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Cerebro Illesi Susanna Casubolo inMETRO Vi siete mai guardati intorno mentre siete in metropolitana? Vi siete mai chiesti cosa hanno fatto e cosa faranno le persone che siedono al vostro fianco? Avete mai guardato un po’ più a lungo un compagno di viaggio, cercando di capire qualcosa della sua personalità attraverso i dettagli dell’abbigliamento o dall’espressione del suo viso? In metro racconta le storie di alcune persone che una mattina si sfiorano, in maniera del tutto casuale, sullo stesso vagone della metropolitana. Ognuno con il proprio bagaglio di sentimenti e di debolezze, in viaggio verso una destinazione tutta personale. Ma un evento drammatico fermerà il treno sul quale si trovano, distraendoli dai loro pensieri e permetterà loro di prendersi una pausa dalle proprie vite per cambiare la prospettiva del proprio destino. Cerebro Illesi www. dedaedizioni.com www. deltamediagroup.it ISBN 978 - 88 - 96121 - 64 - 1 © 2011 DEd’A srl Edizioni, Roma © 2011 Susanna Casubolo Grafica DEd’A srl Edizioni, Roma Stampa DEd’A srl Edizioni, Roma Allestimento Printone è vietata la riproduzione anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia. Per legge la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Ogni fotocopia che eviti l’acquisto del libro è illecita ed é punita con una sanzione penale (art. 171 legge 22.4.1941, n. 633). Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Susanna Casubolo In Metro un dolore, una verità, una conquista, una previsione, un sogno, un destino, un sorriso, una certezza, un gesto... in metro Spogliarsi anche del dolore più testardo, più affezionato... per poter vivere. Vinicio Capossela Un Dolore No amore mio, non sono sceso per buttare la spazzatura da ieri sera, non ho avuto il cuore di lasciarti sola. Avevo anche in mente di farti trovare al risveglio il dolce che preferisci tra tutti, ho provato anche a cercare gli ingredienti nella dispensa e non so perché lo zucchero non era abbastanza, eppure credevo ce ne fosse in casa. Ho rovistato davvero ovunque ma poi mi sono fermato a guardarti un momento di più ed è come se tutti i miei propositi si fossero dileguati in un istante. Il tuo viso era così sorridente che avrei voluto poter imprimere nella mente, per sempre, quella lieve increspatura agli angoli degli occhi; la tua bocca che curva dolcemente da un lato come se sapesse che per essere ammirata deve restare così un secondo di più. è così disarmante lasciarsi trasportare, sentirti così vera, che a volte vorrei non essere ancora così innamorato di te, per tornare a conoscere di nuovo dal principio quel sentimento che ha riempito la mia vita, 7 forse anche per capire cosa vuol dire non averti. E tornare sui viali conosciuti della scoperta, esultare ogni volta che lo stupore di trovarti lì di nuovo mi travolge, spogliarsi delle difese che non permettono di accogliere, sciogliere l’impazienza ma trattenerla ancora un poco, far arrivare il tempo per godere di te, finalmente. Sei la mia vera essenza quella che mi permette di vivere… L’uomo triste piega con gesti lenti il pigiama, lo poggia sotto al cuscino e come colto da un senso di vuoto, alza quello vicino al suo e vi trova la camicia da notte di una donna. Si accorge di aver smesso di respirare per un momento di più, un nuotatore che resta perso sotto l’acqua torbida di un dolore un istante di troppo e fatica in un’apnea smarrita. Risale verso la superficie della consapevolezza di una bugia, se la racconta per sopravvivere, la aspira a pieni polmoni con la regolarità della salvezza recuperata. Sistema le lenzuola con attenzione, vuole che sia tutto in ordine, indossa pantaloni perfettamente stirati e una camicia inamidata. Abiti che gli conferiscono un’aria distinta. Sembra pronto per iniziare la giornata di lavoro, apre l’armadio e prende una giacca che si sposa perfettamente con il colore dei pantaloni che indossa. L’armadio per una metà contiene i suoi vestiti e nell’altra sembra preservarne altri da donna perfettamente allineati al- 8 cuni protetti da buste di cellofan. Distrattamente passa una mano su una gonna appesa e a malincuore chiude l’armadio, poi guarda la sua faccia riflessa nello specchio dell’anta su cui ancora posa una mano. Il suo viso è contratto, non sembra riconoscere quei segni intorno agli occhi, quasi non capisce da dove derivi quella ruga che corre lungo una guancia, quasi che il dolore l’abbia scavata giorno dopo giorno con certosina pazienza. Ci passa un dito come per sondarne la profondità, come per capire quanto ancora potrà consumare la sua pelle nei giorni che verranno e si sente esausto d’improvviso. Vorrebbe sedersi per dare sfogo alla stanchezza, come se bastasse lasciarla fluire per stare meglio, per sentirsi più forte. Ma non vuole far tardi, ha così tanta voglia di vederla che non può dedicarsi neanche un minuto di riposo, vuole solo riavere la sua immagine davanti, occuparsi di lei, fare qualcosa per lei. Lei. Non ti preoccupare amore mio so quello che ti piacerebbe fare, ami così tanto le passeggiate all’aria aperta perché ti piace sentire il sole che ti scalda il viso. Oggi potrei portarti al mare, è una così bella giornata, potremmo gettare via le scarpe come due ragazzini, arrotolare i pantaloni e affondare i piedi nella sabbia bagnata per ammirare stupiti le nostre orme così diverse e così vicine. Potremmo sentire l’acqua che ci viene incontro a tratti fredda, guardare le onde 9 che ci regalano uno spettacolo di spruzzi, sentire la pelle immersa che un po’ si tende per via del sale, correre e giocare con la possibilità di sentirci ancora. Mi basterebbe vedere i tuoi capelli mossi dalla gioia della corsa, la spiaggia spettatrice delle nostre grida bambine, guardarci negli occhi e immaginarci in una infinità di altri giorni insieme, le mani che si cercano solo per il piacere di un contatto, le tue guance rosse accompagnate dal respiro pesante testimone di un ritmo accelerato, la curva del seno che si muove al ritmo di una risata. Mi basterebbe sentirti ancora... L’uomo si trova sulla banchina della stazione della metro e non ricorda neanche come è arrivato lì, il flusso dei suoi pensieri è così denso da non lasciar posto neanche alle spiegazioni delle azioni ordinarie. Si sente così solo e così inutile che vorrebbe che qualcuno si avvicinasse anche solo per chiedere un’informazione, per sentire per un momento una voce diversa da quella che oramai alberga dentro la sua mente, ci vorrebbe una distrazione. Ma ogni particolare sul quale ferma l’attenzione gli restituisce l’acutizzazione di un ricordo doloroso e allora meglio restare nel limbo di quello che riesce a sopportare, non sentire altro che il suo monologo personale che lo esonera dal presente. E torna nei suoi pensieri, ma per la piccola frazione di un momento, prima di reimmergervi- 10 si, gli sfugge lo sguardo che si posa sulle mani di una donna non più giovane ma molto curata, che stringe al petto dei fogli come per tentare di proteggersi. Ha un’espressione persa. L’uomo triste riconosce qualcosa in quel dolore sordo che sembra trasparire dai suoi occhi ed è come condividerlo, è come sapere di non essere l’unico ad avere una ferita aperta che non rimargina e che, anche se riuscisse a cicatrizzare, malauguratamente quella parte resterebbe sempre malformata a ricordare che un taglio ha attraversato la vita in quel tratto, uno strappo ha deviato un percorso. Il corpo non dimentica, ha i suoi piccoli stratagemmi per tenere la memoria, e il suo lo sente come percorso da una infinità di cicatrici che non lasciano spazio a un lembo di pelle sano, mentre sale sul vagone della metro ancora un po’ frastornato. Non sa se ha più voglia di una destinazione. E abbassa gli occhi perché non vuole più guardarsi intorno. Potremmo fermarci a mangiare in un’osteria con una terrazza dalla quale si possa vedere il mare, che ti ripara dalla brezza. Sentirne il rumore dolce e cantilenante che accompagna i nostri discorsi, farci rapire dal profumo del pesce appena cucinato e condividere il nostro pasto. Soddisfare i bisogni primari, soddisfare il mio bisogno di te, vederti ridere e trovarmi a chiederti un bacio per stupirmi ancora di quel contatto così semplice, 11 così immediato, così urgente. Così. Non ti preoccupare, non faremmo tardi, giusto il tempo di vedere il cielo colorarsi di rosa per preparare un tramonto. Ti va di fare un bagno? Ma è troppo fredda l’acqua! Non siamo ancora nella stagione giusta, non vorrai prenderti una freddata vero? Certo che mi preoccupo per te, sei l’unica ragione per la quale vale la pena vivere, la mia unica ragione. È così piacevole ascoltare la tua voce, mi chiedo quante inflessioni può ancora prendere che io non conosco è come se possedessi dentro un codice per accoglierne ogni singola intonazione e comprenderne il significato nascosto, non mi stancherei mai di ascoltarla. Non potrei mai stancarmi. La metro corre di fermata in fermata, le porte che si aprono lasciano uscire i pochi fortunati arrivati a destinazione e lascia gli altri a stringersi ulteriormente per far entrare passeggeri che imprecano per un inizio di giornata. L’uomo si sente come un pacco regalo consegnato alla persona sbagliata, alla vita sbagliata; si sistema la giacca già perfettamente a posto e tira leggermente i polsini della camicia come per darsi coraggio. Esce a una fermata, non sa di quale si tratta, guarda la moltitudine di gente che si muove frenetica nei percorsi dell’abitudine e si chiede se deve fare la stessa cosa e lasciar perdere il suo proposito oppure se deve ascoltare quel- 12 la sensazione sempre più insistente. Si posiziona all’esterno del treno di fronte allo spazio tra un vagone e l’altro. Quello spazio intestino potrebbe accogliere un uomo. Guarda verso il basso, verso i binari, e pensa che non dovrebbe essere difficile. Sentirebbe il rumore di una frenata improvvisa, magari le urla di qualcuno; il dolore non lo spaventa, non quello fisico, ha imparato sulla sua pelle quanta resistenza può opporre. Sembra ipnotizzato. Tornare verso un gesto che gli ha cambiato il corso della vita, tornare a ripetere quel gesto anche se non è suo, provare per condividerlo fino in fondo e assaporare l’idea che quella sensazione è stata già conosciuta da lei, ha già scandagliato le fibre della sua anima e ora preme sulle sue e non vuole che la paura gli risparmi neanche una singola sensazione. Non vuole. Sentir sciogliere finalmente quel nodo interno che lo divora da tempo, sentire piano le estremità di quel nastro doloroso che finalmente si separano e non sono più così tese da non lasciare spazio neanche per un respiro, sentire la libertà del suo cuore che batte per un tempo che lui può decidere. Sentire. Il treno resta fermo ancora, inspiegabilmente non riparte, come se il suo gesto, solo accennato, avesse fermato il tempo, attende di sentire le porte che si chiudono e il lento ripartire ma non accade. Sente invece un gran baccano, un vigilantes entra di forza nel vagone quasi travolgendo una ra- 13 gazza che cercava di scendere, l’uomo non vuole neanche sapere se hanno preso un ladruncolo oppure se ci sia un problema tecnico da risolvere, il destino ha deciso per lui. Si allontana sconsolato dal treno e cammina verso le scale mobili per uscire all’esterno. Amore mio adorato, non sono riuscito a raggiungerti, avevo così tanta voglia di riabbracciarti, mi manchi così tanto da fare male. Se penso a quanto sei stata determinata quella mattina, sei uscita di casa mentre dormivo, hai lasciato anche la macchinetta del caffè pronta per me con un biglietto che mi chiedeva solo di accenderla. Se solo avessi saputo che era l’ultima cosa che preparavi per me... Avrei dovuto essere con te, se solo non mi avessi lasciato a dormire da solo, dovevi svegliarmi, avremmo potuto fare colazione assieme. Avrei preparato per te qualcosa di speciale, ami essere coccolata lo so, invece mi hai lasciato lì solo e da allora ancora mi chiedo se a quel gesto così definitivo ho contribuito anch’io. Ma c’è stato davvero quel momento? Davvero quell’attimo di vita ti ha sottratto a me? Sì lo so cosa è successo quella mattina ma ancora non riesco a farmene una ragione. A cosa andavi incontro amore mio? Cosa non ti ha trattenuto? Eri così fragile tesoro, così terrorizzata dalla vita che neanche le mie braccia sono riuscite a difenderti. Eppure ho tentato di usare tutta la mia forza come se 14 da sola sarebbe bastata per entrambi, ma quel qualcosa che ti logorava dentro ha consumato la tua poca voglia di opporre resistenza e la fiducia che avevi nella mia protezione. Dolcissimo amore se solo ti fossi fermata a guardare dentro i miei occhi, quella mattina avresti visto qualcosa che ti avrebbe trattenuto lo so, ma non hai voluto, te ne sei andata mentre ancora dormivo. E io non riesco a rientrare a casa per sentire la tua assenza. Non riesco al mio risveglio a non trovare accanto il tuo volto girato verso il mio e i tuoi capelli riversi sul cuscino, le tue labbra appena dischiuse, e il tuo odore che accompagna i miei sogni. E te. L’uomo sembra avere cambiato andatura come se il tempo fosse trascorso più in fretta e avesse lasciato dei segni più evidenti, cammina come se il passo successivo fosse più doloroso di quello precedente, il lavorio forzato di un ingranaggio logoro. Le sue domande continuano a ronzargli intorno e in una litania continua a rispondere le stesse cose, non riesce a smettere, è il suo piccolo incantesimo per far sì che la sua memoria non disperda neanche una singola parola, è il solo modo che conosce per mantenerla viva e sorvolare sul suo gesto così meschino. Lei per la quale avrebbe sacrificato tutto quello che aveva, anche se stesso, in un gesto di disperato egoismo verso di sé. Lei che avrebbe solo dovuto chiedere e in- 15 vece ha deciso di fare da sola, la vera egoista, con la lenta convinzione che in solitudine si ritrova la pace. Vorrebbe poterle dire che non è stata sola a decidere, se la metro si fosse fermata quel giorno come questa mattina non l’avrebbe portata via ma sarebbe inutile, era già in un viaggio tutto suo persa in qualcosa di comprensibile solo a sé. Nessuno può biasimarla nessuno giudicarla, nessuno può sapere cosa era la sua vita, nessuno come doveva finire nessuno cos’era meglio. Nessuno. E d’improvviso lo smarrimento prende il sopravvento, dolorosamente si fa strada ed è come riuscire finalmente a spianare un foglio accartocciato da tempo, riuscire a donare un significato alle parole che dall’esterno si possono solo immaginare, solo indovinare. Un filo invisibile lo ha condotto al dolore più intimo, il dolore d’appartenenza, può decidere di percorrere quella linea tracciata un passo davanti all’altro per arrivarci di fronte, può ingannarsi nella sospensione che regala la menzogna, la bugia come scudo, oppure può cedere, vedere senza filtro cosa c’è lì all’altro capo del filo, far cadere l’armatura della falsità anche se ne ha paura. Come può sentirsi ancora vivo? Tenendo stretto a sé lo scudo per resistere contro la tempesta e riuscire a salvare la cosa che per lui è più cara o invece lasciandolo cadere, perché gli manca la forza per reggerne il peso, e soffrire scoprendo che nel dolore si perde 16 e si trova qualcosa. Qual è il modo migliore per mostrare coraggio verso se stessi? 17 Una Verità La donna ha ancora nella mente le parole che la sera prima l’hanno invasa e ferita, riportandola alla ragione, parole semplici che tratteneva dentro da un po’ ma che non voleva confessare. Si sciacqua il viso per l’ennesima volta quasi sperando che l’acqua riesca a portarle via, come il risveglio riesce a trascinare lontano la sensazione di un brutto sogno. Bagna di nuovo gli occhi arrossati e le labbra che sono state sfrontate. Credere di poter chiedere in silenzio il perdono. La bocca serrata anche quando avrebbe dovuto lasciare che la verità fluisse leggera, la verità, come se ne esistesse una soltanto. Si strofina il viso vigorosamente con l’asciugamano e si guarda nello specchio del bagno sospesa in un tempo tutto suo, i suoi occhi sono sofferenti e liquidi, anche il loro colore che sembra mutato è più intenso, più scuro, sembra un mare in tempesta. Non riesce a fermare una lacrima, piccolo ritorno di un dolore che non ha mai leva- 19 to l’ancora, ma che si lascia cullare dalla risacca del pianto. Non scende, e resta a rendere lucidi quegli occhi che sembrano aver perso i confini. Lei si detesta mentre vorrebbe volersi più bene o almeno dovrebbe provare a farlo. Comincia il lento rito del trucco con movimenti nervosi, è una bella donna, la sua pelle non ha più la stessa elasticità degli anni passati ma conserva ancora la luminosità di chi ha vissuto un momento felice. Passa con gesti secchi una crema idratante mentre si asciuga il lato degli occhi per poter passare subito dopo il mascara, un po’ di correttore che copra i segni della notte insonne accompagnata dal turbine di pensieri che non le ha lasciato tregua, il fard per ovviare al pallido colore dell’insonnia, il rossetto per colorare le labbra traditrici. Alza i capelli ai lati delle orecchie con entrambe le mani e osserva il risultato mentre li appunta con delle mollette, sceglie gli orecchini e la collana di perle in un portagioie. Comincia a vestirsi con gli abiti che si era già preparata la sera prima, abbottona la camicia bianca e la infila nella gonna del tailleur, si mette la giacca e sui bottoni si accorge che le mani le tremano, indossa le scarpe alte e si chiede per chi questa mattina si stia agghindando, arriva di soppiatto un senso di abbandono come quando ci si accorge che qualcosa è già finito. Esce dal bagno e cammina posando solo la punta delle scarpe senza far toccare i tacchi 20 a terra, non vuole fare rumore e si chiede se lo fa perché non vuole farsi sentire da suo marito, o se invece vorrebbe che il resto del mondo conosciuto dimenticasse almeno per oggi la sua esistenza. Eppure cede alla tentazione di passare un momento in camera da letto: suo marito dorme riverso su un lato, le gambe raccolte, una mano nell’altra le dita leggermente chiuse in un pugno accennato. La donna ferma lo sguardo sul viso e sulle piccole rughe attorno agli occhi chiusi, le stesse che si accentuano quando un sorriso arriva imprevisto. Pensa. è di quel sorriso che si è innamorata tempo prima, anche se le sembra passata un’eternità. Eppure lo ha scelto di nuovo nonostante la voglia pressante di scappare, la voglia di occuparsi un po’ di sé, ritrovarsi. Si ripete che è lui che ha bisogno di lei, non può stare senza di lei, o forse è lei che non riesce a fare a meno di essere indispensabile per qualcuno? Visto così le appare indifeso eppure sa che se aprisse gli occhi potrebbe scorgervi un’espressione accusatoria che non sa se appartenga a lui o se semplicemente è solo lei a percepirla, la concessione di un’arma di ritorsione per provare almeno ad espiare, non sa quanto suo marito può aver capito o quanto invece preferisce nascondersi la verità, la verità, come se ne esistesse una soltanto. Lo guarda ancora qualche minuto chiedendosi perché, un senso di sicurezza la invade quando pensa a lui, vorrebbe passargli 21 una mano sulla schiena dolcemente, una carezza amorevole quasi di scusa. Guarda le sue labbra socchiuse e rilassate che sembrano non possedere il potere di fare male, e invece... Si allontana e torna a camminare sulle punte senza far toccare i tacchi a terra e senza fare rumore si avvia verso la porta di casa. Nel momento in cui esce è certa che oggi, suo malgrado, la vita non prenderà una direzione diversa e lei sa che anche se sente di aver messo sul piatto una puntata eccessiva, lo ha fatto perché ha amato. Non conta aver perso, non c’è bisogno di vincere se la contropartita richiedeva non aver conosciuto l’amore che è in grado di dare. La donna non più giovane si trova sulla banchina della metro assieme alla massa colorata di gente che aspetta con ansia, una bambina di fianco a lei attira la sua attenzione, succhia vigorosamente il ciuccio. Si chiede dove si è persa, quando è che ha deciso che non sarebbe stata quella la sua vita: matrimonio, figli, una casa da rassettare. E sente stanchezza anche nei pensieri, ha perso tempo e ancor prima la voglia di essere per forza quello che non ha desiderio di essere. Il treno che arriva alza un po’ di vento, la donna stringe più forte tra le braccia le carte che le occorrono quella mattina per il lavoro. Le getterebbe volentieri sui binari, ma si sente trasportare all’interno del vagone quasi di peso dalle persone che entrano, 22 cerca un angolino dove rifugiarsi e comincia a leggere quei documenti che ha in mano per non dover incrociare gli sguardi di chi la mattina non avendo niente da fare cerca un interlocutore per i propri soliloqui. Assorta, più nei suoi pensieri che nella lettura si sente osservata, avverte un leggero formicolio alla nuca, con una punta di fastidio alza gli occhi dalle carte e i suoi occhi si fermano in un passato così recente da farle piegare le gambe per l’emozione. Tormentata non riesce a staccare lo sguardo da due occhi scuri che la guardano con attenzione. E la marea del dolore torna a salire, portandole agli occhi lacrime che bruciano, ma che trattiene respirando a fondo. Stacca gli occhi lentamente guardando prima da un lato e poi verso l’alto, per un attimo cerca di riguadagnare quella dignità che crede di non avere più, ma perde la sua battaglia in poco tempo, le sembra che qualcuno le abbia lacerato la pelle repentinamente e così a fondo che la carne lasciata nuda è così indifesa da fare male solo a pensarci. Vorrebbe trovare il modo di proteggersi dall’esame di quegli occhi, dolcemente inquisitori, che dolorosamente la riportano a dei momenti così veri da farle venire una vertigine, un turbine di labbra che chiedono e braccia che stringono e mani che cercano impazienti, e dirsi niente, ed è tutto lì, il languore che segue è talmente indolente da creare sconcerto. E di nuovo si chiede dove si è persa e la risposta le arriva 23 accompagnata da piccoli brividi lungo la schiena, non riesce neanche ora a non posare uno sguardo carezzevole su quei tratti così familiari, conosce ogni piccolo angolo di quel viso rivolto verso di lei, ha avuto poco tempo ma potrebbe disegnarne i particolari, quelli che solo chi osserva a distanza ravvicinata riconosce. Pensa a quella piccola cicatrice vicino al sopracciglio che tante volte ha sfiorato con le labbra, con le dita e il respiro si fa più corto, quasi le manca l’aria. Vorrebbe tornare ad avere un aspetto più contenuto nel tentativo, invano, ripone i fogli nella borsa per poi riprenderli subito dopo, quasi avendo paura di perdere una protezione e si sente triste all’improvviso. Ha veramente voglia di sentirsi protetta? La rete di sicurezza che ha mantenuto diligentemente aperta le sembra ora troppo vicina, soffocante, vorrebbe per una volta librarsi nell’aria leggera come una trapezista inesperta con la consapevolezza di poter contare solo sul suo istintivo aggrapparsi di nuovo alla vita e sotto il vuoto a cercare di attrarla di nuovo ma in alto, sopra di sé, la leggerezza della vita che esulta ad ogni piccola acrobazia temeraria e insperata, la vita che diventa complice della grazia dei movimenti, accompagna i piccoli gesti d’amorevole cura della propria felicità. All’improvviso una frenata la porta ad aggrapparsi al sostegno della metro. Un brusco rientro nella realtà. Non riesce a tenersi sulle sue gam- 24 be figuriamoci volare. Scende dal vagone senza guardarsi indietro, vuole perdere quel senso di estraneità che le fa così male, ripone le carte definitivamente nella borsa e cammina con passo sicuro come se stavolta volesse lasciare le sue impronte sul terreno. Vuole fare rumore. Ma ecco che sente il contatto leggero e caldo di una mano maschile che stringe la sua e chiude per un istante gli occhi, sa che ora sentirà la pressione di una mano sulla vita, un piccolo gesto possessivo e il tocco lieve di un bacio sulla guancia nella zona vicina alle labbra, ora si sente protetta come se finalmente fosse a casa, un senso di familiarità la invade, il corpo sente la prossimità del calore dell’altro e lo riconosce. La donna cammina a fianco dell’unica persona che non credeva di incontrare di nuovo, che sperava di incontrare di nuovo, e le sembra che tutto acquisti un senso. Volge per un momento lo sguardo verso i sedili della banchina e vede un uomo e una donna giovani e in intimità che si parlano a distanza ravvicinata, sembrano nuovi l’uno all’altra ma è come se tra loro passasse qualcosa di eternamente conosciuto, il ricordo di un giorno su quei seggiolini torna a sorprenderla. Quel giorno, rigida nella trascurabile conoscenza del suo esistere e delle cose che credeva di non volere nella sua vita, guardava passare i treni dinanzi a sé ma la sua attenzione fu catturata da giovani mani che al suo fianco giocherellavano con un giornale, mani 25 sconosciute di ragazzo alle quali inspiegabilmente avrebbe già voluto chiedere mentre ascoltava rapita le parole pronunciate con una voce per lei nuova, la cui familiarità rendeva non vano un possibile sacrificio. Parole che la tentavano sulle quali non si soffermava se non per giocare con la loro musicalità. Finalmente libera dalla ricerca spasmodica di significati nascosti, di difficoltà celate, poteva scoprire che arrendersi alla semplicità dell’ascolto, senza pensieri, può portare a godere delle sensazioni epidermiche che la pelle trasmette, che la pelle regala. Poi lo stupore a poca distanza da un viso troppo giovane per lei, sorprendere le proprie labbra coperte da quelle ancora sconosciute di lui senza fretta, cercando solo il contatto, senza intenzioni diverse, solo quella di sfiorarsi, e restare così senza coscienza, senza domande, senza dirsi più niente. Senza. Un abbraccio sfugge al controllo nella parte dei corridoi che porta alle scale mobili e la donna riconosce quella piccola gioia del toccarsi; le sue labbra aspettavano di essere sfiorate per poi essere travolte da un contatto maggiore. è come ritrovare un calore che pensava perduto, una piccola dose di gioia inebriante. E vorrebbe credere che non finirà, vorrebbe giocare ancora a nascondino con la propria coscienza per regalarsi ancora qualcosa di quel desiderio, sa che non c’è futuro, non ci sarà un “vediamoci domani” non un “cosa faremo tra una settimana” eppure 26 il presente non le appare così terribile mentre si aggrappa con le mani a quelle calde di lui. E le piacerebbe restare così almeno per mettere da parte uno spicchio di eternità, qualcosa che le sarà di aiuto nei momenti più difficili. Col dorso di una mano gli carezza una guancia e vorrebbe che il suo cuore smettesse di battere così forte, mentre una mano le sfiora la schiena sotto la giacca vorrebbe non sentire quel sottile piacere che si annida nel basso ventre e lo guarda ancora cercando i segni di un addio, ma ne è sconfitta e si detesta perché si sente sollevata scorgendo ancora interesse in quegli occhi così giovani. Di nuovo le labbra si cercano e lei si aggrappa e si sente avvolgere dalle sue braccia, comprende perché non riesce a voltare le spalle e andarsene via da quel corridoio: tutto era iniziato lì e stava forse finendo lì? Un senso di struggente debolezza l’assale, aveva già vissuto quel lutto e credeva di aver già dato tutte le sue lacrime, ma sente di averne altre che vorrebbero trovare la strada verso le sue guance, torna a perdersi negli occhi scuri che ha di fronte, a perdersi, sa che non è amore, non si può chiamare amore qualcosa che non ha futuro, qualcosa su cui non si può sperare e lei sa che non può sperare che ci sia un futuro insieme, ne ha già uno a cui pensare. E allora rivivrà ogni volta un piccolo lutto doloroso, lo lascerà andar via senza sapere se ci sarà ancora un domani e quel lutto sarà la punizione 27 o il prezzo amaro che pagherà al destino che le ha regalato una piccola gioia proibita. è questa la sua piccola verità. La culla dolcemente dentro sé, nessuno la capirà, nessuno, ma questo la lascia essere una inesperta e temeraria trapezista della vita. 28 Una Conquista Il professionista adescatore esce dalla doccia e afferra l’accappatoio infilandolo lentamente, si strofina ben bene i capelli con l’asciugamano e ammira, con un mezzo sorriso, il suo petto modellato da pomeriggi passati sulla panca in palestra, passa una mano sulla rada peluria che lo ricopre, non ha voluto più depilarsi da quando ha letto su una rivista per soli uomini che le donne preferiscono l’uomo al naturale, continua la sua ispezione passando lo sguardo dallo specchio direttamente verso di sé abbassando la testa. E improvvisamente nota un pelo bianco tra gli altri, non crede ai suoi occhi, fa per tirarlo via quando si ricorda che “per un pelo bianco strappato ne ricrescono sette” e non può permetterselo, non deve permetterselo. Annota brevemente nella sua testa di rivalutare l’ipotesi che ci sono donne che preferiscono l’uomo depilato, forse può ricominciare a frequentare quel centro estetico dove si faceva anche le lampade, ricorda molto 29 bene la signorina che lo accompagnava verso il lettino, seducente sui tacchi alti, muoveva il fondoschiena in maniera voluttuosa, la gonna lunga le impediva movimenti più ampi e aveva anche l’accortezza di mettere in sottofondo il disco del cantante italiano che lui preferiva, doveva averglielo detto in un momento di conversazione. Decide che non si può fare un dramma per una cosa così stupida e facilmente risolvibile, deve aver lasciato il numero del centro estetico da qualche parte, lo cercherà di ritorno a casa, la sera, quando avrà più tempo ora deve tirarsi a lucido come ogni mattina. Decide per il look un po’ trascurato e lascia la barba così com’è, oggi potrebbe sembrare anche un attore navigato in cerca di un ingaggio. Passa un po’ della crema antirughe sul viso e sul contorno occhi, accenna un sorriso che sembra più una smorfia e osserva le piccole rughe che si formano intorno agli occhi, non può fare a meno di controllare se anche la barba dà segni di invecchiamento girando il viso in tutte le direzioni, resta soddisfatto visto che ogni singolo pelo della barba è dello stesso nero corvino dei capelli. Valuta l’ipotesi di usare un po’ di fondotinta per togliersi i segni della notte dal viso ma poi decide di rinunciare, non vuole perdere tempo a radersi. Passa in camera da letto e comincia a pensare al suo personaggio di oggi, cosa indossa un attore in cerca di ingaggio? Deve essere interessante ma non appariscente. Conta fino a 30 tre poi apre l’armadio e prende le prime cose che capitano, si veste velocemente senza guardare bene quello che ha preso, vuole tentare la fortuna, poi si guarda allo specchio ma con aria insoddisfatta, si toglie la giacca e si cambia la camicia con aria insofferente, si infila di nuovo la giacca. È la sua preferita, la giacca della fortuna, l’ha persino portata a rammendare dopo che l’aveva strappata in un giorno in cui di fretta l’aveva incastrata nelle porte della metropolitana mentre cercava di scendere. Si può rammendare la fortuna? Di nuovo la prova di fronte allo specchio, controlla il nuovo abbinamento tra la camicia e la giacca, il pantalone jeans conferisce al tutto un’aria meno ingessata. Si congratula con se stesso per la scelta delle scarpe; le donne sono molto attente alle scarpe. Capitolo due dell’articolo “quello che le donne non chiedono ma si aspettano di trovare in un uomo”. Lo ha tenuto attaccato alla parete del bagno per un po’ finché non ha fatto sue le annotazioni contenute, non è semplice per chi è abituato a chiedere, cercare di capire richieste sottese, non è facile capire una donna. Lucida ambedue le scarpe sfregandole contro il polpaccio opposto velocemente, ne ammira nuovamente il colore molto chic e sorride a se stesso compiacendosi narcisisticamente della piega birbante e sensuale che le sue labbra prendono. Si sente irresistibile, pronto per andare al lavoro. Fischietta un motivo senza senso men- 31 tre scende le scale e si trova già in strada, l’aria mattutina lo accoglie come ogni giorno con un’essenza diversa come diversa sarà la conquista che lo metterà alla prova oggi: ogni donna ha un suo profumo peculiare. La metro arriva a tutta velocità e il professionista adescatore guarda attraverso i finestrini l’interno del vagone, è interessato, mentre la folla dall’interno si muove verso l’uscita e qualcuno impreca disperato perché non riesce ad entrare, lui non ha nessuna fretta almeno finché non trova la sua preda, può attendere il convoglio successivo. Non si sposta dalla sua postazione sulla banchina, si guarda intorno. Lo sguardo rapace tradisce lievemente le sue intenzioni, ogni giorno sul vagone che prende trova le stesse persone perché le abitudini sono dure a morire e si diverte un po’ a far parte di quella piccola comunità. Certo preferirebbe che oltre a lui vi fossero solo elementi del genere femminile ma sa che questo non potrebbe sperarlo neanche in un mondo ideale. Si ferma a guardare rapito i piccoli dettagli: il cinturino di una scarpa col tacco che circonda una caviglia sottile, la tracolla di una borsa che pende da una spalla lasciata scoperta per caso da una maglietta, l’ondeggiare dell’orlo di gonna su un ginocchio piegato, un ricciolo biondo ribelle sfuggito a un fermaglio di tartaruga, una nuca scoperta, lievemente piegata. Si sente un 32 ladro di frammenti di immagini, li tiene dentro gli occhi quel tanto che basta per fantasticare sul resto che circonda quei piccoli tesori da cogliere. Mattina dopo mattina osserva i piccoli cambiamenti di quelle donne compagne di viaggio per qualche fermata del percorso, adora la conquista, la carica seduttiva che accompagna il primo approccio. Quando sfiora lievemente con la mano falsamente noncurante quella delicata di una donna posata su un sostegno del vagone, un’energia lo attraversa e immagina odori nuovi e sapori lontani e il mondo si ferma per un momento, tutto intorno si annulla e gli altri sembrano sparire, resta lui che cattura gli occhi profondi e lievemente spaventati di una donna che non ha mai visto prima. Vorrebbe rassicurarla subito, solo quel tanto che basta per farla rilassare e lasciare che le labbra si stirino in un sorriso di scusa lasciando scoperti i denti candidi. Poi vuole restare misterioso per qualche secondo perché non si prova curiosità per il conosciuto ma solo per ciò che ci sorprende, poi un cenno e la donna accentua il sorriso che non è più di circostanza perché si è accorta dell’interesse provocato nell’altro. Quello è il momento per accorciare le distanze, avvicinare il viso quanto basta per far sentire un sussurro di scuse e intanto inalare il nuovo profumo e poter donare quello della propria pelle, del resto il vagone è pieno di gente e concede il lusso di trasgredire, permette 33 di invadere lo spazio intorno all’altro senza che questo si spaventi, si può restare qualche secondo così, sospesi tra il non detto e l’elettricità che attraversa l’aria che resta da conquistare. Ma a quel punto sarà la donna a voltarsi un po’ di più e accorciare ancora di più le distanze, si scuserà anche lei con fare un po’ timido, guarderà la sua mano ma non riuscirà a non gettare uno sguardo a quella di lui, lui che sa quanto siano importanti le mani di un uomo per una donna. E allora stringerà la sua lievemente, ma in maniera plateale, sul sostegno come a far trasparire la forza di cui è capace, dopodiché lei reclinerà la testa da un lato e la abbasserà leggermente fingendo di guardare verso terra per non calpestare il piede di qualcuno e intanto darà un’occhiata anche alle scarpe che sono impeccabili, testimoni di un uomo curato anche nei dettagli. Solo quando lei rialzerà lo sguardo incrociando quello di lui, sarà catturata dall’espressione interrogativa che vi scorgerà, i suoi occhi resteranno incollati per un momento pieno di attesa, l’ego dell’uomo farà un piccola capriola vittoriosa, è il momento in cui si può chiedere qualcosa di banale ma che servirà a sondare il terreno. Prendi sempre la metro a quest’ora? Una semplice domanda che inizia una conversazione fatta non di parole, quelle non le ricorderà nessuno dei due, sarà una danza immaginaria di sguardi, di mani passate tra i capelli o ad aggiustare un orecchino perfettamente 34 al suo posto, mani che si muovono a rassettare il proprio corpo per infondersi coraggio, dita che indicano cose inesistenti, spiegano itinerari futuri possibili. L’uomo sarà a suo agio in quel momento, il suo momento preferito, una donna che dona l’attenzione per la prima volta, un fiore grato che si apre al calore del sole e per ricambiare mostra tutte le tonalità dei suoi colori, niente può essere paragonato a quell’istante. La pura conquista. Un altro treno arriva ad occupare i binari accanto alla banchina, questa volta il professionista adescatore vi sale. Gli è sembrato di vedere una biondina niente male; si muove tra la gente che lo trasporta quasi di peso all’interno del vagone, allarga le spalle e gonfia il petto mentre si guarda intorno, deve trovare la preda di questa mattina. Si sente un po’ più esigente del solito forse gli torna in mente per un momento il pelo bianco trovato sul suo petto, per rivalsa deve necessariamente migliorare la sua prestazione. Nota la ragazza bionda dopo qualche minuto, la vede tutte le mattine ma l’unica volta che si è avvicinato lo ha fatto troppo tardi, quando lei stava già per scendere, la osserva prima da lontano, ne spia i piccoli movimenti, non deve essere difficile come conquista, basta farla ammorbidire un po’. Il corpo della ragazza sembra rigido pronto al combattimento, lo sguardo è diretto avanti a sé come se non vedesse la gente che ha intorno e che si accorge invece di lei, sembra non esse- 35 re cosciente degli sguardi di ammirazione che le concedono anzi ne risulta infastidita. L’uomo si sente attratto da questo dettaglio di insicurezza, osserva le scarpe alte, i pantaloni jeans a vita bassa, la borsa tenuta in mano e non a tracolla, segno che frequenta la metropolitana tutti i giorni e sa come difendersi dai borseggiatori, indossa una giacca e sotto una maglietta aderente. L’uomo ne ammira i capelli del colore del grano lasciati morbidi sulle spalle, ha voglia di avvicinarsi per sentirne il profumo ma si trattiene ancora un po’ per capire se è sola oppure se è salita con qualcuno, non vuole fare brutte figure, rovinerebbe altri possibili approcci. Si sposta all’interno del vagone come se cercasse qualcuno, poi con noncuranza poggia la mano sul sostegno a pochi centimetri da quella della ragazza e nel farlo la sfiora deliberatamente. Ora sa che tutto il copione verrà recitato senza intoppi, si sente come se avesse battuto il primo ciak di una scena che sarà montata senza bisogno di rivederla o recitarla di nuovo. La ragazza si gira con uno sguardo interrogativo e punta gli occhi nocciola su di lui. L’uomo resta in attesa di un acccenno di sorriso e lo sguardo rimane incatenato alle labbra carnose che si trova di fronte, sta in bilico per qualche secondo gli sembra che il tempo non passi e vorrebbe avvicinare il viso quanto basta per vedere se lei resterebbe ferma ad aspettare il contatto con le labbra. Attende un 36 sorriso che non arriva e non riesce a muoversi, sembra che le gambe siano diventate di marmo, si sente perso, forse dovrebbe voltarsi e andare o forse dovrebbe far finta di non sopportare l’accelerazione della metro e ridurre la distanza verso quelle labbra. Forse. Quando decide di lasciare che le cose semplicemente accadano, la ragazza gli riserva uno sguardo eloquentemente gelido e d’improvviso gli volta le spalle cambiando posizione. Come se la situazione fosse scivolata via improvvisamente dal suo controllo, il professionista adescatore si muove incerto all’interno del vagone e sceglie di scendere repentinamente ad una fermata che non è la sua. Si siede sui seggiolini che trova sulla banchina e vede andare via il treno mentre pensa che farà tardi al lavoro e stavolta non per piacere. Fissa il vuoto per un po’ chiedendosi cosa non ha funzionato nella sua tecnica di adescamento, certo le donne non sono tutte uguali ma fino a quel momento le considerava piuttosto prevedibili. Chiude gli occhi e rovescia la testa all’indietro fino a toccare il muro, respira a fondo, non è abituato a perdere. D’improvviso si sente sfiorare una mano e una voce chiedergli se sta bene, apre gli occhi e trova un viso femminile distante pochi centimetri dal suo, l’espressione è incuriosita, a tratti preoccupata. Quando l’uomo fa un cenno di assenso accompagnato da un mezzo sorriso quegli occhi del colore del mare si illuminano ma non si allon- 37 tano, sembrano muoversi febbrilmente su tutto il suo viso come per fissarne i confini, passano velocemente e più volte dagli occhi alle labbra forse in attesa di qualche suono di conferma. Il professionista adescatore si perde lì a quella fermata di cui non ha visto neanche il nome, si perde in quegli occhi nuovi eppure non estranei, si perde e il mondo si ferma per un momento. Tutto intorno si annulla e neanche il nuovo treno che arriva spezza quella sorta di incantesimo che si è creato e vorrebbe essere rassicurato che almeno non si sposteranno subito da lui quegli occhi che del mare sembrano aver preservato la profondità e abbassa leggermente lo sguardo in attesa, poi accentua il sorriso perché si accorge di provocare interesse nell’altra. Vorrebbe che quell’odore piacevole che catturano le sue narici non fosse così disarmante. Tutto è sospeso tra il non detto e l’elettricità che attraversa l’aria che resta da conquistare. Dovrebbe accorciare ancora le distanze? Reclina un po’ la testa e cerca di individuare qualche particolare in più ma come se non fosse molto convinto dell’importanza di saperlo, torna a fissare stregato le ciglia folte che incorniciano quei due occhi curiosi, è il momento in cui si può chiedere qualcosa di banale ma che servirà a sondare il terreno. Ma cosa? Di nuovo pensa che farà tardi al lavoro e la domanda invece arriva da lei ma lui non ne ricorderà mai il contenuto, una semplice domanda che inizia 38 una conversazione fatta non di parole, tanto non ricorderanno neanche quelle, nessuno dei due, ed è una danza immaginaria di sguardi, di mani passate tra i capelli o ad aggiustare un polsino già perfetto, mani che si muovono a rassettare il proprio corpo per infondersi coraggio, dita che indicano cose inesistenti, spiegano itinerari futuri possibili. L’uomo suo malgrado si sente a proprio agio, non l’avrebbe mai creduto, un uomo che dona l’attenzione per la prima volta, riceve il calore del sole come un fiore e grato ricambia mostrando tutte le tonalità dei suoi colori. E pensa che neanche il momento della pura conquista può essere paragonato a quell’istante, l’istante in cui si ha la consapevolezza di essere stati conquistati. 39 Una Previsione La ragazza dagli occhi del colore del mare esce dal portone di casa e sistema meglio la giacca che indossa, guarda le nuvole lontane che sembrano di panna montata e pensa che il cielo promette davvero una buona giornata. Oggi ha un colloquio di lavoro che potrebbe essere decisivo. Respira rumorosamente e chiude gli occhi per un minuto, il profumo dei cornetti appena fatti la accarezza, entra nel bar accanto al portone e come sempre trova diverse persone che come lei fanno colazione. Sceglie un cornetto al cioccolato e un cappuccino spolverato di cacao che il barista le mette davanti ancora fumante. Adora la schiuma che si forma sullo strato superficiale della tazza, ne prende un po’ con il cucchiaino e la assapora. È il momento più bello della colazione, sentire il primo sapore di una nuova giornata, cercare di distinguere per quanto possibile l’energia amara della caffeina e l’amorevolezza calda del latte. Si guarda intorno per cercare tra 41 gli altri le persone che incontra di solito, la mattina li saluta con lo sguardo, qualcuno lo vede più spesso, altri più raramente. Una coppia sulla trentina entra nel bar tenendosi per mano, di solito li vede una volta a settimana, sono carini insieme, si siedono sempre allo stesso tavolino, lei ha quasi sempre con sé un borsone e attende seduta che lui le porti il caffè e un cornetto con un bicchiere d’acqua, lo guarda muoversi nel bar con aria sicura mentre siede e attende che torni verso di lei. La ragazza dagli occhi del colore del mare gioca con la fantasia e sulle possibilità zodiacali. Lui potrebbe essere del segno dei gemelli, amante affascinante e creativo con un profondissimo senso di libertà e indipendenza, irresistibile, generoso, intelligente e affettuoso governato dal pianeta mercurio che lo porta ad agire prima di tutto, infatti sembra un uomo d’affari. Lei potrebbe essere del suo stesso segno, quello dei pesci, sognatrice, intuitiva, con emozioni che scorrono profonde, un fiume in piena che può emergere da un momento all’altro, con una natura sensibile e spirituale, piuttosto affascinante, forse potrebbe essere una giornalista o una scrittrice. Il segno dei pesci è governato dal pianeta giove che regala una natura generosa ma anche piuttosto paurosa rispetto al futuro che a volte provoca una grande inquietudine. Chissà cosa sente di possedere di simile a quella donna e soprattutto chissà perché riesce ad attribuire a 42 lei la paura e l’incertezza per il futuro che invece dovrebbe tenere come una cosa profondamente sua. I due nel frattempo si sono seduti e facendo colazione si cercano come sempre tantissimo con le mani, come due amanti innamorati che sanno che per un certo periodo di tempo non potranno più vedersi e accumulano percezioni epidermiche per non perdere il contatto con quella sensazione fatta di gesti irrefrenabili, un filo invisibile che li lega anche quando non sono insieme. La ragazza con gli occhi del colore del mare li osserva con un po’ di invidia, vorrebbe anche lei sentire quell’urgenza per il contatto con qualcuno, quel non accorgersi delle persone intorno, vivere il momento in un mondo parallelo con regole proprie, movimenti propri e percezioni laterali. Comincia a pensare all’affinità che è tradita dai loro reciproci gesti. Lo zodiaco dà spiegazioni per tutto: i gemelli sono un segno d’aria, mentre i pesci sono un segno d’acqua quindi i due elementi combinano intelletto e sentimento mescolati ad arte, entrambi si adattano facilmente ad ogni tipo di situazione, nessuno dei due cerca di dominare l’altro, ma rispettano la libertà e gli spazi altrui ed ecco spiegata la loro complicità. Si ritrova a fantasticare su quei due sorseggiando e assaporando il cappuccino, la donna potrebbe viaggiare per lavoro e questo spiegherebbe il bagaglio che porta con sé, oppure potrebbe avere in quel borsone il necessario per passare una 43 notte d’amore con lui quando riesce a scappare dalla routine quotidiana di una vita non scelta o non voluta completamente. La seconda ipotesi le sembra la più affascinante e la più calzante e forse anche quella che lei può invidiare maggiormente perché vorrebbe veramente avere qualcuno nella sua vita da amare con l’indecenza pura di un sentimento scomodo che non richiede altro che se stesso per esistere, indipendente da qualsiasi altra causa o motivo, spossante, che consuma e non fa pensare ad altro. Esce dal bar e come ogni mattina cerca tra i giornali gratuiti che sono sui tavoli all’aperto, il quotidiano del giorno prima, tralascia la lettura delle prime pagine per arrivare alla parte a cui è unicamente interessata, le previsioni del suo oroscopo. Cerca l’ultimo segno dello zodiaco e comincia la lettura avidamente: “In questa splendida giornata tutto quello che vi circonda vi sembrerà migliore di quello che è, ma questo non è assolutamente un male, ci saranno tutti gli elementi per essere allegri e per fare qualcosa di costruttivo per il vostro futuro. Già a partire dalla mattinata sarete molto gioiosi perché arriverà inaspettatamente una risposta importante per voi”. La ragazza sorride e alza di nuovo gli occhi verso il cielo sereno, nella mattina del giorno precedente aveva ricevuto una telefonata per fissare il colloquio di lavoro a cui sta andando, la previsione dell’oroscopo era giusta. Da sempre 44 preferisce leggere nel giorno successivo l’oroscopo del giorno precedente per vedere se veramente le cose indicate sono accadute. Sceglie di verificare le previsioni una volta che sono avvenute invece di attendere protesa nel futuro che i fatti diano ragione alle profezie. Di nuovo la sua paura per il futuro emerge, fa capolino nella coltre delle certezze della lettura di un passato già avvenuto e la spaventa un po’. Di solito la sera si connette e cerca il suo sito preferito sugli oroscopi, l’unico che ha un archivio di tutti gli oroscopi scritti giornalmente, ogni tanto le piace rileggerli in sequenza per vedere se nei giorni hanno predetto davvero quella fetta di vita che la riguarda. La sua frase preferita che le ha anche fatto scegliere quel sito come la bibbia da consultare è “rileggi cosa l’oroscopo ti aveva predetto e confronta quello che ti è successo con i suggerimenti degli astri”. Magnifico, la sua passione! Per un momento le viene in mente la coppia che ha lasciato nel bar e la sua incessante ricerca di quel sentimento che incarna. Quante volte ha cercato nelle parole del suo oroscopo la previsione di una passione intensa e di un grande amore che ancora non ha trovato nonostante la sua ricerca febbrile e la sua attesa spasmodica dell’incontro con la persona che dovrebbe essere quella del suo destino. Si immagina seduta beata nell’abbraccio di un uomo mentre legge le previsioni del giorno prima e vi trova la frase “incontrerete il grande 45 amore”, immagina quella conferma scritta in un giornale che le farà emergere un sorriso interno che le illuminerà finalmente il cammino futuro, l’emozione di una nuova direzione che la sua vita potrebbe prendere. Ricaccia dentro la sua paura per le previsioni future convinta comunque che è sempre meglio leggere nel presente le previsioni passate. Stamattina però si sente più curiosa del solito e il giornale con la data del giorno corrente la tenta davvero molto. Forse potrebbe sfogliare le pagine per vedere se c’è qualcosa di previsto sul colloquio che l’aspetta dall’altra parte della città, ma quello che la blocca è la paura di farsi suggestionare dalla lettura al punto da esserne influenzata. Cosa potrebbe accadere se ci fosse scritto qualcosa di negativo? Ha voglia di sentirsi libera, arrivare senza nessun pregiudizio o congettura dettati da una previsione che malgrado non sia reale stende comunque un velo di non autenticità sul susseguirsi del presente. Eppure la tentazione è molto forte e lei sa che forse in quel giornale potrebbe esserci già una risposta al suo destino. Lo prende comunque, non riesce a lasciarlo su quel tavolo, si ripromette di leggerlo magari subito dopo il colloquio, ecco forse questo potrebbe essere il giusto compromesso. Cammina allegra verso la stazione metro tenendo sotto il braccio la sua previsione giornaliera. La banchina della metro è mediamente affollata, non è una delle stazioni principali e quindi non 46 c’è molta gente, ma per lei, curiosa della vita, è anche meglio perché così riesce a osservare meglio le persone ferme in attesa, si sente come una bambina in un parco giochi mentre si guarda intorno con un misto di meraviglia e incredulità. Una coppia di anziani che discute di qualcosa, con un tono di voce più alto del normale, attira la sua attenzione, qualcosa le si muove dentro, una sensazione piacevole di amore, quei due anche nel litigio mostrano tutto il loro attaccamento e di nuovo la assale il desiderio di un incontro che possa cambiarle il corso della giornata e della vita. Cerca di immaginare in quale posizione dello zodiaco si collocano i due, li osserva con più attenzione, si sente così sensibile e le sembra di avere la percezione dei sensi accelerata, come se qualsiasi stimolo le arrivasse con forza maggiore, sottolineato da una sensazione più forte che lo accompagna. Guarda il giornale che tiene sottobraccio e pensa di abbandonarlo, ha paura di quello che potrebbe leggere e della possibile contaminazione del suo pensiero. È incerta e resta un momento in più con il giornale in mano mentre sta arrivando la metropolitana e lei si discosta dalla banchina per raggiungere i seggiolini e decidere se abbandonarvi quei fogli tentatori. Il convoglio effettua la sua fermata e sono poche le persone che scendono. Vede una donna curata non più giovane scendere seguita velocemente da un ragazzo che la prende per mano e la fer- 47 ma, la sua attenzione è catturata dall’elettricità che sembra attraversare lo spazio esiguo che li separa. Sembrano sospesi come in un passo finale di un ballo quando la musica cambia ritmo e per un momento si resta immobili ad attendere che qualcosa accada, un nuovo suono che arriva a spezzare il silenzio e l’assenza di movimento. Un uomo che scende si avvia nella sua direzione con un’andatura incerta, come se fosse un po’ perso e qualcosa dentro la ragazza dagli occhi del colore del mare si ferma, si siede come un automa sui seggiolini contemporaneamente a lui che invece non la nota nemmeno. Lui fissa il vuoto davanti a sé per un momento e poi chiude gli occhi rovesciando la testa all’indietro fino a poggiarla al muro, respira a fondo. Le sembra che si stia sentendo male e allora gli sfiora una mano e gli chiede se sta bene, lui apre gli occhi e fa un cenno di assenso accompagnato da un mezzo sorriso. Lei sente nascere un sorriso dentro, lo osserva da vicino, non riesce a smettere di guardarlo, si ferma sulle labbra e torna a guardarlo negli occhi, ed è come se tra loro passasse qualcosa di eternamente conosciuto. Un altro treno arriva e si ferma ma lei non riesce a muoversi, sa benissimo che farà tardi al colloquio se non comincia a muoversi, ma qualcosa la tiene ferma su quei seggiolini. Continua a guardarlo rapita e a cogliere tutti gli stimoli che i suoi sensi possono catturare. Lui reclina un po’ la testa come se 48 stesse cercando di capire qualcosa o di avere una visione più di insieme sul viso di lei ma i loro occhi si incontrano di nuovo e restano legati dalla reciproca attrazione. Lei chiede qualcosa ma lui non sa neanche cosa gli risponde seguendo semplicemente i suoi moti interiori. E segue una comunicazione che ha come scopo quello di poter rimanere vicini seduti ad osservarsi. All’improvviso quasi spaventandola appare vicino a loro la donna anziana che lei aveva osservato prima, si avvicina ai seggiolini e prende il giornale che lei aveva poggiato a lato. La sente che parla con il suo compagno col quale aveva avuto il diverbio poco prima. Chissà cosa mi dice l’oroscopo oggi, le sente dire, sono sempre alla fine dello zodiaco. E poi la sente mentre comincia a leggerlo ad alta voce: “Giove farà un grandissimo regalo ai single del segno, infatti farà di tutto per farvi incontrare nuove persone e far nascere nuove storie. I Pesci più fortunati avranno anche la possibilità di incontrare il grande amore e sfogare la loro grande voglia di vivere passioni ed intense storie romantiche. Sicuramente questo sarà uno di quei giorni fantastici che non si scorderanno tanto facilmente e che resteranno impressi nel cuore”. Alla ragazza dagli occhi del mare sembra che le stiano facendo una previsione in diretta mentre continua a tenere lo sguardo di colui che l’ha rapita e pensa che davvero questo sarà un giorno da ricordare, l’ennesima previsione dell’oroscopo 49 che ha avuto seguito negli accadimenti della sua vita. Forse dovrebbe smettere di avere paura di questo futuro che gli sta aprendo una strada davanti, forse potrà concedersi di leggere le previsioni nel giorno giusto così da vivere nel presente quella fetta di futuro accennato. “Sta attento sa!”. La donna anziana riprende a parlare, “che qui dice che il mio grande amore potrebbe ancora arrivare”, guarda il suo compagno e lo redarguisce con un tono teneramente minaccioso, poi lascia il giornale sul sedile lo prende sottobraccio e si allontana tenendolo stretto. La ragazza dagli occhi del colore del mare riprende in mano il giornale e guarda intensamente l’uomo che continua a perdersi nei suoi occhi. Decide in quel momento di restare nel presente di quell’incontro e un sorriso le si allarga interno, un sorriso che illuminerà il cammino futuro e l’emozione di una nuova direzione che la sua vita forse potrebbe prendere. 50 Un Sogno Avrai un’occasione per salvarti, una sola possibilità. Vedrai la morte negli occhi di una donna. Dovrai accorgertene da sola, solo così potrai capire quando salvarti. La radiosveglia sorprende la ragazza bionda senza fiato con il cuore accelerato e i muscoli tesi come dopo una corsa, è sola nel letto, respira a fondo e più volte concentrandosi sul movimento del petto per rilassarsi e far passare il momento d’ansia, funziona, perché un leggero formicolio prende il posto della tensione, guarda verso la radiosveglia, sono le sette e quindici, deve proprio mettersi sotto la doccia se vuole arrivare in tempo in ufficio. Il viso che osserva allo specchio del bagno è ancora contratto e spaventato, lo ruota da una parte all’altra esaminando tutte le imperfezioni della pelle. Annota mentalmente di prendere di nuovo il lievito di birra la mattina a digiuno; fa una boccaccia e lo specchio le re- 51 stituisce lo stesso gesto, la sua faccia è proprio antipatica non c’è che dire. Mentre l’acqua della doccia le massaggia la testa, pensa al ragazzo che ha conosciuto da poco, la sera prima non ha voluto rimanesse con sé, le sembrava ancora presto per trovarlo al risveglio, certo le piace e anche molto, eppure quando pensa a lui un misto di attrazione e repulsione la invade. Il buon senso le suggerisce di lasciarsi una scappatoia visto che il sogno è arrivato da quando lo ha conosciuto. Non è forse un brutto segno? Come faceva da bambina usa un modo tutto suo per predire il futuro, si prepara a tirare il tappo della bottiglietta dello shampoo verso l’alto per fargli scavalcare nel volo il bastone della tenda della doccia, se finirà nel water ci sarà per lei l’eterno amore delle favole e se invece finirà per terra… Cosa? Se finirà per terra... sarà solo sesso sfrenato! Forse troppo reale come ipotesi anche perché non le sembra poi tanto spaventosa, basterebbe saperlo. Lancia il tappo verso l’alto, blop! Un rumore sordo come se fosse caduto in acqua, esulta e si prepara ad uscire vittoriosa dalla doccia, ma gli schizzi sul muro indicano che è finito nello sciacquone, mi sa che sono troppo grande per questi giochini, pensa e si infila l’accappatoio dubbiosa. La metro della mattina sembra un vasetto di acciughe stirate e variopinte, le persone più sva- 52 riate cercano di occupare lo spazio minore possibile, guardando fisso davanti a sé assorti in un mondo proprio. La ragazza bionda ama scoprire dai piccoli dettagli qualcosa in più sulle persone che condividono con lei il viaggio mattutino nel convoglio. D’abitudine, se qualcuno comincia a salire sempre sul primo vagone del treno si rende conto che come lei altre fanno la stessa scelta e ci si ritrova la mattina come vecchi conoscenti. L’attenzione della ragazza viene prima attratta da una coppia, entrambi indossano una casacca lunga e caratteristica dei popoli arabi che copre i vestiti e arriva fino ai piedi, quella dell’uomo raffinata, quella della donna finemente ricamata. Lei tiene timidamente gli occhi bassi, ha i capelli coperti da un foulard celeste, lui si guarda intorno guardingo, l’hennè nero che delimita i suoi occhi li fa sembrare minacciosi, sembra possessivo mentre le tiene stretta la mano, lei muove il capo in continuazione, per incrociare gli occhi del compagno e poi guardare di nuovo in basso, sembrano vivere un loro mondo presi solo l’uno dall’altro con niente intorno, lui muove la testa solo per guardare le fermate che si susseguono, sembra aspettare quella giusta. La ragazza bionda si sente curiosa e forse un po’ indiscreta, è fortemente attratta dalla donna, vorrebbe vederle gli occhi e ogni tanto torna a cercarla, mentre continua la sua piccola ispezione. Posa gli occhi su una donna non più giovane, ma molto curata, 53 che stringe tra le mani dei fogli che sembrano molto importanti, continua a metterli dentro una borsa per poi riprenderli dopo pochissimo tempo come in un rito noto solo a lei. A pochi metri da lei un ragazzo continua ad osservarla e forse lei se ne è accorta e in realtà quei movimenti nervosi sono solo di stizza, come per liberarsi da una situazione che la mette in soggezione. Vicino una bambina posa gli occhi enormi su tutti quelli che le capitano a tiro, le sue mani sono infagottate in piccoli guanti rosa, tiene le braccia inermi lungo il busto, quasi che l’atto di guardarsi intorno assorba tutte le sue energie. Si sente protetta dalla mamma che la tiene stretta per non farla cadere mentre muove la testa lentamente come per registrare ogni piccolo particolare di quello che ha di fronte. In fondo al vagone è seduta in terra una coppia con due grossi zaini che li accompagnano in un viaggio sicuramente più lungo di quel percorso metro, consultano una guida e tra una pagina e l’altra si scambiano una carezza, un bacio. Poco distante da loro un uomo distinto sussurra delle parole tra sé, le recita come una nenia mentre gesticola un po’, sembra fare delle domande ad una interlocutrice immaginaria e rispondersi allo stesso tempo. Ogni tanto il tono della voce sale un po’, ogni tanto è un sussurro che si spegne sugli occhi bassi di quell’uomo. Sembra soffrire molto per qualcosa. La ragazza bionda si sente sfiorare la mano for- 54 se da qualcuno che cerca di sorreggersi per un rallentamento repentino e istintivamente guarda la persona in attesa del sorriso di scuse e si trova di fronte il professionista adescatore che ogni mattina con gesti studiati cerca di sedurre una ragazza diversa. La ragazza gli riserva uno sguardo gelido e cambia posizione ma mentre lo fa sorride interiormente, non ha molta memoria oppure non è così fisionomista visto che è già la seconda volta che prova ad attaccare bottone, lo vede allontanarsi verso le porte e per un attimo scorge la donna non più giovane che scende tenendo ancora stretti i suoi fogli tra le braccia, il ragazzo che la osservava si precipita fuori dal vagone dietro di lei quasi si fosse reso conto all’ultimo istante di doverlo fare, l’ansia di non perdere qualcosa. Il pensiero viaggia tra le persone che la circondano e inaspettatamente torna al ragazzo che sta frequentando e al sogno di quella mattina. Forse le è entrato davvero dentro, sente una sensazione di annullamento e rabbrividisce. Una suoneria la riporta alla realtà, come può suonare un cellulare all’interno del vagone visto che il percorso è sotterraneo? La ragazza si guarda attorno spaventata, la bambina continua la sua ispezione mentre le fermate della metro si susseguono, i due arabi si guardano ancora negli occhi mentre lui le passa una mano attorno alla vita e con l’altra che racchiude una mano di lei si tocca il petto all’altezza del cuore, 55 sembra addolorato per qualcosa. La ragazza finalmente riesce a vedere gli occhi della donna e un brivido le corre lungo la spina dorsale, ha un’espressione mortale, le torna in mente il suo sogno e il panico prende il sopravvento e mentre cerca di guadagnare l’uscita si scontra con un vigilantes che all’apertura delle porte sta entrando all’interno del vagone e non le permette di uscire. Si sente un topo preso in trappola, non riesce ad abbandonare il vagone anche se è fermo alla stazione, sospeso e senza tempo. Ancora non capisce perché continua a restare ferma lì inebetita e non si precipita verso le scale mobili e l’uscita e non corre a respirare a pieni polmoni, a respirare ancora. Il vigilantes non è solo, afferra assieme a un’altra persona i due arabi che non reagiscono e mentre vengono separati la donna è più veloce di loro, quando l’interesse è rivolto al suo uomo, estrae un pugnale e si colpisce all’altezza del cuore, cade a terra e chiude gli occhi stretti in attesa che l’anima sorvoli sul suo gesto così terreno e così perde per sempre lo sguardo del suo innamorato. Arrivano altri vigilantes che trascinano fuori i due mentre il treno è irrimediabilmente fermo. La massa variopinta di persone si riversa sulle scale mobili come risvegliata da uno choc da una voce metallica che chiede di lasciare il convoglio e di attendere il treno successivo. “Il servizio verrà ripreso il più presto possibile”. 56 C’è agitazione, il vociare diventa più alto e si sente anche il singhiozzo di un bambino. La ragazza bionda si volta nella direzione di quel pianto e vede la bambina che prima sembrava tranquilla col volto rigato di lacrime come a sfogare l’agitazione e lo spavento generale, mentre la mamma la stringe al petto e le parla sommessamente per calmarla. Qualcosa si spezza all’interno della ragazza, sente una ferita mal cicatrizzata che torna a sanguinare di nuovo dolore grazie a quella manifestazione di affetto così innocente e naturale, sente la disperazione di quel pianto senza provare la sicurezza del calore materno, e un morso di invidia la coglie nei confronti di quella bambina ma lo scaccia subito indignata con se stessa e segue il flusso verso l’esterno. Prende un taxi ed ha ancora di fronte l’immagine di quella donna e dei suoi occhi, non riesce a pensare ad altro. Avrai un’occasione per salvarti, una sola possibilità. Vedrai la morte negli occhi di una donna. Dovrai accorgertene da sola solo così potrai capire quando salvarti. La ragazza bionda si risveglia di nuovo senza fiato, ancora con quella voce che ora possiede anche il volto della donna araba che ha visto morire nel vagone della metro. Si alza e in cucina fa scorrere l’acqua del rubinetto, concentrandosi sul flusso del liquido, mentre il respiro si fa nor- 57 male e il cuore riprende i propri battiti naturali, non riesce davvero a capire il senso di quel sogno. Guardando l’orologio della cucina si accorge di aver dormito solo quattro ore, ma non vuole tornare a letto, quella donna non le lascerebbe tregua, meglio fare qualcos’altro, ma cosa? Le viene in mente quella scatola di latta che contiene tutte le foto delle persone che ha perso scappando dai sentimenti vigliaccamente, e la va a cercare. In punta di piedi si allunga verso i piani alti del suo armadio e la prende, la apre con fatica e coperchio e contenuto si riversano in terra, impreca per il rumore provocato e spera che il sonno di chi abita sotto al suo appartamento sia difficile da interrompere mentre trattiene il fiato e si aspetta un segnale intimidatorio. Ma tutto tace. Si siede per terra e comincia a guardare le foto: occhi malinconici in alcune e sorridenti in altre e sentimenti antichi e sofferenze e gioie nelle pieghe dell’anima dimenticate. La assale il calore interiore della languidezza dei ricordi più profondi, suo padre la guarda da una foto, la sua preferita, ha la testa reclinata da un lato e fa un gesto con la mano come per intimare a fare il proprio dovere ma l’aria severa è tradita da un sorriso che sembra rassicurare sulle sue intenzioni. Una lacrima silenziosa comincia a scendere e ancora una volta perde la lotta col suo dolore. Mette la foto da un lato per farsi fare compagnia e continua a guardare le altre, qualche ragazzo 58 sorridente, lei che abbraccia o sorride al compagno di turno. Rigira le foto cadute una a una e le guarda ma a un tratto si ferma bruscamente, ne trova una vecchia, rovinata dagli anni passati a rigirarla tra le mani per trovare dei perché, la riconosce e la stringe ancora una volta. è l’unica che possiede di sua madre, uno sfondo di deserto e lei vestita con una lunga casacca araba e un paio di occhiali scuri che le nascondono gli occhi, la bocca non tradisce emozioni. Le tornano in mente quegli occhi che nella foto non si vedono e gli sforzi fatti per cercare di scorgervi un pizzico di amore, occhi che non hanno mai tradito affetto, che l’hanno annullata invece giorno dopo giorno, considerata solo come ostacolo alla fuga. Quasi volessero separarsi prima del dovuto dalla sua immagine bambina affinché fosse più facile poi, affinché fosse meno prolungato l’addio. La bambina si era rassegnata a quella morte interiore e crescendo la mostrava altera e dimessa a tutti coloro che le si avvicinavano, non ci si può fidare. Aveva misurato per anni quelle sensazioni senza fiducia con ripetizioni esasperate, la disarmante pazienza di chi trova come unico interlocutore il silenzio. Non voleva perdersi in quella aridità, voleva salvarsi da quegli occhi e finalmente difendersi, non voleva più sentirsi morta dentro. Decide di dedicarsi una lacrima silenziosa, che scende salata e le bagna le labbra, forse è la prima versata per sé. Ora si 59 sente al centro della scena per la prima volta, l’inquadratura finalmente è cambiata, la vede protagonista di una vita che fino a quel momento aveva visto scorrere come spettatrice mentre gli altri dirigevano il corso degli eventi. Gli altri a recitare in primo piano e lei ad ammirare la loro bravura sentendosi ancora più incapace di camminare nella direzione voluta invece di farsi portare dove era protetta, dove era più facile. Ora però si alza e muove i primi passi insicuri, i muscoli della certezza sono indeboliti ma il palco della vita è vicino, deve solo salirci e non avere paura dei riflettori che la scalderanno, che finalmente le daranno luce al centro della scena. Gli argini si rompono e la vita sgorga inarrestabile, dirompente il dolore sfoga la sua violenza mente i singhiozzi trovano spazio nel petto e il suo pianto è quello inarticolato di un animale ferito. Una bambina disperata che ha sempre dovuto piangere in silenzio le sue lacrime e che ora non riesce a smettere di versarle, e che neanche lo vuole, e lentamente scivola a terra, vede lo spazio riservato al pubblico dall’altra parte grigio e freddo, la dannazione della non vita, lei era lì. Tocca con le mani le tavole del palcoscenico, le accarezza e le bagna con il suo pianto. Come sono vere. Si sente salva dall’altra parte del confine. Non vuole più tornare a sentirsi protetta, incolume dalle possibili ferite, perché vivere permette di amarsi, perché all’amore bisogna con- 60 cedere rischi considerando anche il più grande e spaventoso. Farsi male. 61 Un Destino L’uomo arabo scosta la tenda per aprire la finestra e respirare un po’ dell’aria fresca della notte che se ne sta andando. Si è svegliato di soprassalto, non è riuscito più a prendere sonno anche se si sente molto stanco, e per non dare fastidio ha preferito alzarsi dal letto. Si sente più vigile del dovuto, in uno stato che non gli consente di dare sosta al lavorio incessante della mente. Anche provare a chiudere gli occhi non è bastato a far cadere quella difesa che lo logora e gli divora ogni briciola dell’attenzione, anche la più piccola, concentrandola tutta sul susseguirsi costante dei pensieri. L’aria fresca che proviene da fuori accarezza il suo giovane corpo nudo e ne asciuga il velo di sudore leggero che l’umidità di quel nido notturno aveva creato. L’uomo poggia la fronte sul vetro e guarda in basso la città ancora immersa nell’oscurità, la luce dei lampioni ad illuminarne brevi tratti, sembra dorma anche lei. La strada è silenziosa, la finestra affaccia in 63 una via laterale, i suoni provengono ovattati da lontano. Per un momento la sua testa sembra svuotata, come se in un cortocircuito di pensieri il black out avesse d’improvviso oscurato tutto. Accende una sigaretta e soffia il fumo della prima boccata verso l’esterno, aspira il secondo tiro più a fondo, con piacere. Si volta verso l’interno della stanza d’albergo dove si trova e cerca con lo sguardo il corpo femminile disteso sul letto. La donna è stesa su un fianco, la testa poggiata su un braccio allungato davanti a sé, le gambe lunghe distese, l’altro braccio abbandonato all’altezza della vita inerte. Il corpo completamente nudo è reduce dalle ore della passione notturna alla quale non ha risparmiato alcuna risorsa e ora si concede il meritato riposo, come un relitto prezioso abbandonato da una marea che lascia stremati e felici di essere approdati finalmente alla stasi, dopo aver viaggiato nelle sensazioni liquide e vischiose della pelle. Lui la guarda come se fosse la prima volta, se non stesse dormendo potrebbe pensare che la sua posa sia una mossa voluttuosamente studiata, una messinscena per offrire tutto il suo fascino nel miglior modo possibile. Lei candida e sensuale è abbandonata sul letto, l’espressione del viso sognante, persa nel mondo che cammina parallelo con le sue regole irreali, chissà in quale sogno ora si sta muovendo, chissà quale emozione sta tracciando da ritrovare al risveglio, chissà quale immagine 64 indelebile sta inseguendo. E d’improvviso l’uomo è preso da un suo fantasma interiore, si sente come un uccello rapace a cui viene allentato involontariamente il laccio che lo lega alla terra. Riesce a sentire piano lo stendere delle ali, la forza possibile di un ascesa necessaria alla sopravvivenza, il vento che passa attorno, il calore dell’aria ancora non intaccata, recuperare tutte le energie possibili per spiccare il volo. E tutto poi sparisce d’improvviso e la stanza d’albergo lo riporta al reale, il mobilio ordinario e usurato, la moquette a tratti consunta ma pulita, il quadro che all’interno contiene un paesaggio marittimo attaccato alla parete sopra al letto, le lenzuola bianche stropicciate che nella notte sono state il suo rifugio. Come se la donna sentisse di essere osservata muove piano le gambe e stiracchia le braccia in avanti cercando il contatto con un corpo che dovrebbe essere steso accanto al suo. Non lo trova e apre velocemente gli occhi muovendo la testa nelle direzioni possibili, alla ricerca del suo amante. Lo trova che la guarda da davanti la finestra e la calma prende subito il sopravvento sul momento d’ansia che aveva accompagnato il risveglio, gli sorride dolce e fatale, un chiaro richiamo a raggiungerla. L’uomo getta la sigaretta e si avvicina al letto, le si siede accanto prendendole la mano. Dimmi che non mi lascerai la mano, dice lei. No non te la lascerò, le risponde con tutto l’amore di cui è capace. E il 65 bacio che segue è colmo di tutte le incertezze e di tutto l’amore possibile. Perché vuoi farlo, gli chiede lei, perché non capisci che così non ci sarà salvezza per noi. Non potrei vivere altrimenti, la risposta di lui è un soffio che le gela l’anima. Voglio venire con te, il tono di lei è deciso non lascia spazio a possibili contraddizioni. È sempre stata così lei, sembra così fragile eppure è ferma nelle decisioni che prende, non c’è modo di dissuaderla quando ha quel tono così risoluto. Dormi ancora un po’, suggerisce lui, c’è ancora tempo. Abbracciami forte, gli chiede carezzandolo sul viso, non farmi riaddormentare sola. L’uomo si sdraia dietro di lei e l’accoglie tra le braccia stringendola. Una lacrima fa capolino tra le ciglia ma lui ha imparato che non può concedersi tregua, è un combattente e non può farsi logorare dal dolore. Le bacia i capelli e vi strofina il viso aspirandone l’odore. Sa perfettamente che non si addormenterà insieme a lei, ma aspetterà invece che il suo respiro si faccia più regolare per alzarsi, vestirsi e uscire senza di lei. La banchina della metro è un circo al quale lui non vuole partecipare, le persone si accalcano in quella che sembra essere una fermata molto frequentata. Un senso di allarme lo coglie quando pensa che l’ha lasciata sola in quella camera d’albergo, pensa a quando si sveglierà e non lo troverà, lo odierà ma era l’unico modo per salva- 66 re almeno lei. Un vigilantes cammina lungo la banchina e controlla che le persone rispettino il limite della linea gialla, una bimba con dei guantini rosa lo scruta attenta incrociando il suo sguardo, l’uomo arabo gira la schiena, la sua attenzione resta concentrata sul suo personale inferno interno. Si guarda intorno ma si sente soffocare, il pensiero gli fugge verso le ali spiegate di quell’uccello rapace che si porta dentro, in quel momento percepisce nitida la sensazione dei lacci che si chiudono intorno alle estremità per tenere fermo un volo possibile e non permesso, sente stringere quei lacci, come se lentamente annodassero anche la percezione. Abbassa lo sguardo verso terra e si sente ridicolo, credere di poter ancora salvare la situazione, pensare davvero che farlo era l’unica cosa possibile, una cosa irrinunciabile. Chi vuole può cambiare le cose, glielo ha detto anche lei, non ci sono cose impossibili, ci sono solo cose che non si vogliono fare. Come se l’avesse evocata vede la fine di una tunica finemente ricamata che viene verso di lui, alza lo sguardo da terra immediatamente e gli appare il volto di lei. È una visione? Quando sente che lei gli prende una mano e lo conduce verso le scale mobili capisce che è di questo mondo reale che fa parte. Sente le labbra che si sfiorano ed è un ritorno di appartenenza. “Non ti ho trovato, lo sai che mi sento persa senza di te”, gli dice in un soffio. “Sai che devo farlo, non puoi venire con 67 me, se ci prendessero penserebbero che sei una mia complice, ti metterei in pericolo, invece dovevi aspettarmi in albergo, sarei tornato prima del tuo risveglio”, le risponde carezzandole una guancia. “Sono sempre stata tua”, gli risponde, “cosa mai potrei fare senza di te? Non sopporterei che ti accadesse qualcosa”. Gli occhi di lei sprofondano nei suoi marcati con l’hennè e lui si perde. Se ci trovassero potrebbero portare via solo me lo sai, potrebbero separarci, è una possibilità che lui deve mostrarle, anche se sa che a quella lei non reggerebbe. La guarda, completamente coperta dalla tunica e con il foulard che nasconde i lunghi capelli neri, e un moto di tenerezza lo coglie, solo lui conosce la bellezza di quel corpo e una vertigine cattiva per un momento lo scuote, egoisticamente pensa che la possiede e non vuole che sia di nessun altro. Le stringe la mano che ancora tiene nella sua e la conduce verso la metropolitana che sta arrivando, sia quel che sia, sarà il destino a decidere per loro. Entrano nel convoglio e si sistemano in un angolo, lui le tiene ancora la mano, non riesce a lasciarla mentre guarda fuori le fermate che si susseguono, se riuscirà a trovare il suo contatto alla fermata indicata tutto potrà risolversi in poco tempo, potrà dare corso finalmente al suo destino. Sente il suono della sveglia del cellulare che aveva impostato per essere sicuro di non perdere il suo appuntamento col destino. Mette 68 una mano nella tasca della sua tunica e preme un pulsante qualsiasi per bloccarla dopodiché passa il braccio intorno alla vita della donna e posa l’altra sul petto all’altezza del cuore, tenendo ancora stretta la mano di lei che non l’ha lasciato nemmeno un momento, quasi fosse un modo per proteggersi. E da quel momento, a una stazione della metropolitana, prende azione come in un film la realtà che li coinvolge e che il destino sembra aver deciso per loro. Degli uomini, qualcuno in divisa e qualcuno no, entrano nel convoglio velocemente e gli vengono incontro risoluti. L’uomo arabo sembra sorpreso, come se non si aspettasse questa possibilità, non riesce a dire nulla alla sua donna perché vengono separati immediatamente. Forse, dirle, che anche quella per loro potrebbe essere la salvezza ma lei non gli da tempo, è più veloce, estrae un pugnale dalla tunica e si colpisce con fermezza all’altezza del cuore, scivola a terra lentamente chiudendo gli occhi come a voler tenere fissa un’immagine prima che un’altra non voluta sovrapponendosi la possa cancellare. L’urlo selvaggio che l’uomo sente dentro lo paralizza, sente spezzare le ali di quell’uccello rapace che si porta dentro, è stato inutile aspettare di sentire allentare le estremità dai legacci che lo tenevano fermo perché ora precipita inesorabilmente nel vuoto di un precipizio smisurato e senza fine. Si sente abbandonato dalla vita, come se lei con quel gesto gli 69 avesse sottratto anche la sua e forse è così davvero. Arrivano altre persone in divisa che li trascinano fuori mentre lui si sente come in un acquario, è come se ci fosse una barriera che gli fa arrivare gli impulsi da fuori ovattati, sente una voce che chiede di lasciare il convoglio e attendere il treno successivo, sente gli uomini che si danno ordini vicendevolmente e vengono portati verso un ascensore che li conduce in un ufficio al piano superiore. Non riesce a pensare ad altro se non che l’ha persa, non riesce a guardarne il corpo lasciato dalla vita, il viso che ne tradisce piano il suo abbandono. Ne osserva dolorante la bellezza ancora non intaccata, una ciocca dei lunghi capelli è sfuggita al foulard e lui vorrebbe raccoglierla ordinatamente come usava fare lei, non può pensare che non potrà più passarci una mano, che non potrà più stringerla a sé. Il corpo della donna viene coperto momentaneamente con un telo quando un medico scuote la testa indicando che non c’è più niente da fare. E lui pensa che è finita, tutto perde senso, si sente colpevole perché non è riuscito a parlarle in tempo per fermarla e ora non ha più senso nulla, ora è inutile cercare soluzioni o interrogarsi sul destino. Solo qualche mese prima nella sua terra assieme ad altri come lui, che credevano nella libertà e manifestavano urlando in piazza, cancellava il nome del presidente dimissionario dalle stazioni a lui dedicate nelle fermate metro, per promuo- 70 vere il cambiamento che l’avrebbe portato a una vita migliore. Poi l’arrivo in questo paese che doveva essere solo una meta momentanea in attesa di un passaggio verso un’altra terra che lo avrebbe accolto insieme a lei. Ma la segnalazione del suo passaggio doveva averlo preceduto portando con sé l’inevitabile susseguirsi degli eventi che avevano spezzato il suo possibile volo. Gli atti feroci compiuti in nome della libertà nella quale lui credeva risoluto, avrebbero potuto essere spiegati diversamente, motivati, perché compiuti nella speranza di creare un futuro migliore alle generazioni che sarebbero venute dopo di lui. Invece, purtroppo, i fatti reali avevano preceduto la sua versione personale facendo precipitare il corso degli eventi. Il destino restituisce tutto ciò che prende, e la spirale di violenza dalla quale veniva non poteva certo portare ad altro che al pagamento di un prezzo ancora più caro, impossibile per lui fare confronti tra costi e benefici. E lei che in partenza non era sulla bilancia dei costi, invece gli era stata sottratta per una fatalità che lo avrebbe torturato per sempre, per il resto della vita che avrebbe vissuto chiedendosi cosa avrebbe potuto fare per fermarla. E ora era inutile cercare di rispondere alle domande dei vigilantes, inutile dirgli che aveva lasciato i suoi veri documenti all’albergo per non essere collegato alla sua identità se lo avessero trovato, inutile raccontare tutto il suo 71 piano studiato per prendere l’identità di qualcuno incensurato che sapeva morto nel suo paese. Tutto quello che aveva previsto includeva la presenza di lei e ora si sentiva come un naufrago sbattuto dall’onda del destino su un’isola nel mare aperto delle incertezze, senza alcun desiderio di veder arrivare una nave a salvarlo, con l’unico intento di restare relegato a quell’isola percorribile con pochi passi, con l’intento preciso di non ottenere nessuna distrazione dall’unico pensiero che lo avrebbe accompagnato e torturato come un sottofondo per il resto dei suoi giorni: lei era morta a causa sua. Il silenzio che lo accoglie è l’unica soluzione possibile, l’unico rifugio probabile, l’unico interlocutore che riesce a sopportare. 72 Un Sorriso Apre gli occhi come tutte le mattine e la prima cosa che vede è il soffitto bianco rovinato intorno al lampadario, c’è un taglio che comincia più profondo e verso la fine è più superficiale, sembra una virgola, come se qualcuno avesse deciso di prendere una pausa. Passa una mano sugli occhi e si stupisce di trovarli asciutti, si ricorda perfettamente di essersi addormentata piangendo ma non trova traccia di quelle lacrime, si sente strana, si tocca il petto e non lo sente così pesante come nei giorni passati, il respiro sembra fluire più libero, non è più costretto. E pensa che non vuole più voltarsi verso quel dolore, non vuole più sentirne la nostalgia, torna a guardare la virgola sul soffitto, non sta sognando è sveglia, è forse dedicata a lei quella pausa? È come se qualcuno senza avvisare avesse eliminato un rumore di sottofondo, all’improvviso. Eppure anche il dolore ha un termine. Al principio accompagna ogni gesto, è un’irritante presenza che non con- 73 cede vie di fuga, anche voltando l’angolo, anche correndo veloci tra le emozioni, resta lì molesto e prepotente, non vuole essere abbandonato a sé. Si nutre di ogni palpito che arriva, anche il più piccolo, lo tramuta ricoprendolo con una patina scura, gli impone una pesantezza esasperante togliendo ogni difesa, togliendo lucidità, togliendo la voglia di scacciarlo, il dolore toglie, mette a dura prova i tendini della sopportazione e spinge impietoso sui muscoli logori delle reazioni e consuma la forza per contrastarlo e consuma la resistenza da opporgli. Il dolore consuma. Eppure un giorno il risveglio è diverso, c’è ancora un piccolo pizzicorio al lato del cuore, ma è come attutito e percepito meno minaccioso, è il ricordo di una ferita, ma forse è un principio di cicatrizzazione. E non c’è nessuna tentazione di toccare la parte che sta rimarginando perché potrebbe riaprirsi, invece si pensa ad avere cura di quel punto di congiunzione, averne cura ricercando tra i ricordi le parti meno taglienti, soppesandole pur senza avvicinarsi troppo, una nuova ferita può essere in agguato. E scoprire di non essere ancora pronti e non averne ancora voglia né coraggio, concedersi di far scorrere le immagini meno importanti, i suoni più lontani, ciò che fa meno male, raggirare il dolore. Le varianti sono note, le forme subdole, ma un giorno la paura allenta la morsa e la corazza piano si riforma, lentamente. I colpi che arrivano non riescono ad 74 affondare facilmente, c’è maggiore difesa, c’è un giorno in cui si ricominciano a sentire le emozioni e i palpiti tornano ad essere tali. Gira lo sguardo verso la porta dove c’è ancora il segno di un pugno sferrato con rabbia che corre lungo la parte superiore, una crepa nel legno che sembra formare una croce, il legno è rivolto verso l’interno come imploso e alcune schegge fuoriescono quasi a formare una cornice. Tocca con gli occhi quei confini ed è come trovare una parte di sé antica, anche se non sente il dolore della botta ricevuta, lo sfregio resta presente, prende atto che chi fa del male lascia segni profondi dietro di sé, la rabbia quando esplode distrugge, annienta. E le mani che hanno stretto e colpito e le braccia a difendersi, alzate in segno di resa per cercare di fermare la furia, e le parole come pietre che sono arrivate a colpire dove già un dolore aveva scavato dall’interno una falla. Una danza di due burattini spezzati, movimenti a strappo di un carillon che, stanco, non riesce più produrre una musica, muto continua a incepparsi nello stesso punto con un rumore sordo di ingranaggi che non riescono a disincastrarsi, e non guardarsi negli occhi per paura di leggervi la verità di un copione oramai recitato a memoria, grazie alle prove ripetute ossessivamente e in quel momento capire che un singolo gesto può cambiare tutto il contesto, ma non riuscire a fermare il crollo delle certezze che bloccano le azioni. A volte il velo 75 davanti agli occhi, per cadere, ha bisogno di quel gesto rivelatore. Dopo i tentativi andati a vuoto e la forza impiegata nel provare a scostarlo più e più volte, e l’attesa è che il tempo trascorra sui lividi della sopravvivenza lentamente con la cura delle carezze o pressante con la forza di emozioni al limite della sopportazione. Il tempo veramente guarisce? Volta la testa verso il lato accanto del letto e il viso che ama le appare ancora rapito dai sogni, le ciglia strette come a voler trattenere il sonno ancora un po’ per sapere come va a finire, una piccola linea tracciata tra le sopracciglia leggermente corrucciate, le labbra ricurve in un sorriso accennato leggermente aperte sui denti bianchi. Un pugno chiuso vicino al viso stretto intorno a chissà cosa, il volto sembra quello di un arcangelo, l’espressione tradisce lo sfinimento di un sonno lungo e carico di sogni, i capelli che lo incorniciano sono leggermente attaccati alle tempie da un velo di sudore. Non riesce a trattenere una carezza e con una mano scosta qualche piccola ciocca dalla fronte delicatamente e provoca un mugolio leggero e due occhi curiosi si aprono leggermente come a cercarla e riconoscerla. Il corpo si stiracchia con un sospiro e le labbra si curvano ancora di più e arriva il suono che ama sentire al mattino, quella voce bambina che sussurra la parola che le lega, mamma. La gioia pura senza filtri e un sobbalzo leggero del cuore e il respiro che riempie il petto e gli occhi 76 che si inumidiscono di piacere. Ed è rinascere, uscire dalla coltre di consuetudini dolorose che non lasciano spazio a movimenti diversi o a sensazioni diverse, veder cadere la ragnatela egocentrica della sofferenza che tiene prigioniere le innocenti emozioni felici e non sentirsi più preda della inevitabilità, non più una preda. Dona uno sguardo d’amore a quel piccolo essere che si trova accanto e può finalmente godere di quel sentimento, cercarne invano i confini e sentirsi sconfitta e felice ancora una volta di essere perdente. Si alza dal letto prendendo in braccio sua figlia e la porta in cucina dove prepara la colazione. Sta cominciando a fare un po’ freddo la mattina e prepara i guantini rosa assieme alla giacca per la sua bambina mentre la guarda divertirsi con i calzettoni. Resta rapita dalla dolce piega del collo e vi depone un bacio tra risate di solletico e aspira il profumo di pelle bambina, una canzone prende spazio nella sua mente e la canticchia con voce sommessa. Passa sovrappensiero davanti a uno specchio e si stupisce dell’immagine che le regala vede gli occhi diversi illuminati da una luce che non riconosce, le labbra non sono più serrate, una curva lieve le ingentilisce. La serenità arriva inaspettata tanto quanto il dolore, non dà preavviso e dà un ordine diverso alle cose intorno. La serenità stupisce. Il vento che solleva la metro in arrivo sorpren- 77 de la mamma e la bambina nella sua giacchetta rosa. Accanto a lei c’è un uomo giovane e si sorprende a guardarlo un momento di più, sente che vorrebbe sorridergli, avvicinarsi e stabilire un contatto anche se non si spiega il motivo. Vicino c’è una coppia con due grandi zaini, lei lo guarda con una dolcezza leggera e innamorata, lui sembra un po’ perso come se cercasse ancora l’amore. La donna si ferma a pensare a quanti amori possono accendersi nello stesso istante in posti diversi solo attraverso uno sguardo, l’eternità di una magia che si ripete anche per chi tiene costantemente gli occhi bassi e li alza solo un istante per errore. Entrata nel vagone trova quasi sempre chi le cede il posto per farla sedere, tiene la bambina attaccata con la schiena rivolta a sé e le lascia osservare la gente intorno, sa quanto le piace e anche lei perde un momento per guardarsi intorno. Cerca di nuovo con lo sguardo quell’uomo che aveva attirato la sua attenzione. Si ferma a guardare i vestiti delle persone che affollano il vagone, alcuni stirati con cura altri stropicciati, e cerca di riconoscerne qualcuno per avere delle conferme. Quando il ragazzo delle consegne le porta i vestiti da stirare a casa, la curiosità la invade, mentre passa il ferro su vestiti, sconosciuti odori le arrivano alle narici e lei immagina chi li ha indossati e lo farà di nuovo, la aiuta a non stancarsi troppo nella ripetizione di quei movimenti stereotipati e pro- 78 fessionali. Una giacca di velluto con un gomito più consumato, le regala l’immagine di un uomo con una macchina sportiva che ama guidare con il braccio poggiato al lato del finestrino; una gonna con delle riprese laterali la riporta a una donna che finalmente ha ritrovato il suo peso ideale e sfoggia soddisfatta accanto a quell’uomo un paio di gambe fasciate da calze velate che allegre si tengono su tacchi a spillo. E sembra strano cercare indumenti invece che persone ma quando li appende alle grucce, dopo averli stirati, e li lascia in salotto in attesa della consegna successiva, le sembra di non essere sola, le fanno compagnia. La sua bimba li guarda interessata, chissà cosa pensa di quei vestiti che per qualche giorno abitano assieme a lei. Poi una giacca con un rammendo impossibile da dimenticare attira la sua attenzione, lo ha accarezzato con le mani più di una volta mentre ci passava il ferro da stiro. Chi si prende cura dei propri vestiti e non li abbandona al primo problema non può essere una cattiva persona. Appena qualcuno le lascia spazio per poter vedere meglio, lo sguardo si ferma sull’uomo giovane che aveva visto all’esterno della metro. Le fa simpatia, mentre pensa che non sa che è lei che gli stira la giacca quando la porta a lavare, potrebbe fargli notare di avere un certo grado di intimità, chissà cosa direbbe se si avvicinasse e gli parlasse della sua giacca. L’idea la fa sorridere. Ma d’improvviso l’uomo 79 scende come se avesse visto la fermata all’ultimo minuto. La sua bimba non sembra troppo interessata e continua la sua ispezione del vagone. Qualcosa accade e la metro resta ferma a una stazione per troppo tempo, i passeggeri sembrano molto agitati. La donna sente il cuore accelerare i battiti e la bambina sembra accorgersene e comincia a piangere, prima quasi un lamento poi mentre segue il flusso delle persone verso l’esterno, il pianto diventa forte e spaventato. La donna si accorge a malapena che non è la fermata dove dovevano scendere bensì quella dove lei va una volta al mese alla stireria, mentre abbraccia forte la bambina e cerca di rassicurarla le regala parole dolci in un orecchio. Poco male stamattina non la porterà all’asilo, la bambina è comunque troppo agitata. Il sole fuori scalda un po’ il corpo e anche le lacrime che sembrano fermarsi, la stireria è poco distante e davanti alla porta vede da lontano una sagoma conosciuta che le fa gelare il sangue e stavolta il cuore quasi smette di battere, sua figlia per riflesso le stringe le braccia al collo mentre vi affonda la faccia strofinandola e lo fa così repentinamente che le infonde il coraggio necessario, si sente più forte, non sarà certo la forza di un pugno a cambiare la sua decisione. L’uomo che l’aspettava fermo all’ingresso si sposta al loro passaggio e la guarda con un’espressione colpevole, l’ennesimo sguardo di scuse, qualcosa che provi a 80 cancellare i gesti, che le labbra stavolta hanno ferito quanto le mani e probabilmente spera che lei si fermi accanto e gli porga lo stesso gesto di sempre che cancelli ogni risentimento, ogni colpa non presa. Ma lei fugge lo stesso gesto e gli passa accanto volgendo lo sguardo altrove mentre entra all’interno del negozio e lo lascia lì sospeso a chiedersi dove è che ha sbagliato, se quel gesto che l’avrebbe protetto non l’ha chiamato lui oppure se stavolta è veramente finito qualcosa. E lei pensa di voler amore, soltanto amore, vorrebbe perdersi in questa necessità e lasciare il dolore dove non può essere più recuperato, almeno per un po’, almeno finché il suo bisogno non venga placato. E non vuole la memoria di quello che è accaduto, c’è già una ferita presente a cui pensare che piano sta cicatrizzando, non è amore difendersi, non è amore desiderare di nascondersi. E vorrebbe dimenticare quello che è stato, anche l’amore che ha accompagnato i gesti, gli attimi che restano eterni e il sentimento forte e distruttivo che ha accompagnato i giorni nel dolore forte e profondo. Svegliarsi la mattina e non avere una ragione per alzarsi, non voler lasciare quello stato di sonno per andare incontro a qualcosa che non si comprende, trame che per un attimo sembrano insondabili nel momento in cui le ombre acquistano consistenza e le mete perdono senso. Ed è l’istante passeggero in cui dal buio del sonno si passa alla luce del giorno e 81 quell’esplosione di sentimenti ingovernabili non può davvero chiamarsi amore, è solo possesso che emerge e che chiama a sé l’oggetto di cui scopre non poter fare a meno. E il suo scopo diventa annientarlo lentamente per dimostrare quanto è importante, amore e distruzione che si rincorrono per acquistare tempo e spazio nello stare insieme. La donna pensa che vuole stare sola invece, non umiliare più la sua vita così e volge lo sguardo verso fuori attraverso la vetrina della stireria e la figura che l’aveva spaventata si sta allontanando con le spalle un po’ ricurve come se stessero sopportando un peso in più. La sfuggente sensazione di amore che sale, dura un solo momento, il corso dei suoi pensieri viene interrotto dal gestore che le fa una domanda che lei non capisce. Sorride ugualmente e quel sorriso è il primo che regala alla sua nuova vita. Dà un bacio sulla fronte alla sua bambina e si sente più forte come se avesse appena passato la prova più dura per prendere un’altra strada da percorrere, e la sensazione le riempie il petto annullando le paure che erano salite e che le avevano per un momento fatto pensare che un destino segnato dalla violenza non può muoversi dai binari che ha sempre percorso. E invece, sente potente il deragliamento e si riempie dell’energia scaturita dalle ruote che con grande fragore hanno cambiato direzione e non ha paura di percorrere le nuove linee tracciate anche se resta un po’ so- 82 spesa in un momento carico di possibilità. È il momento in cui comprende profondamente che prendendo una nuova direzione non si ha più voglia di tornare a viaggiare su quella conosciuta e vede una nuova luce che illumina un percorso diverso, lentamente allora comincia il suo cammino su un tragitto che la incuriosisce e spaventa allo stesso tempo ma che finalmente fa sì che la voglia di vita vinca la sua battaglia contro la paura. 83 Una Certezza Lei pensa di non essere stata mai più felice di così, continua a perdersi negli occhi di lui e non vuole neanche sperare che sarà per sempre, le scoppierebbe il petto, non reggerebbe a quell’emozione per troppo tempo. Lui le tiene la mano mentre siedono a terra nella metro insieme, con i loro zaini e con l’avventura che sta per finire anche se per ora non sembra possibile. Si sente protetta e pensa che potrebbe viaggiare dovunque con lui, ammira quella mano con le dita lunghe che repentinamente si muovono e indicano con stupore un nuovo itinerario possibile. Buttano la guida turistica da un lato con vigore per tornare sulla sua mano, si posano sulla gamba distrattamente. Vorrebbe assorbire quella vitalità come una spugna, farla sua. La sente accanto e ne coglie il calore, non riesce a farne a meno, si agita anche lei per riflesso come un metallo che si scalda e comincia i suoi movimenti interni grazie al tepore ricevuto. E sente un’emozione 85 liquida attraversarle il basso ventre, lo guarda avvicinarsi e occupare tutto il suo campo visivo fino a che le labbra diventano la meta più spontanea, le mani si cercano di nuovo e si stringono. E di nuovo il contatto degli occhi che brillano di nuove promesse inesplorate, l’intero universo dell’altro che piano apre spiragli e fa emergere la paura del non conosciuto, l’incertezza, chiedersi appena cosa ci sarà domani e rispondersi che forse non è importante. Forse solo quanto basta per conoscersi meglio e scoprire piccole cose in comune e la inseguono le immagini dei possibili ricordi futuri, regalo prezioso che dona la vita e che si annida nelle pieghe della mente, impossibile difendersi da loro, sottrarli all’attenzione, giocarci ingenuamente senza farsi male. Impossibili ricordi. Lei già sembra costruire un luogo per ospitarli e difenderli, un’esploratrice che delicatamente scosta la sabbia da un reperto prezioso per vederlo meglio e scopre che l’unico motivo per cui viaggia è metterlo delicatamente nella sacca per portarlo con sé senza toccare le altre che ha già raccolto. Una traccia da recuperare quando nel corso di altri viaggi ritroverà qualcosa che sentirà già profondamente sua e sente struggente la malinconia che potrebbe accompagnare i ricordi, li culla dolcemente tra le mani e loro arrivano a tormentarla, un abbraccio caldo sotto la pioggia, un ombrello a riparare quella figura bizzarra composta da due, un ba- 86 cio rubato con l’inganno, una mano passata tra i capelli ad aggiustare una ciocca ribelle, occhi invitanti e tentatori. E torna al presente, ma il protagonista che accendeva i suoi ricordi è ancora lì vicino a lei, e tutto le sembra così assurdo e così vero, cercare di immaginare un futuro quando ancora deve fare suo il presente, e lo vuole sentire il presente, ne ha bisogno, ha bisogno di qualche piccola certezza. Finalmente anche se cerca con ostinazione non trova pensieri che le fanno male o la torturano, lui le ha regalato questo con quel viaggio, ha cancellato ogni possibilità di continuare la partita perversa con il suo personale dolore. Lui pensa di non essere stato mai più sicuro di così, la guarda con apprensione perché le legge negli occhi qualcosa che non vorrebbe vedere, aveva bisogno solo di una storia senza ulteriori implicazioni, senza responsabilità da considerare, senza promesse da mantenere. Il viaggio sta per finire e porterà via con sé l’avventura vissuta assieme, eppure ha sentito la piacevolezza di una possibilità, la vita che può ancora regalare qualche novità inaspettata. Lei è un meteorite di passaggio che ha reso piacevole un momento e che non intende conoscere meglio, vuole solo immaginare il resto, creare nella mente una figura in base anche ai piccoli frammenti che ha raccolto nel breve periodo insieme e cucirgliela addos- 87 so per vederla solo attraverso quella. La certezza di un bisogno presente senza nessun futuro, nessuna domanda in merito, nessuna ricerca di spiegazioni, nessuna risposta ipocrita, nessuna giustificazione. Nessuna. Ha bisogno di trovarsi sospeso per un momento della vita, senza guardare verso il basso e una leggera vertigine a fargli compagnia, nessun pensiero invadente dal buonsenso, solo il silenzio intorno a nuove sensazioni che occupano ora lo spazio lasciato vuoto dalle consuetudini. Uno scalatore che guarda solo verso l’alto delle montagne senza programmare il singolo percorso, con il piacere imprevisto del viaggio da intraprendere, si perde nel pensiero del cielo colmo di infinite possibilità che lo circondano. Si emoziona e non prende in considerazione neanche la minaccia delle nuvole che piano si alzano intense, solo il silenzio e la seducente promessa di una nuova esperienza. E la vede lì, davanti a sé senza difese e si chiede che pensieri stia facendo, sembra le risulti difficile prendere le cose per come vengono e non dare importanza eccessiva a quello che è accaduto tra loro, si tratta di attrazione magnetica molto forte, sente l’eccitazione attraversargli le reni solo a guardarla, troppo forte quel pensiero per poterne investire altri. Ha voglia di averla ancora almeno una volta per poi dedicarle un ricordo dolce quando penserà a lei, la memoria struggente le regalerà l’eternità. Pensa al suo presente invadente men- 88 tre gli occhi vanno per un momento all’anulare della sua mano sinistra, chissà se lei ha notato il segno della fede, l’ha lasciata sul tavolino del soggiorno prima di partire. Si sente diverso per una volta e vuole concedersi un momento in cui non pensare alle conseguenze, si sente vivo, salvato dall’ordinario, ancora in grado di stupirsi, lo deve a lei che gli ha regalato questa possibilità di non sentirsi ingabbiato in sequenze di vita preordinate e senza scampo. Rompere uno schema e poter scegliere una nuova strada e sentirsi perso e felice. Perso e felice anche solo temporaneamente. Scendono a una fermata ridendo ma si accorgono subito che non è la loro e allora risalgono velocemente sul vagone successivo dello stesso treno, ridono ancora mentre si siedono in un angolo continuando a guardarsi rapiti da una danza irrequieta. Il treno è fermo e le persone scendono e lasciano vuoto il vagone, per loro potrebbe anche essere il capolinea e forse lo vorrebbero o forse non gli interessa, hanno tempo per fare un nuovo giro. Le porte si chiudono, le luci si spengono e i due, all’interno del vagone, si guardano curiosi condividendo una marachella che possono nascondere solo a se stessi. Il treno lentamente entra in un tunnel laterale e si ferma restando immobile e senza rumori, una porta si chiude rumorosamente da qualche parte lontano. La paura è il primo sentimento ma poi c’è l’urgenza e l’energia accumulata che si vuole di- 89 sperdere, dissipare. Le labbra si cercano con insistenza e si dissetano nella morbidezza di quelle dell’altro e le mani approfittano del buio per fare il loro gioco e si fermano a capire l’impazienza, ma resistono poco perdendo la battaglia col desiderio di dare piacere. La pelle è una meta da raggiungere, l’unica possibile. Il viaggio è accompagnato dai sospiri lenti che rompono il silenzio, i movimenti sono accennati, non c’è bisogno di rincorrere il tempo, il tempo si è perso da qualche parte. Ma i corpi non restano fermi a lungo, cedono al disperato bisogno di avere contatto e toccarsi e stringersi le mani a completarsi, trovare nell’altro un confine che in sé non avrebbe nessun senso e percorrerne le linee sconosciute con le labbra lasciando segni di saliva. Trovarsi a condurre un gioco ed essere portati in un altro, aspirare l’odore come fosse l’unica occasione possibile e chiudere gli occhi per imprimerlo nella memoria, relegarlo nello spazio della mente dove si potrà andare a pescarlo nei momenti più quieti, farà la sua comparsa anche a tradimento, riportando alla luce ogni singolo movimento, ogni più piccola ondata di beatitudine. Gli occhi si riaprono a cercare le linee del volto dell’altro muovendosi velocemente per non perdere un singolo frammento di immagine, si fermano solo per catturare uno sguardo spaventato e si smarriscono perché riconoscono un desiderio così puro e forte da essere quasi cattivo. Potersi abbando- 90 nare sperando di non essere i soli, cercare l’altro, volerlo fortemente al punto da aver paura di perderlo proprio in quel momento e per esorcizzare pronunciarne il nome e sentir chiamare il proprio con la speranza di un condannato a morte che ha la voglia di aggrapparsi all’ultima possibilità di salvezza. Aggrapparsi. La carne che chiama, le dita che affondano, il corpo accaldato, il respiro sempre più pesante, così difficile inalare aria quando le sensazioni si moltiplicano, il sapore diventa una meta morbida da raggiungere, mentre i movimenti diventano più rapidi, l’urgenza di qualcosa che chiama inarrestabile. Una danza che accelera velocemente e lascia tracce di sudore e il rossore che sale esaltandone l’intensità, i brividi lungo la schiena mentre nel basso ventre qualcosa si rompe e si scioglie con un movimento repentino e dolce che non si può fermare e neanche sarebbe da savi farlo. Molto più facile lasciarsi andare via, abbandonarsi alla spossatezza. Abbandonarsi e chiudere gli occhi per donarsi completamente al piacere, sentirsi a casa e ringraziare la vita. Trovarsi più nudi di prima ma non averne timore, la certezza che arriva, l’incertezza che si ripeterà domani, e questo rende tutto più vero. Lei sorride tra le lacrime, non avrebbe mai pensato di capire così, cosa fare di sé. Cerca di ricomporsi mentre lui la guarda rapito, sembra quasi 91 che le stia chiedendo di restare. I lineamenti del volto sono addolciti dagli ultimi momenti passati insieme, vorrebbe attardarsi ancora tra quelle braccia e lasciarsi asciugare le lacrime che la stanno torturando ma non può permetterselo, poi non riuscirebbe a voltargli le spalle. Lui non può regalarle promesse, questo deve considerare mentre chiude gli occhi come a cancellarlo per un momento, il tempo necessario a mantenere fede a una decisione appena presa improvvisa, prende lo zaino da terra e mentre immagina uno sguardo interrogativo, apre la porta e attraversa il tunnel verso l’uscita, non saprà mai con quanta delicatezza le ha regalato il sentore di una possibilità. Durante tutte le sue domande, a rigirare i perché nella mente, aveva solo trovato solitudine e disperazione e un vecchio vizio personale che annientava ogni possibilità di uscire da sola dalla sua inadeguatezza. Come si fosse chiusa in una stanza al buio, volontariamente e in un momento in cui il coraggio ha avuto la meglio, e stesse toccando ogni singolo angolo o margine con certosina pazienza senza sapere però cosa cercare, senza avere neanche idea che con la luce avrebbe avuto meno possibilità di annientarsi, che sarebbe bastato trovare una piccola fiamma, una piccola certezza a cui aggrapparsi. Una ragione per far nascere il bambino che è ancora un piccolo girino nel suo grembo, ora sa darsi una risposta. La vita è in grado di regalare oltre al 92 dolore anche momenti di estrema dolcezza, potrà un giorno raccontarlo ad un viso curioso che avrà quegli occhi di cui si è innamorata, occhi a cui non può chiedere di restare, che non può avere per sé perché hanno già un presente e un futuro da dedicare a un’altra donna. Lui vorrebbe chiederle di restare ancora un po’ abbracciati, il tempo di asciugarle quelle lacrime che vede scendere quasi di nascosto ma non riesce ad emettere un suono come se gli ultimi momenti passati insieme gli avessero preso tutta l’energia. Un pugile stordito dall’ultimo colpo ricevuto che da terra osserva l’avversario e non ha il coraggio neanche nel pensiero di rimettersi in piedi sulle sue gambe, la guarda intensamente vinto. Forse per la prima volta le scorge negli occhi un’espressione incomprensibile, non riesce a fermarla mentre prende lo zaino e esce dal vagone, si sente frastornato, qualcosa dentro si strappa in fondo al petto, veramente in fondo, e fa male. E si sente come un giocatore sicuro che dopo un bilancio delle partite fatte al tavolo della vita a cui era seduto, ha scoperto di non aver avuto nessuna perdita, triste allora ha avuto voglia per una volta di rischiare e provare l’incertezza. E ora quando ha puntato tutto su un’unica partita per provare la fortuna senza certezza, trova le mani che stringono il vuoto e inveisce contro un destino crudele che gli regala 93 l’unica emozione per cui valga la pena sottomettersi a un giogo che a volte tradisce. Vorrebbe per un momento sentirsi di nuovo sicuro che il suo modo di giocare sia quello più giusto, ma dentro sente già la mancanza del rischio, non ha fatto promesse al suo tavolo per tutte le partite giocate con la vita, per non mentire a se stesso, per non rischiare e ora vorrebbe avere avuto il coraggio di farne almeno una per sentirne l’ebbrezza. Un tarlo ancora mina la consapevolezza e porta nella confusione, capire la natura di qualcosa che ha attraversato per un istante la sua vita. Era forse amore? 94 Un Gesto Abbandona il vagone chiudendo la porta senza dare fastidio, sente dentro come una piccola morte che la accompagna nei gesti, non vorrebbe pensare, non vorrebbe essere. Non vorrebbe. Lentamente si allontana dalla galleria dove lascia il treno perché venga esaminato dalle forze dell’ordine, qualcuno che trovi una causa per quello scempio avvenuto, e cammina piano, un passo dopo l’altro quasi fosse un dovere. Non vuole tornare a casa, non vuole uscire da quella stazione metro, ha dovuto finire prima il suo turno e ora avrà più ore da contare mentre aspetterà la sera, girando nella mente i suoi pensieri indolenziti. Il giorno successivo dovrà fare una relazione sull’accaduto e questo la farà pensare a qualcosa di diverso che finalmente potrà dare un senso all’alzarsi dal letto, anche se accanto vivrà il solito pensiero del risveglio. Poi ci saranno gli stessi gesti di tutte le mattine, cadenzati e ripetuti e talmente uguali a sempre da crede- 95 re che oramai abbiano vita propria. Indossare la divisa d’autista presa dalla poltrona dove era stata ripiegata con cura la sera precedente con gesti studiati di anni a fare lo stesso lavoro, le calze velate e le scarpe comode per stare tante ore in piedi. Trovarsi di fronte allo specchio del bagno dove si soffermerà per spazzolare i capelli con vigore nella speranza di farsi male veramente, e li tirerà indietro con forza per provare un dolore fisico, per sentire qualcosa di diverso per un momento, finché poi non si abituerà anche a quello. Eppure potrebbe considerarsi giovane ma si sente come invecchiata in poco tempo, inaridita da un’emozione che ha preso tutto, che ha asciugato tutto. E vorrebbe avere ancora quel desiderio per sé, vorrebbe ancora poter credere in qualcosa che la renda felice e le doni una speranza che possa essere sua. Costruire un piccolo muro per difendersi e allo stesso tempo sperare che le fondamenta siano state gettate sulla sabbia e vedere nella fantasia crollare quel muro per non essere del tutto responsabile dell’abbandono di sé, sperare che nessuno venga a portare il conto di quanto consumato con l’anima e il corpo. Il corpo che sente ancora quel richiamo, distintamente, così basso così profondo così corrotto e vibrante. L’anima che sprofonda nello sconcerto dell’impossibilità a dimenticare, così indifesa così disarmata così contaminata e gelida. Era riuscita a riporlo in qualche piega meno 96 evidente dei ricordi, eppure quel giorno aveva visto qualcosa dallo specchietto retrovisore, un gesto che aveva cercato per mesi sperando di non trovarlo, e quando meno se lo aspettava era arrivato e il cuore era restato privo di un battito, come un tuffo improvviso, e le gambe avevano perso consistenza. E averlo riconosciuto, dopo averlo cercato inopportunamente tra la gente, e avendolo trovato, sentire meno dolore come fosse una cura alla solitudine che prende per una cosa che è andata e che non c’è più, amare quel gesto perché se ne sente una profonda mancanza quasi fosse mancato anche quando c’era. E rivederlo è un confine tra il volerlo per sé e soffrire perché non c’è più, perché è sì ripetibile ma chi lo riporta alla coscienza non è la stessa persona, non è lui, non è chi lei cerca e vorrebbe. E se mai la solitudine ha un freno, non è per un periodo che concede respiro, se mai c’è un momento di riposo, non è meno mordace quando riprende, se mai si allontana un momento, non è per non riproporsi mai più, semmai ritorna. Ma quel gesto è infido e prepotente e non lascia nessun tipo di sollievo, e forse il senso è lasciare che faccia male, non fermare la sensazione che sale, lasciarlo entrare a cullarlo dentro finché vuole restare a muovere i ricordi, finché non smette di riempire il petto di vita, perché trovare tra la gente un gesto orfano della mano che vorrebbe vedere è come sentire che non ha bisogno di quella mano, è come 97 capire di poter esistere anche prescindendo da quella presenza, poter esistere. L’inevitabilità della mancanza la assale, lo struggimento di un ricordo che dava lo stesso dolore da tempo senza affievolirsi, che si nutre di un gesto per lasciare lo sgomento di un passaggio. E non ha senso dimenticare se anche solo il ricordo nutre la carne, la nutre, come irrorata da nuova linfa che si muove all’interno facendo sentire la forza che possiede, e se volesse potrebbe smettere di pensarci ma si sentirebbe di nuovo sola e questo la dissuade, e si concede allora di assaporare ancora quel frammento di una persona, anche se proviene da altri, lo sente che piano la ricolma ed è come se il fiume in piena dei ricordi le scorresse di nuovo dentro e con irruenza spazzasse via le dighe della resistenza a ricordare. Ed è un susseguirsi di immagini, un affollarsi di sensazioni che tolgono il respiro, e la nostalgia per quel suo amore fisico la travolge, un amore disgraziato nato con lo stesso impeto con cui ha cercato la fine, un amore sfortunato per la necessità a restare fedele alla sua natura. Per solitudine si può sbagliare, perché è la solitudine quella di cui ha sempre avuto paura e la sensazione può essere terribile anche se si è insieme a qualcun altro. C’è il bisogno di voltarsi verso l’altro e chiedere, ma se per quella richiesta non si trova nessuno, non una carezza, non un abbraccio che dia speranza, allora la paura è forte, 98 così forte da non sopportare nemmeno il dubbio, meglio non voltarsi, meglio rinnegare anche il solo bisogno di farlo, e se ci fosse un modo per non sentire quel sottile dolore che accompagna la consapevolezza di quel momento, quell’essere soli, allora sarebbe un balsamo da passare mesto sulle incertezze. E se si potesse parlare di bisogno d’amore? Un bisogno assassino. Se l’amore potesse essere non classificabile, non calcolabile, non pensabile, non… E tornando al passato vorrebbe poterne prendere delle gocce per farle cadere all’interno del catino del presente, una ad una, ad una ad una, ad una. Vederle mischiarsi assieme alle altre senza perdere autenticità o il senso di quello che dovrebbero essere, in fondo non fa male regalar loro un nuovo significato, guardare solo quello che accade e perdersi nello scorrere, giocare a specchiarsi in quel liquido composto da miriadi di gocce multicolori, ricordi che non vogliono restare soli, non riescono a farlo, e ne chiamano altri. E immergere le mani che tanto hanno sofferto, e ritrovare nei ricordi qualcosa, cercare anche nella melma di quelli che non piacciono, che si sono depositati in fondo lasciando in superficie le bollicine di quelli candidi che possono permettersi la leggerezza. I non ricordi, quelli che sono più sensazioni, emozioni che affiorano a fior di pelle ogni tanto così solo per gioco, eppure sono i più intensi e lasciano senza fiato, bloccando il respiro come un pugno 99 dato da dentro. Sono quelli che non permettono di dimenticare un singolo gesto, lo riportano alla memoria presente senza avere compassione del dolore o pietà per le lacrime. Cammina come rapita da quel mondo che la governa interiormente e non lascia spazio ad altri pensieri, sale in ascensore e spinge il tasto del suo piano e subito dopo quello per chiudere prima le porte. Si accorge di quanto sia rientrato quel tasto, mentre quello per lasciare aperte le porte è lì che emerge come tutti gli altri. E pensa a come le persone utilizzino di più le risorse per lasciare fuori gli altri dalla propria vita, invece di aspettare per farli entrare, spingere un tasto per chiudersi in se stessi invece di lasciar aperte le porte per un nuovo arrivo... E arriva a casa. Accende la luce nel corridoio e le sembra anche troppo forte, piano sbottona la giacca e la ripone con delicatezza sulla sedia, si sfila la gonna e ci passa la mano come a farle prendere la giusta piega. Vorrebbe aver avuto la stessa cura per la sua vita, averla riposta tra le mani di qualcuno che poteva averne rispetto e invece ha voluto maltrattarla come se fosse un passo davvero necessario per viverla. Si sfila la camicia e la infila tra i panni sporchi mentre, dall’armadio ne tira fuori una identica e la ripone sulla sedia assieme alla divisa, si sfila anche le scarpe e le allinea quasi ipnotizzata, non riesce a distoglierne lo sguardo come se si accorgesse solo ora di quanto 100 siano ordinarie. E per un momento scorge la sua immagine, e nota la ruga che incornicia le sue labbra che sta diventando più profonda quasi dovesse essere lì come un appunto lasciato dal tempo. E guarda il suo corpo con indosso solo la biancheria intima e le sembra che l’energia per tenerlo in piedi in realtà sia solo finzione per prendere in giro la morte che vorrebbe condurla a sé, e le sembra che non voglia più accettare un patto fatto in passato, sembra ancora in fiore mentre la sua anima è come perduta in un’altra dimensione che stanca e distrugge lentamente. La ragione è quell’amore vissuto che l’ha divisa dalla carne, per il bisogno meschino del corpo, necessario alla sopravvivenza del legame che si faceva scudo della pelle per poter esistere. E il corpo piano è tornato a vivere come in un’adolescenza riemersa in un’età inusuale e l’anima invece è invecchiata anche per lui sommando il dolore al dolore, il dolore al dolore, con una calma derivata dalla consapevolezza che solo quello poteva chiedere in quel momento e sotto sentire un bisogno di sentirsi accolta e amata da far male. Ma convincersi con forza che anche quella è una forma di amore e chiedere con gli occhi e con le mani di essere tenuta. Implorare con le parole a fior di labbra. Tienimi, ti prego tienimi… E accorgersi che l’abbraccio che arriva è solo per la carne e sperare di poterci infilare un piccolo pezzetto di anima senza lasciar sfuggire 101 il bisogno. E non denudare mai lo spirito, nasconderlo invece sotto il corpo spogliato anche della decenza, che chiama comunque quello dell’altro anche con la speranza di incontrare qualcosa di più. Ma restare lì cosciente di aver dato qualcosa che l’altro non ha compreso, o non ha voluto comprendere, una scena di vita venuta male senza la possibilità di riparare, sentirsi stupida e disarmata e cercare di coprire quel bisogno insoddisfatto concentrandosi sulla carne che invece fiorisce sotto ogni gesto fatto con la passione di un amore fisico che governa quella conversazione senza parole. Si sdraia sul letto, le braccia lungo il corpo inermi, le gambe perfettamente allineate, chiude gli occhi sulla giornata appena trascorsa e sulla sua vita rassegnata. In silenzio, per non dare fastidio neanche a quello strappo che lentamente la sta lacerando dentro, mentre ogni giorno passa sulla ricerca di tutte le strategie possibili per non reagire e lasciarsi andare alla deriva fino a toccare il fondo, per vedere se davvero c’è un fondo e cercare di raggiungerlo anche affrettando il passo, perché quella sottile sofferenza che governa tutto il suo tempo fa più male, è come un’immagine sempre presente di quell’abbandono a cui non vuole pensare perché solo pensarci le fa ancora nascere una speranza che non vuole più considerare. Non vuole più pensare che una cosa sia possibile, la speranza diventa insopportabile quando è sterile, quando 102 diventa il filo che lega al dolore, quando non è per dissuadere la vita, quando diventa un semplice girare le parole nella mente in cerca di un significato diverso che mai arriva. E la rassegnazione che ripone nei gesti la aiuta a piangere le sue lacrime con discrezione assecondando tutti i moti dolorosi che incerti si affacciano alla coscienza per essere accolti e cullati in attesa che un giorno il risveglio sia privo del ricordo di quel gesto così famigliare, e della voglia di rivedere quella mano amata con così tanto impeto da dimenticare di preservare almeno un piccolo pezzo di sé, lasciando andare alla deriva tutto, tutto. Perdendo anche l’ultima briciola con un soffio, perdendo, e avere paura di se stessi al punto da guardarsi stravolgere i bisogni fino ad accettare l’unica possibilità di vita di quell’amore e vedere invecchiare la propria anima sempre di più, giorno dopo giorno, giorno dopo giorno, mentre il corpo appagato la prende in giro sfoggiando i suoi giovani colori sempre più accesi da un soddisfacimento di cui può vantarsi, e sfugge la morte che dentro invece la devasta. Stringe gli occhi su una lacrima che fa capolino dalle ciglia e scende lateralmente bagnando la tempia, la sente che leggera tocca il cuscino, si arrende al dolore che si vuole far vivere in solitudine, isolato da quella passione divorante che ha portato quelle lacrime. Lacrime lente che emergono e scendono senza dare fastidio, senza un singulto ad accom- 103 pagnarle, ormai abituate a bagnare anche i resti lasciati da quel desiderio che ha consumato, ma non consolato, una vita che ha ceduto all’inevitabile scorrere di un tempo che non restituisce, non ripaga. E gli occhi restano serrati a cercare un’immagine nella mente che oramai giace sfocata ma che non è ancora svanita, l’immagine di un uomo che le ha donato un amore fisico, l’unico che era in grado di darle, l’unico modo che conosceva per amare, e si abbandona a questa consapevolezza che non le dona sollievo ma la aiuta a ingannare la solitudine. 104 Finito di stampare nel mese di dicembre 2011 DEd’A sceglie di stampare con processo digitale a circuito chiuso, su Oikos, una carta ecologica certificata FSC Mixed Sources, composta per il 50% da fibre riciclate pre-consumer e per il 50% da fibre di pura cellulosa. www.dedaedizioni.com Susanna Casubolo nasce e vive a Roma, dove lavora come psicologa e psicoterapeuta di formazione strategica integrata. Attraverso il lavoro con gruppi ha maturato una certa esperienza nella scrittura, nell’uso della metafora, della narrazione di sé e della scrittura di fiabe. Nel 2005, insieme a Anella Rizzo, pubblica Autobiografia e musicoterapia come supporto nell’assistenza dei malati di Alzheimer con Aracne Editrice e nel 2010 Storie di bambini e di bambine per esorcizzare un incontro. Ovvero la paura di mostrarsi o l’arte di nascondersi all’altro. CI01/11 La metro della mattina sembra un vasetto di acciughe stirate e variopinte, le persone più svariate cercano di occupare lo spazio minore possibile, guardando fisso davanti a sé assorti in un mondo proprio. La ragazza bionda ama scoprire dai piccoli dettagli qualcosa in più sulle persone che condividono con lei il viaggio mattutino nel convoglio. D’abitudine, se qualcuno comincia a salire sempre sul primo vagone del treno si rende conto che come lei altre fanno la stessa scelta e ci si ritrova la mattina come vecchi conoscenti. € 9.50 ISBN 978-88-96121-64-1 9 788896 121641