Formazione iniziale, reclutamento e la formazione in servizio degli

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Formazione iniziale, reclutamento e la formazione in servizio degli
CANTIERE BUONA SCUOLA
ATTUAZIONE E DELEGHE DELLA LEGGE 107/2015
“RIFORMA DEL SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE”
Partito Democratico – 19 novembre 2015
Tavolo di lavoro n. 1 – Formazione iniziale e accesso nei ruoli degli insegnanti
Coordinatrici: on. Manuela Ghizzoni, sen. Rosa Maria Di Giorgi
Resoconto
Il tavolo – attivamente partecipato da circa 30 persone, con interventi di quasi tutti i presenti – ha espresso,
con poche eccezioni, un giudizio positivo sui principi e criteri direttivi introdotti dall’articolo 1, comma 181,
lettera b), della legge 107/2015 per la delega al Governo di provvedere al “riordino, adeguamento e
semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria,
in modo da renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione”.
Sono stati soprattutto apprezzati:
• il modello, innovativo ed “europeo”, di reclutamento e formazione iniziale strettamente coordinati
e integrati tra loro;
• l’inserimento nella professione docente di persone giovani, preparate e motivate, selezionate per
concorso nazionale, con graduale eliminazione dell’abilitazione e di ogni forma di precariato;
• la responsabilità condivisa tra scuola e università nella fase triennale di completamento della
formazione iniziale per i vincitori di concorso, con veri tirocini formativi e graduale assunzione della
funzione docente;
• la previsione di un significativo riordino delle classi “disciplinari” di afferenza dei docenti e
l’impegno per la formazione in servizio, da collegare anche con i principi di buona organizzazione
delle scuola e di valorizzazione del corpo docente.
Non mancano, tuttavia, i problemi da affrontare e da risolvere in sede di decreto delegato (o forse anche di
modifica legislativa). Tra di essi sono stati segnalati e discussi:
• come organizzare al meglio, anche riguardo ai contenuti obbligatori, il conseguimento di (almeno)
24 crediti formativi universitari “nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e in quelle concernenti
le metodologie e le tecnologie didattiche”, sia nel caso che facciano parte dei curricula delle lauree
e lauree magistrali, sia che siano conseguiti come crediti aggiuntivi, curando in particolare che non
costituiscano un forte aggravio economico per coloro che volessero partecipare ai concorsi per
insegnante;
• come garantire che i concorsi si svolgano con periodicità certa, annuale o al massimo biennale, con
un numero dei posti disponibili misurato col fabbisogno reale (compresa la necessità delle
supplenze nella scuola), senza consentire forme di “idoneità” che finirebbero col reintrodurre
surrettiziamente le abilitazioni e le graduatorie di precariato in attesa;
• come assicurare la massima qualità alle procedure concorsuali nazionali, evitando forme
semplificate di selezione per test e puntando all’accertamento accurato del possesso delle
necessarie competenze disciplinari e, insieme, di quelle basilari in campo pedagogico e
professionale (riferibili ai contenuti dei 24 crediti da conseguire prima del concorso), mentre il
completamento e l’approfondimento di queste competenze avverrà durante il triennio di
formazione professionalizzante successivo al concorso;
• come organizzare al meglio il triennio di formazione professionalizzante, in modo tale che sia chiara
e diventi operativa la stretta cooperazione e la responsabilità condivisa del sistema universitario e
del sistema scolastico, in particolare per quanto riguarda:
il fondamentale ruolo dei tutor, che devono costituire un vero e proprio “ponte” tra
università e scuole e di cui vanno stabilite specifiche modalità di formazione, selezione e
organizzazione del lavoro (peraltro, nella scuola dell'autonomia si sente necessità di figure
intermedie con capacità del "presidio dei gangli vitali del funzionamento e
dell’organizzazione, affinché la scuola sia una comunità culturale", per citare Giancarlo
Cerini);
o il sostegno alle università, anche mediante il reclutamento di professori specializzati nel
settore, per la parte del triennio di loro specifica competenza (diploma di specializzazione);
o la revisione (eventualmente con un’opportuna modifica alla legge) e il superamento della
troppo netta separazione tra il primo anno, attualmente destinato al conseguimento del
diploma universitario di specializzazione, e il successivo biennio, che la legge ora centra
sulle attività nelle scuole, al fine di meglio esplicitare il valore formativo dell’intero triennio
successivo al concorso;
o trasformare (eventualmente con un’opportuna modifica alla legge) la valutazione del
triennio in una valutazione in itinere che si conclude con una valutazione finale, congiunta e
complessiva da parte di università e scuole, del lavoro svolto e degli obiettivi formativi e
professionali raggiunti da ciascun vincitore di concorso, cogliendo così l’occasione di
chiarire definitivamente il senso piuttosto incerto della disposizione di cui al punto 4) della
normativa (“la disciplina di cui ai commi da 63 a 85 del presente articolo”), che non deve
comunque intendersi come valutazione finale ad opera del solo dirigente scolastico;
come affrontare l’organizzazione del lavoro, la retribuzione e la forma di contratto da attivare per i
vincitori di concorso nel primo triennio: questioni da definire, comunque, nel contratto nazionale di
lavoro degli insegnanti; da questo punto di vista si sottolinea l’opportunità di una retribuzione
adeguata anche nel primo anno (non può essere un semplice contratto di tirocinio o apprendistato)
e poi crescente nel triennio, commisurata alla graduale assunzione della funzione docente;
se e come ripensare la formazione degli insegnanti della scuola paritaria, eventualmente
modificando il punto 8) della norma, in collegamento con l’accesso (libero o soggetto a condizioni
sulla falsariga del concorso per le scuole statali?) alla scuola di specializzazione, evitando comunque
di ricreare una nuova area di precariato all’interno delle scuole paritarie;
come affrontare i complicati risvolti tecnici della fase transitoria, in particolare per quanto riguarda:
o la situazione degli attuali titolari di diploma TFA (o PAS) che non risultassero vincitori del
concorso 2015, come pure quella di coloro che hanno maturato o matureranno nella fase
transitoria i 36 mesi di servizio come docente;
o l’eventualità che si tenga un'altra edizione di corsi TFA per venire incontro alle esigenze e
aspirazioni di chi conseguisse una laurea magistrale nella fase di passaggio da un sistema di
reclutamento all’altro e, in collegamento, l’opportunità che la transizione sia la più rapida
possibile.
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E’ stata inoltre attirata l’attenzione su punti non contenuti nell’attuale normativa:
• come regolarsi con chi, vincitore di concorso o già in ruolo come docente, volesse conseguire un
ulteriore diploma di specializzazione per ampliare il ventaglio delle discipline da insegnare;
• se non valga la pena utilizzare in modo innovativo il riordino delle classi concorsuali (meglio,
“disciplinari”) per costruire un nuovo schema che consenta insieme flessibilità e competenza
disciplinare negli insegnamenti pluridisciplinari;
• come connettere i percorsi di formazione in servizio (previsti dalla legge), atti ad integrare le
competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti di ruolo, con i nuovi percorsi della formazione
iniziale.
Si suggerisce infine di valutare con attenzione la via delle modifiche legislative in quanto un nuovo
passaggio parlamentare potrebbe rallentare l'avvio della fase attuativa del nuovo modello di formazione e
reclutamento.