Cuore Biancorosso N° 3

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Cuore Biancorosso N° 3
biancorosso
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ssmaceratese.it
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N° 3 Ottobre 2015
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Il consigliere nazionale del CONI
fabio sturani:
“I giocatori più bravi cercateli
nei vostri vivai”
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e la fa
editoriale
Ma quale serie A
Io tifo la squadra della mia città
A
nticonformista un po’ per natura un po’ per scelta non ho mai tifato
per una squadra di Serie A. Per la verità ho avuto una “cotta”
passeggera per la Roma di Eriksson, forse perchè mi ricordava la
di
mitica Olanda degli anni ’70, splendida e puntualmente perdente negli
Andrea
appuntamenti decisivi e per questo “naturalmente” simpatica. Come ogni
verdolini
storiella giovanile non ha lasciato strascichi ed allora come oggi consideravo
quel mondo lontano dalle mie orbite chiedendomi cosa spingesse i miei amici a sostenere le squadre
di Agnelli o di Fraizzoli o di Lenzini (comunque appartenenti ad una stirpe di galantuomini ormai
in via di estinzione). La mia passione calcistica si è dunque riversata sulle squadre delle città
dove sono nato e dove sono cresciuto semplicemente perchè le sentivo vicine al mio modo di essere
e di pensare o anche per spirito municipalistico (che continuo a considerare non solo sano ma
irrinunciabile). Ricordo, seppur vagamente, il primo contatto con l’Helvia Recina: era il 7 Gennaio
1973 (i tempi della prima elementare) e la Maceratese se la vedeva con il blasonatissimo Pisa. Forse
non aveva i quarti di nobiltà che poi conobbe con Romeo Anconetani ma vuoi mettere la forza dei
“magni” nerazzurri contro i biancorossi costretti ad una disperata lotta per non retrocedere? Invece
finì 2-1 per i nostri ragazzotti ed in gradinata era un abbracciarsi collettivo. Quel successo non
servì molto, visto che la Rata abbandonò la categoria ma almeno, sono sicuro, contribuì in modo
decisivo ad alimentare la passione in qualche sbarbatello con i calzoni corti e le bretelle. Ebbene,
oggi la Maceratese, che nel frattempo ha conosciuto più alti e bassi delle più volatili Borse, ritrova
quei palcoscenici ed è un tesoretto da custodire con cura, come si fa con le cose preziose. Attenzione
però: andando controcorrente credo che questa società vada sostenuta non solo perchè è passata,
in breve tempo, dal polveroso campo di Calcinelli all’Arena Garibaldi, quanto per il fatto di aver
ricostruito un vivaio invidiabile ed aver reso orgogliosi centinaia di ragazzi di indossare la
maglia biancorossa. Il tutto con una proprietà del posto: nel calcio dei Blatter, delle frasi razziste
di Tavecchio, di quelle sessiste di Belloli e di centinaia di dirigenti saltimbanco vi pare poco?
3
biancorosso
il centrocampista Lorenzo Carotti
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primo piano
“Bisogna saper
gestire il lato positivo
e negativo che è in
ognuno di noi - dice
Lorenzo Carotti per imparare a farlo,
leggete Dostoevskij”
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biancorosso
Le giovanili a Parma, il gradito ritorno a
casa, un insolito amore per la letteratura:
incontro con il faro di centrocampo
della nuova Maceratese.
di Alessandro Savi
L
orenzo, il momento più difficile e quello più bello
che ti vengono in mente in tanti anni di calcio.
Ho fatto tutte le giovanili a Parma, sono partito da casa
che avevo 14 anni quindi il momento più duro della mia carriera è stato senz’altro quello vissuto da ragazzino: lasciare
amici e famiglia non è stato facile. Però quei cinque anni
in Emilia hanno contribuito a formarmi in maniera decisiva. Poi sono stato un anno a Como, un’esperienza tra le più
emozionanti anche perché ho giocato tutte le partite senza
mai essere sostituito. Infine gli anni di Cremona, davvero
meravigliosi perché, pur perdendo due play off, puntavamo
sempre a vincere: posso dire che quegli anni sono stati i più
emozionanti della mia carriera.
Proprio a Cremona hai conosciuto un grande tecnico
come Emiliano Mondonico.
Mondonico è stato quasi un padre e ne conservo un bellissimo ricordo. Aveva alle spalle una carriera immensa e per me,
che mi ero appena affacciato al mondo del professionismo, è
stato un esempio. Peccato solo per quei play off persi, avevamo una squadra fortissima e avremmo meritato più fortuna.
Sei uno dei giocatori più esperti tra i biancorossi. Che ambiente hai trovato a Macerata?
Mi sono trovato subito molto bene perché, fin dal principio,
ero convinto della scelta fatta. Riavvicinarmi a casa, riavere il
sostegno delle persone care è stato un elemento importante
nella decisione presa ma, soprattutto, mi ha convinto immediatamente il progetto della società, del direttore Spadoni e
della presidente Tardella: mi hanno fatto tutti un’ottima impressione fin dal primo giorno.
Quale campionato potrà fare la Maceratese?
Sono soddisfatto del percorso che stiamo facendo, ho visto
una squadra che lotta molto. Il gioco non ha ancora un’identità ben precisa perché il gruppo è stato completamente
rinnovato, quindi bisogna avere un po’ di pazienza. Per ora
abbiamo già fatto vedere un grande spirito di sacrificio e una
buona organizzazione di squadra. Il tutto in un clima di en6
tusiasmo generale e in un contesto in cui il potenziale dei
singoli deve ancora in gran parte emergere.
Quale squadra tifi in serie A e qual’è l’allenatore che ti ha
piacevolmente sorpreso in questo scorcio di campionato?
Io sono juventino da sempre però mi piace vedere il calcio
in generale, a prescindere dai colori che porti nel cuore. Tra
i tecnici, quello che mi incuriosisce maggiormente è Paulo
Sousa: lo ammiravo già da giocatore. Potrebbe essere davvero una bella sorpresa per il calcio italiano.
Che persona è Carotti fuori dal campo di gioco?
Vi sorprenderò: mi appassiona tutta la letteratura. In tutti
questi anni vissuti lontano dagli amici e dalla famiglia, i libri
sono stati una gran bella compagnia: ho letto davvero molto.
Non esagero se dico che alcuni libri mi hanno davvero fatto
riflettere e aiutato a crescere.
Calcio e letteratura sono un binomio piuttosto insolito.
Qual è l’ autore preferito?
Decisamente Dostoevskij, l’ho detto in tutte le piazze dove
sono stato. La sua capacità di scavare nelle profondità dell’animo umano per evidenziarne il positivo ed il negativo è sublime.
Lorenzo questa è una sorpresa. Si dice che i giocatori non
leggono proprio. Tu addirittura i classici. Magari avresti
fatto lo scrittore se non avessi scelto di giocare a calcio.
Penso proprio di no, tra leggere un libro e scriverlo ce n’è di
differenza. (Lorenzo ride di gusto, ndr). Gioco al calcio fin
da bambino ed ho investito tutto me stesso in questa passione che caratterizza la mia vita da sempre. Mi piace quello
che faccio.
La qualità che apprezzi di più in un uomo?
La sensibilità.
E in una donna?
La femminilità.
primo piano
Chi è
Lorenzo Carotti
Nasce a Jesi (AN) il 31/01/1985.
Cresciuto nelle giovanili del Parma,
viene ceduto al Como nel 2004. Al
suo primo campionato di serie C1
realizza tre reti. L’anno successivo passa alla Cremonese in serie
B dove resta fino al 2010 quando
viene acquistato dal Pavia. Con
il club lombardo disputa quattro
campionati di Lega Pro intervallati da una stagione al Benevento
(2012/2013). Nell’estate del 2015
viene acquistato dalla Maceratese.
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le squadre
5a giornata
Domenica 4 ottobre 2015 ore 15.00
u.s. città di pontedera
alfredo aglietti
ex giocatore del Pontedera ed attualmente
allenatore della Virtus Entella
F
ondato nel 1912, il Pontedera gioca
allo stadio Ettore Mannucci, struttura
costruita negli anni 80 e dedicata al
forte calciatore (ex Juventus e Lucchese)
degli anni 50 ed ex allenatore del Siena e
della Pistoiese tra gli anni 60 e 70.
Tra i suoi giocatori che hanno conosciuto
la gloria nella massima serie italiana ricordiamo Vasco Puccioni, Alfredo Aglietti
e Giulio Drago. Tra i sostenitori illustri e i
presidenti onorari ci sono Enrico Piaggio,
Umberto Agnelli e il pugile Sandro Mazzinghi.
Due i momenti storici vissuti dalla società
toscana: la conquista della Coppa Angloitaliana nel 1985 e la clamorosa vittoria
contro gli azzurri guidati da Arrigo Sacchi in una amichevole di preparazione al
mondiale americano del 1994.
Il Pontedera ha conquistato la prima divisione della Lega Pro nel 2013 e milita
in tale categoria per il terzo anno consecutivo.
il titolo della gazzetta
dopo l’amichevole vinta dal Pontedera
contro la nazionale di Sacchi
L'opinione
di Giulio Spadoni
paolo indiani
allenatore
La rosa
Portieri: Daniele Cardelli (1995), Leonardo Citti (1995)
Difensori: Federico Vettori (1982), Giacomo Risaliti (1995), Lorenzo Polvani
(1994), Marco Supino (1996), Nicolò Curti (1995), Roberto Bonaventura (1995)
Centrocampisti: Alessandro Videtta (1992), Alessio Cannoni (1993),
Andrea Gemignani (1996), Ansounama Sane (1996), Daniel Gemignani (1994),
Elvis Kabashi (1994), Francesco Disanto (1994), Giovanni Della Corte (1995),
Niccolò Giordani (1996), Riccardo Secondo (1995), Samuele Pizza (1988),
Simone Della Latta (1993)
Attaccanti: Bryan Gioé (1993), Cristian Cesaretti (1987), Filippo Chiesi (1996),
Marco Pietro Pintus (1996), Matteo Tazzari (1993), Rivolino Gavoci (1991),
Stefano Scappini (1988)
Allenatore: Paolo Indiani
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Il pontedera è una società
sana che lavora in un ambiente
tranquillo e che, come noi, cerca di far bene senza spendere
cifre impossibili. Ha oramai consolidato la sua presenza nella
categoria e, ovviamente, punta a mantenerla. La squadra è
parzialmente cambiata rispetto
allo scorso campionato quando
hanno dovuto rinunciare alla loro
punta di diamante, Luigi Grassi,
ceduto all’Ascoli a gennaio. Non
hanno primedonne e, di conseguenza, si affidano molto al
collettivo e all’esperienza dell’allenatore Paolo Indiani, un vero e
proprio veterano della categoria.
avversarie
L
a gara tra Maceratese e Savona era
prevista per la seconda giornata di
campionato e avrebbe rappresentato
l’esordio dei biancorossi all’Helvia Recina.
Poi il ricorso del Forlì (respinto la scorsa
settimana) contro la riammissione dei liguri e del Teramo in Lega Pro, ha comportato la sospensione momentanea di tutte
le gare delle squadre coinvolte e, di conseguenza, Teramo e Savona hanno potuto
esordire in campionato soltanto sabato 26
settembre (2 a 1 a favore degli abruzzesi). Il recupero si disputerà mercoledì 14
ottobre alle ore 15.00 ma l’orario non è
ancora definitivo (potrebbe slittare alle ore
18.00 o addirittura alle 20.30).
Il Savona – che parte da una penalizzazione di 6 punti – ha approfittato di
questo periodo di stand-by per rafforzare
la rosa a disposizione del tecnico Giancarlo Riolfo. Tra i nuovi arrivi vanno citati
alcuni giovani come l’attaccante classe
’93 Riccardo Cocuzza e il centrocampista Nicolò Corticchia di scuola Vicenza,
cresciuto nelle giovanili della Juventus;
sono arrivati anche il difensore Fabio Lebran (1987) proveniente dal Como (vanta
31 presenze ed un gol in serie B con la
maglia dell’Albinoleffe) e l’attaccante Simone Dell’Agnello (1992), uno sfortunato
ragazzo prodigio cresciuto nelle giovanili
dell’Inter che ha alle spalle ben tre rotture dei legamenti del ginocchio ed una
decina di interventi chirurgici.
“Inutile dire che sarebbe stato
più facile incontrare il Savona
alla seconda giornata. La squadra era appena stata riammessa in Lega Pro ed era ancora un
cantiere aperto. Oggi sono più
attrezzati, la rosa è stata ampliata e la squadra è più forte.
Gli ultimi innesti – su tutti un
Dell’Agnello che ha motivazioni
da vendere – hanno reso questa squadra all’altezza di tutte
le dirette concorrenti alla salvezza. Hanno almeno un paio
di elementi di grande valore per
reparto come Rossini in difesa,
Vannucci a centrocampo e Virdis in attacco” .
recupero 2a giornata
Mercoledì 14 ottobre 2015 ore 15.00
football club savona
Giancarlo RIolfo
allenatore
Simone Dell’Agnello
con la maglia dell’Inter
jonathan rossini
ai tempi della Sampdoria
La rosa
Portieri: Matteo Antonio Cincilla (94), Wladimiro Falcone (1995)
Difensori: Nicolò Antonelli (1990), Marco Cabeccia (1987),
Matteo Vito Lomolino (1996), Andrea Negro (1995), Andrea Pinton (1996),
Jonathan Rossini (1989), Marco Speranza (1994), Fabio Lebran (1987).
Centrocampisti: Ignazio Carta (1991), Matteo Clematis (1996),
Nicholas Costantini (1989), Giorgio Gagliardi (1994), Demetrio Steffè (1996),
Lorenzo Tassi (1995), Diego Vannucci (1988), Nicolò Corticchia (1993).
Attaccanti: Giuseppe Giovinco (1990), Giovanni Boggian (1996),
Dylan Alexis Romney (1996), Francesco Virdis (1985),
Riccardo Cocuzza (1993), Simone Dell’Agnello (1992).
Attaccanti: Giancarlo RIolfo
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Noi tifose biancorosse
quello che le donne
(non) dicono
allo stadio
Anna, Paola, Cristiana, Roberta, Carla, Stefania e poi,
ancora, Cinzia, Sara, Silvia, Elia, Mirella:
sono alcune delle tante tifose della Rata:
“Per carità, non inserite i cognomi”.
L’età?: “No, neanche sotto tortura ve la dico”.
Anticipo di un confronto semiserio
con le donne della Maceratese
per sfatare il mito che il calcio sia solo
roba da uomini.
di Nazzarena Luchetti
L
e incontriamo in diversi appuntamenti, impossibile ascoltare tutte
insieme le loro opinioni, commenti, emozioni sulla squadra biancorossa:
troppo impegnate, perché la vita, quella vera, non è la partita allo
stadio. Sono mamme, nonne, figlie che lavorano o studiano ancora: donne
multitasking con tanti interessi e una grande passione.
Multi che? - interrompe subito Carla, 46 anni.
Bè, è un termine che…
No, guarda parlaci subito terra terra, che noi su ste cose siamo ruspanti – il calcio
d’inizio è di Paola, 49 anni, commerciante e maceratese doc.
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tifose biancorosse
Carla Vero. Puoi fare mille cose, avere
tutti i titoli di studio che ti pare ma
andare all’HR ci accomuna tutte.
All’HR?
NOOO, non mi dire che non sai che è
l’HR! Non ci puoi intervistare se non
sai che HR sta per Helvia Recina. E’
l’ABC! Se vuoi scrivere della Maceratese devi venì allo stadio tutte le volte
che si gioca. Altrimenti di cosa parliamo? – è Roberta, 49 anni, ad ammonirmi. Ne aveva 14 quando il cuore
ha iniziato a battere biancorosso. – E’
una malattia che non va più via ed è
contagiosa. Quando abbiamo finito
con l’intervista potresti già essere diventata una portatrice sana della Maceratese!
Sono già sulla buona strada…
Noi la malattia ce l’abbiamo tutti.
Sono adorata dagli amici di mio figlio.
Lui invece si vergogna di me: “A mà,
io allo stadio non ti conosco”- a dirlo è Stefania, 43 anni. – Comunque è
vero, non è che puoi metterti a urlare
come gli uomini. E’ una questione di
costume, le donne devono essere più
contenute. Anche se siamo delle Fagianelle incarognite.
Oddio…sarebbero?
Niente da fare. Bisogna proprio insegnarti tutto – esordisce Alessia, 35
anni, figlia di calciatori, abruzzese
ma trapiantata da venti a Macerata.
– Devi sapere che io faccio parte del
gruppo delle Vergini, quello che sta in
curva; perché, devi sapere che ci sono
diversi gruppi di appartenenza, uno
di questi è le Fagianelle. Noi lo spirito
di aggregazione lo viviamo non solo
allo stadio ma tutta la settimana: ci
incontriamo per programmare le trasferte e fare gli striscioni. Abbiamo
un fondo cassa anche per organizzare
le coreografie alle partite. Tutti quelli
della curva sono il dodicesimo uomo
in campo. Ci vedrai sempre allo stadio, sotto la pioggia, senza ombrello,
tutte a cantare e a incitare la squadra.
Al tifo della curva non importa il risultato. La posizione è scomoda: le
partire le vedi male, a volte non vedi
neanche chi ha segnato. Ma canti comunque. A noi interessa solo tifare la
squadra della nostra città e dare la carica ai giocatori. Che emozione. Non
sai cosa ti perdi.
Cosa mi perdo?
Alessia tira fuori la maglietta che indossa allo stadio e me la mostra: Inutile spiegarlo. Non lo capiresti mai, c’è
scritto sopra.
Non mi rassegno e vado avanti.
Perchè vedere sempre una partita allo stadio, siamo in Lega Pro la
partita la puoi vedere anche in diretta web
Stefania Scherzi? E’ imparagonabile.
E poi chi li sostiene i giocatori, la diretta web? Andare alla partita è tutto.
Unisce, fa gruppo, c’è contatto. Si crea
una atmosfera particolare. Soprattutto in gradinata, c’è un coinvolgimento pazzesco.
Anna Andare allo stadio è come rivivere l’esperienza delle vasche, le passeggiate al Corso della Repubblica del
sabato e domenica pomeriggio. Un
appuntamento fisso. Facevi quello che
oggi fai su facebook.
Andare allo stadio è più di un piacere,
è un bisogno, – dice Mirella, 62 anni.
– Sono nata dentro gli spogliatoi. Erano i tempi dei presidenti Ballesi e Accorsi: mio padre era magazziniere alla
Maceratese e mia madre si occupava
della lavanderia. Non potete immaginare la sensazione di poter stringere
tra le mani la maglietta di un giocatore con il sudore del goal appena segnato. Che ci vuoi fare? Appassionati di
una squadra si diventa ma penso che
tifosi veri si nasce. E’ un qualcosa che
hai nel DNA. Lo dimostrano le tante
defezioni allo stadio. Molti sostenitori
della Maceratese si sono persi durante
l’avvicendarsi delle diverse presidenze della Società. Ci sono persone che,
quando si perde qualche partita, non
vengono più allo stadio. Noi ci siamo
e ci saremo sempre, nel bene e nel
male. Sono pochi i fedelissimi che,
negli anni, sono rimasti allo Stadio a
sostenere la squadra. Io andavo anche
con la neve, a zero gradi. E rimanevo fin quando l’arbitro non decideva
di rinviare la partita. Con il figlio in
pancia, poi nella carrozzina. Sempre
in gradinata, sempre ai nostri posti.
Sento tante donne dire che appartengono a diversi gruppi di tifoserie. Noi
vecchie tifose siamo come le vecchie
glorie: apparteniamo alla memoria.
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biancorosso
Come l’indimenticabile Bice, la tifosa
per eccellenza, squalificata più volte
perché allo Stadio non si conteneva.
Un tempo erano poche le donne, era
quasi un atto di coraggio andare allo
stadio. E comunque è stato un piacere
rivedere, come all’inaugurazione, il
ritorno delle famiglie in tribuna.
Roberta E’ vero. Negli anni 80 si andava alla partita con tutta la famiglia.
Erano i tempi di Pagliari e Morbiducci. Eravamo in duemila, tremila allo
stadio. Però c’è da dire che prima si
andava alla partita anche per abitudine perché non c’erano molte alternative. Ora si va davvero per scelta.
E’ una bella esperienza. La prima
volta che sono andata all’HR è stato
per curiosità, volevo entrare in quel
mondo maschile per capire perché lo
stadio entusiasma tanto gli uomini –
a dirlo è Cinzia, 33 anni, maceratese
di adozione. – Mi piace tutto, l’atmosfera, il tifo, gli abbracci quando c’è
il goal con persone che non conosci,
la delusione condivisa per un rigore
mancato. Sai cosa ho notato? Che gli
uomini, allo stadio, non hanno pregiudizi sulle donne: ti trattano come
se fossi uno di loro.
Andare a vedere la squadra della propria città è un gran piacere per tutte
– fa eco Silvia, 40 anni. – Ormai la
canzone di Rita Pavone non ci rappresenta più!
Giocavo a calcio, lo stadio lo conosco
bene, l’ho vissuto e ho trasmesso la
passione a mio figlio che gioca pure
lui, – dice Anna, 41 anni. – Quando
siamo rientrati in Lega Pro è stata l’esperienza più bella. Se è una seccatura fare la tessera del tifoso? Nel calcio
che conta esiste da tanto. Il maceratese non è abituato a questo tipo di
calcio, o meglio non c’è più abituato.
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Sono passati 40 anni dall’ultima volta… mica pochi.
Io andavo allo stadio che voi neanche eravate nate – interrompe Elia,
76 anni. – Era la fine degli anni 50,
io e mio marito Nello andavamo allo
stadio dei Pini. Che anni! Si aspettava
solo la domenica: lu pallò era l’appuntamento fisso. Il Milan e la maceratese: le nostre più grandi soddisfazioni. Quando mio marito è morto non
sono andata per due anni. E’ stata
Mariella, la nostra presidente, a farmi ritornare: “Devi venire e fare tifo
anche per Nello”. Oggi, però, andare
allo stadio è uno sfinimento. Troppa
burocrazia. Sabato mi hanno chiesto
tre volte la carta d’identità. Sono una
tifosa sfegatata ma a 70 anni a chi
possò menà? E poi le botte ce so sempre state. Ricordo che in una partita
con l’Osimana ho dovuto difendere
mio marito che si era attaccato con
un tifoso.
Cristina Andare a vedere una partita
è scontato, guai a non andare a sostenere i nostri. E se non ci puoi andare
devi trovare una giustificazione credibile. Mica te la puoi cavare semplicemente dicendo: “Mi fa male la testa,
ho la febbre”. Eh no, te copri bene e ci
vai lo stesso.
Di cosa parlate allo stadio?
Cristina Non solo di calcio. Commentiamo la settimana, il lavoro, i figli, l’ultimo paio di scarpe acquistato.
Paola La scorsa stagione spesso passava la presidente che ironizzava: Ahò
che ve devo ordinà pure un thè e dei
pasticcini?
Cristina Quest’anno, comunque, abbiamo altri motivi per chiacchierare…
Stefania: E che bei motivi.
Prego?
Cristina Eh sì, dai, non te ne sei accorta? Un allenatore così non è che
capita di vederlo sempre.
Roberta Rispetto a quello dell’anno
scorso poi. Non ce lo fa proprio rimpiangere.
Rita Bello, alto, magro, pure simpatico. Però quando alla partita si mette
quelle scarpe di copale… proprio non
si possono guardà.
Cristina Perché a Carotti che cosa vogliamo dirgli?
Alessia E alle tre gambe di Kouko?
Paola Il meglio è quel romanaccio de
Fioretti.
Elia Se devo dire la mia…mi piace
Faisca. Però sti giocatori mi sembrano
tutti un po’ troppo vecchi.
Roberta Non avete capito niente. Date
retta… Il top è Buonaiuto.
Mirella No, è Carotti. L’ho tengo
sempre d’occhio: è veloce, va su tutte
le palle, anticipa le mosse degli altri.
Però…Kouko è Kouko: unico.
Stefania Guarda che non vorrei ci
fraintendessi. Ammiriamo i giocato-
tifose biancorosse
ri, li elogiamo o critichiamo, ma sempre con il dovuto rispetto. Noi tifiamo
la squadra, la maceratese. I giocatori
passano. La società resta.
Riti scaramantici, amuleti da portare alle partite?
Roberta Vi devo confidare una cosa.
Il biglietto della famosa partita Maceratese-Civitanovese, quella in cui
segnò Moreno Morbiducci, bè quel
biglietto me lo sono portato all’HR
per 10 anni.
Paola Nessun portafortuna. Si tifa la
Rata sempre. Perdi o vinci il tuo cuore
batte comunque biancorosso.
Sembrate tifose piuttosto corrette.
Nessuna imprecazione neanche su
errori arbitrali?
Cinzia Corrette mica sempre. Quanto
ci vuole qualche pistolotto lo lanciamo. Ma siamo delle gentildonne, ci
sappiamo contenere.
Alessia Le donne della tribuna sono
delle gentildonne. Noi della curva
cantiamo e sosteniamo la squadra.
E, per far questo, qualche volta i freni
inibitori bisogna perderli. Se no che
stai a fà in curva.
Carla Non penso sia così drastica. A
me piace stare in tribuna perché voglio stare comoda e la partita me la
voglio vedè bene. Ma anche noi sosteniamo la squadra. Diciamo che noi
della tribuna siamo degli spettatori
appassionati, quelli della curva si sentono più giocatori.
Paola La verità è che temi il giudizio
degli altri quando esprimi completamente le sensazioni che provi. Hai
sempre sul collo quella voce da maceratese un po’ bigotto che ti dice: “Per
carità, non se po’ fà, non se po’ dì”.
Però in trasferta ci sfoghiamo di più.
ta, le mogli uniscono l’utile al dilettevole sfruttando l’occasione per una
gita di famiglia. Quindi partono con
loro, visitano la città della trasferta e
poi vanno alla partita. Un altro modo
per ritrovarsi tutti insieme anche con
gli amici.
Roberta Non fare tanta poesia che
queste mamme, così composte in tribuna, quando giocano i loro figli di
8-10 anni, diventano delle belve. Dovete sentire come urlano nelle partite
dove giocano i figli: o perché li tengono in panchina o perchè non gli passano abbastanza palle.
E’ vero che scegliete con cura i vestiti
prima di andare a vedere la partita?
Alessia Specifichiamo. Sono quelle della tribuna che stanno sempre a
pensà cosa mettersi quando vanno
allo stadio.
Paola Noi? Caso mai ti riferisci alle
fidanzate dei giocatori alle quali la
mamma non ha spiegato che vestite
da cubiste ci si va in discoteca e che
per andare alla partita basta un paio
di jeans.
Cinzia Vabbè, dite questo perché siete
rosicone.
Alessia Come disse un nostro noto
tifoso alla fidanzata dell’amico e
giocatore: “Coprete sa bancarella”,
riferendosi al generoso e troppo
esposto décolleté della bella ragazza
fiorentina quando veniva alla partita. Se decidi di andare un pò scollata
a Firenze non ce fa caso nessuno, ma
allo stadio di Macerata, qual-
che giudizio negativo devi metterlo
in conto.
Paola Perché, ti sembra comunque
una finezza andare allo stadio con
una scollatura fin quaggiù e i tacchi
dodici?
Cinzia E che vi scandalizzate? Le ragazze dei calciatori sono tutte così. E
poi ci credo che Balotelli su twitter si
lamenta che non riesce a trovare una
donna di cui innamorarsi.
Paola Questa dei calciatori con le veline
è un classico spiegato scientificamente.
C’è una ricerca inglese che lo chiarisce:
talenti che vengono scelti in tenera età,
portati a formarsi nelle scuole calcio
e seguiti da figure maschili e cresciuti con la sola idea della competizione,
dove rientra anche il concetto di avere
la più bella donna a fianco.
Argomento interessante. Lo raccontiamo nel prossimo numero. Concludiamo: ditemi qualcosa che non
direste mai allo stadio
Roberta In maniera educata si può
dire tutto.
Paola Tutto? Che siete matte? Siamo
a Macerata la città di Maria. All’HR,
all’inaugurazione della prima partita
in casa, c’era pure il vescovo.
Appunto, il vescovo. Fabiola, fotografa ufficiale della Maceratese,
nonchè tifosa fagianella, a scanso
di equivoci, mi manda una foto su
facebook di Mister Bucchi, di nero
vestito e con le braccia aperte a mò
di benedizione. Il commento?
“Il nostro vescovo”.
Stefania Negli ultimi anni è nata una
nuova tipologia di tifose. Senza per
forza essere appassionate di calcio. In
tribuna, infatti, vengono anche tante
donne perchè accompagnano i loro
figli a vedere la partita. Poi, quando i
mariti seguono la squadra in trasfer15
biancorosso
we’ll never walk alone
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Daremo
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Vasco Faisca
17
biancorosso
CLAUDIO
TURCHETTO
La fatal
Perugia
di Alessandro Savi
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batticuore
Chi è
N
Nato a Cordovado (PN) 23 luglio
1944, Claudio Turchetto cresce calcisticamente nel Pordenone, ha militato in serie A con il Brescia ed il Lanerossi Vicenza
tra il 1968 e il 1972 totalizzando complessivamente 37 presenze ed 8 reti nella massima serie. In serie B ha indossato le maglie
di Perugia, Catania, Brescia ed Avellino
con 96 presenze e 20 reti. E’stato
un calciatore della Maceratese
dal 1965 al 1967.
essun tifoso milanista potrà
mai dimenticare il 20 maggio del 1973,
il giorno della fatal Verona. I rossoneri di Rocco, usciti vincitori ma fisicamente distrutti dalla finale di Coppa delle
Coppe a Salonicco contro il Leeds, si recarono a Verona per l’ultima giornata
di campionato forti del primato in classica. La conquista dello scudetto e della stella
sembrava una formalità che invece si trasformò in un incubo: 5 a 3 per gli scaligeri e scudetto
alla Juventus. A Macerata accadde più o meno lo stesso dramma calcistico. Correva l’anno 1967, il
giorno era il 5 di marzo e la Rata era in testa al campionato di serie C. Il sogno del ritorno in B venne
infranto al Santa Giuliana di Perugia dove i grifoni riuscirono a battere la Rata nello scontro diretto e a
conquistare la testa della classifica. Sorpassati i nostri, i perugini riuscirono a mantenere il primato fino alla
fine della stagione ed approdarono nella serie cadetta.
Claudio Turchetto, uno dei protagonisti, ha ancora un ricordo vivido di quella gara e di quel campionato: quella
sconfitta non fu determinante e la perdemmo non per nostri demeriti quanto piuttosto per i meriti dell’avversario
che era una bellissima squadra. Noi fummo bravi nel girone d’andata, loro in quello di ritorno. Arrivammo ad avere
un punto di vantaggio poi perdemmo qualche partita in maniera a volte stupida, altre immeritata.
Al seguito di quella squadra c’erano 4000 tifosi maceratesi, un esodo indimenticabile: questo fu il vero dispiacere – ricorda Turchetto – una cosa del genere non si era mai vista e non credo si sia più ripetuta. L’anno successivo i “gioielli”
biancorossi Turchetto e Dugini vennero ceduti proprio al Perugia, alimentando così il sospetto di una combine mai
dissipato dopo quasi cinquant’anni. Ancora oggi, tra i tifosi meno giovani, ve ne sono diversi che ammettono di
non aver varcato per anni (o addirittura per decenni) le soglie dell’Helvia Recina dopo quella cocente delusione.
Turchetto lo sa bene ma ricordarglielo lo addolora, è evidente: non era un buon motivo per lasciare una squadra
e una società; probabilmente dopo non c’è più stato lo stesso entusiasmo che c’era quell’anno. Gli anni vissuti a Macerata da calciatore, Turchetto li porta sempre nel cuore: alla Maceratese sono stato benissimo.
Se mi ricordano ancora dopo quasi cinquant’anni vuol dire che ho fatto qualcosa di importante e ne
sono orgoglioso. Non è un caso il fatto di aver deciso di vivere a Macerata che è una città che amo
e che difendo sempre a spada tratta. E la Maceratese cosa rappresenta oggi per Claudio Turchetto? La squadra della città in cui vivo. Non a caso ero presente alla prima in casa
contro la Lucchese e la Rata mi ha fatto una buona impressione. E’ evidente che
i giocatori si debbono ancora amalgamare, trovare un po’ di intesa ma
di certo si tratta di un buon gruppo. Grazie bandiera biancorossa, ti aspettiamo allo stadio ogni domenica.
19
biancorosso
Fabio Sturani
I giocatori più bravi?
Cercateli
nei vostri vivai
A che servono le
recinzioni negli stadi
se poi gli esempi del
calcio della massima
serie sono negativi?
Ognuno deve fare la
sua parte per ridare
dignità allo sport più
praticato del mondo.
Chi è
Fabio Sturani
57 anni, ex sindaco di Ancona, è consigliere nazionale del Coni. Nella Regione
Marche, è Capo segreteria della giunta
del Presidente Ceriscioli.
Defibrillatori obbligatori nei club sportivi
Dal dal 3 febbraio 2016 scatta l’obbligo
a carico delle società sportive, di dotarsi di un defibrillatore. E’ dimostrato, infatti, che una defibrillazione precoce, per le
persone colpite da arresto cardiaco extraospedaliero, spesso rappresenta il sistema più efficace per garantire le maggiori
percentuali di sopravvivenza.
20
I
ncontriamo all’Helvia Recina Fabio Sturani durante
la partita con la Lucchese per parlare delle iniziative
sullo sport messe in campo dalla Regione Marche. E di
una certa idea del calcio.
Dopo i tagli allo sport della precedente giunta regionale
guidata da Spacca, cosa cambia con la nuova giunta del
presidente Ceriscioli?
“Oltre a presiedere la Regione, Ceriscioli ha voluto tenere
anche la delega allo sport e questo dimostra una grande attenzione nei confronti di tutte le discipline sportive. Tra i
primi atti che abbiamo messo in campo ci sono i contributi sull’acquisto dei defibrillatori dove la Regione, per il momento, finanzia il 60% a fondo perduto. Sappiamo che tra
qualche tempo dovranno essere inseriti in ogni impianto sportivo. Ci è sembrato, quindi, importante dare una
l’intervista
mano alle nostre associazioni sportive. Stiamo lavorando per trovare risorse anche per l’impiantistica: non
abbiamo bisogno di costruire nuove
cattedrali ma di migliorare l’esistente,
magari legando questo obiettivo ai finanziamenti europei. Stiamo poi pensando a un fondo sanitario regionale
da destinare alla formazione perchè
l’attività sportiva va considerata come
elemento di crescita e di qualità della
vita dei nostri cittadini.”
uno sport dove dietro ci sono sicuramente interessi economici ma dobbiamo farlo ritornare uno sport tranquillo
e lo dico soprattutto di fronte a quei ragazzi che prima ho incontrato nel settore giovanile della Maceratese: nei loro
confronti abbiamo l’obbligo di lavorare
per far amare e rispettare i valori dello
sport. Meno recinzioni, quindi, e più
esempi educativi: questo obiettivo deve
valere per tutti, istituzioni, società sportive, federazione e tifosi.”
Cosa pensa delle norme sulla sicurezza degli stadi, si poteva immaginare
qualcosa di diverso per la tutela contro la violenza?
“Guardi io immagino un calcio dove
non ci siano più nemmeno le barriere,
dove sia annullata la distanza tra la tribuna e il campo, come accade in qualche Paese europeo. Il calcio inglese, ad
esempio, quando programma uno stadio la prima cosa che progetta sono le
celle di sicurezza dove racchiude gli ultrà che non rispettano le regole. Le persone più violente rimangono nelle celle
per 48 ore poi interviene il giudice. Credo che dobbiamo avere elementi certi
per poter affrontare in maniera seria il
tifo organizzato, sapendo che questo è
Dopo 42 anni la Maceratese è ritornata nel calcio che conta. Che augurio fa alla squadra?
“Mi fa molto piacere. Merito di un’organizzazione che funziona e della vostra
presidente. E’ una grande opportunità
per la Maceratese e anche per la città di
Macerata. Può essere un buon veicolo
per una ricaduta economica sul territorio e soprattutto una spinta per tanti
giovani che vogliono fare sport. Il lavoro che è stato fatto negli anni passati,
senza pretesa di fare il tecnico, va portato avanti: continuare a lavorare bene e
concentrare l’attenzione sui giovani, soprattutto sui vivai: credo che questa sia
la sfida e forse anche l’unica strada visto
che le risorse economiche sono sempre
meno. In questo modo si aiuta tutto il
calcio italiano, anche quello della massima serie dove è auspicabile vedere più
giocatori di nazionalità italiana.”
Lei è stato anche un atleta: è vero che
ogni tanto si rimette le scarpette e
torna a correre?
“Qualche volta capita. Lo sport mi ha
sempre appassionato. Tutti gli sport.
Nella nostra Regione si contano 45 federazioni sportive. E proprio da altri
sport, come la ginnastica, il volley, il
tennis, il basket, la scherma, si contano grandi campioni. Non c’è solo il
calcio! Sarò sincero: sono scettico sul
calcio professionistico, soprattutto la
serie A non mi pare abbia dato esempi
di serietà. Il punto è che non si può
continuare a spendere centinaia di
milioni di euro per l’ingaggio di giocatori stranieri, molti dei quali fanno solo panchina. Credo che questo
sia l’errore della la Figc e della Lega
professionistica. Ripeto, dobbiamo
lavorare di più sul settore giovanile
e focalizzarci su quello strategico dei
vivai. E’ un modo per ridare al calcio
il ruolo valoriale che merita.”
N. L.
21
In trasferta
am
bi
6a giornata
Ancona sabato 10 ottobre 2015
l
d i C ar
oC
San Ciriaco aiutali tu!
Però hanno tanto di bello
M
i verrebbe da dire: lunga vita al cardinale Egidio Albornoz! Eh sì perché vi
fu un tempo – sul finire del 300 – in cui qui a Macerata
si comandava su tutta la marca anconitana. A volte – almeno
calcisticamente parlando – la storia si ripete! Mettiamo da parte
però il campanile, anche se a scriver queste note mi fa il male il
gomito (Ankon in greco proprio gomito significa), e facciamoci
questa cinquantina di chilometri scarsi che ci separano dai “dorici”.
Non so se ci conviene fare l’autostrada: è più veloce d’accordo, ma
passando per Loreto (anche quella era roba maceratese) e poi su
verso Castelfidardo e Osimo s’incontrano luoghi della nostra storia
e farci una capatina non fa mai un soldo di danno. Comunque,
già che ci siamo, prima di approdare allo stadio una discesa a
Portonovo va proprio fatta. Per una ragione gastronomica, di cui
dirò, per una ragione d’arte, visto che la chiesa di Santa Maria è
un unicum nel romanico italiano (e anche il Fortino Napoleonico,
per altri motivi, fa la sua figura) e per una ragione di benessere: tra le Due Sorelle
e i Sassi Neri il mare è mare! Andiamo ora in città. Tappa d’obbligo, ma d’obbligo
davvero, è San Ciriaco. Nella cripta potreste ammirare – ammesso che ve lo
consentano, anche i resti del tempio di Venere Eupleia che probabilmente fu
l’incipit della città romana. Tracce della colonia siracusana li trovate sul colle del
Guasco dove, traguardando da Porta Pia, avrete uno scorcio quasi stendhaliano
perché nell’arco inquadrate il Duomo, il Faro Vecchio e la quinta della città che
si proietta nell’Adriatico. Scendendo verso il porto non possiamo trascurare Santa
Maria della Piazza – chiesa antichissima che cela una basilica paleocristiana – e
San Francesco alle Scale con le sculture di Giorgio da Sebenico, lo stesso che ha
firmato l’incantevole facciata della Loggia dei Mercanti, ma soprattutto con alcuni
capolavori del Loto, di Lili e del Tebaldi. Certo a vedere il Lazzaretto, l’Arco di
Traiano, ma anche l’Arco clementino un po’ d’invidia viene. Però dovessi dirvi, io
una capatina la farei anche alla Sinagoga, al campo degli ebrei e poi alla Cittadella
che gli anconetani sono convinti esser stata costruita a difesa della città, ma che in
realtà venne tirata su per farli prigionieri in casa loro. Se v’è restata voglia di vedere
altre cose belle, entrate a palazzo Ferretti: c’è il museo archeologico delle Marche
dove specchia la nostra identità. In piazza del Papa (del Plebiscito) sosta d’obbligo
e visita a San Domenico per vedere Guercino e Tiziano. Un’avvertenza: alle tredici
cannelle non bevete perché se no vi tocca tornare ad Ancona!
Arco di Traiano
Cattedrale di San Ciriaco
Portonovo
Per mangiare una sosta buona è senza
dubbio l’Osteria Lo Strabacco (via
Oberdan tel 071 56748) va bene anche
Sott’Aj Archi (via Marconi 071 202441)
ma, a mio parere, una mangiata di
moscioli da Marisa (071 801 109) o da
Giacchetti (071 801 384) a Portonovo è
un ottimo antipasto al sapore di vittoria.
Anche se, a dirla tutta, a Ancona basta
un po’ de pà cu l’ojo!
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Piediripa-Macerata, Via Cluentina 16/aVendite,officina, carrozzeria, gommista, ricambi, revisioni 0733 286800
l’altro sport
&
1922 due date
1946 due storie
la s.s. maceratese e
l’associazione tennis
macerata
a cura di
Giovanni Cioverchia e Carlo Capodaglio
C
uore biancorosso. Due semplici
parole che esprimono tutto l’orgoglio e la voglia di sport che coinvolge gran parte dei maceratesi. La Maceratese ne è il primo esempio; dal 1922
è la squadra di calcio cittadina oggi ribattezzata dai tifosi “RATA”. Dal 1946,
l’ATM rappresenta il tennis maceratese.
Trovare a Macerata degli accostamenti
tra calcio e tennis è piuttosto semplice
poiché nel corso degli anni fatti e personaggi si incrociano tra le due società. Già nel 1926 troviamo un progetto
per il Campo sportivo della Vittoria,
dell’architetto Cesare Bazzani, dove
risulta che nel complesso sportivo doveva essere presente, oltre al campo
di calcio, anche un campo da tennis
ed una piscina, ma purtroppo, allora
come oggi per mancanza di fondi, fu
realizzato solo il campo di calcio.
Facendo un balzo in avanti, arriviamo agli anni ’60 -’70; in città, grazie
alla nuova sede dell’ATM in via Dante, cresce l’interesse per il tennis che
vive anni gloriosi con manifestazioni
Gianni Piangiarelli
a cui partecipano tennisti di livello nazionale
e mondiale come Lea
Pericoli, Tonino Zugarelli, Beppe Merlo, Rino
Tommasi, Sergio Palmieri, Vittorio Crotta, Ubaldo
Scanagatta, John Alexander, Philip
Dent, Wendy Glichrist e tanti altri.
Nel ’63 la Maceratese vince il campionato di Serie D, viene promossa al
campionato di Serie C unica; l’entusiasmo in città è alle stelle e raggiunge
il culmine nel ’64 con l’inaugurazione
dell’Helvia Recina, il nuovo stadio con
circa 9.000 posti, il più grande della
Provincia.
All’inizio degli anni ’70 l’inadeguatezza dei campi di via Dante spinge a
cercare un altro luogo dove costruire la
nuova sede e nel 1975 l’ATM si trasferisce in via dei Velini, vicinissimo allo
stadio Helvia Recina.
Dai fatti passiamo ai personaggi e subito viene in mente Maria Francesca
Tardella, attuale Presidente della Maceratese, per anni
socia e giocatrice
dell’ATM e poi
Gianni Piangiarelli attuale Presidente onorario
della Maceratese,
da sempre buon
giocatore di tennis e ancor oggi
socio ATM. Andando indietro
negli anni, il ricordo va anche a
Ruggero Trillini,
che negli anni ’40
Maria Francesca Tardella
-’50 militava nel-
la Maceratese in serie B
e negli anni ’60 - ’70 era
giocatore e presidente dell’ATM. E ancora
Giusto Concetti che,
fine anni ’50 e primi ’60,
faceva parte della Maceratese
per poi dedicarsi completamente al
tennis nelle file dell’ATM, vincendo,
negli anni ’70, per cinque anni consecutivi, il titolo di campione italiano dei
vigili urbani. Fatti e personaggi che,
insieme ad altri, sono riscontrabili,
con tanto di foto dell’epoca, nel libro
di Giovanni Cioverchia e Carlo Capodaglio: “90 anni di tennis a Macerata” pubblicato ad ottobre della scorso
anno.
Per concludere, ancor oggi nella sede
di via dei Velini, nei sei campi in terra,
di cui due all’interno di una struttura in legno, e uno in sintetico dentro
ad una struttura geodetica, l’ATM organizza diverse attività, agonistiche e
sociali.
AGONISTICHE con tornei di III cat.
maschile e femminile; tornei di IV cat.
maschile; tornei giovanili organizzati
in collaborazione con la scuola tennis
dell’ATM gestita dai maestri federali
Fabiano Tombolini, Simone D’Agosto,
Alessio Cherri che quest’anno partecipa al campionato maschile di Serie B
con una squadra tutta sua.
SOCIALI con diverse serate conviviali,
alcune delle quali a scopo benefico. Poi
corsi di tennis per adulti e bambini con
i maestri sopracitati e un campo estivo,
l’estatennis riservato a ragazzi fino a 16
anni.
Ci sarebbe ancora molto da dire ma
continueremo nel prossimo numero di
Cuore biancorosso.
25
rata poinT
galleria del commercio - macerata
Rata Point è in collaborazione con Prince Sport
Si ringrazia la C.V.S. Arreda per gli interni del Rata Point
27
biancorosso
Cari Maceratesi,
è con piacere che inizia una collaborazione tra L’agrotecnica e Cuore Biancorosso. Con
una rubrica dedicata al verde e alla sua manutenzione.
Ci occuperemo di prati a scopo sportivo e ornamentale e forniremo gli strumenti per una
facile ed economica cura dei tappeti erbosi a tutti gli amici che ci leggeranno nelle pagine
di questa pubblicazione.
Prima però una piccola presentazione.
L’agrotecnica, con sede in Macerata Via D. Concordia 80 (Piediripa), nasce nel 1969 per
volontà di Ivano Orlandi dopo una serie di attività sempre in ambito agricolo e zootecnico
ed inizia ad operare prevalentemente con riferimento all’agricoltura nei suoi diversi settori
di sviluppo.
Successivamente l’azienda apre sempre più l’orizzonte, anche attraverso un attrezzato
punto vendita, al mercato hobbistico al giardinaggio e al ortoflorovivaismo.
Negli ultimi anni L’agrotecnica ha compiuto enormi progressi e sviluppato importanti
investimenti nel campo dei tappeti erbosi, sia dal punto di vista delle collaborazioni con
aziende fornitrici (Tempoverde, Floragard) sia da quello del personale coinvolto (periti
agrari e consulenti specializzati).
È da sempre una realtà all’avanguardia con un occhio di riguardo verso la salute degli
operatori, dei clienti e dell’ambiente in genere, con rispetto e passione per la Terra.
Sul prossimo numero inizieremo a parlare dei semi per tappeti erbosi, della loro corretta
scelta e delle prime pratiche colturali per la semina.
Alla prossima partita per tifare per i nostri campioni e gioire con loro e magari tornare a
casa e goderci il nostro prato!
Giovanni Orlandi
VIA D. CONCORDIA, 80
62100 MACERATA
Tel. 0733.283101
www.lagrotecnica.it
28
a cura di Massimiliano Pallotti
Fausto Bagattini
Portieri.
Figli di puttana
I
l titolo di questo delizioso libro di Fausto Bagattini
(edizioni ultra sport, 2015) cattura immediatamente
l’attenzione del lettore e ne solletica l’immaginario. Ma
l’autore stesso nella premessa del libro ne circoscrive i confini
riposizionandone il significato nella sfera del politically
correct: “chi scrive nutre massimi rispetto per chi esercita il
mestiere più antico del mondo e sconfinata simpatia per chi lo
fa per libera scelta, vocazione o professione. Ergo, l’espressione
“figlio di puttana” assume nel caso specifico una connotazione
scevra da qualsiasi visione sessista o maschilista della vita”.
Il libro poi si apre con il bel ritratto di Hope Solo, una donna
italo-americana considerata come il più forte portiere di
calcio femminile di tutti i tempi, figlia di un veterano del
Vietnam, violento e pericoloso. Come apprendiamo dalla
sua autobiografia, A memory of Hope, fu concepita in
carcere, ebbe una madre alcolizzata e fu abbandonata ancora
bambina dal padre. Al padre poi si riunirà dopo una decina
di anni, incontrandolo vagabondare in un parco pubblico.
Non lo lascerà più e, dopo la sua morte, ne costudirà le
ceneri e ne libererà una manciata in campo nel giorno della
finale olimpica a Pechino. E lo stesso giorno, festeggerà la
medaglia d’oro ‘ubriacandosi con le compagne di squadra.
Scopando tutta la notte’.
Poi l’autore continua con una carrellata gustosissima di
tanti, più o meno noti, numeri 1 che hanno scritto a diverso
titolo le pagine più belle, curiose, drammatiche e ‘oscure’
di questo ruolo nel calcio nazionale ed internazionale.
Scopriamo quindi che, tra un’uscita spettacolare e una
papera clamorosa, c’è chi come Peruzzi e Ghezzi, si dimena
tra accuse, sospetti e condanne per doping. O chi come
Bruno Fernandez, in odore di Selecao, perde la testa e da la
propria amante in pasto ai cani. Troviamo poi lo spaccaossa
Jacky Munaron che spezzò il ginocchio e la carriera di
Bettega il 4 novembre 1981, quando Juventus e Anderlecht
si si giocano gli ottavi di finale di Coppa Campioni. Quindi
Tim Wiese che passa con leggerezza dalla Nazionale
Tedesca al wrestling. Ci sono poi i locos, folli dentro e fuori
dal campo come l’argentino Hugo Orlando Gatti, primo
portiere a scendere in campo con una maglia rosa e la
bandana, capace di dribblare e lanciare in rete i compagni.
O come Salvatore Soviero che, dopo aver collezionato un
numero imprecisato di risse ed espulsioni, è passato alla
storia per aver dato del “ricchione” a Del Piero. O come
Renè Higuita, il narcoportiere con la sua incredibile quanto
pericolosa ‘ parata dello scorpione e la storia controversa
della sua amicizia con Pablo Escobar.
Ma il libro non si risolve solo e tutto in una rassegna di
‘macchiette’ o in una descrizione di ‘fenomeni da baraccone’.
Anzi, l’autore è sempre molto attento a mostrare l’aspetto
umano dei suoi ‘eroi’, ed il peso che le vicende esterne ed
i ‘poter forti’ hanno giocato in positivo o in negativo.
Particolarmente interessante, da questo punto di vista, è la
sezione dedicata agli Intrighi, complotti e complottismi, dove
si mostrano i rapporti presunti tra Zamora e Mussolini e
dove Bagattini sembra prendere le difese di Quiroga, attore
della catastrofica sconfitta del Perù ad opera dell’Argentina
per 6 a 0, nel Mondiale dell’Argentina fascista guidata da
Videla.
Insomma, ce n’è veramente per tutti i gusti. Un libro
intelligente che rende bene il fascino di questo ruolo che,
spesso, ha esercitato una influenza diretta o indiretta nella
letteratura.
Si pensi ad esempio ad A. Camus, portiere in gioventù e al
bel libro di Emanuele Santi, Il portiere e lo straniero , in cui
l’autore ci illustra il parallelismo tra la solitudine del portiere
e quella dello scrittore o alla stupenda autobiografia di Dino
Zoff, Dura solo un attimo la gloria.
Ma questi sono altri libri…
29
Punto di vista
di
Giancarlo Nascimbeni
Buoni e cattivi
N
on è stata una settimana esaltante quella che ha preceduto
l’ultima gara di campionato che,
peraltro, ha visto sconfitta la Maceratese a
venti secondi dalla fine del tempo di recupero sul campo di Sant’Arcangelo contro
il Rimini. Più che la sconfitta, sicuramente
rimediabile nel proseguo del campionato in
considerazione del fatto che la squadra ha
comunque più che dignitosamente affrontato sia la Lucchese in casa che il Rimini in
trasferta, ha attratto la mia attenzione quanto dichiarato dal Commissario straordinario della Lega Pro, dott. Tommaso Miele, sul
grave stato in cui sta versando la Lega a cui
sembra non aver per niente giovato il commissariamento. Il mio punto di vista su un
così importante argomento è che sono venuti al pettine i tanti nodi che da anni hanno determinato la criticità della Lega Pro.
L’autorevolezza che manca alla Lega e
i sacrifici richiesti alle società
Quale autorevolezza può avere una Lega
che per ben due volte si è vista bocciare
il bilancio 2013-14 (e nulla si sa di quello 2014-15) verso le società affiliate dalle
quali invece si pretende assoluto rigore
gestionale, comminando ad esse sanzioni pesantissime di natura economica
e disciplinare ove non ottemperino
agli obblighi di legge nei termini
perentori fissati dalla Federcalcio
e dalla stessa Lega? Tutto ciò è sicuramente preoccupante per il futuro del
campionato, il cui regolare andamento
è stato già fortemente penalizzato dai
rinvii di ben nove partite del solo girone B che costringeranno molte squadre
30
ad un tour de force di recuperi che si
protrarranno sicuramente fino a tutto
il mese di ottobre. Non voglio tornare
sull’argomento già affrontato in questa rubrica circa l’opportunità o meno
di dare inizio al campionato senza la
certezza degli organici ma, alla luce di
quanto sta avvenendo, visto che non è
ancora visibile l’uscita dal tunnel, ci si
chiede: con una Lega così malandata per
la quale lo stesso Commissario straordinario preconizza “il rischio della fine”,
vale proprio la pena per i dirigenti delle
società fare tanti sacrifici ed attenersi al
rispetto di norme rigorosissime per raggiungere il calcio professionistico? La risposta a questa domanda debbono darla
la Federcalcio ed il Commissario della
Lega Pro facendo in modo di far ritornare nella legalità, prima di ogni
altra cosa, la Lega, munendola di quei
presidii che la rendano di nuovo autorevole, con un consiglio direttivo formato
da dirigenti di comprovata competenza
e di specchiata moralità.
La fortuna non sempre aiuta gli audaci
Nel frattempo, ahimè, “il carrozzone”
deve procedere nel rispetto dei calendari
(sic !!??), ma il calcio giocato, nell’interesse degli stessi protagonisti, non deve
far dimenticare le problematiche di una
Lega Pro alla quale tante società, come la
Maceratese, si sentono onorate di appartenere. Ho giudicato dignitose le due prestazioni della Maceratese contro la Lucchese e contro il Rimini che, pur avendo
portato un solo punto in classifica, hanno confermato quanto di buono si era già
intravisto nelle precedenti gare ufficiali.
L’unica considerazione che mi sento di
fare, che mi sembra discostarsi
da quelle che ho sentito e
letto soprattutto a commento della sconfitta
dell’ultimo istante
contro il Rimini, è che non
si deve assolutamente
indulgere
al vittimismo per
certe decisioni arbitrali,
pur non condivisibili, ed
alla sfortuna per aver subito la rete che ha
determinato il risultato negativo a venti
secondi dalla fine. La dirigenza, lo staff
tecnico e la squadra debbono fare tesoro
di queste prime esperienze per rendersi
più collaborativi con la classe arbitrale,
evitando proteste inutili e perdite di tempo, come mi è sembrato di notare durante la gara di Sant’Arcangelo. Il mio punto
di vista su quanto accaduto nell’ultimo
quarto d’ora della partita contro il Rimini è che si poteva evitare l’allungamento
extra time del recupero con una gestione
più oculata dei cambi, sia l’uscita di Fioretti, che ha impiegato troppo tempo rispetto a quello necessario per lasciare il
terreno di gioco, e sia quando, dopo il secondo identico infortunio a pochi minuti
dal primo del calciatore Imparato, la panchina ha fatto entrare in campo il fisioterapista senza procedere, invece, all’immediata sostituzione, determinando così
l’allungamento dei tempi di ripresa del
gioco ed obbligando l’arbitro a concedere un extra time, rivelatosi letale. Il mio
parere, tuttavia, non deve essere interpretato come una critica nei confronti dei
calciatori e dello staff tecnico, bensì come
una forma di collaborazione da parte di
chi, per diciotto anni, ha accompagnato la squadra in panchina quasi tutte le
domeniche.
Gli incontri della Maceratese con il
Pontedera
A questo punto non rimane che affrontare la seconda parte della rubrica,
quella dei ricordi. Andiamo avanti con
la consueta tenacia e concentriamoci sul Pontedera, prossimo avversario
all’Helvia Recina. Come la Maceratese, la squadra toscana disputò il primo
campionato in assoluto di Serie C unica
nella stagione 1936/37: a Pontedera vinsero i locali 1-0, a Macerata la partita
si concluse 0-0. Quel campionato fu
vinto dall’Anconitana e la Maceratese
si classificò onorevolmente all’ottavo
posto. L’anno successivo si invertirono i risultati: la Maceratese pareggiò a
Pontedera 0-0 e vinse in casa 1-0, con
rete del tolentinate Valli che conobbi
tanti anni dopo, lui sempre presente
alle cerimonie conviviali dei raduni degli ex calciatori biancorossi. Per dodici
anni le due squadre non si incontrarono più (nel frattempo la Maceratese
disputò anche un campionato di Serie
B): lo fecero nuovamente nella stagione
1950/51 ed in quella successiva 1951/52.
I risultati furono altalenanti per l’una
e per l’altra squadra, vincendo il Pontedera in casa entrambe le gare per 3-1
ed 1-0, perdendo invece a Macerata per
4-1 ed ottenendo l’anno successivo un
pareggio a reti inviolate.
Ritengo doveroso riferire che il mattatore della partita vinta dalla Maceratese
4-1 fu il compianto Bruno Ragazzini la
cui memoria la società ha doverosamente ricordato in occasione della sua
recente scomparsa. L’ultima volta che
le due squadre si sono incontrate in
serie C unica è stata quella relativa al
campionato 1967/68 quando la Maceratese, allenata da Guido Capello che era
succeduto a Toni Gianmarinaro, illuse
tutti facendo sperare fino al termine del
girone di andata di poter confermare i
successi dell’anno precedente che la videro protagonista di un testa a testa con
il Perugia fino all’ultima giornata per la
promozione in Serie B. Questa volta fu
il Cesena a vincere il campionato, ma la
Maceratese non sfigurò di fronte ad un
così prestigioso antagonista, rinforzato
dalle prestazioni di quel grande calciatore che è stato il nostro concittadino
e mio compagno di università Umberto Berti. Con il Pontedera quell’anno
si perse in trasferta 3-2, con reti biancorosse di Gerardi e Berzaghi che sostituirono di maglia, ma non certo nel
cuore degli sportivi, Turchetto e Dugini ceduti quell’anno al Perugia. Nella
gara di ritorno all’Helvia Recina la Maceratese, oramai avviata ad una conclusione di campionato senza infamia e
senza lode, pareggiò 0-0. Da allora ad
oggi, Pontedera e Maceratese si sono
incontrate in appena due occasioni in
Serie C/2 e lo faranno di nuovo domenica prossima nel campionato di Lega
Pro che a me piace ancora chiamare C
unica. Entrambe le squadre dovranno
riscattare le recenti sconfitte e ciò fa
prevedere una gara agonisticamente
intensa, con la speranza che sia la Maceratese a prevalere forte del sostegno
che sicuramente non le mancherà da
parte dei propri tifosi.
Registrazione Tribunale di Macerata
n. 626 del 23.07.2015
Direttore responsabile
Nazzarena Luchetti
Redazione
Alessandro Savi, Giancarlo
Nascimbeni, Carlo Cambi
Impaginazione e realizzazione grafica
Andrea Raggi e Nazzarena Luchetti
Foto di
Fabiola Monachesi
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Tipografia S. Giuseppe srl, Pollenza
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