L`ordine delle parole tra linguistica e retorica

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L`ordine delle parole tra linguistica e retorica
Rosanna Sornicola (Università di Napoli “Federico II”)
L’ordine delle parole, tra linguistica e retorica
1. L’ordine delle parole, un problema antico nella storia della linguistica
Non fa meraviglia che la riflessione sull’ordine delle parole abbia caratterizzato vere e proprie
tradizioni linguistiche e culturali di paesi diversi, dall’antichità classica ad oggi. L’organizzazione
delle parole nel testo e nella frase racchiude una serie di fenomeni che hanno un’importanza
fondamentale non solo per ottenere la comprensione dell’ascoltatore o del lettore, ma anche per
catturare la sua attenzione o per colpire la sua immaginazione o la sua emotività. Il problema è stato
dunque ampiamente trattato sull’arco di due millenni non soltanto negli aspetti che oggi
definiremmo “strutturali”, ma soprattutto nelle sue implicazioni ideologiche e culturali, persino
politiche o religiose, e nelle sue ripercussioni pratiche. Basti pensare alla grandissima importanza
che l’ordine delle parole ha rivestito per la tradizione cristiana delle traduzioni della Bibbia, e in
seguito per le tradizioni europee di volgarizzamento dal latino, così come per le nuove visioni
grammaticali e retoriche emerse in vari paesi europei, con l’affermazione degli stati nazionali: la
teoria del riflesso dell’ordine dei pensieri nell’ordine delle parole degli studiosi di Port Royal e la
centralità dell’ordine naturale Soggetto, Verbo, Oggetto nella retorica del “plain style” affermatasi
nell’Inghilterra puritana sono due esempi significativi.
La retorica può certo vantare una esperienza di riflessione sull’ordine delle parole molto
antica, se è vero che grammatici e retori dell’antichità avevano già sviluppato conoscenze sofisticate
sulla compositio come arte della opportuna disposizione delle parole. Per Quintiliano l’ ordo era
una delle qualità necessarie alla struttura artistica, insieme alla iunctura (‘concatenzazione’) e al
numerus (‘ritmo’) (Inst. Or. IX, 4, 22). Quintiliano e Cicerone (cfr. De orat. III, 49, 192), mostrano
una chiara consapevolezza dell’importanza di alcune speciali posizioni nella struttura, come la
posizione iniziale e soprattutto quella finale:
“Spesso [...] un concetto importante sta in una parola: e se questa rimane nascosta in
mezzo alla frase, suole sfuggire all’attenzione ed essere oscurata da quelle che le stanno
vicine, mentre, se è posta in chiusura, viene fissata ed impressa nell’animo di chi
ascolta, come si può vedere in questo passo di Cicerone: ut tibi necesse esset in
conspectu populi Romani vomere (postridie). Sposta in qualche altro luogo l’ultima
parola, e la sua efficacia sarà sminuita” (Inst. Or. IX, 4, 29-30)1.
Nella concezione di Quintiliano l’ordine non doveva conformarsi in maniera rigida a regole
precostituite, come ad esempio che i nomi dovessero precedere i verbi e questi ultimi gli avverbi, o
che gli attributi e i pronomi dovessero seguire i nomi. Egli non ritiene necessario neppure che la
prima posizione sia occupata da ciò che avviene prima cronologicamente: quest’ordine è senza
dubbio preferibile, ma solo perché gli eventi che precedono sono spesso più importanti e, per
conseguenza, debbono essere posti prima di fatti di minor peso. Inoltre, se è vero che è di gran
lunga preferibile che il verbo chiuda la frase, poiché “è nel verbo che risiede il nerbo del discorso”,
neanche questo criterio può essere assolutizzato: se esso contravviene ai requisiti del ritmo deve
essere infranto, come si può riscontrare frequentemente negli autori greci e latini (Inst. Or. IX, 4,
26). In definitiva, al pari di altri retori del mondo classico, Quintiliano presenta una visione assai
flessibile del problema della collocazione delle parole, che dipende dalla sinergia di più fattori.
Questa visione è felicemente riassunta nella metafora della combinazione di pietre:
1
“Saepe tamen est vehemens aliquis sensus in verbo, quod si in media parte sententiae latet, transire intentionem et
obscurari circumiacentibus solet, in clausula positum adsignatur auditori et infigitur, quale illud est Ciceronis: “ut tibi
necesse esset in conspectu populi Romani vomere (postridie)”. Transfer hoc ultimum: minus valebit”.
1
“In realtà, le parole non sono misurate secondo i piedi, e vengono spostate da un luogo
all’altro appunto per essere unite nel punto in cui meglio si accoppiano, così come
nell’alzare un muro con pietre grezze è proprio la loro irregolarità che suggerisce a
quale pietra un’altra vada adattata e su quale possa reggersi saldamente. Nondimeno il
periodo più riuscito è quello, cui toccano e un ordine corretto e una concatenzazione
adatta e, unitamente a questi, un ritmo della cadenza conveniente” 2 (Inst. Or. IX, 4, 27).
Nella concezione classica coesistono quelli che, con una terminologia moderna, potremmo definire
aspetti semantici e sintattici, ed inoltre di sintassi di frase (frastica) e di sintassi al di sopra della
frase (transfrastica). Bisognerà aspettare gli ultimi decenni del XIX secolo, e in particolare lo
sviluppo di una riflessione sistematica sulla sintassi, con studiosi di lingue indoeuropee come
Bergaigne e Delbrück, per trovare trattazioni dell’ordine delle parole in cui questi aspetti siano
distinti tra loro. Già nel 1844 Henri Weil aveva pubblicato una importante monografia dal titolo De
l’ordre des mots dans les langues anciennes comparées aux langues modernes, in cui le lingue
classiche erano state contrapposte alle lingue moderne per l’ordine libero delle parole rispetto
all’ordine rigido di queste ultime; tali proprietà erano considerate da Weil in rapporto,
rispettivamente, alla presenza o assenza di casi morfologicamente determinati. Nei lavori di questi
studiosi la dimensione lineare dell’ordine emerge come un concetto chiaramente distinto dalle
caratteristiche semantiche; essa è inoltre definita rispetto ad unità morfologiche e sintattiche come
la parola e la frase.
I tentativi di modellizzazione dell’ordine sono presenti nelle prime teorie della linguistica
moderna, in cui giocano un ruolo importante. Così Ferdinand de Saussure nelle lezioni del Corso di
Linguistica Generale enuncia il principio del “carattere lineare del significante”, insieme al
principio di “arbitrarietà del segno”. Per lo studioso ginevrino si tratta dei due aspetti “primordiali”
del segno linguistico, del cui studio costituiscono il fondamento. In particolare, la portata del primo
principio è “incalcolabile”:
“Il significante, essendo di natura uditiva, si svolge soltanto nel tempo ed ha i caratteri
che trae dal tempo: (a) rappresenta un’estensione, e (b) tale estensione è misurabile in
una sola dimensione: è una linea.
Questo principio è evidente, ma sembra che ci si sia sempre dimenticati di
enunziarlo, senza dubbio perché lo si è trovato troppo semplice: tuttavia esso è
fondamentale e le sue conseguenze sono incalcolabili. La sua importanza è pari a quella
della prima legge [il principio dell’arbitrarietà del segno]. Tutto il meccanismo della
lingua ne dipende. In opposizione ai significati visivi (segnali marittimi ecc.) che
possono offrire complicazioni simultanee su più dimensioni, i significanti acustici non
dispongono che della linea del tempo: i loro elementi si presentano l’uno dopo l’altro;
formano una catena. Tale carattere appare immediatamente non appena li si rappresenti
con la scrittura e si sostituisca la linea spaziale dei segni grafici alla successione nel
tempo” (CLG: 88).
Le difficoltà concettuali delle rappresentazioni dell’ordine sono tuttavia manifeste in vario modo
nella riflessione di linguistica generale a cavallo tra Otto- e Novecento. Per quanto sia cruciale per il
funzionamento della lingua, il principio “evidente” e “primordiale” della linearità del significante
non è sufficiente a fondare teoricamente la sintassi e, in particolare, i modelli di ordine, come
dimostra lo sviluppo del dibattito sulla sintassi durante il Novecento. Altro punto problematico è la
divisione che viene a costituirsi in questo periodo tra uno studio dei fenomeni di ordine in quanto
forme linguistiche che esprimono le relazioni grammaticali della frase, il cosiddetto “ordine
2
“Non enim ad pedes verba dimensa sunt, ideoque ex loco transferuntur in locum, ut iungantur, quo congruunt
maxime, sicut in structura saxorum rudium etiam ipsa enormitas invenit, cui adplicari et in quo possit insistere.
Felicissimus tamen sermo est, cui et rectus ordo et apta iunctura et cum his numerus opportune cadens contigit”.
2
grammaticale”, caratteristico delle lingue europee moderne, e uno studio dei fenomeni di ordine che
più propriamente rientrerebbero nella retorica e nella stilistica, in quanto non portatori di alcuna
codifica grammaticale. Questa bipartizione si è radicata nella bibliografia e si ritrova ancora oggi in
indirizzi di ricerca sintattica diversi, con la distinzione tra lingue a “ordine grammaticale” e lingue a
“ordine pragmatico”, o con la distinzione tra lingue “configurazionali” e lingue “non
configurazionali”.
2. I diversi concetti di “ordine” della linguistica moderna
Nella linguistica del Novecento al termine “ordine” corrispondono concetti diversi, spesso tra loro
irrelati nelle varie tradizioni di ricerca sintattica. Per quanto ordine e linearità siano intuitivamente
in rapporto, questo collegamento non esaurisce affatto le modellizzazioni possibili. Queste infatti
non implicano necessariamente il concetto di “sequenza” o “serialità”, ma piuttosto quello di
“sintagmaticità” o “combinatorietà”.
Il concetto di linearità o serialità si fonda sulla mera sequenza nel tempo, idealmente
rappresentabile attraverso relazioni di antecedenza o successione su una linea retta. In una frase
come
1) Mia madre è venuta a casa nostra
si può osservare che mia viene prima di a, è, casa, ma questa osservazione è banale, in quanto non
esprime i rapporti sintattici fondamentali tra gli elementi in questione.
In definitiva, si può sostenere che esistono almeno quattro diversi concetti di “ordine”:
I. Ordine come relazione logica combinatoria (non lineare) tra elementi di una frase;
II. Ordine come relazione sintagmatica e posizionale tra elementi, in virtù delle relazioni
di livello I;
III. Ordine come relazione posizionale tra due o più costituenti, puramente rispetto
all’asse lineare;
IV. Ordine come proprietà lineare elementare formulabile con l’asserzione ‘x viene
prima di y’.
Questi quattro diversi concetti saranno ora rapidamente passati in rassegna.
2.1. L’ordine come relazione logica combinatoria
Il concetto definito in I. fa ricorso al principio logico della combinatorietà. Questo principio molto
generale e astratto riguarda le possibili relazioni combinatorie tra gli elementi di una frase, relazioni
che sono organizzate secondo una gerarchia di dominanza. Così in una frase come (1) gli elementi
mia e a sono in combinazione, assieme ad altri, nell’intera frase. Tuttavia, il loro reciproco rapporto
combinatorio non è diretto, ma è mediato dall’appartenenza di ognuno dei due elementi a
costruzioni diverse, la costruzione nominale mia madre e la costruzione preposizionale a casa mia,
e dal fatto che, a loro volta, queste due costruzioni sono in rapporto in maniera mediata, attraverso
la struttura verbale è venuta. Queste constatazioni equivalgono a sostenere che tra gli elementi di
una frase esiste una gerarchia di relazioni combinatorie, articolate in (a) relazioni dirette e (b)
relazioni indirette, di vario rango. I modelli linguistici della costituenza e ancor di più quelli della
dipendenza riflettono in vario modo tale rappresentazione logica. Sono ben noti, ad esempio, i
modelli strutturali classici del raggruppamento in costituenti sintagmatici annidati l’uno dentro
l’altro, riproposti sin dagli anni ‘60 anche dalla grammatica generativa sotto la forma dei diagrammi
ad albero. Così un indicatore sintagmatico come (2), che rappresenta la struttura in costituenti della
frase (1),
3
(2)
F
SN
SV
Agg
N
Aus
V
SPrep
mia
madre
è
venuta
Prep
SN
N
a
Agg
casa
nostra
esprime in termini di livello di nodi del diagramma la gerarchia di relazioni logiche combinatorie
tra i costituenti della frase (1). In particolare, è evidente che i costituenti mia ed a non sono tra di
loro in rapporto combinatorio diretto, in quanto sono dominati da nodi diversi, mentre sono in
rapporto combinatorio diretto mia e madre, e a e tutto il sintagma casa nostra, poiché si tratta di
costituenti dominati dallo stesso nodo. Un aspetto rilevante che emerge dai modelli della
costituenza o della dipendenza è che “ordine” nel senso I. è un concetto che non implica il concetto
di “parola” (concetto, tra l’altro, molto controverso a livello teorico), ma quello di “costituente”.
Si noti che in un diagramma ad albero come (2) il concetto combinatorio di ordine si coniuga
al concetto puramente lineare di ordine, esprimibile in termini di “precedenza” e “successione”.
Così mia occorre prima di madre e a viene prima di casa nostra: relazioni sintagmatiche come
quelle rappresentate in (2) sono sempre espresse sia in termini di dominanza (dipendenza) dei
costituenti che in termini relazioni di linearità o serialità tra questi definite. Tuttavia, in linea di
principio, non è affatto necessario che nel concetto combinatorio di ordine sia inglobata una
rappresentazione lineare. Ciò sembra espresso con chiarezza dai modelli di rappresentazione delle
dipendenze, che mostrano bene il carattere non lineare della gerarchia di relazioni combinatorie. In
tali modelli (3a) e (3b) sono diagrammi indifferentemente associati alla frase (1), al livello di
rappresentazione più astratto e generale:
(3a)
(3b)
venire
madre
venire
a
a
madre
mia
casa
casa
nostra
nostra
4
mia
2.2. Ordine come relazione sintagmatica e posizionale tra elementi in virtù delle relazioni logiche
combinatorie
In realtà, il rapporto tra dimensione puramente combinatoria e gerarchica dell’ordine e dimensione
lineare è un problema complesso. Per la maggior parte delle lingue del mondo sono determinabili
delle proprietà lineari in una certa misura implicate dalle relazioni logiche combinatorie. In linea di
principio, unità che contraggono relazioni combinatorie dirette tendono a disporsi in maggiore
contiguità sull’asse lineare, spesso secondo proprietà di adiacenza. In effetti, le lingue con ordine
grammaticale dei costituenti totalmente libero sembrano essere molto rare. Nell’esempio (1) i
costituenti mia e madre e a e casa mia formano due sintagmi diversi in quanto tra di loro legati da
relazioni di dipendenza diretta (madre è la testa del sintagma nominale e a è la testa del sintagma
preposizionale); inoltre il corrispettivo lineare delle relazioni di dipendenza diretta è l’adiacenza.
Tuttavia il principio secondo cui ad un maggior grado di dipendenza o combinatorietà tra due
elementi corrisponda una maggiore contiguità sull’asse lineare sembra valere con maggiore forza in
alcune lingue piuttosto che in altre. Per quanto riguarda le lingue indoeuropee, ad esempio, esso
sembra caratteristico delle lingue moderne rispetto a quelle classiche, come latino e greco. Non è
chiaro, peraltro, quanto di questa differenza sia dovuto a caratteristiche “naturali” delle lingue in
questione e quanto sia invece dovuto a fattori culturali, come normativizzazioni retoriche differenti.
D’altra parte, la possibilità di costituenti in rapporto di dipendenza diretto, che tuttavia sono
proiettati sull’asse lineare in posizioni non adiacenti e non contigue, è presente anche nelle lingue
indoeuropee moderne: si pensi alle strutture dell’inglese con le particelle verbali distanziate dal
verbo da cui dipendono, John called him up invece di John called up him. Si può osservare, ad ogni
modo, che le lingue con ordine dei costituenti totalmente libero sembrano essre molto rare.
La proiezione lineare di relazioni di gerarchia combinatoria non può prescindere dalla nozione
di costituente. Poiché, inoltre, quest’ultima è una nozione relativa e non assoluta, dal momento che
una frase è costituita da unità sintagmatiche di livello decrescente o crescente a seconda che si
eseguano analisi in costituenti “dall’alto verso il basso” o “dal basso verso l’alto”, si deve
concludere che il concetto di ordine II. presuppone una rappresentazione globale integrata di tutta la
struttura in costituenti della frase. Senza tale rappresentazione sarebbe impossibile persino elaborare
il concetto di “posizione” di un elemento della frase. Che il concetto di “posizione” sia esso stesso
relativo e non assoluto si può vedere osservando come, data una qualsiasi frase, non esiste un unica
determinazione possibile delle posizioni dei suoi elementi. Ad esempio, per la frase (1), si
potrebbero determinare le seguenti posizioni:
(4a) Mia madre è
venuta a
casa nostra
P1 P2
P3 P4
P5 P6
P7
(4b) Mia madre
è venuta
a casa nostra
P1
P2
P3
(4c) Mia madre
è venuta a casa nostra
P1
P2
È evidente che il computo delle posizioni dipende dal livello di costituenza prescelto. La posizione
di mia può essere determinata rispetto a quella di nostra solo scegliendo un livello di
rappresentazione in costituenti lessicali, mentre l’assetto posizionale bipartito può emergere solo in
rapporto ad una rappresentazione in costituenti del livello dei costituenti maggiori, sintagma
nominale e sintagma verbale.
2.3. Ordine come relazione tra due o più elementi puramente rispetto all’asse lineare
Un concetto di ordine che per certi versi prescinde dalle relazioni di costituenza o dipendenza è
quello che, almeno a partire dagli anni ‘60, ha trovato impiego nello sviluppo della ricerca
5
tipologica. I modelli tipologici dell’ordine assumono come unità di analisi degli schemi seriali di
elementi, determinati in maniera ibrida rispetto a proprietà di funzione grammaticale (come
Soggetto, Oggetto diretto, Oggetto indiretto, Frase relativa) e proprietà categoriali (come Nome,
Verbo, Aggettivo, Preposizione). Si individuano così tipi di ordine basico dei costituenti
fondamentali della frase, caratteristici di lingue diverse. Tali tipi si rappresentano come schemi o
strutture d’ordine SVO, SOV, VSO, VOS, OVS, OSV3. Al di sotto del livello di frase, nel sintagma
nominale si riconoscono i tipi di ordine Nome + Aggettivo oppure Aggettivo + Nome. La categoria
definita nelle grammatiche tradizionali “preposizione” viene qui ridefinita “adposizione”; a seconda
degli schemi d’ordine in cui compare, questa assumerà la forma di “preposizione” (se si ha l’ordine
Adposizione + Nome) o “posposizione” (se si ha l’ordine Nome + Adposizione). Una impostazione
come questa conferma la centralità in tipologia della dimensione puramente lineare rispetto a quella
delle relazioni logiche combinatorie o gerarchiche, per la quale la pre- o posposizione di una
determinata categoria è del tutto irrilevante.
L’obiettivo ultimo dei modelli tipologici dell’ordine è lo studio di corrispondenze
sistematiche tra gli schemi d’ordine di vario livello, individuati all’interno delle varie lingue in
maniera che possano far emergere diversi “tipi” (o in una versione differente tipi di raggruppamenti
di proprietà). È stato riconosciuto da tempo, ad esempio, che l’ordine basico SVO si correla con un
ordine Nome + Aggettivo, Nome + Frase relativa a livello di sintagma nominale, e con un ordine
Preposizione + Nome, mentre l’ordine basico SOV si correla con ordini Aggettivo + Nome, Frase
relativa + Nome e Nome + Posposizione. Il concetto di “costituente” è dunque soltanto un
presupposto secondario di queste rappresentazioni tipologiche, il cui obiettivo è stabilire
correlazioni o “armonie” tra schemi d’ordine, che tagliano trasversalmente i vari livelli di
costituenza. Si noti che “ordine basico” è un concetto diverso da quello di “ordine dominante”. Il
primo è determinabile solo in base alle corrispondenze sistematiche tra gli schemi d’ordine di vario
livello, mentre il secondo riguarda la maggiore frequenza di un determinato schema in corpora di
testi di una lingua.
In verità, le rappresentazioni d’ordine della tipologia hanno utilizzato parzialmente modelli
della dipendenza. Ciò è chiaramente testimoniato dalla riunificazione di tutte le configurazioni di
cui si vuole studiare lo schema d’ordine mediante il modello “operatore (modificatore) - operando
(testa)”. Se Verbo e Nome sono operandi (teste), l’Oggetto, l’Aggettivo, la Frase relativa sono
operatori (modificatori o complementi).
La generalizzazione dei rapporti operatore - operando peraltro lascia aperti alcuni problemi:
se nella rappresentazione dei costituenti fondamentali della frase O è un operatore e V un
operando, quale funzione bisognerà associare a S? Inoltre, l’assegnazione della Adposizione (Prevs Posposizione) alla classe degli operandi costituisce una questione controversa rispetto alle
tradizionali teorie strutturalistiche. In effetti, la soluzione tipologica al riguardo mostra ancora una
volta che la considerazione puramente lineare è effettuata a scapito delle rappresentazioni
gerarchiche.
Bisogna inoltre notare che gli schemi d’ordine tipologici sono dei costrutti relazionali: a
differenza dei modelli discussi in 2.2., essi rappresentano unicamente la posizione relativa di una
coppia (o comunque un numero limitato) di particolari costituenti. Per quanto riguarda le
configurazioni binarie come (Adposizione, Nome), (Aggettivo, Nome), le rappresentazioni d’ordine
danno luogo a delle vere e proprie strutture di simmetria, il che è in un certo senso ovvio, dato il
carattere del modello generale, che rappresenta semplici permutazioni.
Sussistono dunque importanti differenze tra il concetto di “ordine” della tipologia e il concetto
di ordine “sintagmatico” descritto in II; per quest’ultimo infatti la differenza tra pre- e posposizione
sarebbe priva di fondamentale rilevanza. In definitiva dunque i modelli tipologici offrono una
rappresentazione dell’ordine più linearmente orientata di quelli sintagmatici dello strutturalismo
classico e della grammatica generativa. Essi assegnano centralità ad un concetto di ordine che può
essere indipendente dalla struttura, in quanto assume convenzionalmente dei punti di riferimento
3
S = Soggetto, V = Verbo, O = Oggetto.
6
strutturali che vengono utilizzati per costruire relazioni seriali; tuttavia tali punti di riferimento
possono non corrispondere ad una rappresentazione strutturale “fine” né ad una rappresentazione
articolata delle dipendenze.
Si deve osservare, tuttavia, che sebbene il modello d’ordine della tipologia sia meno
“astratto” dei precedenti, esso contiene ancora un certo grado di idealizzazione.
2.4. L’ordine come proprietà lineare elementare
Il quarto concetto d’ordine che sembra qui opportuno discutere è quello più vicino all’intuizione
elementare, esprimibile attraverso la relazione “un elemento x viene prima di un elemento y nella
catena parlata o scritta”. La relazione “viene prima di” non si applica necessariamente a due
elementi adiacenti, ma può spaziare su una stringa di elementi tra di loro distanti nella catena. Si
tratta comunque evidentemente di un concetto pre-teorico, molto più vicino dei precedenti tre alla
realtà dell’esecuzione. In questo senso esso è di notevole utilità nello studio dei fenomeni sintattici
di corpora linguistici di parlato o di scritto, nei quali la dimensione temporale concreta della
linearità gioca un ruolo cruciale sia nella pianificazione che nell’esecuzione del testo.
3. I principi pragmatici dell’organizzazione dell’ordine
I principi pragmatici di organizzazione dell’ordine apparentemente rimandano ad un concetto di
linearità come quello espresso in IV. I vari modelli storicamente proposti per tali principi hanno in
comune il tentativo di determinare l’ordine degli elementi di un enunciato (che viene qui di solito
assunto come unità in luogo di “frase”) in base al loro valore informativo. Tuttavia, nella misura in
cui il valore informativo di un singolo elemento è determinabile solo relativamente a quello degli
altri elementi dell’enunciato, anche in questi modelli entrano in gioco nozioni gerarchiche,
ridimensionando alquanto il ruolo della linearità. A tale ridimensionamento induce anche la
necessità di considerare il contesto extra-linguistico, senza di cui nessuna assegnazione di valore
informativo sarebbe possibile. Il ruolo informativo del contesto riguarda sia la produzione che la
comprensione dell’enunciato.
Il principio più generale di distribuzione dell’informazione (che corrisponde al cosiddetto
ordo naturalis della retorica classica) è che nelle frasi neutre o non marcate i costituenti a minor
grado di informazione precedano quelli maggiormente informativi. In una frase come
(5) I nostri amici avevano dimenticato le chiavi di casa
sussiste una progressione crescente dell’informazione, il cui valore minimo è sul primo costituente
e il cui valore massimo è sull’ultimo. Un principio opposto, anch’esso presente nella riflessione
della retorica classica col nome di ordo artificialis, mostra i costituenti informativamente pregnanti
nelle posizioni iniziali e quelli informativamente deboli nelle posizioni finali (cfr. l’enunciato (6a)
più avanti). Si conforma a tale principio anche il fatto che un costituente rematico, che però
sintatticamente dovrebbe occupare la posizione iniziale, si trovi invece in posizione finale (cfr.
l’enunciato (6b) più avanti). Il principio dell’ordo artificialis si manifesta in enunciati marcati, sia
in termini di “enfasi” (sono più enfatici) che di frequenza (sono meno frequenti). Per quanto
riguarda l’ordine, spesso questo tipo di organizzazione informativa presenta un ordine non
“canonico” dei costituenti, come è esemplificato dagli enunciati italiani (6a) e (6b) 4:
(6a) DI MARIA non potevamo fare a meno
(6b) Ha costruito la casa SUO MARITO
In base a quanto si è detto, risulta chiaro che i modelli pragmatici dell’ordine non sono
4
I costituenti in maiuscolo indicano il fuoco prosodico.
7
puramente lineari perché non possono fare a meno della nozione di “costituente”. In un enunciato
come (5) una descrizione in cui si sostenesse la maggiore informatività di casa o chiavi rispetto a i
nostri non corrisponderebbe presumibilmente ad alcuna intuizione di parlanti nativi dell’italiano
sulla struttura informativa. Perché si possa stabilire una gerarchia informativa ognuno di questi
elementi deve essere inserito in una struttura sintagmatica. La struttura informativa dipende dunque
da quella in costituenti. In quanto tale, essa è in rapporto al concetto di ordine definito in II.
Il principio della progressione naturale dell’informazione è stato codificato in due gruppi
fondamentali di modelli, che chiameremo qui “bipartiti” e “tripartiti”. Nel primo gruppo,
variamente usato in tradizioni di sintassi sia funzionalistiche che formaliste, si può ravvisare il
concetto di bipartizione informativa dell’enunciato: questo è infatti suddiviso in due parti, una
informativamente poco pregnante e l’altra informativamente cospicua. Nelle diverse tradizioni la
prima parte è chiamata “topic” oppure “tema”, la seconda “comment” o “rema” o “fuoco”.
Questi concetti sono definiti in maniera tutt’altro che univoca, la relativa terminologia non è
priva di incoerenze e ibridismi, il che non può sorprendere dal momento che essi si sono sviluppati
in maniera discontinua in ambienti scientifici diversi, alcuni dei quali hanno spesso semplicemente
adottato senza problematizzarle rappresentazioni elaborate in altri quadri teorici. In generale,
comunque, la stessa coincidenza di proprietà è molto parziale: se topic e comment sono definiti di
solito rispetto a proprietà semantiche di predicazione (“topic” è ciò di cui si parla, “comment” ciò
che si predica del topic), “tema” e “rema” riguardano piuttosto la struttura informativa in quanto
tale, secondo una polarità di meno / più informativo, mentre il concetto di “fuoco” è stato mutuato
dall’analisi dell’intonazione (si tratta del picco prosodico).
I modelli tripartiti sono stati piuttosto usati in alcuni indirizzi teorici di funzionalismo, che
fanno capo a Jan Firbas, un esponente della cosiddetta “seconda Scuola di Praga”. Tali modelli sono
stati sviluppati in base ad un’analisi contrastiva dell’ordine delle parole in varie lingue e mostrano
una articolazione più fine della struttura informativa dell’enunciato in una parte a basso grado di
informazione, una parte ad alto grado di informazione, e una parte intermedia, a grado
“transizionale” di informazione, che funziona da raccordo tra le prime due. Gli elementi
transizionali sarebbero caratteristicamente verbi, ausiliari e loro marche di tempo, modo, aspetto.
Sia nei modelli bipartiti che in quelli tripartiti la determinazione del grado informativo delle
parti dell’enunciato in rapporto al co-testo e/o al contesto enunciativo è tecnicamente effettuata
attraverso il test della domanda. Così una frase come:
(7) Suo padre ha venduto la casa di famiglia
può essere analizzata in topic (tema) e comment (rema/fuoco) considerando che il suo co-testo e/o il
contesto rendano possibile una delle domande:
(7a) “Che cosa ha fatto suo padre?”
(7b) “Che cosa ha venduto suo padre?”
(7c) “Chi ha venduto la casa?”
(7d) “Che cosa ha fatto con la casa suo padre?”
(7e) “Che cosa è successo?”
In base alla domanda associata alla frase (7) si otterranno le seguenti diverse ripartizioni di struttura
informativa:
Domanda (7a): (7a’) Suo padre (topic o tema), ha venduto la casa (rema o fuoco)
Domanda (7b): (7b’) Suo padre (topic o tema), ha venduto (parte topicale o tematica), la casa (rema
o fuoco)
Domanda (7c): (7c’) Suo padre (rema o fuoco), ha venduto la casa (parte topicale o tematica)
Domanda (7d): (7d’) Suo padre (primo topic o tema), la casa (secondo topic o tema), ha venduto
(rema o fuoco)
8
Domanda (7e): (7e’) Suo padre ha venduto la casa (tutta la frase è in fuoco o rematica)
Le diverse strutture informative (7a’) - (7e’), applicate alle struttura di frase (7), danno luogo ad
enunciati diversi, che sono contraddistinti da ordini dei costituenti alternativi e da profili
intonazionali alternativi:
(7a’)
(7b’)
(7c’)
(7d’)
(7e’)
(8a) Suo padre HA VENDUTO LA CASA
(8b) Suo padre ha venduto LA CASA
LA CASA, ha venduto suo padre (topicalizzazione di O e inversione di S)
LA CASA, suo padre ha venduto (topicalizzazione di O)
(8c) SUO PADRE ha venduto la casa
La casa l’ha venduta SUO PADRE (dislocazione a sinistra di O e inversione di S)
Ha venduto la casa SUO PADRE (inversione di S)
È SUO PADRE che ha venduto la casa (struttura con scissione)
(8d) Suo padre la casa L’HA VENDUTA (dislocazione di O interna alla struttura)
L’HA VENDUTA, la casa, suo padre (dislocazione a destra di O e antitopicalizzazione
di S)
(8e) Suo padre ha venduto la casa
In alcuni enunciati della lista ora riportata sono presenti dei casi di ordine sintattico e / o pragmatico
marcato per l’italiano. Si ha ordine sintattico marcato quando un costituente sintattico non si trova
nella sua posizione canonica (caratteristica delle cosiddette “frasi neutre”); si ha ordine pragmatico
marcato quando la funzione pragmatica di topic / tema o di rema / fuoco non è nella posizione
canonica rispetto all’ordine naturale. La prima proprietà è esemplificata dai due enunciati con
inversione di S in (8c). La seconda proprietà è esemplificata dal primo enunciato in (8c). Si noti che
le due proprietà possono cumularsi in un determinato enunciato, come nelle strutture con
topicalizzazione in (8b).
I modelli tripartiti mostrano una speciale attenzione per la struttura interna dell’enunciato,
poiché il concetto di dinamismo comunicativo è elaborato non solo rispetto al co-testo / contesto,
ma anche rispetto a proprietà strutturali di dipendenza. Il fatto che i verbi e le loro marche
temporali, modali e aspettuali siano elementi transizionali rimanda ad una proprietà di dipendenza,
come il fatto che si tratti di elementi che costituiscono il nucleo di strutture argomentali. È infatti in
base al verbo che si possono studiare il numero e il tipo di argomenti della struttura di frase.
Tuttavia, come si vede in base a (7a’) - (7e’) e (8a) - (8e), in ultima analisi sono le presupposizioni
pragmatiche che permettono l’assegnazione del valore finale a tutti i costituenti.
I concetti di “informazione” e di “grado di informazione” o di “dinamismo comunicativo”
sono molto problematici da definire, così come è controverso che cosa sia un elemento
transizionale. Il modello di informazione che deve essere elaborato per le lingue storico-naturali
richiede presumibilmente l’integrazione di componenti diverse, alcune in rapporto a concetti
pragmatici come DATO e NUOVO 5, saliente vs non saliente, altre in rapporto alle funzioni
sintattiche e semantiche (per queste ultime cfr. § 4).
I concetti pragmatici pongono non solo problemi di definizione, ma anche di applicazione allo
studio di testi reali. Questi infatti sono caratterizzati da una commistione continua di significati e
referenti DATI e NUOVI. Ammettendo provvisoriamente per scopi espositivi la semplificazione
teorica che ciò che è DATO sia sempre nettamente distinguibile da ciò che è NUOVO, si può
sostenere che in generale nell’ordine naturale o non marcato i costituenti DATI tendono a disporsi
prima di quelli NUOVI, i costituenti non salienti prima di quelli salienti, mentre nelle strutture con
ordine artificiale si ha una disposizione NUOVO + DATO, saliente + non saliente.
Una ulteriore difficoltà è costituita dal fatto che, sebbene mostrino delle affinità intuitive, le
5
Nella bibliografia di pragmatica questi due termini sono sempre rappresentati in lettere maiuscole.
9
proprietà di DATO e NUOVO e quelle di non saliente e saliente possono non coincidere. Ciò
evidente nell’analisi di molti testi reali. Un costituente DATO può essere saliente, come il
costituente di quello nel frammento di testo (9), tratto da un’intervista al giudice Borrelli, sul
quotidiano Repubblica:
(9)
D: “Procuratore Borrelli, D’Ambrosio lancia un allarme: dice che il giusto processo in
Costituzione significa la fine delle indagini su mafia e corruzione. Avvisare subito
l’indagato dell’accusa - spiega - significa impedire che si facciano le inchieste.”
R: “No, per carità. Non condivido questo timore. L’accusa si ha quando viene formulata
una contestazione, non quando cominciano le indagini. No, di quello non mi
preoccuperei”.
D’altra parte, in un enunciato un costituente NUOVO può essere relativamente meno saliente di uno
che presenta un grado di novità minore, come nel frammento di testo (10), tratto dall’editoriale “Il
punto” di Stefano Folli, sul Corriere della Sera:
(10) “È possibile portare la maggioranza a trovare un punto di equilibrio al suo interno? Ed è
verosimile individuare in parallelo un compromesso con la destra? Sul federalismo c’è ancora
da lavorare.”
Che l’analisi della struttura informativa sia problematica è mostrato specialmente dal fatto che
lettori diversi possono assegnare valori di “novità” o “prevedibilità” diversi ad un sintagma: ad un
lettore che avesse seguito il dibattito politico dei mesi precedenti all’articolo di Folli, era
presumibilmente noto che uno dei punti di disaccordo tra parti politiche italiane era proprio il
federalismo. Dalla prospettiva dello scrivente è stata effettuata una scelta stilistica di “messa al
centro di attenzione” del contenuto di significato di sul federalismo, attraverso un processo
sintattico di movimento a sinistra di un costituente che, come diretto dipendente del verbo lavorare
avrebbe dovuto trovarsi sull’asse lineare a destra di questo. Scelta stilistica del parlante / scrivente e
interpretazioni multiple di diversi ascoltatori / lettori vanno dunque esaminate attentamente in via
preliminare, dal momento che il loro rapporto costituisce un problema analitico in sé di primaria
importanza.
La nozione pragmatica di “centro di attenzione” (spesso utilizzata per definire il topic), è di
notevole interesse sia teorico che applicativo. In essa sono implicate importanti proprietà di ordine,
ad esempio la prima posizione (o le prime posizioni) dell’enunciato sono sedi con una caratteristica
funzione di centro di attenzione. Nell’organizzazione del testo, la competenza relativa alla scelta del
centro di attenzione ha una rilevanza decisiva per la felicità del risultato. Si veda ad esempio la
sapiente disposizione di contenuti parzialmente DATI o parzialmente NUOVI con cui un
giornalista come Montanelli organizza la concatenazione degli enunciati, sfruttando la posizione
topicale di centro di attenzione e piegando le scelte di struttura informativa a opzioni sintattiche
sofisticate:
(11) “Per la prima volta, sulla bocca di questo Papa itinerante, e senza fissa dimora, abbiamo
colto qualche parola di sollievo per il suo rientro a Roma. Ma temiamo che si tratti di un
attimo di rifiato, non di una conversione alla stanzialità. La sua vocazione all’apostolato
missionario l’avevamo capita da un pezzo, oserei dire fin dal primo giorno della sua
ascesa al soglio” (“Preghiera laica per un pontefice”, Corriere della Sera)
Il contenuto del sintagma la sua vocazione all’apostolato missionario è, per così dire, preparato dal
contenuto del sintagma questo Papa itinerante e senza fissa dimora, di cui costituisce una parafrasi
10
massimale. La costruzione ha quindi un valore informativo parzialmente DATO, e viene disposta ad
apertura di enunciato in maniera da mettere in rilievo la qualità morale e spirituale del Papa, e
costruire su questo topic la predicazione successiva.
Un assetto testuale interessante è anche quello di (12):
(12) “Non so naturalmente dove si proponga ora di andare, visto che pochi sono ormai gli
angoli della terra che il suo piede non abbia ancora calcato. Ma che ad andare rinunzi,
non ci credo” (“Preghiera laica per un pontefice”, Corriere della sera)
La subordinata infinitiva ad andare riprende, con minime modifiche di adattamento grammaticale,
un costituente già occorso nel co-testo precedente. L’enunciato Ma che ad andare rinunzi, non ci
credo presenta una struttura con due subordinate incassate l’una nell’altra, ognuna delle quali è
invertita rispetto alla sua testa: tutta la struttura che ad andare rinunzi è anticipata in posizione
topicale rispetto alla frase reggente non ci credo, e a sua volta la subordinata infinitiva di secondo
grado, ad andare, è anticipata rispetto alla struttura reggente che rinunzi, subordinata di primo
grado. Si può notare che tutta la struttura con doppia inversione forma un effetto chiasmatico con
l’enunciato precedente Non so naturalmente dove si proponga ora di andare.
In definitiva, nella scelta dei “centri di attenzione” degli enunciati concatenati in un testo e,
più in generale, nella elaborazione della struttura informativa di questi, è essenziale per il linguista,
come per i professionisti dell’organizzazione del testo, considerare sempre in maniera congiunta la
dimensione intra-linguistica (grammaticale) e quella pragmatica.
4. L’interazione di sintassi e pragmatica
I concetti di topic / tema non hanno una dimensione puramente pragmatica. Nella bibliografia più
recente si distingue tra topic e tema, in base a proprietà di struttura argomentale del verbo principale
della frase: il tema è l’argomento di un verbo monovalente, a basso grado di agentività. In effetti, ai
più antichi studi di linguistica testuale, in cui la dimensione semantico-pragmatica veniva
considerata centrale, nell’ultimo ventennio è seguito un orientamento di ricerca volto a studiare le
proprietà sintattiche e semantiche che caratterizzano le funzioni pragmatiche di topic e di tema,
ovvero le funzioni sintattiche e i ruoli semantici in cui essi compaiono. Questo orientamento ha
avuto un notevole impulso con lo sviluppo degli studi di tipologia, ed il problema dell’ordine dei
costituenti basici è stato spesso affrontato secondo una prospettiva di analisi multifattoriale, che
associa ad ogni costituente basico (S, V, O) un ruolo semantico ed una funzione pragmatica (DATO
/ NUOVO, non focale / focale). In questo approccio si assume come variabile indipendente la
funzione sintattica e si studiano quindi le proprietà semantiche e pragmatiche ad essa associate. Tali
correlazioni pongono tuttavia alcune difficoltà per i tradizionali principi pragmatici dell’ordine. Il
principio che la parte predicativa dell’enunciato sia più informativa di quella topicale o tematica
rende presumibilmente facile giustificare la grande diffusione delle lingue SVO in termini
pragmatici, ma crea un conflitto tra struttura sintattica e struttura pragmatica in lingue
tipologicamente diverse, ad esempio per quanto riguarda le lingue SOV, VSO, VOS, OSV, OVS.
Queste lingue inducono a pensare che i principi pragmatici non siano universali, oppure che i tipi
sintattici di ordine dei costituenti siano solo l’effetto di strategie pragmatiche diverse, come la
grammaticalizzazione di processi di movimento di costituenti per focalizzazione o per ripensamento
e aggiunta al piano dell’enunciato.
4.2. Variabilità dell’ordine dei costituenti
In una lingua come l’italiano, ad ordine basico SVO, nelle frasi transitive l’ordine di gran lunga
predominante è del pari SVO. Per quanto stili testuali diversi inducano ordini diversi, la gamma di
11
variabilità d’ordine di enunciati con strutture a verbo transitivo non sembra molto ampia. La prosa
scientifica mostra una frequenza dell’ordine S V O che sfiora il cento per cento dei casi. Tale
caratteristica è congruente con il fatto che in questo tipo di testo si riscontra la maggiore tendenza
alla continuità topicale e alla codificazione sintattica del topic mediante il soggetto in prima
posizione di enunciato. La prosa giornalistica ha frequenze di ordine S VO un po’ inferiori, ma
comunque alte (si approssima il novanta per cento dei casi). Non è privo di interesse notare che le
dislocazioni, assenti nel genere giornalistico delle “notizie brevi”, e poco frequenti nelle cronache o
narrazioni, compaiono più numerose negli articoli di commento, contribuendo spesso a conferire a
questi un carattere di vivacità. I testi di parlato non pianificato mostrano la percentuale più bassa di
ordine S V O (che tuttavia supera il settanta per cento dei casi) e la più alta incidenza di
dislocazioni. Questa caratteristica sembra congruente con le proprietà di pianificazione dei testi di
parlato spontaneo, in cui aree di continuità topicale si alternano con aree di introduzione ex abrupto
di costituenti non topicali e in cui la codificazione sintattica del topic si determina in rapporto ad
una gamma di opzioni multiple.
Bibliografia
Gli studi sulla storia delle idee relative all’ordine delle parole sono molto numerosi. L’importanza
della tradizione grammaticale e retorica classica sulla formazione di “canoni” di disposizione degli
elementi che hanno caratterizzato le lingue europee è stata messa in rilievo nel fondamentale lavoro
di Aldo Scaglione, The Classical Theory of Composition from its Origins to the Present. A
Historical Survey, Chapell Hill, The University of North Carolina Press. L’edizione della Institutio
Oratoria qui citata è quella a cura di Rino Faranda e Piero Pecchiura, Torino, UTET, 1979. Per un
esame del trattamento dell’ordine delle parole durante l’Ottocento, si veda il volume di Giorgio
Graffi, La sintassi tra Ottocento e Novecento, Bologna, Il Mulino, 1991. L’edizione del Cours de
linguistique générale di Ferdinand de Saussure qui citata è quella a cura di Tullio De Mauro, Bari,
Laterza, 1993. Per il concetto di “Ordine grammaticale”, caratteristico delle lingue europee
moderne, si veda Antoine Meillet, “L’évolution des formes grammaticales”, in Idem, Linguistique
historique et linguistique générale, Paris, Champion, 1965, pp. 130-148, specialmente le pp. 147148.
I problemi teorici dell’ordine, con particolare riguardo alla struttura delle dipendenze e dei
costituenti, sono discussi da Peter Matthews, Sintassi, Bologna, Il Mulino, 1982, capitolo 4 e
capitolo 11. Per un esame del rapporto tra ordine e struttura sintattica, con un esame della casistica
italiana, si veda Benincà, Salvi e Frison, “L’ordine degli elementi della frase e le costruzioni
marcate”, in Lorenzo Renzi (a cura di), Grande Grammatica Italiana di Consultazione, Vol. I,
Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 115-226.
Una utile presentazione del trattamento dell’ordine nei modelli tipologici si può trovare in
Bernard Comrie, Universali del linguaggio e tipologia linguistica, Bologna, Il Mulino, 1983,
capitolo 4. È fondamentale come punto di partenza di questa bibliografia l’articolo di Joseph
Greenberg, “Alcuni universali della grammatica con particolare riferimento all’ordine degli
elementi significativi”, in Paolo Ramat (a cura di), La tipologia linguistica, Bologna, Il Mulino,
1976, pp. 115-154 (l’articolo era stato originariamente pubblicato in inglese nel 1966). Si veda
inoltre John Hawkins, “On implicational and distributional universals of word order”, in Journal of
Linguistics, 16, pp. 193-235. Il modello “operatore” - “operando” fu proposto da Theo Vennemann,
nell’articolo “Analogy in generative grammar, the origin of word order”, in Luigi Heilmann (ed.),
Proceedings of the Eleventh International Congress of Linguists, 2 vols., Bologna, Il Mulino, 1972,
vol. II, pp. 79-83. La bibliografia tipologica più recente ha accentuato l’interesse per lo studio del
rapporto tra universali dell’ordine e struttura informativa: si veda Russell Tomlin, Basic Word
Order. Functional Principles, London, Croom Helm, 1986; John Hawkins, A Performance Theory
of Order and Constituency, Cambridge, Cambridge University Press, 1994.
Per la storia delle idee funzionalistiche e pragmatiche sull’ordine delle parole, si veda la
raccolta di saggi sulla sintassi della prima e seconda Scuola di Praga in Rosanna Sornicola e Aleš
12
Svoboda (a cura di), Il campo di tensione. La sintassi della Scuola di Praga, Napoli, Liguori, 1992.
Per un’analisi sintetica dell’interazione di fattori sintattici e pragmatici nell’ordine delle parole, si
può consultare Rosanna Sornicola, “Topic, focus and word-order”, in R. E. Asher (ed.), The
Encyclopedia of Language and Linguistics, vol. 9: Syntax, Oxford & New York, Pergamon Press,
1993. Il volume di Knud Lambrecht, Information structure and sentence form, Cambridge,
Cambridge University Press, 1994, presenta un’analisi dell’interazione di fattori pragmatici e
sintattici in chiave tipologica. Analisi della struttura tema - rema in italiano da prospettive multiple
sono delineate in Harro Stammerjohann (a cura di), Tema - rema in italiano, Tübingen, Narr, 1986.
Sulla variabilità dell’ordine dei costituenti in italiano, cfr. Rosanna Sornicola, “On word-order
variability. A study from a corpus of Italian”, Lingua e Stile, 29, 1994, 25-57.
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