Materiale per scaletta

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Materiale per scaletta
Scaletta per il seminario sulla formazione continua
a cura di Annalisa Quaglioni
A ridosso della scadenza dell’accodo sperimentale, è importante oggi fare il bilancio
dell’esperienza svolta, per prepararci al confronto per il rinnovo dell’accordo interconfederale.
Il mio compito è quello di evidenziare le criticità che abbiamo avuto nella gestione.
Mi è stato chiesto di svolgere una breve comunicazione, partendo dall’esperienza in Emilia
Romagna.
Prima però vorrei fornirvi la fotografia degli Aderenti al Fondo Artigianato della Regione; In Emilia
Romagna le imprese aderenti sono 33.094; i lavoratori sono 167.819, di cui 4324 industriali con
57.118 dipendenti.
Le aziende artigiane aderenti sono 23.613 con 82.217 dipendenti, le aziende del terziario sono
5.050 con 28.000 dipendenti.
Poi ci sono aziende del credito/ass./agricoltura/enti pubblici; 120 imprese con 400 dipendenti.
Come potete notare è significativo il numero di imprese e lavoratori.
I punti critici che abbiamo riscontrato nell’esperienza di questione dell’accordo sono riconducibili a
quattro grandi questioni:
-
monitoraggio
-
intervento relativo alla formazione nelle micro imprese
-
valorizzazione del ruolo dei bacini e assegnazione delle risorse
-
condivisione dei piani/progetti.
Monitoraggio
Non siamo stati in grado di effettuare la verifica della formazione sulle imprese e sui lavoratori.
Questo dato invece è fondamentale, per provare ad affrontare quello che è un nodo decisivo, e
cioè riuscire a discutere le esigenze e i fabbisogni formativi delle imprese e dei lavoratori.
Per quanto riguarda il tema della formazione nelle micro imprese
Il bilancio è che le risorse sono state utilizzate in modo sbilanciato, favorendo molto di più le
imprese strutturate e confinando a uno spazio quasi marginale le imprese di piccolissime
dimensioni.
Le ragioni sono;
1. difficoltà nel fare le analisi dei fabbisogni
2. difficoltà con gli Enti di Formazione, che non sono nella condizione di realizzare una
formazione più mirata e specifiche delle imprese e dei lavoratori, ma ripiegandola solo al
loro saper fare.
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Questo salto di qualità supererebbe anche il problema dell’interesse sia dell’azienda che del
lavoratore nel fare la formazione.
Questo ragionamento si trasporta inevitabilmente tutto il tema che riguarda la valorizzazione dei
bacini e la suddivisione delle risorse.
La valorizzazione dei bacini significa spingere sempre più i territori alla contrattazione, avendo
però a disposizione i tempi necessari per discutere e costruire i piani. Superando il problema di
trovarci di fronte alla presentazione dei piani da parte degli enti di formazione.
Questa possibilità di confronto per la realizzazione costruzione dei piani, aiuterebbe a superare i
problemi della condivisione, sia sui Piani sia sui progetti.
La realizzazione di ciò passa attraverso la suddivisione regionale delle risorse, verso i bacini
territoriali; bisogna rompere una sorta di neocentralismo regionale, una suddivisione non equa
mette in posizione privilegiata i territori dal tessuto produttivo più forte. Stesso problema che si era
prodotto a livello nazionale.
Infine c’è la questione molto rilevante della condivisione dei piani e progetti
Su questo ci trasciniamo le ambiguità che provengono dell’accordo nazionale, relativo al fatto che
per noi la condivisione dei piani, è legata a tutte le OO.SS. e AA.SS., mentre da parte degli
artigiani basta una firma datoriale e una sindacale..
Su questa ambiguità in regione si è prodotto uno scontro molto aspro e tuttora ancora aperto per
cui siamo stati in presenza di un tentativo portato avanti dalle AA.SS. ma anche da CISL e UIL di
isolare la CGIL.
Questo è stato un fatto non solo grave in sé, ma soprattutto per questa via, si è provato a
depotenziare il ruolo contrattuale di confronto sui piani formativi, facendo prevalere alla fine
un’impostazione che finisce per avere carattere spartitorio.
Ora, è evidente che ciascuno di questi quattro punti va affrontato con determinazione.
Se la questione del monitoraggio e della definizione dei fabbisogni formativi è un punto tipicamente
gestionale, nel senso che qui si tratta di affinare e darci degli strumenti più adeguati per rendere
più efficace la nostra iniziativa “dovremmo interrogarci sul come fare”, non c’è dubbio invece che
gli altri temi necessitano di una rivisitazione degli accordi contrattuali.
Questo lo dico perché ho provato a tratteggiare un bilancio molto schematico della nostra
esperienza in Emilia Romagna.
Ma sono convinta che i temi dell’intervento formativo delle micro imprese, della valorizzazione dei
bacini territoriali e della condivisione dei piani e progetti costituiscono problemi di valenza
assolutamente generale. Il che non vuol dire che per esempio non vadano affrontati a livello
regionale, anzi noi ci stiamo provando e stiamo tentando, pur nelle difficoltà dell’attuale fase di
aggiornare l’accordo regionale: individuando soluzioni specifiche su ciascuno di questi tre punti.
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Però dobbiamo essere consapevoli che occorre aggredire questi nodi con un nuovo accordo
nazionale, che sia in grado di indirizzare e utilizzare risorse dedicate alle micro imprese (che c’è)
ma aggiungendo e costruendo linee guida per suddividere risorse a livello dei bacini territoriali,
superare oggi le ambiguità oggi presenti e affermare con pienezza, che i piani e progetti devono
essere realmente discussi e condivisi.
Non sfugge la delicatezza della fase che stiamo attraversando nei rapporti con le Associazioni
Artigiane; ma proprio per questo come ci siamo detti nel “seminario nazionale sulla bilateralità”,
occorre costruire un rapporto corretto tra ruolo contrattuale ed elementi di gestione, che oggi
anche per gli orientamenti delle nostre controparti e anche della CISL e UIL, rischiano di essere
troppo sbilanciate in questa seconda direzione.
Questo vale in generale che anche sul terreno della formazione, dove, anche per le quantità di
risorse ricavanti che sono in campo, va fatto valere il ruolo e il nostro potere contrattuale.
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