DISTRIBUTORE, AGENTE O VENDITORE DIRETTO?

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DISTRIBUTORE, AGENTE O VENDITORE DIRETTO?
DISTRIBUTORE, AGENTE O VENDITORE DIRETTO?
CARACCIOLO MARZAGALLI
STUDIO LEGALE ASSOCIATO
Avv. Ernesto Caracciolo
Il problema principale che spesso ostacola la decisione di entrare nel mercato italiano e rappresentato dalla scelta della forma che quest’ingresso deve prendere.
Sarà più opportuno cominciare l’attività “in punta di piedi”, con spese minime, solo con
l’intento di “saggiare il mercato”, oppure compiere un passo più deciso ed investire immediatamente in
tempo, organizzazione e risorse per segnalare agli operatori la propria presenza in modo deciso?
Molto dipende dal prodotto che si vende e dalla sua comprovata facilità di penetrazione nel
mercato, ma qualche consiglio, che valga in generale, lo possiamo comunque dare.
L‘attuale congiuntura economica internazionale, che frena non poco la voglia di investire in
progetti nuovi, c’induce a credere che le scelte imprenditoriali tenderanno a prediligere un ingresso nel mercato italiano a costi limitati, che permetta, una volta presa coscienza diretta della situazione generale e delle
opportunità offerte, di prendere decisioni definitive solo in un secondo momento.
Ma allora cosa fare?
La scelta più semplice sembrerebbe essere quella del Distributore locale, dotato di propria
organizzazione e con una rete di vendita in grado di coprire se non tutto, buona parte del territorio dello Stivale.
In effetti, non sono poche le società straniere che hanno prediletto questa soluzione, che
permette di controllare l’andamento degli affari direttamente da casa, senza spostare personale, senza investimenti in loco, senza nuove tasse, ecc.
La figura del Distributore può sembrare l’ideale punto di partenza per prendere coscienza
della situazione del mercato; unica preoccupazione dell’imprenditore straniero sarà quella di rifornire del
prodotto commercializzato, nei tempi richiesti, il distributore stesso, o, a seconda degli accordi contrattuali, i
clienti finali.
Ma ci sono anche aspetti meno positivi da valutare.
Grande Distributore, nel senso che abbia la possibilità di coprire il territorio nella maniera desiderata, implica grande organizzazione, grande rete di vendita e, di conseguenza, grandi clienti già presenti
nel proprio portafoglio; grandi clienti che non solo coprano i costi della struttura, ma che permettano anche
buoni guadagni.
Scarse saranno quindi le possibilità di trovare un Distributore che si occupi esclusivamente
del nostro prodotto (a meno che questo, come dire, … “si venda da sé”, ma in quel caso non servirà leggere
quest’articolo) il quale, di conseguenza, dedicherà al nuovo cliente, specie all’inizio della collaborazione,
solo un’attenzione marginale.
Altro aspetto da valutare è il “modus operandi” tipico di questi soggetti: il Distributore acquista dal produttore la merce, (diventandone proprietario) e la rivende sul mercato ad un prezzo maggiore,
più o meno concordato con quest’ultimo, traendo dalla differenza il proprio guadagno.
Premettendo che è sempre difficile, in un altro ambiente, centrare subito il prezzo al pubblico
del prodotto, il Distributore punterà ad ottenere grandi sconti dal produttore, che gli permettano un buon
margine di guadagno anche qualora, verificato il trend del mercato, debba essere costretto a rivedere verso il
basso il prezzo al pubblico del prodotto commercializzato.
C’è poi da ricordare che in Italia, proprio per la difficile situazione economica degli ultimi
anni, gli operatori, per catturare i clienti, combattono non solo con la qualità dei propri prodotti, ma anche
con la politica dei prezzi bassi e con la ben pubblicizzata disponibilità ad accettare pagamenti dilazionati nel
tempo.
Di conseguenza il Distributore tenderà ad ottenere, dal produttore, la possibilità di pagare
quanto acquistato, molto tempo dopo la consegna.
Nella prassi la media si aggira tra i tre ed i sei mesi; ciò trova la sua giustificazione proprio
nel fatto che lo stesso Distributore, per vendere meglio il prodotto, permetterà ai clienti pagamenti rateizzati
e vorrà quindi cautelarsi per eventuali brutte sorprese.
Tralasciando ogni più approfondito esame della fattispecie, già per quanto sopra illustrato
ci sembra di poter dire che il Distributore non possa rappresentare la scelta ottimale e definitiva, ma solo
l’opzione temporanea, utile per potersi fare davvero un’idea di quali siano le potenzialità di un prodotto di
penetrare il mercato italiano.
La scelta di operare con un Distributore locale potrà quindi rappresentare il così detto “primo
passo”, ma nulla più; sarà consigliabile mantenere stabile tale rapporto per un arco di tempo non troppo
lungo, diciamo un paio di anni, in attesa di scegliere una nuova e più conveniente opzione.
Altra possibilità è data dall’Agente di Commercio.
Anche in questo caso il produttore straniero può evitare di preoccuparsi di tutto quanto non
sia strettamente connesso alla vendita dei propri prodotti.
L’Agente di commercio è egli stesso un imprenditore, dotato di una propria autonoma organizzazione e sarà quindi solo quest’ultimo a doversi preoccupare di distribuire convenientemente i prodotti
della società preponente all’interno del territorio italiano.
Così, ancora una volta, non ci sarà alcun nuovo onere da sostenersi per il preponente straniero: niente nuove tasse, nessuna spesa per il set up della nuova struttura in loco, o quant’altro, a parte un
contributo, minimo proporzionato al fatturato procurato alla società, da versarsi all’ENASARCO, che è
l’ente che gestisce il trattamento previdenziale per tutti gli agenti cui essi devono obbligatoriamente essere
iscritti.
A parte tale obbligo, cui sono sottoposte anche le società straniere che non abbiano alcuna
sede o dipendenza in Italia, (che devono altresì provvedere all’iscrizione dei propri agenti mediante atto
redatto in lingua italiana sul modello della Fondazione e con firma autenticata) non ci sono altre spese o
formalità da affrontare.
Ma, avendo optato per il rapporto di agenzia, che cosa scegliere in concreto: un agente per
tutta l’Italia, o più agenti che abbiano da occuparsi di un territorio ridotto? E ancora, da dove cominciare per
la commercializzazione del prodotto: solo al nord o anche nel sud e nelle isole?
Quello che abbiamo detto per il Distributore vale in parte anche per l’Agente: grande organizzazione è sinonimo di grandi clienti già nel portafoglio; da ciò ne deriva che la scelta naturale sia quella di
scegliere un agente che abbia da controllare una parte di territorio più ristretta e che maggiormente ambisca
ad avere la società danese tra i propri clienti.
Di buono c’è che secondo l’art.1748 del Codice Civile, l’Agente di commercio viene pagato
con una provvigione, solo per gli affari conclusi “per effetto del suo intervento”.
Un agente giovane, seppur non inesperto, con ambizione e privo di grandi clienti che già gli
permettano un fatturato imponente e che,soprattutto, debba occuparsi di un territorio grande abbastanza da
ingolosirlo, ma non troppo esteso per le proprie possibilità, potrebbe rappresentare la scelta ottimale.
Ma questa soluzione potrà anche essere considerabile come quella definitiva?
Personalmente la preferisco a quella del Distributore, per tutta una serie di motivi, inerenti
proprio la sostanza del rapporto che lega l’Agente alla preponente.
Secondo l’art. 1746 del Codice Civile, infatti,
“Nell’esecuzione dell’incarico, l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona
fede. In particolare deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al
preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnategli e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari.”
Insomma, se il Distributore si limita a comprare e rivendere i prodotti, l’Agente è legato alla
società preponente da un rapporto molto più stretto, caratterizzato da grande fiducia.
La Legge pretende che l’Agente non operi solo ed esclusivamente nel proprio interesse, ma
anche nell’interesse della società mandante e che la tuteli in qualche modo, fornendo ad essa ogni informazione utile sull’andamento del mercato.
E’ comoda anche la forma di pagamento di questa collaborazione: l’Agente avrà un costo
direttamente proporzionato alla propria capacità di sviluppare la clientela, di creare fatturato in favore della
propria mandante, di arricchirla.
Resta però il problema degli insoluti.
Scegliendo la figura del Distributore il rischio sarà connesso a questo singolo soggetto;
optando per un rapporto di agenzia, i debitori, e i possibili insoluti, saranno molteplici.
Se è vero, come stabilisce l’art.1748 c.c., che l’agente ha diritto alla provvigione solo per
gli affari conclusi per effetto del suo intervento è anche vero che per la vendita di cose mobili in Italia, per
aversi “conclusione del contratto” non è necessaria la consegna o il pagamento, ma è sufficiente l’incontro
delle due volontà, l’accordo tra le parti.
Se dopo la proposta contrattuale al cliente finale, fatta dall’agente, seguirà da quello un ordine
alla società produttrice dei beni pubblicizzati, il contratto di vendita si intenderà concluso e l’Agente avrà
maturato il diritto alla provvigione.
Che il terzo poi non adempia, in parte o in tutto, al proprio obbligo di pagare le merci acquistate, non sarà, se non in parte, un problema dell’Agente di commercio.
Sempre secondo l’art.1748 del Codice Civile, infatti, all’Agente spetta la provvigione sin dal
momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la sua prestazione.
Contrattualmente si può spostare in avanti tale termine sino al momento in cui il terzo ha
eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la propria, ma se ciò non accade, trascorso il termine, l’Agente andrà
comunque pagato.
E’ infatti esplicitamente vietato, secondo l’art.1746 c.c., il patto che ponga a carico
dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo.
E’ consentito, tuttavia, eccezionalmente, alle parti di concordare, di volta in volta, la concessione di un’apposita garanzia da parte dell’Agente in favore della società preponente, purchè ciò avvenga
con riferimento a singoli affari, particolarmente delicati per la loro natura e per il loro importo, purchè
l’obbligo di garanzia non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente
avrebbe diritto a percepire, e purchè sia previsto per l’agente un apposito corrispettivo.
Se ne deduce che il rischio per la società preponente non è irrilevante.
Ciò anche se gli stessi Accordi Economici Collettivi, pur non sottoscritti da tutti i sindacati,
hanno individuato come ipotesi di giusta causa di rescissione del contratto di agenzia, la presenza di insoluti
che superino il venti per cento del fatturato globale.
Resta poi il problema delle indennità da pagarsi all’agente in caso di scioglimento del contratto, che non avvenga per sua colpa.
Tralasciando l’esame approfondito della fattispecie, basti sapere che questa Indennità di
Cessazione del Rapporto, disciplinata dall’art.1751 del Codice Civile, è proporzionata fondamentalmente al
fatturato e all’incremento del numero dei clienti della società preponente.
Questo vuol dire che stipulando un contratto di agenzia senza fornire all’Agente inadeguato
portafoglio cliente, i costi di un eventuale cambiamento di strategia saranno molto elevati, soprattutto se i
collaboratori scelti si riveleranno bravi e capaci di produrre un notevole fatturato.
La scelta del rapporto di agenzia si rivela conveniente solo allorquando non si abbia
l’intenzione, a breve, di entrare in territorio italiano in maniera più convinta, altrimenti i costi, anche in considerazione dei rischi connessi alla scelta, possono rivelarsi elevati.
Il nostro personale consiglio è quello di seguire un’altra strada.
Come abbiamo illustrato in un altro articolo di questa stessa pubblicazione, in Italia è stata
emanata recentemente una innovativa regolamentazione in materia di società di capitali, caratterizzata da
grande elasticità e limitati costi di gestione.
Rimandando a tale articolo per la descrizione approfondita della fattispecie, riteniamo che sia
conveniente un ingrasso in Italia caratterizzato dalla costituzione di una società italiana, interamente controllata da quella danese, che con due o tre venditori diretti, assunti con contratto di lavoro subordinato, si
preoccupi per un paio di anni di far conoscere il prodotto sul nostro mercato.
Trascorso tale periodo, e conosciuti molti operatori del settore, e reso noto il prodotto commercializzato, sarà più semplice trovare agenti disposti a collaborare, magari a costi inferiori, cui passare il
portafoglio clientela, i quali dovranno, per guadagnare davvero, sviluppare gli affari in modo davvero eclatante.