Architettura e arte astratta a Mantova

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Architettura e arte astratta a Mantova
n° 318 - gennaio 2005
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Architettura e arte astratta a Mantova
L’interazione tra le arti (architettura, pittura e scultura) è una tematica portante nella storia dell’arte,
un’esigenza rivendicata da
molte correnti artistiche:
una prospettiva che si rivela quanto mai attuale
e interessante. In tale direzione si muove Massimo
Ghisi, architetto e fondatore della Galleria Disegno, che da anni sviluppa
progetti di recupero architettonico in cui possono convivere sia le esigenze di tipo funzionale e
conservativo, sia nuove
modalità di percepire e vivere la dimensione estetica. Questa “filosofia” è
stata applicata, ad esempio, nel progetto di ristrutturazione e arredamento
dell’Hotel Rechigi di Mantova che ha previsto al
piano terreno una collezione permanente d’arte
contemporanea, aperta al
pubblico e fruibile quotidianamente dagli ospiti
dell’albergo. La Collezione
Rechigi e gli ambienti dell’Hotel dove essa è collocata esprimono una concezione dell’abitare rappresentativa di un modus
vivendi che intende superare la tradizionale distinzione tra spazio museale e
spazio vissuto per arrivare
ad un risultato di completa
integrazione in cui l’arte
diventa una presenza inscindibile nel quotidiano.
Come afferma l’architetto
e collezionista Massimo
Ghisi «Tutto ciò è indicativo di una nuova sensibilità che si propone di formare un contesto vitale
intorno all’opera d’arte, in
cui essa possa abitare e re-
spirare, in armonia con la
quotidianità, senza nulla
togliere alla potenzialità
iconica e simbolica derivante dalla sua essenza artistica».
Le opere inserite nei diversi ambienti dell’Hotel
se da un lato diventano
parte integrante dell’arredamento, dall’altro lo caratterizzano con la loro
presenza, segnando le differenze tra le varie aree
pubbliche: hall e reception, la zona bar & relax e
l’area riservata alla colazione. Così l’ingresso è
suggellato in modo scenografico da un’installazione di Eduard Habicher,
le cui opere nascono quasi
sempre nei luoghi destinati ad accoglierle e vi si
rapportano creando sorprendenti e stimolanti situazioni visive e ambientali. Le sculture di Habicher combinano materiali
solo apparentemente contrastanti (acciaio con elementi in marmo, vetro,
ardesia o porfido), strutture che sembrano segni
tracciati nell’aria e liberi
di fluttuare, ma che riconducono, attraverso il connubio dei materiali utilizzati, ad una dimensione
poetica della natura. Sempre l’ingresso ospita un’altra scultura di Pietro Coletta, artista che dagli anni
Settanta è protagonista
della ricerca scultorea con
interventi in cui l'artista
rimette in discussione le
valenze dei materiali, attraverso un sapiente gioco
di illusioni ottiche e spaziali. Il bancone della reception, è stato personalizzato dall’architetto, sia
Paolo Serra: Senza titolo, 1996,
lacca e oro su tavola
Coll. Hotel Rechigi
attraverso la scelta inusuale del marmo, sia in
quanto letteralmente sovrastato dall’arte di Marco
Gastini. Analogamente la
zona bar & relax è connotata da opere totalmente
aniconiche tra cui spiccano i nomi di Paolo Iachetti e Paolo Serra, che è
qui presente con i suoi preziosi monocromi in oro e
blu. E’ stata inoltre prevista un’ampia sala conferenze, destinata ad accogliere eventi espositivi di
artisti che poi confluiranno
nella collezione permanente. Attualmente la sala
ospita una personale di
Marco Giovani, artista modenese che fin dagli esordi
ha privilegiato un’indagine sugli aspetti più na-
Pietro Coletta: Autoritratto, 1996, ferro e rame
Coll. Hotel Rechigi
Ingresso dell’Hotel Rechigi con installazioni di Eduard Habicher e Marco Gastini
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scosti e impercettibili del
reale. In questi ultimi anni
Giovani ha investigato
l’oggetto e il tentativo
di catturarne l’ombra, ingaggiando una lotta incessante tra essere e apparire, svelando progressivamente i diversi modi di
percepire una medesima
realtà. Le ultime opere dall’emblematico titolo “Doppiogioco” costringono l’osservatore a porsi domande
sulla natura delle cose, mostrando inaspettate visioni
su cui varrebbe la pena soffermarsi: immagini opache e fuori fuoco ma potenzialmente riconoscibili, forme sul punto di
scomparire, di scivolare
via, proiezioni di oggetti
a noi familiari ma che ci
appaiono alieni. Si tratta,
in effetti, di frammenti di
realtà, reliquie del quotidiano che adesso stentiamo
a ri-conoscere, immagini
svelate dalla luce e destinate a restare sospese in
dimensioni dualistiche tra
realtà e finzione, presenza
e assenza. Proprio l’elemento luce è la chiave per
comprendere il modus operandi dell’artista, che la
utilizza per “svelare” gli
oggetti da diversi punti
di vista: cambiando la direzione della luce e con
sottili variazioni si creano,
infatti, altre visioni/interpretazioni possibili di una
stessa realtà. Da ciò si può
intendere come l’opera e
la sua organizzazione visiva - prima di procedere
con i diversi tipi di grafite
- sia studiata con grande
cura. La fase progettuale
del lavoro prevede una piccola scenografia di oggetti
sui quali è proiettata la
luce e il cui effetto sulla
tela deve sorprendere innanzi tutto lo stesso artista. Attraverso questo gioco
di reale-irreale, Giovani
riesce a catturare ciò che
sta dietro gli oggetti, a restituire quelle potenzialità latenti insite nelle cose
che accompagnano la vita
di tutti i giorni.
Nella medesima concezione di arte contestualizzata nella vita quotidiana,
in un continuum tra spazio
privato e pubblico, è l’ambizioso progetto che ha
portato alla ristrutturazione completa di Palazzo
Ottavio Cavriani, edificio in cui si amalgamano
le funzioni di ufficio, abitazione, atelier e galleria.
Si tratta di un palazzo nobiliare della metà del Cinquecento, che prima dell’attuale recupero aveva
perso buona parte del suo
aspetto originario subendo
diverse modificazioni. Circostanze contingenti avevano costretto a tamponare gli archi sulla corte,
ad aggiungere muri per
sostenere le volte con il
conseguente sbilanciamento della simmetria
strutturale. L'intervento,
effettuato dall'archietto
Massimo Ghisi, ha rispettato la storia del palazzo
esaltando al massimo le
qualità degli spazi e con
perfetta integrazione tra
arredi e strutture. Filo conduttore è sempre l’arte aniconica che “abita” e contraddistingue tutti gli
spazi, sia pubblici sia privati. Così il lungo corridoio di ingresso che conduce al cortile è animato
da una struttura dinamica
di Gastini: un’opera che
riesce a dare corpo agli
spazi già carichi di tensioni come le volte, superando i confini di pittura
e scultura informale. L’ampio cortile, su cui si affaccia l’ingresso dell’abitazione e che costeggia le ali
dell’edificio riservate alla
galleria, è interamente oc-
cupato da un’installazione
di Habicher. Nella galleria, che adesso ospita una
personale dello stesso Marco
Gastini, arte e natura convivono in perfetta sintonia, dato che la storia del
palazzo comprendeva il
grande glicine che adesso
fa mostra di sé dietro, dentro e sopra gli spazi della
galleria. I segni dell’arte
si ritrovano un po’ ovunque in tutte le aree dell’abitazione-atelier, in salotto, nella sala da pranzo,
nel giardino, fino a spingersi nei suggestivi spazi
delle cantine in mattoni e
con i soffitti a volte. Spazi
per l’arte e per la vita in
costante dialogo, un’occasione per mettere alla prova
la creatività, ma soprattutto una straordinaria opportunità culturale per la
città di Mantova.
federico poletti
Marco Giovani: Doppiogioco, 2004, Ombre di
oggetti, grafite su carta intelaiata, poliestere
Paolo Iacchetti: A squarciagola, 1992,
olio su tela - Coll. M. Ghisi
Eduard Habicher: En-tra, 2004, acciaio inox verniciato Cortile palazzo Cavriani