo è di natura più pratica, e concerne il fatto che tale soglia permette di individuare, con 49 poche significative eccezioni, sempre le stesse censored nei cinque campioni nazionali. Per coerenza, i due criteri sono poi stati applicati anche sui dati delle sei province italiane (vd. paragrafo successivo). 13 Jagodzinski (1997), lavorando sullo stesso set di dati ha estratto per l’Italia e la Germania occidentali quattro fattori, in base al criterio della varianza spiegata (autovalori maggiori di uno). A prescindere dal fatto che ha ottenuto due fattori non ben individuabili, in quanto non coperti da un numero sufficiente di item, occorre però anche rilevare che la varianza complessiva spiegata dalle prime quattro componenti è solo del 49%. Questi risultati rafforzano la nostra convinzione che sia meglio guardare alla capacità dei fattori comuni di riprodurre le covariazioni, soprattutto quando la purezza degli indicatori è bassa (come spesso avviene nella ricerca sugli atteggiamenti). 14 Nel campione complessivo le correlazioni tra fattori sono le seguenti: civismo*liberalismo=.46; liberalismo*rischio=.32; civismo*rischio=.61. Per una corretta interpretazione delle correlazioni tra i fattori occorre ricordare l’orientamento degli indicatori: questi sono tutti costituiti da scale che variano da 1 = ‘comportamento mai giustificabile’ a 10 = ‘comportamento sempre giustificabile’ Di conseguenza i tre fattori latenti, ancorati alle variabili manifeste, costituiscono tre continuum dove l’estremo sinistro individua una posizione di ‘rigidità’, nel senso di assoluto divieto dei comportamenti implicati; l’estremo destro, viceversa, individua una posizione di totale ‘permissivismo’; infine, il punto centrale del continuum individua coloro che hanno una concezione condizionale (‘relativistica’) dei divieti. Si tenga conto che il parametro δ, che governa il grado di obliquità massima, è stato lasciato a 0, cioè il valore di default del programma, perché così si ottiene una matrice di loading che si avvicina alla struttura semplice (Cfr. Comrey, Lee, 19922, trad. it. 1995, p. 488). E’ possibile che questi valori aumentino se si permette un grado di obliquità massimo (δ=0.8). Per il campione della Germania dell’est è stato necessario diminuire il grado massimo di obliquità (δ= -1) per avere almeno quattro variabili con loading significativi sul fattore civismo. 15 L’adattamento è stato valutato mediante la percentuale di residui tra correlazioni osservate e correlazioni riprodotte dal modello che sono superiori a |0.05|. Più questa percentuale tende a zero, più le correlazioni riprodotte sono considerabili sostanzialmente uguali a quelle osservate. Abbiamo scelto a priori una percentuale intorno al 10-15% come valore-soglia di tale indice. Questo valore può essere considerato eccessivo vista l’ampiezza dei campioni; tuttavia occorre sempre tener conto del rischio di un’inflazionamento, dovuto al response-style, del numero di fattori latenti necessari per riprodurre le correlazioni osservate. 16 Migliora invece il rendimento cioè il rapporto tra comunalità totale e numero di fattori estratti. Questo indice risulta però anche buono nella soluzione a tre: anche in quel caso è al di sopra valore soglia [2] indicato da Ricolfi (Cfr. Ricolfi, 1987, p. 97). 17 NORD OVEST: Piemonte, Val d'Aosta, Lombardia, Liguria / NORD EST: Trentino, Veneto, Friuli / REGIONI ROSSE: Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche / CENTRO SUD: Lazio, Abruzzi, Molise, Campania / SUD E ISOLE: Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. 18 La difficoltà dei due item è stata valutata considerando il numero di mancate risposte, che è maggiore rispetto agli altri giudizi di giustificabilità: il numero di individui che non ha risposto ai due item relativi alla manipolazione genetica degli embrioni umani e degli alimenti è pari a 103 per il primo e 113 per il secondo mentre, in media, le mancate risposte calcolate sul resto della batteria sono soltanto 77. 19 In una soluzione a tre fattori, la comunalità dell’item riferito alla sperimentazione su embrioni è 0.16, mentre quella relativa alla manipolazione degli alimenti è 0.19; sul resto della batteria la quota di variabilità che, in media, risulta imputabile ai fattori comuni è invece pari a 0.39. I valori riportati si riferiscono alla comunalità generata da un modello tridimensionale affine a quello stimato per lo studio dei valori di cittadinanza. E’ tuttavia da precisare che le stesse considerazioni valgono anche per le comunalità iniziali di ciascun indicatore. 20 Anche in questo caso sono stati considerati come below censored gli item in cui oltre il 70% dei giudizi si concentra nella modalità 1 (mai giustificabile) della scala di risposta. Gli item in questione sono: accettare una bustarella, joyriding, gettare rifiuti in un luogo pubbico, guidare ubriachi e assumere droghe leggere. 21 Il REPR del modello a due sole dimensioni è pari al 17%. 22 Ricolfi ha lavorato su dati raccolti tramite questionari postali ed ha poi ripetuto le analisi su un secondo dataset ricavato da un panel telematico ottenendo i medesimi risultati. L’autore ha inoltre ha elaborato un insieme di domande ben più complesso e articolato della batteria inserita nel questionario EVS: lo strumento impiegato, oltre ad includere ben 32 giudizi di giustificabilità inerenti comportamenti individuali, comprende 10 credenze normative relative all’educazione dei figli, le adozioni di genitori single, la meritocrazia, la gestione delle tossicodipendenze, la censura televisiva, ecc. 23 LISREL, nato inizialmente come software statistico per la stima dei coefficienti dell’analisi fattoriale tramite il metodo della massima verosimiglianza, è andato ben oltre gli scopi per cui è stato formulato, diventando il termine con cui, in modo condiviso, si è soliti intendere la procedura generale per i modelli basati su sistemi di equazioni strutturali in cui viene preservata la distinzione tra variabili manifeste e variabili latenti. 24 Disadattamento medio (RMSR) del 7.6%, anziché del 5%. 50 25 Anche in questo caso i fattori sono fortemente correlati; nel campione totale abbiamo: civismo* liberalismo= .39; liberalismo*rischio= .37; civismo*rischio= .66. 26 Essendo i quattro campioni di dimensione troppo esigua per il calcolo della matrice varianze-covarianze asintotiche, si è preferito mantenere come metodo di stima dei parametri quello dei minimi quadrati non pesati. 27 Sulle ragioni per cui non è opportuno estrarre tanti fattori fino a ottenere un chi quadrato significativo in presenza di un campione numeroso si veda McDonald, 1985, p. 56. 28 Così come non affermiamo, nello studio dello spazio percettivo elettorale, che all’individuazione di una dimensione latente comune definibile come asse destra-sinistra debba seguire l’assunto che i singoli individui utilizzino la stessa categoria interpretativa e per giunta allo stesso modo dell’analista. Se si vuole seguire la strada dei profili individuali, è più realistico cercare dei pattern prototipici. Questo tipo di ricerche comportano comunque l’utilizzo di altre basi empiriche, più ricche di informazioni circa i profili individuali, e altre tecniche di analisi (per esempio le tecniche utilizzate nella ricostruzione degli spazi percettivi degli individui). 29 Si tratta di compiti che vanno al di là degli obiettivi di questo scritto. Analisi che incrociano le dimensioni valoriali della cittadinanza con altre variabili relative alla cultura civica (fiducia, identità territoriale, associazionismo ecc.) sono comunque già state pubblicate, altre sono in corso d’opera. Oltre al già citato saggio di Sciolla del 1999, basato sulle elaborazioni condite sui dati EVS 1990 (cfr. il par. 3.1 del presente saggio), ricordiamo della stessa autrice un saggio del 2003 in cui vengono utilizzati i dati della ricerca sulle sei province italiane (cfr. il ns. par. 3.3). Altri sviluppi dell’interpretazione dei fattori, o del loro utilizzo come variabili esplicative di comportamenti politici sono oggetto di pubblicazioni in corso. 30 Non pensiamo in alcun modo a una sovrapposizione tra concetti come le disposizioni e i comportamenti degli individui; ma anche una loro concatenazione in modelli di pura previsione statistica (regressione, path analysis e in generale modelli di dipendenza), come è proposta in molti modelli tipici della psicologia sociale o del marketing, risulta insoddisfacente se non inserita in un più ampio quadro interpretativo e esplicativo. Crediamo che i sociologi possano utilmente utilizzare i valori, gli atteggiamenti e altri concetti disposizionali come chiave di lettura, mediante la quale (accanto ad altri importanti elementi contestuali) i comportamenti acquistano un senso e diventano azioni. 51