Report di ricerca

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Report di ricerca
I minori stranieri non accompagnati in provincia di Bergamo
Report di ricerca
Bergamo
Gennaio 2012
L'indagine e il rapporto sono state realizzati da Laura Boschetti, con la supervisione di
Eugenio Torrese.
Le motivazioni della ricerca
La ricerca nasce dalla volontà di capire meglio l'universo complesso e articolato dei minori
stranieri non accompagnati. Non si tratta di un fenomeno nuovo: l'Italia lo conosce già a
partire dall'inizio degli anni '90. Non si tratta nemmeno di una specificità italiana. Esso
coinvolge anche molti altri Paesi in Europa, toccati da questi flussi anche in maniera più
consistente del nostro Paese.
La migrazione dei minori caratterizza storicamente i flussi migratori, anche quelli
provenienti dall'Italia. Numerosi minori italiani, senza famiglia e spesso irregolari, sono
stati protagonisti delle migrazioni verso l'America e l'Europa. Come i loro successori in
Italia oggi, questi minori erano particolarmente esposti al rischio di essere sfruttarti o di
finire in circuiti illegali (Bertozzi, 2005). Il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati
è frutto dei processi migratori: come gli adulti, anche i minori si muovono alla ricerca di
una possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita e quelle dei proprio familiari.
Il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati ha assunto forme diverse nel corso del
tempo, adattandosi alle evoluzioni normative e al tipo di accoglienza offerta dai servizi.
Oggi l'attualità porta alla ribalta questo fenomeno e i rischi ad esso connesso. Sulle coste di
Lampedusa sbarcano moltissimi minori soli e le associazioni e le Ong richiamno
l'attenzione dell'opinione pubblica sul fenomeno ormai da parecchi mesi. L'organizzazione
non governativa Save The Children segnala che dal 3 luglio al 27 settembre 2011 sono
sbarcati a Lampedusa 1028 minori non accompagnati, ovvero il 40% dei minori stranieri
non accompagnati, in totale 2594, sbarcati nello stesso luogo dall'inizio del 2011 1 . Questi
nuovi arrivi non hanno ancora investito i servizi sociali del Nord Italia, ma è necessario
prendere coscienza che la consistenza del fenomeno nel nostro Paese è in aumento e
costruire risposte adatte per accogliere questi minori2.
Questo progetto, pensato, voluto e finanziato prima che l'attualità del Nord Africa e la
guerra in Libia facessero aumentare gli sbarchi di persone sulle coste italiane, persegue
1 Save The Children Italia Onlus, L'accoglienza temporanea dei minori stranieri non accompagnati arrivati via
mare a Lampedusa nel contesto dell'emergenza umanitaria Nord Africa, ottobre 2011. Il report analizza anche lo
stato e la qualità dell'accoglienza fornita a questi ragazzi all'interno delle Struttura di Accoglienza
Temporanea in cui sono alloggiati (presenza di un mediatore culturale, possibilità di uscire dalla
struttura, etc). Tra gli elementi segnalati dalla Ong vi è anche il fenomeno degli allontanamenti spontanei
e delle fughe da queste strutture.
2 Anche IV rapporto Anci/Cittalia sui Minori Stranieri Non Accompagnati in Italia, pubblicato a dicembre
2011, prevede un aumento delle ricadute sui Comuni nel 2012 in termini di accoglienza, a seguito
dell'entità degli arrivi di minori stranieri non accompagnati registrati nel corso del 2011 proprio dal Nord
Africa.
questo scopo. L'obiettivo, infatti, è quello di indagare il fenomeno e le sue caratteristiche,
ma, soprattutto, di analizzare il modo in cui i servizi, prima di tutto quelli sociali, si
relazionano con questi minori e forniscono loro le risorse più adatte a fronteggiare le
situazioni che essi vivono.
La presenza dei minori stranieri non accompagnati è abbastanza contenuta sul territorio
provinciale. Anche per questo motivo, la ricerca è di tipo esplorativo. Non si propone,
cioè, di ricostruire in modo esaustivo tutte le caratteristiche di un fenomeno già per sua
definizione molto complesso, né di individuare tendenze e regolarità. L'obiettivo, invece, è
quello di evidenziare e analizzare in profondità punti di forza e criticità dell'incontro tra i
servizi e questo particolare tipo di utenti.
La scelta di indagare il fenomeno localmente, nonostante la relativamente scarsa incidenza
dello stesso a questo livello, non è dovuta solo alla volontà di coglierne le sfaccettature
concrete e di approfondirne certi aspetti. Se, infatti, è il livello nazionale a legiferare
sull'immigrazione e, in questo caso, sui minori stranieri non accompagnati, è il livello
locale ad avere la responsabilità della loro accoglienza. Ciò è frutto
del processo di
decentramento che ha assegnato ai Comuni una progressiva autonomia in materia di
politiche e servizi, producendo una situazione paradossale: il governo locale si trova in
una posizione cruciale nel campo dell'accoglienza dei soggetti in difficoltà, ma sperimenta
al contempo un certo isolamento, all'interno di un quadro normativo stabilito a livello
centrale piuttosto ambiguo e frammentato. Mancano interlocutori istituzionali che possano
orientare e aiutare il governo locale nel suo compito ed è assente un quadro di rifermento
e un modello di accoglienza comune su cui costruire le esperienze locali (Giovannetti,
2008). A questo bisogna aggiungere la progressiva erosione di risorse a disposizione delle
amministrazioni comunali. Le pratiche e le misure di accoglienza adottate si moltiplicano e
divergono anche in modo rilevante l'una dall'altra 3.
Fare il punto sulla situazione provinciale permette di riflettere sul modello adottato e di
mettere in luce eventuali differenze o somiglianze tra le pratiche di accoglienza dei diversi
Comuni o ambiti territoriali. Va nella stessa direzione il percorso volto all'individuazione
di un protocollo di azione comune, condiviso tra tutti le istituzioni che partecipano
3 A partire dalla constatazione dello scollamento tra livello nazionale e locale nell'accoglienza dei minori
stranieri non accompagnati, l'ANCI ha avviato nel 2008 il “Programma nazionale di protezione dei
minori stranieri non accompagnati”, di cui una delle finalità è proprio quella di promuovere una maggior
coordinamento tra amministrazioni locali e governo centrale e la definizione di procedure standardizzate
sull'intero territorio nazionale.
all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, intrapreso dalle referenti dell'area
Minori degli ambiti territoriali della provincia di Bergamo. La presente ricerca si è
concentrata sul tipo di accoglienza fornita, sul profilo e l'universo dei bisogni di questi
minori, sul loro rapporto con i servizi, sulle problematicità delle loro esperienze e sulle
buone prassi adottate dai servizi. In questo senso fornisce strumenti aggiuntivi per
completare il lavoro di armonizzazione delle procedure intrapreso.
Ai fini della ricerca sono stati selezionati gli ambiti della provincia di Bergamo con il
numero di minori stranieri non accompagnati collocati in comunità e/o affidati a parenti
entro il quarto grado più elevato 4. Sono stati coinvolti gli ambiti di Bergamo, Seriate,
Dalmine, Valle Seriana, Grumello Del Monte, Monte Bronzone e Basso Sebino, Treviglio
Sono state realizzate interviste qualitative con le assistenti sociali degli ambiti territoriali
selezionati. Quanto emerso è stato validato e approfondito insieme a tutte le referenti
dell'area minori di tutti gli ambiti territoriali.
4 La selezione è avvenuta in base ai dati su minori stranieri non accompagnati e affidi a parenti al
31.12.2009 dichiarato dalle referenti per l'area minori di ciascun ambito territoriale della provincia di
Bergamo.
L'universo dei minori stranieri non accompagnati
La definizione
La complessità del fenomeno dei minori stranieri non accompagnati appare già evidente
quando ci si pone il problema di definirlo e circoscriverlo, facendo riferimento alle
legislazioni nazionali e sovranazionali. Non vi è, infatti, una definizione condivisa a livello
internazionale, ma una serie di definizioni con campi semantici parzialmente diversi tra
loro, che di volta in volta comprendono alcune situazioni a scapito di altre. Non si tratta di
una questione da poco, poiché la definizione di minore straniero non accompagnato
determina chi ha diritto alla tutela prevista. A creare ulteriori differenze sono i diversi
regimi di protezione e tutela adottati dai Paesi europei. Alcuni Stati, infatti, utilizzano il
sistema di protezione in materia di asilo che deriva dalla Convezione di Ginevra; altri,
come l'Italia, si rifanno al sistema di protezione dell'infanzia; altri ancora adottano un
regime misto.
L'Italia, insieme ad altri Paesi europei come Francia, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, usa il
termine “minore straniero non accompagnato” per descrivere la situazione dei minori che
si trovano sul territorio nazionale senza la tutela di un rappresentante legale (Giovannetti,
2008). In particolare, il Regolamento del Comitato per i Minori Stranieri definisce “minore
straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato, il minorenne non avente
cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato
domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e
rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in
base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano” (DCPM 535/99).
In questa definizione rientrano sia i minori stranieri che si trovano in Italia da soli, che
quelli che vivono con adulti che non sono i loro genitori e che non ne hanno la tutela
legale. In merito ai minori che si trovano in Italia affidati di fatto a parenti entro il 4 grado
vi è un certo dibattito. Alcuni li considerano a tutti gli effetti minori stranieri non
accompagnati; altri li escludono da questa categoria perché secondo l'articolo 9 della legge
184/83 non è necessario alcun provvedimento formale per gli affidamenti a parenti entro il
quarto grado. Il Comitato per i Minori Stranieri considera accompagnati solo i minori
affidati a parenti con un provvedimento formale, mentre tutti gli altri sono da considerarsi
“non accompagnatati” e, quindi, di competenza di tale comitato (Bertozzi, 2005)5. Non
5 Un'altra definizione adottata, in particolare dal Separated Childre in Europe Programme, fondato
fanno parte di questa categoria, perché esclusi dalla definizione, anche se sperimentano la
stessa situazione di fragilità e l'esposizione ai rischi di sfruttamento, i minori richiedenti
protezione internazionale e i minori non accompagnati provenienti dagli Stati membri
dell'Unione Europea.
La definizione adottata in Italia attribuisce due caratteristiche al minore straniero non
accompagnato: il fatto di essere straniero, e quindi sottoposto alla legislazione
sull'immigrazione in vigore, e il fatto di essere non accompagnato, quindi in una
situazione di pericolo e bisognoso di protezione. Non esiste una legislazione specifica che
riguardi questi minori, ma la loro situazione è regolata/tutelata da regimi giuridici
differenti: quello sull'immigrazione e quello sulla tutela dell'infanzia.
Questo crea,
secondo gli esperti, un quadro di rifermento ambiguo (Giovannetti, 2008). Inoltre,
l'intrecciarsi della legislazione sull'immigrazione con la tutela dell'infanzia crea, di fatto,
una situazione per la quale i diritti riconosciuti ai minori stranieri non accompagnati sono
a tempo determinato, ovvero si esauriscono al compimento della maggiore età. Al
diciottesimo anno di età non solo si conclude il percorso di accoglienza, ma anche il diritto
di rimanere sul territorio viene messo in discussione. Il permesso di soggiorno concesso al
minore può essere rinnovato dopo i 18 anni solo a determinate condizioni.
Questo breve richiamo classificatorio e normativo ha lo scopo di sottolineare la pluralità
del fenomeno, complesso e molto articolato. Le definizioni e le normative non sempre non
in grado di cogliere e di farsi carico di questa complessità. Esse uniscono sotto la stessa
etichetta situazioni e vissuti molto diversi tra loro, anche se tutti accomunati dall'estrema
fragilità e precarietà sperimentata dai minori. L'ambivalenza delle legislazioni sui minori
stranieri non accompagnati, a cavallo tra la tutela dei minori e la legislazione
sull'immigrazione, rischia di riflettersi anche nell'intervento del servizio sociale. Per questo
l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati rappresenta una vera e propria sfida
per il welfare state, che non deve mai essere data per scontata.
dall'Alleanza internazionale di Save the Children e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati,è quella di “minore separato”. I minori separati sono minori che si trovano fuori dal territorio del
loro Paese d'origine, senza genitori o senza l'adulto che, per legge o nei fatti, ha la responsabilità della
loro cura. Questa definizione sottolinea la condizione di separatezza dai propri genitori, ma anche dal
Paese e dalla cultura di origine, che vivono i minori stranieri soli. Inoltre questa definizione include anche
quei minori che sembrano accompagnati, perché si trovano con un adulto, ma che di fatto non lo sono,
poiché quest'ultimo non è in grado o non è idoneo ad assumersi la responsabilità della loro cura
(Giovannetti, 2008).
I dati
Secondo i dati riportati dal Comitato per i Minori Stranieri, al 30 settembre 2011 sono
presenti in Italia 7.112 minori stranieri non accompagnati. Si tratta però di un dato
parziale. Lo è perché queste statistiche non comprendono né i minori richiedenti asilo,
anche se questi si trovano in Italia soli, né i minori non accompagnati provenienti da uno
Stato membro dell'Unione Europea. Inoltre le segnalazioni da cui vengono ricavati questi
dati non vengono fatte sistematicamente da tutte le istituzioni competenti sul territorio.
Infine, non tutti i minori stranieri non accompagnati effettivamente presenti sul territorio
entrano in contatto con le istituzioni. Essi sono di fatto presenti sul territorio, ma possono
non venire intercettati da alcun servizio e vivere in una condizione di invisibilità,
prevalentemente all'interno di circuiti illegali.
Dei 7112 minori stranieri presenti sul territorio italiano e segnalati al comitato di
competenza, il 94,1% è maschio, mentre solo il 5,9% femmina. Quello dei minori stranieri
non accompagnati, cioè, si configura come un fenomeno quasi tutto al maschile.
Tabella 1, Minori segnalati al CMS al 30/09/11 secondo il genere, valori assoluti e percentuali.
V.A.
%
Maschi
6693
94,1
Femmine
419
5,9
Totale
7112
100
Questo fenomeno, inoltre, tende a riguardare soprattutto i minori prossimi al
raggiungimento della maggiore età. I minori di 17 anni rappresentano circa la metà di tutti
i minori segnalati, mentre la fascia di età che va da 0 a 16 anni raggruppa l'altra metà, con
una prevalenza dei sedicenni, che rappresentano circa il 26,4% del totale.
Tabella 2, Minori segnalati al CMAS al 30/09/11 secondo l'età, valori assoluti e percentuali.
Età
V.A.
%
17 anni
3657
51,4
16 anni
1877
26,4
15 anni
832
11,7
7-14 anni
677
9,5
0-6 anni
69
1
Totale
7112
100
Se le variabili quali il sesso e l'età restano costanti nel tempo, delineando in modo preciso
il profilo dei minori coinvolti, lo stesso non vale per la nazionalità. Come sottolinea Save
the Children nel suo rapporto annuale sui minori stranieri, si tratta di un fenomeno
particolarmente mutevole dal punto di vista delle nazionalità dei minori stranieri. Nel
2000 i minori stranieri non accompagnati arrivavano prevalentemente da Albania,
Marocco e Romania, mentre oggi ai primi tre posti troviamo la Tunisia, l'Afghanistan e
l'Egitto. Si ricordi che i minori rumeni, così come quelli bulgari, anche quando non
accompagnati, non rientrano più nelle statistiche del Comitato Minori Stranieri dal 1
gennaio 2007, ovvero dalla data di ingresso di questi due Paesi nell'Unione Europea.
Tabella 3, Minori segnalati al CMAS al 30/09/11 secondo la cittadinanza, valori assoluti e percentuali.
Cittadinanza
V.A.
%
Tunisia
1144
16,1
Afghanistan
1106
15,6
Egitto
855
12
Marocco
533
7,5
Bangladesh
409
5,8
Albania
372
5,2
Mali
322
4,5
Costa d'Avorio
232
3,3
Ghana
225
3,2
Nigeria
225
3,2
Somalia
190
2,7
Senegal
161
2,3
Repubblica del Kosovo
136
1,9
Pakistan
121
1,7
Guinea
95
1,3
Eritres
92
1,3
Gambia
81
1,1
Palestina
65
0,9
raq
60
0,8
Burkina Faso
56
0,8
Altro
632
8,9
Totale
7112
100
Gli unici dati a disposizione circa la situazione della provincia di Bergamo sono relativi al
2009 e non sono disaggregati né per genere né per cittadinanza. Per ovviare a questa
lacune, indicazioni sul genere e la nazionalità dei minori presi in carico sono state richieste
alle assistenti sociali intervistate. Il quadro che ne deriva è in linea con i dati nazionali.
Prevalgono i maschi nella fascia di età più vicina alla maggiore età (tra i 16 e i 17 anni). Le
nazionalità di questi ragazzi cambiano nel tempo, ma anche a seconda dell'ambito
territoriale di riferimento. Nel Basso Sebino i minori stranieri non accompagnati
provengono soprattutto da Nicaragua, Senegal e Marocco, mentre a Seriate prevalgono i
minori senegalesi, anche perché questo collettivo di passaporto è fortemente radicato sul
territorio. A Treviglio prevalgono i minori dall'Est Europa e dal Nord Africa. A Dalmine e
a Grumello del Monte i minori provengono soprattutto dall'Albania e dal Nord Africa,
così come in Valle Seriana. A Bergamo, se prima i minori erano soprattutto Albanesi e
Marocchini, ora la situazione è più variegata.
I dati disponibili distinguono i minori stranieri non accompagnati collocati in comunità
dai minori stranieri non accompagnati affidati a parenti. Il primo elemento che risulta
dall'analisi di questi dati è la prevalenza di questi ultimi. Rientrano in questa categoria
tutti i minori stranieri che si trovano in Italia senza i propri genitori o un adulto che ne sia
legalmente il tutore e che sono ospitati nel nostro Paese da parenti o altri connazionali.
Questi minori entrano in contatto con i servizi sociali per regolarizzare la loro posizione,
grazie alla formalizzazione del provvedimento di affido, ed ottenere così un permesso di
soggiorno valido. L'affido può essere giudiziale, ovvero disposto dal tribunale per i
minorenni, o amministrativo (o consensuale), reso esecutivo dal giudice tutelare
(Giovannetti, 2008).
Tabella 4, Minori stranieri non accompagnati presenti in provincia di Bergamo per ambito territoriale di
competenza e situazione, 31.12.2009, valori assoluti.
Ambito territoriale provincia di
Bergamo
Minori stranieri non
accompagnati collocati in
strutture
Minori stranieri non
accompagnati affidati a parenti
entro il IV grado
Bergamo
19
4
Dalmine
1
11
Seriate
1
10
Grumello del Monte
0
10
Val Cavallina
n.d.
n.d.
Basso Sebino
0
7
Alto Sebino
1
1
Valle Seriana
0
12
Valle Seriana Superiore
0
2
Valle Brembana
0
0
Valle Imagna- Villa d'Almè
n.d.
n.d.
Isola Bergamasca
n.d.
n.d.
Treviglio
3
3
Romano di Lombardia
0
3
Gli unici ambiti territoriali con una presenza rilevante di minori stranieri non
accompagnati soli sono quelli di Bergamo e Treviglio. È prevalentemente nel comune di
Bergamo e in quello di Treviglio che minori stranieri soli vengono intercettati. A Treviglio
il numero più alto di minori stranieri non accompagnati soli è dovuto alla presenza in città
di un presidio di polizia ferroviaria. In una posizione cruciale sulla linea Milano-Venezia, i
minori soli che vengono fermati in treno su questa linea sono presi in carico dalla Polfer di
Treviglio, che a sua volta li accompagna presso i servizi sociali. A Bergamo i minori soli
che impattano i servizi sociali dicono spesso di essere arrivati in città per caso, saltando sul
primo treno che è capitato a Milano, in Stazione Centrale. Più verosimilmente ci sono delle
catene o dei circuiti che richiamano i ragazzi in città, dove trovano forse servizi sociali
meno saturi rispetto a quelli del capoluogo lombardo.
Nel resto della provincia, invece, a prevalere sono i casi di minori stranieri affidati a
parenti entro il quarto grado. Una precisazione è d'obbligo. Così come non lo erano i dati
nazionali, nemmeno questi sono esaustivi del fenomeno. Questi dati non descrivono la
declinazione del fenomeno in provincia di Bergamo, bensì il tipo di lavoro effettuato dai
servizi sociali in questo ambito. Questo significa che i casi in carico al servizio sociale, sono
quasi esclusivamente quelli di minori stranieri affidati a parenti entro il quarto grado. Se
ne può dedurre che i minori stranieri soli siano meno numerosi o che siano più
difficilmente intercettati o intercettabili dai servizi sociali.
La linea di confine tra un minore straniero non accompagnato solo e uno affidato a parenti
è labile. Come una delle assistenti sociali intervistate ha sottolineato, molti dei minori
stranieri non accompagnati collocati in comunità avrebbero potuto essere potenzialmente
“degli affidi a parenti”. Questo è confermato anche dalle storie di vita di questi minori
raccolte nella letteratura specialistica 6. In effetti, quando si analizzano le biografie di questi
minori e le motivazioni per cui hanno lasciato il loro Paese per raggiungerne un altro,
emerge spesso la presenza di un parente, un amico o un conterraneo nel Paese di
destinazione, che il minore si propone di raggiungere al suo arrivo. Questo però non
sempre è possibile o la persona in questione non è disponibile ad accogliere il minore.
Alcuni dei minori collocati in comunità dai servizi sociali in provincia di Bergamo sono
minori i cui parenti o adulti di riferimento non hanno potuto garantire l'accoglienza, non
avevano i requisti richiesti o hanno dovuto interrompere la convivenza per sopraggiunte
difficoltà. In altri casi, per i minori collocati in comunità è emersa in seguito la presenza di
parenti in Italia, con cui è stato possibile intraprendere percorsi di affido. Le situazioni di
questi minori possono mutare anche in itinere, nel corso del processo di presa in carico ed
accoglienza.
Oltre alla pluralità delle situazioni di questi minori, è opportuno considerare che quello
dei minori stranieri non accompagnati è un fenomeno mutevole, che cambia forme e
modalità adattandosi anche alla normativa in vigore. Così, per esempio, il fatto che nei
Paesi dell'Europa Meridionale, tra cui l'Italia, i minori stranieri non accompagnati scelgano
più raramente che in altri Paesi europei la richiesta di asilo politico dipende dal fatto che
qui questo non è il canale più facile con cui ottenere permesso di soggiorno e accoglienza
quando si è minorenni (Bertozzi, 2005). Più in generale, l'aumento dei minori stranieri
affidati di fatto a parenti o altri adulti connazionali e la diminuzione di quelli che si
trovano soli e in erranza nel nostro Paese, al di là del fatto che questa diminuzione sia
reale o dipenda in parte dall'erosione della capacità dei servizi di intercettare questo tipo
di utenza, segnala la progressiva organizzazione e strutturazione dei flussi migratori e la
rapida diffusione delle informazioni circa le procedure di regolarizzazione a disposizione
di questi minori. Come sottolinea Giovannetti “i minori tendono a divenire 'accompagnati'
6 Cfr. MELOSSI, D., GIOVANNETTI M., 2002, I nuovi sciuscià. Minori stranieri in Italia. Donzelli editore,
Roma.
sempre più spesso rispetto al passato, all'avvicinarsi della maggiore età” (Giovannetti,
2008, pg.289). L'autrice evidenzia come questa situazione si sia delineata a partire dalle
due circolari ministeriali che, nel 2001, hanno stabilito l'impossibilità di convertire il
permesso di soggiorno per minore età in un permesso di soggiorno per studio o per lavoro
al compimento dei 18 anni. Questo è invece possibile con un permesso per affido (Ibidem).
La tendenza riscontrata in provincia di Bergamo, dove prevalgono i minori affidati di fatto
a parenti o connazionali, ha dunque una valenza nazionale e non dipende dai territori, ma,
più in generale, dal consolidamento dei flussi migratori.
I servizi sociali alla prova dei minori stranieri non accompagnati
Il contatto con il servizio sociale
Come è emerso dai dati, a prevalere in provincia di Bergamo tra i casi di minori stranieri
non accompagnati in carico ai servizi sociali sono quelli di minori affidati a parenti entro il
quarto grado, mentre hanno un'incidenza minore quelli che, almeno al momento del
contatto col servizio, si trovano soli sul territorio.
Nel caso di questi ultimi, sono soprattutto altre istituzioni, in prevalenza quelle preposte
all'ordine e al controllo, ad intercettarli per prime e a mediare il loro contatto con i servizi
sociali. Tendenzialmente si tratta di minori che sono stati trovati in erranza o che vengono
fermati dalle forze dell'ordine, come nei casi segnalati ai servizi sociali di Treviglio. Altre
volte ad intercettare questi minori sono gli stessi servizi di accoglienza, specie quelli che si
occupano di pronto intervento e bassa soglia. In altri casi, ancora, sono i minori a
presentarsi ai servizi, talvolta addirittura rivolgendosi o cercando un'assistente sociale
precisa. Sembrano esistere dei circuiti che permettono la condivisione delle informazioni,
tramite il passa parola.
Questa progressiva organizzazione dei flussi migratori, che passa attraverso la
circolazione delle informazioni circa le effettive possibilità di accoglienza e di
regolarizzazione a disposizione, è quello che determina il divenire “accompagnati” dei
minori stranieri non accompagnati, in parallelo all'evoluzione delle norme sui permessi di
soggiorno. È un cambiamento che modifica anche il tipo di contatto con le istituzioni e i
servizi. In questi casi sono i minori o, meglio, i parenti a cui sono affidati, a rivolgersi
direttamente ai servizi sociali e a richiedere il loro intervento. Lo fanno non perché si
trovano in una condizione di pericolo, ma, piuttosto, per regolarizzare una situazione che,
di fatto, esiste già.
Questo modifica significativamente la relazione tra l'utente e il servizio. Il minore e la sua
“famiglia” non solo formulano una richiesta al servizio, ma lo fanno in modo preciso.
Tutte le assistenti sociali hanno segnalato come, a differenza che in passato, ormai gli
utenti arrivano da loro già con tutti, o quasi, i documenti necessari, già informati circa la
procedura de seguire. Spesso arrivano al servizio solo quando il permesso di soggiorno
per il minore diventa una necessità: all'avvicinarsi della maggiore età, ma anche per
giocare a calcio, visto che un documento di soggiorno in corso di validità è una condizione
necessaria per il tesseramento presso le società sportive.
Questo elemento è importante poiché segnala un dato, che altrimenti rischia di essere poco
considerato: il contatto con il servizio non avviene per tutti e molti sono i minori stranieri
invisibili, che si trovano sul territorio soli ma che non vengono intercettati da alcuna
istituzione. Quanto emerge dalle interviste realizzate per questa ricerca evidenzia come,
anche per i minori che si trovano in Italia con parenti o altri adulti diversi dai propri
genitori, l'incontro con i servizi sociali non avvenga in modo automatico. Alcune assistenti
sociali hanno espresso la consapevolezza che il contatto con i servizi sociali e l'avvio della
procedura per la formalizzazione dell'affido non corrisponda sempre e necessariamente
con l'arrivo del minore in Italia. Tra i due momenti possono passare mesi se non anni.
Durante questo periodo, a causa della loro invisibilità, questi minori non sono tutelati o
protetti. La scuola svolge un importante monitoraggio, specie quando la sinergia con gli
altri
servizi sul territorio è efficace. Tuttavia, in alcuni di casi riportati durante le
interviste, nonostante fossero in Italia da alcuni anni, i minori non erano stati mandati a
scuola o le istituzioni scolastiche non avevano provveduto a segnalare la situazione del
minore ai servizi sociali.
Le situazioni che arrivano ai servizi sociali sembrano particolarmente solide e stabili e i
parenti affidatari sono in possesso non solo dei requisiti, ma anche di tutti i documenti
necessari alla formalizzazione del procedimento. Anche questo elemento non deve essere
analizzato acriticamente, poiché potrebbe segnalare che solo chi è in possesso di un
permesso di soggiorno, un reddito e un'abitazione idonei si rivolge ai servizi sociali, ma
che questa casistica non esaurisce la totalità dei minori stranieri presenti sul territorio
senza genitori e conviventi di fatto con altri parenti. Per questo motivo, la relativa esiguità
dei casi di minori stranieri non accompagnati, soli o affidati a parenti, in carico ai servizi
sociali non deve far sottovalutare l'effettiva entità del fenomeno.
La scelta di migrare
Giovannetti, analizzando le cause della migrazione, ha individuato quattro profili diversi
per i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia. Il primo è quello dei minori in
fuga da guerre, persecuzioni o conflitti, i cui percorsi sono spesso contorti e si
caratterizzano per l'assenza di una destinazione precisa o predefinita. Il secondo è quello
dei minori “mandati”, che riguarda tutti quei minori che lasciano il proprio Paese per
ragioni economiche, alla ricerca di opportunità lavorative, ma anche di condizioni di vita
migliori. La caratteristica di questi minori è che i loro progetti e le loro storie sono i
progetti e le storie di un'intera famiglia, per la quale la migrazione si configura come una
risorsa. Il terzo profilo riguarda i minori che migrano perché attratti dai modelli e dagli
stili di vita dei Paesi Occidentali, allo scoperta di un mondo nuovo. L'ultimo profilo è
quello dei minori spinti dalla destrutturazione sociale, che provengono da contesti da cui
la maggior parte delle persone sono emigrate all'estero (Giovannetti, 2008, pg.105-109).
Non si tratta di categorie esaustive e nemmeno esclusive. Queste diverse motivazioni o
cause possono coesistere e i confini tra i profili essere labili. L'utilità è comunque
innegabile per tratteggiare l'universo complesso che sta dietro alle storie di questi minori.
In base a quanto emerso dalle interviste alle assistenti sociali, i minori stranieri non
accompagnati in carico ai servizi sociali della provincia di Bergamo si configurano come
quelli che Giovannetti definisce “minori mandati”. A prevalere cioè, sono le motivazioni
economiche e il progetto dichiarato dai minori è quello di cercare un lavoro e inviare il
proprio contributo economico alla famiglia rimasta nel Paese d'origine. Per alcuni, questo
obiettivo si coniuga con la scolarizzazione: per forza, perché devono assolvere l'obbligo
scolastico, ma anche per scelta.
Se l'obiettivo è chiaro ed è comune a molti, raggiungerlo è complesso. Il viaggio non è
l'unica difficoltà che questi minori devono affrontare. In effetti, la condizione dei minori
stranieri non accompagnati oscilla costantemente tra l'estrema fragilità e la possibilità di
cogliere opportunità, altrimenti inaccessibili. Più spesso, invece, la loro situazione viene
tematizzata o come fonte di emancipazione o come esposizione al pericolo. Si tende a
enfatizzare la dimensione del pericolo per quanto riguarda i minori stranieri non
accompagnati soli, mentre per quelli affidati di fatto a parenti la presa in carico da parte
del servizio sociale viene percepita dagli stessi operatori per lo più come un iter
burocratico, una procedura di formalizzazione in cui il ruolo del servizio sociale è
residuale rispetto a quello giocato nella presa in carico dei minori stranieri non
accompagnati collocati in comunità. Questo perché i parenti affidatari conoscono già i
diritti e le possibilità a disposizione dei minori e hanno già tutti i requisiti e i documenti
richiesti e la situazione che si presenta all'assistente sociale non si configura come grave,
pericolosa o emergenziale.
Anche se la procedura di affido a parenti entro il quarto grado prevede dei momenti di
valutazione della situazione del minore, oltre al monitoraggio successivo, la percezione di
queste situazioni come normali e a-problematiche rischia di far sottovalutare il ruolo che
potrebbe svolgere il servizio sociale, a partire dal contatto iniziale con l'utenza. Ed ancora:
anche se i progetti dichiarati dai minori e dalle loro famiglie sembrano chiari ed univoci (la
migrazione è di tipo economico e ha la finalità di permettere al minore di trovare un
lavoro e spesso di contribuire al bilancio della famiglia rimasta nel Paese d'origine),
potrebbe essere importante un maggiore approfondimento. Cogliere le storie di questi
minori è importante, per approfondire meglio il contesto in cui la scelta di migrare è
maturata.
Sembrano permanere alcune lacune nelle informazioni a disposizione dei servizi sociali,
per esempio, circa il viaggio affrontato dal minore per raggiungere l'Italia. Nonostante le
assistenti sociali evidenzino come per molti minori il viaggio non sia avvenuto
clandestinamente e in situazioni di pericolo, poiché sono arrivati in Italia come turisti,
accompagnati dai genitori o altri parenti, le informazioni restano vaghe o lacunose. Gli
intervistati, del resto, dichiarano che spesso è difficile verificare quanto raccontato dai
minori e dai loro parenti. Quando i minori sono arrivati clandestinamente, approfondire le
modalità del viaggio aiuta anche a valutare l'impatto che viaggiare in simili condizioni ha
avuto sul minore.
Al contempo, anche se la finalità della migrazione sembrano essere piuttosto chiare e
univoche per tutti i minori, il contatto iniziale con il servizio sociale dovrebbe aiutare a
chiarirle meglio e a mettere in luce se questo progetto è stato condiviso all'interno
dell'intero nucleo familiare. È importante capire se la scelta di partire è in capo solo al
minore o, invece, è maturata ed è stata presa con genitori e parenti. Questo perché quando
la migrazione è un vero e proprio progetto familiare, aumentano molto le aspettative
intorno al minore e alla sua capacità di contribuire al bilancio familiare.
È altrettanto importante cogliere il punto di vista del parente in Italia e come vive la
possibilità di accogliere il minore. Dalle interviste svolte emerge che uno dei punti più
delicati, su cui è necessario lavorare, è proprio il significato dell'affido. Le assistenti sociali
hanno sottolineato che spesso l'affido viene vissuto dal parente affidatario come una
responsabilità, un dovere familiare, senza che ne vengano percepite a pieno conseguenze
ed implicazioni. Per questo alcune assistenti sociali dedicano tempo a cercare di far
comprendere a pieno il significato dell'affido e le responsabilità che ne scaturiscono. Se
inizialmente, specie quando i minori sono ancora piccoli, l'affido può sembrare naturale,
espressione della solidarietà all'interno della famiglia allargata, col tempo esso può
divenire un problema ed essere vissuto con fatica 7. Per questo curare i rapporti sia con il
minore che con la sua famiglia e approfondire il contesto in cui è maturata la scelta di
migrare, così come le aspettative di tutte le persone coinvolte, è determinante per costruire
un percorso adatto al minore preso in carico.
La comunicazione e il rapporto con il servizio
Quello che è emerso finora è un quadro ambivalente: da un lato, la prevalenza degli affidi
a parenti entro in quanto grado tra i casi di minori stranieri non accompagnati in carico ai
servizi sociali tende a determinare un coinvolgimento indiretto dei servizi sociali in questi
percorsi, dato il maggior grado di normalità; dall'altro, la complessità di queste situazioni
emerge solo attraverso un percorso di approfondimento e un coinvolgimento maggiore
degli operatori sociali.
Le interviste realizzate sono molto utili per mettere in luce la centralità che la dimensione
comunicativa e il tipo di rapporto instaurato tra utenti e servizi rivestono. Come
sottolineano alcune assistenti sociali, quando è possibile effettuare colloqui più in
profondità con i minori e i loro parenti, emergono elementi importanti per cogliere le
molte sfaccettature di queste situazioni. Emerge così la componente emotiva della
migrazione di questi minori che, spesso, sentono molto la mancanza dei genitori e le
proprio Paese d'origine. Questa dimensione tende ad essere offuscata dalle motivazioni di
tipo economico, ma è cruciale, proprio perché questi ragazzi non sono solo migranti, ma
sono minori e si trovano in una fase delicatissima del loro sviluppo. Questo è vero a
maggior ragione per i minori stranieri che vengono trovati soli sul territorio; basti pensare
che essi spesso soli non sono, ma che dichiarano di esserlo poiché provengono da
situazioni familiari fragili e i genitori o i parenti con cui si trovano sono irregolari e le
condizioni economiche sono spesso precarie.
La comunicazione è, quindi, fondamentale, sembra spesso venire sottovalutata. In genere
per parlare con i minori, quando non è possibile l'uso dell'italiano, si fa ricorso ai parenti
con cui si presentano al servizio. Per i minori soli, invece, solitamente ci si affida alle
conoscenze linguistiche degli operatori. Il problema della comunicazione tende ad essere
percepito solo in relazione ai minori stranieri soli, mentre per quelli accompagnati da
7 Potrebbe anche essere una questione culturale “trasferita” qui, senza la consapevolezza delle implicazioni
giuridiche, per noi “scontate”.
parenti il supporto di questi ultimi in qualità di interpreti o traduttori viene ritenuto più
che sufficiente. In questi casi, dunque, è il parente che si fa carico della comunicazione
anche per il minore.
Alcuni servizi sociali degli ambiti territoriali presi in considerazione hanno sperimentato
con successo l'intervento di un mediatore culturale. Le assistenti sociali intervistate ne
hanno messo in evidenza i vantaggi. Si fa ricorso al mediatore culturale non solo nei casi
in cui il parente del minore abbia una scarsa competenza linguistica, ma, più in generale,
per migliorare la comunicazione sia con i parenti che con i minori. In alcuni casi, il
mediatore è presente anche durante le visite domiciliari e il suo contributo viene utilizzato
oltre che per i problemi linguistici, anche per comprendere meglio le situazioni in
questione. Il mediatore, cioè, aiuta le assistenti sociali a capire le tradizioni e gli usi delle
famiglie e a contestualizzare le loro valutazioni rispetto all'ambiente domestico e alla
dimensione abitativa8.
Il ricorso al mediatore permette di instaurare una relazione direttamente con il minore,
senza l'intermediazione del parente. In questo modo l'assistente sociale riesce a coglierne
meglio le opinioni e a ricostruire in modo più approfondito le scelte e i percorsi che lo
hanno portato in Italia e il loro emotivo. L'uso della lingua madre da parte dell'utente
minore permette di esprimere meglio emozioni e sentimenti e il rapporto con il mediatore
può generare un clima di attenzione e comprensione, che facilita il racconto di cose che,
diversamente, non avrebbero confidato all'assistente sociale.
Questo è altrettanto vero per i parenti, anche quando questi parlano italiano. Le questione
che devono essere affrontate sono complesse ed è dunque importante stabilire un livello
approfondito di comunicazione. È necessario cogliere le storie e i progetti dei minori e
delle loro famiglie e comprenderne le aspettative. Con il mediatore, che parla la lingua del
proprio Paese d'origine, è più facile esprimere certi contenuti, perché in italiano non si
troverebbero le parole, ma anche perché il mediatore è in grado di comprenderne meglio
la dimensione culturale.
Il mediatore è in grado di aiutare gli operatori a comprendere meglio le situazioni
personali e familiari su cui intervengono e fornisce elementi aggiuntivi per le
loro
8 Il “Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati” promosso dall'Anci,
sostiene i progetti di accoglienza dei Comuni, promuovendo la sperimentazione di un sistema di
accoglienza integrato e coordinato. Le linee guida elaborate prevedono l'utilizzo della mediazione
linguistico-culturale. Il mediatore fa parte dell'equipe responsabile dell'accoglienza e interviene sia a
sostegno del minore, che come risorsa a disposizione degli altri operatori dell'equipe, per il rapporto con
altre istituzioni e servizi e per la progettazione dei percorsi di inserimento del minore nel tessuto sociale.
valutazioni e gli interventi. Una migliore comunicazione e comprensione può modificare
radicalmente il rapporto tra il servizio, il minore e i suoi parenti, nel caso in cui essi li
abbiano in affido.
In effetti, le interviste segnalano situazioni molto diverse tra loro. Alcune assistenti sociali
riportano che il rapporto con gli utenti, specie per quanto riguarda gli affidi a parenti,
resta piuttosto superficiale. Proprio perché queste famiglie si rivolgono ai servizi sociali
specificatamente per l'ottenimento del permesso di soggiorno e la formalizzazione del
provvedimento di affido, senza esprimere altra richiesta 9, le assistenti sociali riscontrano
una certa difficoltà nell'instaurare un rapporto di fiducia con loro. Per questo motivo, in
caso di difficoltà queste famiglie difficilmente si rivolgerebbero all'assistente sociale che li
segue.
Altre invece evidenziano come il servizio sociale finisca per diventare un vero e proprio
riferimento per i minori stranieri non accompagnati, anche per quelli affidati a parenti. Si
instaura cioè una sorta di rapporto affettivo con il servizio sociale, che rappresenta per
loro uno spazio di ascolto. Questo rapporto si costruisce più facilmente con i minori che
restano più a lungo in carico ai servizi sociali e, cioè, per quelli che vi entrano in contatto
relativamente piccoli.
Anche i parenti affidatari possono trovare nell'assistente sociale un punto di riferimento
importante, a cui rivolgersi in caso di difficoltà con il minore affidato. Costruire un
rapporto con le famiglie non è facile e richiedere un lavoro che va al di là del
provvedimento di affido, ma quando questo avviene con successo il servizio diventa per le
famiglie un vero e proprio punto di riferimento e permette loro di essere meno isolate.
Il progetto dei servizi sociali
La presa in carico dei minori stranieri non accompagnati soli e l'affido a parenti entro il
quarto grado prevedono diverse tappe formali. In particolare, per i primi l'iter prevede che
il minore, una volta rintracciato sul territorio, venga identificato presso gli uffici della
Questura e segnalato al Tribunale per i Minorenni, al Giudice Tutelare e al Comitato per i
Minori Stranieri. Il minore ha diritto ad un permesso di soggiorno e all'accoglienza presso
una struttura idonea. I servizi sociali si attivano per verificarne la posizione, accertarne le
età e rintracciare eventuali parenti sul territorio. Al Comitato del Ministero dell'Interno
spetta la valutazione circa l'opportunità o meno del rimpatrio assistito del minore nel suo
9 In misura minore viene richiesto all'assistente sociale un aiuto per la ricerca del lavoro.
Paese d'origine. Se il rimpatrio non viene predisposto, il minore resta in carico ai servizi
sociali, viene inserito in una comunità di accoglienza di lungo periodo e coinvolto in un
progetto di inserimento costruito con l'assistente sociale che l'ha in carico.
Gli affidi di minori stranieri non accompagnati a parenti entro il quarto grado sono
richiesti dall'adulto affidatario e possono essere stabiliti dal Tribunale per i Minori o
predisposti dai servizi sociali e formalizzati dal giudice tutelare. Per essere idoneo
all'affidamento, l'adulto, che ne fa richiesta, deve essere in possesso di un permesso di
soggiorno valido e avere i mezzi per provvedere al mantenimento del minore. I servizi
sociali hanno il dovere di monitorare l'andamento dell'affido e sostenere l'inserimento del
minore nella società.
Nel corso della ricerca evidenzia il rischio che, specie nel caso degli affidi a parenti entro il
quarto grado, il coinvolgimento del servizio sociale avvenga solo in parte e si limiti
all'assistenza durante l'iter di formalizzazione dell'affido. Questo rischio viene rafforzato
dalla convinzione di molti operatori che gli utenti non abbiano bisogno di alcun sostegno,
perché in grado di muoversi autonomamente e di cogliere le diverse opportunità sul
territorio, e la loro unica richiesta riguardi il permesso di soggiorno. A fronte di un
progetto migratorio, che appare chiaro e definito e di situazioni familiari piuttosto stabili,
molti operatori ritengono che il servizio sociale debba giocare un ruolo residuale.
La legislazione, e le procedure che predispone, sottolinea invece l'importanza della
progettazione per e con il minore e del monitoraggio della suo percorso da parte
dell'assistente sociale di riferimento. Quando l'investimento nella costruzione di un
progetto ad hoc per il minore straniero in carico è maggiore e quando sono disponibile
sinergie e partnership consolidate con le altre istituzioni del territorio questi progetti
possono rivelarsi particolarmente proficui.
L'età del minore, tuttavia, può rappresentare un ostacolo. Per tutti quei ragazzi che
arrivano ai servizi sociali ormai prossimi alla maggiore età la progettazione è più difficile.
Si tratta di ragazzi che non sono più soggetti all'obbligo scolastico e per i quali la necessità
di lavorare si fa più impellente. In questi casi, l'intervento dell'assistente sociale risolve
nella segnalazione dei corsi di italiano disponibili e delle agenzie di lavoro interinale sul
territorio.
L'apprendimento della lingua italiana, però, è una tappa fondamentale, anche per i ragazzi
ormai quasi maggiorenni, poiché è indispensabile per poter lavorare. I più piccoli inoltre
devono assolvere l'obbligo scolastico. Per questo l'inserimento scolastico o in corsi per
adulti è uno dei primi elementi da cui le assistenti sociali partono 10. Quando il
coinvolgimento dell'assistente sociale è maggiore e riguarda anche l'orientamento, è più
facile che il minore intraprenda percorsi scolastici più lunghi, con il conseguimento della
licenza media e la frequenza di corsi professionali o l'iscrizione alla scuola superiore.
Per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati affidati a parenti, il ruolo
dell'assistente sociale non si gioca solo nel consigliare e accompagnare il minore nel
percorso scolastico, ma anche nel condividerne l'opportunità con il parente, che deve
essere disponibile ad investire nella sua formazione. L'orientamento scolastico è
strumentale a quello lavorativo e permette a questi ragazzi di raggiungere al meglio gli
obiettivi che si erano preposti, anche quando questi riguardano il divenire muratore,
elettricista o idraulico.
Oltre alla formazione scolastica, è importante anche l'inserimento del minore, sia esso in
comunità o ospitato presso parenti, all'interno del tessuto sociale. Molto utili sono le
attività sportive e ludiche, la frequenza delle strutture aggregative sul territorio, la
partecipazione alla vita della comunità locale. Questo evita anche che i minori, qualora il
parente lavori, restino troppo tempo in casa da soli, sperimentando un eccessivo
isolamento.
Il successo dell'inserimento dei minori stranieri non accompagnati non dipende
esclusivamente dalla buona volontà dei servizi sociali, ma è favorito anche dalla
collaborazione tra tutte le istituzioni presenti sul territorio, che agiscono su diversi aspetti
e ambiti, tutti determinanti per il minore accolto. Per questo un'azione integrata è favorita
in quei territori dove le collaborazioni sono consolidate da tempo, ma anche dove è ridotto
il turn over e la frammentazione del lavoro degli operatori dei servizi.
Il monitoraggio
Se per i minori stranieri non accompagnati collocati in comunità la presa in carico da parte
del servizio sociale è necessariamente continuativa e prevede uno stretto contatto tra
l'assistente sociale e il minore, per quelli affidati, concluso l'iter per l'ottenimento del
permesso di soggiorno, il contatto con il servizio tende ad allentarsi. Questo perché i
minori che vivono con un parente in Italia, nonostante siano separati dai genitori,
10 Particolarmente proficue sono le collaborazioni con in Centri Eda sul territorio, che permettono l'invio
quasi sistematico dei minori stranieri che arrivano al servizio
sperimentano condizioni di vita più stabili di quelli che vivono in comunità e il cui unico
punto di riferimento stabile spesso sono l'assistente sociale o l'educatore. Durante le
interviste fatte alle assistenti sociali degli ambiti territoriali coinvolti nella ricerca gli
aggettivi utilizzati per descrivere le situazioni dei minori stranieri non accompagnati
affidati a parenti entro il quarto grado rimandano all'equilibrio, alla normalità, alla
tranquillità.
La percezione di questa maggiore stabilità e normalità del quadro di vita, che non ha le
caratteristiche della precarietà e della pericolosità che spesso sono associati alla figura del
minore stranieri non accompagnato, determina un monitoraggio meno stringente. La sua
frequenza è diversa da servizio a servizio e varia da una o due volte all'anno fino a una
volta al mese o ogni due mesi. Il numero dei colloqui e delle visite dell'assistente sociale
dipende, in primo luogo, dal tipo di situazione. Dove le problematicità sono maggiori e il
contesto familiare più fragile l'assistente sociale è più presente. Per chi entra in contatto col
servizio a ridosso della maggiore età, invece, i rapporti con l'assistente sociale si limitano
quasi esclusivamente alla procedura per l'ottenimento del permesso di soggiorno e il
riconoscimento dell'affido. I più piccoli, invece, che restano in carico ai servizi sociali per
più tempo e che spesso intraprendono percorsi scolastici, sono monitorati con maggiore
assiduità.
Le assistenti sociali che sono solite monitorare in modo continuativo anche i casi dei
minori stranieri non accompagnati affidati a parenti hanno evidenziato come contatti più
frequenti con i minori e i loro parenti permettano di costruire relazioni di fiducia, che si
rivelano importanti nel caso in cui sorgano problemi per il minore. I problemi non sono
generati da condizioni di pericolo, abbandono o trascuratezza, ma riguardano piuttosto la
crescita e l'equilibrio del minore, specie in un momento così delicato come quello
dell'adolescenza e della preadolescenza, e i rapporti familiari.
La dimensione relazionale, infatti, è molto delicata per questi minori, che si trovano in
Italia senza genitori in una fase così cruciale del loro sviluppo. Questo è vero non solo per i
minori collocati in comunità, ma anche per quelli affidati a parenti. Le assistenti sociali
raccontano che talvolta si trovano a dover mediare conflitti tra il minore e il parente,
poiché possono sorgere problemi di relazione legati alle richieste del minore e alle sue
esigenze di emancipazione e libertà. Questi conflitti possono essere acuiti dal nuovo
contesto culturale in cui il minore cresce, che non sempre corrisponde a quello di
riferimento del parente e del Paese di origine, o dalla ridotta differenza di età tra il minore
e il parente che lo ha in affido. Altre difficoltà nascono quando l'affidatario chiede che il
minore contribuisca al bilancio familiare11, oppure in merito alla dimensione religiosa.
Anche in rapporti tra il parente affidatario e i genitori del minori rimasti nel Paese
d'origine possono, col tempo, causare delle tensioni, perché, per esempio, questi ultimi
non colgono l'effetto che il nuovo contesto di vita ha sul minore o le difficoltà che la sua
crescita in Italia presenta. Il rapporto con il servizio può rappresentare per il minore e per
la sua famiglia allargata una risorsa importante per riuscire a superare con successo questi
problemi.
Il monitoraggio della situazione di questi minori è reso più efficace quando vi è una
consolidata collaborazione tra i servizi sociali e le altre istituzioni sul territorio, in
particolare quella scolastica, che possono segnalare l'insorgere di problemi o criticità.
11 Questo avviene solitamente una volta che il minore abbia cominciato a lavorare.
Conclusioni
La ricerca, nel dare voce agli operatori che quotidianamente si occupano dei minori
stranieri non accompagnati presenti sul territorio, ha messo in luce alcuni elementi
importanti.
In primo luogo, è emersa la paradossalità della condizione dei minori stranieri non
accompagnati, nella misura in cui i diritti che gli vengono riconosciuti sono a tempo e
rischiano di azzerarsi al raggiungimento della maggiore età. Un altro elemento importante
è il rischio che i casi che sono intercettati dai servizi sociali siano solo una piccola parte di
quelli effettivamente presenti sul territorio e che permangano situazioni di minori stranieri
soli e in erranza o affidati di fatto a parenti o altri adulti, senza che alcuna istituzione ne
verifichi l'idoneità. L'invisibilità si accompagna spesso alla mancata scolarizzazione e
moltiplica i rischi di precarietà e sfruttamento. In terzo luogo, le esperienze positive dei
servizi che si avvalgono dell'aiuto del mediatore culturale, anche in presenza di un parente
con sufficienti competenze in italiano, richiamano l'attenzione sull'importanza della
dimensione comunicativa e relazionale tra gli utenti e il servizio. Questo è ancora più
importante nella misura in cui alcuni operatori segnalano la difficoltà di verificare e
approfondire le informazioni, spesso vaghe, fornite sia dai minori che dai loro parenti,
qualora si trovino affidati a loro. Un rapporto più approfondito con gli utenti permette al
servizio di diventare un punto di riferimento per i minori stranieri non accompagnati,
ovviando anche solo in parte alla loro fragilità e all'isolamento che sperimentano,
trovandosi separati dai genitori in un Paese straniero. Anche per quelli affidati a parenti, il
servizio sociale può diventare una risorsa per massimizzare le opportunità a disposizione
e per superare le difficoltà relazionali legate non solo all'adolescenza, ma anche alla
convivenza con un adulto tutore diverso dai propri genitori. Infine, la riduzione delle
risorse a disposizione, il carico di lavoro e la frammentazione delle ore degli operatori
sono elementi che possono contrarre eccessivamente il coinvolgimento del servizio sociale,
impedendo agli operatori di concentrarsi sulla progettazione di percorsi di inserimento
per i minori in carico. Nei territori in cui le partnership e le collaborazioni tra operatori e
istituzioni sono più consolidate, l'inserimento dei minori stranieri non accompagnati
all'interno del tessuto locale è potenziato, così come il monitoraggio dei loro percorsi.
È importante che anche per gli affidi a parenti entro il quarto grado il ruolo dei servizi
sociali vada oltre l'iter burocratico e vengano messe in campo tutte le risorse mobilitate per
i minori stranieri non accompagnati collocati in comunità o per gli affidi extrafamiliari.
Anche quando il progetto migratorio espresso dal minore ed, eventualmente, dal parente
che lo ospita è chiaro, così come il mandato espresso dalla famiglia rimasta nel Paese
d'origine, e si focalizza intorno alle motivazioni economiche e alla necessità di guadagnare
per inviare i soldi a casa, è importante cercare di valorizzare le competenze del minore,
attraverso un percorso di studio idoneo. In questo modo il servizio riesce ad rappresentare
veramente un'opportunità di promozione ed emancipazione per il minore, massimizzando
le risorse a sua disposizione. Al contempo, è importante non sottovalutare i rischi e le
criticità a cui può essere esposto, specie dal punto di vista emotivo e relazionare. Crescere
in un Paese straniero non è facile per i minori che si trovano in Italia con la propria
famiglia ed è ancora più difficile per quelli separati dai propri genitori e privi del loro
sostegno emotivo. Il coinvolgimento del minore e il suo rapporto con il servizio sociale e
gli operatori di riferimento sono variabili determinanti per l'esito del progetto migratorio
e, quindi, per la sua permanenza in Italia e la conversione del permesso di soggiorno dopo
il diciottesimo anno di età.
Bibliografia
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