PES danesi in un “quasi libero” mercato del lavoro

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PES danesi in un “quasi libero” mercato del lavoro
Luca Stefanini
Italia Lavoro
»PES danesi
in un “quasi libero”
mercato del lavoro«
[
Prospettive e criticità della recente riforma, in fase di attuazione, dei
Servizi per l’impiego
l coinvolgimento dei cosiddetti attori esterni
nella politica per l’impiego danese, a partire dal
2003, rappresenta una delle principali innovazioni della riforma del mercato del lavoro “Più
persone a lavoro” (Flere i arbejde). Si tratta nella
pratica di contratti esterni di appalto fatti dal
Servizio Pubblico per l’Impiego (PES), soprattutto
per quanto riguarda l’indirizzo, l’organizzazione,
I
l’implementazione e gli effetti della politica per
l’impiego. In Danimarca non è la prima volta che il
monopolio del Servizio pubblico per l’impiego è
sottoposto al test del mercato e non è la prima volta
che attori esterni vengono coinvolti nelle politiche
per l’occupazione1. La pratica di fare degli esperimenti nell’ambito di affidamenti in appalto,
liberalizzazione o privatizzazione del PES non sembra
1 Fino al 1969, quando è nato il PES e gli è stato assegnato il monopolio dell'assegnazione dei posti di lavoro, i Fondi per
l'Assicurazione contro la Disoccupazione (UIF) erano di fatto autorizzati a informare i loro membri sui nuovi posti di
lavoro. Anche dopo il 1969 gli UIF hanno continuato a partecipare all'attività di ricerca e assegnazione del lavoro (con la
cosiddetta assegnazione parallela), anche se in forma ridotta. Nel 1990 c'è stata la liberalizzazione, volta a creare un
“libero mercato” cui prendevano parte UIF, sindacati e agenzie interinali. Ma non è mai stato raggiunto lo scopo poiché i
servizi del PES sono rimasti gratuiti. La riforma del mercato del lavoro del 1994 ha “liberalizzato” il settore della formazione e dell'aggiornamento. Il PES e le autorità locali potevano autorizzare attori “esterni” a occuparsi di formazione in
qualità di subappaltatori. Nel 2000, per gruppi target esattamente definiti, sono state introdotte le cosiddette “misure
speciali per l'assegnazione del lavoro”, che consistono in 10 settimane di contatto, assegnazione di un lavoro e guida.
Queste misure possono essere affidate a fornitori privati.
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poter essere attribuita soltanto all’idea generale di
più mercato e meno stato dell’attuale governo liberalconservatore. L’elemento nuovo del coinvolgimento
di attori esterni nei servizi per l’impiego è il fatto che
siano scomparse tutte le precedenti restrizioni quali
durata, obiettivi, gruppi target, valore medio dei
prezzi e tipologia delle attività. In linea di principio,
non esiste più alcun tipo di limitazione al numero e
al tipo di attività concesse agli attori esterni nello
svolgimento delle loro iniziative. Ciò significa che in
Danimarca controllo e gestione del “mercato” sono
alquanto limitati a livello centrale mentre gli attori
esterni hanno una totale libertà d’azione.
L’ipotesi politica è che un mercato libero per la
gestione delle offerte di lavoro e altri servizi per
l’impiego sia migliore e più economico del sistema
pubblico. Migliore perché si pensa che gli attori
esterni siano più specializzati nella realizzazione di
misure innovative per determinati gruppi target delle
cui esigenze i Servizi per l’impiego non si sono mai
occupati (laureati, rifugiati e immigrati, disoccupati
in età avanzata ecc.). E più economico perché gli
attori esterni sono motivati dagli incentivi economici
e dalla valutazione della loro efficienza, poiché i
disoccupati possono scegliere di rivolgersi al fornitore che propone le misure più efficienti e più
dinamiche. In tal modo, si creerà un mercato in cui
competizione, monitoraggio del mercato e risultati
comprovati saranno le caratteristiche sia delle misure
di attivazione che dell’ordinaria proposta di offerte
di lavoro, e nel quale gli attori saranno controllati
attraverso incentivi economici in termini di
pagamenti basati sulle performance. Lo scopo è, per
l’utente, trovare la strada più veloce e più diretta per
ottenere un posto di lavoro.
Nell’autunno 2002 la Danimarca si trovava al vertice
di una ripresa economica, con un tasso di disoccupazione basso (sotto il 4.5%) e il timore che potesse
venire a mancare la forza lavoro qualificata era
diffuso. La flessione economica verificatasi poco
tempo dopo e il costante aumento della disoccupazione (attualmente al 6.2%) non hanno comunque
indotto il governo a rinunciare alle proprie intenzioni
di creare un mercato libero per i servizi per l’impiego.
Quando il mercato era operativo da quasi due anni, il
Ministro per l’Occupazione ha detto, contenendo a
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stento la soddisfazione: “Non ricordo, nella politica
danese, alcun precedente di un così immenso
mercato creato da zero in così breve tempo. Un
mercato che, al di sopra di qualsiasi altra cosa, sta
già operando allo stesso livello del PES […] Gli
attori esterni sono qui per rimanere” (Nyt fra
Beskæftigelsesministeriet, No. 11, Novembre
2004). Secondo il Ministro per l’Occupazione la
questione non è più se ma come coinvolgere attori
esterni nella ricerca dei posti di lavoro. Il processo
si trova attualmente in fase di implementazione
operativa e l’attenzione è tutta rivolta alla eliminazione delle malattie infantili e degli attori privati
che non rendono.
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*
Formulazione politica
Vale la pena ricordare che “Più persone a lavoro”, che
prevede il coinvolgimento di attori esterni, è il risultato di un più vasto compromesso politico condiviso
da tutti i partiti. Il coinvolgimento di attori esterni,
nonostante la diffusa opposizione iniziale da parte
del Partito Socialdemocratico e dei sindacati,
potrebbe essere stato accettato perché, formalmente,
non è stato presentato come una privatizzazione, un
appalto esterno o una liberalizzazione del PES, bensì
come un semplice desiderio di includere “attori
esterni” nella politica dell’impiego: una descrizione
della decisione sicuramente più rassicurante. Un’altra
ragione che ha indotto il Partito Socialdemocratico e
i sindacati ad accettare il compromesso è stata la
definizione in termini molto ampi dell’espressione
attori esterni che permetteva di includere non
soltanto in fornitori privati ma anche i sindacati, i
fondi per l’assicurazione contro la disoccupazione, le
istituzioni pubbliche per l’istruzione ecc. Con il
compromesso, quindi, sindacati e fondi per l’assicurazione contro la disoccupazione sono diventati essi
stessi attori di questo nuovo mercato, e i sindacati
hanno assunto un duplice ruolo: non soltanto quello
di policy-maker (in veste di rappresentanti ai tavoli
della politica del mercato del lavoro, nelle agenzie e
nei comitati) a anche quello di policy-taker (destinatari della politica pubblica).
[
serie di intenzioni differenti. Il coinvolgimento di
attori esterni è giustificato dalla motivazione tecnicorazionale che né il PES né le autorità locali riescono a
raggiungere tutti gli angoli del mercato del lavoro. Si
dice che il mercato del lavoro danese sia caratterizzato da una vasta gamma di posizioni lavorative e
gruppi professionali con molti tipi di qualifiche e
livelli di istruzione, e per garantire a ogni singolo
disoccupato un trattamento flessibile e individuale è
necessario conoscere e capire i diversi settori del
mondo degli affari e diversi gruppi target. L’idea di
base è che il PES e le amministrazioni locali non sono
in grado di farlo. Si presume che tra i gruppi target
speciali ci siano i disoccupati con un diploma e quelli
svantaggiati, lavoratori in età avanzata, rifugiati,
immigrati. L’aspettativa è che gli attori esterni siano
in grado di apportare le loro esperienze specialistiche e, in questo modo, riescano a innovare le misure
di reintegrazione. Nella pratica, tuttavia, gli attori
esterni sono stati utilizzati soprattutto per alleggerire
il lavoro del PES nei nuovi periodi di contatto che
richiedono un particolare investimento di tempo.
Si tratta di una nuova misura della politica dell’impiego introdotta dalla riforma del mercato del lavoro
del 2002, secondo la quale il dipendente, sia del PES
che delle amministrazioni comunali, il case worker
di ciascun caso, deve mettersi in contatto con ogni
singolo disoccupato ogni 3 mesi. Fino ad oggi, quindi,
sembrerebbe che gli attori esterni non abbiano avuto
la possibilità di dimostrare le proprie competenze
Si tratta di una nuova misura della politica dell’impiego, secondo la quale il dipendente,
sia del PES che delle amministrazioni comunali, il case worker di ciascun caso, deve mettersi
in contatto con ogni singolo disoccupato ogni 3 mesi
I sindacati hanno quindi il doppio ruolo di tutelare
gli interessi dei disoccupati ma anche quello di fornitori di servizi. Il vasto consenso politico alla riforma
”Più persone a lavoro” e il coinvolgimento di attori
esterni possono probabilmente essere spiegati dal
fatto che è possibile identificare diverse argomentazioni politiche a sostegno dell’appalto esterno, il che
permette ai vari attori di leggere, nel programma, una
specialistiche come si pensava che dovessero fare.
Per rendere più razionale il sistema di appalto
esterno, è stata citata come fonte di ispirazione le
esperienze fatte nei Paesi Bassi. Come ha affermato il
Ministro dell’Occupazione di fronte al Consiglio dei
Ministri europei dell’Occupazione l’8 ottobre del
2002: “Ieri, di ritorno in Danimarca, ho stipulato un
accordo sulla politica dell’impiego ispirato sostanzial-
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mente dal sistema dei Paesi Bassi”. Nel 2002, alti
funzionari olandesi sono stati invitati a riferire al
Consiglio Nazionale per il Mercato del Lavoro sul
modello olandese e sulla riforma introdotta, e l’analisi di settore del Ministero danese per l’Occupazione
per la Commissione dell’Amministrazione Locale
conteneva una dettagliata relazione sul sistema di
occupazione olandese. Dal 2001 i Paesi Bassi hanno
completamente privatizzato il sistema del PES, e parti
di quello che una volta era il PES oggi competono, su
un piano di parità, con i fornitori privati. Come in
Danimarca, l’affidamento in appalto è avvenuto
contemporaneamente ai tentativi di armonizzare la
politica per l’impiego del PES con la politica sociale
dei comuni attraverso la creazione di un sistema di
centri unici one-shop system attraverso i cosiddetti
Centri per il Lavoro e il Reddito (Centres for Work
and Income: CWI).
Nei Paesi Bassi, le ragioni principali che hanno spinto
ad appaltare i servizi sono stati il desiderio di migliorare l’efficienza del sistema per l’occupazione, la
riduzione dei costi e la riduzione dell’influenza esercitata dalle parti sociali nella politica dell’impiego. Gli
attori del mercato privato per la reintegrazione sono
pagati in base al principio “niente rimedio-niente soldi”
(soltanto bonus per la performance), e nel caso dei
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disoccupati più svantaggiati in base a quello del “niente
rimedio-meno soldi” (pagamento per la performance
e spese operative). Fino a oggi non è stata fatta una
valutazione generale dell’efficienza o degli effetti di
questo nuovo sistema olandese. Un certo numero di
esperienze preliminari, tuttavia, mostrano alcune
tendenze evidenti anche in Danimarca:
• nel Servizio per l’impiego domina una tendenza al
breve termine che si traduce nel fatto, per
esempio, che si organizzano meno interventi di
formazione e di minore durata, e che le iniziative
sono controllate attraverso i risultati e gli effetti e
non attraverso attività e processi (dalle indicazioni
amministrative agli accordi contrattuali);
• nelle gare di appalto si è assistito, di volta in volta,
a una diminuzione di competitività tra i partecipanti: il mercato, cioè, è sempre più dominato da
pochi, grandi fornitori;
• le riforme sono riuscite a mettere in disparte e
rendere passivi datori di lavoro e sindacati che non
partecipano né alla concezione, né alla pianificazione né all’implementazione della politica
dell’impiego;
• la riforma guarda a chi “offre lavoro” (i lavoratori)
e non alla parte del mercato che riguarda la
domanda, cioè i datori di lavoro.
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Importare in Danimarca la politica dei Paesi Bassi
è un’impresa difficile, sia perché il welfare state
olandese segue un modello di assicurazione sociale
di tipo europeo-continentale (con elevata sicurezza
dell’impiego e con i datori di lavoro che contribuiscono al finanziamento del welfare state attraverso
i contributi previdenziali) sia perché il mercato del
lavoro olandese è fondamentalmente diverso da
quello danese (molti lavori part-time, agenzie
interinali e un’intera gamma di contratti atipici).
Nel 1998 in Australia sono stati affidati in appalto
tanti servizi del PES come non si era mai verificato
nel mondo occidentale (OCSE 2001; Struyven og
Steurs 2002, 2003, 2004).
[
mercato del lavoro è la mancanza di incentivi economici per lavorare e non la mancanza di qualifiche e
competenze. Gli strumenti per realizzare questo
cambiamento sono sanzioni più rigorose, regole di
disponibilità e mobilità più rigide, reinserimento più
rapido piuttosto che formazione e sussidi per la disoccupazione per periodi più brevi e/o di livello inferiore
ecc. Secondo i principali decision-maker, gli streetlevel bureaucrats, operatori delle amministrazioni
pubbliche, ai quali vengono delegate funzioni propositive e valutative in merito all’erogazione di servizi
particolari, come quelli socio-assistenziali che
operano nel sistema pubblico, di fatto ostacolano
l’adozione di questo approccio più rigoroso.
Gli strumenti per realizzare questo cambiamento sono sanzioni più rigorose, regole di
disponibilità e mobilità più rigide, reinserimento più rapido piuttosto che formazione e
sussidi per la disoccupazione per periodi più brevi e/o di livello inferiore ecc.
Come nei Paesi Bassi – e in Danimarca – l’obiettivo
era aumentare l’efficienza del sistema e ridurre i
costi; tuttavia la riforma è stata più draconiana in
quanto, contemporaneamente, è stato dimezzato il
budget per la politica attiva. Come in Danimarca e
nei Paesi Bassi, l’appalto si combinava con un sistema
di occupazione a un unico livello (Centrelink) indirizzando i disoccupati agli attori esterni (the Job
Network). Una conseguenza della riforma sembra
essere stato il targeting delle iniziative per l’occupazione, il che significa che i disoccupati più deboli
hanno bassa priorità.
Altro motivo per l’affidamento in appalto dei servizi
del PES, è il desiderio di cambiare la politica dell’impiego indirizzandola verso un approccio socialmente
più disciplinato. Nel contesto danese, lo scopo è
quello di eliminare dalla politica del mercato del
lavoro l’approccio del capitale umano, focalizzato su
formazione (basata sulle esigenze), piani d’azione
individuali e inclusione sociale, per adottare l’approccio secondo il quale stage di breve durata, guida alla
carriera e corsi per imparare a redigere il CV sostituiscono le misure di attivazione di lunga durata. In
questo tipo di approccio, l’ostacolo al rientro nel
Che nel sistema del PES persistano una certa inerzia
e resistenza nei confronti dell’appalto dei Servizi per
l’impiego non dovrebbe sorprendere. Qualcuno
probabilmente considera questa misura un ripudio
del lavoro da loro svolto e pensa che, in realtà, sia
una sistema per disciplinare non soltanto i disoccupati ma anche gli streetlevel bureaucrats degli uffici
del PES e delle amministrazioni comunali.
*
La natura del quasi-mercato
danese per i servizi per
l’impiego
Fin dall’inizio determinate caratteristiche rendono il
quasi-mercato danese per i servizi per l’impiego
diverso da quelli di Paesi Bassi e Australia, con
profonde implicazioni per la gestione e per l’implementazione della riforma. Come accennato
nell’introduzione, la guida centralizzata e il controllo
dei partecipanti alla gara d’appalto nel processo del
quasi-mercato sono carenti. A parte l’obiettivo
(almeno il 10% dei disoccupati del sistema del PES
deve passare ad attori esterni), tutte le altre decisioni
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sono state delegate ai Consigli regionali del mercato
del lavoro (Regionale Arbejdsmarkedsråd: RAR) e alle
Autorità locali. I RAR e le Autorità locali decidono in
maniera indipendente quali target e che tipo di attività
affidare in appalto, la finalità e la natura delle gare di
appalto, i criteri di selezione e di stanziamento, il
prezzo, il monitoraggio ecc. Diversamente da quanto
avviene in Australia, dove sembra esserci una forte
gestione centralizzata attraverso gli appalti nazionali,
e nei Paesi Bassi, dove vengono stabiliti i criteri principali per target e prezzi, il quasi-mercato danese è
stato, per così dire, passato alle autorità decentralizzate come oggetto di vendita all’ingrosso. Ciò ha
causato delle notevoli diversità tra regioni e autorità
locali, per esempio nel come, perché e con quali risultati gli attori esterni sono stati coinvolti nelle diverse
misure.
[
Nella prima gara d’appalto, che ha avuto luogo nella
primavera del 2003 nei 14 consigli regionali per il
mercato del lavoro (RAR), ci sono state 617 offerte
da parte di attori esterni. Sono stati stipulati 163
accordi, il 57% dei quali con aziende private, il 25%
con sindacati e l’8% con istituzioni pubbliche. Nella
seconda fase, ogni regione ha firmato contratti specifici e vincolanti con ogni fornitore, definendo i target
e il tipo di servizi forniti. Il mercato danese dei Servizi
per l’impiego è caratterizzato da un numero relativamente alto di acquirenti e fornitori, situazione che in
teoria dovrebbe creare le basi per un mercato competitivo. Secondo la valutazione dell’Amministrazione
nazionale del mercato del lavoro, tuttavia, il 93% di
La valutazione indica inoltre che i fornitori usano in gran parte gli stessi metodi del PES e
quindi, diversamente dalle aspettative, non hanno apportato un grande contributo in
termini di innovazione metodologica
In questo senso la concezione del quasi-mercato
segue la tradizione danese di una politica del mercato
del lavoro decentralizzata e, in senso più generale, la
tradizione di una vasta gestione delle questioni a
livello locale. Ciò può creare problemi non soltanto
per quanto riguarda l’uguaglianza di fronte alla legge
(arbitrarietà) per il singolo disoccupato, ma anche
nella gestione dell’impostazione macro-economica
del mercato del lavoro. Altra caratteristica del quasimercato danese è il forte coinvolgimento delle parti
sociali, in particolare attraverso i consigli regionali e
nazionali del mercato del lavoro, di cui fanno parte
rappresentanti delle amministrazioni comunali, delle
associazioni di categoria, dei sindacati e del sistema
PES statale. Nell’ambito dei consigli, che sono responsabili del processo di appalto, le parti sociali sono
coinvolte in tutte le fasi del processo di assegnazione
in appalto. Poiché i sindacati sono coinvolti anche in
veste di fornitori di servizi, il loro è un doppio ruolo:
policy-maker ma anche policy-taker (destinatari della
politica) il che potrebbe creare conflitto di interessi.
[ 88 ]
*
Efficienza
quelli che sono gli attuali attori collaborava già con il
PES e con le autorità locali anche prima della gara di
appalto. Non si tratta pertanto di un nuovo mercato
ma dell’estensione di un mercato precedentemente
esistente.
La valutazione indica inoltre che i fornitori usano in
gran parte gli stessi metodi del PES e quindi, diversamente dalle aspettative, non hanno apportato un
grande contributo in termini di innovazione metodologica. Vale la pena notare anche che la limitata
esperienza delle autorità locali nell’affidamento in
appalto di servizi per l’impiego: soltanto una su
quattro autorità locali hanno menzionato una previa
esperienza con “attori esterni” e soltanto una su
cinque ha utilizzato gare di appalto.
Solo in un terzo delle 51 autorità locali che fanno
ricorso ad attori esterni l’onorario è relativo alla
performance fornita. Dal 2003 al secondo trimestre
del 2004, poco meno di 200.000 disoccupati sono
stati affidati ad attori esterni. Il numero è costantemente aumentato, in maniera significativa, da
PES danesi in un “quasi libero” mercato del lavoro
quando, agli inizi del 2003, è entrato in vigore il
programma “Più persone a lavoro”. Nel 2003, all’inizio di ogni trimestre erano 10-20.000 per poi salire a
40.000 nel corso del 2004. Nelle regioni c’è una
diffusa dispersione nel numero dei disoccupati inviati
agli attori esterni, come si vede nelle cifre dei target
regionali: il minimo richiesto per il passaggio ad attori
esterni era stabilito al 10% dei disoccupati. La percentuale di disoccupati inviati agli attori esterni era in
media del 22% nel 2003 e varia dal 10% al 44% in una
determinata regione.
Nella primavera del 2004, la media è salita al 30%.
Dopo l’implementazione della riforma delle amministrazioni locali del 2007, i consigli regionali per il
mercato del lavoro saranno in grado di obbligare i job
centre locali a dare in appalto alcuni servizi se rimangono molto al di sotto degli obiettivi stabiliti per la
regione. Nonostante queste variazioni regionali, va
detto che le ambizioni del governo, in termini quantitativi, sono state pienamente raggiunte per quanto
riguarda l’affidamento in appalto. Nel 2003 il costo
per il coinvolgimento di “attori esterni” ammontava a
348 milioni di DKK (46.5 milioni di Euro), dei quali
335 milioni di DKK erano stati spesi per i periodi di
contatto (96 %). Nel 2004 la cifra dovrebbe quasi
raddoppiare, stando alle aspettative, per arrivare a
679 milioni di DKK (90.5 milioni di Euro), con oltre
l’80% speso nei periodi di contatto e il rimanente 20%
in misure di attivazione (Arbejdsmarkedsstyrelsen
2004b). In accordo con l’aspirazione del governo a
far cessare l’industria dell’attivazione, l’attivazione e i
piani individuali di occupazione sono utilizzati su
scala molto ridotta. Le risorse vengono investite nella
nuova attività del periodo di contatto (ogni disoccupato deve essere contattato da un fornitore o un
rappresentante del PES/autorità locale almeno ogni
tre mesi durante il periodo di disoccupazione). Il
primo effetto preliminare mostrato dall’analisi svolta
dall’Amministrazione del Mercato del Lavoro danese
è che per tutte le persone trasferite agli attori esterni
nel terzo trimestre del 2003, il rapporto medio di
autosufficienza economica per un periodo di 26 settimane dopo il primo incontro con l’attore esterno è
di 0.25, una riduzione media di 6 settimane su 26.
Riguardo ai periodi di contatto cosiddetti esclusivi,
cioè soltanto con un fornitore di servizi o con il PES,
risulta che il rapporto medio di autosufficienza
economica è ridotto allo 0.31 con gli attori esterni
(8.06 settimane) contro lo 0.28 (7.28 settimane) del
PES. In altre parole, gli “attori esterni” hanno una
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PES danesi in un “quasi libero” mercato del lavoro
performance lievemente migliore del PES perché
fanno tornare il disoccupato a lavorare sei mesi dopo
l’inizio del periodo di contatto, mentre il PES ottiene
risultati lievemente migliori con disoccupati di breve
durata e quelli in età avanzata.
*
Reattività
Un altro scopo dell’incremento del coinvolgimento
di attori esterni è stato quello di rendere il sistema
per l’occupazione più reattivo alle esigenze dei disoccupati e delle autorità, locali e regionali.
Come affermato nel piano d’azione del governo, ci si
auspica un approccio individuale e flessibile a tutti i
disoccupati e una riduzione della burocrazia. In linea
di principio, il quadro generale molto ampio
delineato in “Più persone a lavoro” potrebbe migliorare la reattività in quanto è compito delle Regioni
stesse adattare le diverse misure in base alle esigenze
e alle condizioni, individuali e regionali. Le possibili
ragioni che hanno indotto a coinvolgere attori esterni
variano, effettivamente, da regione a regione:
• alleggerire il sistema del PES;
• offrire flessibilità diventando capaci di aumentare
o diminuire il numero di fornitori in base al ciclo
di affari e alla struttura del problema;
• apportare innovazione, in quanto si pensa che gli
“attori esterni” utilizzino metodi e strumenti nuovi;
• specializzarsi nei singoli target.
[
Il monitoraggio della qualità nello svolgimento dei compiti è ulteriormente intralciato dalla
mancanza di un sistema integrato della qualità a livello nazionale e dal fatto che gli attori
esterni hanno interesse a non rendere pubblice le proprie best practice
Nella pratica, tuttavia, le regioni hanno utilizzato gli
attori esterni soprattutto per alleggerire il lavoro nei
periodi del contatto, cosa che in qualche modo si
scontra con l’idea di specializzazione e innovazione
contenuta nella riforma. Questa forma di utilizzo è
probabilmente la conseguenza della forte questione
politica sulle regioni affinché rispettino le indicazioni
sul volume stabilite a livello centrale (indirizzare il
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10% dei disoccupati ad attori esterni) ma anche della
trasformazione del precedente 75% di attivazione nel
periodo in cui si percepiva l’indennità di disoccupazione nel nuovo periodo di contatto di 3 mesi,
procedura che sembrerebbe richiedere un forte
investimento di risorse.
Conseguenza di questa strategia delle risorse sono
misure semplici e a breve termine che mirano più a
minimizzare i costi che non a massimizzare gli effetti.
Il ruolo del PES in questo contesto è quello di
controllare e sanzionare i fornitori inadempienti,
funzione che può facilmente creare un rapporto
competitivo e non una partnership.
Sono emersi problemi di informazioni, internamente
nell’ambito del sistema dell’occupazione ed esternamente tra attori esterni e disoccupati. È un fenomeno
noto dei quasi-mercati, che spesso hanno una
connessione extra che collega autorità e cittadini che
varie forme di asimmetria nell’informazione possono
aver generato. Spesso regioni e autorità locali hanno
difficoltà a descrivere con precisione le funzioni date
in appalto. Per loro è stato difficile fornire informazioni esatte sul modo in cui hanno svolto le funzioni
fino ad ora, e su come svolgono le nuove, previste
dalla riforma del 2002 del mercato del lavoro.
Per questa ragione i bandi per le gare di appalto erano
imprecisi e gli attori esterni hanno interpretato i
compiti da svolgere in maniera diversa da come li
interpretavano le regioni: a livello pratico, chiarire e
mettere a punto le richieste ha causato un’enorme
quantità di lavoro. Gli attori esterni, da parte loro,
sentivano di andare a tentoni nel momento in cui,
prima di presentare un’offerta, dovevano decifrare le
richieste delle autorità pubbliche, mentre secondo le
autorità gli attori esterni non sono riusciti a realizzare
le grandiose proposte indicate nei programmi.
Alcune autorità hanno emesso bandi per gare di
appalto volutamente generalizzati e imprecisi, quindi
PES danesi in un “quasi libero” mercato del lavoro
difficili da interpretare. L’assenza di una terminologia comune per identificare le attività tende a
produrre un mercato non trasparente. Il monitoraggio della qualità nello svolgimento dei compiti è
ulteriormente intralciato dalla mancanza di un
sistema integrato della qualità a livello nazionale e
dal fatto che gli attori esterni hanno interesse a non
rendere pubblice le proprie best practice. Infine, la
qualità della performance degli attori esterni è
ostacolata dalle discrepanze nelle cifre dei disoccupati divulgate e in quelle pattuite, ma anche dalla
scarsa informazione sui disoccupati fornita dal PES.
Quindi, in questo nuovo mercato si verificano
problemi di una certa rilevanza nello scambio di informazioni, sia internamente al sistema pubblico, dove
l’introduzione di sistemi amministrativi e il ricorso
alle risorse della Information Technology sono
ancora in corso tra le autorità e gli attori, esterni dove
la mancanza di trasparenza è dovuta a modelli di
pagamenti alquanto complessi, bandi di appalto
imprecisi, confusione riguardo alla terminologia ed
enormi differenze da regione a regione nella forma
di coinvolgimento. Di questi problemi risentono
anche i disoccupati, confusi dalla incoerente ripartizione delle responsabilità tra PES e attori esterni, e
non sufficientemente informati sui propri diritti e
responsabilità poiché un certo numero di attori
esterni sembra non avere la conoscenza di base della
legislazione.
*
Libertà di scelta
Nella teoria del quasi-mercato, la questione della
reattività è strettamente legata al grado di libertà di
scelta, sia per il singolo disoccupato che deve
decidere il fornitore di servizi cui rivolgersi, sia per le
autorità che devono scegliere con chi collaborare. In
linea di principio, un disoccupato deve avere la
libertà di scelta se ci sono a disposizione diversi
attori, tutti ugualmente efficienti. La libertà di scelta
offre una serie di vantaggi. La competitività creata dal
disoccupato che probabilmente sceglierà il fornitore
di maggior successo dovrebbe indurre a migliorare la
qualità dei servizi forniti. La libertà di scelta può
aiutare a potenziare la ricettività del sistema poiché il
disoccupato avrà maggiori opportunità di cercare i
servizi di cui ha bisogno. E infine la libertà di scelta,
in teoria, dovrebbe costituire per il disoccupato una
forma di potere che fa aumentare i suoi diritti.
In ogni caso il 64% dei disoccupati sono soddisfatti
di essere stati indirizzati ad attori esterni, mentre il
66% dei disoccupati rimasti nel sistema PES è soddisfatto dei servizi offerti. Il 75% dei partecipanti che,
grazie ai servizi, hanno trovato lavoro, non pensa
però che sia merito dell’attore esterno. Una possibile
spiegazione è che gli attori esterni – diversamente
da quanto ci si sarebbe aspettati – o hanno un
contatto limitato con la comunità degli imprenditori
o non vogliono far ricorso alla loro rete di contatti
con questa comunità perché ritengono che loro
compito principale sia fornire al disoccupato le
competenze necessarie a candidarsi per un lavoro e
ottenerlo, non trovargli un’occupazione.
*
Implicazioni per la politica
Le conclusioni della valutazione dell’Amministrazione
del mercato del lavoro danese sul coinvolgimento di
attori esterni sono prevalentemente positive: è stato
creato un mercato che per lo meno funziona. Un
mercato in cui gli attori esterni sono leggermente
migliori del PES in un certo numero di ambiti e che
offre iniziative su misura per i singoli disoccupati che
lo vedono in modo positivo. I problemi e le sfide
esistenti sul mercato sono considerati piccoli
problemi da sistemare che possono essere risolti
coinvolgendo maggiormente gli attori esterni.
Come
indicato
all’inizio,
il
Ministero
dell’Occupazione è orgoglioso del fatto che questo
nuovo mercato funzioni meglio del PES.
L’organizzazione centrale degli attori implicati nei
processi del mercato del lavoro, le associazioni di
categoria (DA) e il movimento dei sindacati (LO),
sembrano tutti concordi sul fatto che agli attori
esterni dovrebbe essere data una maggiore opportunità di mostrare le loro specifiche competenze e di
innovare le loro iniziative anziché limitarsi a dar loro
compiti finalizzati soltanto ad alleviare il sistema del
PES in attività operative come, per esempio, il
contatto con gli utenti. Tuttavia, il FTF, il Consiglio
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PES danesi in un “quasi libero” mercato del lavoro
Unificato dei lavoratori salariati e dei dipendenti
pubblici, insieme al SID, il sindacato generale dei
lavoratori, sono stati tra i più scettici sul coinvolgimento di attori esterni e, tra le altre cose, dicono che
gli attori esterni sono non professionali e fino a
quattro volte più cari del PES, un’accusa fermamente
respinta dal Ministero dell’Occupazione.
Fino ad ora il dibattito sugli attori esterni ha tralasciato una serie di problemi fondamentali implicati
dall’affidare all’esterno il sistema del PES. In una più
vasta prospettiva del mercato del lavoro rimane in
piedi la questione se i decision-maker politici hanno
affidato ad altri i meccanismi di controllo politico e
quindi le proprie responsabilità.
Come indicato in precedenza, è difficile gestire e
controllare il mercato del lavoro tramite attori
esterni, libertà di metodo ed incentivi economici. La
logica di mercato presuppone che il comportamento
dei fornitori verso i disoccupati si possa controllare
attraverso incentivi economici e risultati ottenuti, e
ciò crea rapporti di competitività non soltanto tra i
fornitori di servizi ma anche tra fornitori e acquirenti.
Promuovere delle partnership basate sulla fiducia
reciproca e su aspettative comuni diventa difficile se
i contratti si fanno in termini di mercato e gare di
appalto. Il comportamento invisibile che assicura
qualità, rispetto, uguaglianza e altri valori interpersonali non è quantificabile e, pertanto, non può essere
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definito in un contratto o misurato in base alla valutazione degli effetti. Inoltre, la logica economica del
basarsi sugli effetti documentati porterà i vari attori
del servizio per l’impiego a orientarsi verso il breve
termine. Questo tipo di mercato incoraggia soltanto
iniziative che promettono di fornire risultati rapidi e
quantificabili (la strada più rapida e più diretta per
trovare lavoro) e, di conseguenza, l’attivazione a
lungo termine e gli interventi formativi vengono
direttamente ridotti. Se in futuro saranno coinvolti
attori esterni, la grande sfida sarà quella di creare un
meccanismo nei quali sia possibile instaurare rapporti
di reciproca fiducia in questo quasi-mercato dei
servizi per l’impiego. In questo contesto sembra
esserci un’esperienza generale, non soltanto in
Danimarca ma anche nei Paesi Bassi e in Australia,
che dimostra come per i quasi-mercati sia difficile
gestire le persone meno occupabili sul mercato del
lavoro. È difficile evitare il fenomeno di trascurare le
fasce più deboli nell’ambito della logica del mercato
economico, quando gli effetti delle iniziative sono
incerti e quando i problemi dei disoccupati sono
complessi e richiedono misure dispendiose e a lungo
termine. Come precedentemente menzionato,
questo è legato anche al desiderio di introdurre
maggiore disciplina sociale (il lavoro innanzi tutto)
nella politica dell’impiego e, in questo senso, il
coinvolgimento di attori esterni diventa un importante strumento. Ma ridare lavoro al più presto
possibile a persone con enormi problemi sociali,
mentali e fisici è un compito difficile. Non senza una
certa sorpresa si è visto che gli attori esterni hanno
deciso di non fare ricorso ai loro contatti con il
mondo imprenditoriale per collocare i disoccupati.
Nonostante per anni le politiche del lavoro danesi
siano state oggetto di ammirazione, si riscontra un
problema comune a molti Paesi, ovvero un forte
orientamento verso l’offerta ed una scarsa attenzione
alla domanda. Nonostante le innovazioni previste
dalla riforma “Più persone a lavoro” sull’affidamento
in appalto del servizio del PES, per creare un sistema
di gestione dell’occupazione più sinergico, la riforma
continua a concentrarsi sull’offerta, preoccupandosi
di attivare i disoccupati, e non prende in considerazione l’altra parte del mercato del lavoro.