scarica - Pasquale CLARIZIO

Transcript

scarica - Pasquale CLARIZIO
C. Situazioni possessorie.
36. Fattispecie. Il legislatore definisce il possesso come il potere sulla cosa, che si manifesta in
un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di un altro diritto reale (art. 1140 c.c.).
Il possesso è qualificato: come situazione di fatto, in contrapposizione alla proprietà e agli altri
diritti reali, che sono qualificati situazioni di diritto, e come un atto giuridico, perché fattispecie
produttiva di conseguenze giuridiche.
Il possesso consiste essenzialmente in un comportamento diretto al godimento e
all’utilizzazione, attuali e futuri, di un bene; esso si configura sia nell’attività corrispondente
all’esercizio del diritto di proprietà, sia nella condotta corrispondente all’esercizio di un diritto
reale su cosa altrui.
Il possessore è colui che gode e utilizza un bene, indipendentemente dalla circostanza che sia
oppure no titolare di un diritto reale sul bene in suo potere; accanto a quest’elemento materiale vi
è un elemento spirituale, ossia l’animus possidendi, l’intenzione del possessore di usare la cosa
come il proprietario.
Da qui si può fare la differenza tra possessore e detentore; il detentore, a differenza del
possessore ha una diversità di condotta, in quanto, non si comporta come il proprietario e
riconosce l’altrui diritto sulla cosa.
Il possesso mediato consiste nel fatto che il possessore non possiede direttamente il bene, ma per
mezzo di un’altra persona, il detentore.
Se il detentore volesse diventare possessore non basta la volontà di comportarsi come il
proprietario, ma c’è bisogno di atti giuridici, come la vendita o una donazione di quel bene a suo
favore, oppure un suo atto di opposizione nei confronti del proprietario (es: rifiuto di pagare i
canoni o di restituire la cosa alla scadenza del contratto, ecc…).
Se, invece, il possessore volesse diventare proprietario, egli deve compiere atti di opposizione
contro il diritto del proprietario: tale mutamento si chiama interversione del possesso (art. 1164
c.c.).
37. Rilevanza del possesso. Al possesso la legge collega tre ordini di conseguenze:
a) garantisce al possessore protezione del suo interesse al godimento e all’uso del bene
contro turbative e molestie da parte di terzi;
b) attribuisce al possessore una posizione più vantaggiosa rispetto l’onere della prova; egli
non deve provare nulla, piuttosto è il proprietario a dover provare la sua titolarità;
c) riconosce al possessore senza di titolo di poter acquistare il diritto corrispondente al
comportamento tenuto.
La dottrina più recente tende invece a dare primaria importanza alla tutela giurisdizionale e a
individuare il fondamento non tanto in un interesse particolare del possessore, quanto
nell’interesse generale a mantenere la pacifica convivenza dei consociati, assicurando
l’immediato ripristino dello stato di fatto esistente (comportamento possessorio) e rinviando a un
momento successivo la questione relativa al diritto delle parti in conflitto (fase petitoria).
38. Inizio e durata del possesso. Il possesso si costituisce a titolo originario, tramite
apprensione del possesso del bene, e a titolo derivativo, tramite consegna del bene da parte di un
altro soggetto (il precedente possessore).
La consegna non è necessaria quando:
a) chi diviene possessore è già detentore;
b) chi cede il possesso conserva la detenzione.
Non possono invece costituire fondamento all’acquisto del possesso gli atti di tolleranza, cioè
l’uso dell’altrui bene per ragioni di amicizia, cortesia o di buon vicinato (art.1144 c.c.).
Le regole circa la determinazione della durata del possesso sono (art. 1142 e 1143 c.c.):
a) il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore;
b) chi ha posseduto in tempo anteriore e ora possiede in tempo attuale, si presume abbia
posseduto in tempo intermedio;
54
c) se il possessore ha un titolo (compravendita) si presuma che possieda dalla data del titolo,
salvo prova contraria.
I periodi di possesso di persone diverse si possono cumulare e si configurano così la successione
nel possesso e l‘accessione nel possesso.
La successione nel possesso si ha nell’ipotesi di successione a titolo universale, quando l’erede
continui il possesso del defunto con effetto all’apertura della successione. Se il possesso del
defunto era di buona fede, si considera tale anche quello dell’erede; se era, invece, di mala fede
si considera tale anche quello dell’erede (art. 11461 c.c.).
L’accessione nel possesso si ha quando il successore a titolo particolare non continua
automaticamente il possesso del suo dante causa, ma può, se gli giova, unire il proprio possesso a
quello del suo autore (proprietario) al fine di goderne gli effetti (art.1146² c.c.).
39. Possesso di buona fede ed effetti del possesso. È possessore di buona fede, chi possiede
nell’ignoranza di ledere l’altri diritto, cioè ignorando l’altruità della cosa (art. 1147¹ c.c.); è
possessore di mala fede, chi sa di ledere l’altrui diritto.
La buona fede s’identifica nell’ignoranza, ossi della non conoscenza certa del proprietario; essa
si presume, salvo prova contraria, essendo sufficiente la sua presenza al momento dell’acquisto.
Questa ignoranza non va, però, generalizzata, in quanto l’ordinamento prevede che, anche con un
minimo di diligenza, l’acquirente è capace di capire se il dante causa è il proprietario o non (es:
ricettatore). Tuttavia la legislazione prevede e tutela il possessore di buona fede, riconoscendo
diritti e obblighi. Fra gli obblighi, vi è la restituzione della cosa al proprietario.
Fra i diritti, abbiamo:
a) il possessore di buona fede ha il diritto di fra propri i frutti prodotti fino al giorno della
domanda di rivendicazione; il possessore di mala fede, invece, deve restituire i frutti
indebitamente percepiti, ma ha comunque diritto al rimborso delle spese (art. 1148 e 1149
c.c.);
b) il diritto ad un’indennità (superiore rispetto a quella spettante al possessore di mala fede)
per le riparazioni, i miglioramenti, le addizioni portate alla cosa (art. 1150 c.c.);
c) un particolare strumento di autotutela: il diritto di ritenzione, cioè il diritto di non
restituire la cosa finché non gli sia corrisposta l’indennità dovuta o non siano prestate
idonee garanzie (art. 1152 c.c.).
Il legislatore ritiene proprietario il possessore in buona fede che abbia acquistato il bene mobile
dal malfattore, a patto che vi siano due presupposti (art. 1153 c.c.):
a) la buona fede iniziale, ossia ignori che il dante causa non è il proprietario;
b) esista un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà (es: una vendita o una
donazione, che sono contratti traslativi della proprietà, non invece un contratto di
locazione).
Nella risoluzione dei casi tra possessori di buona fede si ricorre spesso al principio possesso vale
titolo, ossia la supposizione che il possessore sia anche il proprietario, e si preferisce tutelare il
primo possessore (art. 1155c.c.).
40. Usucapione. L’usucapione è un modo di a acquisto della proprietà a titolo originario,
mediante il possesso continuato nel tempo, per il numero di anni previsti dalla legge, di beni
immobili, universalità di mobili, mobili beni registrati e beni mobili non registrati (art. 1153
c.c.).
Si possono acquistare anche i diritti reali di godimento ad eccezione delle servitù non apparenti
(art. 1061 c.c.). Il termine ordinario di usucapione è di 20 anni per i beni immobili e per le
universalità di mobili; di 10 anni per i beni mobili registrati (art. 1158, 1160¹, 1162² c.c.). per i
beni mobili non registrati, la proprietà si acquista mediante il possesso continuato per 10 anni, se
il possessore è in buona fede; se è in mala fede, l’usucapione si compie con il decorso di 20 anni.
Chi acquista in buona fede un bene immobile da chi non è proprietario, in forza di un
titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto (la trascrizione
è elemento costitutivo della fattispecie acquisitiva), ne compie l’usucapione con il decorso di 10
anni dalla data di trascrizione (art. 1159¹ c.c.).
55
Per i beni mobili registrati, l’usucapione abbreviata di 3 anni (art. 1162¹ c.c.). Nell’ipotesi di
acquisto in buona fede di universalità di mobili da chi non è proprietario, in forza di un titolo
idoneo a trasferire la proprietà, l’usucapione si compie in 10 anni (art. 1160¹ c.c.). Termini
speciali e più brevi sono stati introdotti per l’usucapione della piccola proprietà rurale (art.
1159bis c.c.): il termine è di 15 anni per il possesso continuato, di 5 anni dalla data della
trascrizione nel caso di chi acquisti in buona fede da chi non è proprietario, in forza di un titolo
che sia idoneo al trasferimento della proprietà e che sia debitamente trascritto. Vengono usucapiti
anche gli annessi fabbricati.
Il termine necessario per l’usucapione inizia a decorrere quando:
a) dopo la fine della violenza o clandestinità, se il possesso fu iniziato in modo violento
(rapina) o clandestino (di nascosto);
b) dopo la conflittualità fra possessore e proprietario, se il possesso è mutato in forza di
un’opposizione fatta dal possessore contro il diritto del proprietario o per la causa
proveniente da un terzo (art. 1164 c.c.: interversione del possesso).
Il decorso del termine può essere sospeso o interrotto per le stesse cause che valgono per la
prescrizione (art. 1165 c..c); è altresì interrotto quando il possessore è privato del possesso per
oltre 1 anno.
Con l’usucapione si premia chi, pur senza averne diritto, utilizza i beni e li rende produttivi, a
scapito del proprietario rimasto inerte per lungo tempo. L’usucapione semplifica altresì la prova
del diritto di proprietà: colui che afferma di essere proprietario, è sufficiente che dimostri di aver
posseduto il bene per il tempo necessario per usucapire, valendosi, eventualmente, delle regole
dettate in tema di successione e accessione nel possesso.
41. Azioni possessorie e azioni di nunciazione. A difesa del possesso vi sono le azioni di
reintegrazione e di manutenzione.
L’azione di reintegrazione (o di spoglio) (art. 1168 c.c.) spetta al possessore che sia stato
violentemente o clandestinamente spogliato del bene, ed è diretta ad ottenere la reintegrazione
del possesso, ossia la restituzione della cosa. Deve essere esercitata entro 1 anno dallo spoglio o,
se lo spoglio è clandestino, entro 1 anno dalla sua scoperta. Il giudice, sulla base della semplice
notorietà dello spoglio ordina la reintegrazione.
L’azione di manutenzione (art. 1170 c.c.) spetta al possessore di beni immobili e di universalità
di mobili che sia stato molestato nel suo possesso. Essa è diretta ad ottenere la cessazione delle
turbative. Per la sua esperibilità occorre che:
1) il possesso duri continuamente ed ininterrottamente da oltre 1 anno;
2) il possesso sia stato acquistato in modo non violento né clandestino, altrimenti l’azione
può essere esercitata soltanto se è decorso almeno 1 anno dalla fine della violenza o
della clandestinità.
L‘azione può essere esperita anche da colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino,
al fine di essere rimesso nel possesso del bene (art. 1170³ c.c.): l’azione di manutenzione
cosiddetta recuperatoria.
Al possessore sono concesse anche le azioni di nunciazione (denuncia di nuova opera e
denuncia di danno temuto: art. 1171 e 1172 c.c.).
A differenza delle azioni petitorie, che richiedono all’attore la difficile prova del suo diritto sul
bene, le azioni possessorie richiedono esclusivamente la prova del possesso. I beni demaniali non
possono essere usucapiti.
Nella risoluzione delle controversie, il legislatore, mediante le azioni possessorie, assolve
esigenze di ordine pubblico e di salvaguardia della pace sociale, perché queste azioni sono
semplici e spedite. Successivamente chi crede di vantare diritti sulla cosa, oggetto della
controversia, può, mediante azioni petitorie, rivendicare il proprio diritto. Il nostro ordinamento
separa il giudizio petitorio e quello possessorio.
56