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La struttura dei valori di cittadinanza.
L’analisi fattoriale per lo studio delle configurazioni valoriali
ROBERTO ALBANO, BARBARA LOERA
Per conto della redazione dei Quaderni di Ricerca del Dipartimento di Scienze Sociali
dell’Università di Torino, questo saggio è stato valutato da Paolo Almondo, Nicola Negri e
Loredana Sciolla.
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La struttura dei valori di cittadinanza.
L’analisi fattoriale per lo studio delle configurazioni valoriali
INDICE
1) Lo studio della cultura politica mediante l’indagine survey
1.1 Rilevanza degli aspetti soggettivi della cultura politica
1.2 Rilevanza dell’indagine quantitativa per la costruzione di strutture di senso
2) L’analisi fattoriale applicata a scale di atteggiamenti: problemi di metodo posti dal livello di
misurazione
3) I fattori della morale civica: civismo, liberalismo morale, responsabilità sociale. Un’analisi
secondaria dei dati.
3.1 European Value Survey 1990: Italia, Francia, Germania ovest, Germania est, Gran
Bretagna
3.2 European Value Survey 1999: Italia, macroaree geopolitiche
3.3 Ricerca sui valori civili in sei province italiane 1999-2000
4) Conclusioni
Riferimenti bibliografici
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Premessa
Una prima versione del presente lavoro è stata presentata da Roberto in un seminario del
Dipartimento di Scienze Sociali di Torino nel giugno del 2000. Utile fu il contributo apportato
dai discussant (Nicola Negri, Sergio Scamuzzi e Silvia Testa) ma anche da numerosi altri
interventi, in particolare quelli di Paolo Almondo, Carlos Barbé, Massimo Follis, Luca Ricolfi
e Loredana Sciolla.
Fra i numerosi impegni di ricerca e di didattica, questo lavoro è poi rimasto a lungo,
ingiustamente, nel cassetto. Barbara ha pensato bene (o male, a seconda dei punti di vista) di
‘rispolverarlo’ per la sua tesi di dottorato discussa all’inizio del 2004; dopodiché ha risposto
positivamente alla mia proposta di lavorare insieme a una nuova versione del saggio. Ne è nato
questo working paper, che è, a questo punto, di responsabilità di entrambi.
La stesura delle singole parti è così suddivisa: Roberto ha scritto il par. 1.1, il cap. 2, il par.
3.1 e le conclusioni, mentre Barbara ha scritto i parr. 1.2, 3.2 e 3.3.
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1. Lo studio della cultura politica mediante l’indagine survey
Lo studio della cultura politica è un tema classico delle scienze sociali; come si conviene a un
‘classico’, la sua rilevanza non deriva solo dalla numerosità di studi, riflessioni e dispute che
attorno ad esso sono stati condotti in passato, ma anche dalla sua attualità. L’idea che la
stabilità e l’efficienza dei sistemi politici democratici possano dipendere da fattori di natura
culturale e, in particolare, dai valori diffusi nella società civile, pur non rappresentando un
elemento di novità, pare infatti quanto mai attuale. Le tesi che collegano il funzionamento dei
sistemi democratici alle virtù dei cittadini godono oggi di un rinnovato interesse, che si può
facilmente dedurre dalla quantità di contributi sociologici e politologici in cui i concetti di cultura
politica, cultura civica e, in ultimo, di capitale sociale sono utilizzati per rendere conto di
un’ampia serie di fenomeni, fra i quali il coinvolgimento politico (Kaase e Newton 1995;
Klingemann e Fuchs 1995; Sciolla e Negri, 1996), le preferenze partitiche (Wildawski, 1987),
il cambiamento politico (Eckstein, 1988), la stabilità e il rendimento delle istituzioni
democratiche (Inglehart 1977, 1990, 1996; Putnam 1993, 2000).
Nel presente saggio intendiamo affrontare alcune questioni che caratterizzano lo studio di uno
specifico aspetto della cultura politica: precisamente, quello riguardante il nucleo dei valori di
cittadinanza (Sciolla, 1999) ricostruiti mediante indagini survey. Le ragioni che rendono
importante lo studio dei valori e dei loro mutamenti sono state evidenziate già a partire dalle
riflessioni di Weber e di Durkheim; in questa sede, è sufficiente ricordare il loro ruolo
fondamentale, benché complesso da rilevare, nella formazione delle identità sociali e collettive,
delle preferenze individuali, delle norme sociali e delle percezioni che i soggetti hanno di queste
ultime, in ultima istanza il ruolo che i valori hanno nella determinazione dell’orizzonte di
possibilità dell’azione sociale (Sciolla, 1993). Le questioni che intendiamo affrontare
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riguardano la ricostruzione delle dimensioni valoriali che caratterizzano ampi settori della
pubblica opinione, a cui è possibile accedere mediante l’indagine survey.
1.1 Rilevanza degli aspetti soggettivi della cultura politica
Prima di arrivare ai temi più specifici di questa ricerca è opportuno riprendere una vecchia
questione: è possibile studiare questi aspetti della cultura politica attraverso l’analisi
quantitativa, e in particolare mediante dati survey? Una risposta affermativa si può trovare in
un’ampia letteratura che ha trattato:
- la ‘misurabilità’ degli atteggiamenti individuali, relativi a oggetti e temi di rilevanza sociale,
attraverso la rilevazione di opinioni;
- il rapporto tra atteggiamenti individuali e valori sociali.
Non intendiamo riprendere in modo dettagliato tali temi, che occupano gran parte del dibattito
metodologico ed epistemologico delle scienze sociali. E’ necessario però dichiarare quali sono
i nostri punti di riferimento.
Per quanto riguarda il primo punto ci riferiamo a una tradizione di ricerca che parte dal celebre
saggio di Thurstone del 1932, significativamente intitolato Attitudes Can Be Measured. La
posizione di Thurstone è fortemente ancorata a una concezione positivistica della
quantificazione nelle scienze sociali (si tenga conto che quello scritto precede di più di una
decina d’anni la rivoluzione operata da Stevens nella concezione della misurazione). Una
posizione post-positivista, che non intende però rinunciare ai vantaggi della quantificazione per
la ricerca empirica, si può riassumere nei seguenti termini: “opinioni, atteggiamenti e valori sono
un settore di indagine di interesse cruciale per le scienze umane, e sicuramente inaccessibile
alla misurazione in senso proprio. D’altra parte, è conveniente trattare le relative variabili
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come cardinali, perché ciò permette di sottoporle a potenti tecniche di analisi multivariata”
(Marradi, 1998, p. 49, corsivo nostro).
Per quanto concerne il secondo punto occorre spendere qualche parola in più. Tralasciando le
formulazioni teoriche di matrice comportamentista, che equiparano l’atteggiamento ad uno
stato di prontezza mentale e neurologica organizzato nel corso dell’esperienza (Allport, 1935),
o a una sindrome di risposte comportamentali coerenti riferite a oggetti sociali (Campbell,
1950), passiamo a considerare i modelli psicologici in cui l’atteggiamento è concepito come
una dimensione latente, che svolge un ruolo essenziale nella determinazione del
comportamento sociale. Conviene quindi partire da una delle definizioni più generali che sono
state date dell’atteggiamento: esso consiste, in ultima analisi, in uno schema complesso che
riflette la cultura del gruppo di appartenenza (Bartlett, 1932). Pur essendo originario della
psicologia sociale il concetto di atteggiamento, così definito, trova applicazione anche nella
sociologia, mostrando così una valenza interdisciplinare (Warren e Jahoda, 1973, trad. it.
1976, p. 12). Una classica definizione in campo sociologico si trova nel famoso studio di
Thomas e Znaniecki sui contadini polacchi in Europa e quelli emigrati in America; per i due
autori l’atteggiamento designa “un processo della coscienza individuale che determina l’attività
reale o possibile dell’individuo nel mondo sociale… L’atteggiamento è così la contropartita
individuale del valore sociale; l’attività, in qualsiasi forma, è il legame tra di essi” (Thomas e
Znaniecki, 1918, trad. it. 1968, pp. 26-27). In questa visione, i valori (oggetti materiali e non
che rivestono un significato e una valenza positiva, negativa o neutra per il soggetto) sono
dunque la ‘controparte’ sociale degli atteggiamenti, questi ultimi intesi non come meri stati
psichici interni, ma come processi della coscienza individuale connessi all’attività effettiva o
potenziale dell’individuo nel mondo sociale1.
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I valori possono anche essere definiti in altro modo: non come un attributo degli oggetti sociali,
ma come una caratteristica interiore degli individui; in entrambi i casi sono (anche quando i
comportamenti effettivi dei soggetti li contraddicono) delle strutture di fondo in cui gli
atteggiamenti sono organizzati e integrati rispetto ad alcune astrazioni concernenti classi
generali di oggetti (Katz, Stotland, 1959, cit. in Capecchi, 1962, p. 169; Rokeach, 1973).
Le scelte qui dichiarate, pur avendo predecessori tanto illustri quali quelli menzionati (e molti
altri), sono lontane dall’essere condivise nelle comunità scientifiche in cui si discute di cultura
politica. Una prima obiezione che occorre affrontare è quella che denuncia i forti limiti, se non
l’irrilevanza dei dati atomistici prodotti con il sondaggio o la survey per lo studio dei fenomeni
culturali e in particolare della cultura politica (Allum, 1988 e 1997; Fideli, 1998; Ginsborg,
1998). Tale critica ha come oggetto la tradizione di ricerca inaugurata dal celebre studio di
Almond e Verba sulla Civic Culture (1963), fortemente improntata a una teoria funzionalista
del sistema sociale. Per verificare il loro modello di sistema politico e le ipotesi specifiche per i
vari Paesi in cui conducono le ricerche, Almond e Verba definiscono la cultura politica come la
dimensione soggettiva della politica; ma così facendo avrebbero di fatto solo ‘aggirato’ il
problema del ‘significato’, nozione centrale per lo studio dei fenomeni culturali (Allum, 1988,
p. 262). Ma è così scontato che studiare gli aspetti soggettivi significhi necessariamente
‘aggirare’ il concetto di cultura (politica)? Certamente è riduttivo affermare che essa sia
semplicemente una sommatoria di orientamenti individuali; ma è altrettanto difficile accettare
una definizione come la seguente: “I significati attribuiti, in una data società, alle attività
(politiche e non) sono attributi collettivi di quella società” (Allum, 1988, corsivo nostro).
Perché se tali attributi riguardano prodotti oggettivati dell’azione umana (oggetti o prassi),
siamo di fronte a un riduzionismo di segno opposto ma di grado almeno pari al precedente;
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mentre se essi designano concetti del tipo ‘Volksgeist’, ‘carattere nazionale’ ‘spirito
dell’epoca’ e simili, dobbiamo chiederci se siamo ancora di fronte a concetti che possono
essere oggetto di ricerca empirica.
Ciò che vogliamo sostenere, anche attraverso l’analisi di alcuni dati, è che:
a) lo studio degli aspetti soggettivi della cultura politica è utile oltre che possibile; ciò non
comporta necessariamente la riduzione del concetto di cultura a mero epifenomeno dei
vissuti soggettivi di una popolazione in un dato momento;
b) l’analisi di opinioni e atteggiamenti non è affatto slegata dall’interpretazione di strutture di
senso e significato più profonde, quali sono per esempio le configurazioni valoriali diffuse
in una comunità o in una società.
Come ha osservato Sciolla, “quando le proposizioni culturali sono apprese dai soggetti il loro
significato è collocato anche nelle loro menti” (2002, pag. 62, corsivo nostro). In particolare,
“la dimensione cognitiva dei valori rimanda al fatto che essi si presentano come enunciati del
tipo «X è buono», «X è bello» che hanno un senso argomentabile da parte dell’attore
sociale”; quindi non vi è ragione di ritenere che consapevolezza e capacità di argomentare non
si attivino qualora agli stessi soggetti sia chiesto di dichiarare, anche in una indagine survey, in
quale misura essi ritengono che “X sia ammissibile, importante o condivisibile” (ibidem, pag.
64).
Lo studio della cultura politica attuato mediante l’inchiesta, è una tra le possibili opzioni di
ricerca, scorretta a nostro parere solo quando ha ambizioni imperialiste2. Si tratta
dell’accentuazione unilaterale di un punto di vista, così come è una accentuazione unilaterale,
di diverso tipo e egualmente legittima, studiare una cultura, ad esempio, mediante
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l’osservazione di rituali o di identità collettive, o mediante l’esame degli ordinamenti giuridici e
delle scelte organizzative che regolano le istituzioni di una collettività.
E’ certamente vero che gli oggetti e le prassi culturali si collocano su un piano diverso di
manifestazione della realtà rispetto alle disposizioni dei singoli individui (richiedendo peraltro
approcci diversi al loro studio); ma è opportuno evitare una riduzione di uno di questi due
aspetti all’altro se vogliamo cogliere i numerosi aspetti di un sistema culturale3.
L’obiezione mossa allo studio degli aspetti soggettivi della cultura civica si mescola spesso,
impropriamente, alle critiche dello schema teorico proposto da Almond e Verba. Questi
considerano la cultura politica come “l’insieme degli orientamenti psicologici dei membri di una
società nei confronti della politica” (1963, pp. 12-13) e ritengono che tale dimensione
soggettiva stia alla base dell’attività politica; uno dei tre tipi di cultura da loro individuati, la
civic culture, in cui si combinano partecipazione razionale, lealtà e fiducia verso l’autorità,
svolgerebbe una funzione di coesione sociale, orientamento e responsabilizzazione della classe
politica, indispensabile per la stabilità dei regimi democratici. Questa causalità unidirezionale tra
cultura politica (soggettiva) e stabilità del sistema4, ha sollevato numerose obiezioni. Alcuni
critici hanno proposto uno schema che si limita a rovesciare il rapporto di influenza, per cui si
ha produzione di civic culture se, soprattutto in democrazia, alla base vi è una consolidata
situazione di stabilità politica (ad es. Barry, 1970). Altri, come Pateman (1971) hanno invece
sottolineato che le due dimensioni sono interdipendenti. Il confronto ha assunto spesso i toni di
polemica; raramente si è affrontato il nodo cruciale dello studio empirico dei meccanismi
mediante i quali gli aspetti culturali influenzano la riproduzione strutturale e viceversa. Il vero
problema della tesi di Almond e Verba non è quello di limitare l’attenzione all’influenza della
cultura sul sistema politico (punto di vista legittimo, così come quello che focalizza il rapporto
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inverso), bensì il fatto che gli autori non si preoccupano di sottoporlo ad un controllo
empirico. Confrontando le culture dei paesi esaminati con il modello civico, gli autori finiscono
per accertare non la congruenza tra cultura politica e struttura politica, ma la congruenza tra la
cultura rilevata e quella idealtipica. Nelle conclusioni di The Civic Culture si sostiene che la
cultura civica produce stabilità politica perché prevede un equilibrio tra responsivness e potere
delle élite politiche. Ciò significa che tra causa (cultura civica) ed effetto (stabilità politica) si
situa il comportamento dell’élite politica. Tuttavia, Almond e Verba non misurano in alcun
modo questa “variabile interveniente”, ed assumono implicitamente che nei paesi in cui è
diffusa una cultura politica simile a quella ideale l’élite politica sia più sensibile alle richieste dei
cittadini, ed abbia le capacità di soddisfarle (Lijphart 1980, pag. 50). Questa carenza deriva dal
fatto che l’adozione di una prospettiva sistemica porta gli autori ad includere i politici ed il loro
comportamento tra gli oggetti di atteggiamento. Di conseguenza, nella definizione di cultura
civica impiegata da Almond e Verba sono già compresi alcuni dei fenomeni politici che il
modello dovrebbe spiegare.
Tali questioni non verranno ulteriormente esaminate in questa sede; tuttavia ci pareva
necessario ricordarle per chiarire il punto di vista da cui partiamo: focalizzare l’attenzione sugli
‘indizi’ di cultura politica, non implica accreditare a quest’ultima un primato nella riproduzione
dei sistemi sociali. Intendiamo invece riconoscere ai valori, agli atteggiamenti, alle norme
soggettive e alle rappresentazioni sociali il loro contributo nel veicolare le prassi sociali su certi
‘binari’ piuttosto che su altri (per riprendere la celebre metafora di Weber dello scambio
ferroviario): ovviamente, accanto ad altre condizioni, che sono le opportunità e i vincoli
strutturali (oggettivati nelle reti sociali), gli interessi degli attori sociali, nonché le relazioni e le
strutture di dominio.
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1.2 Rilevanza dell’indagine quantitativa per la costruzione di strutture di senso
Una seconda obiezione che occorre affrontare è interna alla scelta di studiare gli aspetti
soggettivi della cultura diffusi in una popolazione. Essa sostiene la non opportunità di ricorrere
a strumenti di indagine come il questionario standardizzato per la rilevazione dei valori (Fideli,
1998); conseguentemente, dichiara inadeguati gli strumenti di analisi basati sulla matrice dati, al
fine di individuare strutture di senso, configurazioni stabili di valori e loro connessioni (Rositi,
1993). E’ incontestabile che lo studio delle connessioni semantiche che organizzano i valori
non si esaurisce in una analisi quantitativa di risposte a item standardizzati. Un raffinamento
delle interpretazioni delle configurazioni valoriali (strutture di senso) sottostanti agli
atteggiamenti espressi verbalmente può essere ottenuto conducendo anche analisi di carattere
qualitativo, per esempio mediante interviste in profondità, e analizzando queste ultime con
tecniche di analisi che partono da un testo piuttosto che da una matrice dati.
Ma occorre anche evitare di scambiare le strutture di senso degli intervistati con le strutture di
senso che guidano un’indagine sociologica. La costruzione di un numero ridotto di dimensioni
latenti per interpretare una batteria di domande attinenti ai valori, va giudicata per la sua
capacità euristica e non per la sua capacità di riprodurre
accuratamente le numerose
configurazioni di valori realmente diffuse in questo o quello strato dell’opinione pubblica. Se
fosse quest’ultimo l’obiettivo, sarebbe facile obiettare che nello studiare l’intera popolazione
dei cittadini italiani, francesi o nordamericani ci troveremmo di fronte a tali e tante combinazioni
di credenze, valori e concezioni della morale da non essere in grado di rappresentarli tutti in
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una mappa sintetica (Converse 1964), a maggior ragione se rilevati con strumenti
estremamente analitici come l’intervista in profondità, i focus group ecc. Anche limitando
l’attenzione ai soli valori di cittadinanza dovremmo comunque ammettere che “gli ideali di
cittadinanza oggi non costituiscono un insieme coerente. Il cittadino riceve, per così dire,
istruzioni tra loro non coerenti. Patriottismo, civiltà, tolleranza e attivismo politico lo tirano in
differenti direzioni. Il primo e l’ultimo richiedono zelo e passione, e stimolano all’eccitamento e
al tumulto nella vita pubblica…Civiltà e tolleranza servono a ridurre la tensione… incoraggiano
la gente a considerare gli interessi come diversi e privati; militano per la quiete e la cittadinanza
passiva” (Walzer 1992, pag. 93).
La ricostruzione delle connessioni tra i valori non deve necessariamente coincidere con quella
che fornirebbero i singoli intervistati se fosse possibile discuterne con ciascuno di loro. Questa
è un’opzione epistemologica e metodologica certamente legittima, che sceglie la via della
conoscenza intensiva di pochi casi e rinuncia alla parsimonia scientifica e allo studio di grandi
popolazioni5. All’opposto si può optare per una impostazione altrettanto lecita, che parte
dall’idea di operare a un livello più generale e astratto per semplificare una realtà vasta e
eterogenea, cogliendo processi su vasta scala e di lungo periodo: ovviamente in questo caso
occorre tenere sempre presente che le semplificazioni imposte dal ricercatore rendono il suo
modello distante dalla realtà fenomenica. Le dimensioni latenti che il ricercatore individua e
interpreta come criteri di organizzazione delle risposte ad un questionario necessariamente
non coincidono con l’infinita molteplicità della realtà empirica. Tuttavia, se questi costrutti
introducono nei dati accessibili all’osservazione un ordine (Lazarsfeld, 1954, p. 352) e se
questo ordine è utile a semplificare la varietà del dato empirico, e quindi a progredire nella
costruzione di modelli teorici sottoponibili a test empirici, allora è difficile non riconoscere la
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loro dignità scientifica. Le connessioni semantiche che individuiamo tra i valori, sono solo
parzialmente il prodotto della reattività dei dati alle tecniche di analisi: il processo cognitivo che
conduce il ricercatore a etichettare le dimensioni latenti si basa in buona misura su informazioni
che egli ricava esternamente alla base dei dati. Stravolgendo il significato di una nota metafora,
si può dire che il bicchiere è in parte vuoto e può essere riempito della capacità interpretativa
del ricercatore; ma resta il fatto che il bicchiere è anche in parte pieno di dati: l’interpretazione
finale nasce da una ‘soluzione’ tra queste componenti, perché i dati hanno una loro ‘rigidità’
intrinseca, non sono cioè plasmabili secondo modalità totalmente arbitrarie.
Il problema è mettere in discussione la validità e l’adeguatezza della struttura latente, e la sua
interpretazione. Quante dimensioni latenti è opportuno costruire su una batteria di variabili
manifeste? La questione non dipende solo dagli aspetti semantici e sintattici delle variabili che
compongono la batteria: occorrerà anche valutare se i fattori costruiti rendono intelligibili altre
variabili costruite nell’inchiesta e se, viceversa, sono resi maggiormente intelligibili da quelle;
così come occorrerà valutare se quegli stessi fattori sono replicabili su un insieme diverso di
casi: evidentemente, pur restando nell’ambito della ricerca idiografica, una struttura latente (nel
nostro caso: principi organizzatori di atteggiamenti) ha una sua utilità se non è totalmente
idiosincratica al campione su cui è stata costruita la prima volta6.
2) L’analisi fattoriale applicata a scale di atteggiamenti: problemi di metodo posti
dal livello di misurazione
L’indagine survey può essere criticata come strumento per lo studio dei fenomeni culturali,
anche a motivo delle difficoltà di rilevare l’effettivo stato dei soggetti intervistati mediante
questionario su proprietà come la morale, l'identità, la fiducia ecc.
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Innanzitutto, va considerata l’obiezione di Asch (1955, trad. it. 1958, pp.620-633), per il
quale le scale di atteggiamento servirebbero solo “a rilevare esempi di quello che le persone
possono dire quando viene loro richiesto di esprimere la propria opinione in una situazione
artificiale”. Come ha osservato Capecchi, ciò non giustifica l’abbandono dell’uso delle scale di
atteggiamento, perlomeno nella ricerca sociologica (generalizzante); “infatti una volta stabilito
che la misura degli atteggiamenti è necessariamente indiretta, la posizione da accettare è quella
di Krech e Crutchfield [...] per i quali lo «scaling» resta di tutti i metodi di misura degli
atteggiamenti e credenze, il più importante, il più ampiamente usato e il più accuratamente
delineato e verificato” (Capecchi, 1962, p. 173, nota 5).
Un’altra obiezione a cui è soggetto l’uso dei dati survey concerne il fatto che tali dati sono
frutto di risposte spesso non veritiere e distorte, a causa di fenomeni come la desiderabilità
sociale, l’acquiescenza, la capacità riflessiva dell’intervistato, la sua incertezza o difficoltà di
risposta di fronte a una domanda complessa o relativa a un argomento ‘sensibile’ senza la
possibilità di argomentare e chiedere ulteriori precisazioni.
Queste fonti di distorsione
riguardano le inchieste in generale, ma in particolare quelle in cui si rilevano atteggiamenti. I
rimedi di cui oggi disponiamo riguardano soprattutto le regole di costruzione del questionario e
di conduzione dell’intervista (Cfr. Gobo, 1997).
Un’ulteriore fonte di distorsione a cui è esposta la misurazione soggettiva, già evidenziata in
psicometria negli anni ’40 dello scorso secolo, è il response style (Cfr. Rorer, 1965); essa è
relativamente indipendente dal contenuto delle domande e consiste in un uso che varia da
soggetto a soggetto delle scale di risposta, siano esse scale Likert, termometri, lineproduction ecc. (Marradi 1995, par. 5.2). C’è chi, ad esempio, tende a usare preferibilmente
le categorie centrali di risposta così come c’è chi tende a usare gli estremi, a prescindere
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(sempre o in parte) dal contenuto dell’item. Oltre a questo effetto di ‘traslazione’ sulla scala di
risposta, dobbiamo poi considerare un effetto di ‘dilatazione’: alcuni soggetti tendono a
utilizzare poche categorie della scala, mentre altri sfruttano tutte le possibilità offerte.
La presenza di idiosincrasie individuali nell’uso degli strumenti di rilevazione è una eventualità
da considerare in sede di analisi dei dati, perché può portare a distorsioni rilevanti sul piano
sostantivo: nell’Analisi Fattoriale esplorativa, alla sopravvalutazione del numero di fattori latenti
necessari per interpretare le relazioni tra variabili manifeste (ad es., in una situazione che è in
realtà unidimensionale queste distorsioni possono portare a estrarre tre fattori: Cfr. Ricolfi,
1999, ‘Appendice metodologica’). Ciò peraltro ha come ulteriore conseguenza negativa un
‘inquinamento’ nei loading dei fattori principali.
Tale problema si accentua, come si può intuire, quando si hanno scale con molte modalità di
risposta: le scale autoancoranti a 10 o a 100 modalità, sono cioè maggiormente soggette al
fenomeno del response style rispetto alle scale ordinali a cinque o sette posti, mentre le
dicotomie non lo sono affatto. Inoltre, il problema si fa sentire maggiormente quando si
analizzano batterie ‘lunghe’, formate cioè da molti item. Per individuare e correggere questa
distorsione, legata allo strumento di misurazione e individuare fattori sostantivi e distinguibili da
un punto di vista semantico, si può ricorrere a speciali procedure di analisi
Un esempio può essere quello di effettuare una diagnostica sui dati da analizzare, individuando
un subset di item per il quale si è già dimostrata in passato la presenza di una sola dimensione
sottostante. Se su questo sottoinsieme, un fattore non è sufficiente a soddisfare i comuni indici
di valutazione (fit) del modello fattoriale, si può ipotizzare che ciò sia dovuto al response style.
Un secondo esempio, questa volta di correzione invece che di diagnostica, è data dalla
‘deflazione’ (Marradi, 1979, 1995); essa consiste in una manipolazione dei dati originari che
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dovrebbe eliminare, o almeno attenuare, l’interazione tra soggetto e strumento; la procedura
ricorda la standardizzazione cioè la doppia operazione di centratura e uniformazione che rende
le variabili scale-free e quindi confrontabili anche quando le loro scale hanno origine e unità di
misura diverse: solo che nel caso della deflazione si opera sulle righe della matrice CxV invece
che sulle colonne, cioè si attuano una centratura e una uniformazione dei profili per fronteggiare
rispettivamente quelli che sopra sono stati definiti gli effetti di ‘traslazione’ e di ‘dilatazione’
nell’uso soggettivo delle scale.
Si tratta di una procedura, come mette in evidenza lo stesso Marradi, applicabile solo quando
si dispone di batterie composte da numerosi item, con polarità invertite e inoltre eterogenei per
contenuto7.
Non sempre si dispone di dati che permettono la diagnostica o l’intervento correttivo secondo
modalità come quelle a cui si è fatto cenno poc’anzi.
Una trasformazione dei dati, sempre possibile, che annulla gli effetti del response style è
l’accorpamento delle modalità di risposta, al limite le dicotomizzazioni. Questa operazione è
però consigliabile solo per effettuare un controllo di massima, ovvero per verificare se,
accorpando, cambia la dimensionalità della struttura latente. L’accorpamento infatti ha almeno
due svantaggi:
- distrugge informazione;
- produce comunque distorsioni, perché l’attribuzione di un soggetto ad una modalità piuttosto
che a una modalità contigua può essere comunque dovuto a response style.
Nel caso delle dicotomizzazioni, occorre poi tenere conto del fatto che l’analisi fattoriale
classica è lineare nei parametri, fatto che può non accordarsi, o portare a risultati paradossali,
se le variabili dipendenti del modello (le variabili manifeste) sono dicotomiche.
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Per concludere sul response style: aldilà di interventi correttivi e diagnostici, occorre almeno
tener presente il rischio di estrarre un numero di fattori eccedenti alle dimensioni sostantive;
nella scelta tra k o k+1 fattori la consapevolezza di questo problema potrebbe, insieme a altre
considerazioni, far propendere verso una maggior parsimonia (anche se come abbiamo visto
ciò può non essere sufficiente, in quanto potrebbero essere gravemente distorti anche i loading
dei fattori sostantivi, con gravi errori interpretativi come conseguenza).
Sempre sul piano dell’analisi dei dati occorre poi ricordare che la rilevazione degli
atteggiamenti avviene perlopiù con scale che, pur essendo considerate per fiat come scale
quasi-cardinali, sono a rigore pur sempre scale ordinali, a meno che non siano dicotomie
(originarie o derivate). In entrambi i casi, ciò ha come conseguenza alcuni effetti indesiderati
per una analisi fattoriale, tra cui:
-
l’attenuazione dell’associazione tra le variabili (rispetto a una ipotetica misurazione con
vere scale cardinali);
-
la non-normalità delle distribuzioni bivariate;
-
la non-linearità delle relazioni tra variabili manifeste e tra variabili manifeste e fattori latenti.
A rigore, tali effetti comporterebbero l’abbandono dell’Analisi Fattoriale Lineare e il ricorso a
tecniche più sofisticate per la costruzione delle dimensioni latenti, ossia a modelli basati sulla
Latent Trait Theory (nota anche come Item Response Theory: Lord, Novick, 1968; Wright,
Stone, 1979; Hambleton, Swaminathan, 1991), sulla Analisi della Struttura Latente
(Lazarsfeld, 1950, 1954 trad. it. 1967; Lazarsfeld, Henry 1968; Gibson, 1959) e sulla Analisi
Fattoriale Non Lineare (McDonald 1962, 1967, 1982; Etezadi-Amoli, McDonald, 1983).
Tuttavia, software che implementino tali tecniche, e che siano adeguatamente testati, sono
difficili da reperire; peraltro la specificazione dei modelli e l’interpretazione dei risultati richiede
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un livello di competenze matematico-statistiche da parte dell’analista decisamente superiori a
quelle, già piuttosto sofisticate, richieste dall’analisi fattoriale lineare. Per chi intende percorrere
le vie consuete, sono disponibili correttivi che spesso rendono legittimo l’uso dell’analisi
fattoriale di tipo lineare (perlomeno come strumento esplorativo) con variabili non cardinali.
Limitandoci al caso delle variabili cosiddette quasi cardinali8, il correttivo più semplice che si
può suggerire è quello di normalizzare le distribuzioni delle singole variabili (Vidotto, Xausa,
Pedon, 1996, pp. 224-6).
Se le distribuzioni dei punteggi osservati sono molto distanti da quest’ultima condizione, il
problema che si pone è la scelta della matrice di input dell’analisi fattoriale. Il calcolo delle
correlazioni prodotto-momento tra variabili ordinali, per quanto robusto rispetto alla violazione
del requisito di cardinalità delle variabili (Labovitz, 1970; O’Brien, 1979) porta di solito a
sottovalutazioni dell’entità della correlazione (in modulo) tra due variabili. Ciò si somma a un
altro effetto di attenuazione delle correlazioni, rappresentato dal fatto che le risposte a
domande relative a atteggiamenti sono caratterizzate da una forte incertezza intrinseca e da un
errore di misurazione piuttosto elevato.
E’ opportuno quindi individuare il tipo più appropriato di matrice di momenti quando si è in
presenza di variabili come queste. Una delle soluzioni più eleganti è stata fornita dal cosiddetto
underlying variable approach, il cui esponente più noto è oggi Karl Jöreskog e che ha come
precursori Karl Pearson e Clyde Coombs. Tale approccio si basa sull’idea che una variabile
ordinale sia una misura grezza di una variabile continua non direttamente misurabile9.
L’informazione contenuta in m misurazioni ordinali, insieme all’assunto che le m variabili
metriche sottostanti abbiano una distribuzione normale standardizzata, può essere utilizzata per
ricostruire i coefficienti di correlazioni tra queste ultime. Una delle procedure tecniche più
18
diffuse tra gli analisti dei dati che implementa questa filosofia, è nota come calcolo delle
correlazioni policoriche (Jöreskog, Sörbom, 1986; Jöreskog, 1994)10.
Inoltre, accade spesso che nella rilevazione di atteggiamenti i punteggi grezzi siano fortemente
concentrati ad un estremo della distribuzione (come vedremo, è quanto accade nel nostro
caso): detto in altri termini, un’ampia frazione del campione risponde utilizzando una categoria
estrema della scala, che assume il nome di categoria ‘pavimento’ se si colloca sul valore più
basso della scala di misurazione (ad es. ‘molto in disaccordo’ in una Likert), oppure di
modalità ‘soffitto’ se molti soggetti si collocano sul valore più alto. Queste variabili sono note
come censored variables e richiedono un trattamento particolare per il loro impiego nel
calcolo di una matrice di momenti (Jöreskog, Sörbom, 1986).
3. I fattori della morale civica: civismo, liberalismo morale, responsabilità sociale.
Un’analisi secondaria dei dati.
Loredana Sciolla ha definito la sfera dei valori morali della cittadinanza come quell’insieme di
“giudizi su ciò che è bene e ciò che è male, giustificabile o ingiustificabile rispetto a un insieme
di atti nei confronti dei beni pubblici e dei diritti della persona” (Sciolla, 1999, p. 282).
E’ proprio a partire da variabili che rappresentano giudizi soggettivi sulla liceità di
comportamenti che si articola la nostra analisi volta a individuare le dimensioni latenti
fondamentali della sfera dei valori di cittadinanza.
Nei paragrafi seguenti commenteremo i risultati di alcune analisi secondarie dei dati condotte
su dati provenienti da:
- European Values Survey (da qui in poi EVS) 1990 – Italia, Francia, Germania ovest,
Germania est, Gran Bretagna;
19
- EVS 1999 – Italia
- Ricerca sulla Cultura Civica in sei Province italiane 1999/2000 – Caltanissetta, Teramo,
Modena, Vicenza, Milano, Torino.
3.1 European Value Survey 1990: Italia, Francia, Germania ovest, Germania est, Gran
Bretagna
Come ha sottolineato Sciolla nell’articolo già citato, la sfera dei valori morali “si presenta assai
più complessa e meno omogenea di quanto si è soliti pensare” (1999, p. 282). In questa
affermazione c’è soprattutto un riferimento critico alle interpretazioni funzionaliste come quella
di Almond e Verba (le critiche all’approccio di questi due autori sono sviluppate più
estesamente in Sciolla, Negri, 1996, e Sciolla, 1997). Analizzando i dati della EVS-1990
relativi all’Italia, la Gran Bretagna, La Francia e le due Germanie (allora da poco riunificate) si
possono evidenziare tre dimensioni sottostanti a un certo numero di atteggiamenti verso:
-
atti lesivi di interessi pubblici, collettivi o privati, che definiamo dimensione del ‘civismo’ in
senso stretto (ovviamente è considerato ‘civico’ un rifiuto di tali atti);
-
comportamenti nella sfera privata tipici di una concezione liberale, che sono oggetto di
disputa circa la loro legittimità dal punto di visto religioso, morale e del diritto; etichettiamo
questa dimensione come ‘liberalismo morale’ (si considera liberale, o persino libertaria,
una posizione che non condanna moralmente questo tipo di comportamenti);
-
comportamenti di assunzione di rischio per sé e per gli altri, propensione a generare
confusione e provocazione, ovvero dimensione del ‘rischio’.
La batteria sottoposta a analisi fattoriale è composta da 24 item relativi a giudizi di
giustificabilità di azioni, rilevati con una scala di valutazione che va da 1 (mai giustificato) a 10
(sempre giustificato); gli argomenti sono:
20
- ottenere dallo Stato benefici a cui non si ha diritto;
- prostituzione;
- non pagare il biglietto sull’autobus;
- aborto;
- evadere (in tutto o in parte) le tasse;
- divorzio;
- comprare oggetti rubati;
- avere uno scontro con la polizia;
- guidare senza permesso l’auto di altri (joyriding);
- eutanasia;
- usare marijuana o hashish;
- suicidio;
- tenersi del denaro trovato;
- non segnalare il danno fatto a auto in sosta;
- dire il falso nel proprio interesse;
- minacciare i lavoratori che non scioperano;
- avere relazioni con persona sposata;
- uccidere per difendersi;
- relazioni sessuali tra minorenni;
- uccidere per motivi politici;
- accettare bustarelle nell’adempiere il proprio dovere; - disperdere rifiuti nell’ambiente;
- omosessualità;
- guidare in stato di ubriachezza.
Con l’ausilio di alcune tabelle si cercherà ora di chiarire il contenuto semantico dei fattori
estratti (tabelle 1a e 1b); verranno inoltre forniti i necessari dettagli tecnici sulle modalità con
cui è stato specificato il modello.
[inserire tabb. 1.a e 1.b]
Le scelte operate sono uguali per tutte le analisi qui riportate, con una unica eccezione relativa
al campione della Germania dell’est, per il quale si è semplicemente variato l’angolo di
rotazione della soluzione fattoriale al fine di migliorarne l’interpretabilità.
La matrice di input è sempre una matrice di correlazioni prodotto-momento, calcolate con il
programma PRELIS su 18 variabili di tipo ordinale normalizzate11 e 6 censored. Sono state
considerate below censored quelle variabili che presentano almeno il 70% dei casi nella
modalità “1” del termometro (che va da 1 a 10)12.
Il metodo di estrazione dei fattori utilizzato è quello dei minimi quadrati non pesati, cioè la
soluzione Minres proposta da Harman e Jones (1966); i motivi di tale scelta sono
essenzialmente tre:
- questo metodo non richiede una distribuzione normale multivariata delle variabili osservate;
21
- non è richiesta la stima previa delle comunalità (operazione carica di arbitrarietà e quindi da
evitare se possibile);
- la funzione obiettivo del metodo minimizza lo scarto tra correlazioni riprodotte e correlazioni
osservate: ciò è congruente con il nostro interesse di fornire un modello che interpreti le
connessioni tra le variabili, mentre riteniamo secondaria la quantità di varianza delle variabili
manifeste che i fattori spiegano13 (come accade spesso nella ricerca sociale, gli indicatori
hanno una parte residua molto ampia rispetto a quella indicante). Per la rotazione è stata
utilizzato il metodo direct oblimin, in quanto era nelle nostre aspettative che questi fattori
avessero ampie aree di sovrapposizione semantica e che quindi fossero correlati. In effetti, in
tutti i casi le correlazioni tra fattori risultano elevate14.
Con la stessa parametrizzazione si è proceduto anche all’estrazione di due soli fattori. La
soluzione a tre fattori infatti, pur essendo soddisfacente sul piano della riproduzione fedele
della matrice di correlazioni15 in quattro Paesi su cinque, produce un fattore non
sovradeterminato (Cfr. Comrey, Lee, 1992, trad. it. 1995) nella Germania dell’est. Con la
soluzione a due fattori, si ottiene in tutti Paesi una netta distinzione tra una dimensione del
‘liberalismo’ e una dimensione che si potrebbe definire ‘responsabilità’ su cui saturano le
variabili dei fattori ‘civismo’ e ‘rischio’ della soluzione a tre (peraltro ‘civismo’ e ‘rischio’ sono
fortemente correlate seppur distinguibili, anche nella soluzione a tre fattori). Tuttavia, la
soluzione a due fattori è notevolmente peggiore dal punto di vista della capacità del modello di
riprodurre fedelmente le correlazioni tra le variabili16, come si può vedere dai valori dell’indice
‘fedeltà’ riportati in tabella 2:
[inserire tab. 2]
3.2 European Value Survey 1999: Italia, macroaree geopolitiche
22
Ci si può chiedere se la struttura dei valori di cittadinanza mostri una certa stabilità temporale.
Per verificarlo abbiamo innanzitutto testato il modello fattoriale a tre dimensioni sui dati EVS –
Italia 1999, verificando nel contempo se tale struttura risulti sostanzialmente invariata a livello
subnazionale. Abbiamo pertanto proceduto anche all’applicazione del modello sugli stessi dati
ma questa volta sudddividendo il campione nazionale in cinque sub-aree territoriali (oltreché
culturali): Nord-Ovest, Nord-Est, Regioni Rosse, Centro-Sud, Sud e Isole 17.
Il questionario dell’ultima rilevazione EVS – Italia 1999 è in buona misura sovrapponibile a
quelli precedenti poiché lo studio del mutamento dei valori è uno dei principali scopi del
progetto di ricerca da cui dipendono le indagini europee. Nella batteria che impieghiamo per le
analisi fattoriali sono stati inseriti 16 dei 24 item originari. Dei rimanenti soltanto 6 sono stati
sostituiti, alcuni con item che possono essere considerati equivalenti, ossia indicatori della
medesima proprietà latente, mentre altri riguardano un tema di attualità che non era mai stato
considerato nelle indagini: la bioetica. Nel questionario EVS – Italia 1999 la batteria è quindi
composta da 22 giudizi di giustificabilità, anziché 24. La tabella 3 mostra la composizione delle
due batterie, evidenziandone le parti in comune; per chiarezza, i nuovi item sono stati riportati
in forma estesa.
[Inserire tabella 3]
I due item relativi alla manipolazione genetica degli alimenti e alle sperimentazioni sugli embrioni
umani presentano delle specificità molto marcate: hanno un livello di difficoltà superiore al resto
della batteria, e si riferiscono ad un ambito di contenuto (la bioetica) piuttosto diverso da quelli
affrontati negli altri item18. In secondo luogo, effettuando alcune analisi preliminari sull’intera
batteria si è appurato che la comunalità dei due item in questione è piuttosto bassa, e in ogni
23
caso inferiore a quella dei restanti indicatori19. Per tali ragioni si è quindi preferito ignorare gli
item relativi alla bioetica e stimare il modello fattoriale sui primi 20 giudizi di giustificabilità.
Inoltre, al fine di massimizzare la comparabilità con le analisi svolte sui dati EVS del 1990, il
modello fattoriale è stato stimato impiegando le stesse specificazioni: matrice di correlazioni
policoriche20, metodo di stima Minres e rotazione obliqua dei fattori. I risultati sono presentati
nella tabella successiva.
[inserire tabella 4]
L’adattamento del modello ai dati è soddisfacente perché, come si può osservare dagli indici
diagnostici riportati nella tavola, la percentuale di correlazioni riprodotte che si discostano da
quelle osservate in una misura superiore allo 0,05 è soltanto del 10% (vedi REPR). I tre fattori
spiegano circa il 41% della variabilità degli indicatori manifesti, ma il modello non è molto
parsimonioso, e ciò spiega perché l’indice di rendimento, che è una valutazione del rapporto
tra varianza spiegata e numero di fattori estratti, è soltanto pari a 2,8 (in sostanza i benefici
ottenuti sono quasi il triplo dei costi sostenuti per aver adottato una soluzione a 3 fattori).
Tuttavia, come già detto, il criterio della varianza spiegata non è pertinente ai nostro obiettivi,
perché non ci interessa riprodurre le risposte manifeste, bensì interpretarne i nessi. E’ per
questo motivo che abbiamo escluso la soluzione con due soli fattori, che è più parsimoniosa
ma meno adatta a render conto delle correlazioni tra le variabili manifeste21.
Come si può notare, nonostante la composizione della batteria sia in parte variata rispetto al
1990, il significato delle tre dimensioni latenti resta il medesimo. Gli item che saturano sul
primo fattore riguardano comportamenti che hanno a che fare con il denaro e l’interesse
24
personale, e una loro accettazione implica trarre un vantaggio che procura un danno allo Stato,
o agli interessi collettivi.
Il secondo fattore include invece una serie di comportamenti che sono espressione delle libertà
e dei diritti individuali legati alla sessualità, alla famiglia e al corpo. Chi li ritiene giustificabili
crede che ciascuno possa disporre pienamente di sé, sino al punto di porre termine alla
propria vita (eutanasia, suicidio) a dispetto del corso naturale dell’esistenza. Si tratta di un
orientamento fortemente libertario che può anche essere concepito come “immorale” da
coloro che, al contrario, sostengono il valore dell’istituzione matrimoniale, rifiutano l’aborto, la
sessualità occasionale e i rapporti omosessuali. Ma l’intransigenza rispetto ai costumi sessuali
non esaurisce la posizione di questi soggetti che, in ultima analisi, può essere interpretata come
un rifiuto a violare “la natura delle cose”, la sacralità del corpo, della vita e dell’amore.
L’ultima dimensione da interpretare è quella che emerge dai giudizi di giustificabilità relativi ad
un insieme di comportamenti che, oltre a costituire una violazione delle leggi dello Stato,
comportano una assunzione di rischio: guidare ubriachi, superare i limiti di velocità, assumere
droghe leggere e, in codominio con il fattore del civismo, accettare una bustarella. Ad
eccezione di quest’ultimo, si tratta inoltre di comportamenti che non procurano alcun vantaggio
personale, e dunque non possono essere giustificati in base ad un ragionamento utilitaristico.
Nel complesso sono condotte che possono arrecare un danno a chi le compie e agli altri, e
quindi legittimarle equivale ad ignorare le conseguenze che ne possono derivare.
Nel complesso, i risultati offrono degli indizi piuttosto solidi in favore di una stabilità temporale
della configurazione tridimensionale: anche a distanza di circa dieci anni dalla precedente
rilevazione, e nonostante i cambiamenti dello strumento di raccolta dei dati, i giudizi di
giustificabilità si strutturano lungo tre dimensioni morali che è plausibile continuare ad
25
interpretare come ‘civismo’, ‘liberalismo morale’ e ‘rischio’. La stabilità e la capacità euristica
della soluzione fattoriale possono essere ulteriormente rafforzate se si considera che:
(1) nello stesso periodo storico risultati del tutto analoghi sono stati ottenuti da Ricolfi, il
quale, pur utilizzando un altro campione e un diverso set di indicatori, è giunto ad
affermare che “i cittadini italiani abitano lo stesso spazio morale” (2002, pag. 20) e
questo si struttura in tre assi fondamentali, che possono ragionevolmente essere
interpretati
come
“self
interest/civismo”,
“libertarismo/integrismo”
e
“responsabilità/solidarietà” 22;
(2) la struttura fattoriale resta sostanzialmente identica anche quando, per eliminare gli
eventuali response style, i giudizi di ammissibilità vengono dicotomizzati.
(3) il modello tridimensionale resta tale anche se applicato a livello sub-nazionale.
La ‘tenuta’ di uno spazio tridimensionale a livello sub-nazionale è stata controllata attraverso
un modello fattoriale confermativo, stimato con la procedura LISREL23 (Linear Structural
Relationship, Joreskog 1973). Per la verifica si è quindi utilizzata soltanto la parte di equazione
strutturale dedicata alla misurazione delle variabili latenti esogene, che è stata specificata
imponendo un modello in cui i nessi di indicazione dei fattori latenti sugli indicatori manifesti
sono tutti vincolati in modo da riprodurre la struttura emersa con la procedura esplorativa.
[inserire tabella 5]
Se ci limitiamo a considerazioni puramente sintattiche, dobbiamo constatare che l’esito del test
non è totalmente soddisfacente, perché i valori degli indici sintetici che misurano il
disadattamento tra la matrice di correlazioni osservata e quella riprodotta dal modello non
rispettano alcuni standard tipicamente ritenuti sintomatici di una buona soluzione (Testa, 1998;
26
Primi, 2002). Lo scostamento dai valori soglia è comunque contenuto24 e, considerata la
severità dei vincoli imposti alla struttura dei dati, ci sentiamo giustificati a ritenere che, anche a
livello dei singoli insiemi territoriali, il modello tridimensionale permette di render conto in
maniera sufficientemente accurata degli orientamenti morali inerenti i diritti individuali, il bene
pubblico e le regole di convivenza civile. Infatti, sebbene taluni degli item che hanno la maggior
saturazione sui tre fattori varino in corrispondenza delle singole macroaree, l’interpretazione
complessiva delle dimensioni non cambia. Così, ad esempio, mentre nelle “regioni rosse” tutti
gli item relativi alla dimensione di liberalismo morale hanno una saturazione elevata (>0.6), nel
sud e nelle isole gli item che risultano maggiormente collegati alla stessa dimensione riguardano
soprattutto la sfera sessuale (rapporti occasionali e adulterio) ma, nell’insieme, il contenuto del
fattore continua ad essere legato alle libertà individuali e all’autodeterminazione. Si tratta quindi
di scostamenti che non modificano il significato e la capacità euristica della soluzione
tridimensionale.
3.3 Ricerca sui valori civili in sei province italiane 1999-2000
Per approfondire lo studio dei valori di cittadinanza in Italia possiamo infine considerare
i dati di una recente ricerca sulla cultura civica in sei province: Caltanissetta, Teramo, Modena,
Vicenza, Milano, Torino.
Nel questionario utilizzato in questa ricerca sono stati utilizzati molti degli item che nella analisi
secondaria dei dati della EVS contribuivano a individuare i tre fattori della morale. Alcuni sono
stati eliminati per il loro scarso contributo o ambiguità; altri sono stati aggiunti, e precisamente
la giustificabilità dei seguenti comportamenti:
- assentarsi dal lavoro quando non si è realmente ammalati
27
- scommettere forti somme in giochi d’azzardo
- fare a botte per farsi valere
- fecondazione artificiale
- rapporti sessuali con sconosciuti senza preservativo.
Preliminarmente si è proceduto a controllare se la distribuzione dei giudizi di giustificabilità è
analoga nei sei insiemi territoriali considerati. L’esame delle frequenze di risposta non ha segnalato
differenze rilevanti, com’è possibile osservare nella tabella 6, in cui, per brevità, è riportata solo la
“bassa giustificabilità”.
[inserire tab. 6]
Nell’effettuare la stima del modello fattoriale si è imposta a priori l’estrazione di tre dimensioni,
per verificare se la struttura latente ricalcava quella già individuata applicando l’analisi fattoriale
ai dati sopracitati dell’EVS. Anche il tipo di correlazioni in input (in questo caso tra 7 variabili
ordinali normalizzate e 13 censored), le modalità di estrazione e di rotazione sono le stesse.
Come si vede nella tab. 6, i risultati dell’analisi fattoriale condotta sulle sei province,
considerate dapprima complessivamente e poi separatamente, confermano le nostre
aspettative perché permettono di individuare le tre dimensioni della morale già emerse dalla
duplice analisi dei dati EVS25. Il risultato non soddisfa appieno le aspettative, in quanto non si
riscontra esattamente la stessa struttura in tutte le sei province prese singolarmente. In
particolare, nel campione di Teramo non emergono distintamente le dimensioni del civismo e
del rischio.
Le differenze possono essere dovute a una effettiva diversità nella struttura latente, ma
potrebbero anche essere dovute al rumore che è presente nei dati (i cui effetti rendono spesso
instabili le stime dei parametri, soprattutto in campioni piccoli come quelli qui considerati).
28
Abbiamo pertanto condotto una multisample factor analysis con il programma LISREL26, per
verificare se è plausibile ipotizzare una sostanziale uguaglianza della struttura latente (risultati
riportati in tab. 7).
[inserire tabb. 7a, 7b e 8]
Tutti i loading risultano statisticamente significativi, anche per la provincia di Teramo (t-values
> 1.96).
L’analisi ha dato buoni risultati anche da un punto di vista del fit complessivo: il chi quadrato
presenta un valore di 2356.75 con 1002 gdl; il rapporto tra queste due quantità (pari a 2.20) è
dunque decisamente inferiore a 3, soglia massima accettabile secondo Carmines e McIver
(1981)27.
4. Conclusioni
I dati della EVS del 1990, relativi a cinque Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Francia e le
due Germanie ancora divise) hanno permesso di identificare tre dimensioni fondamentali della
morale di cittadinanza, attorno alle quali sembrano organizzarsi vari tipi di atteggiamenti: si
tratta delle dimensioni etichettate come ‘liberalismo’, ‘civismo’ e ‘rischio’. Solo per il
campione della Germania orientale siamo giunti a considerare il rischio e il civismo come due
facce della stessa medaglia (e quindi fuse in una sola dimensione latente).
Le tre dimensioni si ripresentano sostanzialmente identiche anche nella EVS – Italia – 1999
(intero campione nazionale e campione suddiviso in 5 sub-aree) e nell’indagine condotta in sei
province italiane nel 1999/2000.
29
I fattori evidenziati sono interpretabili sostantivamente come nuclei di valori morali, grazie alla
presenza di variabili marker ma anche alla coerenza con cui le variabili di domini semantici
diversi sono caricate su diversi fattori.
Un effetto di desiderabilità sociale è certamente presente in molti degli argomenti trattati nelle
interviste. Tuttavia, ciò non dovrebbe costituire un problema eccessivo dal nostro punto di
vista, essendo l’obiettivo principale quello di rilevare pattern culturali ideali, ovvero quei
comportamenti che in linea di principio sono ritenuti desiderabili in una certa società dai suoi
membri; il fatto che nella formulazione della riposta, alcuni individui si conformino alle norme
della maggioranza o del loro principale gruppo di riferimento, rappresenterebbe un problema
se fossimo interessati a rilevare comportamenti effettivi o opinioni private, mentre non ci pare
che lo sia per un’indagine sui valori diffusi nella pubblica opinione.
Infine, il problema del response style, cioè del diverso utilizzo da parte dei soggetti della scala,
dovrebbe essere in parte neutralizzato, perlomeno nella sua componente di traslazione,
dall’elevato grado di consenso sull’ammissibilità di certi comportamenti (alla cui base stanno
alcuni valori centrali della convivenza civile). Infatti, nelle indagini da noi considerate, la grande
maggioranza dei soggetti ha utilizzato poche posizioni della scala da 1 a 10 per gran parte degli
item proposti, come si può vedere nella tabella 5.
Prove condotte sugli item dicotomizzati ci hanno rafforzati nella convinzione che i fattori nella
soluzione a tre dimensioni sono sostantivi. Un ulteriore e importante indizio in tal senso si trova
nella già menzionata ricerca condotta da Ricolfi (2002), il quale non soltanto ha individuato una
struttura morale a tre fattori, ma ha inoltre attribuito ad essi un significato del tutto analogo alla
nostra interpretazione dei valori di cittadinanza. L’autore ha a disposizione molte più
informazioni di quante offre la sola batteria da noi utilizzata, e pertanto può approfondire
30
l’interpretazione della dimensione “rischio”, cogliendone l’intensione in termini di opposizione
tra solidarietà e responsabilità. Resta comunque il fatto che le prime due dimensioni morali da
egli individuate sono del tutto analoghe a quelle emerse nelle analisi qui presentate e ciò, a
nostro avviso, costituisce un prezioso elemento a sostegno della validità esterna e sostantiva
della struttura tridimensionale.
Si è tenuto comunque tenuto conto del rischio di eccesso di dimensionalità privilegiando una
soluzione più parsimoniosa di quanto ci avrebbero suggerito i criteri meramente formali di
valutazione del modello.
Il fatto che l’analisi fattoriale, condotta distintamente in diversi contesti spaziali e temporali
porti a risultati molto simili, non deve indurre a ritenere che nella maggior parte delle ‘teste’
delle persone intervistate, vi siano delle strutture organizzative (consapevoli o meno) degli
atteggiamenti simili a quelle qui evidenziate28. L’imposizione di una struttura latente, se non fa
troppo a pugni con i dati, può però dimostrarsi utile nell’interpretazione di fenomeni così
complesso e articolato come quello qui trattato. Se essa si dimostra capace di interpretare
situazioni empiriche molto diverse, come se le relazioni tra variabili manifeste fossero
governate dai costrutti ipotetici individuati, assume a nostro parere un’utilità euristica, come è
stato sostenuto da altri ben più autorevolmente (Lazarsfeld, 1954, Ricolfi, 1992).
L’interpretazione dei fattori dei valori di cittadinanza può ovviamente essere arricchita
individuando le eventuali associazioni (o anche le assenze di relazione attese) con altre variabili
di interesse: l’identità territoriale, la fiducia interpersonale e nelle istituzioni, la religiosità ecc. I
fattori qui individuati possono essere essi stessi variabili interpretative di altre dimensioni, per
esempio le varie forme di partecipazione politica29. Una spiegazione adeguata della formazione
di identità sociali, delle pratiche sociali, degli stili di vita ecc., deve comunque tenere in
31
considerazione i valori che stanno alla base (seppur diversamente declinati) di norme e di
regole di comportamento; questo vale in qualsiasi ambito, e certamente anche nell’ambito di
fenomeni concernenti la cultura politica30.
Ovviamente, la conoscenza prodotta da tali indagini ha un valore idiografico: non siamo certo
di fronte alla scoperta di leggi astratte e universali. Tuttavia, se ha senso parlare di
configurazioni di valori, cioè di un prodotto di lunga durata di una convivenza politica, non è
neanche pensabile che le sue dimensioni salienti possano variare nell’arco di pochi mesi o
anche di pochi anni. Anche a nome dei colleghi che condividono questo percorso di ricerca,
vorrei dire che ciò che ci ha spinti a utilizzare dati survey è l’idea, fortemente sostenuta da una
certa tradizione di ricerca in misura almeno pari di quanto è contestata da altri, che le opinioni,
pur nella loro instabilità (soprattutto per l’incertezza intrinseca che caratterizza la misurazione di
atteggiamenti) forniscono indizi di atteggiamenti e valori ben più stabili.
In secondo luogo la nostra scelta non deriva da una credenza nella superiorità dell’analisi
quantitativa rispetto a quella qualitativa, bensì dall’interesse anche per una rappresentazione
di insieme degli orientamenti valoriali diffusi attinenti ad alcuni aspetti della morale pubblica e
privata. Non pretendiamo che ciò esaurisca il problema da un punto di vista empirico, ma
speriamo, molto più umilmente, di aver (ri)proposto alcune questioni rilevanti su cui si possa
aprire una discussione teorica e metodologica a tutto campo.
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38
Tabella 1a - Analisi esplorativa su dati EVS 1990.
Totale (5 Paesi)
Italia
Francia
Fattori latenti
Civismo
Liberal.
Rischio Civismo
Liberal.
Rischio Civismo
Liberal.
Rischio
Variabili manifeste
Evadere tasse
Mentire
Tenere denaro trov.
Acquistare cose rubate
Abuso benefici statali
No biglietto tram
Accettare bustarelle
Divorzio
Aborto
Omosessualità
Prostituzione
Suicidio
Eutanasia
Relaz. extraconiugali
Sex tra minori
Uccidere per difesa
Scontro con polizia
Gettare rifiuti
Guidare ubriachi
Joy-riding
Minacciare lavoratori
Usare hashish
Assassinio politico
Danno auto
N° casi:
Varianza spiegata:
Rendimento
Repr:
.67
.64
.59
.49
.50
.49
.33
.31
.78
.72
.67
.60
.54
.53
.44
.40
.40
.32
6144
37.2%
2.98
9%
.34
.55
.50
.47
.48
.38
.38
.39
.63
.59
.49
.45
.56
.50
.40
.66
.71
.72
.56
.45
.58
.48
.85
.75
.67
.56
.51
.67
.52
.52
.40
.42
.32
.34
1600
38.2%
3.06
10%
.79
.73
.80
.69
.64
.51
.50
.46
.31
(-.26)
.30
.45
.58
.47
.39
.51
.49
.32
(.29)
(.28)
.59
.42
.42
.44
(.28)
(.29)
.39
854
38.6%
3.09
15%
Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore è
riportato tra () quello con valore assoluto massimo; i loading del fattore ‘liberalismo’ nelle colonne ‘totale’, ‘Italia’, ‘Francia’ e
del fattore ‘rischio’ nella colonna ‘totale’ e ‘Italia’, sono stati riflessi.
39
Tabella 1b - Analisi esplorativa su dati EVS 1990.
Germania ovest
Gran Bretagna
Germania est (*)
Fattori latenti
Civismo
Liberal.
Rischio Civismo
Liberal.
Rischio Civismo
Liberal.
Rischio
Variabili manifeste
Evadere tasse
Mentire
Tenere denaro trov.
Ricettazione
Abuso benefici
No biglietto
Bustarelle
Divorzio
Aborto
Omosex
Prostituzione
Suicidio
Eutanasia
Relaz. extraconiug.
Sex tra minori
Uccidere per difesa
Scontro con polizia
Inquinare
Guidare ubriachi
Joy-riding
Minacciare lavorat.
Usare hashish
Assassinio politico
Danno auto
N° casi:
Varianza spiegata:
Rendimento
Repr:
.71
.64
.52
.51
.45
.39
.30
.74
.68
.55
.54
.48
.59
.31
.62
.47
.48
.58
.55
.57
.49
.42
.78
.69
.78
.70
.59
.36
.42
.47
.42
.35
.71
.74
.61
.61
.49
.54
.40
(.24)
.69
.66
.61
.54
.47
.41
.35
.39
.48
.31
.32
.43
.31
.63
.51
.44
.55
.36
.39
.62
1383
40.2%
3.22
11%
.36
.43
.33
.53
.59
.45
.38
.30
-.33
.49
1274
37.8%
3.02
13%
.34
.50
.55
.65
.35
.58
(.19)
.51
1033
35.2%
2.82
13%
Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore è
riportato tra () quello con valore assoluto massimo; i loading del fattore ‘civismo’ nella colonna ‘Germania ovest’ e
‘Germania est’, e del fattore ‘liberalismo’ nella colonna ‘Germania ovest’ sono stati riflessi.
(*) Parametro delta di rotazione Oblimin: -1.
Tabella 2 – Indici di valutazione della soluzione a tre fattori
Fedeltà
Varianza spiegata
Totale (5 Paesi)
16%
34.8%
Italia
22%
34.9%
Francia
24%
35.3%
Germania ovest
22%
37.1%
Germania est
19%
32.4%
Gran Bretagna
19%
35.3%
Rendimento
2.78
2.79
2.82
2.97
2.59
2.82
40
Tabella 3 – Composizione della batteria sui valori: EVS 1990 e 1999
Composizione della batteria:
Abuso benefici
No biglietto
Evadere tasse
Ricettazione
Joyriding
Usare Hashish
Denaro trovato
Mentire
Relazioni Extraconiugali
Sesso tra minori
Bustarelle
Omosessualità
Prostituzione
Aborto
Divorzio
Scontro Polizia
Eutanasia
Suicidio
Danno auto
Minacce lavoratori
Uccidere per difesa
Assassinio politico
Inquinare
Guidare ubriachi
Pagare in contanti per evitare la fattura
Avere rapporti sessuali occasionali
Guidare oltre i limiti di velocità consentiti
Fumare in luoghi pubblici
Manipolazione genetica degli alimenti
Manipolazione genetica degli embrioni umani
In evidenza: item comuni alle due indagini.
1990
X
X
X
X
X
X
X
X
X
1999
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
41
Tabella 4 - Analisi esplorativa su dati EVS 1999 - Italia.
Fattori latenti
Rischio Liberalismo
Civismo
Indicatori manifesti
Guidare ubriachi
Gettare rifiuti in luoghi pubblici
Non pagare il biglietto sui mezzi pubblici
Guidare oltre i limiti di velocità consentiti
Joyriding
Fumare in luoghi pubblici
Divorzio
Aborto
Omosessualità
Eutanasia
Rapporti sessuali occasionali
Prostituzione
Assumere hashish
Avere relazioni extraconiugali
Suicidio
Evadere le tasse
Abuso di benefici
Pagare in contanti per evitare la fattura
Mentire nel proprio interesse
Accettare una bustarella
.64
.62
.50
.37
.39
.29
.82
.75
.67
.60
.52
.48
.45
.45
.41
.37
-.89
-.53
-.48
-.36
-.34
.30
Correlazioni tra i fattori Rischio
Rischio
1
Liberalismo .337
Civismo -.483
Liberalismo
Civismo
1
-.236
1
Rotazione: oblimin diretto con δ=-1
% di varianza spiegata: 40.86
REPR: 10%
Rendimento: 2.8
Parsimonia: 58%
N= 1947
42
Tabella 5 –LISREL-Multisample (EVS Italia 1999 – subaree).
NORD OVEST
Fattori latenti
Indicatori manifesti
Abuso benefici
Evadere le tasse
Mentire nel proprio interesse
Accettare una bustrarella
Pagare in contanti per evitare la fattura
Omosessualità
Aborto
Divorzio
Eutanasia
Prostituzione
Suicidio
Adulterio
Avere rapporti sessuali occasionali
Gettare rifiuti in luoghi pubblici
Joyriding
Guidare ubriachi
Assumere hashish
Guidare oltre i limiti di velocità consentiti
Non pagare il biglietto sui mezzi pubblici
Fumare in luoghi pubblici
N
Coefficiente di determinazione
GFI
RMSR
In evidenza: saturazioni >.6
Civismo Liberal.
NORD EST
ROSSE
CENTRO SUD
SUD E ISOLE
Rischio Civismo
Liberal. Rischio Civismo
Liberal. Rischio Civismo
Liberal. Rischio Civismo
.55
.47
.78
.61
.64
.61
.57
.77
.49
.68
.61
.66
.64
.59
.77
.65
.51
.69
.56
.49
.43
.57
.75
.58
.67
.46
.63
.63
.60
.62
.54
.67
.74
.60
.64
.68
.63
.73
.73
.76
.84
.46
.48
.57
.67
.61
.66
.42
526
.980
.950
.076
.54
.55
.68
.49
.69
.54
.72
.80
.54
.50
.57
.70
.60
.71
.48
228
.956
.987
.080
.51
.59
.66
.58
.67
.49
.60
.72
.62
.52
.64
.71
.60
.74
.56
345
.986
.963
.074
Liberal. Rischio
.58
.58
.59
.59
.54
.53
.65
.65
.51
.50
.55
.59
.59
.73
.43
413
.983
.957
.073
.48
.42
.63
.65
.49
.66
.50
436
.978
.948
.075
43
Tabella 6. Bassa giustificabilità (da 1 a 5 su una scala a 10 punti, dati in percentuale)
assenteismo 10D
tenere soldi trov.10H
ricettazione10A
no biglietto10L
abuso benefici10G
mentire15H
evadere tasse15G
giochi azzardo10E
fare a botte10B
divorzio15A
omosex10I
fecond.artific. 10F
aborto10C
eutanasia15D
guidare ubriachi15C
sex senza protez.15I
joyriding15L
uso stupefacenti15B
prostituzione15F
scontro polizia15E
Totale
CL
TE
MO
VI
MI
TO
97.3
84.8
98.3
95.0
97.8
94.1
93.0
97.4
96.2
48.6
66.3
77.0
8.3
81.5
99.8
98.3
99.2
97.9
95.7
97.0
98.2
87.4
100.0
96.3
95.4
95.0
95.7
98.4
94.7
54.9
71.9
79.5
85.8
86.8
99.8
99.5
99.3
99.0
95.9
97.2
96.0
84.4
96.7
93.0
98.0
91.9
91.9
97.9
95.0
49.2
65.7
77.7
82.0
83.1
100.0
98.5
99.2
97.7
96.4
96.6
97.2
78.3
98.3
94.8
98.6
95.0
93.3
96.0
98.1
39.8
58.4
70.0
71.0
75.9
99.5
96.1
98.8
97.0
95.2
97.5
97.7
89.5
98.1
96.0
99.1
91.3
91.3
97.4
96.9
5.9
69.4
8.9
82.7
8.6
99.7
99.0
99.6
97.7
95.4
96.6
96.4
81.1
96.2
92.4
98.4
91.9
91.4
96.4
96.0
34.6
46.7
65.4
69.2
66.3
99.2
95.4
98.6
92.6
90.4
94.4
92.6
81.1
97.2
91.3
95.6
92.8
91.1
96.8
95.8
31.4
51.3
68.2
64.7
69.9
99.6
97.4
99.2
94.8
93.2
93.2
44
Tabella 7a – Analisi esplorativa su dati Cultura Civica in 6 province italiane 1999/2000.
Totale (sei province)
Caltanissetta
Teramo
Modena
Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio
Fattori latenti Civismo
Indicatori manifesti
assenteismo 10D
tenere soldi trov.10H
ricettazione 10A
no biglietto10L
abuso benefici10G
mentire15H
evadere tasse15G
giochi azzardo10E
fare a botte10B
divorzio15A
omosex10I
fecond.artific. 10F
aborto10C
eutanasia15D
guidare ubriachi15C
sex senza protez.15I
joyriding15L
uso stupefacenti15B
prostituzione15F
scontro polizia15E
N° casi:
Varianza spiegata:
Rendimento:
Repr:
.58
.50
.52
.54
.58
.51
.48
.33
(.26)
(.26)
.66
.49
.40
.53
.39
.44
.34
.39
(.23)
.68
.62
.57
.61
.46
.32
2435
33.7%
2.25
3%
.43
.44
.38
.33
.30
.48
.42
.60
.30
(.17)
.34
.63
.59
.52
.49
.67
.52
.46
.57
.42
.32
.38
.40
.57
.70
.41
.40
.54
.54
.41
.35
.32
(.21)
.44
.45
.34
.60
.40
(.22)
400
26.1%
1.74
18%
.74
.56
.54
.39
.36
.59
.58
.60
.56
.49
(.23)
.61
.47
.33
.33
.31
(.26)
406
28.3%
1.89
24%
.78
.64
.61
.49
.39
.41
433
35.0%
2.33
17%
Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore si è riportato tra () quello con valore
assoluto massimo. Sono stati riflessi i loading del fattore rischio delle colonne ‘Totale’ e ‘Vicenza’, e i loading del fattore liberalismo della colonna Caltanissetta.
45
Tabella 7b – Analisi esplorativa su dati Cultura Civica in 6 province italiane 1999/2000.
Fattori latenti Civismo
Vicenza
Milano
Torino
Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio
Indicatori manifesti
assenteismo 10D
tenere soldi trov.10H
ricettazione 10A
no biglietto10L
abuso benefici10G
mentire15H
evadere tasse15G
giochi azzardo10E
fare a botte10B
divorzio15A
omosex10I
fecond.artific. 10F
aborto10C
eutanasia15D
guidare ubriachi15C
sex senza protez.15I
joyriding15L
uso stupefacenti15B
prostituzione15F
scontro polizia15E
N° casi:
Varianza spiegata:
Rendimento:
Repr:
.52
.51
.67
.54
.49
.37
.31
.30
.30
(.25)
.66
.62
.57
.65
.58
(.27)
.34
(.25)
(.24)
.35
(.25)
405
32.6%
2.17
16%
.41
.38
.55
.59
.69
.58
.56
.55
.43
.61
.58
.54
.72
.49
.56
.53
.54
.40
.31
.52
.52
.66
.67
.57
.44
.37
(.29)
390
38.0%
2.54
17%
(.26)
.68
.57
.61
.61
.42
.74
.63
.55
.60
.37
.42
(.29)
.32
.53
(.25)
(.29)
(.22)
401
37.0%
2.47
13%
(.26)
.46
(.25)
.74
.45
.30
Sono riportati i loading che hanno un valore ≥ |.30|; se tutti i loading di una variabile manifesta sono inferiori a tale valore si è
riportato tra () quello con valore assoluto massimo. Sono stati riflessi i loading del fattore rischio delle colonne ‘Vicenza’, ‘Milano’
e ‘Torino’.
46
Tabella 8. LISREL-Multisample (cultura civica in 6 province).
Caltanissetta
Teramo
Modena
Vicenza
Milano
Torino
Fattori latenti
Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio Civismo Liberal. Rischio
Indicatori manifesti
assenteismo 10D
tenere soldi trov.10H
acq. cose rubate10A
no biglietto10L
abuso benefici10G
mentire15H
evadere tasse15G
giochi azzardo10E
fare a botte10B
divorzio15A
omosex10I
fecond.artific. 10F
aborto10C
eutanasia15D
guidare ubriachi15C
sex senza protez.15I
joyriding15L
uso stupefacenti15B
prostituzione15F
scontro polizia15E
N° casi:
GFI
.56
.49
.47
.52
.35
.60
.45
.42
(.25)
.56
.52
.56
.75
.44
.40
.35
.54
(.27)
.56
.51
.54
.60
.58
.61
.55
.51
.59
.50
.56
.46
.60
.30
.56
.67
.57
.49
.42
.30
.50
.49
.53
.52
.44
400
.97
.63
.58
.43
.67
.46
.47
.39
.54
.42
.54
.51
.52
.67
.63
.38
.52
.53
.52
.34
.44
433
.95
.67
.60
.56
.64
.49
.62
.48
.59
.36
.64
.70
.60
.58
.57
.64
.66
.62
.72
.50
.66
406
.97
.55
.62
.67
.72
.51
.61
.50
.56
.39
.53
.60
.65
.73
.52
.58
.51
.42
.65
.52
.58
405
.97
.59
.59
.61
.66
.53
.57
.68
.60
.74
.60
.63
390
.98
.52
.54
.49
.65
.53
.66
401
.98
47
RMSR
.05
.06
.05
.05
.06
.06
48
Note
1
Riteniamo che la distinzione analitica resti valida se, seguendo una diversa tradizione della psicologia sociale, si
sostituisce il concetto di atteggiamento con quello di rappresentazione sociale, intesa come teoria ingenua socialmente
diffusa, composta da sistemi di valori, di credenze e norme di comportamento, dotata della doppia funzione di
organizzare la percezione del mondo e di servire da codice condiviso per la comunicazione e gli scambi interpersonali
(per una trattazione del rapporto tra i due concetti si veda Jaspers e Fraser in Farr, Moscovici, 1984, trad. it. 1989).
2
Il fatto di sottolineare i forti limiti delle analisi basate esclusivamente su sondaggi di opinione non impedisce ad
esempio allo storico Paul Ginsborg di fare un ampio uso dei dati raccolti con questi strumenti (si veda Ginsborg,
1998).
3
E’ interessante notare che anche un autore come Allum, il quale distingue nettamente tra cultura (inteso come mondo
di significati intersoggettivi) e opinione pubblica (mondo dei significati soggettivi), giunge poi a riconoscere che lo
studio di opinioni, atteggiamenti e valori è considerabile un preliminare descrittivo o un ‘indizio’ di cultura da cui
partire per ricerche ulteriori (Allum, 1988, 1997). Si possono cogliere comunque delle contraddizioni in queste sue
affermazioni: che senso ha infatti parlare di opinione pubblica se non in presenza di un certo grado di intersoggettività
(senza il quale sarebbe impossibile confrontare le diverse opinioni)? E ancora: se si accetta il modo con cui egli
distingue cultura e opinione pubblica, perché mai quest’ultima dovrebbe fornire indizi per la prima?
4
Per completezza bisogna però ricordare che secondo Almond e Verba gli orientamenti politici degli individui non
hanno un ruolo assoluto nella spiegazione della stabilità politica; gli autori danno infatti altrettanta importanza, anche
se più sul piano teorico che su quello della ricerca empirica, ad altre variabili chiave, quali la fiducia e gli atteggiamenti
pro-sociali, considerate come indicatori di aspetti strutturali (relazioni interpersonali).
5
Peraltro anch’essa non supera le critiche mosse da chi osserva che l’intervista è pur sempre una situazione artificiale
(che non permette di rilevare le norme e i valori che regolano l’interazione sociale e che mediante questa vengono
riprodotti) e che spesso non sono consci al soggetto o si collocano a livello di quella che Giddens definisce coscienza
pratica (Giddens, 1984, trad. it. 1990). Se l’oggetto di valutazione è ‘difficile’ (nel caso di atteggiamenti:
caratterizzato da una diffusa indesiderabilità), è più semplice rilevarlo mediante il grado di accordo su affermazioni
(anche molto radicali) già formulate (Cfr. Arcuri, Flores D’Arcais, 1974, p. 7), dando ad esso nella formulazione della
domanda una pari dignità rispetto a oggetti più diffusamente desiderati.
6
Peraltro, se così fosse sarebbe meglio abbandonare un modello probabilistico come l’analisi fattoriale e ricorrere a
una tecnica di analisi descrittiva, per esempio l’Analisi in Componenti Principali.
7
Dal punto di vista statistico inoltre non è stato fatto, a quanto ci risulta, uno studio analitico delle proprietà degli
stimatori dei due effetti. Intuitivamente sembra ragionevole considerare non distorto lo stimatore dell’effetto di
traslazione, sempre che la batteria abbia le caratteristiche sopra individuate; non altrettanto si può dire dello stimatore
della dilatazione, in quanto esso incorpora la varianza dell’errore. Ringraziamo Luca Ricolfi per averci indicato queste
problematiche aperte sulla deflazione.
8
Di sfuggita, va ricordato che l’analisi fattoriale lineare può essere utilizzata come strumento euristico anche con
variabili dicotomiche, se queste ultime hanno bassa capacità discriminante tra i soggetti e se i tratti latenti variano in un
range limitato: condizioni che di solito valgono per molte variabili usate nella ricerca sociale (Cfr. McDonald, 1985).
9
Da non confondere con una variabile latente misurata mediante più indicatori di area semantica solo in parte
coincidente con quella della prima: la variabile ordinale usata come misura grezza di una variabile continua copre la
stessa area semantica di quest’ultima.
10
Rilevanti le osservazioni mosse da Kampen e Swyngedouw (2000, pp. 94 e ss.) circa l’applicazione acritica di
questo approccio a variabili ordinali. concordiamo infatti che in alcuni casi concreti è insensato pensare alla
misurazione ordinale come a un’approssimazione di una misura continua. Poco convincenti ci sembrano invece le loro
argomentazioni contro l’applicazione di questo approccio a variabili che misurano atteggiamenti: non è infatti chiaro il
perché una scala di accordo/disaccordo in linea di principio non possa essere pensata come una misurazione grezza di
un continuum.
11
Non è la scelta ottimale: questa sarebbe costituita da una matrice ‘mista’ contenente correlazioni policoriche (tra
variabili ordinali), prodotto-momento (tra censored), e poliseriali (tra censored e ordinali). Purtroppo, l’ampiezza dei
campioni relativi alle sei province italiane, non è sufficiente per il calcolo delle poliseriali; pertanto, non potendo
essere assunta come standard si è preferito abbandonare tale scelta. Ci sono però due considerazioni da fare sulla
‘seconda scelta’: prove effettuate sui campioni più grandi non hanno mostrato sostanziali differenze tra i due tipi di
input; inoltre va ricordato che le variabili grezze sono termometri ancorati solo alle estremità: a eccezione delle
censored, una parte consistente delle altre variabili non si discosta moltissimo da una distribuzione normale, per cui
sembra legittimo sottoporle a normalizzazione.
12
Si tratta di una scelta volontariamente restrittiva; i motivi sono due: uno è quello di non avere troppe variabili
censored per le quali le categorie di risposta diverse da quella estrema sono considerate come aventi distanze uguali
(scale di intervalli); il secondo è di natura più pratica, e concerne il fatto che tale soglia permette di individuare, con
49
poche significative eccezioni, sempre le stesse censored nei cinque campioni nazionali. Per coerenza, i due criteri sono
poi stati applicati anche sui dati delle sei province italiane (vd. paragrafo successivo).
13
Jagodzinski (1997), lavorando sullo stesso set di dati ha estratto per l’Italia e la Germania occidentali quattro fattori,
in base al criterio della varianza spiegata (autovalori maggiori di uno). A prescindere dal fatto che ha ottenuto due
fattori non ben individuabili, in quanto non coperti da un numero sufficiente di item, occorre però anche rilevare che la
varianza complessiva spiegata dalle prime quattro componenti è solo del 49%. Questi risultati rafforzano la nostra
convinzione che sia meglio guardare alla capacità dei fattori comuni di riprodurre le covariazioni, soprattutto quando la
purezza degli indicatori è bassa (come spesso avviene nella ricerca sugli atteggiamenti).
14
Nel campione complessivo le correlazioni tra fattori sono le seguenti: civismo*liberalismo=.46;
liberalismo*rischio=.32; civismo*rischio=.61. Per una corretta interpretazione delle correlazioni tra i fattori occorre
ricordare l’orientamento degli indicatori: questi sono tutti costituiti da scale che variano da 1 = ‘comportamento mai
giustificabile’ a 10 = ‘comportamento sempre giustificabile’ Di conseguenza i tre fattori latenti, ancorati alle variabili
manifeste, costituiscono tre continuum dove l’estremo sinistro individua una posizione di ‘rigidità’, nel senso di
assoluto divieto dei comportamenti implicati; l’estremo destro, viceversa, individua una posizione di totale
‘permissivismo’; infine, il punto centrale del continuum individua coloro che hanno una concezione condizionale
(‘relativistica’) dei divieti. Si tenga conto che il parametro δ, che governa il grado di obliquità massima, è stato lasciato
a 0, cioè il valore di default del programma, perché così si ottiene una matrice di loading che si avvicina alla struttura
semplice (Cfr. Comrey, Lee, 19922, trad. it. 1995, p. 488). E’ possibile che questi valori aumentino se si permette un
grado di obliquità massimo (δ=0.8). Per il campione della Germania dell’est è stato necessario diminuire il grado
massimo di obliquità (δ= -1) per avere almeno quattro variabili con loading significativi sul fattore civismo.
15
L’adattamento è stato valutato mediante la percentuale di residui tra correlazioni osservate e correlazioni riprodotte
dal modello che sono superiori a |0.05|. Più questa percentuale tende a zero, più le correlazioni riprodotte sono
considerabili sostanzialmente uguali a quelle osservate. Abbiamo scelto a priori una percentuale intorno al 10-15%
come valore-soglia di tale indice. Questo valore può essere considerato eccessivo vista l’ampiezza dei campioni;
tuttavia occorre sempre tener conto del rischio di un’inflazionamento, dovuto al response-style, del numero di fattori
latenti necessari per riprodurre le correlazioni osservate.
16
Migliora invece il rendimento cioè il rapporto tra comunalità totale e numero di fattori estratti. Questo indice risulta
però anche buono nella soluzione a tre: anche in quel caso è al di sopra valore soglia [2] indicato da Ricolfi (Cfr.
Ricolfi, 1987, p. 97).
17
NORD OVEST: Piemonte, Val d'Aosta, Lombardia, Liguria / NORD EST: Trentino, Veneto, Friuli / REGIONI
ROSSE: Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche / CENTRO SUD: Lazio, Abruzzi, Molise, Campania / SUD E
ISOLE: Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.
18
La difficoltà dei due item è stata valutata considerando il numero di mancate risposte, che è maggiore rispetto agli
altri giudizi di giustificabilità: il numero di individui che non ha risposto ai due item relativi alla manipolazione genetica
degli embrioni umani e degli alimenti è pari a 103 per il primo e 113 per il secondo mentre, in media, le mancate
risposte calcolate sul resto della batteria sono soltanto 77.
19
In una soluzione a tre fattori, la comunalità dell’item riferito alla sperimentazione su embrioni è 0.16, mentre quella
relativa alla manipolazione degli alimenti è 0.19; sul resto della batteria la quota di variabilità che, in media, risulta
imputabile ai fattori comuni è invece pari a 0.39. I valori riportati si riferiscono alla comunalità generata da un modello
tridimensionale affine a quello stimato per lo studio dei valori di cittadinanza. E’ tuttavia da precisare che le stesse
considerazioni valgono anche per le comunalità iniziali di ciascun indicatore.
20
Anche in questo caso sono stati considerati come below censored gli item in cui oltre il 70% dei giudizi si concentra
nella modalità 1 (mai giustificabile) della scala di risposta. Gli item in questione sono: accettare una bustarella,
joyriding, gettare rifiuti in un luogo pubbico, guidare ubriachi e assumere droghe leggere.
21
Il REPR del modello a due sole dimensioni è pari al 17%.
22
Ricolfi ha lavorato su dati raccolti tramite questionari postali ed ha poi ripetuto le analisi su un secondo dataset
ricavato da un panel telematico ottenendo i medesimi risultati. L’autore ha inoltre ha elaborato un insieme di domande
ben più complesso e articolato della batteria inserita nel questionario EVS: lo strumento impiegato, oltre ad includere
ben 32 giudizi di giustificabilità inerenti comportamenti individuali, comprende 10 credenze normative relative
all’educazione dei figli, le adozioni di genitori single, la meritocrazia, la gestione delle tossicodipendenze, la censura
televisiva, ecc.
23
LISREL, nato inizialmente come software statistico per la stima dei coefficienti dell’analisi fattoriale tramite il
metodo della massima verosimiglianza, è andato ben oltre gli scopi per cui è stato formulato, diventando il termine con
cui, in modo condiviso, si è soliti intendere la procedura generale per i modelli basati su sistemi di equazioni strutturali
in cui viene preservata la distinzione tra variabili manifeste e variabili latenti.
24
Disadattamento medio (RMSR) del 7.6%, anziché del 5%.
50
25
Anche in questo caso i fattori sono fortemente correlati; nel campione totale abbiamo: civismo* liberalismo= .39;
liberalismo*rischio= .37; civismo*rischio= .66.
26
Essendo i quattro campioni di dimensione troppo esigua per il calcolo della matrice varianze-covarianze asintotiche,
si è preferito mantenere come metodo di stima dei parametri quello dei minimi quadrati non pesati.
27
Sulle ragioni per cui non è opportuno estrarre tanti fattori fino a ottenere un chi quadrato significativo in presenza di
un campione numeroso si veda McDonald, 1985, p. 56.
28
Così come non affermiamo, nello studio dello spazio percettivo elettorale, che all’individuazione di una dimensione
latente comune definibile come asse destra-sinistra debba seguire l’assunto che i singoli individui utilizzino la stessa
categoria interpretativa e per giunta allo stesso modo dell’analista. Se si vuole seguire la strada dei profili individuali, è
più realistico cercare dei pattern prototipici. Questo tipo di ricerche comportano comunque l’utilizzo di altre basi
empiriche, più ricche di informazioni circa i profili individuali, e altre tecniche di analisi (per esempio le tecniche
utilizzate nella ricostruzione degli spazi percettivi degli individui).
29
Si tratta di compiti che vanno al di là degli obiettivi di questo scritto. Analisi che incrociano le dimensioni valoriali
della cittadinanza con altre variabili relative alla cultura civica (fiducia, identità territoriale, associazionismo ecc.) sono
comunque già state pubblicate, altre sono in corso d’opera. Oltre al già citato saggio di Sciolla del 1999, basato sulle
elaborazioni condite sui dati EVS 1990 (cfr. il par. 3.1 del presente saggio), ricordiamo della stessa autrice un saggio del
2003 in cui vengono utilizzati i dati della ricerca sulle sei province italiane (cfr. il ns. par. 3.3). Altri sviluppi
dell’interpretazione dei fattori, o del loro utilizzo come variabili esplicative di comportamenti politici sono oggetto di
pubblicazioni in corso.
30
Non pensiamo in alcun modo a una sovrapposizione tra concetti come le disposizioni e i comportamenti degli
individui; ma anche una loro concatenazione in modelli di pura previsione statistica (regressione, path analysis e in
generale modelli di dipendenza), come è proposta in molti modelli tipici della psicologia sociale o del marketing, risulta
insoddisfacente se non inserita in un più ampio quadro interpretativo e esplicativo. Crediamo che i sociologi possano
utilmente utilizzare i valori, gli atteggiamenti e altri concetti disposizionali come chiave di lettura, mediante la quale
(accanto ad altri importanti elementi contestuali) i comportamenti acquistano un senso e diventano azioni.
51