Storia di Falerii Novi - la Via Amerina

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Storia di Falerii Novi - la Via Amerina
COMUNE DI FABRICA DI ROMA
PROVINCIA DI VITERBO
FALERII NOVI – LA VIA AMERINA – SANTA MARIA IN FALLERI
Planimetria di Falerii Novi – tratto da Falerii Novi: A New Survey of the Walled Area, 2002.
FALERII NOVI
Falerii Novi sorse dopo la conquista romana di
Falerii Veteres, odierna Civita Castellana,
avvenuta nel 241 a. C. i romani dovettero
utilizzare tutte le loro capacità e strategie militari
per sconfiggere la popolazione falisca,
orgogliosa e molto legata al proprio territorio,
che arrivò anche ad allearsi con gli etruschi e i
veienti, pur di non arrendersi alla forza dei
conquistatori. Ma tutto questo non bastò e dopo
aver stipulato alcuni trattati di pace, l’esercito
romano sconfisse, grazie al Console Manlio
Torquato, i falisci. Falerii Veteres, che fin
dall’antichità aveva rivestito il ruolo di città
egemone dell’Ager Faliscus, venne così
abbandonata e in parte distrutta, mentre gli
abitanti superstiti, furono trasferiti dai romani in
un nuovo insediamento conosciuto col nome di
Falerii Novi, edificato su un territorio
pianeggiante e privo di difese naturali. Come per
altre città italiche di questo periodo, anche in
questo caso, l’impianto urbanistico ricalca il
modello di tipo ippodameo, con schema
ortogonale di strade che vanno a creare isolati
regolari, interrotto bruscamente dalla linea
irregolare delle mura. Queste ultime, ricoprono
un perimetro di quasi 2,400 km e la sua forma è
pressoché trapezoidale. La cinta muraria,
realizzata in opera isodoma utilizzando blocchi
di tufo rosso messi in opera senza l’ausilio di
malte, è caratterizzata dalla presenza di ben
cinquanta torri difensive aggettanti a pianta
quadrata. Insieme al fossato artificiale scavato
sulla metà del lato meridionale ad est, e alla gola
del Rio Purgatorio a sud, le torri garantivano
un’adeguata fortificazione alla città. Le mura in
alcuni tratti sono ancora ben conservate per oltre
sei metri d’altezza e recano traccia
dell’originario coronamento a fascia aggettante.
Nel perimetro urbano si aprivano quattro porte
principali in corrispondenza dei due assi viari
maggiori e cinque aperture secondarie. Di
queste, la sola che si è conservata mantenendo la
funzione d’accesso nei secoli, è quella
occidentale, la Porta Cimina chiamata così per
via del passaggio della via Cimina che collegava
la Città alla omonima selva. Più nota come Porta
di Giove per la scultura che decora la chiave di
volta dell’arco, sostituita durante i restauri degli
anni ’60 da una copia. Interessante è anche la
porta del Bove o Puteana situata nell’angolo sud-
orientale delle mura, in parte ancora accessibile,
che prende il nome dal bucranio disposto in
chiave di volta.
Falerii Novi conobbe momenti di splendore ma
anche repentine crisi economico-sociali. Intorno
all’89 a. C., ad esempio, è quasi certo che
divenne Municipio con struttura politica propria,
del tipo repubblicano con un senato ed un
presidente. Il processo di romanizzazione di
questa città fu molto lento e graduale tanto che,
nel III sec. a. C., una dedica a Minerva fatta da
un magistrato cittadino, un pretore, su decisione
del senato, presentava ancora caratteri
prettamente falisci. La città fu anche sede
vescovile dal IV all’IX sec. e l’obiettivo di
diverse invasioni barbariche che si ripeterono nei
secoli fino a che, intorno all’VIII secolo gli
abitanti non iniziarono un lento spopolamento di
quest’area urbana a favore del vecchio
insediamento, Falerii Veteres, arroccata su uno
sperone tufaceo e quindi meglio difendibile.
All’interno delle mura, è stata messa in luce una
parte dell’incrocio delle due vie principali: il
cardo, coincidente con la via Amerina, e il
decumano con la via Cimina. L’incrocio ricade
in un isolato adiacente al foro, del quale si sono
ben conservate la pavimentazione stradale e
poderose fondamenta di alcuni edifici. Dai
reperti archeologici rinvenuti, si è potuta ricreare
l’immagine di una città di alto livello socioculturale, con tanto di teatro interno alle mura e
anfiteatro esterno.
Sembra che il centro romano diede i natali alla
moglie di Ovidio e con molta probabilità alla
madre dell’imperatore Gallieno (218-268 d. C.),
ricordato nelle iscrizioni monetarie come
Falerius, al quale la popolazione era molto grata.
Qualche anno fa, degna collocazione è stata
ridata all’ara cosiddetta di Cornelia Salonina,
con una dedica alla moglie dell’imperatore da
parte degli abitanti di Falerii Novi, grati per
l’attenzione riservata alla loro città.
LA VIA AMERINA
La via Amerina era il più importante asse di
comunicazione dell’Ager Faliscus al pari
dell’antica via Flaminia. Ad oggi non è
conosciuta esattamente la data della sua
costruzione, ma il fatto che sia stata utilizzata
come Cardine Massimo nella costruzione di
Falerii Novi, permette di indicare il 241 a. C.
come termine post quem. La sua importanza,
risiedeva nel fatto che collegava Roma
all’Umbria, con un percorso di sole 56 miglia.
L’inizio della via è indicato con la valle del
Baccano, ed è ricostruibile anche grazie alla
Tabula Peutingeriana, che, pur non indicandone
il nome, segna le principali stazioni di posta
lungo il suo percorso: Vacanas, Nepe, Faleros,
Castello Amerino, Ameria. Proprio dall’antico
nome della città di Amelia (Ameria) prendeva
titolo la strada in questione. In generale, il suo
tracciato può essere considerato un’opera
d’ingegneria ex-novo, creata per far fronte
all’azione di romanizzazione dell’ Agro Falisco.
Sicuramente i romani, nell’attuare questo piano,
si sono avvalsi di tracciati antichi e già esistenti,
in alcuni casi ben documentati come a Nepi e a
Corchiano. Il percorso della via Amerina venne
utilizzato per tutto il periodo medioevale,
rivestendo, durante quest’epoca, il ruolo di asse
viario principale, come testimoniano i numerosi
siti e le torri sorte lungo il suo percorso. Con il
nuovo assetto del territorio, questa strada venne
utilizzata sempre di meno, ma nonostante ciò,
ancora oggi è possibile ripercorrerne ampi tratti,
molto suggestivi sia dal punto di vista
paesaggistico che archeologico. A questo
proposito, non lontano dalle mura di Falerii
Novi, è possibile percorrere un tratto della via
Amerina caratterizzato da una necropoli
monumentale con tombe che vanno dal III sec. a.
C. al III sec. d. C., di varia tipologia: a camera, a
colombario, a portico, a seconda del tipo di
cerimonia funebre praticata. Lungo il tratto, sono
visibili anche terrazze e piccoli teatri utilizzati
per i riti funebri quali banchetti, giochi e
cerimonie commemorative. Il complesso
archeologico è formato da tre settori denominati
Cava Foce, Tre Ponti e Cavo degli Zucchi, lungo
un percorso molto suggestivo e pieno di
particolarità da scoprire, di circa m. 1500 che
ricalca l’antico tracciato stradale.
In località Tre Ponti è possibile ammirare l’unico
ponte superstite lungo il tracciato della via
Amerina. Situato sul Fosso omonimo, il ponte è
stato realizzato interamente con blocchi
squadrati di tufo, messi in opera senza l’utilizzo
di malte, perni o grappe metalliche.
Sempre in questo settore, è possibile
osservare tracce di pittura all’interno di alcune
tombe risalenti al I sec. d. C.
La località Cavo degli Zucchi invece, è
caratterizzata soprattutto da sepolture a
colombario, alcune riutilizzate in periodi
successivi. Si trovano in questo settore le due
tombe gemelle a camera con pianta ad U,
precedute dal vano della caditoia con terrazza
superiore da adibire alle cerimonie funebri. Il
loro ingresso è contraddistinto da cornici e due
scudi rotondi a rilievo.
Questo bellissimo complesso monumentale,
dall’inestimabile valore storico-archeologico e
naturalistico, è oggi visibile grazie all’incessante
lavoro svolto da molti anni dal Gruppo
Archeologico Romano e dalla Soprintendenza
Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale
in collaborazione con le Amministrazioni
Comunali.
LE CATACOMBE DEI SANTI
GRATILIANO E FELICISSIMA
Le catacombe, situate nei pressi dell’area urbana
di Falerii Novi, attestano la cospicua presenza di
cristiani nello stesso
abitato cittadino,
densamente popolato ancora attorno al IV-V sec.
d. C. D’altronde, storicamente questo è il
periodo in cui la città era anche sede vescovile.
Le catacombe costituiscono un’interessante
tipologia che si discosta da quella classica
romana, mentre sembra essere più vicina alla
tradizione funeraria locale. La tradizione vuole
che in questo luogo siano stati martirizzati
Gratiliano e Felicissima, nel periodo di Claudio
il Gotico (268-270). La catacomba è costituita da
quattro gallerie ampie e pressoché parallele,
aperte a nord, realizzata in almeno due diverse
fasi. La parte più antica è composta dalle due
gallerie centrali che in origine non erano
collegate tra loro, ma raccordate da un vestibolo
comune, oggi non più esistente. Sono state
utilizzate diverse tipologie di sepolture, in
particolare loculi di grandi dimensioni, disposti
in più file e chiusi con tegole ricoperte di calce
bianca. Alcune tombe sono a mensa ed arcosolio
e conservano tracce di affreschi e intonaci. I resti
di una chiesa, molto probabilmente quella
dedicata a San Gratiliano, sono stati ritrovati
davanti alla catacomba.
Pianta della Catacomba dei SS. Gratiliano e
Felicissima.
Le mura di Falerii Novi
Alcune immagini della Via Amerina
IL COMPLESSO ABBAZIALE DI
SANTA MARIA IN FALLERI
Tra il 1143 e il 1145 d.C. una colonia di monaci
cistercensi provenienti da Pontigny, edificò nel
vecchio sito di Falerii Novi, ormai in stato di
abbandono, il complesso abbaziale che ancora
oggi possiamo in parte ammirare. La cinta
muraria dell’antica città si presentava come un
perfetto recinto fortificato per l’abbazia, mentre
tutto il terreno al suo interno venne bonificato e
destinato al pascolo di bovini. La comunità
monastica arrivò nel territorio falisco per un
motivo ben preciso: riportare stabilità religiosa a
Civita Castellana. I cistercensi potevano ricoprire
perfettamente questo ruolo dato che il loro
ordine si basava sulla vera spiritualità. Inoltre,
storicamente era un periodo a loro molto
favorevole: San Bernardo era ancora in vita, a
Nepi, poco distante dal nuovo centro, erano
presenti alcuni suoi discepoli, viene eletto papa
Eugenio III (1145-1143) già abate cistercense a
Roma, che favorirà in tutti i modi l’ordine in
generale e l’abbazia di Faleri in particolare.
Stessa politica sarà adottata dai pontefici
successivi: Adriano IV (1154-1159), Alessandro
III ( 1159- 1181), Innocenzo III ( 1198- 1216).
Concessioni, benefici, protezione apostolica alla
comunità religiosa, rispondevano ad una precisa
strategia politica, nella quale era inclusa non solo
Santa Maria in Falleri, ma anche gli altri
monasteri
cistercensi
viterbesi,
che
rappresentavano punti fermi e sicuri del potere
papale in un territorio come quello del
Patrimonio di San Pietro, non sempre schierato a
favore della Curia romana, ma a volte fedele
all’Impero. Forse sarà proprio l’importanza e la
ricchezza acquisita dai monaci falleresi, che
spesso li porterà alla corruzione dei costumi e di
conseguenza a continui richiami da parte del
Capitolo Generale di Citeaux. Malgrado il non
perfetto rispetto della regola, Santa Maria in
Falleri ebbe dal 1260 una propria filiazione a
Roma in San Sebastiano alle Catacombe.
Comunque, tra il XIII e il XIV secolo, l’ordine
cistercense fu investito da una grave crisi
spirituale ed economica. Questa situazione
riguardò anche il complesso di Falleri che nella
seconda metà del 1300 venne abbandonato e
trasformato in semplice tenuta agricola. La sua
proprietà iniziò a passare di mano in mano:
prima fu affidata al monastero di San Lorenzo
fuori le Mura, poi sul finire del XIV secolo
all’Ospedale di Santo Spirito in Saxia che lo
gestì fino al 1536 circa, dandolo in commenda di
volta in volta, a persone diverse. I proprietari
modificarono la struttura originaria in particolare
del monastero che divenne una residenza privata
caratterizzata da stemmi e iscrizioni indicanti i
proprietari. Tra i nomi più illustri, possiamo
ricordare il Cardinal Sclafenato e il Cardinal
Sanseverino.
Per quanto riguarda la sua fondazione, per lungo
tempo gli storici hanno creduto che inizialmente
fosse stata un possedimento benedettino. In
realtà il primo documento scritto che nomina
l'ordine monastico cistercense come presente in
questi territori, risale al 1179 quando papa
Alessandro III conferma possessi e diritti ai
monaci di Falleri. In genere questa data è
considerata il termine ante quem sicuro, anche
perché, prima di questo anno, non si è a
conoscenza dell’ordine monastico presente. In
ogni modo, non ci sono elementi certi che
facciano pensare a un cambio di ordine
monastico nel corso del tempo, né a livello di
documentazione né a livello di osservazione
diretta del monumento. Il completamento dei
lavori deve essere avvenuto verso la fine degli
anni ottanta del XII secolo, quando Lorenzo e
Jacopo apposero la loro firma sul portale
d'ingresso all’edifico religioso. Questi due
personaggi appartenevano alla famiglia dei
Cosmati, famosi marmorari romani, che di lì a
poco realizzeranno il pavimento e il portico del
Duomo di Civita Castellana.
Fortunatamente la chiesa, a livello architettonico,
ha mantenuto nel corso degli anni la sua
struttura originale per lo più integra, nonostante
le vicissitudini subite. Il complesso abbaziale di
Santa Maria in Falleri, come gran parte delle
altre costruzioni cistercensi, presenta caratteri
tipici dell’architettura di questo ordine. La chiesa
è orientata con l’ingresso maggiore ad ovest e la
zona delle absidi ad est in modo da poter
sfruttare tutta la luce solare nel corso del giorno.
La pianta dell’edificio religioso è a tre navate, di
cui la centrale è il doppio di quelle laterali,
caratterizzate da un sistema alternato di pilastri
maggiori cruciformi, pilastri minori quadrati e
colonne. Queste ultime sono realizzate con
l’assemblaggio di pezzi di riuso, presi dai resti
della città romana e riadattati al nuovo utilizzo.
Di particolare pregio i quattro capitelli, tutti
differenti tra loro, di cui i primi due che si
incontrano sono stati rilavorati prima di essere
posti in opera, mentre degli altri due, quello a
destra di chi guarda realizzato ex novo in periodo
medievale. L’ultimo capitello è un elemento
molto interessante perché mostra figure umane
scolpite e abbigliate come soldati romani. La
parte più affascinante della costruzione è però
rappresentata dalla zona del transetto, dove, a
sorpresa, si aprono ben cinque absidi e non tre
come ci si aspetterebbe. Questo modello
architettonico può essere considerato un unicum
in Italia, dato che altri esempi non ce ne sono, e
la tipologia è prettamente francese. In Francia
esistono altri edifici cistercensi terminanti a
cinque absidi come l’abbazia di Flaran, ma
comunque sono tutti successivi al caso in esame.
Ogni abside aveva il suo altare, con targa che
ricordava a chi era dedicato e la data della
consacrazione. La zona del transetto ha generato
tra gli storici delle teorie di pensiero differenti.
L’anomalia del numero maggiore di absidi
rispetto a quello delle navate, ha fatto credere ad
alcuni studiosi che la costruzione della chiesa
fosse stata iniziata in un primo momento dai
monaci benedettini e che solo successivamente ci
sia stato il passaggio ai cistercensi che l’hanno
portata a termine. In realtà, come dimostrato
dagli studi fatti successivamente, le absidi, e in
generale tutta la zona del transetto,
rappresentano il momento più alto di
elaborazione del linguaggio borgognonecistercense con richiami a modelli transalpini
nella volta a botte cinghiata e nel cantiere delle
Tre Fontane a Roma, per la disposizione
geometrica delle finestre. Le cinque absidi
esternamente sono molto particolari, perché
presentano forme diverse tra loro: la centrale
maggiore è semipoligonale con lesene decorate
da semicolonnine terminanti con capitelli,
mentre le altre minori sono semicircolari e
coronate con cornice ad archetti pensili. Questi
motivi ornamentali saranno presi ad esempio per
altre chiese sorte o completate successivamente,
come il Duomo o San Gregorio a Civita
Castellana. Per quanto riguarda il pavimento,
molto probabilmente era realizzato in semplice
terra battuta, mentre la copertura del soffitto era
sicuramente prevista con una volta a botte ma
non si hanno indizi certi per poterlo confermare.
Solamente nelle navate laterali, dopo i crolli
avvenuti alla fine del 1700, sono rimaste in situ
parti di copertura a botte che potrebbero
confermare questa ipotesi. Alcuni studiosi hanno
anche proposto un tetto realizzato con capriate
lignee. Effettivamente il restauro eseguito alla
fine degli anni Ottanta ha riproposto un tipo di
copertura che ricorda in parte la volta e in parte
le capriate, proprio per riproporre tutte le
soluzioni in merito. Il pavimento è stato, invece,
realizzato in peperino.
In occasione della ristrutturazione, sono stati
effettuati anche dei saggi archeologici sotto il
livello pavimentale della chiesa, che, in
particolare, hanno permesso di riportare in luce il
manto stradale di due strade dell’antica città: un
tratto del decumano, la via Cimina con direzione
E-O, nel braccio S del transetto; un tratto di una
via secondaria con andamento N-S, localizzata
nel braccio N del transetto. L’ingresso è
caratterizzato da un portale marmoreo a triplo
rincasso con colonnette angolari, realizzato,
come già detto, da Lorenzo e Jacopo, come
attesta l’iscrizione in alto a sinistra, finanziato
da Quintavalle, personaggio che forse va
identificato come appartenente ad una famiglia
notarile di Civita Castellana. L’interno
dell’edificio ecclesiastico ospita, inoltre, l’Ara
marmorea di Cornelia Salonina con dedica alla
moglie dell’Imperatore Gallieno, fatta eseguire
dalla popolazione falisca per ringraziare
dell’attenzione ricevuta, e il cippo in peperino
con dedica ai Lari protettori dei viandanti
ritrovato nel territorio di competenza di Falerii
Novi.
Contatti:
Comune di Fabrica di Roma - Ufficio Cultura: 0761569001 int. 7,
[email protected]
Punto Informativo Turistico: Info Point Comunale (via Carbognano, 7)
Orari: Giovedì, ore 16.00-19.00;
Sabato, ore 9.00-13.00/ 16.00-1900;
Domenica, ore 9.00-13.00.
COMUNE DI FABRICA DI ROMA
PROVINCIA DI VITERBO
FALERII NOVI – LA VIA AMERINA – SANTA MARIA IN FALLERI
ENGLISH VERSION
Plan of Falerii Novi – based on Falerii Novi: A New Survey of the Walled Area, 2002.
FALERII NOVI
Falerii Novi arose after the Roman conquest of
Falerii Veteres, today Civita Castellana, which
took place in 241 BC. Romans used all their
skills and military strategies to defeat the
Faliscan population very proud and bound to
their land. To avoid surrendering to the Romans,
they came to form an alliance with the Etruscans
and the inhabitants of Falerii Veteres. After
signing some treaties of peace, the Roman army,
thanks to the consul Manlius Torquatus, defeated
the Faliscan. Falerii veteres was abandoned and
then destroyed and its surviving inhabitants were
moved by
the
Romans in
a
new
settlement known as Falerii Novi, a plain land
devoid of natural defenses. The urban plan of
the city is based on the type Hippodamian with
orthogonal pattern of streets that create regular
blocks, stopped abruptly by the irregular line of
the walls covering a perimeter of 2,400 km with
a trapezoidal
shape.
The
walls,
made by using isodomici red tuff blocks built
without the aid of mortar, is characterized by the
presence of fifty defensive and jutting towers
with a square plant. Thanks to the artificial ditch
excavated in the southern half in the east and
also to the gorge of Purgatory river in the south,
the towers ensured an adequate fortification of
the city. The walls, in some places, are still well
preserved for more than six feet high and you
can see the traces of the original crowning with
jutting fascia. In the urban area opened out four
main gates on the two major roads and five
minor openings. The only one that has been
preserved is Porta Cimina so named because of
the passage of via Cimina that connected the city
to the same forest. Better known as Porta di
Giove for the sculpture that decorates the
keystone of the arch, which was replaced during
the restoration of the sixties by a copy .
Interesting also is Porta del Bove or Puteana
located in the southeast corner of the walls, some
still accessible, which takes its name from the
bucranium placed in keystone. Falerii Novi
lived moments of beauty, but also social and
economic crisis. Around the 89 BC, for
example, is almost certain that became the town
hall with its own political structure, as the
Republican model with a Senate and a president.
The process of Romanization of the city was
slow and gradual: in the third century BC, a
dedication to Minerva made by a magistrate, by
order of the Senate, presented purely Faliscan
characters. The city was also the Bishop's home
from IV to IX century and, the target of several
barbarian invasions that were repeated over the
centuries until, around VII century, the
inhabitants began a slow depopulation of this
urban area for the old settlement, Falerii veteres,
perched on a tufa and therefore easier to defend.
Inside the walls, it has been highlighted a part
of the intersection of two main streets: Cardo,
identified with via Amerina, and Decumano with
via Cimina. The crossroad is located in a block
adjacent to the forum, whose are well preserved
the pavement and the foundations of some
buildings. By the archaeological finds, it was
possible to recreate the image of a city of high
social-cultural level, with a theater inside the
walls and an amphitheater outside.
Most probably the wife of Ovid and the mother
of Emperor Gallienus (218-268 AD) were born
in Falerii Novi. The emperor was mentioned in
the monetary inscriptions as Falerius, to which
the population was very grateful. Some years
ago, a dignified place was given to the altar of
Cornelia Salonina , with a dedication to the wife
of the Emperor by the people of Falerii Novi ,
grateful for the attention given to their city.
VIA AMERINA
Via Amerina was the most important axis of
communication like the ancient via Flaminia. It
isn’t known yet the exact date of
its
construction, but the fact that it was used as a
Maximus Cardine in the construction of Falerii
Novi , let us to indicate the 241 BC as a
terminus post quem. It was important because it
connected Rome to Umbria with a run of only 56
miles. The beginning of the way is indicated by
the valley of Baccano, and it
can be
reconstructed thanks to the Tabula Peutingeriana,
which, although not giving the name, marks the
main staging stations along the route: Vacanas,
Nepe, Faleros, Castello Amerino, Ameria. Via
Amerina took its name from the ancient city of
Amelia (Ameria). Generally, its route can be
considered a work of engineering from scratch,
created to respond to the action of Romanization
of the Ager Faliscus. Surely the romans made
use of old already existing routes, in some cases
well documented as in Nepi and in Corchiano.
The route of via Amerina was used for all the
medieval period. During this time was the main
road, as evidenced by the numerous sites and
towers built along the route. Because of the
structure of the land , this road was used less
and less. Nevertheless, still today, you can
retrace long stretches which are very impressive
both in terms of landscape and archaeological
point of view. Not far from the walls of Falerii
Novi , you can walk along a stretch of via
Amerina characterized by a monumental
necropolis with tombs from III century BC to III
century AD. There are different tombs according
to the type of the funeral ceremony: tombe a
camera, tombe a colombario, tombe a portico.
Along the stretch we can see some terraces and
small theaters used for funeral rites such as
banquets,
games
and
commemorative
ceremonies. The archaeological site consists of
three sections called Cava Foce, Tre Ponti and
Cavo degli Zucchi. It is a route 1500km long,
very suggestive that retraces the
ancient
roadway. In Tre Ponti area we can see the only
surviving bridge along via Amerina. The bridge
is situated on the greater ditch and it was built
using square blocks of tufa without the help of
mortar, pins or metal clamps. Here you can see
traces of paint inside some tombs of the first
century AD. Cavo degli Zucchi area, instead, is
characterized by burial
columbarium. In this zone there are also the two
twin chamber tombs with U plan, preceded by
the vain of the machicolation with the upper
terrace used for funeral ceremonies. Their
entrance is marked by two frames and two round
shields in relief. This beautiful monument of
historic- archaeological and natural value is
visible thanks to the costant work made every
year by the Gruppo Archeologico Romano in
collaboration with the Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Lazio- Sezione Etruria
Meridionale
and
with
the
Cities’
Administrations.
THE CATACOMBS OF SAINTS
GRATILIANO AND
FELICISSIMA
The catacombs located in the urban area of
Falerii Novi show the large presence of
Christians living in the same city highly still
populated around the IV or V century A.D.
Historically this is the period in which the city
was also a bishopric. The catacombs which are
located in this urban area are different from the
classical Roman tradition and they are closer to
the local funeral tradition. According to tradition
in this place have been made martyrs Gratiliano
and Felicissima, in the period of Claudio the
Gothic ( 268-270). The catacomb consists of four
large and almost parallel galleries which are
open to the north. It was built in two phases at
least. The oldest part is composed by two central
galleries originally not connected with each
other but connected by a common vestibule that
doesn't exist any more. Different types of burials
have been used: especially large tombs arranged
in several rows and closed with roof tiles
covered with white lime. There are tombe a
mensa and tombe ad arcosolio that maintain
traces of paintings and plasterworks. The
remains of a church, probably the one dedicated
to St. Gratiliano, were found in front of the
catacomb.
THE ABBEY OF SANTA MARIA
IN FALLERI
In the old abandoned site of Falerii Novi,
between 1143 and 1145 a.d. , a colony of
Cistercians monks coming from Pontigny, built
the abbey of Santa Maria in Falleri that even
today we can admire. The walls of the ancient
city looked like a perfect fortified enclosure for
the abbey, while all the land inside, it was
reclaimed for grazing of cattle. The Cistercians
arrived here to bring religious stability in Civita
Castellana. They were able to do it because their
order was based on the true spirituality.
Historically it was also a very favourable period
for them: Saint Bernardo was still alive at Nepi,
nearby were some of his disciples and Eugenio
Ш (1145-1143), already Cistercian abbot in
Rome, was elected pope. He will encourage in
every way the general order and particularly the
abbey of Faleri. The same did successive popes :
AdrianoIV (1154-1159), Alessandro III (11591181 ), Innocenzo Ш ( 1198-1216). Their
strategy was to grant benefits and protections to
the apostolic religious community: this
concerned not only Santa Maria in Falleri but
also other Cistercian monasteries situated in the
territory of Viterbo who represented benchmarks
and unsure of papal power in a territory such as
the Patrimonio di San Pietro not always sided in
favor of the Roman Curia but sometimes faithful
to the Empire. Maybe the importance and wealth
acquired by the monks often carried them to the
corruption of morals and for this reason they
were continuously invoked by the Capitolo
Generale di Citeaux. Although they didn’t
completely respect the rule Santa Maria in
Falleri was affiliated to Rome in San Sebastiano
alle catacombe from 1260. Whatever, between
the ХШ and XV century, the Cistercian order
was invested by a serious economical and
spiritual crisis. This situation also applied to
Santa Maria in Falleri that in the second half of
1300 was abandoned and converted into a simple
estate that began to pass from hand to hand: the
first was given to the monastery of San Lorenzo
fuori le Mura and then, at the end of XIVcentury,
to the Santo Spirito Hospital in Saxia who ran it
until 1536 giving it in commendam to different
people from time to time. The original structure
was modified and the monastery became a
private residence featuring
inscriptions
indicating the owners. Among the most
important names we can remember Cardinal
Sclafenato and Cardinal Sanseverino.
Historians have long believed that it was a
benedictine possession but the first written
document that appoints the monastic order dates
back to 1179 when Pope Alexander Ш confirms
possessions and rights to the monks of Falerii.
Before this date we can’t know what monastic
order was present. Infact we haven’t any
documents showing a change of monastic order
during the time. Perhaps the works were
completed in the late eighties of the XII century,
when Lorenzo and Jacopo put their signature on
the front door of the religious building. They
belonged to the family of Cosmati, famous
roman marble workers, who will realize the floor
and the porch of the cathedral of Civita
Castellana.
During the time, despite the vicissitudes suffered,
the church has maintained mostly intact its
original structure. Like other Cistercian buildings
also Santa Maria in Falleri shows architectural
features typical of this order. The main entrance
of the church is oriented to the west and the area
of the apses to the east in order to benefits from
all the sunlight during the day. The plant of the
religious building has three naves. The central
nave is twice the sides characterized by a system
of alternating major cruciform pillars, minor
pillars and columns. The columns are made by
assembling pieces of reuse taken from the remains
of the Roman city and adapted to new use. The
four capitals, all different from each other, are
particularly valuable.
The first two you see have been reworked
before being placed while the other two, the
right one of the viewer, have been made from
scratch in the medieval period. The last capital
is very interesting because it shows human
figures carved and dressed as Roman soldiers.
However, the most fascinating part of the
building is represented by the area of the
transept where there are five apses and not three
as we would expect. This architectural model is
considered an unicum in Italy because there are
no other examples and the typology is purely
French. In France, there are five other buildings
ending in five apses as the Cistercian abbey of
Flaran, but they are all next to the abbey of
Santa Maria in Falleri. Every apse had its own
altar. Above each altar there was a plaque in
commemoration of those to whom every altar
was dedicated and the date of its consacration.
Among the historians, the area of the transept
has given rise to different theories. At first
some experts believed that the church had been
built by the Benedectine monks because of the
larger number of the apses than of the naves and
that only later the Cistercians have completed it.
Really, as shown by studies done later, the apses
and in general the whole area of the transept, are
the high point of language processing
Burgundian-Cistercian with references to
transalpini models in the belted barrel vault and
in the yard of Tre Fontane in Rome, for the
geometrical arrangement of windows. The five
apses are very special because have different
shapes: the greater central is semipolygonal
with pilasters decorated by semicolumns ending
with capitals, while the minors semicolumns are
semicircular and crowned with a frame hanging
arches. These ornaments will be taken for
example for other churches arose or completed
later as the Cathedral or St. Gregorio in Civita
Castellana. About the floor, maybe it was made
in simple clay, while the roof of the ceiling was
surely planned with a barrel vault even if we
aren’t able to confirm. This hypothesis could be
confirmed because, after the collapse occurred
at
the end of 1700, parts of a vaulted ceiling are
remained only in the side naves. Some experts
have also proposed a roof made of wooden
trusses. Actually the restoration carried out at
the end of eighties, has revived a type of roof
that recalls both the vault and the trusses.
However, just to repeat all the solutions, the
floor was made in peperino.
During the restoration, some archaeological
essays have been made under the floor of the
church. They have brought to light the road
surface of the two streets of the old city: a
strecth of the decumanus, via Cimina with westeast direction, in the S arm of the transept; a
stretch of a minor street with north -south
direction, placed in the N arm of the transept.
The entrance is marked by a marble door with
triple rincasso with angular columns, created by
Lorenzo and Jacopo, as shown by the
inscription at the top on the left, financed by
Quintavalle, a character who might be identified
as belonging to a notarial family of Civita
Castellana. Inside the church there is the marble
altar of Cornelia Salonina with an inscription
made by Faliscan population dedicated to the
wife of the Emperor Gallieno in order to thank
her for the received attention. Then there is the
stone of peperino with an inscription dedicated
to the Lari protectors of the travalers . It was
found in the territory of Falerii Novi.
Contacts:
Comune di Fabrica di Roma – Ufficio Cultura: 0761 569001 int. 7,
[email protected]
Info Point, Tourist Centre: Info Point Comunale (via Carbognano, 7)
Opening Hours: Thursday, 16.00-19.00;
Saturday, 9.00-13.00/ 16.00-1900;
Sunday, 9.00-13.00.

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