piani di eradicazione e programmi di riconoscimento delle principali

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piani di eradicazione e programmi di riconoscimento delle principali
In una precedente occasione si era accennato ai programmi di riconoscimento delle
aziende di troticoltura, ai sensi del DPR 555/92, soffermandoci sui requisiti strutturali
minimi e sulle varie tipologie d'impianto, con particolare riferimento alle specie
presenti. Oggi vorrei chiarire attraverso quali passaggi si possa arrivare all'obiettivo
del riconoscimento il quale deve rappresentare l'atto finale di un'azione di controllo
iniziata, soprattutto per quanto riguarda le zone, qualche tempo prima dei 4 anni
previsti per la dimostrazione del reale stato sanitario delle aziende. Il concetto
fondamentale su cui si basa il riconoscimento è che i 4 anni di sorveglianza,
comprensivi dei due anni di controllo di laboratorio, costituiscono solo la fase finale
dell’intero piano di lotta che viene a ufficializzare una situazione di indennità
preesistente.
Quanto sopra esposto è deducibile anche dal semplice fatto che il piano di
riconoscimento non richiede alcuna azione di disinfezione degli impianti: ciò
evidentemente presuppone che a monte sia già stato fatto tutto il necessario per
partire da una situazione favorevole.
Prima di aderire ad un programma di riconoscimento è necessario pertanto chiedersi
se in passato sia stato attuato nell’azienda o nelle aziende di una zona un regime di
prevenzione in grado di escludere ogni possibilità di ingresso in impianto dei patogeni
interessati. Ad esempio ci si deve porre alcuni quesiti: quale è stata fino ad oggi
l'origine del materiale? i mezzi di trasporti sono stati adeguatamente disinfettati? ogni
episodio di mortalità sospetta è stato diagnosticato correttamente? Se a queste
semplici domande possono corrispondere tutte risposte favorevoli, ritengo che si
abbiano buone probabilità che l'impianto sia effettivamente indenne e, a questo
punto, si può aderire con tranquillità al piano di riconoscimento che, ripeto, serve
solo a dimostrare ufficialmente lo stato sanitario di un’azienda o di tutte le aziende
dell’intera zona.
In caso contrario, quando di fronte a queste domande intervengono dubbi e
perplessità, prima di aderire ai piani di controllo indicati dalle linee guida del
Ministero, e sottoporsi ai controlli previsti dal DPR 555/92, è necessario verificare il
reale stato sanitario delle singole aziende con prelievi frequenti e mirati, da
sottoporre alle indagini di laboratorio, consultandosi con i laboratori degli IZS di
competenza ed eventualmente con il Centro Nazionale di Referenza dell'IZS delle
Venezie. Al termine di queste indagini che possono rientrare in un piano ufficiale di
monitoraggio, in presenza di un esito favorevole è lecito aderire al piano di
riconoscimento. Se contrariamente si dovesse rinvenire una situazione sfavorevole
per la presenza di una o più delle malattie virali comprese nell’elenco II del DPR
555/92, l'allevatore dovrà decidere di continuare o abbandonare ogni volontà di
riconoscimento del proprio impianto ma, in caso positivo, si impone l’obbligo
dell’eradicazione.
L'esperienza Danese e della Provincia di Trento dimostrano ampiamente che è
possibile eradicare queste malattie, se vengono rispettate le direttive impartite, sia
da impianti singoli che da intere zone.
Gli allevatori di trote sentono parlare ormai da anni di eradicazione e dei metodi
applicati alla lotta alla Setticemia Emorragica Virale (VHS) e della Necrosi
Ematopoietica Infettiva (IHN) come l'unica via per eliminare queste malattie dagli
impianti. E' chiaro pertanto a tutti il significato della parola eradicazione ma forse non
tutti sanno quale siano i metodi da impiegare per ottenere i risultati voluti.
Allorquando una di queste malattie entra attraverso una via o un’altra, in un impianto
di animali sensibili, è assolutamente improbabile che, senza alcun intervento, la
stessa malattia possa estinguersi naturalmente; caso mai può rimanere allo stato
latente per un periodo più o meno lungo, specie se esistono condizioni ottimali di tipo
ambientale e/o manageriale, quali ad esempio l'elevata temperatura. Comunque
presto o tardi, se non sono state attivate drastiche azioni di lotta, la sua presenza
non tarderà a mostrare i propri effetti.
L'eradicazione rappresenta l'insieme delle operazioni che consentono di eliminare
l'agente causale della malattia, da una singola azienda o da un intero territorio. Nel
caso di queste malattie si tratta di due virus appartenenti alla stessa famiglia: essi
sono i responsabili della VHS e della IHN e la nostra azione deve essere rivolta nei
loro confronti, cercandoli e combattendoli in ogni angolo ed anfratto dell'impianto;
nei pesci morti ed infetti; nell'acqua contaminata; nel fango, sotto gli stivali degli
operai, sulle attrezzature, sul tavolo dove i riproduttori vengono “spremuti” nel corso
della riproduzione; nelle uova appena spremute e in quelle già in fase di incubazione.
Ovunque questi virus possono annidarsi e costituire una continua fonte di infezione.
Quando l'allevatore decide, con convinzione, di voler affrontare queste malattie,
allora la battaglia spesso deve considerarsi praticamente vinta, almeno per quanto
riguarda le singole aziende. Quando invece si tratta di eradicare un intero bacino
idrografico, si richiede un impegno maggiore che deve interessare
contemporaneamente o in tempi lievemente diversi, tutte le aziende presenti nello
stesso bacino. Comunque gli interventi dovranno procedere da monte verso valle.
L'estate rappresenta sicuramente il periodo migliore, infatti l'elevata temperatura
ostacola la sopravvivenza del virus nell'ambiente esterno ed inoltre, in queste
condizioni, gli eventuali portatori presenti nei corsi d'acqua guariscono più
velocemente.
La presenza di un coordinatore, meglio se identificato all'interno del servizio
veterinario ufficiale, costituisce una condizione essenziale per il buon esito
dell'operazione finale, facilitando ed uniformando gli interventi nelle diverse realtà
produttive. L'esempio della Danimarca dove a partire da circa 400 impianti infetti nel
1965 si è giunti a 15 impianti infetti nel 1998, costituisce senz’altro la testimonianza
più concreta e valida nella lotta alla VHS ed è per questo motivo che altri Paesi hanno
ritenuto, in seguito, di dover seguire la stessa metodologia d'intervento. Si tratta
ovviamente di operazioni difficili e complesse che, in alcuni territori ad elevata
prevalenza d'infezione potranno portare a risultati definitivi solo nel tempo, ed è per
questo motivo che nessuno deve illudersi o illudere altri che interi bacini possano
liberarsi definitivamente dalle malattie in esame nel breve volgere dei quattro anni
più volte citati e previsti dalle normative ufficiali. Più spesso infatti sono stati
necessari anni ed anni di lotta per eradicare completamente la malattia. Pertanto è
importante sottolineare, soprattutto nel caso del riconoscimento delle zone, che i
quattro anni previsti dalla normativa, serviranno solo a dimostrare ufficialmente
l'assenza della malattia nel territorio considerato.
In attesa di un documento ufficiale che indichi definitivamente la metodologia da
seguire per le operazioni di eradicazione dei virus dei salmonidi si è voluto dare
qualche suggerimento, sulla base dei metodi ampiamente collaudati in territori coma
la Danimarca, la Norvegia e la provincia di Trento, per coloro che hanno necessità di
iniziare, in tempi brevi, il risanamento dei propri impianti.
Svuotamento degli impianti
Tutti i bacini d'allevamento compresi nell'impianto devono essere svuotati dal pesce e
dall'acqua presente. L'acqua di alimentazione dell'impianto deve essere deviata e
quella che rimane nei bacini deve essere rimossa con l’impiego di pompe o altro. Il
pesce, se proveniente da un impianto infetto, in accordo a quanto previsto dal DPR
263 /97 potrà essere venduto al mercato o trasferito in un altro impianto di analogo
stato sanitario. Le operazioni di svuotamento che interessano più impianti nello
stesso bacino vanno eseguite di preferenza contemporaneamente o, in caso di
difficoltà tecniche, è assolutamente necessario iniziare da monte e proseguire verso
valle. E' essenziale che durante tutto il periodo di trattamento gli impianti siano
mantenuti a secco e in caso di difficoltà a prosciugare parti di bacino queste
dovranno essere trattate con quantità maggiori di disinfettante assicurandosi che il
principio attivo non venga diluito eccessivamente.
Pulizia e disinfezione
Prima di procedere alla disinfezione dell'allevamento tutti i bacini devono essere
preventivamente puliti il che significa che è necessario allontanare quanto più
possibile il materiale organico presente. Evidentemente questa operazione sarà più
facilmente attuabile nei bacini in cemento rispetto ai più vecchi bacini in terra dove
questo passaggio sarà senz’altro meno facile.
Dopo aver rimosso l’eccesso di materiale organico si può iniziare il trattamento di
disinfezione che dipenderà dalla natura del bacino. Ancora una volta si deve ripetere
che i bacini in cemento assicurano un risultato migliore in quanto facilmente
trattabili. In questo caso vengono suggeriti l'impiego del cloro o della soda che
potranno essere irrorati direttamente sulle superfici pulite. Per quanto riguarda la
concentrazione di questi principi attivi il cloro viene normalmente impiegato come
ipoclorito ( la normale candeggina del commercio) ad una concentrazione finale di
cloro attivo del 1-2%, lasciando asciugare normalmente. La soda viene invece
utilizzata in soluzione al 1% ed irrorata in ragione di 1 litro/mq come soluzione
costituita da : Idrossido di sodio 100 gr.; Idrossido di calcio 2000gr; acqua 10 litri.
Nel caso di bacini in terra viene impiegata la calce viva (CaO) che deve essere
dispersa sul terreno in dosaggio di 0,5-1 Kg/mq. E' indispensabile che dopo il
trattamento non seguano giornate piovose altrimenti si rende necessario ripeterlo per
essere certi dell'efficacia dello stesso. Lo stesso trattamento deve essere esteso a
tutti gli argini e percorsi interni dell'impianto.
Ovviamente tutta l'attrezzatura presente nell'azienda deve essere preventivamente
pulita mediante l'impiego di getti a pressione con aggiunta di detergenti e quindi
disinfettata. Ancora una volta si possono consigliare l'uso del cloro o della formalina
che può essere utilizzata anche per la disinfezione dei locali come fumigazione.
Qualunque sia il metodo di disinfezione impiegato l'utilizzo dei principi
attivi sopra suggeriti richiede l'adozione di idonee misure di sicurezza per
evitare ogni rischio per la salute degli operatori. Per questo motivo si
raccomanda di non sottovalutare qualsiasi operazione e di impiegare
indumenti di protezione nonché maschere dotate di filtri attivi.
E' indispensabile inoltre che il Servizio Veterinario Ufficiale sovrintenda le operazioni
eseguite soprattutto in "zone continentali" dove la malattia è stata precedentemente
diagnosticata, in quanto la normativa prevede, per giungere al riconoscimento delle
aziende interessate, che il focolaio venga estinto, obbligatoriamente mediante
eradicazione.
Il vuoto sanitario deve durare almeno 4 settimane se condotto durante stagioni in cui
la temperatura dell'acqua non scenda sotto ai 10°C, in caso contrario si rende
necessario estendere a 2-4 mesi il periodo di vuoto biologico.
Ripopolamento degli impianti ed adozione di alcune misure di prevenzione
Gli impianti risanati devono essere ripopolati con uova o pesci provenienti da aziende
riconosciute secondo il DPR 555/92. Altre certificazioni fornite dal servizio veterinario
che certificano che la partita non presenta segni clinici di malattia non sono sufficienti
a garantire lo stato sanitario dell'azienda di provenienza e pertanto non possono
essere accettate per questo scopo.
Per evitare rischi di trasmissione della malattia attraverso i mezzi di trasporto è
auspicabile che in ogni azienda venga predisposta una piazzola di carico e scarico,
lontana dai bacini di allevamento dove l'acqua eventualmente scaricata non abbia
alcuna possibilità di arrivare nell'impianto.
L'ingresso ed avvicinamento ai bacini di allevamento presenti in azienda deve essere
consentito solo al personale strettamente impiegato. Persone esterne all'azienda, in
quanto potenziali veicoli d'infezione, devono essere rifornite di idonei calzari e non
devono venire a contatto con il pesce allevato.
In molti casi la vicinanza di aziende infette dovrebbe suggerire l'adozione di ulteriori
misure quali ad esempio l'istallazione di reti anti-uccelli i quali possono costituire un
reale rischio di infezione.
Per concludere questa breve relazione sui metodi di eradicazione impiegati vorrei
ancora una volta sottolineare che questi piani di risanamento quando coinvolgono
una o più zone continentali richiedono sforzi continui che spesso richiedono anni e
certamente superano i quattro anni teorici previsti dalla normativa per ottenere il
riconoscimento. Eventuali reinfezioni nel corso delle operazioni non devono essere
interpretate come un fallimento definitivo ma come un piccolo passo avanti
nell'obiettivo finale della eliminazione della malattia del territorio. Spero di aver
contribuito a chiarire la filosofia dei piani di controllo applicate a queste malattie e
dissipare alcuni dubbi sulla metodologia da seguire; in caso contrario io ed i colleghi
del mio Istituto siamo pronti per qualsiasi aiuto.
Dr. Giuseppe Bovo
Centro di Referenza Nazionale per
l'Ittiopatologia
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
delle Venezie - Legnaro (Padova)