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sotto la lente Risate in corsia
Clelia, la “dottoressa”
L’idea le venne la prima volta quando, da
bambina, durante un ricovero in ospedale incontrò
i clown che venivano a tenerle compagnia. Lo scorso
anno ha iniziato il corso di formazione e, alcune
settimane fa, ha ricevuto il camice e l’attestato.
Che dedica a tutti i ragazzi con autismo come lei
Chiara Ludovisi
Q
uando entra in corsia, non è più
Clelia: per i pazienti che sa far
sorridere, lei si chiama “dottoressa in blu”. Da poche settimane Clelia Fuga ha ricevuto il camice: quando
lo indossa, è a tutti gli effetti una clown
in corsia. E il suo autismo, che seppur
lieve le provoca una certa difficoltà nel
relazionarsi con gli altri e comunicare,
quasi scompare, quando veste i panni
della dottoressa in blu. In blu, sì, perché questo è il colore con cui, per convenzione, viene rappresentato il mondo
dell’autismo. E di questo mondo Clelia fa parte, pure con un certo orgoglio.
«Il mio autismo non è riuscito a ostacolare il mio sogno di diventare “dottor clown” – racconta –. Un anno fa ho
seguito il corso a Mirano, in provincia
di Venezia, poi il tirocinio e oggi eccomi qui: il 3 ottobre il colloquio finale,
sei giorni dopo la consegna del camice». Un camice da dottore, anche se lei
non cura le malattie e non dà medicine: allevia la tristezza e la paura, distribuendo sorrisi e allegria.
Oggi Clelia ha 23 anni: ne aveva quattro, quando le è stata diagnosticata una
forma di autismo. Poco dopo, racconta, «ho iniziato varie terapie come logopedia, psicomotricità, musicoterapia e
ippoterapia. Ho fatto terapia fino a 17
anni, in vari posti. L’ultimo anno, all’istituto Bosisio Parini di Como. Oggi,
non faccio più terapia, ma uso medicinali che mi tengono calma e serena. Prima di prenderli ero molto
nervosa».
Grazie alle cure e alle varie attività che la tengono impegnata, Clelia è
decisamente migliorata: «Ho difficoltà a relazionarmi con gli altri, ma non
con tutti – dice –. Ho pochi amici, ma
riesco a comunicare abbastanza bene,
un po’ con la scrittura facilitata, un po’
verbalmente. Ma so quali sono i miei limiti: devo smettere di arrabbiarmi per
niente e devo accettare gli scherzi, anche se a volte non riesco proprio a capirli e a sopportarli».
Ma gli scherzi buoni, quelli che fanno ridere, Clelia con il tempo ha imparato perfino ad apprezzarli. È accaduto
in ospedale, durante un brutto periodo.
Frequentava le scuole medie e «sono finita all’ospedale per una crisi di panico. Sono stata lì dentro per dieci giorni.
Venivano i dottori clown a farci sorridere e da quel momento mi sono deciNella foto, a sinistra, Clelia Fuga, la ragazza
con autismo che è riuscita a realizzare il sogno
di diventare dottor clown
SuperAbile INAIL
20 Gennaio 2017
sa ad aiutare il prossimo più bisognoso
e meno fortunato di me». Dopo aver
fatto qualche esperienza come animatrice nei centri estivi e in corsia, Clelia
ha così deciso di «diventare per sempre
un dottor clown» e nel 2015 ha iniziato
a frequentare il corso: cinque incontri,
poi tre mesi di tirocinio e l’esame finale, per diventare clown a vita.
«Lunedì 3 ottobre alle 17 ho iniziato
il colloquio finale, insieme a mia mamma. Appena ha saputo che ero stata
promossa, mi ha abbracciato, si è messa a piangere e mi ha detto che era orgogliosa di me». Per ora Clelia svolge il