Studio pilota di rilevazione di coordinate geografiche nell

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Studio pilota di rilevazione di coordinate geografiche nell
Studio pilota di rilevazione di coordinate geografiche nell'ASL di Brescia
di S. Abrami, I. Genovesi, G. Zanardi
Aggiornamento sull'influenza aviaria in Lombardia
di G. Zanardi, P. Antoniolli
Le malattie degli animali selvatici in Europa
recensione a cura di A. Lavazza, C. Macchi
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Studio pilota di rilevazione di coordinate geografiche nell'ASL di Brescia
Nel periodo aprile 1998 - marzo 1999 in 673 aziende di bovine da latte dell’ASL di Brescia (ex Aziende
USSL 38 e 41) si è sperimentata la fattibilità, le procedure ed i costi legati alla acquisizione delle coordinate
geografiche per la costituzione di un Sistema Informativo Geografico o G.I.S. (Geographic Information
System). Un G.I.S. è un sistema computerizzato che consente la eleborazione digitale delle informazioni per
rispondere a questioni espresse in termini geografici, elaborando e visualizzando in modo integrato le
informazioni inerenti il territorio. Così come la costituzione dell’anagrafe è stata realizzata tramite la raccolta
di dati in forma alfanumerica (caratteri e numeri), la costituzione del G.I.S. del Servizio Veterinario viene
realizzata tramite la raccolta di dati geografici da integrare con qualsiasi base dati, principalmente l’anagrafe.
I dati geografici sono generati dalle coordinate geografiche (latitudine e longitudine) di qualsivoglia struttura
di interesse. Il collegamento tra i codici aziendali e le coordinate geografiche consente, tramite appositi
software di gestione di un G.I.S. di porre interrogazioni spazio-temporali in tempo reale e di visualizzare il
tutto su mappe digitalizzate. E’ evidente come un G.I.S. possa garantire rapidità, completezza e precisione
nella risposta a situazioni di emergenza e rappresenti uno strumento epidemiologico di notevole utilità per
l'analisi e la gestione di problemi complessi di Sanità pubblica, come ad esempio le emergenze di tipo
epidemico.
I Servizi Veterinari della regione Lombardia dispongono presso l'O.E.V.R. sia della banca dati anagrafica
degli allevamenti censiti, collegata tramite il codice univoco aziendale a una serie di basi di dati relazionali
contenenti le informazioni sanitarie, sia della cartografia digitalizzata georeferenziata della regione
Lombardia in scala 1:10.000. Rimane da sviluppare il sistema di puntamento degli allevamenti; questo
comporta la rilevazione e l'inserimento delle loro coordinate geografiche sulle mappe digitalizzate, in modo
da definire la variabile "spazio" a cui riferire, tramite il codice di allevamento, tutte le informazioni pertinenti
contenute nelle basi di dati.
La georeferenziazione dei dati permette di visualizzare rapidamente a livello territoriale la mappatura degli
allevamenti, ed i loro attributi in forma tabellare, evidenziando la loro concentrazione e la loro tipologia
Al fine di georeferenziare 673 aziende dell’A.S.L. di Brescia si è scelta l’applicazione tra tre metodi:
1. puntamento manuale tramite cartografia;
2. puntamento manuale tramite cartografia digitalizzata e georeferenziata;
3. utilizzo di G.P.S. (Global Positioning System) o puntatore satellitare.
La A.S.L. di Brescia è stata scelta come area pilota in base a criteri di efficacia/efficienza per le seguenti
motivazioni:
- il territorio prescelto comprende le tipologie orogeografiche di interesse (pianura, collina, montagna);
- comodità logistica negli spostamenti e conoscenza del territorio;
- snellezza nella attivazione dei flussi informativi;
- condivisione dell'obiettivo e disponibilità alla collaborazione da parte dei Servizi Veterinari.
Nella figura 1 sono evidenziati i puntamenti eseguiti nelle zone di pianura, collina e montagna della
provincia di Brescia.
Obiettivo
La finalità è stata di proporre un protocollo operativo estendibile a tutta la Lombardia, tenendo conto di
valutazioni di costo/beneficio, efficacia e tempi di attuazione. La rilevanza dello studio consiste nell'indicare
le modalità operative per la creazione di un sistema uniforme di rilevazione delle coordinate geografiche
degli allevamenti di bovini da latte, il cui utilizzo permetterà la creazione di un G.I.S. a livello regionale. Al
fine del raggiungimento dell’obiettivo prefissato si sono individuati i seguenti ulteriori sotto-obiettivi:
-acquisizione delle coordinate geografiche riferite ad allevamenti di bovini da latte in zone di pianura, collina
e montagna della provincia di Brescia;
- validazione dei dati acquisiti;
- confronto e valutazione della efficacia/efficienza di tre metodologie di rilevazione delle coordinate,
cartografica su supporto cartaceo, cartografica digitalizzata georeferenziata e con G.P.S. .
2
Piano di lavoro
Il lavoro operativo si è svolto secondo le seguenti fasi:
1. acquisire la posizione degli allevamenti tramite cartografia su supporto cartaceo in scala 1:10.000. La
identificazione della ubicazione delle aziende è stata eseguita da un gruppo di veterinari della ASL di Brescia
competenti per territorio direttamente sulle mappe geografiche fornite dall'O.E.V.R. ;
2. inserire le posizioni definite al punto 1 nel sistema G.I.S. presso O.E.V.R.. In questa fase la localizzazione
degli allevamenti viene georeferenziata, vale a dire che ad ogni punto (azienda) vengono associate le relative
coordinate geografiche;
3. acquisire la posizione degli allevamenti tramite cartografia digitalizzata georeferenziata in scala 1:10.000.
La identificazione della ubicazione degli allevamenti è stata eseguita da un gruppo di veterinari della ASL di
Brescia competenti per territorio utilizzando un apposito software (ArcView 2.1);
4. trasferire automaticamente i dati (già georeferenziati) delle aziende puntate nel sistema G.I.S.;
5. acquisire le coordinate geografiche degli allevamenti tramite G.P.S., strumento in grado di rilevare in
modo automatizzato e in tempo reale le coordinate geografiche nel punto di rilievo (azienda). Il G.P.S. è
comprensivo di un software di memorizzazione dei dati rilevati, che successivamente possono essere
scaricati nel sistema G.I.S.;
6. inserire le coordinate geografiche definite al punto 3 nel sistema G.I.S.;
7. confrontare, mediante sovrapposizione, le mappe create con le tre metodologie di acquisizione delle
coordinate;
8. individuare e quantificare i costi delle diverse fasi di attuazione dello studio.
Acquisizione della posizione degli allevamenti tramite cartografia
Sono stati selezionati 43 Comuni nel distretto di Brescia, di cui 25 appartenenti all’area di pianura di Brescia
e 18 nell’area collinare e montuosa di Gardone Valtrompia, in cui insistono, rispettivamente, 375 e 298
aziende per un totale di 673.
La superficie del territorio considerato è di 739,12 Kmq.
La densità media è di 0,91 allevamenti/Kmq.
Si sono individuati i veterinari referenti per i comuni di competenza.
Si è prodotto un elenco delle aziende suddivise per comune e per tipologia orogeografica (pianura, collina,
montagna).
Si è organizzata una riunione congiunta O.E.V.R./ASL di Brescia per la presentazione del progetto e
finalizzata al coinvolgimento e alla condivisione dello stesso da parte dei veterinari competenti per territorio.
Si è messa a punto la procedura di stampa della cartografia in opportuna scala per il puntamento manuale da
fornire alla ASL.
Si è stampato tramite plotter le 32 sezioni della Carta Tecnica Regionale, che coprono il territorio interessato
dallo studio di fattibilità.
2. Inserimento delle posizioni definite al punto 1 nel sistema G.I.S.
Inserimento manuale nella corrispondente cartografia georeferenziata del G.I.S. dei puntamenti eseguiti
dall’ASL su cartografia tradizionale. In tal modo si è creata la mappatura georeferenziata denominata
"MAPPA ALLEVAMENTI CART/ASL".
3. Acquisizione della posizione degli allevamenti tramite cartografia digitalizzata georeferenziata.
Installazione del programma ArcView presso un calcolatore della ASL di Brescia
Istruzione del personale all’uso del programma al fine di puntare le aziende
Puntamento delle aziende sulla cartografia digitale georeferenziata alla scala 1:10.000 da parte dei veterinari
della ASL di Brescia competenti per territorio.
4. Trasferimento automatico dei dati georeferenziati nel sistema G.I.S.
3
Creazione automatica nel G.I.S. di una mappatura georeferenziata denominata "MAPPA ALLEVAMENTI
DIGIT/ASL", dopo avere reso disponibili i file creati durante il puntamento con ArcView al sistema di
gestione Arc/Info.
5. Acquisizione delle coordinate geografiche degli allevamenti tramite G.P.S.
Valutazione dei G.P.S. disponibili sul mercato, definizione delle caratteristiche tecniche adatte allo scopo
(facilità di utilizzo, precisione di 80-100 metri, palmare, software di memorizzazione dati, prezzo,
compatibilità di comunicazione tra software G.P.S. e G.I.S., ecc.) e acquisto di due apparecchi
Training nell’uso della strumentazione
Installazione del software di corredo al sistema G.P.S. sulla Workstation SUN di gestione del G.I.S.
Preparazione di un protocollo operativo di utilizzo del G.P.S. (comprensivo di un modulo per la registrazione
su carta di ogni misurazione compiuta comprendente data, ora di rilevazione, codice azienda, coordinate
rilevate, operatore)
Individuazione di un calendario di uscite concordate per le sessioni di rilevazione delle coordinate
Esecuzione del puntamento e raccolta dati
6. Inserimento delle coordinate geografiche definite al punto 5 nel G.I.S.
Scaricamento dei dati immagazzinati nel software del G.P.S. nel GI.S. con la creazione di una mappatura
georeferenziata denominata "MAPPA ALLEVAMENTI GPS".
7. Confronto fra le tre metodologie di acquisizione delle coordinate
Confronto per sovrapposizione tra le diverse mappe create: "MAPPA ALLEVAMENTI CART/ASL",
"MAPPA ALLEVAMENTI DIGIT/ASL" e "MAPPA ALLEVAMENTI GPS"
Elaborazione dei risultati per confronto
Individuazione del valore di accettabilità dell'incertezza di misura dei metodi cartografici e del metodo
G.P.S. nelle situazioni "limite" (allevamenti confinanti, caratteristiche orogeografiche del territorio)
Interpretazione dei risultati per identificare i fattori che influenzano la capacità di rilevazione e la precisione
dei tre metodi.
Conclusioni
La valutazione dei risultati ottenuti con i tre metodi utilizzati per la rilevazione delle coordinate degli
allevamenti nella zona di pianura/collina è da ritenersi soddisfacente. Infatti, dalla comparazione dei valori
rilevati per uno stesso allevamento con la cartografia tradizionale, la cartografia digitalizzata e il GPS, è
emerso che 217/228 (95,17%) allevamenti sono stati identificati entro una distanza inferiore ai 300 metri, che
viene ritenuta accettabile ai fini operativi di gestione del Sistema Informativo Territoriale e delle possibili
applicazioni in caso di emergenze. Di conseguenza, si può affermare che, dal punto di vista della affidabilità
del dato, le tre metodologie di rilevazione utilizzate possono venire applicate in maniera interscambiabile a
seconda delle esigenze e delle risorse a disposizione dei Servizi veterinari dell’ASL.Soprattutto in pianuracollina, è da sottolineare la possibilità di una fonte di errore nella rilevazione delle coordinate, nei casi in cui
esistano più strutture distanti tra loro, appartenenti alla medesima azienda. A questo proposito, dovrà essere
concordata una procedura uniforme nella scelta del punto aziendale in cui eseguire la rilevazione. Per quanto
concerne la zona montana, sono stati confrontati due metodi per la rilevazione delle coordinate: il G.P.S. e la
cartografia tradizionale. La comparazione dei valori ottenuti, a differenza della zona di pianura/collina, ha
comportato l’identificazione di un medesimo allevamento entro una distanza inferiore a 300 metri in 168/235
(71,5%) aziende. La minor precisione evidenziata nella rilevazione delle coordinate in montagna può essere
stata condizionata da limiti intrinseci ai due metodi applicati in un’area orogeografica che, per le sue
caratteristiche territoriali, non si presta facilmente alla identificazione delle strutture. In particolare, per
quanto concerne l’utilizzo del G.P.S. in montagna sono da tenere in considerazione le seguenti limitazioni:
- la presenza di ostacoli naturali (e.g. pareti rocciose) che possono influire sulla qualità della rilevazione del
segnale ricevuto dal GPS, a causa delle distorsioni di misurazione della posizione, dovute a fenomeni di
rimbalzo;
4
- vi è la possibilità che l'operatore sia costretto a spostarsi dalla reale sede dell’allevamento, a causa della
presenza di coperture circostanti, che impediscono la ricezione del segnale. In questi casi, viene introdotta
una ulteriore variabile di distorsione della misura, che, sommata alla intrinseca imprecisione dello strumento,
può portare a misurazioni inattendibili.
D’altro canto, l’applicazione del sistema cartografico tradizionale nelle zone montane ha evidenziato le
seguenti problematiche:
- difficoltà nel puntamento manuale per la insufficiente presenza di punti di riferimento sul territorio (per
esempio le strade);
- difficoltà nella lettura della cartografia 1:10.000 messa a disposizione a causa della presenza di una fitta
rete di curve di livello, che, in alcuni casi, rendono difficilmente individuabili i punti di riferimento e
possono portare ad una interpretazione ancora più soggettiva della presunta ubicazione dell’allevamento;
- la cartografia in scala 1:10.000 è stata costruita a più riprese a partire dagli anni 1980-83, con
aggiornamenti nel 1991 (territorio montano della provincia di Brescia) e 1994 (metà meridionale del
territorio lombardo) e non sempre riproduce fedelmente la situazione corrente per quanto riguarda la
identificazione degli attributi territoriali. La cartografia in scala 1:25.000 prodotta dall’Istituto Geografico
Militare potrebbe surrogare le carenze di aggiornamento territoriale evidenziate. Sulla base di queste
considerazioni, si ritiene comunque preferibile, nella rilevazione delle coordinate in montagna, utilizzare la
cartografia tradizionale rispetto al G.P.S., possibilmente in parallelo in scala 1:10.000 e 1:25.000, al fine di
usufruire di una visione più chiara e completa dei punti di riferimento presenti sul territorio e di migliorare la
precisione del puntamento. Inoltre, vi è da considerare che questo metodo di lavoro consentirebbe ai
veterinari, in base alle loro esigenze di servizio, di gestire la risorsa tempo nel modo più ottimale possibile, e
che comporterebbe un più rapido espletamento del lavoro di puntamento rispetto all’uso del G.P.S., che
sarebbe contestuale alle operazioni di bonifica.
Figura 1. Rilevazione delle coordinate geografiche delle aziende nel territorio della provincia di Brescia
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Aggiornamento sull'influenza aviaria in Lombardia
Nel corso di poco più di un mese, l’insorgenza di nuovi focolai di influenza aviaria non si è
arrestata. Rispetto alla situazione descritta nel numero precedente della rivista e aggiornata al 19 gennaio, il
numero totale dei focolai al 23 febbraio è passato da 100 a 192 per un corrispettivo di 7.705.324 capi morti e
abbattuti, coinvolgendo anche le province di Bergamo(15), Cremona (6), Como (1), e Milano (1).
L’incidenza settimanale della malattia nelle diverse province colpite è visualizzata nella figura 1.
Osservando l’andamento delle curve epidemiche si può constatare il netto decremento di nuovi focolai nelle
province di Mantova e di Brescia; nella provincia di Cremona i focolai si sono concentrati nell’arco di un
mese (da metà gennaio a metà febbraio) e nella provincia di Bergamo, dopo un picco nella prima settimana
di febbraio, la curva si è stabilizzata nelle settimane seguenti.
Questa evoluzione positiva trova le sue ragioni in due ordini di fattori:
1) nelle province di Mantova e di Brescia, colpite già a metà dicembre 1999, vi è stata una ovvia
diminuzione della popolazione a rischio;
2) nelle province di Brescia, Cremona e Bergamo gli abbattimenti e le macellazioni preventivi hanno
rallentato il fronte di diffusione della malattia.
Per quanto riguarda le province di Como, Milano e Pavia, in cui si sono verificati singoli episodi di malattia,
la situazione sembra non evolvere in maniera drammatica per la minor densità di allevamenti avicoli presenti
in questi territori.
Rimane incontrovertibile il rischio sempre presente di diffusione dovuto ai collegamenti funzionali degli
allevamenti avicoli appartenenti a importanti gruppi produttori, ma che d’altra parte dovrebbe essere
minimizzato dalla applicazione rigorosa delle misure igienico-sanitarie a livello aziendale, dalle corrette
disinfezioni degli automezzi e dal rispetto delle norme regionali circa le movimentazioni tramite contatti
indiretti.
L’analisi delle indagini epidemiologiche ha evidenziato che l’origine o diffusione dei focolai è dovuta a:
- contiguità (entro 1.000 metri) in 52 casi;
- veicoli (trasporto mangimi) in 33 casi;
- contatti indiretti (visite, scambi di attrezzature, manodopera, ecc.) in 13 casi;
- carico di tacchine femmine per il macello in 8 casi.
Si ribadisce che il collegamento funzionale degli allevamenti appartenenti al medesimo gruppo avicolo è
risultato un importante fattore di rischio nella diffusione della malattia.
Sulla base di queste correlazioni epidemiologiche e sulla evidenza, desunta dalla analisi di 129 indagini, che
72 su 147 (49%) allevamenti situati nel raggio di 1.000 metri dal focolaio sono diventati anch’essi focolaio,
la regione Lombardia con propria nota prot. 258/PAN – 053INT del 7 febbraio 2000 ha adottato un piano di
depopolamento, in corso di approvazione da parte del Ministero della Sanità, che stabilisce i tempi e le
modalità di attuazione. La finalità del piano è di attivare immediatamente le misure di abbattimento e
macellazione preventivi sul fronte di avanzamento della malattia e di giungere ad un vuoto sanitario nei
territori colpiti dalla malattia e per i quali l’incidenza sta scemando o si è arrestata.
Nell’arco di due settimane (7 –23 febbraio) n° 23 allevamenti per un totale di n° 1.064.504 capi sono stati
sottoposti ad abbattimento preventivo, mentre la macellazione preventiva ha interessato finora n°5 aziende
per n° 64.600 capi.
L’Ordinanza del Presidente della Regione Lombardia n. 1587 del 25 gennaio 2000 ha individuato le “misure
urgenti di contenimento dell’influenza aviare nel territorio della regione Lombardia” con una serie di divieti
e regolamentazioni nello spostamento o introduzione di volatili nelle zone di protezione e di sorveglianza,
nonché le misure igienico-sanitarie, in particolare le procedure di disinfezione degli automezzi in entrata e in
uscita dagli allevamenti, per evitare la diffusione della malattia. Questa Ordinanza è stata revocata e
sostituita con una nuova di pari oggetto in data 25 febbraio 2000.
Figura 1. Andamento dell'incidenza settimanale dei focolai di influenza aviaria in Lombardia
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Le malattie degli animali selvatici in Europa
Nel mese di ottobre 1999 si è tenuto a Parigi un incontro del gruppo di lavoro della OIE (Office International
des Epizooties) sulle malattie degli animali selvatici. In vista di ciò, erano stati inviati questionari a numerosi
corrispondenti della EWDA (sezione europea dell’associazione di patologia degli animali selvatici) in diversi
Paesi europei. Sulla base di tali dati, è stato redatto un resoconto che ha evidenziato i riscontri più
significativi.
Nella tabella 1, sono invece elencate in dettaglio le infezioni e le malattie infettive o parassitarie che sono
state notificate in Italia.
Malattie della lista A
Peste Suina Classica
La Peste Suina Classica (PSC) nel cinghiale rimane un problema di notevoli dimensioni in Europa. Nel
periodo coperto dal presente rapporto (1998), sono stati riportati focolai nella Repubblica Ceca, in Francia,
Germania, Italia e Svizzera.
Nel maggio 1998 sono stati ritrovati cinghiali con sintomatologia riferibile alla PSC nel Canton Ticino,
Svizzera; il virus isolato dai campioni è risultato (per mezzo della PCR) identico a quello precedentemente
ritrovato nella provincia italiana di Varese. Questa epidemia è l’unica segnalata in Europa, in una regione in
cui in precedenza non erano mai stati denunciati casi di PSC.
Negli anni 1998/99 sono stati pubblicati sotto gli auspici della Commissione Europea numerosi documenti
riguardanti il controllo della PSC nei cinghiali. Sono state indette riunioni, pubblicati gli atti di queste, e un
Gruppo di Lavoro ha presentato un rapporto. Nei Paesi in cui la PSC è presente nei suini domestici, i
cinghiali possono infettarsi tramite contatto con suini infetti. Una volta introdotto, il virus viene disseminato
tramite contatto diretto e indiretto tra cinghiali infetti e suscettibili. I suinetti contribuiscono alla circolazione
virale. Il virus può essere trasmesso direttamente (quando il contatto è possibile) o, più spesso,
indirettamente (allevatori che sono anche cacciatori, alimenti contaminati) dai cinghiali ai suini domestici. In
Germania e in Italia, l’indagine epidemiologica suggerisce l’esistenza di trasmissione crociata del virus della
PSC tra suidi domestici e selvatici. Quando esiste un’adeguata separazione tra suini domestici e cinghiali, le
attività umane sono la principale spiegazione per l’introduzione della PSC dalla popolazione selvatica a
quella domestica e viceversa. L’infezione può scomparire spontaneamente dalla popolazione ovvero
persistere per tempi indeterminati. La situazione più comune in Europa negli ultimi anni sembra quella
dell’endemia. Quando l’infezione è confermata, numerose azioni dovrebbero essere intraprese al fine di
monitorare la PSC e controllarne la diffusione. È necessario considerare strategie di controllo diverse a
seconda dell’andamento dell’infezione (percentuale di cinghiali infetti nel tempo), delle dimensioni della
popolazione e dell’esistenza o meno di barriere naturali.
Malattia di Newcastle
In Austria, la Malattia di Newcastle (ND) è stata ritrovata in piccioni (Columba livia) per mezzo di test
sierologici, isolamento virale e indice di patogenicità intracerebrale. In Germania sono stati isolati da
piccioni sia il virus della ND che il paramyxovirus dei piccioni dal 1992 al 1997.
Malattie della lista B
Tubercolosi bovina
La Tubercolosi bovina continua ad essere frequente in alcune popolazioni di animali selvatici in vari
continenti. La situazione è preoccupante sia per i potenziali effetti che la tbc può avere su alcune popolazioni
di animali selvatici, sia per le conseguenze che la presenza di serbatoi selvatici di micobatteri possono avere
nei Paesi in cui sono in atto piani di eradicazione della tubercolosi bovina, così come in quelli indenni da
tubercolosi bovina.
In Europa, la tubercolosi bovina è stata segnalata nei seguenti Paesi:
- In Spagna è stata confermata nel daino (Dama dama), 7 casi; nel cervo nobile (Cervus elaphus), 13 casi;
nel cinghiale (Sus scrofa), 22 casi; nella lince (Lynx lynx), 1 caso.
- Nel Regno Unito è stata denunciata nel tasso (Meles meles): 367 casi; nel capriolo (Capreolus capreolus): 1
caso; nel daino: 2 casi; nel cervo: 3 casi. Altri 3 casi sono stati riportati nel gatto domestico.
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- In Italia, la tubercolosi bovina è stata segnalata regolarmente in Liguria per vari anni nei cinghiali.
L’origine del contagio è tuttora ignota e l’estensione dei focolai rimane ancora da definire.
Brucellosi
In Europa, Brucella suis biovar 2 è stata ritrovata nel cinghiale in Francia e in Italia, e nella lepre bruna
(Lepus europaeus) in Austria, Repubblica Ceca, Francia e Svizzera. La presenza di un serbatoio selvatico
sarebbe la causa del recente aumento di infezione da B. suis biovar 2 nei suini domestici allevati all’aria
aperta.
La brucellosi è stata rinvenuta anche nel camoscio (Rupicapra rupicapra) e nel cervo nobile nelle Alpi.
Rabbia
L’epidemia di rabbia nella volpe nell’Europa occidentale continua a ridursi grazie alle campagne di
vaccinazione orale. Altre forme di rabbia, in particolare l’infezione da virus EBL (Lyssavirus del pipistrello
europeo) persistono senza variazioni degne di nota. Tuttavia, all’inizio del 1999, nel sud della Francia un
megachirottero egiziano (Roussetus aegyptiacus) è stato trovato infetto da un ceppo di virus della rabbia di
origine Africana. I megachirotteri fruttivori non sono presenti in Europa, ma sono stati venduti come animali
da compagnia negli ultimi anni. Questo esemplare era stato importato direttamente dall’Africa (si ignora il
Paese) nel gennaio del 1999 in Belgio e venduto ad un negozio di animali a Bordeaux, Francia, nel mese di
marzo; a maggio dello stesso anno è morto. 122 persone hanno dovuto seguire un corso di trattamento
preventivo contro la rabbia. La vendita del pipistrello egiziano, e di alcuni altri chirotteri, che è legale nella
Comunità Europea, dovrà sicuramente essere riveduta in vista dei rischi connessi alla sanità pubblica, ora
identificati in vari Paesi (Lyssavirus, virus Hendra e Nipah, ad esempio).
Tularemia
Epidemie di tularemia (Francisella tularensis tipo B) sono state osservate in Scandinavia, Austria e Spagna
nel 1998. Il focolaio in Spagna è iniziato alla fine del 1997 ed è proseguito all’inizio del 1998. la malattia è
stata osservata nelle lepri brune iberiche (Lepus granatensis), nelle lepri brune europee, e in un coniglio
(Oryctolagus cuniculi). Sono stati rilevati anche numerosi casi umani. Si pensa che la malattia sia stata
introdotta in Spagna per mezzo di lepri importate. Il focolaio di tularemia in Spagna è il primo mai segnalato
nella penisola iberica.
Malattie della lista W (animali selvatici)
Rogna sarcoptica
La rogna sarcoptica continua ad essere una malattia frequente e grave nelle popolazioni animali in diverse
parti del mondo. Nella maggior parte del territorio europeo, la rogna sarcoptica nelle volpi rosse (Vulpes
vulpes) è ancora molto comune. Nelle stesse regioni, la rogna delle volpi interessa anche altri carnivori, quali
la lince (Lynx lynx), la martora (Martes martes) e il procione lavatore (Nyctereutes procyonoides). Nelle Alpi
e nelle montagne iberiche, la rogna sarcoptica continua ad essere una malattia comune nel camoscio e nello
stambecco (Capra ibex).
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Tabella1 . Dettaglio delle infezioni e malattie infettive e parassitarie notificate in Italia
lista
specie animale
nome scientifico
malattia
n° animali
metodo diagnostico
A
cinghiale
Sus scrofa
PSC
114
sierologia
A
folaga
Fulica atra
Influenza tipo A
1
sierologia
A
fenicottero
Influenza tipo A
16
sierologia
A
marzaiola
Influenza tipo A
A
anatra selvatica
10
sierologia
61
sierologia
B
camoscio
Rupicapra rupicapra
Brucellosi
9
necroscopia
B
cervo nobile
Cervus elaphus
Brucellosi
2
isolamento
B
cinghiale
Sus scrofa
Brucellosi
1
B
cervo nobile
Cervus elaphus
Paratubercolosi
31
isolamento
B
stambecco
Capra ibex
Paratubercolosi
4
necroscopia
B
capriolo
Capreolus capreolus
Paratubercolosi
2
necroscopia
B
cervo
Paratubercolosi
19
sierologia
B
cervo
Leptospirosi
1
sierologia
B
capriolo
Echinococcus
2
necroscopia
B
colombo
Clamidiosi
5
sierologia
B
piccione
Clamidiosi
104
sierologia
B
cinghiale
Sus scrofa
Malattia di Aujeszky
313/955
sierologia
B
coniglio
Oryctolagus cuniculus
Mixomatosi
10
necroscopia
B
coniglio
Oryctolagus cuniculus
RHD
48
sierologia
W
cervo
Toxoplasmosi
1
sierologia
sierologia
Capreolus capreolus
W
capriolo
Capreolus capreolus
Toxoplasmosi
8
W
camoscio
Rupicapra rupicapra
Toxoplasmosi
3
sierologia
W
volpe rossa
Vulpes vulpes
Toxoplasmosi
1
sierologia
sierologia
W
martora
Martes martes
Toxoplasmosi
1
W
lepre bruna
Lepus europaeus
Toxoplasmosi
2
PCR
W
lepre bruna
Lepus europaeus
Pasteurellosi
23
isolamento
W
lepre bruna
Lepus europaeus
Pseudotubercolosi
13
isolamento
W
lepre bruna
Lepus europaeus
EBHS
170
ELISA
W
lepre bruna
Lepus europaeus
EBHS
1673
sierologia
W
piccione
Columba livia
Pasteurellosi
1
necroscopia
W
cinghiale
Sus scrofa
Pasteurellosi
1
necroscopia
BVDV
2
sierologia
Lepus europaeus
Salmonellosi
1
isolamento
W
cervo
W
lepre bruna
W
volpe rossa
Vulpes vulpes
Rogna sarcoptica
30
necroscopia
W
camoscio
Rupicapra rupicapra
Ectima contagioso
7
necroscopia
W
piccione
Columba livia
Salmonellosi
(S. anatum, tm, blockley)
61
necroscopia
W
merlo
Turdus merula
Malaria aviare
4
parassitologia
W
muflone
Ovis musimon
Adenomatosi polmonare
1
necroscopia
W
stambecco
Capra ibex
Ectima contagioso
1
necroscopia
W
volpe rossa
Vulpes vulpes
Rogna sarcoptica
15
necroscopia
W
cinghiale
Sus scrofa
Rogna sarcoptica
3
necroscopia
W
camoscio
Rupicapra rupicapra
Rogna sarcoptica
120
necroscopia
W
martora
Martes martes
Rogna sarcoptica
1
necroscopia
W
camoscio
Rupicapra rupicapra
Pseudotubercolosi
2
necroscopia
W
gabbiano
Larus sp.
Salmonellosi S. m
2
necroscopia
W
airone
W
gabbiano
Salmonellosi S. m
2
necroscopia
Larus sp.
Aspergillosi
1
necroscopia
W
anatra
Botulino
1
necroscopia
W
cinghiale
Sus scrofa
Leptospirosi
26
sierologia
W
nutria
Myocastor coypus
Leptospirosi
5
sierologia
W
fagiano
Phasanius colchicus
Vaiolo aviare
1
necroscopia
W
piccione
Columba livia
Vaiolo aviare
8
necroscopia
W
piccione
Columba livia
Clamidiosi
72
isolamento
W
cigno muto
Cygnus olor
Botulino
1
necroscopia
9