New Suadis Verona, relax con il Nat Geo Wild,Il problema della
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New Suadis Verona, relax con il Nat Geo Wild,Il problema della
New Suadis Verona, relax con il Nat Geo Wild Ho visitato il Centro Benessere New Suadis di Verona e ne ho raccolto una positiva impressione, anche se senza particolari lodi, diciamo nella norma di un buon centro che ha fatto del benessere dei suoi ospiti il cuore della sua attività e cerca di non deluderli. Sono sincera: la cosa che più mi è piaciuta, diciamo originale, è la proiezione in continuo dei filmati del National Geographic Wild nella zona relax. I filmati vengono proiettati su due pareti, in due sale distinte e contribuiscono, alla grande, ad un piacevole relax immerso nelle immagini delle meraviglie della natura. New Suadis Verona, piscina e zona relax Il centro benessere New Suadis di Verona è dotato di una sauna finlandese, di una sauna alle erbe, di un bagno turco, di un ipersalino, di una piccola piscina con idromassaggio ed illuminata con luci colorate, di due vasche per l’idromassaggio plantare ed un frigidarium per i bagni con secchiate di acqua fredda. La zona relax comprende anche quattro lettini ad acqua. Il tutto in un ambiente con illuminazione soffusa, tenue ed uniforme. Bella idea l‘idromassaggio plantare del New Suadis, da non perdere! Nella sauna finlandese del centro benessere New Suadis di Verona vengono eseguite le cerimonie degli aufguss. Il martedì ed il venerdì è vietato l’uso del costume, sono le “giornate nordiche“. New Suadis Verona, zona relax Gli orari. Inverno: lunedì dalle 12,00 alle 22,00, da martedì a venerdì dalle 10,00 alle 22,00, sabato dalle 9,00 alle 20,00, domenica dalle 10,00 alle 20,00. Estate: lunedì dalle 12,00 alle 21,00, da martedì a venerdì dalle 10,00 alle 21,00, sabato dalle 9,00 alle 19,00, domenica chiuso. I prezzi sono nella media dei centri benessere e vi invito a consultarli nel sito ufficiale del centro. Il prezzo del biglietto d’ingresso ha validità di tre ore, ma si può rimanere anche oltre pagando un supplemento di 1 euro (gennaio 2016) ogni ora in più. Il prezzo comprende anche la dotazione di tre asciugamani (da restituire). Vengono eseguiti buoni massaggi di 30, 40, 50 oppure 80 minuti. Per i prezzi consultate il sito ufficiale del centro. Buon relax! Cinzia Malaguti Il problema della resistenza agli antibiotici Alexander Fleming scoprì casualmente nel 1928 la penicillina, il primo antibiotico. Quello è stato il punto di partenza di una storia, quella degli antibiotici, piuttosto importante per la nostra salute e che ha visto la ricerca continuamente impegnata nello sviluppo di nuovi antibiotici per combattere il problema della resistenza dei batteri. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è in rapido aumento ed oggi rappresenta un’emergenza mondiale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’antibiotico-resistenza come “uno dei tre maggiori rischi sanitari dell’umanità“. Ogni anno, solo in Europa, le resistenze agli antibiotici fanno circa 25 mila vittime, ma il quadro è destinato a peggiorare (fino a 10 milioni di morti al mondo nel 20150) se non si interviene subito. La resistenza agli antibiotici (antibiotico-resistenza) è la capacità che ha un batterio di vivere e moltiplicarsi in presenza di un antibiotico al quale era precedentemente sensibile. I batteri hanno una grande capacità adattogena che consente loro di evolvere molto rapidamente e sviluppare in breve tempo sofisticati meccanismi di resistenza. Tuttavia, la vera causa dell’antibiotico-resistenza è il loro uso eccessivo ed irrazionale. Maggiore è la quantità di antibiotici che i microbi incontrano, maggiore è la probabilità che sviluppino resistenze; in altri termini, i microbi imparano a difendersi dall’antibiotico a forza di provare, più opportunità gli si daranno più è facile che imparino. Si stima che almeno un terzo delle prescrizioni di antibiotici sia sbagliata, riguardando infezioni virali anziché batteriche, le uniche per le quali gli antibiotici sono efficaci; ad esempio, l’influenza stagionale è una malattia virale, non si cura con gli antibiotici. Secondo un report dell’OMS, il 64 per cento della popolazione mondiale è convinto che gli antibiotici siano efficaci contro virus e raffreddori (Fonte L’espresso, n. 2, 2016). L’altro aspetto che crea antibiotico-resistenza è l’uso non corretto dell’antibiotico: se si smette di assumere l’antibiotico quando ci si sente meglio, anziché alla fine del ciclo prescritto, può succedere che qualche microbo sopravvissuto impari la lezione. Secondo l’OMS, il 32 per cento crede di poterli sospendere non appena si sente meglio (Fonte L’espresso, n. 2, 2016). L’abuso degli antibiotici non avviene solo in ambito medico, ma anche e soprattutto in zootecnia ed agricoltura. Ben oltre la metà della produzione mondiale di antibiotici viene consumata in zootecnia ed agricoltura per la promozione e la crescita di animali e piante; questa massiva immissione molto contribuisce alla selezione di batteri resistenti e al loro passaggio nell’uomo. Usarli meno e meglio deve, però, andare di pari passo con la ricerca di nuovi antibiotici. L’industria farmaceutica trova poco interessante investire nella ricerca su nuovi antibiotici perché sono usati per un tempo limitato, richiedono tantissimi anni di sviluppo e si deprezzano troppo velocemente a causa dell’antibiotico-resistenza, quindi sono poco remunerativi. Occorre, allora, un’azione congiunta, pubblico e privato. Mi piace l’idea del Prof. Paolo Visca del Dipartimento di Biologia dell’Università Roma Tre che propone una task force contro la resistenza agli antibiotici: “Una risposta efficace al problema dell’antibiotico-resistenza potrà venire solamente da una azione concertata che coinvolga la politica, l’industria farmaceutica, le istituzioni di salute pubblica, i mezzi d’informazione e la collettività dei consumatori”. Il problema della resistenza agli antibiotici ha un carattere d’urgenza per non rendere un parto, un intervento chirurgico, un’appendicite o un semplice taglio al dito una seria minaccia per la vita di ognuno. Cinzia Malaguti Leggi anche: Il declino degli antibiotici e le nuove strategie per la terapia antibatterica Cinema – Assolo Assolo è un film ben fatto sulla natura psicologica delle nostre paure e insoddisfazioni scritto, diretto ed interpretato da Laura Morante. Flavia è una cinquantenne, due figli da due matrimoni, due divorzi, buoni rapporti con i due ex mariti e le rispettive nuove compagne, grandi tavolate, ma una grande insicurezza, fonte di dipendenza, solitudine e insoddisfazione. Flavia, attraverso un processo di psicoterapia, si accorgerà di come la felicità sia dietro l’angolo e di come essa dipenda solo dalla sua volontà di aprire quelle porte dell’esistenza libera, tenute chiuse per tanto tempo, a causa delle sue paure. Erika Jong l’avrebbe chiamata “paura di volare“. Assolo, Laura Morante e Piera Degli Esposti in una scena del film In quella solitudine che tanto le fa paura, Flavia troverà la sua rinascita e, come in un assolo, la sua musica prenderà forma. Assolo è, dunque, il racconto dell’analisi introspettiva della vita e delle paure di Flavia e, in generale, di tante persone, soprattutto donne. Il film è fatto bene, buoni dialoghi, buon ritmo, buona sceneggiatura, bravi interpreti; è un film impegnato, ma non troppo. Assolo, Laura Morante in una scena del film Interpreti. Oltre a Laura Morante nei panni di Flavia, ci sono anche Angela Finocchiaro, nei panni di un’amica, Piera degli Esposti, nei panni della psicoterapeuta, Francesco Pannofino, nei panni di un ex-marito; c’è anche una “dolce” cagnolina a cui Flavia si affeziona. Nel ricordare che la solitudine è solo una percezione e che, pertanto, si può essere soli anche in compagnia, vi auguro una buona visione! Cinzia Malaguti Il movimento catari eretico dei Intorno al XII secolo, sorse nel Sud della Francia un movimento religioso eretico che non riconosceva alcuni riti e metodi della Chiesa: erano i catari, dal greco kàtaros che significa “puro”. I catari riconoscevano solo il rito del battesimo e predicavano in povertà, umiltà e carità, ma fecero una brutta fine. L’area geografica in cui vivevano i catari è quella di Carcassonne, Albi e Tolosa, regione del Midi-Pirenei francese. La storia dei catari è esemplare della brutalità e ferocia dell’Inquisizione della Chiesa medioevale che non risparmiava chiunque osasse allontanarsi dalle regole religiose stabilite: l’accusa di eresia era una condanna a morte. I catari vennero dichiarati eretici. I catari erano anche chiamati albigesi, da Albi, una delle città in cui erano più attivi. I catari espulsi da Carcassonne nel 1209 in una miniatura del XIV secolo Nella dottrina dei catari esistevano due realtà opposte, il Bene ed il Male, e due divinità irreconciliabili, Dio e Satana; Dio era il creatore del mondo spirituale, mentre Satana quello della materia. Secondo tale visione, lo spirito viveva imprigionato nel corpo degli uomini, legato da desideri e passioni. Gesù, figlio di Dio, era un essere puramente spirituale venuto sulla Terra per il battesimo, garanzia di salvezza. Il battesimo era, pertanto, per i catari l’unico sacramento ammesso e veniva officiato, tramite l’imposizione delle mani, solo dai membri ufficiali del clero, definiti “puri” o “perfetti”. Non esistono le croci catare; le croci, simbolo di preghiera cattolico, non erano riconosciute come tali dai catari; essi ritenevano insensato adorare la croce, luogo di supplizio del figlio di Dio. I catari, altresì, predicavano ed operavano in povertà, umiltà e carità, contrariamente al clero della Chiesa dell’epoca che viveva, per lo più, nell’agio, per non dire lusso. Francia, Montségur, la montagna sacra dei catari, con il castello La nascita dell’ordine domenicano è da collegare proprio al tentativo di contenimento del fenomeno cataro; Domenico di Guzman, infatti, concepì un nuovo modo di predicazione che utilizzava gli stessi principi di povertà, umiltà e carità dei catari, proprio allo scopo di combatterli. Gli interventi di tipo non violento, come quello di Di Guzman, non sortirono i frutti sperati dalla Chiesa, così nel 1208 il papa Innocenzo III bandì contro i catari una vera e propria crociata, la prima crociata indetta da cristiani contro cristiani. Oggi, in maniera analoga, la religione musulmana è oggetto di analoghi conflitti interni: si pensi alle lotte cruente tra musulmani sunniti e sciiti. Monumento in memoria dei duecento catari bruciati durante l’assedio di Montségur (1244) La storia dei catari ebbe fine nel XIII secolo, più precisamente nel 1244, quando gli ultimi che non vollero rinunciare alla propria fede vennero arsi sul rogo, dopo la strenua resistenza nel castello di Montségur dove si erano rifugiati. Il castello di Montségur fu distrutto dai crociati, pertanto quello che possiamo ammirare oggi è ciò che rimane del castello ricostruito, secondo il volere ed il gusto del visconte al comando della crociata albigese, Simon de Montfort. Sul posto è stato eretto un monumento in memoria dei duecento catari che vennero bruciati durante l’assedio di Montségur. I catari sono stati di recente collegati alle leggende del Sacro Graal da qualche gerarca nazista in certa della illusoria fonte di immortalità. Cinzia Malaguti Bibliografia: Storica NG nr. 83 F. Zambon (a cura di), La cena segreta. Trattati e rituali catari, Milano, Adelphi, 1997 F. Cardini, M. Montesano, Storia medioevale, Firenze, Le Monnier, 2006 Sitografia: Sito di Carcassonne, Francia I benefici di una passeggiata al parco Una passeggiata di almeno 15 minuti in un parco o in un bosco produce cambiamenti reali e misurabili a livello fisiologico che si traducono in benessere. Vivere più a contatto con la natura significa ridurre lo stress, migliorare l’umore e le prestazioni mentali. Qui vi racconto i risultati di tre delle numerose ricerche sull’argomento. Torino, parco cittadino Un team giapponese della Chiba University, guidato da Yoshifumi Miyazaki ha condotto una interessante ricerca sulla correlazione tra riduzione dello stress e contatto con la natura. La ricerca ha coinvolto 168 volontari: 84 sono stati mandati a camminare nei boschi, mentre gli altri 84 passeggiavano per le strade cittadine. Coloro che passeggiavano nel verde hanno riportato una riduzione del 16 per cento dell’ormone dello stress (il cortisolo), un calo del 2 per cento della pressione sanguigna e uno del 4 per cento del ritmo cardiaco. La conclusione a cui è giunto il prof. Miyazaki è che il nostro corpo si rilassa in un ambiente naturale piacevole perché quello è il luogo in cui si è evoluto. Sentiero in un bosco Il team americano guidato da David Strayer dell’University of Utah ha studiato la correlazione tra natura e cervello scoprendo che dopo tre giorni di campeggio in mezzo alla natura, un gruppo di giovani ha mostrato un miglioramento del 50 per cento delle prestazioni mentali. Il prof. Strayer ha così elaborato la teoria della rigenerazione dell’attenzione, secondo la quale l’attenzione involontaria, leggera, richiamata dall’immersione nella natura, consente al cervello di non impegnarsi e di recuperare così la capacità di concentrazione su specifici compiti, detta attenzione diretta. Finlandia, Parco Nazionale Riisitunturi In Finlandia, nazione che lotta contro tassi elevati di depressione, alcolismo e suicidi, la professoressa Liisa Tyrvainen ed il suo team del Natural Resources Institute Finland hanno studiato la correlazione tra umore e contatto con la natura. Il team ha chiesto a migliaia di persone di valutare il proprio umore e il livello di stress dopo aver visitato aree verdi e zone urbane. La conclusione a cui è giunta la prof. Tyrvainen è che per tenere lontana la tristezza occorre stare a contatto con la natura per almeno cinque ore al mese, suddivise in periodi durante la settimana. Sant’Agata Bolognese, il Parco Lamborghini Stare a contatto con la natura qui non significa uscire di casa e camminare o, peggio, correre lungo il viale in mezzo alle macchine; stare a contatto con la natura qui significa camminare in un parco, anche cittadino, o in un bosco, immersi nei profumi, nei colori e nei suoni della natura. Cinzia Malaguti Bibliografia: National Geographic, vol. 37, nr. 1 La natura al servizio della medicina scientifica Il 50 per cento dei 1355 nuovi farmaci prodotti, sviluppati ed approvati dalla statunitense Food and Drug Administration o dalle autorità regolatorie europee negli ultimi trent’anni è derivato da prodotti naturali. Il periodo di riferimento è tra il 1981 ed il 2010 ed è interessante notare l’andamento crescente dell’utilizzo di prodotti naturali nei nuovi farmaci: da un minimo del 12,2 per cento nel 1997 ad un massimo del 50 per cento registrato nel 2010. Per fare degli esempi, nell’ambito dei 16 farmaci antiparassitari approvati in questo arco di tempo, nove derivano da prodotti naturali, sei sono sintetici e poi c’è un vaccino; per quanto riguarda i farmaci antitumorali, del totale di 206 approvati nello stesso periodo, il 42 per cento è derivato da prodotti naturali. Youyou Tu, premio Nobel 2015 per la medicina L’approvazione del farmaco di origine naturale ha seguito sempre e comunque un necessario procedimento scientifico galileiano che porta l’ipotesi, recuperabile nella tradizione ed in testi antichi, a dimostrazioni sperimentali, misurazioni, esperimenti, analisi matematica dei risultati e riproducibilità da parte di terzi che ne hanno confermato i risultati. La produzione di farmaci di origine naturale non è la stessa cosa dell’utilizzo della pianta da cui proviene perché il principio attivo deve essere isolato, purificato e reso stabile in termini di concentrazione ed efficacia. Occorre considerare, al riguardo, che qualsiasi pianta medicinale contiene centinaia di sostanze, con proprietà ed effetti diversi; inoltre, la concentrazione del principio attivo in questione può essere molto variabile a seconda della sottospecie della pianta, del terreno su cui è cresciuta e del periodo della raccolta. Il principio attivo di un farmaco valido deve, invece, essere sempre quello in qualità e quantità pena l’inefficacia o, al contrario, la dannosità. Artemisia annua da cui viene estratto il principio attivo che cura la malaria Sono felice che il premio Nobel per la Medicina 2015 sia andato alla cinese Youyou Tu per la scoperta dell’artemisinina, estratta dalla pianta di Artemisia annua, fondamentale per la lotta contro la malaria. La medicina tradizionale cinese è una fonte di principi attivi da studiare e sperimentare con il metodo scientifico, come ha fatto la cinese Youyou Tu; vorrei solo che i tempi di sperimentazione fossero meno lunghi: le prime ricerche scientifiche della professoressa Youyou Tu ebbero inizio nel 1967 in Cina con il progetto 523, ma solo tra il 2005 ed il 2008 lo studio del farmaco arrivò alla fase prefinale di sperimentazione su 3000 pazienti di cinque paesi africani e tre asiatici e solo nel 2010 l’OMS l’ha indicata come terapia di prima scelta contro la malaria. Fate un po’ i conti! La seria ricerca scientifica ha dei tempi lunghi, ma non devono essere … astronomici; allora, ben vengano le iniziative serie di raccolta fondi per la ricerca a dare una mano. Cinzia Malaguti Bibliografia: Le scienze, edizione italiana di Scientific American, nr. 569