i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona

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i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
SEZIONE: STUDI EUROPEI
PANEL: Polity europea e cambiamento in tempi di crisi: rappresentanza, processi decisionali e cittadinanza
Le relazioni pericolose:
i Parlamenti nazionali
nel nuovo assetto di Lisbona
MILENA BIGATTO - [email protected]
Abstract
Il paper ripercorre l'evoluzi one del ruolo dei Parlamenti Nazionali (PN) nel sistema europeo e le nuove
disposizioni del Trattato di Lisbona con particolare attenzione alle prime e recentissime azioni intraprese dai
parlamenti nazionali nel nuovo quadro normativo. Attraverso l'analisi di documenti ufficiali e i primi dati
quantitativi relativi all'attività dei PN, il paper esplora le relazioni tra PN e Unione europea (UE) con particolare
attenzione per quelle con il Parlamento europeo (PE) e Commissione europea. Vengono esaminate le ipotesi
che le relazioni tra gli attori si stiano configurando seguendo un modello interparlamentare tipico dei sistemi
federali, oppure di un network informativo o piuttosto di un vero e proprio sistema di rappresentanza
parlamentare multilivello. [Il paper costituisce la prima tappa per l'elaborazione di un progetto di ricerca sulla
rappresentanza a livello europeo]
Introduzione
'No integration without representation ' è il titolo dell'ultimo capitolo di un libro sull'evoluzione del
Parlamento europeo (PE) che ben evoca la necessità condivisa di trovare una soluzione al deficit
democratico dell'UE, rafforzando in primo luogo la rappresentanza dei cittadini (Rittberger 2005,
197). Fin dagli anni Ottanta il problema del deficit democratico di legittimità e rappresentanza di cui soffre il
sistema politico europeo è stato al centro di riflessioni e azioni politiche che hanno portato il PE ad assumere
un ruolo di colegislatore e (parzialmente) controllore degli esecutivi e del bilancio comunitario. Tuttavia, il
deficit democratico non coincide con il deficit dei poteri del PE, ma investe l'intero sistema e quindi riguarda
anche tutte le altre istituzioni coinvolte nei processi di rappresentanza, tra cui assumono particolare rilevanza i
Parlamenti nazionali (PN). Il PE e i PN condividono infatti, la rappresentanza dei cittadini e la legittimità del
sistema europeo: il primo poiché eletto direttamente a rappresentare i cittadini nel policy making del sistema; i
secondi, anch'essi eletti direttamente dai cittadini, poiché legittimano i governi nazionali rappresentati al
Consiglio Europeo (CE) e al Consiglio dell'UE (Consiglio).
I PN sono stati inseriti all'interno del sistema europeo attraverso modifiche ai trattati, azioni di
coordinamento ed informazione da parte delle istituzioni europee e/o dai parlamenti a partire dalla fine degli
anni ottanta e, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, hanno consolidato la loro posizione all'interno dei
processi decisionali dell'UE. Le relazioni interparlamentari tra PE e PN e tra i PN e l'organo che detiene
l'iniziativa legislativa, la Commissione europea (Commissione), acquisiscono quindi, da un lato una nuova
rilevanza empirica relativa al mutamento delle relazioni interistituzionali ed efficacia del policy making;
dall'altro, una rilevanza normativa in merito alle forme e modalità di espressione della rappresentanza
democratica nel sistema. Che tipo di relazione esiste tra il PE e la Commissione da un lato e i PN dall'altro?
Qual'è il ruolo dei PN nel sistema europeo secondo i nuovi provvedimenti adottati? Si può davvero parlare di
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
un “multilevel parliamentary field” (Crum, Fossum 2009) o piuttosto la relazione tra queste istituzioni si
configura come un network informativo o strategico; o un sistema quasi-federale?
Il paper qui presentato è il primo passo verso la costruzione di un progetto di ricerca che si propone di
studiare come si declina la rappresentanza e quali ruoli assume l'istituzione parlamento in un sistema
multilivello come quello europeo. Nel primo capitolo vengono quindi presentati tre modelli tratti dall'esperienza
occidentale dello sviluppo dei parlamenti e dei sistemi nazionali. Nella parte seguente vengono descritti i
principali modi che i PN hanno sviluppato per interagire all'interno del sistema europeo prima dell'entrata in
vigore del trattato di Lisbona. Nella terza parte vengono illustrate le principali innovazioni introdotte dalla
nuova normativa. Il penultimo capitolo cerca di tratteggiare le linee principali delle relazioni interparlamnetari,
mentre nelle conclusioni si tracciano le prime ipotesi sugli scenari futuri e l'evoluzione delle relazioni
parlamentari nel sistema.
1 La rappresentanza diffusa nel sistema europeo.
Con l'aumento delle competenze degli anni Novanta la legittimazione del sistema politico europeo è
diventata una priorità politica dell'Unione. Accanto a provvedimenti relativi a migliorare la trasparenza delle
istituzioni, si sono cercate soluzioni al deficit democratico attraverso una maggiore partecipazione al policy
making della camera elettiva del sistema – il PE –, una ottimizzazione dell'efficacia ed efficienza delle
istituzioni, nonché una sensibilizzazione dei cittadini attraverso l'introduzione e consolidamento di meccanismi
di sussidiarietà1. Quest'ultimo elemento in particolare ha riscosso un discreto successo nella fase discendente
dell'implementazione delle norme. La partecipazione di enti locali e regionali nell'implementazione delle
politiche e la consultazione di organismi rappresentativi quali il Comitato delle Regioni e il Comitato economico
e sociale e altri attori non governativi in alcuni momenti dell'implementazione e della creazione delle proposte
normative attraverso il dialogo con la Commissione hanno dato risultati incoraggianti sebbene non si possano
definire risolutivi del problema del deficit democratico. Inoltre, l'europeizzazione, che ha avuto e continua ad
avere effetti sulle diverse organizzazioni politiche e sociali degli stati membri, contribuisce ad un lento e
difficoltoso avvicinarsi al policy making europeo di istituzioni quali i partiti e le burocrazie nazionali. D'altra
parte resta ancora molto limitata l'influenza delle istituzioni (politiche e sociali) locali e nazionali,
ad esclusione dei governi, nella fase ascendente della creazione delle norme.
La decisione di inserire con il trattato di Lisbona i PN all'interno del policy making è frutto di un
avvicinamento durato almeno 15 anni, prendendo come punto di riferimento le prime modifiche ai trattati
che prevedono una partecipazione al policy making introdotte con il trattato di Maastricht. In questi 15 anni - a
cui andrebbero aggiunti anche gli anni precedenti in cui il PE ha mantenuto un contatto con i PN e i tentativi
dei PN di influenzare le posizioni dei rispettivi governi in sede europea - sono state valutate differenti opzioni
da parte delle istituzioni europee e nazionali per includere i PN nel policy making senza destabilizzare il delicato
equilibrio europeo già messo a dura prova dall'introduzione della moneta unica e dall'allargamento a nuovi
paesi, senza contare le contraints esterne, prime tra tutte la crisi economica.
Contemporaneamente non possiamo non considerare il mutamento del ruolo dei parlamenti nel
contesto nazionale sia nei confronti dei governi che nei confronti dei partiti politici e ed elettorato. La crisi
dei parlamenti, sebbene sovrastimata nelle sue modalità ed effetti, è un fenomeno diffuso su tutto il territorio
europeo ed ha assunto diversa intensità in relazione alla situazione politica nazionale. In generale nei paesi
dell'Europa occidentale possiamo dire che, dopo la seconda guerra mondiale, i Parlamenti hanno perso il loro
ruolo di 'legislatori esclusivi' in favore dei governi e indebolito i rapporti con i loro elettori a causa del lento e
progressivo distacco dalla politica che ha caratterizzato in particolare l'ultimo venticinquennio. Nell'Europa
1
Il principio di sussidiarietà persegue due obiettivi:
da un lato autorizza un intervento della Comunità, nella misura in cui un obiettivo non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati
membri tramite misure a livello nazionale;
d'altro intende garantire la competenza degli Stati membri nei settori in cui una procedura comunitaria non può fornire una normativa
migliore. L'inserimento di questo principio nel sistema dei trattati europeo dovrebbe fare in modo che le decisioni comunitarie vengano
prese a un livello quanto più possibile vicino ai cittadini.
2
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
dell'est, sebbene la situazione sia diversa per l'esperienza storica di questa parte del continente, le nuove
democrazie hanno optato per modelli in cui il ruolo dei parlamenti è comunque molto limitato dai governi e
l'attaccamento dei cittadini alle istituzioni politiche è comunque molto problematico.
L'inserimento dei PN nel sistema di policy making e soprattutto nel decision making
complica il quadro degli strumenti di legittimazione del sistema. Accanto al PE che rappresenta i
cittadini degli stati membri vi sono almeno altre due istituzioni che rappresentano i cittadini europei nel
sistema: i governi nazionali nel Consiglio e il Comitato delle Regioni. Il primo rappresenta i governi
democraticamente eletti dei cittadini, mentre il secondo aspira a rappresentare le istanze dei cittadini a livello
locale. Se a queste istituzioni aggiungiamo il Comitato economico e sociale e le altre forme di Dialogo
recentemente inaugurate ed istituzionalizzate tra società civile e Commissione, il quadro diventa ancora più
complesso. Tuttavia al di là delle dichiarazioni di intenti e aspirazioni delle istituzioni e organismi europei, il
decision making resta saldo nelle mani dei governi riuniti nel Consiglio che, tutt'al più si trova a negoziare con
PE o con la Commissione, sebbene in entrambi i casi in posizione di vantaggio. Certamente non mancano
ambiti e situazioni in cui il PE e la Commissione sono usciti vincitori da un confronto con il Consiglio, tuttavia in
generale il risultato finale dell'orientamento politico e della produzione normativa resta nelle mani dei governi
nazionali, come ben ha dimostrato la vicenda dell'ultima riforma dei trattati.
L'inserimento dei PN nel sistema potrebbe costituire un elemento di disturbo di questo equilibrio a
favore di una maggiore partecipazione di elementi della rappresentanza dei cittadini, e in a particolare
potrebbe riconfigurare le relazioni tra le istituzioni a sfavore dei governi nazionali. Tre principali famiglie di
soluzioni sono state individuate da politici, osservatori e funzionari per l'inserimento dei PN nel sistema
europeo: quelle che mirano alla creazione di un network parlamentare informativo, quelle che aspirano
ad una relazione interparlamentare vicina a quelle dei sistemi federali, quelle che individuano un
sistema parlamentare multilivello.
Al primo gruppo appartengono tutte quelle soluzioni che mirano ad aumentare lo scambio di
esperienze e buone prassi tra i PN e con il PE. L'idea che sta alla base di queste proposte è che i PN devono
acquisire una maggiore conoscenza di ciò che accade a Bruxelles per riuscire a far valere la loro voce a livello
nazionale ed in particolare commisurato al ruolo che ricoprono nel loro sistema e la relazione che hanno con i
rispettivi governi.
La seconda soluzione richiama quella già in vigore nei paesi organizzati secondo modalità di tipo
federale; l'idea è che la partecipazione di un'assemblea elettiva sia fondamentale per garantire la democraticità
del sistema e che le camere a livello più basso e quelle centrali abbiano competenze per legiferare
complementari in modo da coprire l'intero spettro delle politiche. A livello europeo l'idea è che, poiché il PE non
è inserito in tutti i processi di produzione delle norme, ove manchi venga sostituito da un ruolo dei PN. Questa
è l'idea di rappresentanza cosiddetta 'a vasi comunicanti' ove le camere nazionali e quella europea sono i due
vasi che condividono la rappresentanza e hanno ambiti di competenza per legiferare complementari. Un'altra
proposta è quella che vede il Consiglio come seconda camera di un Parlamento europeo ed un ruolo per i PN di
consulenza o nella fase discendente dell'applicazione delle norme.
Il terzo gruppo di proposte si rifanno ad un modello di multilevel governance. La governance fa
riferimento al coordinamento tra attori diversi, non solo pubblici ma anche privati, su specifiche questioni di
policy. L’aggettivo ‘multilivello’ al fatto che le decisioni vengono prese ed implementate a diversi livelli di
organizzazione territoriale. Rispetto al modello federale in questo caso non è detto che la partecipazione dei PN
nel decision making sia dello stesso tipo e complementare a quella del PE, nonostante sia indiscussa
l'equivalenza rappresentativa dei due corpi. A questo gruppo appartengono quindi quelle soluzioni che affidano
ruoli di controllo in fase ascendente e discendente della normativa, la possibilità di agire come consulenti nella
fase di creazione delle proposte normative, la possibilità di bloccare la normativa europea a livello europeo o
nazionale.
In queste tre tipologie si possono raccogliere le proposte politiche volte a riformare il sistema e
inserire ulteriori elementi di democraticità nel policy making elaborate negli ultimi anni e discusse sia a livello
politico che accademico. Tutte queste proposte hanno almeno un elemento in comune: dopo una fase in cui
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Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
gli sforzi per democratizzare il sistema sono stati concentrati sulla società civile, l'attenzione è
ora tornata sulla rappresentanza parlamentare, ovvero quella dei cittadini tramite elezioni a
suffragio universale diretto. Sebbene infatti i PN siano eletti con sistemi elettorali e nell'ambito di
competizioni partitiche differenti tra loro condividono con il PE il mandato di rappresentanza della cittadinanza
negli ordinamenti politici. A parte questo comune punto di partenza le proposte si differenziano in relazione al
tipo di sistema politico che si vuole costruire. Per questi motivi, quando nelle riforme si toccano istituzioni così
storicamente e geograficamente connotate come i parlamenti, il dibattito non può che diventare una 'cartina
tornasole' delle intenzioni politiche e possibili sviluppi dell'intero del sistema.
2 Le relazioni interparlamentari
Negli affari europei e internazionali i PN non hanno lo stesso accesso diretto alle informazioni e
capacità di risposta che invece hanno i governi che sono i principali attori dei processi di decisione. In primo
luogo perché in generale i processi decisionali all'interno di un'assemblea sono differenti da quelli di un
governo. Inoltre la partecipazione diretta dei PN nelle relazioni estere è un elemento recente nel panorama
dello sviluppo delle democrazie contemporanee. Generalmente, i PN ambiscono ad avere un ruolo nell'arena
internazionale attraverso un controllo sul governo. Tuttavia in molti casi gli ordinamenti interni non
attribuiscono ai PN che competenze limitate in questa materia (ad esempio ratifiche di accordi o trasposizione
nella normativa nazionale di provvedimenti già stipulati dai governi) e l'influenza sul governo è difficile o
mediata dalla specifica relazione governo-istituzione parlamentare.
D'altra parte i PN e i loro membri hanno comunque la facoltà di interagire con altri organismi non
nazionali,sebbene non sempre abbiano agito come attori unitari o abbiano creato legami interparlamentari
stabili nel tempo. In particolare, se consideriamo tutte le attività dei PN, le loro articolazioni interne a
competenza internazionale/sovranazionale, le associazioni interparlamentari di cui sono membri emerge un
quadro molto complesso e ricco di ridondanze. Oltre ad agire come istituzione del proprio ordinamento
influenzando la politica estera del governo, in generale possiamo considerare tre modalità dell'azione
parlamentare nel contesto internazionale/sovranazionale:
•
•
•
delegazioni di parlamentari nazionali all'interno di istituzioni UE o internazionali;
organizzazioni che sono costituite da delegazioni di Parlamenti Nazionali;
organizzazioni di organismi dei parlamenti.
La prima modalità di azione è quella legata alle delegazioni istituzionalizzate dei PN all'interno delle
organizzazioni internazionali. Nel caso dell'UE ad esempio è il caso delle delegazioni dei parlamentari nazionali
che fino al 1979 hanno composto il Parlamento Europeo. La seconda modalità comprende iniziative dell'ultimo
ventennio non stabili, raramente dotate di regolamenti e le la cui riunione dipende dagli indirizzi politici e
volontà dei deputati che vi prendono parte e del parlamento in generale. Queste assumono prevalentemente la
forma di conferenze parlamentari volte a monitorare l'attività delle più importanti organizzazioni internazionali,
oppure incrementare le relazioni con particolari aree geografiche, oppure approfondire temi di interesse
dell'agenda politica globale. La terza modalità è una modalità intermedia tra le precedenti in cui organi dei
Parlamenti o gruppi di parlamentari hanno avviato dialoghi più strutturati e in alcuni casi costituito delle
organizzazioni dotate di autonomia regolamentativa e riconosciute dagli organismi internazionali. Quest'ultima
categoria è di particolare interesse nel caso dello sviluppo di sistemi politici regionali e trova la sua forma più
istituzionalizzata nel caso dell'Unione europea2.
Queste modalità di azione parlamentare nel contesto internazionale/sovranazionale si differenziano
anche per le loro funzioni rispetto al sistema politico a cui appartiene il parlamento e il contesto internazionale
a cui si rivolgono. In particolare nel primo caso il ruolo delle delegazioni parlamentari nell'arena internazionale
dipende dalla struttura e funzione dell'organizzazione di cui fanno parte e dall'importanza che i paesi membri
2
Un caso di particolare interesse è quello della IPU, l'Unione Interparlamentare che riunisce le delegazioni nazionali di 155 paesi e 9 paesi
associati e che, fondata nel 1889, ambisce a divenire una sorta di assemblea parlamentare delle Nazioni Unite.
4
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
danno alla stessa. Nel secondo caso ricadono tutte quelle attività di diplomazia parlamentare e (in)-formazione
dei deputati che si inseriscono in un pacchetto più ampio delle relazioni internazionali tra paesi in cui
tradizionalmente i governi giocano il ruolo di protagonisti. La terza categoria, invece, raccoglie quelle
organizzazioni che aspirano ad avere un ruolo non solo informativo, ma anche politico nei sistemi internazionali
e sovranazionali cercando di inserirsi nelle maglie del policy making di sistemi formati o in via di formazione.
Tabella 1: Azione parlamentare nel contesto internazionale: il caso dell'Italia
3
Delegazioni
di
parlamentari Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (CdE)
nazionali all'interno di istituzioni UE Assemblea parlamentare dell’Unione dell’Europa Occidentale (UEO)
o internazionali
Assemblea parlamentare dell’Organizzazione del Trattato Atlantico (NATO),
Assemblea parlamentare dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in
Europa (OSCE),
Assemblea parlamentare dell’Iniziativa Centro Europea (INCE)
Assemblea parlamentare euro-mediterranea (APEM)
Organizzazioni
che
riuniscono La
delegazioni di Parlamenti Nazionali
La
La
La
La
La
Le
Le
Le
La
Conferenza europea dei Presidenti di Parlamento (Consiglio d'Europa)
Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euro-mediterranei
Conferenza mondiale dei Presidenti dei Parlamenti UIP in ambito ONU
partecipazione parlamentare in ambito ONU
partecipazione parlamentare alle Conferenze del OMC
Rete parlamentare sulla Banca Mondiale (PNOWB)
Conferenze per il dialogo con i Paesi africani
Conferenze interparlamentari in ambito scientifico e tecnologico
Conferenze internazionali in campo ambientale
Conferenza parlamentare del G8
Organizzazioni di articolazioni dei La Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea
parlamenti o di membri dei La Conferenza degli organismi specializzati negli affari comunitari ed europei dei
parlamenti.
parlamenti dell'UE (COSAC)
(Le riunioni dei rappresentanti delle omologhe commissioni dei Parlamenti dell'UE 4)
L'Unione Inter-Parlamentare (IPU)
Dati dal Sito del Parlamento italiano.
Nelle prossime pagine vengono prese in considerazioni non tutte le organizzazioni interparlamentari,
ma solo quelle che appartengono alla terza categoria, ovvero quelle organizzazioni ad alto grado di
istituzionalizzazione che aspirano ad avere un ruolo nel policy making, in particolare nel caso più
avanzato ovvero quello dell'Unione europea. Queste organizzazioni possono essere considerate emanazioni dei
Parlamenti nazionali (più o meno supportate dal PE) che aspirano ad inserire un ulteriore elemento di
democraticità nel sistema sovranazionale fondando le proprie ambizioni sulla democraticità dei sistemi da cui
provengono. Inoltre nel caso dell'UE dobbiamo considerare anche un caso particolare di azione del Parlamento
nel suo insieme che non ha eguali in altri sistemi e che recenti modifiche ai trattati fondativi ha introdotto. In
particolare viene analizzata l'evoluzione delle relazioni tra PN e UE, il ruolo della Conferenza dei Presidenti dei
Parlamenti, delle Commissioni dei Parlamenti nazionali e la COSAC prima e dopo le modifiche introdotte con il
TL.
2.1
I PN nei trattati: dalle origini alla riforma di Lisbona
Certamente i Parlamenti hanno avuto, e continuano a mantenere, la possibilità attraverso le
dinamiche di politica interna di agire sulle decisioni dei propri governi in ambito della politica europea. Nei
trattati originari ritroviamo il fondamento del più forte legame che le Comunità avevano con i PN; fino al
3
4
L'elenco qui riportato non è esaustivo di tutte le iniziative, ma è riportato a solo titolo d'esempio.
Alcune riunioni hanno, di fatto, assunto cadenza periodica, come quella dei Presidenti delle commissioni affari esteri. Negli ultimi anni è
stata inoltre introdotta la prassi di riunioni parlamentari presiedute congiuntamente dal Parlamento del paese che esercita la Presidenza
dell'UE e dal Parlamento europeo.
5
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
1979, infatti, i membri del PE erano individuati tra i parlamentari nazionali, costituendo quindi un legame
'organico' tra le istituzioni sovranazionali e i sistemi nazionali tuttavia l'elezione dei membri del PE,
sebbene abbia da un lato contribuito alla legittimità democratica del sistema, ha interrotto il legame diretto con
i PN.
Contemporaneamente non si può tralasciare che la cooperazione interparlamentare ha radici temporali
molto più lontane della creazione della CECA e il legame tra i PN e l'UE non si è mai del tutto sciolto 5. In
particolare è rimasto vivo non solo per il fatto che per lungo periodo, non esistendo il divieto di doppio
mandato parlamentare fino alle ultime legislature, molti deputati europei erano anche deputati dei PN, ma
anche perché molti MPE hanno una esperienza precedente parlamentare a livello nazionale che gli consente di
mantenere dei contatti anche se informali con deputati nazionali. Inoltre, la cooperazione internazionale tra
parlamenti ha ricevuto un notevole stimolo dalla fine della guerra fredda e l 'introduzione di massa delle nuove
tecnologie che hanno permesso una più rapida ed efficacie comunicazione. Inoltre è necessario aggiungere che
dalla fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta il dibattito sull'allargamento delle competenze e
approfondimento dell'integrazione tra i paesi membri e la necessità della legittimazione democratica del nuovo
sistema aveva portato l'attenzione sulla cosiddetta parlamentarizzazione del sistema e il ruolo dei PN.
Non è quindi una sorpresa l'inserimento nel trattato di Maastricht (1991) di due dichiarazioni (13 e 14)
che affrontano il tema del ruolo dei PN nel sistema. I governi riuniti a Maastricht firmano una riforma dei
trattati che non solo da vita al sistema UE, ma che apre le porte del policy making comunitario ai PN. Le due
dichiarazioni prevedono in particolare il diritto di informazione delle assemblee nazionali, ovvero:
•
il rispetto del ruolo dei PN nel funzionamento dell'UE in base ai quali questi devono essere informati dai
rispettivi governi delle proposte legislative comunitarie "in tempo utile" e tenere, se necessario, conferenze
comuni) e,
•
la promozione della cooperazione PE e PN (attraverso i contatti, gli scambi di informazione, incontri
regolari).
Tuttavia, come spesso accade, le dichiarazioni semplicemente prendono atto di una prassi che va
consolidandosi da anni secondo cui i governi, in generale, informano i propri parlamenti del loro operato a
Bruxelles. Inoltre, il PE fin dagli anni Sessanta mantiene con i PN un legame, seppure limitato alla diffusione di
informazioni o elaborazione di pareri congiunti attraverso le sue delegazioni ospitate in organismi internazionali
o di collaborazione con parlamenti europei e extra europei.6
Malgrado il riconoscimento formale del diritto di informazione, il problema dei PN rimane il tempo
di reazione che si profila ben più lungo di quello del governo. Inoltre molto spesso le discrepanze tra
orientamenti politici dei Parlamenti e dei governi si traducono nel ritardo della comunicazione che di fatto
impedisce un attento esame da parte della commissione parlamentare nazionale competente e quella per gli
affari europei. Per questo motivo fin dagli anni Novanta i PN richiedono una trasmissione più rapida
delle proposte di normativa e una calendarizzazione del decision making adeguata al tempo di
reazione.
Dopo pochi anni dal Trattato di Maastricht con il Trattato di Amsterdam il tema della partecipazione
dei PN passa dalla Dichiarazione allegata alla fine del Trattato al rango superiore (almeno in termini politici)
ovvero quello di Protocollo. Il Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali incoraggia una maggiore
partecipazione dei parlamenti nazionali alle attività dell'UE e a tal fine prevede:
•
•
•
una comunicazione più rapida e diretta dei documenti di consultazione della Commissione ai PN, sebbene
5
6
La creazione dell'IPU (Interparliamentary Unione) risale infatti al 1889.
ne resti compito dei governi degli stati membri la trasmissione;
individua in sei settimane il tempo di una eventuale reazione di un PN alla proposta di norma,
Le dichiarazioni pongono l'accento sui rapporti tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo, in vista di prospettive di «cooperazione
democratica», che non si ritrova però, nel successivo protocollo di Amsterdam; la Conferenza dei Parlamenti citata nella dichiarazione non
si riferisce alla COSAC, ma ad altre forme di cooperazione interparlamentare, come le Assise di Roma del 1990. Le relazioni PN – PE sono
oggetto di un capitolo successivo.
6
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
identificandolo come termine minimo per l'iscrizione all'odg di una riunione del Consiglio;
•
infine, viene riconosciuta la COSAC e un legame informativo con essa che è abilitata a trasmettere pareri
alle istituzioni europee.
Le dichiarazioni e i protocolli evidenziano la chiara posizione dei governi nazionali secondo la quale il
ruolo dei parlamenti nazionali debba essere prevalentemente informativo e limitato ad una funzione di
controllo sull’attività dei rispettivi governi. Manca quindi l’attribuzione ai PN di una legittimazione ad
intervenire nel decision making.
La volontà degli Stati di attribuire un ruolo ai PN nel policy making dell'UE viene
riconosciuta invece nella Dichiarazione n. 23 relativa al futuro dell'Unione allegata al Trattato di Nizza (2001) e
affrontata apertamente nella Dichiarazione sul futuro dell’Unione europea adottata dal Consiglio europeo di
Laeken dello stesso anno in cui si proclama che 'anche i parlamenti nazionali contribuiscono alla legittimazione
del progetto europeo'. È in quella occasione che il problema della partecipazione dei PN al decision making
comunitario viene espressa compiutamente:
'La seconda domanda, anch'essa in tema di legittimità democratica, riguarda il
ruolo dei parlamenti nazionali. Debbono essere rappresentati in una nuova istituzione, a
fianco del Consiglio e del Parlamento europeo? Debbono svolgere un ruolo nei settori
d’intervento europei per i quali il Parlamento europeo non è competente? Debbono
concentrarsi sulla ripartizione delle competenze fra Unione e Stati membri, ad esempio
mediante una verifica preliminare del rispetto del principio di sussidiarietà?'
Dal punto di vista di una formale partecipazione al decision making del sistema, non si riscontrano
significative modifiche almeno fino alla convocazione della Convenzione e la stesura della Trattato
costituzionale. I governi non hanno alcun interesse ad inserire nel decision making i loro
parlamenti; considerando le differenze in termini di potere di controllo che le camere hanno sui rispettivi
governi a livello nazionale il panorama delle possibili implicazioni è estremamente variegato, ma prima tra tutte
la possibilità che i parlamenti usino questa competenza a livello europeo per influenzare il policy making a
livello nazionale o viceversa. Tuttavia, sebbene di fronte allo sviluppo di competenze del sistema europeo i
governi abbiano riconosciuto la necessità di una legittimazione democratica del sistema rivolgendosi
anche ai PN, alla fine degli anni Novanta non era chiaro è quali opzioni siano realmente perseguibili.
Tabella 2: Posizione dei maggiori partiti in merito al ruolo dei Parlamenti (1986-1998)
Fonte: Maurer Wessel (2001, 55)
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Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
Tra i meriti della Convenzione va riconosciuto quello di aver creato un'arena temporalmente
definita di discussione sul futuro delle relazioni tra PN e UE che ha prodotto una serie di documenti e
posizioni sul tema senza precedenti. Questo straordinario evento è probabilmente riconducibile alla
composizione stessa della Convenzione che riuniva tra i suoi membri anche due parlamentari per ciascun
paese.7 Un gruppo di lavoro concentra su proposte per ampliare il ruolo dei PN, in particolare sul modo di
migliorare il controllo parlamentare sui governi, sui rapporti interparlamentari e soprattutto sul rispetto dei
principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il gruppo sottolinea come sia necessario individuare un meccanismo
affinché i parlamenti possano pronunciarsi su tutte le proposte legislative: in particolare vengono individuate
tra le misure la trasmissione diretta delle proposte direttamente dalla Commissione ai PN e si riconosca uno
status preciso alla eventuale riserva parlamentare. È interessante notare come quasi da subito la proposta di
creazione di nuove istituzioni per la rappresentanza dei PN non incontri il favore di una maggioranza e che
anche un eventuale ruolo supplente dei PN negli ambiti non di competenza del PE per garantire la legittimità
democratica (il sistema di rappresentanza a vasi comunicanti) viene abbandonato (Sicardi 2005).
Nel corso della Convenzione, il tema della sussidiarietà e dell'attribuzione delle competenze a
stati membri e istituzioni europee è uno dei più sensibili; è all'interno di questo dibattito che è stata individuata
una soluzione per il ruolo dei PN. In particolare il gruppo di lavoro ha sostenuto la necessità di prevedere per i
PN un controllo ex-ante di sussidiarietà sulle norme proposte dalla Commissione. Malgrado le critiche di
uno scarso interesse da parte dell'intera convenzione del tema dei PN, la Convenzione licenzia un atto
(Trattato – Costituzione) che riprende in generale quanto richiesto dal gruppo di lavoro:
•
il ruolo dei PN quali guardiani della sussidiarietà; in contatto diretto con la Commissione per la trasmissione
della proposta;
•
il ruolo dei PN in quei settori della politica estera in cui il ruolo del PE è debole attraverso la creazione di
commissioni congiunte di delegazioni dei PN e PE (con un ruolo informativo).
•
Inoltre i PN vengo menzionati non solo nei protocolli ma anche nel testo degli articoli, sottolineando in
particolare il loro ruolo di guardiani della democrazia rappresentativa.
Con il testo proposto, sebbene poi la sua ratifica venga interrotta e venga ri-editato in forma di un
nuovo trattato, la questione del ruolo dei PN passa dal diritto di informazione alla modalità di
partecipazione al decision making. Aperta questa strada, nell'elaborazione del Trattato di Lisbona verranno
mantenute e elaborate le proposte della convenzione.
D'altra parte se i governi nazionali faticano a trovare una soluzione che concili la loro volontà di
attribuire ai PN un ruolo modesto negli affari sovranazionali e la necessità della legittimazione democratica del
sistema, i PN non restano a guardare e intensificano le attività interparlamentari e le relazioni con la
Commissione e il loro diretto alleato e competitor il PE.
2.2
La Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea
La Conferenza dei presidenti dei parlamenti nazionali (CPPUe) – che raccoglie i presidenti dei
parlamenti dei paesi membri dell'UE e il presidente del PE con eguale status - è forse il più vecchio
strumento di coordinamento tra i parlamenti dei paesi membri dell'Unione europea. La prima riunione
risale al 1963 su iniziativa del PE; gli incontri sono sempre più frequenti negli anni seguenti e acquisiscono
7
Il Consiglio europeo ha designato V. Giscard d'Estaing quale Presidente della Convenzione e G. Amato e J.L. Dehaene quali Vicepresidenti.
La Convenzione riunisce i principali soggetti interessati al dibattito sul futuro dell'Unione. Oltre che dal Presidente e dai due Vicepresidenti
la Convenzione è composta da:15 rappresentanti dei Capi di Stato o di Governo degli Stati membri (1 per Stato membro), 13
rappresentanti dei Capi di Stato o di Governo dei paesi candidati all'adesione (1 per paese candidato), 30 rappresentanti dei Parlamenti
nazionali degli Stati membri (2 per Stato membro), 26 rappresentanti dei Parlamenti nazionali dei paesi candidati all'adesione (2 per paese
candidato), 16 rappresentanti del Parlamento europeo, 2 rappresentanti della Commissione europea. Per una raccolta completa dei
documenti prodotti dalla convenzione si rinvia al sito della stessa.
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Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
cadenza almeno annuale a partire dall'inizio degli anni ottanta. La regolarità degli appuntamenti si affianca ad
una maggiore regolamentazione degli incontri. Viene ad istituirsi la prassi di convocare alternatamente una
piccola e una grande conferenza, dove alla prima partecipano solo i presidenti dei parlamenti nazionali mentre
alla seconda anche i presidenti del PE del Consiglio d'Europa e dell'assemblea del consiglio d'Europa.
A partire dal 1999 la differenza tra i due tipi viene a scemare a favore della formazione più allargata e
le riunioni hanno cadenza annuale, sebbene sempre più spesso vengano convocate anche riunioni informali su
temi specifici che portano a due per anno gli effettivi incontri della Conferenza. Le norme per lo svolgimento
degli incontri vengono raccolte in una sorta di regolamento emanato sotto forma di linee guida: le prime linee
guida sono state adottate in occasione della conferenza tenuta a Roma 22-24 settembre 2000 e rivedute in
differenti occasioni ed infine durante la conferenza tenutasi a Stoccolma 14-15 maggio 2010. Fino al 2008 il
Presidente della Conferenza è il Presidente del Parlamento che ospita la Conferenza e che coincide con il paese
membro che esercita la presidenza del Consiglio.
Tabella 3: Incontri formali della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti nazionali
Numero di incontri della Conferenza dei presidenti
Numero di incontri
3
2
1
0
1954
1958
1962
1966
1970
1974
1978
1982
1986
1990
1994
1998
2002
2006
2010
1952
1956
1960
1964
1968
1972
1976
1980
1984
1988
1992
1996
2000
2004
2008
Anno
Fonte: Dati dal sito IPEX. Elaborazione personale.
Durante le sue riunioni i membri oltre a scambiarsi esempi di buone prassi relative alla loro
organizzazione interna e delle modalità di relazione con il sistema sovranazionale, discutono di temi
di politica internazionale che hanno particolare rilevanza per lo sviluppo della legittimità parlamentare dell'UE.
Alla fine di ciascuna riunione una relazione sui principali punti d'accordo viene votata all'unanimità e diffusa alle
istituzioni europee e a tutti governo nazionali. Se fino alla fine degli anni Novanta l'azione di questa Conferenza
era limitata allo scambio di buone pratica e alla creazione delle strutture necessarie per un dialogo costruttivo,
oggi la Conferenza è in grado di produrre opinioni sui principali temi di attualità raggiungendo il consenso
tra i presidenti dei parlamenti di 27 paesi membri più il PE che vengono sottoposte alle istituzioni europee e
nazionali e tenute da queste sempre in maggiore considerazione.
La produzione di documenti da parte della conferenza richiama due ordini di problemi, il primo la
modalità di approvazione e la seconda è la rappresentatività e la forza dell'atto. Nel primo caso il
problema si riferisce alla prassi di raggiungere l'approvazione attraverso il consenso di tutti i membri. Questa
modalità condiziona inevitabilmente la scelta dell'agenda e la prestazione dell'organizzazione nel sistema. In
particolare sulle discussioni in merito al ruolo dell'organismo nel sistema europeo riproducono fratture che
ritroviamo anche in altri consessi quali la COSAC, ovvero da un lato l'asse Francia Belgio Lussemburgo,
favorevole all'ampliamento dei poteri e dall'altro Danimarca, Finlandia e Svezia che forti della loro posizione
favorevole negli ordinamenti nazionali si oppongono ad ulteriori attori nel contesto internazionale (Fasone
2009, 173).
Il secondo problema che resterà anch'esso inalterato con l'entrata in vigore del TL è la forza dell'atto
in relazione a chi i presidenti riuniti nella conferenza rappresentano. Le differenze nel ruolo di Presidente che
9
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
ritroviamo nelle camere a livello nazionale si ripercuote sulla rappresentatività della posizione espressa: ad
esempio in alcuni casi il Presidente del PN è un membro della maggioranza in altre ricopre una funzione super
partes, cosa che evidentemente condiziona poi la rappresentatività del suo voto.
Il differente ruolo che i presidenti ricoprono nei sistemi nazionali è importante anche per verificare gli
effetti della membership sul parlamento nazionale. Sebbene emergano visoni critiche sugli effetti di questo
genere di conferenze in termini di policy efficacy, la maggioranza dei presidenti riconosce la sua utilità in
termini di creazione di contatti e diffusione di buone prassi. Tuttavia, quanto di quello che viene esperito in
queste sedi effettivamente riesca a contagiare il PN dipende non solo dalla personalità del Presidente, ma
anche dal ruolo che questo ricopre. In particolare dove il ruolo del Presidente è scollegato da quello del capo
del governo, la capacità di influenzare i dibattiti parlamentari e le posizioni del governo sarà inferiore
(Bengtson 2007, 59).
2.3
I parlamenti e Le Commissioni parlamentari per gli affari comunitari (CAE)
L'idea di un vero e proprio scrutinio parlamentare della normativa europea è ampiamente condiviso
nei parlamenti nazionali che fin dal loro ingresso nelle comunità e con il progressivo aumento delle competenze
comunitarie, istituiscono norme ad hoc ed organismi. Tuttavia l'esigenza di uno scrutinio parlamentare trova
risposte organizzative e strategiche molto differenti. In tutti i 27 paesi membri dell'UE i PN si sono dotati di
Commissioni per gli Affari europei (CAE) e in molti casi le commissioni parlamentari esistenti affrontano
direttamente la discussione della normativa. Lo scopo e profondità del lavoro parlamentare delle commissione
differisce tra un parlamento ed un altro in base alle caratteristiche del sistema, ma l'attenzione per le questioni
europee è sempre più frequente da parte dei PN a partire dalla fine degli anni Ottanta e l'entrata in vigore
dell'Atto Unico europeo (AUE)8.
La prima differenza risiede nella diversità di sistemi parlamentari; dei 27 Parlamenti nazionali
dell’Unione Europea, 13 sono bicamerali (austriaco, belga, ceco, francese, tedesco, italiano, olandese,
spagnolo, britannico, sloveno, rumeno, polacco, irlandese) e 14 sono unicamerali (cipriota, danese, estone,
finlandese, greco, ungherese, lituano, lettone, lussemburghese, maltese, portoghese, slovacco, svedese,
bulgaro). Si pone quindi il problema della creazioni di norme e organismi in cui ciascuna delle camere e del
coordinamento tra loro e il Parlamento nel suo insieme. Oltre a queste macro differenze vi sono differenze
relative alle relazioni tra le due camere e la loro composizione e il ruolo delle commissioni nel policy e decision
making parlamentare, nonchè di quello nel sistema politico nel suo insieme.
La differenza strutturale in mono e bicamerale e quella delle relazioni tra governo e parlamento
influenzano i tempi e modi di informazione. Fino al Trattato di Lisbona, in accordo alla Dichiarazione allegata al
Trattato di Maastricht come nel protocollo allegato al Trattato di Amsterdam, la responsabilità per la
comunicazione al Parlamento delle proposte di normativa della commissione è nelle mani del Governo. Il
secondo aspetto che diversifica il panorama delle CAE è l'organizzazione dello scrutinio all'interno della Camera
e nelle commissioni Parlamentari. Jans e Piedrafita (2009) individuano tre principali tipi di commissioni
nell'organizzazione e funzioni delle CAE o delle commissioni naturali che si riuniscono con agenda europea. nel
caso dei parlamenti di Regno Unito, Repubblica Ceca, Cipro, Francia, Germania, Italia, Irlanda, Portogallo,
Belgio, Lussemburgo, Bulgaria e Paesi Bassi (Eerste kamer) le commissioni concentrano la loro attenzione ed
energie nell'analisi dei documenti che vengono loro sottoposti al fine di individuare criticità e proporre eventuali
cambiamenti scrutiny systems (documents base system, COSAC 2005). Nel caso invece di Danimarca Estonia,
Finlandia, Lettonia, Lituania, Polonia (Sejm), Repubblica slovacca, Slovenia, e Svezia l'attenzione dei membri
delle commissioni è concentrata sulla posizione e strategia politica del governo nel decision making mandating
or procedural system (COSAC 2005). Infine nel caso di Spagna e Grecia i parlamenti sono più favorevoli ad un
dialogo con il governo cercando di influenzare le sue posizioni attraverso dibattiti parlamentari informal
influencers.
8
Per una dettagliata e accurata ricognizione delle caratteristiche dei PN e delle caratteristiche delle commissioni vedi Maurer Wessels 2001.
10
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
Tabella 4: Creazione delle commissioni per gli affari europei prima dell'allargamento
Fonte: Maurer Wessels 2001, 437.
Alcune commissioni si sono dimostrate più attive di altre: almeno fino al decennio scorso, le
commissioni del parlamento danese, francese, tedesco finlandese, quella della seconda camera olandese e
della prima camera austriaca hanno mostrato non solo interesse per le questioni europee ma anche particolare
attivismo sia all'interno della camera, ma anche nelle relazioni con il governo (Maurer Wessels 2001, 438).
In generale nel corso degli ultimi dieci anni si è assistito ad un parziale avvicinamento di alcune prassi
nello scrutinio parlamentare, ad esempio una volta giunto in parlamento l'atto da scrutinare, questo viene
discusso sia in sede di commissione competente per materia che nella CAE, spesso parlamentari europei (di
norma dello stesso paese) vengono chiamati per presentare e/o discutere le norme approvate e talvolta i futuri
scenari dell'integrazione. Anche nella modalità di azione e relazione con il governo questi tre tipi cominciano a
11
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
somigliarsi. Spesso il primo tipo (scrutiny system) agisce in direzione del controllo sull'esecutivo e il secondo
(mandating system) tipo attiva percorsi di revisione regolarmente. Tuttavia fino all'inizio del decennio permane
una situazione molto variegata come a titolo di esempio dimostra il risultato delle analisi di una ricerca sul
tema illustrato qui sotto.
Tabella 5: Scrutinio parlamnetare nei paesi membri.
Fonte: Convention - Working group IV – "Role of National Parliaments", doc. 8.
2.4
La Conferenza delle CAE (COSAC)
Al fine di migliorare la capacità di relazionarsi dei PN con le istituzioni europee nel 1989, su proposta
francese viene istituita la COSAC che riunisce i rappresentanti delle CAE dei paesi membri e del PE. 9 La COSAC
si riunisce di norma due volte l'anno nel paese membro che detiene la presidenza di turno dell'UE. A differenza
di altre forme di cooperazione parlamentare, la COSAC non solo nasce con l'appoggio dei governi, ma
viene formalmente riconosciuta a livello sovranazionale e il suo ruolo di coordinamento e informazione
nel protocollo Trattato di Amsterdam. Bisogna attendere il 1991 per avere il primo regolamento della
Conferenza.
Le conclusioni degli incontri vengono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e indirizzate alle istituzioni
europee. Le conferenze hanno come scopo non la costruzione di strategie politiche, ma piuttosto il necessario
network di informazioni e best practices necessari per creare un terreno comune su cui poter
eventualmente sviluppare dibattiti su temi di attualità politica. Ancora più debole della Conferenza dei
Presidenti in termini di rappresentatività, la COSAC infatti non ha sviluppato un vero e proprio meccanismo di
scrutinio e la maggioranza dei parlamenti non sarebbe favorevole a una simile svolta (Maurer Wessels2001, 2122). Ciò è dovuto principalmente al fatto che le CAE non sono comitati specializzati in una politica in
particolare, non sono rappresentativi dei parlamenti da cui provengono e le loro funzioni all'interno dei PN sono
molto diversificate.
Se la COSAC nasce sotto l'egida dei governi nazionali ed in risposta ad una esigenza dei Parlamentari
nazionali, anche le istituzioni europee hanno realizzato l'importanza del coinvolgimento dei PN nel policy
making europeo come testimonia la Dichiarazione allegata al Trattato di Maastricht (1993). Il parlamento
francese nel 1995 propone di istituzionalizzare la COSAC come seconda camera, senza tuttavia riscontrare
l'appoggio necessario ne dai governi ne dai parlamenti europei e PE (Maurer Wessels 2001, 59).
9
La sigla COSAC si riferisce alla versione francese del nome: Conférence des organes spécialisés dans les affaires communautaires. Per una
descrizione dettagliata sulla storia vedi il sito dell'istituzione.
12
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
3 Le nuove relazioni interparlamentari nel trattato di Lisbona.
3.1
Un ruolo per i Parlamenti nazionali
Il Trattato di Lisbona segna una svolta nel ruolo formale dei Parlamenti all'interno del policy making
del sistema europeo. Il primo elemento da segnalare è l'introduzione dei PN quali attori all'interno del Trattato
e non nelle dichiarazioni e nei protocolli. Questo elemento testimonia la volontà dei governi di inserire la
rappresentanza nazionale all'interno del sistema con il ruolo di assicurare un ulteriore controllo sulla
sussidiarietà e il buon funzionamento del sistema (Art. 5 e 12 TEU). Fino al 1979 i PN agivano direttamente
all'interno del sistema come delegazioni nazionali all'interno del PE, tuttavia, non solo non agivano a nome dei
parlamenti nazionali, ma l'istituzione non aveva quasi alcun peso nel sistema. Quando il sistema si è
consolidato e il PE ha acquisto maggiori poteri dall'eleggibilità diretta dei suoi deputati, vista anche la necessità
della costruzione di una identità parlamentare dell'istituzione europea, il ruolo dei PN è sto emarginato a quello
di ratificatori dei trattati (sebbene in alcuni casi i PN abbiano influenzato i governi durante i negoziati) e la
traduzione a livello statale delle norme comunitarie.
A seguito della volontà di trovare soluzioni al deficit democratico e l'allargamento delle competenze, il
ruolo dei PN è rientrato nei dibattiti intergovernativi e la Convenzione, nel suo trattato costituzionale, ha
individuato una serie di opportunità di azione per i PN. La mancata ratifica e la rielaborazione di un nuovo
trattato, non hanno nuociuto ai PN che si sono visti migliorare le loro condizioni all'interno della normativa. La
novità introdotta nel Trattato di Lisbona rispetto al Trattato Costituzionale, è l'inserimento di un nuovo articolo
(art.12) specificatamente dedicato ai PN. In sintesi con questo articolo i PN 'divengono interlocutori diretti
delle istituzioni dell'Unione, acquisendo un ruolo formalmente indipendente dallo stato membro a
cui appartengono' (Gianniti e Mastrioianni 2008, 161). In particolare nel nuovo TL ai PN vengono
riconosciuti:
•
il diritto di ricevere documenti direttamente dalle istituzioni europee in particolare le proposte di legge dalla
Commissione, in tempi utili ad una efficacie azione (modifiche al protocollo sul ruolo dei parlamenti
nazionali nell'UE);
•
un ruolo nel controllo di sussidiarietà (art. 5 TUE, art. 69 e 352 TFUE, e protocollo sulla sussidiarietà e
proporzionalità);
•
il diritto di essere informati sulla valutazione dell'attuazione da parte delle autorità degli Stati membri delle
politiche dell'UE relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (art. 70 del TFUE);
•
il diritto di essere informati sul lavoro del Comitato Permanente del Consiglio, responsabile per la
promozione e il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza interna (art. 71 del TFUE);
•
•
i diritti nella valutazione delle attività di Eurojust e di controllo delle attività dell'Europol (art 85 e 88 TFUE);
•
il controllo, sul piano politico e tramite sollecitazione del ricorso giurisdizionale alla Corte di Giustizia, sul
rispetto del principio di sussidiarietà (e/o di attribuzione);
la rappresentanza all'interno delle future convenzioni incaricate di presentare proposte per le eventuali
riforme dei trattati (art. 48 (3) TEU);
•
il diritto di veto sull'applicazione del Consiglio della cosiddetta passerella' (art. 48 (7) TEU e Art. 81 (3)
TFEU).
Con il Trattato di Lisbona l'informazione passa dalle mani dei governi a quella delle istituzioni europee,
in particolare della Commissione con cui si consolida un legame iniziato già nel periodo precedente l'entrata in
vigore della nuova normativa. Anche per quanto riguarda i tempi, il termine delle 8 settimane per reagire ad
una proposta legislativa e suscitare dubbi sulla sussidiarietà è confermata. Tuttavia come emergeva già dalle
13
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
proposte precedenti l'approvazione e dalle relazioni della COSAC le otto settimane a disposizione del
parlamento per lo scrutinio non sembrano essere sufficienti. Inoltre considerando l'aumento delle procedure
chiuse dopo la prima lettura non si può pensare di posporre il contributo dei PN in un'altra fase del decision
making.
Entro otto settimane dalla comunicazione da parte della Commissione ogni PN può presentare un
parere motivato affermando cui ritiene che un progetto di atto legislativo non è conforme al principio di
sussidiarietà. Ogni parlamento nazionale dispone di due voti e in caso di sistemi bicamerali, ciascuna delle due
camere ha un voto. Nella UE a 27, questo significa un totale di 54 voti. A seconda del numero di pareri il
protocollo prevede due nuove procedure, meglio conosciuto come ‘yellow and orange cards’
La procedura della yellow card comporta che almeno un terzo dei voti disponibili (ossia 18 voti su 54)
si siano espressi contro il progetto di atto legislativo a causa del mancato rispetto del principio di sussidiarietà.
Per i progetti di atti legislativi concernenti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la soglia è 1 / 4 dei voti
(cioè 14 su 54). A seguito di tale 'cartellino giallo' la Commissione deve rivedere la sua proposta e può decidere
di mantenere, modificare o revocare il progetto, ma deve comunque motivare la propria decisione.
La procedura della orange card si applica solo alla procedura legislativa ordinaria (codecisione) e
implica che:
•
se il parere motivato riguardante la non conformità con il principio di sussidiarietà rappresenta almeno la
maggioranza semplice dei voti attribuiti ai PN (cioè 28 su 54), la proposta di atto legislativo deve essere
riesaminata. Anche in questo caso la Commissione europea può mantenere, modificare o ritirare la sua
proposta. Se decide di mantenere la sua proposta, deve fornire una giustificazione.
•
se il parere riguarda un numero inferiore alla maggioranza semplice, il parere motivato dei parlamenti
nazionali e la Commissione sono trasmessi a Consiglio e PE che devono esaminare la questione della
sussidiarietà prima della fine della prima lettura. Se una maggioranza del 55% dei membri del Consiglio o
la maggioranza dei voti espressi in seno al PE considerano la proposta incompatibile con il principio di
sussidiarietà, la proposta verrà abbandonata.
La maggior parte dei PN sono critici rispetto alle nuove disposizioni sul controllo di sussidiarietà. Primo
perché non si applica alla legislazione di attuazione derivanti da procedure di comitatologia né riguarda atti
relative o alle aree in cui vige l'OMC (open method of coordination). Inoltre, la Commissione può mantenere la
propria posizione senza ulteriore conseguenza malgrado il 'yellow card'. Inoltre la soglia prevista per la
procedura di 'orange card' è molto alta e comunque anche in questo caso spetta a Consiglio e o PE l'ultima
parola (Jans Piedrafita 2009).
3.2
La Conferenza dei presidenti dei parlamenti nazionali
Negli ultimi anni le modifiche introdotte dal trattato di Lisbona, una maggiore comunicazione
interparlamentare attraverso l'uso delle nuove tecnologie e la crisi economica sono stati i temi maggiormente
discussi e in alcuni casi elaborate anche proposte o richieste politiche. Alla conferenza in particolare si deve un
ruolo guida in collaborazione con il PE nell'elaborazione e messa in opera di strumenti informatici per la
comunicazione interparlamentare e di apertura la pubblico 10. Sebbene i documenti prodotti dalla Conferenza
non siano vincolanti per nessuno dei contraenti ne a livello dello stato nazionale ne a livello sovranazionale,
l'interesse crescente da parte dei governi e delle istituzioni europee osservato dalla partecipazione alle riunioni
e lettere inviate alla Conferenza evidenzia una maggiore rilevanza politica dell'organizzazione 11.
Il periodo della stesura e approvazione del Trattato ha visto una decisiva riforma nell'organizzazione
della Conferenza. In particolare ha trovato spazio l'idea costruita nel tempo di allineare luoghi tempi e materie
di discussione degli incontri con i ritmi del policy making comunitario ed in particolare dal 2010 la conferenza si
riunirà due volte l'anno seguendo il ritmo e il luogo della presidenza del Consiglio dell'Unione europea. In
10
11
Il sito di riferimento è quello di IPEX InterParliamentary EXhange.
Le liste dei partecipanti, le lettere dei Commissari e Predisenti di turno sono accessibili sul sito IPEX.
14
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
occasione dell'incontro di Lisbona del 2008 che ha visto la revisione delle linee guida sulla cooperazione
parlamentare12 ha inoltre riconosciuto l'importanza di altre due organizzazioni: i Joint Parliamentary Meeting e i
Joint Committee Meetings. Proprio al dibattito sulla riforma del sistema europeo si deve il maggior e interesse
della Commissione ai lavori della Conferenza e da qualche anno membri della stessa partecipano agli incontri e
i Commissari inviano lettere direttamente alla Conferenza oltre che ai singoli parlamenti. Il ruolo della
Conferenza dei presidenti si è accresciuto nel tempo diventando uno snodo cruciale per le relazioni
interparlamentari europee in particolare almeno dall'ultimo decennio sembra prassi consolidata che spetti alla
Presidenza di turno della Conferenze organizzare non solo i Joint Parliamentary Meeting e i Joint Committee
Meetings in particolare COFACC (Conference of Chairmen of Foreign Affairs Committees), l'incontro delle
commissioni legate alla riforma GAI, della politica agricola e della difesa 13, ma anche della COSAC. Il ruolo di
guida della Conferenza nelle relazioni interparlamentari con l'Ue è anche sancito all'interno delle linee guida
delle riunioni in cui nelle più recente versione appare il comma secondo cui “The Conference shall oversee the
coordination of interparliamentary EU activities” (art.2 §3).
Dalle relazioni di chiusura degli ultimi appuntamenti appare chiaro che questo organismo voglia
andare ben oltre le sue iniziali funzioni di informazione e diffusione di buone prassi , ma aspiri a coordinare le
azioni politiche dei PN. La cooperazione interparlamentare per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e
giustizia è stata individuata come una questione di priorità per il dibattito durante le riunioni tra i Presidenti e
segretari generali dei parlamenti dell'Unione europea nel dicembre 2009. La Presidenza svedese in
quell'occasione si rivolge direttamente alla Conferenza e propone che quest'ultima si concentri sul garantire il
coinvolgimento dei parlamenti nazionali nella redazione di regolamenti relativamente a Europol e Eurojust.
Ancora più chiaramente nelle conclusioni la Presidenza sottolinea come la possibilità di influenzare il policy
making risieda soprattutto nel sostenere un dialogo con le istituzioni europee e la Commissione in particolare
durante l'elaborazione di proposte e che, malgrado ogni camera sia libera di agire come crede, un
coordinamento appare la soluzione più efficacie14.
Le relazioni con la COSAC non si profilano quindi pacifiche. Nell'incontro svedese, oltre a confermarsi
come organo guida del coordinamento delle relazioni interparlamentari e quindi concentrato su aspetti
istituzionali ed eventualmente di coordinamento politico nelle aree di recente comunitarizzazione, la
Conferenza esprime non poche perplessità sul ruolo della COSAC e proponendo addirittura di disegnarne il
ruolo nel sistema confinandolo ad un ruolo di coordinamento informativo e diffusione di buone prassi tra le
CAE15. Questa posizione è una reazione della Conferenza in relazione a quanto contenuto nel Protocollo in cui
si attribuisce alla COSAC ruolo di coordinamento delle attività interparlamentari che la conferenza, sostenuta
anche dal PE rivendica per se.
However, it is not evident that the COSAC of today is the most suitable forum for
taking up the leading and coordinating role of the Conference envisaged in the new
Protocol. Instead, a valuable contribution and role for COSAC would involve focusing on
the exchange of best practices regarding EU scrutiny, government scrutiny and general
trends in parliamentary work with EU matters. […] The Conference of the Speakers
oversee the coordination of interparliamentary EU activities, and indeed the revision of
the Guidelines for the EUSC, including its annex, is intended to facilitate an efficient
overall planning and coordination of meetings as well as promoting other forms of
interparliamentary cooperation.
12
Guidelines for Interparliamentary Cooperation in the European Union - Adopted by the Conference of Speakers of the European Union
Parliaments in Lisbon on 21 June 2008.
Link: http://www.cosac.eu/en/documents/basic/guidelines.pdf/
13
Negli ultimi anni si registra anche una maggiore frequenza degli incontri interparlamentari tra commissioni che si opccupano di bilanci,
economia, educazione ricerca pari opportunità, tutela dell'ambiente e risorse energetiche.
14
EU Speakers’ Conference Stockholm, 14-15 May 2010. Background note: Evaluation and monitoring in the area of freedom, security and
justice.
15
EU Speakers’ Conference Stockholm, 14-15 May 2010. Background note: The future role of COSAC
15
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
Anche la creazione di un nuovo organo in cui vi siano rappresentati delle CAE e presidenti dei
parlamenti non incontra il favore della Conferenza che lo vede come un ulteriore appesantimento ed elemento
di confusione nel sistema. La conferenza inoltre ricorda che si sono ormai consolidati incontri interparlamentari
di commissioni specializzate e che quindi anche il ruolo di arena per la discussione delle proposte legislative è
ricoperto da altre istituzioni e non dalla COSAC.
3.3
I parlamenti e Le Commissioni parlamentari per lo scrutino 16
Le differenze tra una CAE e l'altra relative al tempo di trasmissione dei documenti vengono
omogeneizzare nel Trattato di Lisbona in cui spetta alla Commissione il compito della trasmissione delle
proposte anche ai PN. In attesa dell'approvazione del Trattato la Commissione Europea anticipa alcune delle
nuove norme previste e nel settembre del 2006 dichiara l'intenzione di trasmettere oltre a tutte le
comunicazioni anche tutte le nuove proposte normative e consultation papers ai parlamenti nazionali,
invitandoli a rispondere con critiche e anche proposte di cambiamento al fine di instaurare un vero e proprio
dialogo. Questo consente alla Commissione di rivolgersi direttamente ai parlamenti Nazionali senza il tramite
dei governi aumentando la possibilità per i Parlamenti di elaborare in tempi utili reazioni politiche. Tuttavia
permangono ancora molte differenze tra le Commissioni coinvolte nello scrutinio e le modalità per la stesura di
un parere che rappresenti l'intero parlamento. In particolare non tutte hanno ancora provveduto alle
necessarie riforme costituzionali e dei regolamenti interni, inoltre l'esperienza avviata con la Commissione a
partire dal 2006 ha portato all'introduzione di alcune modifiche (in particolare nei regolamenti interni) che in
alcuni paesi non ne renderanno necessarie altre.
Vista la recente entrata in vigore della normativa è difficile individuare una tendenza generale nel
modo in cui i parlamenti si sono adattati alle modifiche dei trattati. Tuttavia dai primi report delle istituzioni
europee emergono alcuni interessanti elementi.
Perciò che garantiscono la conformità dei progetti di atti legislativi dell'Unione europea con il principio
di sussidiarietà ed in particolare gli attori interessati, in circa la metà delle CAE svolgono un certo ruolo nel
processo. Per quanto riguarda il livello al quale vengono prese le decisioni in circa il 65% dei casi è il PN in
seduta plenaria il "decision maker".
Quasi tutti i PN non sono in grado al momento di esercitare un controllo specifico su EUROPOL e
EUROJUST: in molti casi non esistono procedure ordinarie ritenute valide per questo genere di attività e non
sono ancora state identificate nuove procedure.
La maggior parte dei PN hanno adottato norme per quanto riguarda la loro partecipazione alla
procedura procedure di revisione semplificata dei trattati ("passerelle"). In particolare coloro che hanno una
normativa al riguardo hanno introdotto una disposizione secondo la quale il rispettivo governo potrebbe non
supportare una proposta al Consiglio di utilizzare una "clausola passerella” meno che non abbia il preventivo
consenso del PN. Dal momento che questo costituisce un veto a priori, molti PN non hanno ritenuto necessaria
l'introduzione di procedure particolari per una decisione che comunque è ex post.
Indipendentemente dal fatto che i PN affrontino la questione prima o dopo una decisione del Consiglio
(o entrambi), è, con poche eccezioni, l'Aula che decide sulla base di una relazione elaborata dalla CAE.
Tuttavia, le altre commissioni parlamentari potrebbero essere coinvolte, a seconda della materia che la
proposta va a toccare.
Per quanto riguarda i ricorsi per annullamento dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea per
motivi di violazione del principio di sussidiarietà, meno della metà dei PN non hanno ancora adottato le
procedure per tale azione. Di quelli che lo hanno fatto, è in quasi tutti i casi la plenaria che prende la decisione
finale. L'Aula decide di solito su base di una iniziativa e di relazione presentata dalla CAE e o di una
commissione specializzata competente per la materia. Inoltre, in molti casi sembra che la normativa adottata
non consenta al governo di rifiutarsi di agire come mandatario del PN.
16
Le informazioni di questo capitolo provengono da differenti documenti tra cui il principale e il 13° Rapporto bi-annuale della COSAC sullo
sviluppo delle procedure e pratiche relative allo scrutinio parlamentare.
16
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
Per ciò che concerne la notifica sulle richieste di adesione dell'Unione, sembra che non vi siano
modifiche da apportare ai regolamenti che già prevedono una azione dei PN nella procedura di ratifica. È
interessante notare inoltre che comunque la maggioranza dei PN hanno la possibilità di influenzare la posizione
del governo già durante i negoziati di adesione. Quando un trattato di adesione è presentato dinanzi al
Parlamento / Camera di solito è la commissione per gli affari dell'Unione europea che produce una relazione
per l'Aula a decidere, anche se la commissione affari esteri è spesso coinvolto e in alcuni casi è la commissione
competente.
3.4
La Conferenza delle CAE (COSAC)
Il tema del ruolo e delle funzioni delle conferenze interparlamentari diventa sempre più sensibile e
argomento di discussione a partire dall'elaborazione del Trattato Costituzionale da parte della Convenzione. In
particolare da dopo Laeken, sulla spinta del riconoscimento del protocollo di Amsterdam, spinge la COSAC a
investire maggiori energie nel suo ruolo di coordinatore dello scrutinio parlamentare competendo quindi con la
Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti che in più occasioni hanno rivendicato questo ruolo.
Una delle azioni promosse dalla COSAC di particolare interesse è il coordinated subsidiary check su
otto proposte della commissione che la COSAC ha condotto prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona.
Esperienze nel quadro della COSAC Al fine di testare le sfide e la fattibilità complessiva del 'preallarme'
sistema, la conferenza ha effettuato una serie di prove generali dal 2006. I controlli di sussidiarietà hanno
dimostrato piuttosto elevato e in costante aumento i tassi di risposta parlamentare, con la partecipazione fino a
33 parlamenti nazionali o delle camere parlamentari (su 40) di 23 Stati membri nel 2008. Esperienze con i
controlli di sussidiarietà, hanno finora individuato una serie di ricorrenti difficoltà e limitazioni:
•
il termine di otto settimane è considerato troppo breve per effettuare una verifica sostanziale della
sussidiarietà e trovare un accordo all'interno della camera sulle proposte alternative;
•
i parlamenti trovano particolarmente difficile distinguere le questioni di sussidiarietà da preoccupazioni di
proporzionalità (che non rientrano nelle yellow and orange procedures) e dagli esami di merito del
contenuto politico delle proposte;
•
nel complesso, i parlamenti pochi individuato rilevanti problemi di conformità non nei controlli di
sussidiarietà.
La prospettiva di sussidiarietà sembra essere troppo stretto per bloccare una bozza legislativa;
parlamenti più spesso in disaccordo con la proporzionalità, la base giuridica o il contenuto della proposta, ma
questi aspetti non sono oggetto del controllo di sussidiarietà.
I parlamenti nazionali hanno notato che il meccanismo di sussidiarietà non sarà una panacea un
eccesso di regolamentazione o la perdita di potere legislativo I parlamenti che hanno sofferto nel course di
integrazione europea. Tuttavia, il controllo della sussidiarietà hanno fornito ai parlamenti e incentivi a prendere
in considerazione iniziative politiche europee nelle prime fasi del processo, esaminando la CE sulla strategia
politica annuale della Commissione e del programma legislativo e di lavoro, al fine di massimizzare le loro
possibilità di incontrare gli otto scadenza settimana. A seguito dell'entrata in vigore non verranno più condotti
salvo eccezione altri simili esercizi di coordinamento, ma piuttosto si discuterà di temi di interesse generale
relativi allo sviluppo politico dell'Unione.
Pur riconoscendosi come un luogo in cui lo scambio di best practice costituisce una delle
caratteristiche fondamentali dell'organizzazione, la COSAC aspira ad un ruolo di policy influence, ricordando il
mandato che i protocolli gli attribuiscono (COSAC Conclusions 2010).
3.5
Joint Parliamentary Meeting e i Joint Committee Meetings.
Altre forme di cooperazione tra PN e PE in particolare si sono sviluppate e hanno acquisito maggiore
17
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
strutturazione a partire dall'inizio del nuovo millennio. In particolare si sono consolidati i Joint Parliamentary
Meetings, riunioni congiunte dei rappresentati dei Parlamenti, co-presiedute dal presidente del PE e il
presidente del PN che al momento dell'incontro detiene la Presidenza dell'UE e che ne stabiliscono l'agenda. A
differenza di altri incontri questi non hanno solo uno scopo di informazione, ma di discussione di temi di
attualità per lo sviluppo europeo. Particolare attenzione e priorità è data alle questioni politiche in cui l'UE
attualmente non disciplina o non coinvolge il PE o i PN, ma detiene un ruolo strategico fondamentale: la
politica estera, di difesa e di sicurezza, il coordinamento delle politiche macro-economica e monetaria, spazio di
libertà, sicurezza e giustizia, il cambiamento climatico. L'obiettivo degli incontri non è quello di arrivare a
posizioni comuni tra i rappresentanti dei PN e il PE, ma a creare un migliore controllo parlamentare e di
controllo con le decisioni intergovernative e non legislative prese a livello UE; in particolare vengono elaborati
contributi per le riunioni del Consiglio europeo. In generale partecipano deputati nazionali europei dei paesi
membri e dei paesi candidati ed una sempre più nutrita delegazioni delle istituzioni europee.
Tabella 6: Joint Parliamentary meetings
Joint Parliamentary
Meetings
The Future of Europe
Primo n.
incontro
2006
4
Membri Composizione
Lisbon Strategy
2005
4
33
MPN, MPE
Climate change
2007
1
200 (ca)
MNP, MPE
Western Balkans
2008
1
n.p.
MNP, MPE
Migration and Integration
2008
1
180,
11
sustainable 2008
1
European 2009
1
Energy
and
development
NOTE
125, 80, MPN
(+paesi Temi primo incontro Il futuro finanziamento
10 (ca)
candidati),
MPE, dell'Unione; Verso una politica energetica europea e
altre UE istituzioni il ruolo dell'Unione europea nella prevenzione dei
conflitti.
Mandato
della
Conferenza
dei
Presidenti;
Rappresenta commissioni parlamentari nazionali
implicate nella riforma dei trattati. Temi trattati:
energia sostenibile, mercato interno e l'innovazione e
capitale umano: istruzione, occupazione e questioni
sociali.
Gruppo di lavoro 1 "L'adattamento ai cambiamenti
climatici - National Concepts", Gruppo di lavoro 2
"Energie rinnovabili - le strategie europee e
nazionali, delle migliori pratiche" e gruppo di lavoro
3 "Riduzione delle emissioni - settore edilizia,
ammodernamento di alloggi pubblici e privati".
La strategia della Commissione europea nei confronti
dei Balcani occidentali; Presentazioni dai parlamenti
nazionali dei paesi dei Balcani occidentali e la
cooperazione regionale in Europa sudorientale.
(+paesi Immigrazione legale e illegale, diritto d'asilo.
52, MPN
candidati),
MPE,
altre UE istituzioni
europea
energetica
e
sicurezza
80,43,7 MPN
(+paesi Politica
candidati),
MPE, dell'approvvigionamento. Energia, innovazione e
altre UE istituzioni sviluppo sostenibile; Politica energetica europea,
cambiamento climatico e ai negoziati internazionali.
New
Deal
for
Economic Recovery?
Building a Citizens' Europe
2009
1
Towards a European Energy 2010
Comm
1
83, 55, 11 MPN
(+paesi "Europa competitiva: promuovere gli investimenti,
candidati),
MPE, l'imprenditorialità e le PMI", "Europa sociale: la
altre UE istituzioni creazione di posti di lavoro, combattere la povertà,
garantire la libera circolazione" e "Sviluppo
sostenibile in Europa: lo sviluppo economico e la
sfida del clima".
90, 58, 17 MPN
(+paesi "Diritti - Promozione dei cittadini 'Un'Europa dei
candidati),
MPE, valori e dei diritti", "Un'Europa di giustizia altre UE istituzioni Rafforzare la responsabilità democratica e la certezza
giuridica a livello europeo, nazionale e locale" e "La
protezione dei cittadini - Una strategia europea di
sicurezza interna".
47, 44,8 MPN
(+paesi tre gruppi di lavoro riguardanti rispettivamente la
candidati),
MPE, sicurezza energetica, la creazione di un mercato
altre UE istituzioni unico dell'energia e delle energie nuove e rinnovabili.
Fonte: dati dal sito web del Parlamento europeo.
18
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
4 Le relazioni con le istituzioni europee
Oltre ad interagire con i governi nazionali, i PN e le loro articolazioni hanno sviluppato un rapporto con
le altre istituzioni europee, in particolare Commissione e PE. Lo sviluppo di queste relazioni è naturale se
pensiamo che i PN hanno in comune con la Commissione il principio del diritto di iniziativa legislativa e con il
PE la rappresentanza dei cittadini e la partecipazione alla produzione delle norme, sebbene i primi a livello
nazionale e i secondi a livello europeo.
4.1
Il rapporto dei PN con la Commissione
Nel 2001 la Commissione nel suo Libro bianco sulla Governance, sia pur in termini molto generali
rispetto ad un possibile ruolo dei Parlamenti, afferma come «vada promossa la partecipazione dei parlamenti
nazionali e delle loro commissioni specializzate negli affari europei, come avviene già presso il Parlamento
europeo» e, successivamente, che «il Parlamento europeo e tutti i parlamenti nazionali dell’Unione e dei paesi
candidati dovranno impegnarsi più attivamente per stimolare il pubblico dibattito sul futuro dell’Europa e delle
sue politiche». Tuttavia nella parte relativa al decision making non vi sono riferimenti espliciti ad un ruolo per i
PN.
La Commissione ha costruito nel tempo una serie di rapporti con le organizzazioni parlamentari. Oggi
è il segretariato l'organo della Commissione incaricato delle relazioni con le altre istituzioni e gli altri organi
europei. Questo promuove i contatti con la conferenza degli organismi specializzati negli affari comunitari ed
europei dei parlamenti dell'Unione europea (COSAC) e con la conferenza dei presidenti dei parlamenti dell'UE.
La direzione mantiene stretti rapporti con le reti esistenti dei rappresentanti permanenti e dei funzionari di
collegamento dei parlamenti nazionali. Membri della Commissione partecipano infatti regolarmente alle riunioni
della Conferenza dei presidenti e attraverso il suo ufficio TAIEX (Technical Assistance Information Exchange
Office)17 fornisce supporto ai Parlamenti Nazionali per l'organizzazione delle riunioni delle Conferenze dei
Presidenti, COSAC, Joined meetings ecc....
Dall'inizio del mandato nel 2004, la Commissione Barroso ha mostrato di dare grande importanza alle
relazioni con i parlamenti degli Stati membri. Il fatto che un vicepresidente sia esplicitamente incaricato delle
relazioni con i parlamenti nazionali ha costituito un punto di partenza e un approccio inedito. Il principale e
generale scopo della Commissione è quello di avvicinare maggiormente l'Unione europea ai cittadini, attraverso
un maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali alla preparazione delle politiche europee e sottolineare
l'importanza dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Nella comunicazione "Un'agenda dei cittadini" del
10 maggio 2006, la Commissione annuncia l'avvio di un nuovo meccanismo di dialogo con i parlamenti
nazionali che anticipa le disposizioni del Trattato di Lisbona. Tale iniziativa prevede che vengano trasmessi ai
parlamenti nazionali non solo i documenti di consultazione elaborati dalla Commissione (libri verdi, libri bianchi
e comunicazioni), come già contemplato dal protocollo accluso al trattato di Amsterdam e in uso, ma anche
tutte le nuove proposte. Inoltre i parlamenti nazionali vengono invitati a reagire e a contribuire a migliorare il
processo di elaborazione delle politiche comunitarie 18.
I risultati dell'iniziativa19 sebbene siano interpretati in modo estremamente positivo dalla Commissione,
non sono entusiasmanti se si considera il numero di atti potenziali su cui i Parlamenti nazionali potevano
esprimere un parere. C'è tuttavia da segnalare che su molte questioni i Parlamenti non si sono espressi poiché
probabilmente in linea con la posizione del governo nazionale. Tuttavia emerge una discrepanza enorme tra
l'attività di parlamenti quali quello Portoghese e Francese e quello della Germania o del Regno Unito e ancora
17
Il programma di assistenza tecnica e di scambio di informazioni (TAIEX) è uno strumento di sostegno alle istituzioni per missioni a breve
termine nel settore dell'adozione e dell'attuazione dell'acquis comunitario. Le competenze di tale programma, operativo dal 1996, sono
state successivamente ampliate così come il suo campo d’intervento. L’assistenza del programma TAIEX è destinata ai paesi candidati, ai
paesi aderenti nel quadro della strategia di pre-adesione e di screening, ai dieci nuovi Stati membri, nonché ai paesi dei Balcani
occidentali.
18
19
Comunicazione al Consiglio europeo "Un'agenda dei cittadini – Per un'Europa di risultati", del 10 maggio 2006 COM(2006) 211.
La Commissione ha redatto un report completo dell'iniziativa tra il 2006 e la fine della prima Commissione Barroso nel luglio 2009.
19
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
maggiore nel caso dei Parlamenti dei Paesi Bassi o l'Italia o la Spagna. Lo stesso trend si ripercuote nei contatti
tra PN e Commissione, sebbene in questo caso il dato si riferisca ad attività che possono essere state promosse
anche dalla Commissione e non possano essere considerate come indicatori dell'attività dei Parlamenti, ma
piuttosto dei un consolidamento del legame tra i due.
Il report riporta un giudizio più moderato da parte della commissione in merito al tipo di atto che ha
suscitato la reazione dei parlamenti, in particolare “i parlamenti nazionali hanno scelto di avvalersi della nuova
procedura in modo differenziato. […] l'interesse espresso non necessariamente converge sui medesimi testi.
Solo un piccolo numero di proposte suscita più di tre pareri. Alcuni parlamenti – quello svedese e quello
danese in particolare – hanno poi deciso di pronunciarsi solo su documenti di consultazione della Commissione.
Per i progetti legislativi, conformemente alle proprie procedure interne, essi esercitano un controllo sulle
posizioni che i rispettivi governi assumono in sede di Consiglio. Se il senato francese o i parlamenti olandese e
portoghese si sono concentrati sulle questioni inerenti alla sussidiarietà e alla proporzionalità, una maggioranza
di parlamenti nazionali concentra il proprio esame sul merito delle proposte della Commissione sotto il profilo
politico'20. Il quadro che ne emerge risulta ancora molto frammentato e non è quindi possibile procedere con
una analisi dettagliati sui temi che hanno suscitato un numero di reazioni più forte, certo è che d'altra parte
emerge che almeno fino al 2008 non esiste una linea comune, una posizione coordinata tra i Parlamenti
nazionali neanche su temi quali la sussidiarietà. Tuttavia secondi alcuni (Jans e Piedrafita 2009) l'iniziativa ha
contribuito ad aumentare la consapevolezza degli affari europei nei parlamentari e ha ulteriormente rafforzato i
controlli dei documenti nelle istituzioni nazionali. Anche se i pareri espressi dai PN non hanno portato a
importanti cambiamenti politici (almeno fino ad oggi), le osservazioni sono state spesso ribadite dal Parlamento
europeo e dagli Stati membri in seno al Consiglio.
Un altro dato interessante viene dall'aver inserito nel report anche le presenze della Commissione alla
COSAC e alla Conferenza dei Presidenti, ulteriore indicatore della considerazione che la commissione ha nei
confronti di queste organizzazioni.
Tabella 7: Pareri dei parlamenti nazionali trasmessi alla Commissione 2006-2008
STATO
PORTOGALLO
FRANCIA
GERMANIA
SVEZIA
REGNO UNITO
DANIMARCA
REPUBBLICA CECA
PAESI BASSI*
ITALIA
IRLANDA
ITALIA
POLONIA
GERMANIA
ESTONIA
LUSSEMBURGO
BELGIO
AUSTRIA
GRECIA
LITUANIA
REGNO UNITO
CIPROE
20
CAMERA
Assembleia da República
Sénat
Bundesrat
Riksdag
House of Lords
Folketing
Senát
Tweede Kamer Staten Generaal
Senato della Repubblica
Dail and Seanad Eireann
Camera dei Deputati
Sejm
Bundestag
Riigikogu
Chambre des Députés
Sénat
Bundesrat
Vouli ton Ellinon
Seimas
House of Commons
Vouli ton Antiprosopon
2006
0
18
6
0
4
2
2
2
0
0
1
1
1
2
2
2
0
0
2
1
0
Commisione Report 2009, COM(2009) 343 definitivo.
20
2007
19
22
15
17
14
10
9
1
0
1
0
0
2
0
0
0
0
0
1
1
0
2008
65
13
18
16
12
11
11
5
8
7
6
5
2
2
2
2
4
3
0
1
2
TOT
2006-2008
84
53
39
33
30
23
22
8
8
8
7
6
5
4
4
4
4
3
3
3
2
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
STATO
LETTONIA
REPUBBLICA CECA
FRANCIA
UNGHERIA
BELGIO
BULGARIA
FINLANDIA
POLONIA
SLOVACCHIA
SLOVENIA
AUSTRIA
MALTA
PAESI BASSI*
ROMANIA
ROMANIA
SLOVENIA
SPAGNA
SPAGNA
CAMERA
2006
2007
2008
Saeima
0
0
2
Poslanecká Sněmovna
1
0
1
Assemblée Nationale
1
1
0
Országgyűlés
1
1
0
Chambre des Représentants
0
1
1
Narodno Sabranie
0
0
1
Eduskunta
1
0
0
Senat
1
0
0
Národná rada
1
0
0
Državni zbor
1
0
0
Nationalrat
0
0
0
Kamra tad-Deputati
0
0
0
Eerste Kamer Staten Generaal
0
0
0
Camera Deputatilor
0
0
0
Senat
0
0
0
Državni svet
0
0
0
Congreso de los Diputados
0
0
0
Senado
0
0
0
TOTALE
53
115
200
Fonte: Commisione Report 2009, COM(2009) 343 definitivo. *I pareri del parlamento dei
nome di entrambe le camere.
TOT
2006-2008
2
2
2
2
2
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
368
Paesi Bassi sono stati trasmessi a
Tabella 8: Contatti della Commissione con i parlamenti nazionali (dall'1.1.2005 al 31.12.2008) 21 - per Stato
membro
STATO
AUSTRIA
BELGIO
BULGARIA
CIPRO
REPUBBLICA CECA
DANIMARCA
ESTONIA
FINLANDIA
FRANCIA
GERMANIA
GRECIA
UNGHERIA
IRLANDA
ITALIA
LETTONIA
LITUALIA
21
Total
2005 2006 2007 2008 2005-2008
CAMERA
Bundesrat
Nationalrat
Sénat
Chambre des Représentants
Narodno Sabranie
Vouli ton Antiprosopon
Senát
Poslanecká sněmovna
Folketing
Riigikogu
Eduskunta
Sénat
Assemblée Nationale
Bundesrat
Bundestag
Vouli ton Ellinon
Országgyűlés
Dail Eireann
Seanad Eireann
Senato della Repubblica
Camera dei Deputati
Saeima
Seimas
2
2
4
1
9
3
3
2
3
2
4
1
1
2
5
9
6
11
4
9
2
7
3
7
2
8
7
2
10
2
1
5
8
7
15
23
22
24
13
10
11
12
46
16
3
3
17
5
0
19
4
1
17
7
5
69
19
9
2
2
9
13
26
8
2
8
2
1
4
8
5
8
2
3
2
20
11
22
Con contatti si intendono visite ai parlamenti nazionali e partecipazione alle riunioni interparlamentari, Inoltre, vari servizi della
Commissione hanno partecipato a 18 riunioni dei rappresentanti permanenti dei parlamenti nazionali a Bruxelles.
21
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
STATO
LUSSEMBURGO
MALTA
POLONIA
PORTOGALLO
Total
2005 2006 2007 2008 2005-2008
0
3
3
0
6
1
1
4
0
6
CAMERA
Chambre des Députés
Kamra tad-Deputati
Sejm
Senat
Assembleia da República
Camera Deputatilor
Senat
Národná rada
Državni zbor
Državni svet
Congreso de los Diputados
Senado
Riksdag
Tweede Kamer Staten Generaal
Eerste Kamer Staten Generaal
House of Lords
House of Commons
5
0
4
3
1
6
13
3
23
12
3
3
2
0
3
3
5
9
4
8
3
1
16
1
6
1
1
1
5
0
3
3
15
4
6
3
8
21
11
7
12
9
39
COSAC
2
3
3
2
10
Conferenza dei presidenti
1
1
1
0
3
Altro (visite)
2
2
8
10
22
124 112 149 136 521
ROMANIA
SLOVACCHIA
SLOVENIA
SPAGNA
SVEZIA
PAESI BASSI
REGNO UNITO
TOTALE
Fonte: Commisione Report 2009, COM(2009) 343 definitivo.
Al di là dell'apertura di n più ampio e formale dibattito con i PN che potenzialmente offre opportunità
di nuove strategie con i governi, 'in filigrana v'è poi il riconoscimento di diffuse e grandi difficoltà nella
trasposizione del diritto comunitario' (Giannitti e Mastroianni 2008, 166. Se la Commissione usa relazioni per
rafforzare motivazioni e non è detto che si creino situazioni di impasse, ma al contrario e non si corra il rischio
di una diluizione dell'accountability alcuni osservatori prospettano ( Ziller 2007, 105)
Il rapporto dei PN con il PE
Dopo l'interruzione del legame organico con l'elezione diretta dei suoi membri le relazioni tra PE e PN
sono mutate e a tratti tese. Competitors nella rappresentanza dei cittadini, entrambi interessati ad aumentare il
lor coinvolgimento negli affari europei PE e PN non hanno agito in cooperazione per rivendicare un ruolo dei
parlamenti nel sistema ma più volte hanno rivendicato le stesse competenze per arre di policy da cui erano
esclusi, ad esempio nel caso della politica estera europea. Questa tensione rimane viva fino alla stesura del
trattato costituzionale dove il problema viene spostato dalle competenze al controllo di sussidiarietà. Il PE ha
sempre mantenuto il dialogo e avuto il controllo della Conferenza dei presidenti dei parlamenti e della COSAC
poiché garantendosi una rappresentanza all'interno ed in virtù della regola dell'unanimità per la produzione di
documenti e posizioni comuni ha abilmente tenuto a freno le volontà di entrambe le istituzioni di acquisire un
ruolo pari al suo. Se nel caso della conferenza dei presidenti la questione è stata di semplice soluzione ed oggi
di fatto il PE ricopre il ruolo di coordinatore ombra, nel caso della COSAC la situazione è stat complicata dai
protocolli dei trattati che le fornivano un valido supporto alle rivendicazioni di maggiori poteri e ruoli del policy
making. In realtà anche in questa occasione il PE è riuscito ad inserirsi nella struttura e ad avere un ruolo
significativo, sebbene non come nel caso della CPPUE. Basti pensare che gli atti della COSAC sono si pubblicati
sulla gazzetta , ma tra i documenti prodotti dal PE.
Nel 2002 il PE adotta la risoluzione di iniziativa sul ruolo dei PN nel sistema europeo 22 identificando se
stesso non come l'unico rappresentante dei cittadini europei e sostenendo la necessità di una maggiore
22
Parlamento Europeo. Giorgio Napolitano. 2002.
22
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
partecipazione dei PN al policy making europeo attraverso una maggiore partecipazione alle decisioni dei
governi in materia comunitaria come complementare all'aumento dei poteri del PE al fine di contribuire a
sanare il deficit democratico di cui l'UE soffre. Invita inoltre i PN ad utilizzare i loro poteri di controllo ove non
fosse consentito farlo al PE proponendo in pratica una sorta di controllo parlamentare congiunto e
complementare delle azioni dei governi nazionali.
Inoltre il PE condanna strumenti quali l'OMC che di fatto esclude non solo il PE, ma anche i PN dal
decision-making eludendo così il controllo democratico. Nello stesso documento il PE sostiene l'attività
informativa della COSAC e auspica una iniziativa simile nel caso delle commissioni parlamentari nei settori
interessati dai processi di integrazione, seppure critichi l'istituzione che potendosi pronunciare solo
all'unanimità spesso soffre di impasse. É nella stessa occasione che il PE ribadisce la sua contrarietà alla
creazione di una camera dei parlamenti nazionali che andrebbe solo ad appesantire il processo decisionale.
Nella stessa dichiarazione il PE individua nella CPPUe un interlocutore privilegiato anche la creazione di una
sorta di Accordo interparlamentare al fine di sistematizzare e programmare le azioni delle istituzioni
parlamnetari.
A partire da Maastricht e ancora di più dopo Amsterdam le relazioni tra Parlamento europeo e
Parlamenti nazionali hanno conosciuto un considerevole arricchimento e sviluppo in termini di scambi di visite e
delegazioni, incontri di tipo bilaterale tra Commissioni omologhe del Parlamento europeo e di singoli Parlamenti
nazionali, incontri di tipo multilaterale tra Commissioni omologhe del Parlamento europeo e di tutti i Parlamenti
nazionali, incontri periodici tra la Commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo e delegazioni dei
Parlamenti nazionali nel corso delle CIG.
La partecipazione dei Parlamenti nazionali, attraverso 30 rappresentanti, e del Parlamento europeo,
attraverso 16 rappresentanti, all'organismo incaricato di redigere la Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione ha
rappresentato un'esperienza originale e di grande valore, tale da aprire la strada a una innovazione di primaria
importanza per il ruolo dei Parlamenti nella costruzione dell'Unione più larga. La Convenzione si è caratterizzata
per il riconoscimento, su un piede di parità, del contributo di quattro componenti istituzionali - accanto ai
Parlamenti, i governi nazionali e la Commissione - alla definizione di un testo altamente impegnativo e
destinato ad essere integrato nei Trattati. Si è trattato del riconoscimento in nuce di una comune responsabilità
nell'esercizio del "potere costituente" finora riservato ai soli governi.
Il PE nel suo regolamento interno dedica un intero Titolo 23 alle relazioni con i PN. In particolare le
norme evidenziano la sua volontà di agire non solo come informatore, ma anche di di facilitatore delle relazioni
tra PN e UE24. In particolare la Conferenza dei presidenti è l'organo competente per le questioni relative alle
relazioni con le altre istituzioni e gli altri organi dell'Unione europea nonché con i parlamenti nazionali degli
Stati membri25. Inoltre viene istituito un canale diretto tra Commissioni Parlamentari del PE e i PN, senza dover
passare dalla Conferenza dei presidenti. Questa norma non solo si è resa necessaria visto l'intensificarsi delle
relazioni tra il PE e i PN, ma anche per non modificare prassi consolidate nelle relazioni tra commissioni
parlamentari nel caso di alcune politiche come ad esempio nel caso della commissione per la politica estera.
Un articolo inoltre è dedicato alla relazione con la COSAC, in particolare alla composizione della
delegazione del PE e alla relazione all'intero Parlamento dell'operato dell'organizzazione.
1. Su proposta del Presidente, la Conferenza dei presidenti nomina i membri della delegazione del
Parlamento alla COSAC e può conferire loro un mandato. La delegazione è guidata da un vicepresidente del
Parlamento europeo competente per le relazioni con i parlamenti nazionali e dal presidente della commissione
competente per gli affari istituzionali.
2. Gli altri membri della delegazione sono scelti in base ai temi discussi nella riunione della COSAC e
23
24
Titolo V del Regolamento interno [luglio 2010].
25
PE, Regolamento interno (luglio 2010), art 25 §3.
'Il Parlamento europeo tiene regolarmente informati i parlamenti nazionali degli Stati membri in merito alle sue attività (PE, Regolamento
interno [luglio 2010], art 130 §1). 'La Conferenza dei presidenti può dare mandato al Presidente di negoziare agevolazioni a favore dei
parlamenti nazionali degli Stati membri, su base reciproca, e di proporre qualsiasi altra misura volta a facilitare i contatti con i parlamenti
nazionali (PE, Regolamento interno [luglio 2010], art 130 §5).'
23
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
comprendono, per quanto possibile, rappresentanti delle commissioni competenti per tali temi. Una relazione è
presentata dalla delegazione dopo ogni riunione.
3. Nella composizione si tiene debitamente conto dell'equilibrio politico globale all'interno del
Parlamento.
Le relazioni mutano quindi a partire dalla fine degli anni novanta e il TL sancisce l'inizio di un rapporto
più complesso e meno disteso tra PE e PN come emerge dalle motivazioni del documento sulle relazioni tra PE
e PN del deputato europeo Brok (p.10):
“Innanzitutto, non esiste più antagonismo. Il Parlamento europeo non si è
limitato a mostrare la propria benevolenza nei confronti del ruolo di sempre maggior
rilievo dei parlamenti nazionali, ma se ne è fatto anche attivo sostenitore. Inoltre, gli
interessati hanno riconosciuto che solo attraverso la complementarietà del proprio operato
possono giungere a intensificare il controllo parlamentare sull’esecutivo, sia a livello
dell’Unione che a livello degli Stati membri. I membri del Parlamento europeo e dei
parlamenti nazionali si confrontano con gli stessi ministri, siano essi nella veste di
rappresentanti del governo o di rappresentanti del Consiglio. Occorre, dunque, che
entrambe le parti evitino la duplicazione delle attività e le rivalità. È necessario che le
relazioni si concretizzino in una collaborazione, che deve essere strutturata ma non
necessariamente formalizzata.”
D'altra parte poche righe dopo (p.11) viene ribadito il ruolo di leader della cooperazione parlamentare
che il Parlamento europeo vuole svolgere e il confine entro cui i PN devo attenersi all'interno,
indipendentemente da quanto previsto dai trattati. La stessa presa di posizione emerge nel testo della
risoluzione in cui il PE reinterpreta quanto contenuto nei trattati per ciò che concerne il ruolo dei PN come un
coordinatore farebbe ai membri del suo gruppo per ricordare compiti e delimitare competenze di tutti.
D’altro canto, la collaborazione interparlamentare non può condurre a
un’ingerenza nei diritti dei parlamenti per quanto attiene ai loro poteri decisionali.
Qualsiasi forma di collaborazione interparlamentare dovrebbe, per propria natura, essere
deliberativa, non includere decisioni sugli attuali cicli decisionali dell'Unione ed essere
caratterizzata dal reciproco riconoscimento dei parlamenti e dei parlamentari quali
specchio della società
Conclusioni. Le nuove relazioni interparlamentari: prospettive e opportunità
per la rappresentanza.
Nel 1993 un tribunale costituzionale tedesco segnò la storia dell'interpretazione delle relazioni
interparlamentari dichiarando che qualsiasi riduzione dei poteri dei parlamenti nazionali doveva essere
bilanciata da una crescita proporzionale di quelli del PE, secondo una visione della rappresentanza e legittimità
legata al principio dei vasi comunicanti 26. Dopo 15 anni tuttavia lo stesso tribunale ha cambiato la sua
posizione, o meglio ha evidenziato la problematicità delle relazioni tra poteri dei parlamenti nel sistema
evidenziando come un mero trasferimento di competenze non sia sufficiente a salvaguardare la rappresentanza
dei cittadini nel policy making e la legittimità del sistema e come l'istituzione della procedura di allerta precoce
non sia sufficiente per garantire un ruolo efficace ai PN.27
Sicuramente con TL il sistema a vasi comunicanti e un approccio di tipo federale viene definitivamente
abbandonato in favore di una partecipazione differenziata nel policy making e in alcune aree del decision
26
27
Per una breve ma puntuale analisi, Manzella 2002, 45.
Fasone 2009,170.
24
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
making. Certamente le soluzioni previste dai trattati e le prassi dell'ultimo decennio vanno ben oltre la
costruzione di arene o network di informazioni parlamentare. Il sistema sembra quindi evolvere verso un
sistema multilivello, ma non esclusivamente parlamentare. Le strutture coinvolte infatti non sono solo le due
principali istituzioni rappresentative (PE e PN). Piuttosto si potrebbe cominciare a delineare un sistema
multilivello di rappresentanza considerando il suo significato complesso di mandato, responsabilità, responsività
e rappresentatività che andrebbe investigato più nel dettaglio. L'attivismo di PN, PE e Commissione hanno
portato i PN a costruirsi finestre di opportunità politica non indifferente e alla costruzione di organismi stabili
con potenziale ruolo dirompente nel sistema.
Se da un lato conferire poteri di controllore della sussidiarietà ai PN contribuisce ad inserire un
ulteriore elemento di democraticità del sistema si potrebbero tuttavia configurarsi problemi relativi alla
distribuzione delle competente tra Stati e Unione che le recenti riforme non possono scongiurare e quindi una
serie di conflitti trans-istituzionali che potrebbero chiamare in causa la Corte di giustizia e quindi rallentare i
tempi già dilatati del decision making. Inoltre alcuni osservatori evidenziano che i parlamenti certamente si
configurano come meno euroscettici dei governi, ma certamente lo sono più dei loro elettori (Siccardi 2005) a
cui tuttavia i deputati devono rispondere in sede di elezioni. Inoltre paradossalmente i governi trovandosi in
un'arena negoziale potrebbero avere una maggiore disponibilità ad un 'accomodamento comunitario' rispetto ai
PN a cui rispondono.
Non è certamente casuale il fatto che i maggiori sostenitori per rinforzare il ruolo dei PN a livello
vengano da quegli stati ove i problema del ruolo nelle relazioni estere è più sentito e dove l'adesione alla
comunità ha suscitato dibattiti intensi come al esempio nei paesi scandinavi, e nel caso dalla Gran Bretagna
dalla cautela in merito a quanto e come adeguarsi alle norme comunitarie. Inoltre anche le camere tedesche ,
anche sulla scia dell'attività dei tribunali e quelle francesi , hanno mostrato nell'ultimo quindicennio un'attività
non riscontrata prima.
Si potrebbe quindi profilare una situazione di cooperazione parlamentare basata sul controllo attento
del principio di sussidiarietà, ma che inevitabilmente porterà ad una maggiore coscienza e conoscenza
parlamentare degli affari europei che potrebbe rendere il dialogo e la costruzione di strategie di pressione da
parte dei PN sui governi più incisive.
D'altra parte non si può non considerare una seconda opzione di stallo se non di conflitto
parlamentare legato prevalentemente alla natura politica dei parlamenti che potrebbero sia a livello europeo
che nazionale configurasi come più euroscettici dei loro governi e quindi paradossalmente costituire un
ostacolo allo sviluppo dell'integrazione, oppure un valido e democratico argine al rischio di omogeneizzazione
che seppure latente sempre rimane presente durante gli interventi di armonizzazione normativa.
Non possiamo non considerare inoltre che l'aumento di poteri del PE sebbene avversato dal consiglio
resta l'alternativa più plausibile per rinforzare il controllo democratico del sistema e non è quindi una sorpresa
che i governi ad un certo momento abbiano deciso che piuttosto di aumentare a dismisura il potere del PE,
inserire i PN nel decision making avrebbe da un lato acconsentito alle richieste di maggiore democraticità del
sistema, dall'altra posto degli ostacoli al PE ed inserito nel sistema attori più facili da manovrare. D'altra parte è
sufficiente l'opinione contraria di un parlamento per bloccare la procedura di 'passerelle', opzione che offre
un'ulteriore arma sia ai PN che ai singoli governi in Consiglio
Inoltre il rapporto tra i PE e i PN non è scontato. Sebbene da entrambi i lati abbondino dichiarazioni
alla stampa di cooperazione, nei fatti il PE sta cercando di contenere se non controllare il ruolo dei PN e delle
due altre organizzazioni che potrebbero costruire la miccia di un conflitto tra PE e PN ovvero la COSAC e la
CPPUE. D'altra parte il PE sa che i PN possono essere dei preziosi alleati nei settori in cui le sue competenze
sono ancora limitate ovvero politica estera e giustizia e affari interni.
Al di là delle voci istituzionali tuttavia emergono molte perplessità sul nuovo ordinamento e sulla
capacità effettiva dei PN di utilizzare le risorse a disposizione come emerge anche dalle relazioni di diverse
istituzioni europee (Commissione e COSAC tra tutte). Ad esempio i ricercatori del Centre for European Policy
Studies (CEPS) di Bruxelles, sono molto critici rispetto alle disposizioni dei trattato che non danno in realtà ai
parlamenti un ruolo attivo, ma piuttosto li forniscono di 'un freno di emergenza' 'uno strumento
25
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
intrinsecamente difensiva. Secondo Sebastian Kurpas del CEPS, la maggior parte dei parlamenti non hanno la
capacità di seguire tutto ciò che fa l'Unione e si ritroveranno sopraffatti dalla difficile compito di forgiare
un'alleanza sufficientemente ampia con altri parlamenti per bloccare la legislazione comunitaria.' Inoltre 'Al fine
di bloccare efficacemente una proposta della Commissione, i PN dovrebbero ancora fare lobby presso il
Parlamento europeo o il Consiglio'.28
Il TL è da poco entrato in funzione e richiederà ancora almeno un paio di semestri per individuare
l'effettivo impatto sul policy making in particolare nel caso dei PN che merita comunque un'attenzione
particolare. Certamente i nuovi provvedimenti daranno una spinta alla razionalizzazione del lavoro di scrutinio
delle camere e consolideranno una rete di informazione che sarà una preziosa risorsa per l'azione dei PN
nell'arena sovranazionale e nazionale.29
28
29
Intervista dal sito Euractiv. Com
La rete di informazione.
La "grande conferenza" di Vienna (1977) ha istituito il Centro europeo di ricerca e documentazione parlamentare (CERDP). Il Centro è una
rete di servizi di documentazione e ricerca che cooperano strettamente per agevolare l'accesso all'informazione (ivi compresi le basi di dati
nazionali e comunitarie) e coordinare la ricerca evitando soprattutto doppioni. Raccoglie e diffonde gli studi e ha creato un sito web
destinato a migliorare lo scambio di informazioni. Il suo annuario facilita i contatti fra i vari servizi di ricerca delle assemblee che ne fanno
parte. La direzione del Centro è gestita congiuntamente dal Parlamento europeo e dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
IPEX è il luogo INTERNET dell'informazione interparlamentare e pubblica della cooperazione, istituzionalizzato anche dalle linee guida della
Conferenza dei presidenti. Fin dalla sua recente istituzione il sito è stato particolarmente utilizzato ed apprezzato dai PN che utilizzano una
piattaforma internet per comunicare tra loro e potenzialmente coordinare le loro strategie in materia di controllo della sussidiarietà.
Questi due strumenti hanno avuto uno stimolo importante da parte del PE che soprattutto nel primo ma anche nel secondo caso è l'autore
principale dell'iniziativa
26
Le relazioni pericolose: i Parlamenti nazionali nel nuovo assetto di Lisbona
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