R E C E N S I O N I

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R E C E N S I O N I
R E C E N S I O N I
H . M ichel et B. M irkine -G uetzevitch :
Les idées politiques et sociales de la
Résistance (Documents clandestins 19401944). - Presses Universitaires de France, Paris,
La Resistenza, avverte George Bidault
in una breve prefazione a questo volume,
« fu uno stato d ’animo rafforzato da un
atto di fede. Uno spirito di rifiuto: ri­
fiuto del disonore, della collaborazione,
delle provvisorie comodità del regime di
V ichy; rifiuto di disperare dinanzi alle
sciagure che abbattevano la Patria. Un
atto di fede: la fede nella grandezza
francese e nella dignità umana; la fede
in alcune virtù fortunosamente salvate :
onore, coraggio, disinteresse, spirito di
sacrificio, amore della libertà ».
Sì, ma anche ansia di liberazione, an­
sia di rinnovamento, di superamento del­
le ragioni e delle cose che avevano por­
tato la Terza Repubblica al disastro del
1940. Anche se ciò non era espresso dai
singoli, anche — forse — se la mag­
gior parte dei « resistenti » non ne ave­
va chiara coscienza. Dice stupendamente
Henri Michel nella introduzione: « Non
siamo certi che tutte le idee politiche
della Resistenza siano state prese com­
pletamente sul serio dai Resistenti, com­
presi coloro che le esprimevano : così
come un generale, il cui scopo è quello
di mantenere alto il morale delle sue
truppe, non accorda intero credito agli
slogans rassicuranti che egli stesso ha
messo in circolazione ».
Ma così è avvenuto in ogni rivoluzio­
ne, così Bonaparte porta per il mondo,
suo malgrado, il soffio vivificatore del
1789; così è avvenuto nelle guerre di
religione. In una recente polemica sulla
« Storia della Resistenza italiana » di Ro­
berto Battaglia, che ha avuto il grande
merito di impostare una interpretazione
storica della Resistenza, chi scrive que­
sta nota gli fece appunto di aver dato
troppo rilievo all’ azione e al pensiero dei
« vertici », e di avere invece dato scarso
respiro alla rivolta morale del popolo,
dei giovani specialmente, contro il fa­
scismo, senza la quale i « vertici » nulla
avrebbero potuto fare: non avrebbero
potuto cioè portare avanti la loro even­
tuale protesta e appunto la loro ansia
di liberazione, che comunicarono alle mi­
lizie popolari, ai partigiani di montagna
e di città.
Questo volume, il primo di una serie
storica che va sotto l’insegna dello «Spi­
rito della Resistenza » sotto il patronato
di Bidault e di alti personaggi della nuo­
va classe dirigente, diretta dai due auto­
ri, ci attesta che i caratteri distintivi del­
la Resistenza francese furono identici a
quelli della Resistenza italiana. Zeppo di
documentazione del tempo — scritti, di­
scorsi, giornali clandestini — e preceduto
da uno studio di Michel sul tema « Co­
me s’ è formato il pensiero della Resi­
stenza », e di Mirkine-Guetzévitch sul
tema « Il pensiero politico e costituziona­
le della Resistenza », esso ci dà la prova
provata della confluenza di tutte le cor­
renti, da De Gaulle a Malraux ai comu­
nisti, nel fine di una radicale revisione
della vita etico-politica francese, della
costituzione di nuovi istituti che avreb­
bero retto la Quarta Repubblica, di una
nuova visione della vita spirituale e as­
sociata.
Che queste premesse, queste ansie,
queste aspirazioni impastate col sangue e
con le lacrime, abbiano avuto appaga­
mento in Francia in Italia in tutta Eu­
ropa, è ancora da vedere; la storia non
si fa in dieci anni, ed è forse per que­
sto che, come avverte lo storico Febvre
in una sua chiara arguta premessa, tanti
spiriti dubbiosi o maliziosi obiettano che
non è ancora tempo di fare la storia di
quel periodo di fieri sanguinosi contrasti:
taluno, evidentemente, con il nascosto in­
tento di ostacolare l ’ affidamento allo sto­
rico futuro e ai posteri di una autentica
documentazione che valga a stabilire le
eventuali responsabilità del tradimento di
quelle premesse, di quelle ansie, di quel­
le aspirazioni, per confuse e contraddit­
torie che siano state.
Del resto Febvre risponde che è la
gente viva che ci interessa; e la storia è
la vita nella sua complessità.
Ma poi, questo volume attesta che
l’ora della storia, comunque sia, è già
nostra: nel senso che gli avvenimenti
non sono a se stanti, ma si collocano nel­
lo spartito fra quelli che li hanno pre­
ceduti e causati, e quelli che si prepa­
rano e man mano si succedono. Spetta
a noi, a tutti noi che nella Resurrezio­
ne abbiamo creduto, che nella Libera­
zione, soprattutto, abbiamo creduto, far
sì che la « confluenza » riprenda e si
consolidi negli istituti e nel costume.
La documentazione è così suddivisa :
Resistenza e III Repubblica - Resistenza
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Recensioni
e partiti politici - Resistenza e Gollismo Gollismo e Girondismo - Resistenza e ri'
voluzione - Resistenza e comuniSmo - Resistenza e socialismo - Scopi e programmi - La presa del potere - Misure per i
primi giorni della liberazione - Conside­
razioni generali sul regime della Fran­
cia - Alcuni progetti di Costituzione L ’Unione francese - Resistenza ed eco­
nomia - Resistenza e questioni sociali La Resistenza e la Germania - La Resi­
stenza e l’U .R .S .S . - La Resistenza e la
organizzazione internazionale.
Abbiamo voluto riprodurre questi tito­
li per dare più chiara idea dello scru­
polo anche scientifico dei due compila­
tori: a proposito di uno dei quali, il Mirkine-Guetzévitch, dobbiamo chiudere con
una nota triste.
B. Mirkine-Guetzévitch, consigliere per­
manente dell’ O. N . U ., scrittore illu­
stre, versato nelle dottrine giuspubblici­
stiche, è morto a Parigi il i . aprile 1955,
in età di 68 anni. La vasta opera che di
lui rimane si conclude con questo volume
e con la splendida iniziativa di cui abbiam detto e della quale questo volume
è l’esordio: « Spirito della Resistenza »:
lo spirito che lo ha sempre animato e
che continua nei suoi collaboratori e nei
suoi amici.
P iero C aleffi
U . Z anotti B ianco : Proteste civili. - Ed.
Aldo Chicca, 1954, pp. 78. - Ediz. fuori
commercio.
U . Zanotti Bianco fu prescelto senato­
re a vita per i meriti acquisiti nei lun­
ghi anni di lavoro nell’Associazione degli
interessi del Mezzogiorno e per la sua
opera insigne di archeologo quando, im­
pedito dal governo fascista di continuare
la sua attività di apostolo nella lotta
contro l’analfabetismo, su quella stessa
terra dove il fascismo distruggendo scuo­
le ed iniziative da lui fondate, aveva di­
sperso tutta l’opera sua, egli rimase ed
iniziò una feconda attività di studioso
nell’ Associazione Magna Grecia. Gli sca­
vi che portarono alla scoperta del tem­
pio di Era Argiva alle foci del Seie, uno
dei ritrovamenti più importanti dell’ ar­
cheologia moderna, sono dovuti a lui ed
alla valente sua collaboratrice dott. Zancani.
Il lavoro dello Zanotti Bianco, relega­
to a confino in quelle desolate regioni, si
svolse per anni sotto l’occhio vigile de­
gli agenti di polizia.
In edizione non venale U . Zanotti Bian­
co, cedendo alle insistenze degli amici,
pubblica nel decennale della Liberazione,
alcuni documenti di particolare rilievo
che stanno a testimoniare la lunga in­
flessibile resistenza che l’autore sosten­
ne contro il fascismo, dai suoi primi al­
bori all’estrema rovina. Dalle distruzio­
ni della guerra l’autore riuscì a salvare
solo un pacco di queste carte preziose,
alcune delle quali ora ha deciso di pub­
blicare « nella speranza di contribuire a
ravvivare la pura fiamma che ci sosten­
ne in quell’ epoca così triste ».
Il primo documento è un articolo del
17 aprile 1923 che contiene parole di
appassionato consenso alla protesta della
medaglia d’oro Rossetti nel nome dell’ I­
talia libera contro lo squadrismo fascista.
V i sono due lettere del 1 gennaio 1925:
Luna al Ministro della Guerra gen. Di
Giorgio, l’altra al Ministro dell’Istruzio­
ne sen. Casati, lettere che accompagna­
vano la restituzione della medaglia d’ ar­
gento al valor militare, e quella della
medaglia d ’oro di benemerito dèlia P. L ,
energico atto di protesta dopo la pubbli­
cazione del memoriale di Cesare Rossi,
che minacciava Mussolini di rivelazioni
intorno all’assassinio di Matteotti.
Seguono pagine di ricordo per Amen­
dola ucciso, ed una lettera di protesta
al direttore generale del telegrafo di Fi­
renze per avere permesso che, violando
il segreto epistolare, si comunicasse al
fascio il testo di un telegramma al Ros­
setti, percosso dagli squadristi fiorentini
in occasione del processo contro il Sal­
vemini.
Il telegramma dice: « Veramente ad­
dolorato non aver potuto condividere vi­
li percosse abbracciola con auguri frater­
ni ». Le bande fasciste bastonarono al­
lora i proprietari delle pensioni di P.za
Indipendenza che non volevano conse­
gnare i registri dei forestieri per iden­
tificare la persona che aveva scritto il
telegramma.
Tutte queste cose avvenivano nel 1926:
da quell’ anno al 1932, data in cui ricor­
re un documento singolare, la storia di
questo cittadino che non mormora, ma
che protesta apertamente con le parole
e con l’azione, è segnata da varie tap­
pe, che dal più al meno testimoniano
tutte l’avvelenata aria dei tempi.
In data 20 novembre 1932 leggiamo
una lettera indirizzata ad una autorevole
personalità ecclesiastica, per informarla
come la direzione della Biblioteca V ati­
Recensioni
cana, in omaggio alla volontà dello Sta­
to italiano, dopo aver concesso allo Zanotti Bianco la libera entrata nelle sale
della Biblioteca stessa, si fosse subito af­
frettata a revocare ogni autorizzazione.
Racconta lo Zanotti il colloquio col ca­
po della gendarmeria vaticana: « Ma sa,
— egli subito mi interruppe — le di­
sposizioni attuali sono assai restrittive ».
« Non è il caso di appellarsi a delle di­
sposizioni — risposi — perchè la tessera
mi era già stata data. Ad ogni modo se
la presentazione dei monaci di Grotta­
ferrata non bastava, potevano richieder­
mene altre. N e avrei sollecitate nella stes­
sa Città del Vaticano. Ma il togliermi la
tessera dopo che mi era stata concessa
è un provvedimento così grave, che mi
impone una protesta e la richiesta di
una spiegazione ».
E poiché il mio interlocutore tergiver­
sava ad un certo punto gli dissi:
« Se vuole sapere la ragione di questo
provvedimento gliela dico io. Da tre anni,
non certo per alcuna imputazione o per
alcun atto meno che onorevole, ma anzi
per aver serbato fede alle mie convinzioni
morali, sono onorato della avversione del
presente governo italiano, che mi fa pe­
dinare. Ora mi pare veramente strano,
che mentre la Biblioteca del Vaticano è
aperta a gente di ogni fede religiosa e
politica, sia chiusa in faccia ad un ita­
liano che ha serbato carattere in un pae­
se in stato di schiavitù. N on questo af­
fronto mi aspettavo, mentre cercavo di
aiutare i monaci di Grottaferrata in una
qpera che dovrebbe essere gradita alle
Autorità ecclesiastiche ».
« Sa — mi disse allora un po’ confuso
il capo della gendarmeria quasi per scu­
sarsi. — Sono norme di buon vicinato ».
« Ma, come, lei chiama norme di buon
vicinato prendere assieme dei provvedi­
menti illegittimi? ».
« Ora, poiché Ella Reverendo Padre, ri­
dendo del mio sdegno mi disse l ’altro
giorno: ” Ma non sa che il Vaticano
anche quando ha torto marcio ha sempre
ragione ” , non mi pare sia più il caso di
insistere ».
Questa pagina, per un osservatore su­
perficiale, può avere un’ importanza se­
condaria di semplice episodio; a chi me­
glio rifletta, essa appare invece nel suo
vero valore di documento, di quelli che
ad uno storico dànno tutta la misura di
un costume e di un tempo.
11 testo di un foglietto clandestino di­
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stribuito dopo il massacro alle Fosse Ardeatine nel marzo 1944 chiude la piccola
raccolta documentaria, attraverso la qua­
le possiamo tessere con fili esigui dal lon­
tano 1923 all’ ultimo tragico anno della
recente storia d’ Italia, il 1944, una bre­
ve, ma indissolubile trama in cui viene
a rispecchiarsi il tormento spirituale e
morale di coloro che in Italia vollero, in
quegli anni, testimoniare attraverso la
resistenza di ogni giorno e di ogni ora,
che non è vero che la dignità e la co­
scienza morale non abbiano forze per
opporsi alla violenza oppressiva di qua­
lunque dispotismo.
B ianca C eva
D . L ivio B ianco : Guerra partigiana. Einaudi, 1954, pp. 477 - L . 2.500.
Giorgio Agosti e Franco Venturi han­
no curato questa raccolta di scritti di L i­
vio Bianco, che comincia con le pagine
della relazione storico-militare « Venti
mesi di guerra partigiana nel Cuneese »
già pubblicati sui Nuovi Quaderni di G.
L . nel gennaio-agosto 1945.
Segue il Diario di Livio Bianco dal 5
novembre 1943 al 19 febbraio 1945. La
terza parte contiene lettere, rapporti ed
articoli vari raccolti qua e là dai fogli
partigiani. Alla fine è riportato il testo
di due discorsi, l ’ uno pronunciato l’8
giugno 1947 a Cuneo in occasione della
consegna della medaglia d ’oro al valor
militare al gonfalone della città; l’altro
pronunciato pure a Cuneo il 18 settem­
bre 1948 alla presenza del Presidente del­
la Repubblica, in occasione della conse­
gna di ricompense al valor militare a
sette partigiani.
Fotografìe e fac simili arricchiscono la
preziosa documentazione.
Al centro di tutto questo sta un uomo,
prima che un combattente ed un co­
mandante partigiano; la varietà degli
scritti qui contenuti non altera le linee
di questa virile fisonomia, anzi, direi me­
glio, le scolpisce attraverso gli scorci e
i chiaroscuri del frammento, sia lettera,
sia schematica nota di diario, sia pagina
breve ed essenziale di cose e di fatti.
Dall’ uomo d ’azione nasce così lo sto­
rico, non solo quando egli fissa sulla car­
ta la testimonianza viva degli avvenimen­
ti ai quali ha partecipato, ma, più an­
cora, quando sottopone la materia viva
a quel processo di ripensamento che por­
ta al distacco e ad una più serena misura
di rapporti e di valori.
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Recensioni
Nonostante l ’autore, con scrupolo esemplare, dichiari inesatto ed incomple­
to il suo scritto per non aver egli avuto
« nè il tempo, nè il modo di spogliare e
di esaminare con la debita cura i diari,
i carteggi e gli archivi partigiani, e nem­
meno di interpellare con minuzia e con
calma le persone che possono essere al
corrente dei fatti », pure questi venti­
sette capitoli sulla guerra partigiana nel
cuneese offrono già un mirabile quadro
di sintesi storica.
Il racconto inizia con la data del 9 set­
tembre 1943 e finisce con il ricordo del
giorno 29 aprile 1945, « quando il 29
aprile finiva anche l’ultima resistenza te­
desca nella città di Cuneo era veramen­
te una pagina di gloria che chiudeva ven­
ti mesi di guerra partigiana: tanti sforzi,
tanti sacrifici, tante prove, tante lacri­
me, sudore e sangue non erano stati inu­
tili, se adesso eran lì, realtà commovente
ed entusiasmante di quella meravigliosa
battaglia e vittoria partigiana ».
Storia che non è solo dei fatti, ma de­
gli spiriti che dai fatti si sprigionano e
si aprono verso ben più vasti orizzonti
al di là dell’episodio locale, anche se im­
pegnativo e drammatico: « Per questa ge­
nerazione non v ’è congedo », proclamava
subito dopo la Liberazione, con la co­
scienza delle battaglie politiche e sociali
che devono tener dietro alle battaglie
militari, quel tipografo partigiano che
poi diresse il partito d ’Azione.
« Io non faccio la guerra di Cuneo,
faccio la guerra su piano nazionale » ri­
spondeva il comandante della V zona a
chi in mezzo all’infuriare degli assalti te­
deschi gli chiedeva se non fosse il caso
di accogliere le richieste del comando
germanico, che domandava solo il libero
transito per le truppe.
Nel luglio del ’ 45 Livio Bianco rievo­
cherà in sè tutti questi motivi, e già as­
sorbito senza un istante di riposo nel­
l’ opera assidua della ricostruzione, sen­
tirà che « finché vi saranno degli uomi­
ni che sentono e ragionano così, finche
soffierà nel cuore e vivrà nelle azioni di
qualcuno lo spirito che anima quelle pa­
role semplici e sublimi, si può non di­
sperare, si può aver fede: la giustizia e
la libertà avranno sempre i loro combat­
tenti ».
Il Diario, cominciato il 5 novembre
1943, finisce il 19 febbraio 1945: giorno
per giorno poche frasi frammentarie e
scheletriche appuntano sulla carta gli in­
contri, gli arrivi, le attese, gli ordini, gli
allarmi, le azioni di guerra, gli entusia­
smi, gli scoramenti e le fuggevoli nostal­
gie dei ricordi lontani: « 31 dicembre
1943 : attacco tedesco a Boves. Accorria­
mo in soccorso, portandoci fino a Fonta­
nelle, ma arriviamo tardi e torniamo in­
dietro. Niente da fare: i nostri debbono
già aver avuto la peggio. Ritorno nella
notte a San M atteo: inizio del nuovo an­
no in tono triste ».
Giorno per giorno Livio Bianco fissa qui
la sua vita di partigiano e di comandan­
te; nasce dunque dalle brevi pagine di
questo diario un’immagine viva di quella
guerra di bande e si forma così una tra­
ma essenziale sulla quale il superstite po­
trà un giorno, se il destino vorrà, tesse­
re la storia; per ora egli ci fa conoscere
tutto e tutti: questi sono i monti, i pae­
si, le valli, questi sono gli uomini che
hanno organizzato, e combattuto la guer­
ra partigiana in quel settore del Piemon­
te; alcuni di essi sono oggi nella schiera
gloriosa dei caduti: Duccio Galimberti,
Paolo Braccini, Mario Rufino, Giovanni
Barbero e tanti altri.
Sono i compagni dai quali viene e ver­
rà a Livio Bianco l’insegnamento del
« Non mollare », quelli il cui ricordo fa­
rà sì che la coscienza pura e netta del
buon soldato della Libertà riveli a sè
l’unica ferma speranza, quella che egli,
in un momento oscuro, il 26 novembre
1944 confessa in una lettera alla moglie
che pur combatte lontano da lui la stes­
sa battaglia: « Eppure, se un giorno do­
vremo ritrovarci, anche questa tremenda
separazione, questa dura esperienza non
sarà stata inutile: avrà servito ad avvi­
cinarci maggiormente ed a farci capire
tante cose che prima non capivamo o
capivamo male. Saremo, insomma, mi­
gliori e più ricchi (spiritualmente, si ca­
pisce) e avremo imparato a vivere me­
glio ».
B. c .