Architettura e arte astratta a Mantova
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Architettura e arte astratta a Mantova
n° 318 - gennaio 2005 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Architettura e arte astratta a Mantova L’interazione tra le arti (architettura, pittura e scultura) è una tematica portante nella storia dell’arte, un’esigenza rivendicata da molte correnti artistiche: una prospettiva che si rivela quanto mai attuale e interessante. In tale direzione si muove Massimo Ghisi, architetto e fondatore della Galleria Disegno, che da anni sviluppa progetti di recupero architettonico in cui possono convivere sia le esigenze di tipo funzionale e conservativo, sia nuove modalità di percepire e vivere la dimensione estetica. Questa “filosofia” è stata applicata, ad esempio, nel progetto di ristrutturazione e arredamento dell’Hotel Rechigi di Mantova che ha previsto al piano terreno una collezione permanente d’arte contemporanea, aperta al pubblico e fruibile quotidianamente dagli ospiti dell’albergo. La Collezione Rechigi e gli ambienti dell’Hotel dove essa è collocata esprimono una concezione dell’abitare rappresentativa di un modus vivendi che intende superare la tradizionale distinzione tra spazio museale e spazio vissuto per arrivare ad un risultato di completa integrazione in cui l’arte diventa una presenza inscindibile nel quotidiano. Come afferma l’architetto e collezionista Massimo Ghisi «Tutto ciò è indicativo di una nuova sensibilità che si propone di formare un contesto vitale intorno all’opera d’arte, in cui essa possa abitare e re- spirare, in armonia con la quotidianità, senza nulla togliere alla potenzialità iconica e simbolica derivante dalla sua essenza artistica». Le opere inserite nei diversi ambienti dell’Hotel se da un lato diventano parte integrante dell’arredamento, dall’altro lo caratterizzano con la loro presenza, segnando le differenze tra le varie aree pubbliche: hall e reception, la zona bar & relax e l’area riservata alla colazione. Così l’ingresso è suggellato in modo scenografico da un’installazione di Eduard Habicher, le cui opere nascono quasi sempre nei luoghi destinati ad accoglierle e vi si rapportano creando sorprendenti e stimolanti situazioni visive e ambientali. Le sculture di Habicher combinano materiali solo apparentemente contrastanti (acciaio con elementi in marmo, vetro, ardesia o porfido), strutture che sembrano segni tracciati nell’aria e liberi di fluttuare, ma che riconducono, attraverso il connubio dei materiali utilizzati, ad una dimensione poetica della natura. Sempre l’ingresso ospita un’altra scultura di Pietro Coletta, artista che dagli anni Settanta è protagonista della ricerca scultorea con interventi in cui l'artista rimette in discussione le valenze dei materiali, attraverso un sapiente gioco di illusioni ottiche e spaziali. Il bancone della reception, è stato personalizzato dall’architetto, sia Paolo Serra: Senza titolo, 1996, lacca e oro su tavola Coll. Hotel Rechigi attraverso la scelta inusuale del marmo, sia in quanto letteralmente sovrastato dall’arte di Marco Gastini. Analogamente la zona bar & relax è connotata da opere totalmente aniconiche tra cui spiccano i nomi di Paolo Iachetti e Paolo Serra, che è qui presente con i suoi preziosi monocromi in oro e blu. E’ stata inoltre prevista un’ampia sala conferenze, destinata ad accogliere eventi espositivi di artisti che poi confluiranno nella collezione permanente. Attualmente la sala ospita una personale di Marco Giovani, artista modenese che fin dagli esordi ha privilegiato un’indagine sugli aspetti più na- Pietro Coletta: Autoritratto, 1996, ferro e rame Coll. Hotel Rechigi Ingresso dell’Hotel Rechigi con installazioni di Eduard Habicher e Marco Gastini pag. 2 scosti e impercettibili del reale. In questi ultimi anni Giovani ha investigato l’oggetto e il tentativo di catturarne l’ombra, ingaggiando una lotta incessante tra essere e apparire, svelando progressivamente i diversi modi di percepire una medesima realtà. Le ultime opere dall’emblematico titolo “Doppiogioco” costringono l’osservatore a porsi domande sulla natura delle cose, mostrando inaspettate visioni su cui varrebbe la pena soffermarsi: immagini opache e fuori fuoco ma potenzialmente riconoscibili, forme sul punto di scomparire, di scivolare via, proiezioni di oggetti a noi familiari ma che ci appaiono alieni. Si tratta, in effetti, di frammenti di realtà, reliquie del quotidiano che adesso stentiamo a ri-conoscere, immagini svelate dalla luce e destinate a restare sospese in dimensioni dualistiche tra realtà e finzione, presenza e assenza. Proprio l’elemento luce è la chiave per comprendere il modus operandi dell’artista, che la utilizza per “svelare” gli oggetti da diversi punti di vista: cambiando la direzione della luce e con sottili variazioni si creano, infatti, altre visioni/interpretazioni possibili di una stessa realtà. Da ciò si può intendere come l’opera e la sua organizzazione visiva - prima di procedere con i diversi tipi di grafite - sia studiata con grande cura. La fase progettuale del lavoro prevede una piccola scenografia di oggetti sui quali è proiettata la luce e il cui effetto sulla tela deve sorprendere innanzi tutto lo stesso artista. Attraverso questo gioco di reale-irreale, Giovani riesce a catturare ciò che sta dietro gli oggetti, a restituire quelle potenzialità latenti insite nelle cose che accompagnano la vita di tutti i giorni. Nella medesima concezione di arte contestualizzata nella vita quotidiana, in un continuum tra spazio privato e pubblico, è l’ambizioso progetto che ha portato alla ristrutturazione completa di Palazzo Ottavio Cavriani, edificio in cui si amalgamano le funzioni di ufficio, abitazione, atelier e galleria. Si tratta di un palazzo nobiliare della metà del Cinquecento, che prima dell’attuale recupero aveva perso buona parte del suo aspetto originario subendo diverse modificazioni. Circostanze contingenti avevano costretto a tamponare gli archi sulla corte, ad aggiungere muri per sostenere le volte con il conseguente sbilanciamento della simmetria strutturale. L'intervento, effettuato dall'archietto Massimo Ghisi, ha rispettato la storia del palazzo esaltando al massimo le qualità degli spazi e con perfetta integrazione tra arredi e strutture. Filo conduttore è sempre l’arte aniconica che “abita” e contraddistingue tutti gli spazi, sia pubblici sia privati. Così il lungo corridoio di ingresso che conduce al cortile è animato da una struttura dinamica di Gastini: un’opera che riesce a dare corpo agli spazi già carichi di tensioni come le volte, superando i confini di pittura e scultura informale. L’ampio cortile, su cui si affaccia l’ingresso dell’abitazione e che costeggia le ali dell’edificio riservate alla galleria, è interamente oc- cupato da un’installazione di Habicher. Nella galleria, che adesso ospita una personale dello stesso Marco Gastini, arte e natura convivono in perfetta sintonia, dato che la storia del palazzo comprendeva il grande glicine che adesso fa mostra di sé dietro, dentro e sopra gli spazi della galleria. I segni dell’arte si ritrovano un po’ ovunque in tutte le aree dell’abitazione-atelier, in salotto, nella sala da pranzo, nel giardino, fino a spingersi nei suggestivi spazi delle cantine in mattoni e con i soffitti a volte. Spazi per l’arte e per la vita in costante dialogo, un’occasione per mettere alla prova la creatività, ma soprattutto una straordinaria opportunità culturale per la città di Mantova. federico poletti Marco Giovani: Doppiogioco, 2004, Ombre di oggetti, grafite su carta intelaiata, poliestere Paolo Iacchetti: A squarciagola, 1992, olio su tela - Coll. M. Ghisi Eduard Habicher: En-tra, 2004, acciaio inox verniciato Cortile palazzo Cavriani