Recensione Una riflessione sul disordine, la

Transcript

Recensione Una riflessione sul disordine, la
Dottorato di ricerca 21° ciclo (A.A. 2005/2006)
SCIENZE DELLA COGNIZIONE E DELLA FORMAZIONE
Dott.ssa Claudia Arcolin
EDGAR MORIN, Le paradigme perdu: La nature humaine, 1973; tr. it. Il paradigma perduto. Che
cos’è la natura umana, Feltrinelli, Milano 1999; tr. di Eugenio Bongioanni, pp. 220
Abstract
In questo saggio Morin ripercorre la storia dell’uomo, rileggendo l’evoluzione secondo un nuovo modello
basato su una complessità multidimensionale. Punto di partenza è il superamento della dualità antitetica
tra cultura e natura. L’ominidizzazione viene considerata come una catena di mutue relazioni e di
autosviluppo, che partendo dalle reciproche interazioni giunge ad un sistema capace di autoriprodursi: il
sistema socio culturale. La cultura diventa un sistema generatore di alta complessità e un elemento
indispensabile per lo sviluppo, poiché è l’infrastruttura stessa dell’alta complessità sociale. L’uomo ha in
se un’attitudine naturale alla cultura, vale a dire che il suo sviluppo biologico è strettamente connesso
alla dimensione culturale. Ne deriva quindi la necessità di integrare natura e cultura, e di fondare una
teoria transdisciplinare che abbracci l’oggetto continuo e discontinuo della scienza, la physis. Tale teoria
non può che essere la scienza dell’uomo.
In this paper Morin looks back at mankind’s history, revising evolution according to a new model based
on multidimensional complexity. The starting point is the obsolescence of the antithetic dualism between
culture and nature. Hominidization is considered as a sequence of mutual relations and selfdevelopment, that leads to a system able to self-regenerate: the socio-cultural system. Culture becomes
a generating system of high complexity, indispensable for the development, as mankind’s being is the
same infrastructure of high social complexity. Men are gifted with a natural attitude to culture, his
biological development is tight connected to culture. Hence the need to integrate nature and culture, and
to found a transdisciplinary theory focused on the continuous and discontinuous object of science:
physis. This theory is formed by human science.
Recensione
“Finisco per trovare sacro il disordine del mio spirito”
Rimbaud-aforismi
Una riflessione sul disordine, la complessità, la diversità e la creatività, fonte di
innovazione e sviluppo; con questa citazione Morin apre il paragrafo
sull’ipercomplessità di sapiens, nodo gordiano dell’intera trattazione.
Il saggio di Morin apre la strada ad un approccio transdisciplinare di
riorganizzazione del sapere, partendo dallo studio dell’uomo e della sua evoluzione.
Questo saggio è stato scritto nel 1973, in seguito ad un periodo di intenso dialogo e
confronto sull’unità dell’uomo. Sono anni molto intensi, gli eventi del 1968, le
scoperte mediche (prime fra tutte l’introduzione della tomografia assiale
computerizzata basata sui raggi X, che permette di capire il funzionamento
metabolico del cervello), i progressi della tecnologia, inducono ad un ripensamento
epistemologico. Si mettono in discussione una serie di principi: la frammentarietà e
parcellizzazione dei saperi, che “mutilano” l’oggetto di studio, sottraendolo alle
interazioni, interferenze e complementarietà che invece lo contraddistinguono;
l’impossibilità di una conoscenza compiuta. Morin auspica la nascita di una scienza
nuova, costruita su discipline articolate e aperte su fenomeni complessi.
Punto di partenza è la frattura che per molto tempo ha contrapposto biologia e
antropologia, natura e cultura dell’uomo. L’evoluzione dell’uomo non può essere
intesa solo come sviluppo biologico. Il cervello di sapiens si è formato dopo la
formazione di una cultura già complessa; è la cultura stessa la chiave
dell’evoluzione biologica, ed essa non può essere separata dalla sfera sociale,
emotiva e biologica. “Società e individualità non sono due realtà separate che si
giustappongono, ma esiste un doppio sistema dove in modo complementare e
contraddittorio individuo e società diventano parte integrante l’uno dell’altra in un
rapporto di simbiosi” (p. 41). La cultura infatti deriva dalla cerebralizzazione, dallo
1
sviluppo delle possibilità associative e delle competenze organizzazionali del
cervello. Nel momento in cui l’homo sapiens si relaziona con se stesso, con la
società e con l’ambiente, permane una condizione di incertezza che è volano della
conoscenza. Nessuna conoscenza può considerarsi però compiuta, in quanto ogni
variazione che interverrà nella natura, nella cultura, nella società o nella pratica, lo
porterà a riorganizzare le proprie idee e teorie. “Una società si autoproduce senza
sosta perché senza sosta essa si autodistrugge” (p. 45). L’ambivalenza tra
cooperazione
e
competizione,
complementarietà
e
conflitto
costituisce
l’organizzazione sociale stessa.
Secondo Morin la vita è un sistema di riorganizzazione permanente, fondato su una
logica della complessità. “I principi di organizzazione della vita sono quelli della
complessità. È questo fenomeno di riorganizzazione permanente che dà ai sistemi
viventi flessibilità e libertà in confronto alle macchine” (p. 116). Come già
evidenziato da Von Neumann (1966), la differenza tra la macchina artificiale e la
macchina vivente è che, mentre la prima è destinata a degenerare, l’uomo è spinto
ad accrescere la propria complessità, che lo porta ad una auto-organizzazione
continua della realtà in cui vive. Il cambiamento e l’innovazione sono il prodotto di
un disordine che arricchisce perché diviene fonte di complessità. Il disordine genera
entropia e complessità; l’incertezza e l’errore aprono la strada alla coscienza, che è
il “fenomeno dove la conoscenza tenta di conoscersi” (p. 178). E la conoscenza non
può che derivare dalla propria esperienza; ne scaturisce pertanto il rapporto tra
soggetto che osserva e oggetto osservato. Auto-organizzazione dei sistemi e
relatività della conoscenza sono tematiche rilevanti anche nel pensiero di Maturana
e Varela. “La conoscenza come esperienza è qualcosa di personale e privato che
non può essere trasferito, e ciò che si crede sia trasferibile, cioè la conoscenza
oggettiva, deve sempre essere creato dall’ascoltatore”1.
Alcune delle tematiche cardine che Morin affronta nel suo saggio, particolarmente
interessanti perché sollecitano la riflessione sul ruolo dell’educazione e della
formazione, sono: la fase di giovanilizzazione e la sua importanza per la scoperta e
lo sviluppo; la capacità di sragionare dell’uomo e la sua attività simbolica; il
rapporto tra società, cultura e natura; la globalizzazione della cultura.
La struttura sociale di sapiens segnava una netta distinzione tra tre sottogruppi:
adulti maschi, femmine, giovani. I giovani instauravano un rapporto affettivo con la
madre, ma si trovavano ancora ai margini della società e ne costituivano l’elemento
deviante, il disordine, che minacciava l’organizzazione sociale gerarchica esistente.
Tuttavia, proprio dai giovani dipendeva (e dipende ancora) il carattere complesso e
vivo della società, e la sua spinta alla riorganizzazione permanente. I giovani
potevano muoversi liberamente, scoprire, giocare, e non è escluso che proprio
attraverso il gioco sia stato possibile scoprire il fuoco, che ha cambiato in modo
decisivo la storia dell’uomo. La riflessione che un educatore e formatore deve
pertanto fare è sul ruolo dei giovani, e più in generale dei soggetti in una situazione
di devianza e di marginalità. Già Durkheim (1897) aveva sottolineato che la
devianza è la divergenza dai “fatti sociali”, dalle norme convenzionali, ma può
essere anche una spinta alla creatività e all’innovazione. Un formatore deve
pertanto essere in grado di cogliere gli elementi di “disordine” e trasformarli in
potenzialità di crescita e sviluppo. Ciò implica una capacità e volontà di
destrutturare gli schemi esistenti, di lasciare spazio alla collaborazione, alla
scoperta, al confronto.
Un altro tema estremamente interessante è la capacità di sragionare dell’uomo e
l’importanza del mito e della magia. Dall’analisi delle tombe più antiche di
Neanderthal emerge come il mito e la magia fossero una componente importante
1
MATURANA HUMBERTO, FRANCISCO VARELA, Autopoiesi e cognizione: la realizzazione del vivente,
Marsilio, Venezia 1985
2
della vita dell’uomo. La percezione del reale e la concezione del mondo sono
intrinsecamente connesse all’immaginario. Si delinea una zona di incertezza tra
cervello e ambiente, soggettività ed oggettività, immaginario e reale. Nonostante
sapiens proceda secondo un metodo empirico-logico, “per tentativi ed errori”,
aumenta sempre più l’errore all’interno del sistema vivente. E l’errore porta al
dolore, al disordine e all’intemperenza (che causa la violenza e le guerre). Tuttavia
proprio la follia di sapiens ha contribuito alla sua evoluzione. Scrive Morin: “bisogna
pensare piuttosto che lo sviluppo impetuoso dell’immaginario, le derivazioni
mitologiche e magiche, le confusioni della soggettività, la moltiplicazione degli errori
e la proliferazione del disordine, lungi dall’aver costituito un handicap per homo
sapiens, sono al contrario legate ai suoi prodigiosi sviluppi” (p. 112). L’immaginario,
essendo fonte di errore e disordine, ha portato l’uomo a riflettere sull’ambiente e a
riorganizzarsi in continuazione. Come ha scritto in seguito Gardner2, le intelligenze
umane si differenziano dalle intelligenze delle altre specie per la loro potenzialità di
essere implicate in ogni sorta di attività simbolica; la simbologia è stata cruciale per
lo sviluppo umano, perché ha determinato l’area di espressione delle intelligenze
stesse.
Saper cogliere l’importanza dell’immaginario e capire le origini culturali e naturali
della magia e della religione risulta ancora più indispensabile oggi, in un contesto
sociale in cui delle vignette satiriche diventano lo strumento per fomentare disordini
civili e conflitti internazionali. È pertanto fondamentale considerare la componente
irrazionale dell’uomo, e il ruolo dei simboli e della cultura propri di ogni popolo.
L’educazione deve quindi sapere integrare natura e cultura, e cogliere la valenza
multidimensionale dell’uomo.
Il saggio sollecita inoltre la riflessione sul rapporto tra globalizzazione, natura e
cultura. Come si possono integrare infatti natura e cultura in un mondo orientato
sempre più verso la omogeneizzazione dei bisogni e dei prodotti? Come può la
globalizzazione rispettare le diversità individuali, che scaturiscono da una diversa
cultura, che è parte della natura umana? E come si può tutelare questa diversità,
che come afferma Morin, ha garantito la sopravvivenza dell’uomo stesso? Nel
dibattito attuale, Robertson, studioso della teoria della ricerca sulla globalizzazione
culturale, auspica una globalizzazione multidimensionale, che rispetta la dimensione
sociale e culturale. Si parla pertanto di “glocalizzazione”, in cui la spinta alla
globalizzazione parte dai bisogni locali. “Il fatto più notevole è che l’unità dell’uomo
sia stata preservata, non soltanto a dispetto della differenziazione, ma anche grazie
alla differenziazione socio-culturale” (p. 200). Le differenze culturali hanno
conservato l’unità della specie, per cui l’educazione deve essere in grado di
mantenere queste differenze e di valorizzarle al fine dello sviluppo dell’uomo.
Questo saggio di Morin, pur essendo stato scritto più di trent’anni fa, porta alla luce
tematiche di estremo interesse attuale.
Nel corso degli anni Morin ha approfondito gli studi sull’educazione. Particolarmente
significative sono le sue opere: “La testa ben fatta – riforma dell’insegnamento e
riforma del pensiero” (2000) e “I sette saperi necessari all’educazione del futuro”
(2001). In queste opere Morin invita a riflettere sulla necessità di una riforma
dell’organizzazione dei saperi, che sappia affrontare le nuove sfide che
caratterizzano la nostra epoca.
Si tratta pertanto di uno studioso che ha dato un contributo determinante per una
riflessione su un modello di educazione capace di formare una mente
multidimensionale, e si colloca in linea con ricerche sulle intelligenze multiple, la
scoperta dei talenti, la personalizzazione della formazione.
HOWARD GARDNER, Frames of mind. The theory of multiple intelligences, 1983; tr. It. Formae mentis.
Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli Editore, Milano 1995
2
3
Indice
Premessa
PARTE PRIMA: LA SALDATURA EPISTEMOLOGICA; La scienza chiusa; La
“Rivoluzione biologica”; “Nostri fratelli inferiori”; La rottura e la saldatura; PARTE
SECONDA: L’OMINIDIZZAZIONE (L’ANTROPOSOCIOGENESI); Il cacciatore cacciato;
La sociogenesi; Il nodo gordiano dell’ominidizzazione; L’incompiutezza finale;
PARTE TERZA: UN ANIMALE DOTATO DI SRAGIONE; Sapiens-demens;
L’ipercomplessità; L’uomo generico; PARTE QUARTA: LA PROTOSOCIETÀ; La
ramificazione e l’apertura della società; La cultura; PARTE QUINTA: LA TERZA
NASCITA DELL’UOMO: LA SOCIETÀ STORICA; Il leviatano; La storia; PARTE SESTA:
L’UOMO PENINSULARE.
Autore
Edgar Morin è nato a Parigi nel 1921, dove ha studiato storia, geografia e
giurisprudenza. Sociologo, è tra le figure più prestigiose della cultura
contemporanea. Le sue ricerche toccano problemi di pertinenza del mondo dei
media, della sociologia contemporanea, della vita politica del Novecento, della
biologia e della fisica contemporanea, nonché delle scienze umane e sociali in
generale. Tra i fautori della prestigiosa rivista di cultura Communications, Morin ha
vinto nel 1987 il premio europeo Charles Veillon.
Dal 1950 al 1979 è stato ricercatore al C.N.R.S. (Conseil National de la Recherche
Scientifique), dove si dedicò, tra l'altro, a indagini su fenomeni sociali come il
divismo, i giovani e la cultura di massa, passando successivamente alla direzione
del CETSAP (Centre d'Etudes Transdisciplinaires-Sociologie, Anthropologie
Politique), associato con l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi.
Ha vinto il premio Viareggio per l’opera “La conoscenza della conoscenza”, che
completa provvisoriamente il quadro di sintesi sul Metodo avviato sin dalla fine del
1977.
Bibliografia essenziale
MORIN EDGAR, Indagine sulla metamorfosi di Plodémet; trad. di Danilo Montali, Il
Saggiatore, Milano 1967
MORIN EDGAR, Le paradigme perdu, Le Seuil, Parigi 1973; trad. italiana: Il
paradigma perduto, Bompiani, Milano 1974
MORIN EDGAR, La méthode I. La Nature de la Nature, Le Seuil, Parigi 1977; trad.
italiana parziale: Il metodo. Ordine, disordine, organizzazione, Feltrinelli, Milano
1983
MORIN EDGAR, Scienza con coscienza;
Quattrocchi, Franco Angeli, Milano 1984
edizione
italiana
a
cura
di Pietro
MORIN EDGAR, Sociologia della sociologia, Edizioni Lavoro, Roma 1985
MORIN EDGAR, La méthode II. La Vie de la Vie, Le Seuil, Paris l980; trad. Italiana
parziale: La vita della vita, Feltrinelli, Milano 1987
MORIN EDGAR, Il pensiero ecologico, Hopeful Monster, Firenze 1988
MORIN EDGAR, La méthode III. La Connaissance de la Connaissance, Le Seuil,
Paris l986; trad. Italiana: La conoscenza della conoscenza, Feltrinelli, Milano l989
4
MORIN EDGAR, La méthode IV. Les Idées, Le Seuil, Paris l99l; trad. italiana: Le
idee: habitat, vita, organizzazione, usi e costumi, Feltrinelli, Milano l993
MORIN EDGAR, Pensare l'Europa; trad. di Rossella Bertolazzi, Feltrinelli, Milano
1978
MORIN EDGAR, Introduzione al pensiero complesso; trad. di Monica Corbani,
Sperling & Kupfer, Milano 1993
MORIN EDGAR, La testa ben fatta: riforma dell’insegnamento e riforma del
pensiero, Cortina, Milano 2000
MORIN EDGAR, L’identità umana, Cortina editore, Milano 2001
Links
http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=341
(Contributi dell’autore all’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, che
offrono un quadro generale di riferimento sulle principali tematiche di ricerca
dell’autore)
http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/morin.htm
(rassegna di articoli sull’autore)
5