Giuseppe Natale - Tesi di Laurea in Didattica della Lingua madre II

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Giuseppe Natale - Tesi di Laurea in Didattica della Lingua madre II
Fakultät für Bildungswissenschaften
Facoltá di Scienze della Formazione
Facultá de Scienza dla Formazion
LIBERA UNIVERSITÁ DI BOLZANO
FACOLTÁ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria
ASPETTI DEL PARLATO MONOLOGICO:
UNA RICERCA EMPIRICA
Tesi di laurea in: DIDATTICA DELLA LINGUA MADRE II
Relatore:
Prof. Silvia Dal Negro
presentata da:
Giuseppe Natale
matr. 4048
Sessione: Invernale ( III )
Anno Accademico: 2007/2008
Ai miei genitori
per i valori cristiani
a cui mi hanno educato
PREMESSA
La lingua è un qualcosa di fluttuante, inafferrabile, un sistema aperto in
continua evoluzione, e per questo è uno degli argomenti di studio piú ostici e allo stesso
tempo accattivanti. Potremo definirlo un sistema dinamico legato indissolubilmente alla
dimensione spazio/temporale, in senso diacronico ( il presente legato al passato da cui
proviene ) e in senso sincronico ( in simultanea col tempo presente ); sempre pronto ad
adeguarsi alle mode, alle scoperte, alle innovazioni. Un fiume in continuo movimento, che
non conosce soste, in ogni istante pronto ad ospitare nel suo letto neologismi, modi di
dire, forestierismi, termini e locuzioni in stretto rapporto con i tempi ecc. Di conseguenza
il linguaggio, espressione personale e soggettiva della lingua, deve essere visto in
rapporto a queste continue variazioni.
Dal punto di vista socio-antropologico, esso è studiato come mezzo di
comunicazione, come strumento di scambio di pensieri, di idee ecc.; senza dubbio una delle
prime necessità dell’uomo. In ogni dove, in ogni tempo, in ogni latitudine non esiste
popolo che “naturalmente” non abbia sviluppato un proprio linguaggio, un proprio modo
di esprimersi per farsi capire, per capire. Non staremo qui ad elencare date e luoghi
geografici, né a individuare archetipi, né ci metteremo alla ricerca di ceppi linguistici, o
quantomeno ad intentare uno studio filologico su testi. Il nostro sarà uno studio
riguardante il linguaggio in una delle sue espressioni più comuni e allo stesso tempo
inusitate: il monologo. Comune perché crediamo ogni essere vivente almeno una volta
nella vita abbia avuto un dialogo con se stesso, abbia “parlato da solo” come si suol dire.
Inusitato perché, tranne per fini di ricerca, è difficilissimo se non improbabile trovare
persone che parlino di sé senza ottenere risposte, confessarsi come in una seduta psicologica davanti ad un pubblico uno o plurimo di ascoltatori.
Noi abbiamo provato a fare questo: abbiamo chiesto alle persone di parlare di
sé, di raccontarsi, aprire il proprio bagaglio di ricordi, di scene di vita, di sensazioni tenute
dentro; ma non per curiosità, ma per analizzare il modo in cui lo facevano. Abbiamo cioè
analizzato l’uso che si fa del linguaggio verbale. Per le grosse difficoltà che si incontrano
in una simile ricerca, abbiamo ristretto il campo d’azione a due variabili che vedremo nel
corso della trattazione. Cosa abbiamo cercato dal modello che ci siamo costruiti?
Ovviamente il linguaggio, il loro particolare linguaggio. Se è vero che oggi, in Italia, la
parlata nazionale sta prevalendo sui dialetti, producendo una sorta di uniformità
soprattutto tra i giovani, è anche vero che la globalizzazione e l’apertura delle frontiere
sta producendo l’effetto opposto: la trasformazione della lingua nazionale che ogni giorno
si arricchisce di termini nuovi, modi di dire e schemi sintattici inusitati. I nostri dizionari,
le nostre grammatiche hanno bisogno di un aggiornamento continuo e costante per stare
al passo con i tempi e rispondere alle esigenze di studenti, studiosi o di chi si occupa di
lingua. Ci si rende conto, dunque, quanto sia difficile impostare un lavoro sul parlato che,
essendo una variabile diacronica, varia nel tempo, nello spazio e a seconda del contesto.
Stabilite modalità e tempi e coscienti delle difficoltà che troveremo lungo il
nostro percorso, incamminiamoci nel sentiero della ricerca, oggi tanto auspicata in tanti
campi soprattutto delle scienze e dell’università in genere. Ricerca come sinonimo di
dinamicità, di scoperta quotidiana, di progressivo miglioramento delle potenzialità umane:
e il linguaggio è una scoperta quotidiana, è una peculiarità dell’uomo, il quale oltre a
poterlo utilizzare, ha la facoltà di poterlo studiare in una dimensione metalinguistica. E’ il
mezzo di comunicazione per eccellenza, in esso è possibile rintracciare tanta parte del
vissuto, della provenienza, delle abitudini umane.
Facile qui è l’aggancio all’antropologia e alla sociologia; in epoche recenti si è
parlato di carattere sociale della lingua, non ultimo Ferdinand de Saussure, riconosciuto
come il fondatore della linguistica teorica. Questi considerò la lingua il prodotto di
relazioni
all’interno
eminentemente sociale.
di una comunità asserendo che
>>
<<
la langue ha carattere
( Berruto, 1980: p. 28 ) La lingua è immersa in un contesto
socio-culturale e da esso trae le sue caratteristiche formali e terminologiche. Per questo
motivo, la nostra ricerca dovrà fare i conti con il vissuto dei parlanti, con le esperienze,
con la loro età, con il contesto in cui sono immersi, con l’area geografica di appartenenza.
Insomma la nostra ricerca dovrà fare i conti con quelle varietà proprie del
linguaggio dette “varietà situazionali” che attengono
<<
alle modalità diverse di uso della
lingua che hanno luogo a seconda della diversità delle situazioni in cui i parlanti si
trovano a ( dover ) usare la lingua. >> ( Ivi: p. 13 )
CAPITOLO I
1. METODOLOGIA E STRUMENTI
1.1.1 Descrizione esperimento ( luoghi – tempi – strumenti )
Lo studio qui presentato rientra nell’ambito della ricerca e si inquadra in quel
settore d’indagine chiamato “ricerca sul campo”, dove i dati raccolti saranno trattati in
funzione qualitativa e quantitativa. Il nostro oggetto d’analisi riguarda principalmente il
dato registrato, nello specifico il linguaggio, il modo d’espressione di una particolare
categoria di parlanti. A tal fine sono state effettuate registrazioni “libere”, non strutturate,
quelle che in Pedagogia sperimentale sono dette Interviste libere o non direttive, in cui
l’intervistato ha la possibilità << di dire tutto ciò che vuole e come vuole >> ( S.Mantovani,
1998: p. 52 )
Mettendo da parte il contenuto del messaggio, del dato a noi interessa studiare gli
aspetti linguistici: la situazione comunicativa in cui è inserito, le variazioni legate ad alcuni
parametri, i tratti caratteristici e le modalità più frequenti nella costruzione degli enunciati.
Un simile lavoro richiede la scelta di una ricerca centrata sulla quantità e sulla qualità:
acquisizione e analisi del dato.
Di centrale importanza sono le fasi di acquisizione e del trattamento del dato che
implicano una serie di scelte che vanno dai supporti e gli strumenti di rilevamento da
utilizzare alle metodologie da adottare. Essendo la nostra una ricerca fondata principalmente sul dato linguistico e finalizzata all’analisi di esso, abbiamo cercato di attenerci il
più possibile ai suggerimenti che ci provenivano dagli studi sulla ricerca in linguistica. Uno
di questi riguarda proprio le fasi iniziali sulle quali Turchetta mette l’accento forte, quando
asserisce che: << la raccolta dei dati e la loro prima elaborazione sul terreno sono il fulcro
di un lavoro di ricerca mirato alla descrizione di fenomeni linguistici, sociali e culturali. >>
Infatti, in questa fase si effettua
<<
la scelta della tecnica con la quale indagare il campo
prescelto >> ( 2000: pp. 76-77 ) e una tecnica piuttosto che un’altra può incidere sulla quali-
5
tà del dato in modo determinante.
Gli strumenti e le modalità di rilevamento rientrano nella tecnica di rilevamento e
costituiscono la base del nostro lavoro; essi saranno trattati nel paragrafo successivo. Un
supporto piuttosto che un altro, è stato dimostrato, può determinare la qualità del dato e di
conseguenza l’analisi di esso. Il nostro iniziale problema ha riguardato, perciò, il “come”
procedere, successivamente alla selezione e alla scelta dei soggetti. Questi ultimi sono stati
ragguagliati sul fine della ricerca e messi in grado di enunciare in assoluta libertà. La
nostra presenza, talvolta ci siamo accorti, ha rappresentato un ostacolo o quanto meno un
disagio per il parlante; per cui ci siamo chiesti se fosse stato meglio lasciarli soli o essere
presenti. La presenza dell’intervistatore può altresì incidere sulla qualità del dato, si può
causare il blocco dell’intervistato qualora questi voglia trattare di un argomento personale
ed evita di farlo per pudore o per vergogna, incespica nelle parole, accusa vuoti di memoria
dovuti al cambio repentino del discorso e quant’altro.
Carla Bazzanella, a questo proposito, parla di << paradosso dell’osservatore, secondo
il quale la misura di un fenomeno introduce una perturbazione nel fenomeno stesso >>, per
cui
<<
in generale è meglio evitare le registrazioni nascoste.
>>
Questo vale sia per il
parlato dialogato sia per il parlato monologico di cui ci occupiamo; in entrambi i casi,
comunque, avvalersi del cosiddetto “paradosso” è preferibile e
<<
possiamo usare il
registratore apertamente >> ( Bazzanella, 2007: p. 92 ) anche se la presenza dell’osservatore rischia di ‘inquinare’ il dato oggettivo. All’intervistato è stato fatto sottoscrivere il
compromesso di far finta di essere solo, di stare a parlare con se stesso, avendo di fronte a
sé il registratore e il Sottoscritto a cui è stato richiesto l’intervento in alcune occasioni di
difficoltà nella prosecuzione.
Ad ognuno degli intervistati è stato illustrato lo scopo della ricerca, si è garantito
l’anonimato nel momento del trattamento dei dati, si è lasciata la massima libertà
nell’esposizione dell’argomento. Quest’ultimo ( anche se trascurabile e non oggetto di
studio ) ha riguardato quasi sempre il vissuto, le esperienze di vita, gli eventi che hanno
segnato in qualche modo la memoria di chi li ha narrati positivamente o negativamente.
Dunque si è fatto appello alla memoria, al ricordo di episodi e situazioni passate ( recenti o
remote ), e si è tralasciato il momento attuale, la realtà presente condivisa da un gruppo di
intervistati, come vedremo, e solo accennata da alcuni.
Non ci soffermeremo sulla questione, ma rimandiamo per gli approfondimenti al te-
6
sto di Zuczkowski1, che in Strutture dell’esperienza e strutture del linguaggio ( cit. ) parla di
“rappresentato” e di “incontrato”, temi di psicologia che rimandano alla percezione del
mondo nel momento in cui lo si osserva e qualora lo si voglia ricostruire con la memoria.
Di conseguenza la maggiore o minore durata del testo, quanto la sua corposità ( nel nostro
caso della registrazione sbobinata ) è collegata al vissuto dei parlanti, alla loro capacità
mnemonica, all’argomento trattato, alla loro personale propensione all’esposizione orale.
Talvolta abbiamo affrontato inconvenienti di tipo tecnico come la ripresa di una
registrazione dopo l’interruzione causata dal passaggio di un veicolo rumoroso, o di una
telefonata urgente ricevuta, che hanno provocato la perdita del filo del discorso e si è
dovuto azzerare la precedente per una nuova registrazione. Conseguenza che ci ha portato
a ottenere un prodotto diverso da com’era stato pensato prima dell’interruzione. In altri
casi si è dovuto invitare l’intervistato a parlare a voce più alta, di non prendersi pause
troppo lunghe, di rispettare un tempo minimo di enunciazione di almeno 4-5 minuti e così
via.
Insomma, una ricerca che ha necessitato di un’accorta preparazione degli strumenti
e dei soggetti in considerazione, della messa a punto delle metodologie e delle tecniche di
rilevamento. Nel fare ciò, abbiamo constatato l’estrema complessità di un simile lavoro
dove nulla può essere lasciato al caso ma va ponderato accuratamente.
Tempi
Le registrazioni, a intervalli più o meno lunghi, sono state effettuate tra il mese di
maggio 2007 e il mese di luglio 2008. La maggiore o minore distanza temporale tra una
registrazione e l’altra è stata dovuta alle esigenze dei parlanti, alla loro disponibilità in
taluni momenti che non coincideva con quella del sottoscritto o viceversa.
1 Spesso la psicologia, come la sociologia e altre discipline che trattano del vissuto socio-psichico dell’uomo
entrano in contatto con la linguistica. Ne parla l’autore del testo citato, che prima dell’analisi dei vari tipi di
frase, dedica i primi capitoli alle nozioni di psicologia inerenti al linguaggio. Quello che a noi interessa è
l’accenno alle motivazioni che spingono i parlanti a trattare un argomento piuttosto che un altro, alla scelta
di episodi piuttosto che altri. Non essendo motivo della presente trattazione, ci limiteremo alla citazione di
alcuni passi che inquadrano l’argomento, per chiarire i due concetti sopra riportati. A proposito
dell’enunciazione libera, il parlante si rifà a due contenitori: Incontrato e Rappresentato: << L’Incontrato è
il dato percettivo, ciò che percepisco qui e ora, ad esempio le parole che vedo scritto su questo foglio, la
musica che sento alla radio [ … ] Il rappresentato invece è ciò che è presente solo mentalmente: ora mi
ricordo che l’anno scorso in questo periodo ero in vacanza >> ( 1995: p. 29 )
7
Luoghi
I luoghi delle registrazioni hanno interessato due aree geografiche lontane per
distanza chilometrica, per lingua, per cultura: l’Alto Adige e la Campania. In stretta
dipendenza con l’età dei parlanti, i luoghi dell’indagine sono stati scelti tenendo conto della
comodità, cercando di ridurre al minimo i fattori di disturbo influenzanti gli intervistati. Ci
siamo trovati, pertanto, su una panchina o nelle aule della Libera Università di Bolzano
presso la facoltà di Scienze della Formazione Primaria di Bressanone o in un cortile della
provincia di Caserta.
A volte siamo riusciti a trovare un posto riparato quanto possibile dai rumori, altre
volte no e come abbiamo già detto, questo ha provocato alcuni inconvenienti.
Strumenti
Per la raccolta dei dati ci siamo avvalsi di un registratore audio mp3, di un block
notes, di un lapis, di un Personal Computer. I testi verbali, una volta acquisiti, sono stati
digitalizzati e trasformati in file mp3 in modo da essere fissati su software e trattati n°
volte a seconda delle esigenze.
Come si diceva precedentemente ( Cfr. pp. 5-6 ) gli strumenti di rilevamento del
dato sono di fondamentale importanza. In base al tipo di ricerca essi devono essere in
grado di fornire le informazioni che a noi interessano per poter essere trattate in maniera
ottimale.
1.1.2 Caratteristica dei parlanti: le variabili
Si parlerà piuttosto delle parlanti, per via del fatto che la ricerca ha riguardato il
sesso femminile, il cui modo di parlare, secondo alcuni differisce in modo significativo da
quello degli uomini. Divise in due gruppi, secondo l’età e l’area geografica, le prime
( Gruppo I ) sono studentesse universitarie dell’Alto Adige ( fascia di età 20-23 ) le seconde
( Gruppo II ) sono casalinghe o pensionate della Campania ( fascia di età superiore ai 60
anni ). Il legame tra le parlanti nei due gruppi riguarda, inoltre, il grado di istruzione, per
cui per le prime si parlerà di laureande, per le seconde di donne che posseggono come titolo
8
di studio la III media. Nella tabella 1 è riportato il quadro riassuntivo della divisione
secondo le variabili.
Le parlanti del primo gruppo ( 8 in totale; da R1, R2… R8 ) hanno la particolarità
di essere legate tra di loro da amicizia; lo stesso non si ha nel II gruppo ( 3 in totale; da R9
a R11 ) dove la conoscenza tra le parlanti è ridotta all’informalità.
Da questo punto in poi, pertanto, si parlerà “delle parlanti” nello specifico e ci si riferirà ad esse con le sigle alfanumeriche con cui sono identificate ( R1, R2, R3…. )
Tabella 1
Sesso
Gruppi
Età delle
Area geografica
Ragione sociale
Trentino e Alto
Adige
Campania
Studentesse
parlanti
Donne
I
20-23
II
≥ 60
Casalinghe
/Pensionate
Abbiamo scelto la variabile “età” per il fatto che << la variazione generazionale è uno
dei fattori costantemente tenuti presente negli studi sociolinguistici >>; l’importanza è data
dal fatto che << l’età pare strettamente connessa e intersecata con altri fattori sociali, quali
in particolare fattori di appartenenza al gruppo
>>
( Berruto, 1980: cit. 128-129 ). Questi,
insieme ad altri fattori, rappresentano la materia di discussione in La variabilità sociale della
lingua ( Berruto, Op. cit. ); nel testo si tratta delle cause ( relative al contesto, all’età, al
gruppo sociale, al sesso ecc. ) modificanti il linguaggio. Tra queste, ci appare d’obbligo
citare altresì la variazione in rapporto al sesso; se ne parla nell’ultimo capitolo in cui si
riportano le asserzioni di alcuni sociologi e linguisti.
Più interessante delle altre ci è apparsa quella formulata da Jespersen che tra le
nostre registrazioni ha ritrovato numerosi riscontri. La nostra ricerca, a riprova di quanto
detto, ha interessato classi di parlanti femminili lontane per luogo geografico e per livello
culturale che ci ha permesso di effettuare uno studio particolareggiato su fenomeni
circoscritti ad alcune variabili suscettibili di comparazioni. Jespersen dice che
<<
le donne
tendono a parlare in maniera più eufemistica, rifuggendo istintivamente delle espressioni
9
grossolane e volgari e preferendo espressioni più fini e indirette; amano peraltro l’iperbole
e l’intensificazione delle sensazioni [ … ] Nella costruzione della frase, lasciano molto più
spesso che non gli uomini la sintassi interrotta.
>>
Meno riscontri ha avuto e anche meno
d’accordo ci ha trovato, invece, l’asserzione secondo la quale:
<<
dal punto di vista delle
capacità linguistiche, le donne avrebbero un vocabolario più ridotto rispetto agli uomini
>>
( Ivi, pp. 135-136 ) Dalla lettura delle registrazioni riportate in allegato e dalle
nostre disquisizioni in merito, ciò possiamo facilmente contraddire.
La variabile “area geografica”, che chiameremo diatopica, ci riporta a differenze nelle
espressioni e nei modi di dire, oltre che all’intonazione e alla pronuncia. Si rimanda ancora
agli studi di Berruto2, nei quali si sviluppa il rapporto che lega le variazioni linguistiche dei
parlanti di un’area geografica specifica inseriti in gruppi sociali differenti. L’appartenenza
al gruppo sociale e al gruppo etnico rappresenta un micro sistema inserito in altro micro
sistema che è l’area geografica. E’ questa una delle varietà funzionali-contestuali più
discusse e studiate con la quale dovremo confrontarci.
1.1.3 Convenzioni di trascrizione
<<
L’introdursi nel labirinto del linguaggio è entrare in una nebulosa, è iniziare
un’avventura >> ( Cavinato, 1989: p. 3 ) come ha affermato qualcuno. Tradurre il suono in
grafo necessita di una codifica approntata secondo regole fisse ed efficaci, per l’appunto
dobbiamo affidarci alle convenzioni. Il prodotto della nostra ricerca è il dato reale, cioè
quelle informazioni
<<
basate su analisi di testi, registrazioni audio e video.
>>
( Baz-
zanella, 2007, cit.: p. 90 )
La fase di “archiviazione dei dati” segue la prima fase che abbiamo chiamato di
“raccolta dei dati”, così come leggiamo in Turchetta ( cit.: p. 83 ); questa fase,
della sbobinatura e della trascrizione delle registrazioni
>>,
richiede
<<
<<
un lavoro
complesso e faticoso >>. E’ di estrema importanza la scelta dei segni convenzionali e della
messa a punto della strategia trascrittiva che si intende seguire; ci sono parametri, vedre-
2
<< In termini di comunità linguistica, si può dire che il gruppo è ogni ‘parte’ della comunità sociale che si
trova a condividere una certa somma di occasioni dirette o potenziali di rapporto comunicativo. >> Tale
condivisione è strettamente legata all’ambito geografico, come è detto successivamente: << la variabilità
linguistica attraverso i gruppi è in sovrapposizione, oltreché con la connessa variabilità di strato sociale, sia
con la variabilità geografica sia con la variabilità situazionale. >> ( Op. cit. pp. 87 e 89 )
10
mo nel corso della trattazione, che differenziano il parlato dallo scritto, per cui nel
momento della trascrizione è necessario stabilire delle regole, scegliere quale sarà la
metodologia di traduzione e attenersi scrupolosamente ad essa. Nel parlato entrano in gioco fattori che possono sembrare intraducibili in segno grafico; il linguaggio è
accompagnato da gesti, smorfie, pause, sorrisi, insomma da una serie di elementi rientranti
nel campo della pragmatica e della comunicazione non verbale. Gli studi a cui rimandiamo
e a cui ci siamo rifatti sono quelli di Levinson3 sulla pragmatica e sullo studio delle varietà
delle situazioni comunicative verbali e non verbali.
Nello specchietto sottostante sono riportati una serie di segni convenzionali dei
quali ci siamo serviti per tradurre quelle espressioni che vanno al di là del regolare modo di
comunicare. La scelta è stata arbitraria e non rimanda a nessuno studio precedente
riguardante l’argomento.
Segno
…
≈
≈+
≈++
₪
≥
☺
?
i.d.i.
Significato
- Brevissima incertezza tra una parola e l’altra
- Pausa breve ( 1-3 secondi )
- Pausa mediana ( 3-5 secondi )
- Pausa lunga ( più di 5 secondi )
- Incertezza. Emissione di un suono non riconoscibile con nessun grafema.
- Strascico sulla lettera in fondo alla parola.
- Sorriso
- Parola/e incomprensibili
- Intervento dell’intervistatore
I primi quattro segni riguardano un’incertezza dovuta alla mancanza o all’esaurimento di argomento, che può essere variabile nella durata. Spesso la pausa, solo quando è
mediana o lunga, è seguita dall’intervento dell’intervistatore. Un silenzio prolungato è indice di indecisione, di difficoltà nella prosecuzione, sopperito dalla nostra presenza che
dunque ha svolto la funzione di supporto.
3
Tra le definizioni che Levinson dà della pragmatica, secondo le caratteristiche linguistiche, strutturali ecc.
ci è parso opportuno riportare la definizione che rimanda al contenuto del messaggio linguistico, con le sue
incongruenze o “anomalie” come è detto nel testo. Per lo studioso, la pragmatica è << lo studio della lingua
in una prospettiva funzionale, cioè cerca di spiegare alcuni aspetti della struttura linguistica facendo riferimento a pressioni e cause non linguistiche. >> ( 1985: p. 27 ) Queste “cause non linguistiche” sono le
espressioni di cui si parla, che necessitano di una traduzione segnica e di una interpretazione, quello che
facciamo nel presente paragrafo.
11
Con il simbolo ₪ abbiamo voluto significare quei suoni disarticolati o incompresibili che molto di frequente vengono tradotti con segni tipo “mmhh” “hhh” “emhhh” e che
rimandano al mondo dei fumetti.
≥ traduce il suono prolungato della sillaba in coda alla parola; lo abbiamo chiamato
strascico perché la sillaba finale viene prolungata nel suono prima di trovare il filo
conduttore che lega quello che si sta dicendo con quello che si vuole dire successivamente.
Non è raro incontrare casi del genere nelle nostre registrazioni:
in R1
- avevo presentato… ₪ domanda per≥ ≈+ e≥ per≥… insegnante tecnico-pratico
nelle scuole superiori
- e≥ ≈ l’ambiente della scuola, comunque è difficile, difficile, pesante, però…
comunque molto gratificante; e≥.. mi sono trovata bene, ho lavorato con persone
che≥… che mi stimav… che mi stimano ancora oggi
in R3
- me li cantavan dietro perché≥ se non riuscivo a veder tutto rimanevo male.
Dicevano be.. “stiamo in vacanza… bisogna anche≥ esser contenti di quello che
abbiamo e.. e anche divertirsi.”
In R4
- E≥.. e infatti mi piacerebbe andare qui però e≥ ₪ dovrei.. convincere il mio
ragazzo perché ☺ da sola non ci vado, e≥ magari vado un altro anno
e così via.
Le quali espressioni solitamente riempiono un vuoto tra un enunciato e l’altro o tra
proposizioni dello stesso periodo che altrimenti andrebbero riempite da una pausa.
Capita che gli enunciati vengano interrotti da un sorriso o una risata per una battuta
o per una cosa detta per attirare l’attenzione su un fatto che si ritiene umoristico o
divertente. Come si noterà dagli allegati, anche questo evento ha avuto un suo riscontro
significativo e l’abbiamo tradotto con la faccina che ride ☺.
Il punto interrogativo ci è servito, invece, per significare una nostra difficoltà nel
12
tradurre la parola detta; è capitato, pur se in rare occasioni, che anche l’ascolto ripetuto di
alcune espressioni non ci ha permesso di individuare il termine usato dalla parlante, per cui
abbiamo lasciato l’incertezza.
Con la sigla i.d.i. si riconosce l’intervento esterno dell’intervistatore nel momento in
cui l’intervistato mostra indugio o una difficoltà significativa nel proseguire il discorso;
quindi lo troviamo spesso dopo una pausa forte o dopo una vistosa difficoltà nel trovare le
giuste parole. Si è reso necessario, pertanto, uno stimolo che permettesse di allacciarsi
all’argomento interrotto o trattarne uno nuovo. Gli interventi variano da soggetto a
soggetto; numerosi in alcuni, assenti in altri. A tal proposito specifichiamo che il
sottoscritto condivide con le parlanti del primo gruppo la realtà universitaria; ha vissuto
con loro giornate di studio e di svago che gli ha permesso di intuire quali fossero i
momenti in cui c’era maggiormente bisogno di uno stimolo o un input per aprire alcuni
discorsi o di stimolare la parlante a proseguire o a cambiare il suo discorso. ( Cfr. in
allegato; R5 dice:
<<
Poi… la vita universitaria, come tu ben sai…, è molto scolastica
>>
p. VIII ) Proviamo a darne qualche esempio:
in R4:
-
anche perché ero in una classe… sempre… [ i.d.i. ] o… esatto…, ognuna…
eh… non c’è… [ i.d.i. ]
in R1
-
E≥ poi una cosa che qui… ₪ non mi piace, essendo abituata al.. al clima del
mare, al caldo e≥ la temperatura… temperature forse un po’ troppo esagerate
per noi ≈+ [ i.d.i. ]
In R3
-
non.. veniamo solo a fare delle belle cose ma facciamo qualcosa che ci serve, impariamo qualcosa. ≈+ [ i.d.i. ]
In R6
-
cercherò io di non essere una maestra come le maestre che… mi hanno affiancato
nel ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio. ≈+ [ i.d.i. ]
In ultimo ci sembra doveroso giustificare la mancanza delle parole del Sottoscritto
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durante i suoi interventi. Abbiamo preferito non riportare “il cosa” dicesse l’intervistatore
per alcuni motivi legati al fine della ricerca, alle situazioni con cui ha avuto a che fare di
volta in volta, a motivi di natura tecnica.
In primo luogo, trattandosi di monologo, riportare le parole di in interlocutore
sarebbe suonato più come una deviazione verso il dialogo di cui noi non ci occupiamo. Per
cui abbiamo cercato di dare il più possibile l’idea di una situazione in cui il messaggio fosse
trasmesso in modo unidirezionale. In secondo luogo, per il fatto che lo stimolo esterno non
è stato necessario per tutte le registrazioni e per una questione di uniformità abbiamo tralasciato. In ultimo, per motivi tecnici: la voce dell’intervistatore non è chiara, è proferita in
modo bassissimo che ne impedisce l’ascolto e riportarla in alcuni casi e tralasciarla in altri
non ci è parso opportuno.
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2. ANALISI DEGLI STRUMENTI
1.2.1 Analisi degli strumenti e delle modalità di raccolta dati
Un registratore audio digitale mp3, un block notes, un lapis, un Personal Computer
sono stati gli strumenti da noi utilizzati, come già detto precedentemente ( Cfr. p. 8 ).
Strumenti utilizzati sempre più di frequente per le ricerche sul campo, soprattutto i
supporti elettronici e telematici che permettono di memorizzare la voce tale da poter essere
analizzata in maniera duratura e trattata numerose volte.
Attraverso la trasformazione dei file audio in mp3 riusciamo a utilizzare i dati a
nostro piacimento senz’alcun rischio di alterare l’originalità del linguaggio. Oggi la ricerca,
la scuola, la pedagogia in generale si aprono sempre più alla tecnologia laddove ci si rende
conto che essa può avere un ruolo fondamentale, determinante in alcune scelte.
La registrazione audio digitale permette di fissare su supporti magnetici le
informazioni che raccogliamo; l’ascolto e il riascolto dei testi permette di cogliere tante
piccole sfumature che di per sé sono impercettibili se ascoltate in tempo reale. Le
operazioni di raccolta e di sbobinatura già descritte nei precedenti paragrafi, sono divise in
fasi in cui ognuna necessita di strumenti e modalità di codifica. Potremo sintetizzare il tutto come da tabella sottostante:
FASE
Raccolta dati
DESCRIZIONE
Le parlanti, ragguagliate
sul fine della ricerca, decidono
un tempo di preparazione prima
di iniziare a parlare, variabile
da soggetto a soggetto. L’argomento è libero, scelto da loro in
quel momento ed è enunciato in un
luogo aperto ( solo in un paio di occasioni si è registrato in un luogo
chiuso ) avendo di fronte l’intervistatore e il registratore.
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STRUMENTI
Registratore audio mp3
Archiviazione dati
( trasformazione in
digitale e sbobinatura )
I dati raccolti sono trasformati in
digitale e trasferiti sul Computer.
Le registrazioni vengono riascoltate
N° volte e sbobinate su file Word; su
un block notes annotiamo i punti meno
chiari, lasciati in bianco sul foglio e su
cui ci si deve ritornare. La fase di sbobinatura è effettuata successivamente alla
scelta delle modalità e dei segni convenzionali.
Registratore audio mp3
Personal
Computer
Block notes
Lapis e gomma cancell.
Elaborazione e analisi
dei dati
Sbobinate le registrazioni, si stampa il file Foglio Word stampato
su supporto cartaceo e si lavora all’analisi Penna
dei testi trascritti.
Lapis e gomma cancell.
1.2.2 Analisi del contesto extralinguistico
Le nostre parlanti provengono da una realtà condivisa, quella universitaria dell’Alto
Adige, nel primo caso, e quella ambientale ( stessa località ) nel secondo caso. La vita
quotidiana, il contatto con i propri simili con i quali si condividono usanze, tradizioni,
luoghi, abitudini segnano il personale modo di parlare; vanno cioè a caratterizzare
l’espressione linguistica ( fonetica e accento ) e gli argomenti degli enunciati di parlanti di
una specifica area geografica più o meno vasta. Al proprio vissuto si rimanda ogni qual
volta si voglia dire qualcosa, si è spinti a raccontare a “ruota libera” e si attinge nei cassetti
di informazioni note, condivise.
Dal macro-contesto, in cui possiamo far rientrare grosso modo tutto ciò che
abbiamo detto poc’anzi, scendiamo al micro-contesto situazionale, all’hic et nunc, meglio
identificato come “contesto d’enunciazione comune. ”Il racconto necessariamente comporta
l’uso di termini che rimandano a nomi familiari di persone, di luoghi, di località, di
situazioni, di spazi, di tempo, dati per scontati e che implicano la conoscenza condivisa con
l’interlocutore ; chi ascolta sa il parlante a cosa si riferisce perché ciò che esso enuncia << è
strettamente legato al qui e ora ( all’hic et nunc ) della situazione comunicativa: elaborato e
recepito in tempo reale
>>
( Serianni – Antonelli, 2006: p. 51 ) Tale situazione
comunicativa è un concetto complesso nel quale è racchiusa la sintesi del significato di mi-
16
cro-contesto. In essa si chiarisce innanzitutto la
situazioni informali
>>
dove la
<<
<<
dicotomia fra situazioni formali e
la nozione di formalità e di informalità è strettamente
legata al grado di attenzione e di controllo posto nella produzione verbale [ … ] che va
vista in relazione a più d’uno dei fattori della situazione
>>
( Berruto, 1980, cit. p. 153 )
Una divisione rigida qui non può essere pensata: le nostre parlanti, anche se non si trovano
in un contesto che richiede un particolare linguaggio, hanno di fronte un registratore e
sicuramente attingono al loro repertorio linguistico migliore. Diremo che siamo sulla linea
di confine che separa il formale dall’informale; pur non rischiando una bocciatura ( come
nel caso di un esame ) o una brutta figura ( un discorso pubblico, una comunicazione a un
gruppo di persone, una spiegazione in classe ecc. ) le parlanti cercano di porre la maggiore
attenzione possibile al loro discorso e allo stesso tempo di controllare alcune espressioni
che in una tipica situazione informale non disdegnerebbero. Facendo questo, e sapendo di
essere “ascoltate” esse finiscono per inquinare il loro usuale modo di parlare. Questo va
inevitabilmente a scapito dell’analisi finale, fondata a questo punto su due fondamentali
compromessi: 1) la “parlata” che andiamo ad analizzare è ai limiti dell’ “informale” 2) Le
parlanti fingono di essere da sole e hanno il tempo, anche se minimo, di preparare un
argomento
da
enunciare.
17
CAPITOLO II
1. IL PARLATO
2.1.1 Tratti caratteristici del parlato
Se ci spingessimo indietro negli anni per ricercare la bibliografia inerente alle ricerche in campo linguistico tese alla codifica delle norme che regolano scritto e parlato, un
posto di primo piano spetterebbe ai testi di Berruto degli anni 70’. La Sociolinguistica
( 1974 ) si presenta come un manuale in cui sono messe a punto le basi per una nuova disciplina: definizioni, strumenti di analisi, forme di analisi, termini, metodologie. Un testo
pionieristico seguito da altri dello stesso autore negli anni successivi, fino ad anni recenti,
che segna l’avvio di una rinnovata linguistica e a cui spesso siamo ricorsi nel presente lavoro. Sono gli anni in cui la Sociolinguistica e la Psicologia cominciano a porre sempre
maggiore attenzione al parlato da sempre trascurato e messo in una posizione subalterna
nei confronti dello scritto.
Più recente è invece il saggio di Nencioni Italiano scritto e parlato ( 1989 ) che ci aiuta
a sistemare alcune definizioni riguardo l’italiano parlato. La particolarità sta nel fatto che
lo studioso si serve di “definizioni negative” per affermare e per mettere a confronto parlato
e scritto; ma sono vagliate anche le varie forme di parlato che riguardano specificamente
ciò di cui si tratta nel presente lavoro.
1. L’italiano parlato non è, hic et nunc, l’opposto diametrale dell’italiano scritto [… ] 2.
L’italiano parlato non è l’opposto diametrale del dialetto, perché questo, sebbene sia
prevalentemente e istituzionalmente parlato, è una parlata geograficamente italiana, ma
locale [ … ] 3. L’italiano parlato non s’identifica con l’italiano regionale, perché questo
può essere tanto parlato che scritto [ … ] 4. L’italiano parlato non s’identifica con
l’italiano settoriale, perché questo dispone di lessici essenzialmente diversificati e
specifici per quante sono le varietà [ … ] 5. L’italiano parlato non s’identifica col
cosiddetto italiano popolare ecc. ( pp. 235-236 )
Quello che a noi interessa è soprattutto la conclusione a cui Nencioni arriva, quando
dice che << bisogna muovere, nello studio del parlato, dalla teoria dell’interazione verbale,
cioè dell’atto linguistico in situazione concreta, condizionato da presupposizioni conoscitive linguistiche ed estralinguistiche, dal ricorso a codici diversi da quello verbale ( gestuali-
tà, visività, prossemicità ), dal concorso dell’interlocutore uno o plurimo, dalla tecnica e
regia del colloquio, dagli scopi ed effetti perlocutivi.
>>
( Ivi, p. 238 ) Il riconoscimento e
lo studio di tali condizioni, ha permesso di inquadrare e selezionare le varie forme di
parlato in base alle situazioni in cui viene proferito, agli intenti, agli attanti che
intervengono nella comunicazione e che ci riallacciano agli studi precedenti di Berruto.
Vedremo nei successivi paragrafi, nello schema approntato da quest’ultimo come sia
possibile osservare questa divisione; il parlato viene considerato in funzione di alcuni
parametri legati al contesto di enunciazione, agli scopi, alla maggiore o minore formalità
della comunicazione.
I rimandi agli studi sull’argomento ci sono d’obbligo per chiarire i termini entro cui
far rientrare la nostra ricerca e per poter analizzare i testi adeguatamente. Il parlato, ed il
parlato colloquiale di giovanissime studentesse universitarie e di casalinghe prive di
istruzione scolastica superiore, è l’oggetto del nostro studio; noi, oltre all’individuazione
delle linee di confine che lo separano dallo scritto, ci occuperemo della situazione comunicativa in cui abbiamo racchiuso la nostra ricerca, che si differenzia da innumerevoli altre.
Anzitutto differenziamo il parlato dallo scritto; sono essi i mezzi comunicativi per
eccellenza che l’uomo ha a disposizione per scambiare idee e pensieri con i suoi simili.
Diversi per articolazione e strutturazione, sono contrassegnati ognuno da caratteristiche
messe a punto e consolidate già da qualche lustro. Una delle definizione più felici, di cui ci
serviamo per riassumerle un po’ tutte, la troviamo in Bazzanella ( 2001: p. 12 ) dove si
afferma che
<<
parlato e scritto si differenziano, in quanto la loro strutturazione
linguistica viene influenzata dalla modalità fisica di trasmissione e da quelli che possiamo
chiamare in generale “tratti situazionali”
>>.
Nell’ “immediatezza” si ritrova la
caratteristica fondamentale del parlato: pensato e prodotto all’istante; ad esso si
accompagnano una serie di elementi, appunto “tratti”, che
<<
motivano e giustificano il
fatto che quello che si dice non sia ben organizzato, ci siano autocorrezioni, cambiamenti
di discorso, imprecisioni di lessico >> ( Ivi: p. 13 )
I cosiddetti tratti caratterizzanti il parlato, che si vuole d’uso comune, sono stati
fissati in alcuni punti così riassunti: a) mezzo fonico-acustico; b) contesto extralinguistico
comune; c) competenza di parlante ed interlocutore/i.
Il primo punto qui ci sembra d’obbligo approfondire ed è quello inerente il mezzo
utilizzato, uno dei tratti più visibili e importanti di divisione tra scritto e parlato. In esso
19
sono ascritti 4 micro-tratti che schematicamente possono essere così riassunti:
a) La minima possibilità di pianificazione, che consiste nella difficoltà di preorganizzarsi il proprio turno, o intervento orale, in tempo reale, man mano cioè che
si parla. [ … ]
b) L’impossibilità di cancellazione. Si può modificare esplicitamente quello che si è già
detto, con un’autocorrezione; ma non si può veramente cancellare come nello scritto
[…]
c) La non permanenza, o “evanescenza” del messaggio orale. Il parlato infatti non lascia traccia fisica ( a meno che non venga registrato ), e si affida quindi
esclusivamente alla memoria. [ … ]
d) L’incidenza dei tratti prosodici o soprasegmentali, in particolare dell’intonazione, ed
il ricorso frequente a mezzi paralinguistici [ … ] ( Ivi, pp. 15-17 )
Notiamo come al punto c) venga affermato che il parlato non gode della
“permanenza” a meno che non venga registrato. Ne abbiamo parlato nell’analisi degli
strumenti di registrazione del precedente capitolo. Ma anche negli altri 3 punti le nostre
registrazioni trovano puntuale conferma: gli improvvisi cambi di argomento, il massiccio
utilizzo di termini prosodici e di pause, le autocorrezioni, la scarsa coesione del testo, la
frammentarietà ci portano ad analizzare i testi seguendo regole particolari.
La nostra indagine ha riguardato più che altro le modalità di organizzazione del
discorso, non toccando questioni fonetiche: dunque struttura dell’enunciato, schemi
sintattici codificati e personali, ripetizioni, tempo di ripresa del discorso, pause ecc.
Al secondo punto dei tratti situazionali del parlato messi a punto da Carla Bazzanella vi è il contesto; più particolarmente il contesto extralinguistico comune. A questo si lega
l’uso dei deittici, dei quali tratteremo nei paragrafi successivi e il quale utilizzo ha permesso
al Sottoscritto, che condivide la realtà universitaria con le parlanti del I Gruppo, una
immediata codifica.
Il nostro discorso non si dilungherà sulle caratteristiche del parlato, ormai conosciute, ma si focalizzerà su alcune di esse.
20
2.1.2 Parlato colloquiale come varietà dell’italiano neo-standard
Focalizzeremo la nostra attenzione su una delle varietà di parlato: il cosiddetto
parlato-parlato. Dire parlato-parlato significa non avere di fronte a sé un foglio scritto o
una sistemazione testuale precedente; dire parlato-parlato significa concentrare l’attenzione sul mezzo utilizzato, essere inseriti in un dialogo, in un discorso, in un monologo,
trasmettere e ricevere messaggi vocali, o trasmettere soltanto come nell’ultimo caso; ma di
questo si parlerà più avanti.
La varietà di italiano parlato colloquiale è quella che Berruto definisce << una varietà
marcata in primo luogo in diamesia, in quanto è tipicamente parlata e presenta in maniera
più netta i caratteri dipendenti dalla natura del mezzo; ed in secondo luogo in diafasia, in
quanto tipica degli usi della metà non formale della scala di formalità. E’ l’italiano della
conversazione ordinaria, del normale parlare quotidiano, degli usi comunicativi correnti >>
( 2000: pp. 24-25 ) Va, dunque, ben distinto dall’italiano neo-standard, di cui come si dice
nel titolo ne è una varietà, nonché dall’italiano d’uso comune tra i giovani, il cui linguaggio
negli ultimi tempi, sempre più rapidamente si sta ritagliando la sua fetta di importanza
nell’evoluzione dell’italiano colloquiale4.
Del neo-standard, il colloquiale ha
<<
buona parte dei tratti
>>
frammista ad altri
tipici dell’italiano popolare e come abbiamo detto della lingua dei giovani. Facciamo
rientrare le nostre registrazioni, dunque, nella varietà di italiano colloquiale, anche se con
le dovute cautele, in quanto riconosciamo nei tratti linguistici distintivi delle parlanti le
caratteristiche di questo idioma. Nella dimensione diafasica berrutiana il colloquiale è
descritto come una varietà composita, che si adegua alle situazioni, infatti è una << varietà
situazionale a seconda del grado di formalità, dell’impegno, degli interlocutori ecc. richiesti
dalla situazione comunicativa e del tipo di rapporto comunicativo che il parlante intende
instaurare.
>>
Inoltre è
<<
adoperato in maniera indipendente dalla classe sociale di
appartenenza, da parlanti di ogni ceto e di ogni grado di istruzione >> ( Ivi: p. 139 ) Le nostre parlanti ‘adeguano’ il loro modo di parlare quotidiano, ad una situazione alla quale
sono state invitate a partecipare, ecco perché l’atto comunicativo che ci hanno prestato
oscilla tra il formale e l’informale.
4
In Serianni-Antonelli ( cit: p. 64 ) è detto che << consistente è ultimamente anche l’apporto del linguaggio
giovanile alla lingua parlata colloquiale ( magari per il tramite del mondo della canzone, dei fu- metti, e
comunque della cultura e sottocultura vicine al mondo giovanile ) >>
21
Varie sono le definizioni proposte dai linguisti per identificare la lingua odierna,
miscela sempre più ricca di forestierismi, modi di dire, neologismi legati alle mode, alla
tecnologia, alla vita nel gruppo dei pari. E’ l’era di Internet, basta un click, una connessione
via cavo per contattare tutto il mondo, per scambiarsi pensieri, catturare espressioni,
termini ad effetto magari costruiti artificialmente senz’alcuna base etimologica. Oggi è
senz’altro più semplice entrare in contatto con gente di diversa cultura nel nostro Paese,
che porta con sé il tratto caratteristico del suo Paese; gli scambi culturali sono
frequentissimi i quali inevitabilmente vanno a ripercuotersi sul linguaggio.
Il caso più evidente lo si riscontra nella lingua dei giovani, per i quali si è parlato della
nascita di un nuovo idioma e tra i vari studi in riferimento interessantissimo è quello
curato da Lavinio e Sobrero, La lingua degli studenti universitari ( 1991 ) dove l’argomento è
trattato in modo puntuale ed esauriente e dal quale abbiamo attinto vari saggi. Questo
nuovo idioma presenta caratteristiche sintattiche e morfologiche fuori dalle norme ma
talmente comuni, in uso presso tanta parte dell’odierna gioventù da dover essere studiato e
tenuto in considerazione. Berruto nel definirlo dice essere un insieme di:
costrutti, forme e realizzazioni che non erano presentate nel canone ammesso dalle
grammatiche e dai manuali [ … ] forme e realizzazione del linguaggio popolare o
familiare o volgare, oppure regionali, e quindi da evitare nel ben parlare e scrivere
( Ivi: p. 62 )
Dunque un linguaggio da studiare perché esiste, ma da escludere come possibile
nuovo idioma regolato da norme grammaticali canoniche. L’incontenibilità della lingua, la
sua forza dinamica non permette di arginarne le modificazioni, quant’anche appaiono
negative. Infatti << sembra che il neo-standard si stia consolidando, sullo sfondo di una
lingua in convulso movimento >> ( Ivi: p. 63 ) e non rimane altro da fare che prenderne
atto.
Marazzini parla di “italiano dell’uso medio”
<<
di cui tutti abbiamo comune
esperienza >> che identifica come << categoria ben diversa, [ dall’italiano medio di cui parla
in precedenza ] definita da Sabatini [ 1985 e 1990 ] sulla base di una serie di fenomeni
grammaticali, ricorrenti nell’italiano d’oggi, così come è comunemente parlato a livello non
formale. La differenza rispetto all’italiano che si usa chiamare ‘standard’ sta nel fatto che
22
questo italiano ‘dell’uso medio’, in sostanza comune e colloquiale, diversamente dallo
‘standard’, accoglierebbe fenomeni del parlato, presenti magari da tempo nello scritto, ma
generalmente tenuti a freno dalla norma grammaticale, che ha sempre tentato di
respingerli ed marginarli.
>>
Un << nuovo italiano sostanzialmente unitario a livello
morfosintattico e lessicale >> che riguarda << essenzialmente il parlato; è fenomeno
orale. >> ( Marazzini, 1998: pp. 412-413 )
Le caratteristiche salienti di questo idioma sono riassunte in 11 punti che riportiamo
integralmente nel sottostante specchietto:
1) lui, lei, loro usati come soggetti;
2) gli generalizzato anche con il valore di le e loro;
3) diffusione delle forme ‘sto e ‘sta;
4) tipo ridondante a me mi;
5) costrutti preposizionali con il partitivo, alla maniera francese ( << … con degli amici >> )
6) ci attualizzante con il verbo avere e altri verbi ( << che c’hai? >> )
7) dislocazione a destra o a sinistra, con ripresa del pronome atono ( << Paolo non l’ho più visto
>> )
8) anacoluti ( nel parlato ): << Giorgio non gli ho detto nulla >>
9) che polivalente con valore temporale, finale, consecutivo ;
10) cosa interrogativo al posto di che cosa;
11) Imperfetto al posto del congiuntivo e condizionale nel periodo ipotetico dell’irrealtà. ( Ivi: p.
413 )
Uno dei punti più interessanti da notare, perché ha trovato un riscontro seppur
parziale nelle nostre registrazioni, è quello riguardante l’aferesi degli aggettivi
dimostrativi “questo” e “questa”. Parziale per il fatto che, come vedremo successivamente
le nostri parlanti non ne fanno uso, se non due di loro appartenenti a due gruppi differenti.
Oltre a ciò, Marazzini include tra le caratteristiche del nuovo idioma l’utilizzo di lui,
lei, loro usati come soggetto; gli generalizzato anche con il valore di le e loro; ci attualizzante
con il verbo avere e altri verbi; dislocazioni a destra o a sinistra con ripresa del pronome
atono. Caratteristiche anch’esse non rare nei testi a nostra disposizione, che ritornano, con
percentuali di frequenza differenti, per cui in alcuni casi confermeremo la regola
provandola, in altri ascriveremo le “anomalie” tra le eccezioni.
23
2.1.3 Il parlato colloquiale come varietà diamesica
L’asse diamesico, secondo Berruto ( 2000: vd. p. 22 ) è l’asse orizzontale che
differenzia la comunicazione in base al mezzo utilizzato. Nel nostro caso ci collocheremo
in pieno nel quadrante destro, lungo l’asse diamesico che individua il parlato-parlato;
nella parte bassa dove si riconosce la parlata spontanea, senz’alcun testo di riferimento né
la benché minima pianificazione di sorta, in un contesto ai limiti tra il formale e l’informale
per le questioni già note.
Il linguaggio orale, cioè la trasmissione a voce di un messaggio, ottenuto grazie ad
un mezzo fisico ( la voce ), segna in diamesia uno dei punti di maggiore distanza tra scritto
e parlato. Sarà bene, per ogni lavoro di tal genere, premettere le capacità comunicative dei
parlanti o del parlante, se cioè è dotato della facoltà di parlare e se conosce il linguaggio
richiesto. Le nostre parlanti posseggono questa capacità e sono di madre lingua italiana nel
primo caso, dialettofone nel secondo.
Nello schema della pagina successiva, con il cerchietto rosso abbiamo individuato la
posizione delle nostre registrazioni seguendo le indicazioni berrutiane. Si noterà che
siamo collocati pienamente nel quadrante che individua la situazione del parlato-parlato ma
in un punto marginale dell’asse diafasico, che individua cioè i registri e i sottocodici
utilizzati nella comunicazione. L’apparente situazione informale in cui ci troviamo non
deve indurci in errore ma considerare oggettivamente la situazione comunicativa in cui le
nostre parlanti sono immerse e la cura che riservano alla loro esposizione. Esse sono
consapevoli di cosa stanno facendo ( enunciare per fini di ricerca ) e possono regolare il
loro modo di parlare e quindi alterarlo; il registro utilizzato, pertanto, oscilla tra il
colloquiale e il gergale che sconfina in alcuni casi in espressioni non del tutto spontanee ma
controllate, forse volte a dare un’immagine positiva di sé e non sfigurare davanti alle altre
studentesse. La loro parlata potrebbe essere ricondotta al linguaggio utilizzato nell’ambito
della realtà universitaria.
24
SCHEMA ADATTATO DI BERRUTO
Lo schema di Berruto, pubblicato la prima volta nel 1987, è ancora oggi un valido
punto di riferimento per chi studia le varietà linguistiche. L’abbiamo utilizzato per i fini
della nostra ricerca adattandolo alle nostre esigenze.
1. It. Standard
letterario
Asse diamesico
2. It. Neostandard
ScrittoScritto
Parlato-Parlato
3. it. Parlato colloquiale
.
Asse diafasico
4. it. Regionale popol
5. It. Gergale trascurato
25
2. IL MONOLOGO
2.2.1. Testualità e organizzazione del discorso
Ci addentriamo ora nello studio dei testi. La vera difficoltà del nostro lavoro,
trattando di monologo, risiede nel numero di testi bibliografici a disposizione, molto meno
numerosi di quelli riguardanti il dialogo. Ciò forse dovuto al fatto che il monologo può
essere visto come una forma di enunciazione non sempre libera e spontanea ma quanto
meno frutto di una minima preparazione precedente, mentre il dialogo rispecchia più
fedelmente i canoni della parlata spontanea e si presta ad un’analisi qualitativa più aderente
al vero. Tratteremo, ad ogni modo, l’argomento tenendo in considerazione gli studi in
merito e tentando un confronto tra le varie forme di espressioni orale.
Chiarito il divario che separa il testo parlato da quello scritto e collocati i nostri testi
nelle parlate monologiche libere in situazione semi-informale, scendiamo ancor più nel particolare definendo i termini di divergenza tra parlato monologico e parlato dialogico. Nel
primo caso il testo ha un intento espositivo e l’informazione è data in modo uni-direzionale
( la lettura delle notizie al telegiornale, una rubrica radiofonica, la spiegazione di un testo
di letteratura o come nel nostro caso l’enunciazione di argomenti di carattere
autobiografico ecc. ) nel secondo caso c’è uno scambio di informazioni che presuppone la
presenza di due o più interlocutori e il grado di informalità può essere più elevato.
Diremo che stimolazione e pianificazione sono due dei tratti di massima divergenza
tra monologo e dialogo. Chi parla e ha di fronte un ascoltatore invia e riceve dei segnali
significativi, effettua una comunicazione bi-direzionale con scambio di ruoli tra emittente e
ricevente con la conseguenza che il testo dialogico che ne viene fuori sarà caratterizzato da
forte frammentarietà, digressioni, cambi di registro. Proviamo a mettere a confronto una
parte di testo/monologo scelto tra uno delle nostre parlanti e una parte di testo/dialogo
quale può essere una conversazione tra due amici:
quand’ero piccola sognavo di diventare una cantante famosa… ≈ ₪ la
musica infatti è sempre stata la mia passione. Ricordo che passavo le ore
intere a ballare nella mia camera… ≈ cantando a squarciagola tu…, i testi
di tutte le canzoni che mi venivano in mente. Da, dai cartoni animati…, per
esempio adoravo Cristina D’Avena, che all’epoca per me era davvero un mi-
26
to… ai più svariati cantanti di musica italiana ad esempio Jovanotti, Laura
Pausini… c’era un gruppo… ₪ i Neri per caso. Adesso non, nemmeno
esistono più, credo… ₪ all’epoca ricordo che mi piacevano tantissimo. Alle
scuole medie poi, imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte
addirittura… perché ero così convinta che sarei diventata una cantante
che… appunto pensando al fatto che… se avessi imparato a suonare
qualche strumento… avevo qualche possibilità in più. E poi mi piaceva
l’intonazione della mia voce e tutt’oggi mi piace la mia voce. C’è stato un
periodo che addirittura volevo farmi insegnare da mio padre a… suonare la
chitarra visto che… ₪ la suona ormai da anni lui. Anche se in realtà… ₪
mio padre ha sempre voluto che io diventassi un’infermiera ≈+ più
insisteva su sta cosa e più sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso
che.. ₪ ho sempre.. ₪ il mio carattere mi ha sempre portato ad essere ≈+
diciamo… un po’ ribelle ecco! ( Cfr. R2 p. )
P1 – a che ora c’è la partita?
P2 – al solito orario Gigi!
P1 – eh lo so, non ricordo… aspetta il telef…. Se riesco a toglierlo
dalla giacca! Pronto… si.. ascolta ti richiamo io va bè? Ora non posso
scusa… sono pieno fino alla testa!
P2 – Donne?
P1 – Macchè! Ah, mi dai una sigaretta?
P2 – toh. Ci vediamo davanti al bar della stazione allora?
P1 – L’ora?
P2 – Alle due, alle due! Ahi…!
P1 – Che c’è? Che hai fatto?
P2 – Il dito nel… nel…
P1 – Aspetta, fammi vedere…
P2 – Niente, non è niente dai.
P1 – Allora vengo con Paolo, ti secca?
P2 – Ma, fai tu!
P1 – Piove?
P2 – Due gocce, niente di preoccupante.
( il dialogo è stato registrato a Trento, di nascosto tra due amici )
Il primo testo riguarda una nostra parlante in esame ( R2 ); in esso si nota che
<<
lo sviluppo tematico è più coerente
>>
e dove
<<
c’è largo ricorso all’argomentazione
distesa, che manca del tutto nel parlato informale, e eventuali cambiamenti tematici
vengono segnalati esplicitamente; anche a livello sintattico le fratture sono minori >>
( R.Bozzone Costa, 1991: pp. 126-127 ) Si veda come nel primo caso il testo, pur con le sue
parti vuote ( pause, indugi ecc. ) si segua una coerenza argomentativa. Quando si parla dei
27
gusti musicali, il discorso segue un certo ordine espositivo, o cerca di seguirlo, ha una sua
coerenza, e nel momento in cui si passa a dire altro, si usa il connettivo poi ( “alle scuole
medie poi imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte“ ) che ci riallaccia al nuovo
argomento.
Cosa che non si può certo dire per il testo successivo dove è impossibile capire
il discorso se non si conosce il contesto, se non si è presenti nel momento dell’enunciazione e se non vengono esplicitati alcuni momenti. Il testo è estremamente frammentato e
i cambi di argomento sono frequentissimi e repentini. Ad esempio: dove s’è fatto male il
dito P2? Lo sa lui e l’altro parlante perché entrambi si trovano in quella particolare
situazione in quel momento e non hanno bisogno di specificarlo ad altri.
Quello che manca nel monologo è il cosiddetto “botta e risposta”, il feed-back: le nostre parlanti hanno dovuto “inventarsi” l’argomento, trattarlo così come le veniva
nell’istante dell’enunciazione, senz’alcun altro stimolo se non la propria memoria. Chiaro è
che quest’aspetto va a influenzare la durata del testo il quale può essere brevissimo nel caso
del monologo e lunghissimo nel caso di una piacevole conversazione. Se non si hanno
argomenti da trattare ci si blocca, si moltiplicano le pause e le ridondanze; non è impresa
semplicissima stare davanti ad un registratore per 6, 7 o 10 minuti e parlare di sé e della
propria vita; lo hanno provato le nostre parlanti che in taluni casi si sono mostrate
entusiaste di cimentarsi in una simile operazione:
Sono 7 minuti e 34 secondi che parlo e non mi sembra vero, perché… è la
prima volta che parlo così tanto, così… come… se… ☺ e forse ce n’era
bisogno. Grazie alla persona che mi ha fatto fare questa cosa, perché ogni
tanto si ha bisogno di parlare con se stessi, perché si parla sempre con gli
altri ma alla fine non si dice mai veramente quello che si pensa… ( Cfr. R7 )
Significative, a nostro giudizio, sono le ultime parole di R7 quando afferma che si
parla pochissimo con se stessi e non si dice mai veramente quello che si pensa. Se scorriamo i testi delle nostre registrazioni, ci rendiamo conto come questa affermazione trovi conferma nel momento in cui ci siamo trovati a ‘cassare’ alcuni nomi di persone verso le quali
ci si rivolgeva in modo poco simpatico, o espressioni non proprio ortodosse.
Ma troviamo anche casi opposti, di difficoltà nella prosecuzione del discorso e quindi
un evidente imbarazzo palesato con delle pause o dei segnali, detti segnali discorsivi che
28
studieremo più avanti:
comunque alla fine mi sono trovata bene; passerò ancora qui credo… anni,
parecchi anni di… della mia vita, però un indomani credo di.. spero, di
tornare a casa e≥ ≈+ niente ☺ [ i.d.i. ] ( Cfr. R1 )
Uno studio interessante sull’organizzazione del monologo, in particolare del << parlato monologico espositivo
>>
prelevato da campioni di lezioni e conferenze in ambito
accademico, è stato affrontato da Monica Berretta. Dall’analisi delle nostre registrazioni è
emersa una certa similarità con le conclusioni alle quali la Berretta giunge. Innanzitutto i
nostri testi condividono la
<<
relativa informalità
>>
con i testi analizzati, legata al
contesto; ci aspettiamo, dunque, che essi siano caratterizzati da
<<
false partenze, muta-
menti di pianificazione sintattica, esitazioni, concordanze a senso, riprese anaforiche non
regolari, incisi che divengono digressioni e rompono il ‘filo del discorso’, che viene poi ripreso tematicamente ma non sintatticamente
>>
( M. Berretta, 1984: p. 239 ) Riportiamo
qualche frammento di registrazione per dare l’idea di quanto abbiamo riscontrato. Ad
esempio in R4 ed R11 le riprese anaforiche evidenziate in grassetto, sono più evidenti.
R4
-
Mi piacerebbe comunque tornare in Spagna bella, bellissima; poi abbiamo visto tra l’altro,
una Spagna in miniatura no, c’è anche un’Italia in miniatura che non ho mai visto, a
Rimini… e infatti magari quest’estate… e… e c’è praticamente questo… questo posto
dove ci sono delle case costruite≥… pi.. case piccoline, casette, fatte ognuna su.. su uno
stile delle diverse regioni della Spagna: casa catalana, casa… basca…
R11
-
Però mio marito è un tipo che non mi ha fatto ma≥i mai mai andare ☺ a fare delle
gite… delle gite… delle passeggiate. E’ un tipo molto≥ riservato, dipinge tutto il giorno,
gli piace dipingere i quadri; io ho lavorato in 3M, lui maresciallo dell’Aeronautica però
abbiamo avuto due bei figli [ … ] L’unica pecca dei miei figli che non si trovano con
nessuna donna… non si trovano con nessuna donna, sono un poco sfortunati nel campo
amoroso.
Fenomeno, questo, riscontrabile sia tra le parlanti del I sia tra quelle del II Gruppo.
29
R3
-
l’altra mia sorella, eh… da poco si è trasferita, per cui ≈ mi è dispiaciuto un po’ perché
comunque… è più lontana, poi lei fa un lavoro ≈ dove… lavora molte ore, così, quindi
non è che ha la possibilità di venire a trovarci. Adesso però è incinta anche lei, e… quindi
è a casa e quindi… ogni tanto si fa sentire, poi ha molto tempo libero, quindi ci chiede
sempre: “cosa hai fatto? Posso venire a pranzo?”
-
Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano
precisamente… frequento il quarto anno della facoltà di Scienze della Formazione, con
indirizzo.. Scienze della Formazione Primaria. ≈ Per la scuola primaria per l’appunto.
R6
R10
-
Io gliel’ho fatto con tutto il cuore perché era.. era come un ragazzino, era… si poteva
tenere, era un vecchietto proprio a modo. Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato
scostumato. Lo lamava… lo lavavamo come un bambino proprio
Abbiamo scelto, invece, queste parti di R3, R6 ed R10 per mettere in evidenza un
altro aspetto caratteristico del monologo: il mutamento di pianificazione. Nella prima si
danno tante informazioni staccate l’una dall’altra nello stesso enunciato, ognuna
evidenziata in grassetto. Nella seconda si nota l’ultima parte dove evidentemente la
specificazione “per la scuola primaria” voleva essere detta appena dopo l’esplicazione della
facoltà frequentata, infatti si chiude con la locuzione “per l’appunto” che conferma una cosa
già detta e ripetuta. Nell’ultima la mutata pianificazione si ritrova nell’uso verbale, attivo in
partenza, passivo successivamente: “io gliel’ho fatto con tutto il cuore” e poi “era come un
ragazzino, era.. si poteva tenere.”
Queste le caratteristiche generali che possono essere ricondotte al monologo, la cui
struttura sintattica a noi interessa individuare e studiare. elementi linguistici e pragmatici
più ricorrenti in esso, i modi di dire, le particolarità. Il primo tratto che andiamo ad
analizzare sarà la costruzione degli enunciati.
30
2.2.2 Costruzione degli enunciati ( Dislocazioni – Frasi scisse - Segnali discorsivi – Deittici )
Dal Dizionario di linguistica ( G.L. Beccaria, 2004: pp. 281-282 ) abbiamo attinto la
definizione di enunciato che può risultare non chiarissima e facile da confondere con i
concetti di frase o di proposizione. Si definisce enunciato una
<<
sequenza che forma un
segmento reale di discorso ( orale o scritto ), prodotta in una determinata situazione
comunicativa e delimitata da due interpunzioni forti o da due pause importanti: può essere
più o meno lunga, sintatticamente incompleta e anche costituita da una sola parola [ … ]
L’enunciato non ha bisogno di essere una frase compiuta; deve invece essere conforme alla
situazione comunicativa nella quale viene proferito >> Dunque una unità che va a formare
un corpo più ampio qual è la frase, ma che nasconde l’insidia del significato che può
trovarsi anche nel contesto e non essere esplicitato dai parlanti.
Una caratteristica degli enunciati verbali si ritrova nell’uso di elementi non
strettamente linguistici, che vanno cioè, al di là del linguaggio verbale vero e proprio, e
presuppongono la conoscenza di regole pragmatiche. Qui entrano in gioco la mimica, la
gestualità, le pause, le ripetizioni, il corpo di elementi cioè che caratterizza in modo
significativo il parlato dialogato o monologico che sia.
Ma partiamo dall’inizio; abbiamo parlato di enunciato: secondo studi accreditati, il
parlante italiano medio usa costruire i suoi enunciati secondo una regola fissa,
posizionando ad inizio frase il soggetto seguito dal predicato verbale e dall’oggetto,
secondo lo schema:
S+V+O
Dove con O rappresentiamo varie espansioni o complementi del verbo.
Riportiamo in queste pagine l’apertura di tutte le parlanti per confrontarlo con la
formula e ci accorgiamo come grosso modo le parlanti in avvio seguano l’ordine non
marcato delle parole. In taluni casi, come in R1, R3, R4, R8, R9, R10, un’avverbiale
temporale precede il soggetto perché si vuole ancorare il discorso nel tempo; ma appena
dopo ecco ritornare la sequenza S+V+O.
31
R1
-
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ]
Allora, esattamente quattro anni fa, mi sono diplomata.. perito chimico.. e≥ ho frequentato
due anni di.. di università alla facoltà di Farmacia…
R2
-
( da piccola ) [ SOGG/APPOS. + VERBO + O ]
Dunque, quand’ero piccola sognavo di diventare una cantante famosa… ≈ ₪ la musica
infatti è sempre stata la mia passione.
R3
-
( nella.. ) [ ESPANS. DI LUOGO DEL VERBO + SOGG + O ]
Allora, la mia famiglia, in casa ci siamo io, il mio papà e mio fratello… e viviamo assieme e
mio fratello più piccolo va alle superiori.
R4
-
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ]
Allora… e≥… quand’ero in quarta… in quarta liceo, sono andata a… a Barcellona in gita,
e≥… ho trovato una realtà che è completamente diversa dalla mia, che vengo da un paesino
di montagna abbastanza chiuso
R5
-
[ O + SOGG + VERBO + O ]
Allora… ti racconto un po’ il mio percorso scolastico. Allora, ho fatto le elementari a
Laives ≈ e≥ dal.. 90’ al 96’ ≈ e≥… cinque anni belli e brutti
R6
-
[ SOGG + VERBO + O ]
Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano precisamente…
frequento il quarto anno della facoltà di Scienze della Formazione, con indirizzo.. Scienze
della Formazione Primaria.
R7
-
[ SOGG + VERBO + O ]
Eh ☺ fare monologhi non è proprio il mio forte, perché di solito io non parlo molto ma
penso molto.
R8
-
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ]
Allora lunedí mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei per andare a far tirocinio,
perché io devo far tirocinio..
R9
-
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ]
Allora nel 1964 sono≥… espatriata dall’Italia, mi sono recata in Isvizzera
32
R10
-
[ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ]
Un giorno è arrivata una zia.. che≥ suo fratello era caduto. E mi interpellò co… come
nipote.
R11
-
[ SOGG + VERBO + O ]
Ho conosciuto mio marito quando avevo ventidue anni ≈ siamo stati fidanzati due anni e
tutto andava bene, felici e contenti.
La nostra prima osservazione si appunta sul segnale d’apertura, che 7 casi su 11 è
allora e di cui parleremo più avanti ( Cfr. p. 38 ).
Ciò che distingue, spesso in maniera vistosa, il parlato spontaneo da quello
strutturato ( quello letto o in qualche modo pianificato ) è la sintassi. La formula a tre
termini sopra riportata, nel corpo del testo è frantumata, smontata e costruita secondo
criteri altri che è possibile verificare già in questi esempi: per cui abbiamo le dislocazioni ( a
destra o a sinistra ), la frammentarietà che spezza di continuo l’ordine della frase. Avremo
di fronte, allora, un mosaico ( il discorso ) dove i tanti pezzi da mettere insieme ( gli
enunciati ) sono disposti e strutturati diversamente da quanto ci aspetteremmo per un
testo ben pianificato, rispettoso delle regole di coesione e di coerenza ( vd. C.Andorno,
2003: pp. 17-25 ).
Nella definizione di enunciato riportata a pg. 31 si dice che esso è racchiuso tra due
segni di interpunzione forti o da pause importanti e non è detto che in esso venga
esplicitato un significato. In questi primi esempi riportati non vi è la prova di quanto
diciamo, in quanto il parlante, almeno in avvio, cerca di definire per bene il suo argomento,
di essere chiaro per far si che il suo discorso venga compreso successivamente. Ma se
andiamo a ricercare parti di discorso nel corpo dei testi, è facile rendersi conto di come ciò
trovi puntuale conferma.
R1 dice:
-
E≥.. il lavoro che faccio mi piace, anche se per la mia età… e.. ho dovuto superare diversi
ostacoli..
33
In R11 troviamo vari enunciati in un solo periodo:
-
Mi piace tanto vedere la televisione, seguo molte puntate, anche con≥ … i≥.. lamenti di
mio marito e dei miei figli, però è l’unica nostra soddisfazione, vedere.. telenovele, vedere
film e così passano le nostre giornate e serate.
In R1 l’espressione “ho dovuto superare diversi ostacoli” è un enunciato che, pur
sintatticamente corretto, vale solo se è legato al prima e al dopo del discorso: coerente al
tema ma non coeso, sintatticamente slegato.
comunque
<<
che la parlante sta affrontando, ed è
conforme alla situazione comunicativa
>>
( G.L. Beccaria, 2004: Cfr. p. 28 )
In R11 “i lamenti di mio marito e dei miei figli” come “è l’unica nostra soddisfazione” sono
enunciati staccati dall’intero periodo ma pur sempre enunciati.
Si è detto, inoltre, che l’enunciato può non avere un senso compiuto, dunque comportarsi come una proposizione secondaria che ha valore solo se legata a qualcos’altro:
R6 dice:
-
Eh… perché mi sono accorta che≥ ₪ molto spesso, anche se non ti capita comunque di
fare effettivamente l’insegnante di sostegno, le informazioni che ti vengono data durante i
corsi e quello che si studia, quello che si impara è comunque molto utile
Il “perché”, in questo esempio, ha valore testuale; non introduce una subordinata
vera e propria, apre l’enunciato ed è chiaramente legato a qualcosa precedente e se non
viene agganciato ad esso, il senso della frase non verrà mai colto.
In R7 l’enunciato è un inciso:
-
Ieri sono tornata ad essere una studentessa normale, non che prima… non fossi una
studentessa normale, ma prima almeno avevo un… un… minimo di incarico, ero
rappresentante del Consiglio di facoltà
I discorsi delle nostre parlanti, dunque, si allineano alquanto fedelmente alle norme
generali che regolano il monologo e costrutti particolarmente fuori dagli schemi non ne
abbiamo trovato. Tutto ciò che può essere analizzato lo vediamo in dettaglio nei paragrafi
successivi, iniziando dal fenomeno della dislocazione per poi spostarci sull’uso e la frequen-
34
za dei termini e dei modi di dire.
Le dislocazioni
Così come si legge in Lorenzetti5, le dislocazioni a destra o a sinistra rientrano tra i
fenomeni più comuni riguardo la sintassi della frase. Le dislocazioni a sinistra, sono
costrutti tra i più usati nell’italiano colloquiale e hanno la funzione di collocare l’elemento
della frase, che ha funzione di topic, in prima posizione, scalzando il posto che solitamente è
occupato dal soggetto. Nelle frasi:
R6
-
dell’Alto Adige mi piace l’ordine, mi piace il rispetto delle regole, la pulizia
-
a me non si possono riciclare le cose, perché io sono una persona originale
R7
in prima posizione viene messo l’elemento che si vuole risaltare e che abbiamo
marcato: nel primo caso la zona geografica di riferimento, nel secondo caso se stessi.
Unico caso di dislocazione a destra si ritroverebbe in R2; qui, a differenza degli
esempi precedenti, si nota che in prima posizione c’è un pronome che anticipa il termine su
cui si vuole mettere l’accento che noi abbiamo scritto in parentesi quadra. Usiamo il condizionale per il fatto che in effetti una dislocazione vera e propria non è; abbiamo inserito appositamente tra parentesi quadra il termine che mancava per esserlo. Questo per chiarire
quanto detto e mettere in relazione i due tipi di dislocazione.
R2
-
La suona ormai da anni lui [ la chitarra ]
5 << I
movimenti di costituenti più frequenti sono le dislocazioni, le frasi scisse e le frasi a tema sospeso o a tema
libero. [ … ] La dislocazione a sinistra è un fenomeno molto frequente in tutte le varietà d’italiano. Si
definisce così il procedimento che sposta nella prima posizione della frase il costituente su cui si vuol far
porre l’attenzione dell’interlocutore. [ … ] Nella dislocazione a destra non è l’intero costituente che risale
verso l’inizio della frase, ma un pronome che lo anticipa, mentre il costituente stesso è relegato alla fine, in
una posizione che può anche corrispondere a quella che avrebbe avuto nella struttura della frase “normale >> ( 2002, pp. 83-84 )
35
Pur essendo dei costrutti abbastanza in uso nell’italiano colloquiale, le dislocazioni
non hanno trovato altissime percentuali di frequenza nelle nostre registrazioni.
Frasi scisse o segmentate
Così come si legge in R.Bozzone Costa ( cit.: p. 153 ) le frasi scisse sono un
costrutto che
<<
consente di mettere in rilievo un particolare elemento della frase,
marcandolo per novità e contrastività con altri possibili elementi della stessa classe.
>>
Anch’esse molto presenti nell’italiano neo-standard, in certa letteratura e sulla stampa, non
hanno trovato un’alta frequenza tra le nostre parlanti. Solo in R3, in due circostanze, ci
imbattiamo in frasi del genere, dove si tende a marcare l’importanza di un predicato, nel
primo caso “studiare” e nel secondo caso “vedersi” accompagnato dal verbo nodale “potere”.
In entrambi i casi il valore semantico dei periodi è di segno negativo con
<<
funzione
attenuativa o di negazione normale >> ( Ivi: p. 153 )
R3
-
Non è che studi moltissimo, però gli vengono le cose così.
-
Non è che potevamo vederci spesso
-
Sono molto impegnata anch’io, quindi non è che riesco poi molto.
Sull’argomento interviene Lorenzetti che considera le frasi scisse essere
<<
specie-
lizzate in alcuni usi, soprattutto negazioni >>. A livello sintattico il costrutto si caratterizza
per la divisione della frase in due parti dove
<<
la prima con il verbo essere, la seconda
introdotta da che >> ( cit: p. 85 ) e da cui è possibile estrapolare la formula:
Neg + Essere + Che
che confrontata con i nostri unici tre esempi viene rispettata appieno.
36
I segnali discorsivi
Un discorso a parte sarà fatto per i cosiddetti segnali discorsivi; chiarire il concetto a
cui si legano e dare una definizione di essi è d’obbligo in virtù del fatto che sulla loro
funzione e importanza sono stati affrontati diversi studi. Numerosissimi ed estremamente
vari, i segnali discorsivi svolgono più funzioni all’interno di un enunciato: servono da
demarcativi, da connettivi, da enfatizzatori, da persuasori ecc. Ci viene in soccorso ancora
una volta una felice definizione di Carla Bazzanella che definisce
<<
i segnali discorsivi
quegli elementi che, svuotandosi in parte del loro significato originario, assumono dei
valori aggiuntivi che servono a sottolineare la strutturazione del discorso, a connettere
elementi frasali, interfrasali, extrafrasali e a esplicitare la collocazione dell’enunciato in una
dimensione interpersonale, sottolineando la struttura interattiva della conversazione.
[ … ] appartengono a diverse categorie grammaticali. La loro funzione può essere
individuata solo all’interno del discorso; la loro classificazione non ha quindi una base
morfologica o lessicale, ma funzionale >> ( 1995: p. 225 ) che sintetizza il nostro discorso.
Più volte la studiosa si è occupata dell’argomento, come anche in 2001, Op. cit. : pp. 145174, e ha offerto interessanti contributi alla sistemazione e alla classificazione di questi
elementi, che spesso sono trascurati perchè considerati ininfluenti ai fini di un’analisi della
struttura del linguaggio.
Ci sembra opportuno affidarci alle sue parole nella parte in cui trattiamo dei fattori
influenzanti l’uso di tali segnali. E’ stato riscontrato che essi non vengono usati a caso, ma
presentano una frequenza legata ad alcune variabili; infatti << nell’uso dei segnali discorsivi, giocano, influenzandosi reciprocamente, le variabili età, professione, status, sesso, e la
variabile individuale, per cui è facile individuare delle abitudini o delle preferenze personali.
>>
Il loro valore è puramente “riempitivo”, per cui
proposizionale
>>
e
<<
<<
rimangono esterni al contenuto
non hanno una collocazione rigida, possono trovarsi in posizione
iniziale, mediana o finale
>>
( Ivi, pp. 228 e 230 ) Come prova di ciò che asseriamo
prendiamo alcuni esempi dell’utilizzo di insomma sia esso usato da introduzione o da
epilogo all’enunciato.
R3
-
son convinta che se uno non.. non fa le cose che gli piacciono, non coltiva i propri interessi,
e… nella vita sarà sempre scontento insomma
37
R5
-
viviamo in un certo lusso…anche perché se dopo ci mettiamo a parlare con gente che
abita≥ anche in altre città del Nord, però≥ ci sono…diverse discrepanze insomma
-
insomma, sono un po’ infognata, però≥ ce la si può fare
-
insomma visto che c’è la possibilità di questo amico che mi impresta le chiavi di casa
R7
R8
La funzione a cui è chiamato generalmente si riconduce a quella di segnale riduttore
o modificatore della forza dell’enunciazione ( R.Bozzone Costa, cit: pp. 135-136 ); nei nostri
esempi, invece, sembra essere usato per riassumere l’argomentazione. La variabile età in
questo caso restituisce un risultato significativo: su 18 casi solo uno si registra tra le parlanti del II Gruppo. Lo stesso si può dire per va bè, usato 9 volte in totale e sempre dalle
parlanti del I Gruppo. Quest’ultimo segnale, al contrario del precedente, privilegia
essenzialmente la posizione iniziale ed ha
<<
sostanzialmente funzione di riempitivo
>>
(
Ivi: p. 135 )
in R7:
-
Va bè, cosa ci volete fare!
In R8
-
ho detto: “va bè vado anch’io”
Nell’analisi dei segnali discorsivi, la nostra attenzione si appunterà su alcuni di essi,
sui più ricorrenti; terremo come riferimento la tabella riassuntiva dei dati quantitativi
( Cap. III, par. 3.1.1. p. 61 ) Iniziamo dai segnali di
stabilire il contatto o per prendere la parola
>>,
<<
presa di turno >> che
<<
servono a
tra i quali primeggia, almeno nei testi a
nostra disposizione, allora. In 7 casi su 11 le parlanti hanno usato questo termine per
avviare il discorso; una percentuale altissima anche in virtù del fatto che tra gli altri
segnali di presa di turno considerati nel testo della Bazzanella figurano eh e dunque
entrambi usati una sola volta ciascuna dalle nostre parlanti per introdurre il discorso.
Ritornando ad allora, la sua funzione introduttiva è pressoché l’unica che gli si pos-
38
sa attribuire ( vd. Bazzanella, 1995, cit: p. 233 ), quindi lo troviamo sempre ad inizio
enunciato; se ne contano 28 in totale, con il picco massimo in R8 in cui ricorre 14 volte.
Anche qui la variabile età è confermata: in un solo caso su 7 allora è usato come segnale
introduttivo da una parlante del Gruppo II.
Il segnale più frequente è eh seguito dallo strascico della voce. Ma non come
segnale di presa di turno, nei quali compare solo una volta ( in R8 ), quanto come segnale
di inizio enunciato. Nella tabella delle frequenze dei termini compaiono, in corrispondenza
a questo tipo di segnale, dei valori zero che si spiegano nella misura in cui abbiamo
considerato il segnale solo se seguito dallo strascico. Ma come si può osservare dalle
registrazioni in allegato, tutte le parlanti ne fanno uso almeno una volta. Ben 32 volte è
usato da R1, 18 volte da R5. Vediamone alcuni esempi:
R1:
-
E≥ all’età di diciotto anni sono… sono venuta su, e≥ a 1200 chilometri di distanza da casa
mia…. e≥ è stato difficile soprattutto il primo mese
R3:
-
Eh… poi è sempre, vuole sempre giocare, scherzare così solo che… è molto più forte di me
e quindi… mi≥… riesce sempre a bloccarmi, a fermarmi, non mi lascia andare se devo
andare in camera.
R4:
-
Eh≥… sono stata una settimana, cinque giorni, però penso di non essermi mai divertita
così tanto… eh≥… durante quel periodo, diciamo. Anche perché ero in una classe di tutte
donne, tutte… sai… tutte≥… ☺
R10:
-
E≥ .. un giorno non era neanche la mia giornata, dissi adesso mi prendo il lavoro a
uncinetto e vado da zio Giorgio… gli faccio un poco di compagnia e mi metto a lavorare.
Nei segnali cosiddetti riempitivi si fanno rientrare espressioni del tipo ehm, mm, che
noi abbiamo reso con il simbolo ₪ e che hanno la funzione di << mantenere la parola >> e
39
sono << tipici del parlato spontaneo >> ( Ivi: p. 234 ) Ricorrono con una discreta frequenza
( 45 volte in totale ) e la funzione che svolgono qui non può essere ricondotta a quanto
dicevamo poc’anzi, per il fatto di trovarci in monologhi dove la parola non ha necessità di
essere mantenuta, è sempre nelle mani di una persona. Al limite verrà considerato come
“riempitivo” di un momento di vuoto in cui si pensa a come procedere. Per questo motivo,
più che un segnale generico a noi è parso una caratteristica verbale di alcune parlanti, del
loro abituale modo di esprimersi: in R2 ritorna 15 volte, in R6 ed R9 5 volte, nelle
rimanenti con una frequenza trascurabile.
Tra i genericismi più usati, invece, che per un certo verso svolgono funzione di
riempitivo, c’è tipo che insieme a del tipo e del genere sono i più ricorrenti nel parlato
dialogato e monologico riferito a situazioni o a persone. Noi aggiungeremo ricorrente
maggiormente nelle parlate giovanili di una certa area geografica: la conferma la troviamo
nella frequenza del termine che compare esclusivamente tra le parlanti del I Gruppo,
influenzato dunque dalla variabile diatopica e da quella generazionale. Lo troviamo in:
R4 :
-
poi magari fare i… che ne so, tipo un tour per le… varie città.
-
La sera, cioè tipo una sera ci han lasciato andare in discoteca
-
mi ha colpito tantissimo l’acquario che c’è a Barcellona, m’han detto che quello di Genova
tipo è il triplo
R5 :
-
Tra trentini e altoatesini ci sono delle enormi differenze. Cioè, tipo noi ragazze altoatesine
abbiamo più la testa tra le nuvole.
-
Quest’estate spero di laurearmi a luglio, non so se ce la farò, penso di no, non lo so andrò a
rompere un po’ il prof e.. tipo in questi giorni che non ci sono esami.
R8
Si fanno rientrare altresì nei segnali discorsivi e svolgono diverse funzioni a seconda
dell’uso, l’avverbio indicativo ecco e il verbo diciamo; quest’ultimo si caratterizza per il
<<
coinvolgimento fatico dell’interlocutore tramite l’uso della I pers. plurale >> ( Ivi: p.
250 ) Entrambi si prestano ad un utilizzo più frequente nel dialogo, soprattutto ecco, ma che
40
ricorrono nel monologo in maniera significativa. Il primo ricorre per una bassissima e
quindi trascurabile percentuale; il secondo, completamente assente tra le parlanti del II
Gruppo, è usato da 4 parlanti su 8 del I Gruppo con una percentuale di frequenza non
altissima. Le funzioni possibili che può svolgere sono di indicatore di parafrasi, indicatore
di correzione, indicatore di esemplificazione ed ha un uso prevalentemente fatico,
segnalatore di incertezza o di difficoltà di formulazione. ( vd. Ivi: pp. 248-251 ).
R2
a) mio padre ha sempre voluto che io diventassi un’infermiera ≈+ più insisteva su sta cosa e
più sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso che.. ₪ ho sempre.. ₪ il mio carattere
mi ha sempre portato ad essere ≈+ diciamo… un po’ ribelle ecco!
b) se penso a quei tempi… mi vien da ridere nel senso che erano tempi spensierati in cui…
₪ spess.. uno immagina che anche l’impossibile può succedere. Poi… poi col passare del
tempo appunto… il sogno.. diciamo così… eh, questo sogno è svanito
R4
a) si vede che abbiamo fatto un po’ di… un po’ di rumore così, il giorno dopo volevan
mandarci via dall’albergo ☺ cosa che… ci ha lasciato un po’ così.. hh.. il nostro professore è
andato giù lui a parlare, diciamo ha messo a posto le cose
b) a dir la verità ero andata in Austria in terza media, però… in Austria si, a Salisburgo e.. era
bello mio Dio, era la prima volta che stavo via a dormire. Però ≈ niente di≥… di
entusiasmante diciamo.
R5
a) ho avuto occasione di conoscere la realtà della Versilia, quindi mi ero molto attaccata alla
Toscana… oppure anche alla realtà della Pianura Padana in quanto c’è mia zia che ci abita,
quindi ero spesso giù, avevo gli amici giù…. Però dopo≥.. diciamo che sono maturata e…
considero molto più importante l’Alto Adige..
b) all’inizio spinta dalla mia insegnante di italiano avevo scelto per il liceo classico ≈ solo che
dopo… solo che dopo≥.. avevo≥.. diciamo≥ visto da vicino che questa scuola non mi
piaceva per i personaggi che c’erano
R6
a) a dir la verità, ho scelto Scienze della Formazione Primaria un po’ anche proprio per questo
motivo, perché… pensavo di≥ avere quindi una.. diciamo una.. formazione piuttosto
completa, che andasse un pò≥… in tutti gli ambiti.
41
b) le informazioni che ti vengono date durante i corsi e quello che si studia, quello che si
impara è comunque molto utile per… affrontare anche i vari problemi che ci sono in una
classe… diciamo così normalmente, anche con i bambini tra virgolette normali, non
solamente con quelli… problematici
La prima cosa da notare è la concordanza verbale di diciamo, il cui tempo coincide,
come per gli altri sintagmi verbali che fungono da segnali discorsivi, con il momento in cui
viene proferita l’enunciazione. ( Ivi: p. 251 ) Per questo motivo, il tempo verbale può essere
solo l’indicativo presente. Non infrequente è inoltre, l’utilizzo correlato di diciamo con altri
segnali, come ad esempio così che si registra in R2 b) ed R6 b).
Per quel che riguarda la funzione all’interno della frase, troviamo diversi usi: in R2
a) diciamo ha funzione attenuativa, così anche in R4 b); in entrambi i casi gli aggettivi
‘ribelle’ ed ‘entusiasmante’ sembrano ridursi di intensità accostati al segnale discorsivo. In
altri casi, che poi sono i più numerosi, diciamo è usato invece come segnalatore di incertezza o di difficoltà; così è in R4 a) così è in R6 a ) e b), ma anche in R2 b) può essere considerato indice di incertezza.
Deittici
Più volte abbiamo parlato, nel corso della trattazione, di contesto e di tratti
situazionali. Gli elementi più strettamente legati al contesto sono detti deittici e sono una
peculiarità esclusiva della comunicazione verbale. Infatti, chi scrive non è detto si trovi
nello stesso luogo e nello stesso momento di chi ascolta e non è necessario che lo sia. In un
dialogo o in un’enunciazione ( libera come nel nostro caso ) l’interlocutore deve trovarsi
nello stesso posto e nello stesso momento dell’enunciatore; deve condividere cioè il
contesto. Nel testo di Carla Bazzanella ( 2001 )6, più volte da noi utilizzato in questo lavoro, la funzione del contesto è posta come secondo punto del paragrafo riguardante i “tratti
situazionali” e dove è possibile trovare rimandi agli studi pionieristici di Malinowski su
6
<< In una tipica situazione di parlato faccia a faccia [ nel nostro caso il monologo, con l’intervistatore che
svolge il ruolo di chi non deve esserci, ma è presente come stimolatore ] il contesto d’enunciazione è
comune, nel senso che parlante ed interlocutore/i si trovano nello stesso posto e nello stesso tempo. Nella
comunicazione scritta, invece, tipicamente, non si condividono tempo e luogo d’enunciazione. >> Il rimando
al contesto extralinguistico, si dice, è dovuto alla << possibilità d’uso dei deittici >> ( Ivi, pp. 18-19 )
42
questo tema ( vd. Ivi: pp. 36-37 ).
Abbiamo già distinto il macro dal micro-contesto: una cosa è appartenere ad una
regione, essere abitante di una città, altra cosa è l’ambiente in cui si vive, le amicizie, il
momento in cui si parla, come si parla solitamente in una data situazione quotidiana e le
differenze tra i modi di comunicare tra gli abitanti di una stessa città possono essere
vistosissime. Ci riferiamo a quest’ultima situazione quando parliamo di contesto, che
presuppone la conoscenza da parte di chi parla e di chi ascolta soltanto, come nel caso del
monologo, di una serie di elementi legati alla temporalità, alla spazialità, alle persone.
L’atto comunicativo avviene cioè, in un contesto d’enunciazione comune, dove << parlante
ed interlocutore/i si trovano nello stesso posto e nello stesso tempo.
>>
( Ivi, p. 18 )
L’insieme di questi elementi rientra nella categoria dei deittici e si legano non solo al
tempo e allo spazio ( all’hic et nunc ) ma ad una serie di caratteristiche del parlante: al suo
modo di esporre, alla gestualità, alle pause che presuppongono altresì una conoscenza
condivisa con chi ascolta7. Questo, ad esempio, ci ha permesso di interpretare i sorrisi,
anche se appena abbozzati, oppure una cosa detta dalla parlante che si riferiva a quel momento specifico e in nostra assenza non avremo mai potuto fare.
Ecco, va tutto bene, ma delle frasi che sto dicendo di più, per autoconvincermi,
penso… perchè≥… a parte questa musica or… orripilante [ poco distante due
ragazzini ascoltano una musica dal telefonino ] che non ascoltavo neanche quando
avevo… cinque denti in più ☺ ( Cfr. R7 )
In ogni dialogo o monologo sono presenti elementi deittici, termini che rimandano
al già noto, a quell’insieme di informazioni che parlante e ascoltatore conoscono e che riguardano le persone ( nei nomi e nei pronomi ), lo spazio ( avverbi di luogo ), il tempo (
avverbi di tempo ) e sono slegati dalle variabili diastratiche, diatopiche generazionali8 ecc.
Come già detto nel I Capitolo, la condivisione del contesto situazionale con le parlanti del I
Gruppo, cioè la realtà universitaria, ha permesso al sottoscritto di
decodificare più
7
I deittici sono tra gli elementi del discorso più studiati in linguistica. Oltre ai testi da noi citati,
rimandiamo ad altri lavori in cui è possibile ritrovare ulteriori approfondimenti: C.Bazzanella ( cit. 2007 ),
C.Andorno ( La Grammatica italiana; Linguistica testuale: 2003 ), L.Vanelli e L.Renzi ( 1995 ).
8
Sulla questione della variabilità della lingua e dei fattori che maggiormente influenzano il suo utilizzo,
rimandiamo ai lavori di G. Berruto ( cit: 1980 ) e di C. Bazzanella ( cit: 2007 ), dove è possibile avere un
quadro completo delle principali variazioni linguistiche. Nella presente trattazione abbiamo messo a fuoco
solo due di esse, perché due sono le variabili considerate, per cui parliamo di varietà diatopica legata al
luogo geografico e di varietà generazionale legata all’età delle parlanti.
43
agevolmente i loro testi e di poter attingere al ‘già noto.’.. Alcuni nomi di persona o di
professori ( che abbiamo ritenuto opportuno omettere )
l’ultimo anno siamo andati a Roma… che è stata la gita più bella≥… di t… di
tutto≥.. di t.. di tutti gli anni scolastici. Infatti oggi a [ pronuncia il nome di un
professore ] a Educazione ……………………….. ≈ ho riportato la gita a Roma ☺
perché è stata un.. un’esperienza emotiva forte e bella. ( Cfr. R7 )
e poi gli istanti citati in quel momento, le indicazioni di luogo ( “guarda là” o “eccomi qui” )
erano elementi condivisi dalle due parti in causa. Non sempre, invece, si conoscevano le
persone citate dalle parlanti del II Gruppo.
Tabella 2
PARLANTE
R1
R2
R3
LUOGO
TEMPO
PERSONE
passerò ancora qui esattamente
quattro ho dovuto rinunciare alla mia
credo… anni, parecchi anni fa, mi sono famiglia, che comunque vedo
anni di… della mia diplomata
soltanto tre volte all’anno, ho
vita
dovuto
rinunciare
ai≥…
comunque.. ai miei amici, che
non vedo più, i miei amici
d’infanzia, le persone con cui
comunque sono cresciuta
non credo siano tempi E poi mi piaceva l’intonazione
felici quelli in cui della mia voce e tutt’oggi mi
viviamo oggi
piace la mia voce.
/
durante la mia vita
penso
sempre
al
lavoro, poi al di fuori
comunque io faccio
volontariato
l’altra mia sorella, eh… poi lui è sempre, vuole sempre
da poco si è trasferita, giocare, scherzare così solo
per cui ≈
mi è che… è molto più forte di me
dispiaciuto un po’
44
R4
R5
R6
R7
R8
R9
R10
Sono arrivata lì e… e era una delle prime
c’era diciamo il mondo volte che tornavo a
no! A differenza di quell’ora
quello… di quello che..
che c’è… che c’è da me
andando in camera si vede che è
[ noi ] abbiamo fatto un po’
di… un po’ di rumore così, il
giorno dopo [ loro ] volevan
mandarci via dall’albergo
Anche lì abbiamo
avuto diverse esperienze≥ fuori dall’Alto
Adige…
Qualche ricordo che ci noi ragazze altoatesine abbiamo
avevo in mente e≥ in di più la testa tra le nuvole
quell’occasione
siamo
andati
a
vedere
praticamente tutti i
monumenti più importanti di Roma
Mi piacerebb… a volte
si, sinceramente mi
piacerebbe spostarmi,
preferirei vivere in,
effettivamente
in
Italia, tra gli Italiani
Però…
vedremo
insomma,
adesso
termino quest’anno… i
corsi e cercherò di
laurearmi entro luglio
cercherò io di non essere una
maestra come le maestre che…
mi hanno affiancato nel ruolo di
tutor, durante il periodo di
tirocinio
avevo… un privilegio Ieri sono tornata ad fare monologhi non è proprio il
e mezzo… legato a essere una studentes- mio forte, perché di solito io non
questa carica, che era sa normale
parlo molto ma penso molto
quello di poter fare le
stampe
in
ufficio
studenti
va bé ho detto “vado” lunedí mattina son in questi giorni che non ci sono
di punto fatto vado in partita alle 6.. e mezza esami e ₪ anzi, quasi quasi vado
giù, faccio… 5 metri ≈ da Canazei
a dirglielo
faccio 5 metri e mi
tro… non c’è più la
strada
Andavo
nelle
fabbriche, facevo i
turni di notte e anche
lì avevo tanta paura di
ritornare a casa da sola
Stavano
con
me Lui usciva di sera e.. e si andava
all’incirca 3 mesi e dopo a incontrare con quella
se ne ritornavano in
Italia
dico: “zio Giò cosa
vuoi? Sto stendendo i
panni” dice: “vieni qua,
io hh mi credevo che te
ne eri andata”
lui stava bene perché so E lui era tutto felice e contento.
andata di mattina, ho Per me aveva sempre un debole
fatto ‘na bella zuppa di
latte e≥ e stava bene.
E.. e di pomeriggio sono
andata verso le due
45
R11
Un.. un mio figlio va’ Da allora sono passati io ho lavorato in 3M, lui
fuori… a insegnare, due anni, non ci siamo maresciallo
dell’Aeronautica
ades… è stato tre anni più visti
però abbiamo avuto due bei figli
fuori≥ … è stato tre
anni fuori≥ … della
bassa Italia
In tutti i testi sono indicati luoghi conosciuti, ci si riferisce ad un tempo vicino o
lontano dal momento dell’enunciazione, si fanno i nomi ( con indicazioni pronominali ) di
persone note, che richiedono una decodifica immediata per chi ascolta in quel momento, in
quel contesto situazionale. Nell’impossibilità di riportarli tutti, abbiamo trascritto nella
soprastante tabella alcuni esempi per ogni parlante, diviso per categoria:
L’unica casella vuota la troviamo in R2, dove non sono stati riscontrati “avverbi” o
“locuzioni” riferite al luogo, questi ultimi chiamati deissi spaziali ( vd. Bazzanella, 2007, cit.
p. 132 ). I termini deittici con valore relativo si ritrovano in R1: su, R5, R9: lì, in R8:
giù, in R10: qua, in R11 fuori. Il concetto di relativo è legato alla posizione dei partecipanti al momento dell’enunciazione ( Ivi: p. 133 ); implica la conoscenza del luogo
dell’enunciazione in quel momento o del luogo a cui ci si sta riferendo. Ad esempio R1 dice:
“sono venuta su” che sottintende la notorietà del luogo di partenza e dello stato in luogo
attuale della parlante da parte del partecipante. Così è in R11 dove il deittico fuori presuppone la conoscenza del luogo dove si trova la parlante e il luogo attuale a cui ci si riferisce.
Per la deissi temporale c’è da specificare che
<< il
centro deittico temporale corrispon-
de al momento in cui il parlante produce l’enunciato, coincide con quello spaziale nell’interazione faccia-a-faccia, mentre negli altri tipi di interazione qui ed ora in genere non coincidono. >> ( Ivi: 135 ) Il nostro caso è il primo, perché pur non trovandoci in una interazione
faccia-a-faccia, i riferimenti alla dimensione temporale possono coincidere perché si è
consapevole di stare a parlare con qualcuno, come possono non coincidere con il momento
dell’enunciato e con lo spazio di riferimento. Diamone alcuni esempi:
R7:
-
Ieri sono tornata ad essere una studentessa normale
R8:
-
lunedí mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei
46
R11
-
Da allora sono passati due anni, non ci siamo più visti
In R7 ed R8 il tempo a cui ci riferisce è specifico, per cui ieri e lunedì hanno
significato solo in quella situazione, quel giorno a quell’ora in quel luogo. Questo significa
che centro deittico temporale e centro spaziale in questo caso coincidono. In R11, invece, ci
si riferisce ad un tempo << lontano >> e la determinazione è di ordine << pragmatico >>, e
dunque
<<
la tolleranza nell’espansione temporale può essere più o meno elevata
questo il caso del deittico allora che
<<
>>
E’
indica un tempo lontano, non coincidente con il
tempo dell’enunciazione. >> ( Ivi: p. 136 )
Per concludere, i deittici personali si riconoscono nell’uso soprattutto dei pronomi
personali di 1°, 2° e 3° persona, in quest’ultimo caso solo se in senso anaforico; ma anche
nei pronomi atoni in forma clitica e i pronomi possessivi. Nelle parti che abbiamo scelto è
possibile ritrovare ognuno di questi casi. Allora troveremo:
In R1
-
ho dovuto rinunciare ai≥… comunque.. ai miei amici, che non vedo più, i miei amici
d’infanzia
In R2
-
ricordo che lui voleva.. una figlia interista… come poi il resto della famiglia…₪ è interista.
E invece poi…
In R8
-
in questi giorni che non ci sono esami e ₪ anzi, quasi quasi vado a dirglielo
In R9
-
Lui usciva di sera e.. e si andava a incontrare con quella
2.2.3 Altre particolarità riscontrate
In questo paragrafo ci occupiamo delle particolarità, cioè di costruzioni anomale,
47
espressioni non usuali nella lingua italiana, termini legati alle mode del momento, errori,
lapsus ecc. che pur non ricorrendo con frequenza nei testi delle nostre parlanti, meritano
una certa attenzione. Per alcune di esse un ruolo determinante sarà giocato dalle variabili
considerate, altre volte tali particolarità sono legate al modo personale di esprimersi, ad usi
ed espressioni linguistiche ereditate dall’ambiente in cui si è nati e cresciuti.
Errori, lapsus ed evoluzioni del sistema
Rari sono gli errori ( definiti come
<<
deviazione dalla norma
>>
( Ivi: p. 95 ) )
nell’uso delle parole o nella costruzione degli enunciati riscontrati nelle 11 registrazioni. I
più frequenti, ad ogni modo, compaiono tra le componenti il II Gruppo e riguardano sia le
singole parole, sia la costruzione delle frasi. Evidente che questo sia strettamente collegato
alla variabile “area geografica”; più che altro sono termini o modi di dire propri di una
regione geografica dove la parlata quotidiana probabilmente risente maggiormente
dell’influenza del dialetto.
R1
-
passerò ancora qui credo… anni, parecchi anni di… della mia vita, però un indomani credo
di.. spero, di tornare a casa
R10
-
Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato scostumato. Lo lamava… lo lavavamo come
un bambino proprio
In R1 compare l’utilizzo improprio dell’avverbio indomani introdotto da una articolo
indeterminativo quando andrebbe accompagnato da un determinativo in valore assoluto.
Ma in questo caso l’uso improprio sta proprio nell’utilizzo del termine: qui sarebbe stato
opportuno usare domani come avverbio di tempo, per cui: “un domani credo di…” Questa
imperfezione crediamo sia legata alla regola, infatti la parlante non ha ritenuto opportuno
correggersi.
Diverso è il caso di R10, dove l’errore è legato all’esecuzione, che è subito corretta
ed è slegata dalla regola. L’errore è qui detto lapsus, conseguenza della ripetizione della
48
sillaba “va” all’interno della parola che crea un bisticcio fonetico che induce facilmente in
un errore di pronuncia.
Dati questi due esempi, bisogna definire ora l’errore nelle sue due parti in cui si
riconosce: l’errore può essere legato alla regola ed è detto perciò sistemico, può essere
relativo all’esecuzione ed è detto occasionale, in quest’ultimo caso si parla anche di lapsus. (
Ivi: p. 95 ) L’esempio di lapsus o di errore occasionale che abbiamo riportato sarà l’unico,
dato il suo legame più con la fonetica ( si parla infatti di esecuzione, di pronuncia, in tanti
casi subito corretta come nell’esempio ).
A noi interessano maggiormente gli errori sistemici perchè strettamente connessi
alla norma e dunque alla parlata grammaticalmente corretta. In maggior numero essi
riguardano l’uso improprio dei tempi verbali e non distinguono tra parlanti ventenni e
sessantenni o tra parlanti settentrionali e meridionali. Da notare però che, alcune
combinazioni verbali, come quelle che riportiamo negli esempi, anche se grammaticalmente
non ammesse, non sono considerate errori, ma fenomeni legati all’evoluzione del sistema,
tratti della parlata neo-standard.
R2
-
Alle scuole medie poi, imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte addirittura… perché ero così convinta che sarei diventata una cantante che… appunto pensando al
fatto che… se avessi imparato a suonare qualche strumento… avevo qualche possibilità in
più.
-
Allora la prof. mi ha chiesto se andavo con loro.
-
Quest’estate andrò e… mi laureo a luglio, ad agosto non faccio niente.
-
Io non potevo fare più niente perché la legge dopo diceva “ma tu ci prendi in giro?”
R8
R9
R10
-
zio Giorgio che facciamo co’ sta casetta? Che poi dopo ci danno fastidio gli altri nipoti che
non hanno voluto fare la servitù.
49
In R2 l’imperfetto sostituisce il condizionale ( per cui “avevo” al posto di “avrei avuto” ); nella seconda di R8 un presente invece del futuro ( per cui “non faccio” al posto di
“non farò” ); in R9 si ripete il caso come in R2 ( per cui “dopo diceva” al posto di “dopo
avrebbe detto” ); in R10 viene usato un presente anziché un futuro ( per cui “dopo ci danno
fastidio” al posto di “dopo ci daranno fastidio” )
Sono queste deviazioni dalla norma, costruzioni usate di frequente nel parlato e confuse con modi di dire grammaticalmente “accettati”. Marazzini fa rientrare questo
fenomeno tra le caratteristiche dell’ ‘italiano medio’; al punto n° 11 dei “tratti caratteristici”
pone l’uso dell’ << imperfetto al posto del congiuntivo e condizionale nel periodo ipotetico
dell’irrealtà
>>
( cit., p. 412 ), così come il presente invece del futuro non è rarissimo tro-
vare.
Particolarità diatopiche
Strettamente legate alla regione di appartenenza e dunque alle parlate locali sono
alcuni termini e modi di dire che andiamo ad analizzare.
R10 dice:
-
Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato scostumato.
Il termine “scostumato” è nel Nuovo Dizionario della lingua italiana della Garzanti
( 1985 ) riconosciuto come regionalismo, che in italiano canonico andrebbe tradotto con
“maleducato.”
R7
-
“ mannaggia, ho un moroso super figo ” e invece no, ho solo un moroso che c’ha il mal di
pancia
-
prendo il telefono chiamo al mio moroso “amore non c’è più la strada”
R8
Il termine moroso ( il fidanzato ) è tipico delle regioni del Nord-est, è completamente
assente nelle parlate meridionali. Ma c’è da notare ancora in R8 l’errato utilizzo del verbo
50
corsivo transitivo, è qui seguito dalla particella pronominale “a” che trasforma il
complemento oggetto in complemento di termine ( accusativo preposizionale ). E’ questa
una “particolarità” che abbiamo riscontrato, poiché tale tendenza è diffusa maggiormente
nell’Italia centro-meridionale.
Ma le differenze più vistose si ritrovano nella costruzione degli enunciati; nelle frasi:
R9
-
Stavano con me all’incirca 3 mesi e dopo se ne ritornavano in Italia
-
La seconda bambina poi, passando da un… da una famiglia all’altra, chi buona chi male, poi
finalmente trovai una famiglia svizzera, veramente che me l’accudivano bene questa bambina.
-
D’un tratto io avevo l’ombrello in testa, mio marito non se n’è accorto di niente, ha suonato il
campanello, quella donna è uscita, l’ha baciato, se ne sono entrati dentro…
R10
-
ci sono i genitori e non gli vogliono, non vogl… fare, non gli fanno della servitù, anzi…
pure se tengono soldi, case, terreni gli mandano all’ospizio, perché vogliono essere libere,
vogliono uscire, vogliono andare in ferie
-
Dopo otto.. dopo otto anni così è andata a finire. E’ stato due tre giorni veramente che non…
non si alzava più, non.. non tanto si sentiva. E≥ .. un giorno non era neanche la mia
giornata, dissi adesso mi prendo il lavoro a uncinetto e vado da zio Giorgio…
R11
-
Poi un giorno ha conosciuto un’altra ragazza e se n’è andato… se n’è andato. Io sono andato
appresso e l’ho visto… l’ho visto che prendeva una ragazza in macchina.
ci sono le parti evidenziate che risentono fortemente del dialetto parlato nell’area
geografica di appartenenza. La cui area è condivisa dal sottoscritto, per cui possiamo
azzardare dei confronti con il dialetto dell’Alto Casertano, ovvero con i tentativi di
italianizzazione di esso. In quest’area si parla una varietà di napoletano ( 1 ), l’italianizzazione del quale è qui messa a confronto con un possibile modello di frase in lingua
italiana standard ( 2 ).
51
1) Maritemo nun sè n’è accort e nient
“mio marito non se n’è accorto di niente”
2) Mio marito non s’è accorto di niente
Si nota come l’enunciato di R9 sia niente altro che una italianizzazione di un
enunciato dialettale come nell’esempio 1. Stesso confronto può essere fatto per l’enunciato
di R11, dove sono evidenti i tentativi di italianizzare un costrutto dialettale.
1) Se n’è juto. Io song juto appriesso
“se n’è andato. Io sono andato appresso e l’ho visto…”
2) Se n’è andato. Io sono andata dietro
Dalle notizie preliminari ottenute dalle parlanti dei due gruppi, è emersa una particolarità decisiva nell’analisi di tali costrutti: le parlanti del I gruppo appartengono ad
un’area geografica dove non esiste dialetto, se non la lingua italiana standard e una varietà
di tedesco ( ricordiamo che ci troviamo in un’area geografica dove vige il bilinguismo ). Ce
lo confermano le parole di una delle parlanti. R5 dice:
noi in Alto Adige, tra i giovani, almeno, non parliamo mai il dialetto. Anche perché
Bolzano come città non ha il dialetto, ci ha il tiroler che è il ted… è il dialetto
tedesco, quello≥ lo parlano anche i giovani, lo parlo anche con mia nonna a volte.
E≥ ≈ e invece il dialetto italiano è solo nella bassa atesina, Laives soprattutto…
c’ha un dialetto che assomiglia tipo al veneto. E.. è molto parlato dagli anziani
Questo ci permette di concludere che il linguaggio giovanile si accosta, o è molto più
aderente all’italiano standard di quanto lo sia quello di parlanti di una generazione precedente, più propense ad attingere agli usi verbali dialettali. Differenza generazionale che in
questa occasione si combina con la varietà diatopica per quanto abbiamo asserito e
dimostrato.
52
Forestierismi ( termini legati alle mode, alla tecnologia, al mondo giovanile ecc. )
I termini “importati” da altre lingue si legano a particolari sottosettori del lessico,
come quello dell’informatica, della tecnologia, della culinaria, dove gli anglicismi sono i più
numerosi.
Pensiamo a quante parole non italiane utilizziamo quotidianamente senza
accorgercene e che ormai fanno parte del nostro consueto vocabolario: ketchup, shopping,
computer, laser, Internet, floppy-disk ecc. Tra queste ce ne sono innumerevole altre, come si
vedrà negli esempi, utilizzati puntualmente nei discorsi quotidiani e che caratterizzano il
modo di parlare dei giovani. La conferma è data dal fatto che in nessuna parlante del
Gruppo II sono stati registrati forestierismi. Qui diremo che oltre all’età, concorrono altri
fattori quali il grado d’istruzione; non dimentichiamo che le parlanti del I Gruppo sono
studentesse universitarie, quelle del II sono casalinghe con un titolo di studio di licenza
media.
In R3:
-
pensando che ci avessero preso in giro, perché avevamo≥ ordinato via Internet, e invece…
poi era anche carino
In R4
-
era piena di artisti da… di strada, i mimi, e≥ c’erano dei clown, c’era un po’ di tutto, e.. c’era
una.. tipo una zingara che faceva le carte
In R6
-
cercherò io di non essere una maestra come le maestre che… mi hanno affiancato nel ruolo
di tutor, durante il periodo di tirocinio
In R7
-
mi è arrivata una mail dalla cara e simpaticissima segretaria
-
da un bravissimo tecnico dei computer
-
sono passate un paio d’ore, quelle≥ insomma di routine, che si trascorrono a far nulla
all’interno dell’università
53
Termini costruiti seguendo le mode giovanili
Alcuni termini, inesistenti nel lessico dell’italiano, trovano grande fortuna tra i
giovani; sono termini “inventati” da loro spesse volte, o sono composti e derivati inesistenti
( vd. M.Berretta, 1991: pp. 103-106 ), parole che fanno effetto in particolari situazioni e che
trovano accoglienza specialmente nei gruppi dei pari. Ne abbiamo trovati alcuni tra le
parlanti del I Gruppo. Chiaramente, trattandosi di termini “di moda”, la variabile età qui ha
avuto un riscontro significativo.
R8
-
ci siamo stradivertite
-
ha deciso di rimanere comunque a vivere da solo, e allora non si può. Poi poretto, adesso si è
anche spaccato i legamenti
-
qua non arrivano le mie coinquiline a dirmi “Miki alzati”
-
io penso: “ mannaggia, ho un moroso superfigo
-
evidentemente gli scriverò che è un brutto pezzo di cacchetta
-
E questa è una cosa che mi piace perché comunque le persone poi mi prendono p.. per
pazza, per una.. sclerata fuori dal comune…
-
Comunque vada sarà un successo diceva Chiambretti.. mi sembra.. a.. al Festival di
Sanremo di qualche decennio fa. Festival di Sanremo, cazzarola!
R7
Il Ci attualizzante
Considerato come “storpiatura” o come espressione impropria, fuori dalle regole del
“ben parlare” il ci attualizzante trova addirittura un sostenitore in Serianni ( 2006: p. 5 )
che non solo ne ammette l’utilizzo ma lo considera << obbligatorio nel parlato e trasferibile
senza difficoltà nella scrittura
>>.
La perfetta parità nell’utilizzo ( 2 vs 2 ), in questo caso,
non lascia considerare i dati né come varietà generazionale né come varietà diatopica.
Lo troviamo in:
54
R3
- Però perlomeno potrai dire: “c’ho provato!”
R6
- Laives soprattutto… c’ha un dialetto che assomiglia tipo al veneto.
R9
- Signora lei non sa niente, sono 3 anni che suo marito c’ha un’amante
R10
- Adesso ci ho ‘sta casetta intestata… e lo so che non è solo la mia ( Cfr. p. 11 )
Dunque presente in 4 parlanti su 11, percentuale del 36,36%, non altissima ma
neanche trascurabile. Non abbiamo, comunque, gli elementi per affermare che laddove non
si sia verificato non sia utilizzato normalmente dalle restanti parlanti. A tal proposito
specifichiamo che le conclusioni alle quali arriviamo, pur se significative perché fondate sul
dato registrato, sono relative ad un campione di soggetti contenuto.
L’uso di “gli” generalizzato
Anche questa tendenza grammaticalmente non standard, è annoverata tra le
caratteristiche dell’italiano medio. L’uso dei pronomi le e loro sta tramontando quasi del
tutto per far posto all’uso generalizzato di gli senz’alcun conto di genere e numero della
persona a cui ci si riferisce. Anche in questo caso non vi sono differenze legate alle variabili:
così è per il primo gruppo ( in R7 ) così è per il secondo gruppo ( in R9 )
R7
-
sono una persona che quando gli si chiede una cosa…
-
La mia bambina l’andavo a prendere la sera… gli trovavo segnato la faccia con le
dita [ … ] gli portavo tanto di quella roba.
R9
55
L’uso di ‘sto e ‘sta
Come dicevamo, l’utilizzo degli aggettivi dimostrativi “questo” e “questa” con
aferesi, mostra una frequenza minore rispetto alle aspettative iniziali. Lo troviamo solo in
due parlanti, tra l’altro appartenenti a due gruppi differenti, il che non ci permette di
comparare i dati secondo le variabili e che ci spinge a concludere che quest’uso non tiene
conto dell’età né dell’area geografica dei soggetti.
R2:
-
Più insisteva su ‘sta cosa e più sapevo che non sarebbe mai successa;
R10
a)
Maria vedi di provvedere tu, interpella le altre nipote e vedi se volete prendere a
‘sto zio Giorgio.
b)
Adesso ci ho ‘sta casetta intestata… e lo so che non è solo la mia;
c)
Facevamo ‘na giornata ciascuno.
Ci allacciamo ancora a R10 c) per chiarire la messa in evidenza di “ n’à giornata” la
quale dicitura rientra nelle espressioni sincopate e per l’uso improprio della concordanza
aggettivo + nome ( R10 a) ) in “le altre nipote” con la sfasatura del numero nel sostantivo,
singolare anziché plurale.
Peculiarità personali
Ogni parlante, pur condividendo con il gruppo sociale di appartenenza il linguaggio
e i modi di dire, ha un suo proprio modo di esprimersi individuale. Notiamo, ad esempio,
l’uso di alcuni costrutti presenti esclusivamente nell’enunciazione di singoli che nulla
hanno a che vedere con la ragione sociale, con il gruppo linguistico, con l’età, con il grado
d’istruzione.
In R9 si evidenzia l’uso della “ i prostatica”, in disuso sia nello scritto sia nel parlato
già da un po’ di tempo, in due circostanze:
56
-
Nel 1964 sono≥… espatriata dall’Italia, mi sono recata in Isvizzera.
-
Quando la mia bambina veniva in Isvizzera al primo posto doveva stare mia suocera.
In R10 compare la parola “servitù” che è rarissimo, se non improbabile trovare nelle
parlate giovanili. Inoltre l’accezione in cui è usata è di “assistenza” sia sanitaria che
materiale, tipica dell’area geografica a cui R10 appartiene. Quindi, oltre che legata all’età, ci
sentiamo di accostare tale peculiarità alla variabile diatopica.
-
io sono vecchia ho ottant’anni e non posso più≥ fare la servitù
L’abbiamo inserita tra le peculiarità personali per il fatto che negli ultimi anni l’uso
di tale termine è evitato a vantaggio del termine “assistenza materiale.”
Il fatto che le peculiarità personali non si riscontrano tra le parlanti del Gruppo I
può forse essere indicativo di una tendenza giovanile, tra l’altro accomunata dalla frequentazione di corsi universitari, a uniformarsi alla parlata comune. Riallacciandoci a quanto
dicevamo in Cap. I par. 1.2.2 pg. 16-17, le nostre giovani parlanti tengono maggiormente
a far bella figura e a curare il loro linguaggio, soprattutto nel momento in cui sono
consapevoli di essere “osservate.” Non si esclude, pertanto, che tra di loro ve ne siano
alcune che nell’ambiente quotidiano in cui sono immerse ( famiglia, gruppo dei pari ecc. )
usino termini che qui hanno preferito evitare.
57
3. LA GRAMMATICA DEL PARLATO
2.3.1 Possibile una grammatica del parlato?
In conclusione ci chiediamo se sia possibile parlare di grammatica del parlato, e se
sia possibile e come affrontare un simile lavoro. Uno degli interrogativi che ci si pone in
quest’ambito, forse il principale, risiede proprio sul “se” e sul “come” analizzare la lingua
parlata. Può esserci una grammatica del parlato? Si può, cioè, analizzare la lingua parlata
secondo regole tassonomiche come si fa per lo scritto? Ancora più importante è
chiedersi se abbia senso parlare di regole per quel che riguarda la sfera del monologo, dove
l’interlocutore è assente e lo sforzo del parlante è doppio: cercare l’argomento da trattare e
non poter contare sul feed-back ( se non nei casi in cui l’intervistatore interviene per
allacciare un discorso interrotto per amnesie o mancanza di stimolo ).
Monica Berretta nell’analisi di testi programmati, in cui la “pianificazione
sintattica” si dimostra evidentemente differente e complicata, si chiede se ciò sia dovuto a
<<
fenomeni idiosincratici dei parlanti scelti o, forse, il parlato-parlato formale non
esiste?
>>
( cit.: p. 240 ) Entrambe le ipotesi sono state escluse a vantaggio di una terza
“più ragionevole” in cui ci si chiede se
<<
la formalità del parlato segue forse regole di
pianificazione diverse da quelle per noi più abituali dello scritto. Regole in cui le ripetizioni
sono utili e talvolta essenziali al filo del discorso [ … ] essenziale marcare l’inizio e il tipo
di digressioni [ … ] fondamentale la congruenza tematica e semantica più di quella
sintattica. >> ( Ivi, pp. 240-241 )
Riprendendo gli studi della Berretta, Cavinato ( cit: pp. 80-81 ) dice che
<<
l’intrecciarsi delle dimensioni di variazione sembra rendere impossibile una formulazione di
regole, tanto più quanto più una lingua è diversificata al suo interno [ … ] lo studio del
parlato si scontra spesso con difficoltà di trascrizione e di descrizione di fatti che non sono
discreti ma continui, non segmentabili: intonazione, velocità, durata delle pause…
>>,
difficoltà di cui già si parlava.
Le risposte lungi dall’essere semplici ed immediate, prendono la strada di soluzioni
alternative. Riallacciandoci alle citazioni precedenti, diremo che un lavoro sistemico è pos-
58
sibile a patto che si tenga da parte il velleitarismo di stabilire a forza di cose regole rigide e
schematiche.
Se lo scritto gode di una pianificazione precisa, lineare, suscettibile di cambiamenti,
cancellazioni, sistemazione sintattica, niente di tutto questo può essere ipotizzato per il
parlato. Esso non può essere fissato in una forma se non con le sue incongruenze, le sue
imprecisioni, le sue ambiguità. E’ un flusso irregolare ( per quel che riguarda la sintassi ),
fatto di termini spesso collegati in modi non pertinenti ed espressioni inutilizzate nello
scritto; ripetizioni, pause, parole monche o inventate ecc. Insomma, formato da un insieme
di elementi sui quali è possibile approntare uno studio sistematico che può restituire risultati
qualitativi
significativi.
59
CAPITOLO III
1. ANALISI QUANTITATIVA
Nella parte finale saranno presentate le tabelle riassuntive dei dati messi a confronto per variabile. La nostra ricerca ne ha considerate due: età ed area geografica. Vediamo le
conclusioni a cui siamo arrivati, basandoci su uno spoglio dei dati di tipo quantitativo.
3.1.1 Durata e lunghezza delle registrazioni
Le registrazioni sono state effettuate preparando le parlanti al rispetto di alcune
semplicissime regole: iniziare il monologo quando si trovano gli argomenti giusti da trattare, usare un tono di voce sufficientemente alto per poter registrare, dilungarsi per un
tempo minimo di 5 minuti e massimo 10-12 minuti. La tabella 3 ci mostra un quadro più o
meno rispettoso di queste regole se non in due casi: R11 enuncia per un tempo inferiore ai
5 minuti e R9 per un tempo superiore a quello massimo. Sono sbavature che non abbiamo
ritenuto opportuno aggiustare ( effettuare una registrazione più lunga nel primo caso e
fermare l’intervistata nel secondo ) per non agitare le parlanti e sconvolgerne i piani
argomentativi e narrativi.
La lettura dei risultati in termini quantitativi, ci spinge alla formulazione di alcune
considerazioni importanti: non tutte le parlanti hanno lo stesso grado di eloquenza e
propensione alla parlata spontanea; la durata delle registrazioni non è proporzionale al
numero di parole proferite; il numero delle parole proferite in un secondo varia da soggetto
a soggetto, come quelle proferite al minuto, le quali variabili sono, come vedremo,
indipendenti l’una dall’altra.
Per il primo punto, si noterà la vistosa differenza nella durata tra R11 o R2 messe a
confronto con R9 o con R7; le prime due sono diverse per numero di pause usate: R11 solo
2, R2 ben 28 di cui però 15 sono ₪ cioè espressioni intraducibili con un grafema. Qui si
trova l’estremo minimo, R2 pur avendo una durata lievemente maggiore di R11, per il nu-
mero di interruzioni è la registrazione “meno produttiva” anche se il numero di parole
( 657 ) risulta essere maggiore di quello di R11 ( 608 ). A questo proposito bisogna specificare che nel conteggio delle parole sono inclusi tutti i segni non solo le parole, dunque alla
somma finale partecipano anche i segni di pausa, i puntini sospensivi, gli interrogativi ecc.
Nel secondo punto mettiamo in relazione la durata delle registrazioni con il numero
di parole utilizzate; anche qui non è possibile stabilire una equazione matematica in quanto
la durata non è direttamente proporzionale al numero delle parole. Tralasciando i casi in
cui lo scarto è minimo, riportiamo gli esempi più evidenti: R1 ed R3 registrano una durata
più o meno identica ( 8’ 30’’ la prima e 8’ 39’’ la seconda ), con soli 9’’ di differenza. Eppure
lo scarto del numero di parole è di ben 250 termini che è impossibile far rientrare in 9’’.
Ancora più marcata è la differenza che si riscontra tra R8 ed R5, dove addirittura il
numero di parole della prima supera di 350 unità la seconda, pur essendo quest’ultima più
lunga nella durata di 8’’.
In ultimo analizziamo il numero di parole nell’unità di tempo: per secondo e per
minuto; risultato complessivo consultabile nelle ultime due colonne di destra della tabella
3. Il dato più evidente si ritrova in R7, unica parlante che fa registrare una media di parole
al secondo maggiore di 3 ( 3,09 ). Indice evidente della ottima propensione alla parlata
spontanea e della risolutezza nel trovarsi di fronte ad un registratore; capacità che
ritroviamo nella durata al minuto, dove le 185,78 parole proferite sono il picco massimo
delle 11 registrazioni. La conferma ci arriva, in ultimo, dal numero complessivo di parole
proferite: ben 1.765, superate solo da R9 con 2.223 termini, ma in 14’ e 26’’.
R4 ed R10 riescono a pronunciare lo stesso numero di parole al secondo: 2,37, ma
nell’estensione del tempo la seconda prevale con l’esecuzione di 142,36 parole al minuto,
rispetto alle 140,44 della prima. Constatazione che ci fa considerare impossibile la formulazione di una equazione perfetta tra secondi e minuti, chiaramente variabile, strettamente
legata all’argomento trattato e alle caratteristiche dialettiche delle parlanti, le quali
possono parlare velocemente in pochi secondi e fermarsi a tratti per incertezze e difficoltà
varie alla lunga.
Vicinissimo ad R4 ed R10 è il dato rilevato in R6 con 2,35 parole al secondo e
141,67 al minuto. Qui la registrazione ci spinge a considerare la durata in relazione al
numero di parole proferite. In primo luogo R6, rispetto a R4, ha un aumento di termini
nell’estensione temporale con 1,23 parole in più al minuto di certo non riconducibile al nu-
61
mero di parole al secondo che registrano una differenza di o,o2 parole. In secondo luogo
notiamo come le tre registrazioni considerate rientrino più o meno nella stessa fascia di durata, racchiuse in 40” ( tra i 6’11” e i 6’ 55” ). Delle tre, due sono parlanti del I Gruppo e
una del II Gruppo che ci fa accantonare considerazioni diatopiche e generazionali e ci
spinge a concludere che ciò sia frutto di caratteristiche personali nell’eloquio.
R9 si presenta come la registrazione più lunga, ma solo in termini di durata e per
numero di parole, il che ci fa supporre che essa è alquanto lenta nell’esposizione; infatti la
parlante, leggendo i valori riscontrati, proferisce 2,56 parole al secondo e 154,03 al minuto,
contro le 2,83 e 170,15 di R8 che parla per 8’ e 53”. Ancor più lenta è R1 che proferisce
2,03 parole al secondo e 121,88 al minuto con i suoi 8’ e 30” di registrazione.
Tabella 3
Riassunto
R
R1
R2
R3
R4
R5
R6
R7
R8
R9
R10
R11
TOT
t
8’ 30’’
5’ 04’’
8’ 39’’
6’ 11’’
9’ 01’’
6’ 55’’
9’ 30’’
8’ 53’’
14’ 26’’
6’ 21’’
4’ 55’’
1h 30’ 25’’
N° parole
1.036
657
1.286
882
1.161
979
1.765
1.511
2.223
904
608
Righe
66
46
80
55
74
66
107
89
136
53
38
* Variabili a confronto
Durata media delle registrazioni
Gruppo I
-
8’ 05’’
Gruppo II
-
8’ 47’’
Valore medio
complessivo
-
8’ 20’’
62
Numero
parole/s
2,03
2,16
2,47
2,37
2,14
2,35
3,09
2,83
2,56
2,37
2,06
Numero
parole/min
121,88
129,65
146,46
140,44
126,74
141,67
185,78
170,15
154,03
142,36
123,81
Nella tabella soprastante, che racchiude i dati/valori di quanto abbiamo detto,
troviamo il totale degli eventi che si ripetono disposti nel seguente modo: a fine riga il
totale per parlante; a fine colonna il totale della durata della registrazione ( t ) e la media
delle parole pronunciate al secondo e al minuto.
La nostra analisi ha riguardato 1 ora, 30 minuti e 25 secondi di monologo. La durata
delle registrazioni dice che il Gruppo II ha parlato mediamente di più per 38’’, ma
scorrendo le singole registrazioni è facile intuire come questo dato sia fortemente
influenzato da R9 con i suoi 14’ e 26’’ che fa lievitare sensibilmente la media del gruppo.
Infatti le altre due parlanti del Gruppo II fanno registrare una durata tra le più basse in
assoluto con i loro 6’ 21” e 4’ 55”. La durata media totale si situa a metà strada tra le due
con i suoi 8’ e 20”.
3.1.2 Tabella dei termini ricorrenti ( pause, connettivi, segnali discorsivi )
La tabella 4 riassume in numeri i termini più ricorrenti; per ognuno di essi troviamo
il totale a fine riga per elemento o pausa, a fine colonna per parlante. L’analisi riguarderà la
quantità dei dati più significativi, quelli cioè che fanno registrare percentuali di frequenza
più importanti e significative. Ovviamente essa non esaurisce il discorso sugli elementi in
questione, molto più numerosi e vari di quelli considerati, ma si limita ad un numero
ristretto di essi. Sicuramente si ritroveranno termini non inclusi qui, ma non perché essi
siano meno importanti, bensì per scelte arbitrarie che abbiamo considerato di volta in volta
durante il nostro lavoro.
Uno di essi, che ci preme menzionare perché è anche uno dei più discussi e studiati è
la congiunzione avversativa ma, che ritorna nelle nostre registrazioni soprattutto in
apertura di enunciato. Proprio la sua ampia diffusione nei testi linguistici ci ha fatto optare
per altri elementi, meno frequenti ma sui quali è stato possibile effettuare una
comparazione con gli altri più “noti” e utilizzati dai parlanti.
Tra i segnali discorsivi con funzione introduttiva la fa da padrone il termine allora
che viene usato per introdurre enunciati in 7 registrazioni su 11; in assoluto il termine
ricorre 28 volte, con varie funzioni e con una percentuale di 5,7% sul totale dei segnali di-
63
Tabella 4
Evento
Pause
e
incertezze
Segnali
discorsivi
i.d.i.
₪
≈
≈+
≈++
TOT
Allora
Poi
Comunque
e≥
Però
Infatti
Cioè
Così
Quindi
Invece
Va bè
Ecco
Niente
Insomma
Diciamo
TOT
R1 R2
R3
R4
R5
R6
R7
R8
R9
R10
R11
TOT
5
2
5
4
/
16
3
/
17
32
12
1
/
/
1
3
/
/
1
/
/
70
5
2
11
1
/
19
2
14
5
2
12
/
2
10
15
7
1
/
/
5
/
70
9
1
4
/
/
14
2
3
1
14
10
3
8
6
1
/
/
/
1
/
4
53
4
3
9
2
/
18
2
6
4
18
6
1
1
/
10
6
1
/
/
3
2
57
5
5
6
2
/
18
/
1
7
/
2
1
2
3
13
/
/
/
/
1
4
33
/
4
1
/
/
4
1
4
8
5
13
/
2
4
5
1
2
1
/
5
/
46
6
4
2
1
1
14
14
11
1
5
6
/
1
2
3
2
5
/
/
3
/
50
/
5
10
1
/
16
2
5
5
5
2
/
/
10
1
/
/
2
/
1
/
32
2
4
1
2
/
9
2
4
/
6
2
1
/
3
/
1
/
/
/
/
/
19
/
/
2
/
/
2
/
2
1
/
5
/
/
2
/
/
/
/
/
/
/
10
36
45
60
16
2
159
28
60
50
89
70
9
16
43
49
24
9
4
2
18
12
483
/
15
9
3
1
28
/
10
1
4
/
2
/
3
/
4
/
1
/
/
2
27
scorsivi ( 483 ).
La percentuale di frequenza più alta spetta al segnale di difficoltà e≥ : 89 volte lo
troviamo nelle nostre registrazioni con una percentuale del 18,42%; tra le parlanti è R1 che
ne fa maggiormente uso: 32 volte. Catalogato come segnale discorsivo di difficoltà o di
indecisione, ci saremmo aspettati di trovare una percentuale più alta in R2, la parlante che
fa registrare la più alta percentuale di pause ( 17,61% del totale ), invece in R2 ricorre solo
4 volte con una percentuale del 2,51% del totale.
Seguono la congiunzione avversativa però con il 14,49% ( ricorre 70 volte ) e l’avverbio o congiunzione poi con il 12,42% ( ricorre 60 volte ) usato in varie accezioni, tra le quali
la più frequente è quella di riempitivo.
Tra i segnali analizzati nel precedente capitolo perché considerati tra i più utilizzati,
64
ci siamo soffermati su insomma, va bè, diciamo che registrano delle frequenze bassissime rispetto alle aspettative. Ancor più sorprendente è lo scarsissimo utilizzo di niente segnale
discorsivo usato solitamente come segnale di sospensione di fine enunciato o come segnale
di difficoltà. Ricorre solo 2 volte in due parlanti del I Gruppo.
* Variabili a confronto
Mettendo a confronto le variabili età ed area geografica notiamo che i due gruppi si
servono in diverso modo dei segnali discorsivi: essi ricorrono 406 volte nel I Gruppo con
una media di 50,73 per parlante; 63 volte nel II Gruppo con una media di 21 per parlante.
La differenza è talmente marcata che ci spinge ad affermare che i segnali discorsivi ( quelli
da noi presi in considerazione ) rientrano tra le caratteristiche generazionali e diatopiche
delle nostre parlanti.
Anche in questo caso registriamo i due picchi ( massimo e minimo ) in due parlanti
di due differenti gruppi; i segnali discorsivi ricorrono 70 volte in R1 ed R3, solo 10 volte in
R11, a conferma di quanto si diceva poc’anzi. Lo stesso dicasi per la frequenza dei segnali
di pausa: il picco massimo lo troviamo in R2 in cui ricorrono 32 volte, il picco minimo in
R11 in cui ricorrono 2 volte.
I segnali di pausa dicono di una percentuale altissima tra le parlanti del I Gruppo:
82,38% sul totale contro il 16,98% delle parlanti del II Gruppo. Tali segnali vanno a
influenzare inevitabilmente la durata delle registrazioni, che come abbiamo visto non
dipende dal numero di parole proferite. Questo ci spingerebbe a concludere
che
le
parlanti del II Gruppo hanno una maggiore padronanza del linguaggio e sono più sicure
di quello che dicono, abbiamo usato il termine “risoluta”; infatti non hanno bisogno di
fermarsi tanto per riflettere sul cosa dire. Ma ciò potrebbe essere legato anche alla cura che
mettono nella pianificazione del discorso, questione già affrontata nel precedente capitolo:
le giovani studentesse tendono più a mostrarsi come parlanti corrette, rispettose delle
regole grammaticali e quindi pongono più attenzione a quello che dicono; le casalinghe del
II Gruppo sono più spontanee e dicono ciò che pensano all’istante, senza pensarci, per cui il
parlato risulta più fluente.
65
3.1.3 Tabella delle frequenze dei deittici
Principali deittici e locuzioni deittiche ( oggi, un anno fa, l’altro ieri, dopodomani, più in là,
davanti a me, nomi propri e comuni di persona, ecc. )
I termini cosiddetti deittici sono stati usati 266 volte, di cui 112 come avverbi o
locuzioni di tempo, il nunc di cui si è parlato nella trattazione. Una lettura per riga ci porta
ad affermare che i deittici temporali sono i più numerosi; una lettura per colonna ci dice che
la parlante che ne fa maggiore utilizzo è R7 ( 40 volte ), ma chi utilizza maggiormente i
deittici temporali è R3 ( 19 volte ).
Tabella 5
Evento
R1
R2
R3
R4
R5
R6
R7
R8
R9
R10
R11
TOT
Personali
7
4
11
6
2
1
19
9
19
9
9
96
Deittici e
locuzioni Temporali
deittiche
15
3
19
6
7
7
16
15
5
9
10
112
14
/
4
5
6
3
5
10
8
1
2
58
36
7
34
17
15
11
40
34
32
19
21
266
Spaziali
TOT
L’alta percentuale di frequenza si spiega sulla base del discorso che facevamo durante la trattazione sull’organizzazione testuale del monologo. Tali elementi servono alla situazione comunicativa nella misura in cui è stabilito il patto tra parlante e interlocutore o
tra parlante e ascoltatore sulla condivisione del momento dell’enunciazione, del luogo,
delle persone.
La lettura della tabella 5 ci spinge a considerare, oltre alle frequenze più alte, l’assenza di deittici spaziali in una sola parlante. Non riusciamo a trovare una giustificazione
plausibile a ciò: l’importanza del rimando al luogo d’enunciazione è la stessa del rimando al
tempo o alle persone citate. Non è spiegabile neanche se ricerchiamo il motivo
nell’argomento trattato, in R2 come in tutte le altre parlanti è pressochè lo stesso: rimandi
a situazioni presenti e passate del proprio vissuto.
66
* Variabili a confronto
Nel I Gruppo si contano 194 termini deittici, con una media di 24,25 per parlante.
Nel II Gruppo i deittici ricorrono 72 volte con una media di 24 per parlante. Abbiamo già
affermato che l’utilizzo di tali termini o espressioni, non è legato alla variabile età né
quanto meno all’area geografica di appartenenza; sono usi che appartengono al linguaggio
comune. L’uniformità dei risultati ottenuti è la conferma di quanto diciamo. Uniformità che
si riscontra anche nella frequenza massima e minima nell’uso dei deittici, qui rilevata tra le
parlanti del I Gruppo ( 40 in R7; 7 in R2 ).
3.1.4 Tabella dei Forestierismi e dei termini “tecnologici”
In questo quadro è riassunto l’utilizzo di quelle parole o espressioni prese in prestito
in italiano da altre lingue. Ne abbiamo parlato nel Cap. II par. 2.2.3 p. 53; vediamo come
sono distribuiti, in termini di frequenza, tra le 11 parlanti.
Tabella 6
Forestierismi
( termini legati
alla moda, alla
tecnologia, alla
culinaria ecc. )
R1
R2
R3
R4
R5
R6
R7
R8
R9
/
1
1
1
/
1
3
1
/
R10
R11
TOT
/
/
8
* Variabili a confronto
Facile ipotizzare il risultato di questa analisi; i termini presi in prestito dalla lingua
italiana, maggiormente legati al mondo moderno ricorrono solo nelle registrazioni del I
Gruppo, anche se con frequenze molto basse rispetto a quello che ci saremmo aspettati. 8
sono i termini registrati, dunque con una media di 1 per parlante nel I Gruppo; ma come si
può notare non in tutte ricorrono. Tutti i termini sono anglicismi, tranne routine che
troviamo in R7 che si ascrive tra i francesismi.
67
La varietà generazionale in questo caso è ampiamente dimostrata come variabile di
divergenza tra i due gruppi.
3.1.5 Tabella del dittico pausa-i.d.i.
In questo paragrafo analizziamo la frequenza del dittico pausa-i.d.i, considerato
come una costante delle registrazioni. A questo proposito, premettiamo che raro è stato il
ricorso alla pausa lunga, per cui ci si riferisce quasi sempre alla pausa mediana seguita
dall’intervento dell’intervistatore.
Tabella 7
Parlante
R1
R2
R3
R4
R5
R6
R7
R8
R9
R10
R11
N°
2
/
1
2
/
2
/
1
/
2
/
* Variabili a confronto
La frequenza è significativa se si considera che il nostro intervento non compare mai
in R2, R7, R9 e R11; in R10 gli unici due interventi seguono una pausa mediana, in R1 e
R6 il rapporto è rispettivamente 5/2 e 6/2. L’unica eccezione si evidenzia in R4 dove i 10
interventi dell’intervistatore solo in due casi seguono un pausa lunga o media.
Non ci appaiono influenti qui le variabili in considerazione. La maggiore o minore
difficoltà nella parlata, di cui le pause sono un indice, non è legata né all’appartenenza
all’area geografica, né all’età, né quanto meno al titolo di studio.
68
2. CONCLUSIONI
3.2.1 In conclusione
In epilogo al nostro lavoro teniamo a specificare alcuni aspetti che l’hanno
caratterizzato. In primis la complessità di un simile lavoro è spesso emersa durante lo
sviluppo della ricerca e ci ha spinto a decidere, ad effettuare delle scelte. Scelte e difficoltà
di varia natura come la disponibilità o la selezione dei soggetti adatti per i nostri scopi; le
modalità di raccolta dati e di trascrizione; le convenzioni legate alla situazione e al
contesto; i giusti ed efficaci metodi di sensibilizzazione dei soggetti ecc. Talvolta ci siamo
chiesti se quanto avevamo deciso fosse la strada migliore da percorrere: un momento
piuttosto che un altro, una registrazione cancellata con conseguente ripresa, un soggetto
piuttosto che un altro, il nostro intervento se opportuno o meno e così via. Problematiche
legate alle tecniche e alle modalità di rilevamento, agli strumenti, alle disponibilità.
In merito all’analisi successiva alla raccolta dei dati, specifichiamo che le conclusioni
a cui siamo arrivati non hanno affatto la pretesa di essere assolute; il campione che abbiamo
avuto a disposizione era relativamente contenuto e infatti in alcune circostanze non
abbiamo potuto confermare le regole che ci provenivano dagli studi sul linguaggio e dalle
ricerche in merito su campioni di parlanti ben più ampi. In più, la scelta delle variabili è
stata decisa al momento e suggerita da criteri arbitrari, effettuata avendo a disposizione
un’ampia gamma in cui comparivano varietà legate allo stato sociale ( varietà diastratica
), al genere ecc.9
Dunque è la nostra una ricerca guidata in un certo verso: volevamo verificare, in
scala ridotta, i termini di divergenza di due diversi gruppi di parlanti divisi dall’età e
dall’ambiente in cui si è immersi. Come dicevamo, le conclusioni a cui siamo arrivati, analisi
dei dati qualitativi e quantitativi ottenuti, non sono assolute, ma indicative di una tendenza
prevalente negli ultimi tempi di certo linguaggio. Seguendo gli studi più accreditati, abbiamo comparato i nostri dati con quelli risultati da varie ricerche di socio-linguistica,
verificando l’attendibilità o l’eccezione di quanto raccolto. Un lavoro impegnativo quanto
accattivante, che ci ha coinvolto e appassionato.
9
Sulla questione delle varietà linguistiche e delle variabili legate al contesto, gli studi più importanti ci
provengono da Berruto ( cit. 1980, 2000 ) e da Bazzanella ( cit. 2007 ) testo quest’ultimo di recentissima
pubblicazione che raccoglie e riassume puntualmente il bagaglio di studi precedenti.
69
Ad una conclusione sicura e indiscutibile però ci sentiamo di arrivare: quando si
parla di linguaggio non bisogna farsi trasportare dall’esigenza di formulare definizioni o
assiomi, non bisogna farsi spingere dal “velleitarismo di stabilire regole rigide” come
dicevamo nel precedente capitolo ( Cfr. Cap. II, par. 2.31 pgg. 58-59 ). Il linguaggio è un
fiume in continuo movimento che durante il percorso incontra rapide, restringimenti e
allargamenti degli argini, ostacoli, periodi di piena e periodi di secca. Abbiamo svolto la
ricerca consapevoli delle difficoltà e non siamo mai caduti in questa tentazione.
70
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Turchetta B., La ricerca di campo in linguistica, Carocci, Roma, 2000
Zuczkowski A., Strutture dell’esperienza e strutture del linguaggio, CLUEB, Bologna, 1995
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ALLEGATI
LE REGISTRAZIONI
Legenda
…
≈
≈+
≈++
₪
≥
☺
?
i.d.i.
- Brevissima incertezza tra una parola e l’altra
- Pausa breve ( 1-3 secondi )
- Pausa mediana ( 3-5 secondi )
- Pausa lunga ( più di 5 secondi )
- Incertezza. Emissione di un suono non riconoscibile con nessun grafema.
- Strascico sulla lettera in fondo alla parola.
- Sorriso
- Parola/e incomprensibili
- Intervento dell’intervistatore
Registrazione n°1 ( R1 )
Nome – Simona
Età – 22
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Cosenza
Registrazione effettuata a – Trento
Data – maggio 2007
Durata – 8’ 30’’
Allora, esattamente quattro anni fa, mi sono diplomata.. perito chimico.. e≥ ho frequentato due anni di.. di università alla facoltà di Farmacia… però≥ … avevo presentato .. ₪ domanda per≥ ≈+ e≥ per≥ … insegnante tecnico-pratico nelle scuole superiori, nella provincia di Trento, domanda di insegnamento. Non mi aspettavo che≥ arrivasse la chiamata,
dopo due mesi che avevo presentato domanda, invece è arrivata. E≥ all’età di diciotto anni
sono… sono venuta su, e≥ a 1200 chilometri di distanza da casa mia…. e≥ è stato difficile
soprattutto il primo mese, il primo anno che sono venuta qui, il primo mese. Anche se avevo un appoggio, comunque≥ st… abbastanza stabile dato che è qui mia zia, qui a Trento.
Però è stata dura lo stesso, e≥ sono andata avanti, con l’aiuto≥ ≈+ dei miei zii, ma anche
di alcune persone che ho incontrato qui, di nuovi amici. E≥.. il lavoro che faccio mi piace,
anche se per la mia età… e.. ho dovuto superare diversi ostacoli.. difficili. E≥.. ogni volta
che c’era un problema, ho dovuto sempre gestirlo da sola, se andava bene ≈ ero contenta,
se andava ma.. andava male mi≥.. mi riprendevo e dovevo comunque cavarmela da sola.
E≥… sono comunque contenta di.. di aver fatto questa esperienza; adesso insegno da quatII
tro anni, e≥ ho raggiunto una maturità che prima… che prima non avevo. Però ho dovuto
rinunciare a… tante cose: ho dovuto rinunciare alla mia famiglia, che comunque vedo soltanto tre volte all’anno, ho dovuto rinunciare ai≥… comunque.. ai miei amici, che non vedo
più, i miei amici d’infanzia, le persone con cui comunque sono cresciuta. Ho dovuto lasciare il mio ragazzo, che è giù, però≥ ≈ qui ho trovato alcune persone, poche ma buone, che
mi hanno… che mi hanno aiutato, e≥ ≈ l’ambiente della scuola, comunque è difficile, difficile, pesante, però… comunque molto gratificante; e≥.. mi sono trovata bene, ho lavorato
con persone che≥… che mi stimav… che mi stimano ancora oggi, e che… comunque si è
stabili… si è instaurato tra di noi un rapporto… e≥ di complicità, di rispetto reciproco, e≥..
è strano trovarsi dall’altra parte, dopo quattro anni, perché.. prima studente, adesso invece… docente. Però≥ ripeto che è stata un’esperienza che.. rifarei, e alla quale non rinuncerei per niente al mondo, anche se ciò mi costa.. mi costa tanto. ≈ e≥ ho imparato a vivere
da sola, perché fino a quattro anni fa pesavo… comunque sui miei genitori, non ho mai
avuto problemi di.. di denaro, mai problemi di pagare… affitto, bollette, spese o cose varie.
E≥ ≈ adesso invece… e.. in un ambiente diverso come, comunque il Trentino, e≥… e gestire spese che comunque sono mie, come l’affitto della casa, spese mese per mese, bollette
e cose varie, ho imparato anche.. e ho capito che cosa significa… guadagnare… e che ☺.. e≥
gestire i soldi comunque.. tuoi. E.. c’è.. e ₪ rinunciare anche a≥… a tante cose per poter
arrivare alla fine del mese con.. dei soldi da parte. Almeno per≥ le cose che ti possono servire. E≥… sono maturata tantissimo in questi anni… e≥.. un’esperienza.. e forse soprattutto... la regione Trentino che so.. mi ha aiutato di più, perché è una regione un po’ particolare rispetto alle altre, con i diversi statuti che ha… e≥ ≈ e in questa regione comunque,
anche se non è la mia regione e abituarsi è.. difficile, è difficile anche per≥… nuove conoscenze, anche fare amicizia con le persone del luogo, però comunque è una regione che mi
ha dato tanto. E≥… perché comunque alla fine mi sono trovata bene; passerò ancora qui
credo… anni, parecchi anni di… della mia vita, però un indomani credo di.. spero, di tornare a casa e≥ ≈+ niente ☺ [ i.d.i. ] qui in Trentino.. allora.. e≥ ho trovato.. di più rispetto
alla mia regione, per quanto riguarda le ricchezze dal punto di vista culturale, e≥ paesaggistico e tutto il resto, però di meno per quanto riguarda e≥ i rapporti personali. E.. con.. con
le persone che.. del luogo è difficile instaurare un rapporto… e.. infatti gli amici che io ho
qui sono… sono tutti meridionali, essendo anche io meridionale, venendo dalla Calabria.
Le persone che ho conosciuto, le persone con cui ho instaurato dei.. dei rapporti veri
sono… sono meridionali anche loro. Poche sono le persone del luogo con cui ho fatto amicizia. E≥ poi una cosa che qui… ₪ non mi piace, essendo abituata al.. al clima del mare, al
caldo e≥ la temperatura… temperature forse un po’ troppo esagerate per noi ≈+ [ i.d.i. ]
nel complessivo giudico questa esperienza di vita e di lavoro, perché sono qui per lavoro,
positiva, positiva per me in prima persona, e credo anche per gli altri, per le altre persone
che mi… che mi circondano, che mi stanno.. dietro, come la mia famiglia, che sono orgogliosi di me, e io orgogliosa di… di me stessa. E≥.. un’esperienza che rifarei… tranquillamente. [ i.d.i. ] allora… il distacco dalla mia famiglia quattro anni fa è stato≥ pesante, dura soprattutto per loro, vedere una… una figlia di diciotto anni che va via di casa… e≥… è
stata difficile, come situazione soprattutto per… per mia mamma, e≥ però adesso.. sono
loro i primi a dirmi che devo andare avanti, che.. la lontananza non mi deve≥… non devo
aver paura della lontananza, non mi deve fermare, non devo rinunciare al mio lavoro per
tornare giù, e≥ perché comunque anche se loro sono distanti, sono vicini a me, quindi
non… anche se le vedo, li vedo soltanto tre volte all’anno, però è come se≥ … se loro fossero
qui vicino a me. [ i.d.i. ] adesso è quasi un’abitudine stare qui. Mi sono quasi abituata, non
completamente, però quasi abituata a vivere… qui. Mi trovo bene. [ i.d.i. ] le mie prospettive di vita sono≥… trovare un futuro qui, nel senso≥ … avere un’immissione in ruolo qui
nelle scuole e poi≥ ritornare giù… in Calabria da me. Avere il posto giù e… poter formare
una mia famiglia, giù nella mia… nella mia terra, vicino ai miei genitori e ai miei amici.
III
Registrazione n°2 ( R2 )
Nome – Alessia
Età – 20
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Vicenza
Registrazione effettuata a – Trento
Data – settembre 2007
Durata – 5’ 04’’
Dunque, quand’ero piccola sognavo di diventare una cantante famosa… ≈ ₪ la musica
infatti è sempre stata la mia passione. Ricordo che passavo le ore intere a ballare nella mia
camera… ≈ cantando a squarciagola tu…, i testi di tutte le canzoni che mi venivano in
mente. Da, dai cartoni animati…, per esempio adoravo Cristina D’Avena, che all’epoca per
me era davvero un mito… ai più svariati cantanti di musica italiana ad esempio Jovanotti,
Laura Pausini… c’era un gruppo… ₪ i Neri per caso. Adesso non, nemmeno esistono più,
credo… ₪ all’epoca ricordo che mi piacevano tantissimo. Alle scuole medie poi, imparai a
suonare il flauto traverso e il pianoforte addirittura… perché ero così convinta che sarei
diventata una cantante che… appunto pensando al fatto che… se avessi imparato a suonare
qualche strumento… avevo qualche possibilità in più. E poi mi piaceva l’intonazione della
mia voce e tutt’oggi mi piace la mia voce. C’è stato un periodo che addirittura volevo farmi
insegnare da mio padre a… suonare la chitarra visto che… ₪ la suona ormai da anni lui.
Anche se in realtà… ₪ mio padre ha sempre voluto che io diventassi un’infermiera ≈+ più
insisteva su sta cosa e più sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso che.. ₪ ho
sempre.. ₪ il mio carattere mi ha sempre portato ad essere ≈+ diciamo… un po’ ribelle
ecco! E poi…₪ difatti così è successo anche per il calcio, ad esempio ricordo che lui voleva..
una figlia interista… come poi il resto della famiglia…₪ è interista. E invece poi, poveraccio, si è ritrovato una… una juventina sfegatata. Eh.. alla fine, alla fine non sarò né un’inferriera e non sarò tantomeno una cantante… se penso a quei tempi… mi vien da ridere nel
senso che erano tempi spensierati in cui… ₪ spess.. uno immagina che anche l’impossibile
può succedere. Poi… poi col passare del tempo appunto… il sogno.. diciamo così… eh, questo sogno è svanito; ti svegli e ti accorgi che invece in realtà.. devi puntare a portarti il piatto diciamo.. sulla tavola e magari alle spalle con venti anni di studio senza tregua. Altr… altro che musica poi! ≈ e così ora mi ritrovo praticamente a… a frequentare il terzo anno di
servizio sociale, con la speranza magari… che ne so, di diventare un’ottima assistente sociale in futuro. ≈ Eh… almeno, almeno ce la metto tutta. Mi piacerebbe lavorare nell’ambito psichiatrico ad esempio, o magari… in.. in servizi per minori, visto che.. ₪ anche in passato ho avuto la possibilità di… di sperimentarmi in questa cosa qui, nell’ambito comunque
di… un servizio di volontariato. ≈ Finora.. ₪ ho avuto… per quanto riguarda questo ambito
dei servizi alla persona, ho avuto la possibilità di… sperimentarmi nell’ambito degli anziani
ad esempio, oppure in quella… nell’area materna-infantile, in particolare in consultorio familiare. Eh ho fatto appunto alcune piccole esperienze… in comunità minorili ≈ come
volontaria, affiancavo un’… l’educatrice di questa comunità. ≈ L’ambito delle dipendenze
invece sia.. che siano esse da al… sia da alcool che di stupefacenti invece mi spaventa. Anche se poi magari che ne so… nella vita mai dire mai ≈ tutto può succedere. Intanto… intanto… pensiamo a laurearci, a trovare un posto di lavoro valido ≈ vis.. visti tutti i sacrifici
IV
che facciamo e poi con l’esperienza e il passar del tempo… si vedrà. ≈++… ₪ Anche se noi
giovani purtroppo… conviviamo con il timore del lavoro precario, per quanto si studia, infatti, non è.. non è affatto detto che si riesca a trovare un lavoro altrettanto valido e… e soprattutto a lungo termine. ≈+ …₪ non credo siano tempi felici quelli in cui viviamo oggi
…₪ ad ogni modo… ad ogni modo ce la mettiamo tutta. Ricordo ad esempio che mio nonno
diceva spesso che… bisogna puntare al massimo per trovarsi bene, e… e sinceramente pe…
mi sa che proprio che aveva ragione.
Registrazione n°3 ( R3 )
Nome – Evelyn
Età – 22
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Trento
Registrazione effettuata a – Bressanone (BZ)
Data – giugno 2007
Durata – 8’ 39’’
Allora, la mia famiglia, in casa ci siamo io, il mio papà e mio fratello… e viviamo assieme
e mio fratello più piccolo va alle superiori. Però più piccolo d’età ma non… non più
fisicamente. Eh… poi lui è sempre, vuole sempre giocare, scherzare così solo che… è molto
più forte di me e quindi… mi≥… riesce sempre a bloccarmi, a fermarmi, non mi lascia
andare se devo andare in camera. Mi ferma, se… mi ruba le cose così… a scuola e di… è
molto bravo. Anche se… è un po’ come me, non è che studi moltissimo, però gli vengono le
cose ≈ molto facili. In casa invece, non vorrebbe mai far niente, non vuole pulire così… e
allora che so fà… venire il nervoso eh ≈ mi fa incazzare insomma! Eh… il mio papà è in
pensione, però continua con delle collaborazioni così, quindi ha sempre un sacco di cose da
fare, sia in casa con le… faccende domestiche, sia… sul lavoro. E la… gli vorrei aiutare un
po’ di più però sono molto impegnata anch’io quindi non è che riesco poi molto. Poi ho due
sorelle più grandi, tutte e due sposate, e… una abita vicino a casa, quindi è anche bello
perché comunque passa spesso, e… viene a trovarci, la sentiamo, poi ha due≥… ha due
figlie, io ho due nip.., quindi due nipotini. Eh ≈ quindi è anche bello ₪ vedere quando
vengono; poi i nipotini son troppo forti; il più grande è fuori di testa ☺ ha appena due anni
ma continua a parlare, non sta mai zitto, deve sempre raccontarti qualcosa così; e il
piccolino non.. non sta lì ancora a gattonare però è sempre in movimento e prenderlo in
braccio è una fatica e quindi, da.. continua a saltare, come lo metti in terra rotola,
…………… dobbiamo sempre corrergli dietro. Invece l’altra mia sorella, eh… da poco si è
trasferita, per cui ≈ mi è dispiaciuto un po’ perché comunque… è più lontana, poi lei fa un
lavoro ≈ dove… lavora molte ore, così, quindi non è che ha la possibilità di venire a
trovarci. Adesso però è incinta anche lei, e… quindi è a casa e quindi… ogni tanto si fa
sentire, poi ha molto tempo libero, quindi ci chiede sempre: “cosa hai fatto? Posso venire a
pranzo?” così; quindi per adesso… nonostante sia andata ad abitare in un posto lontano, è
comunque… abbastanza presente. ≈ e… poi c’è il mio ragazzo… e stiamo assieme da un
sacco di tempo… la nostra storia è sempre stata un po’ per me… una fatica per il fatto delle
distanze, ché lui ha sempre abitato in un posto lontano, poi quando ci siamo messi insieme
eravamo anche abbastanza piccoli, quindi non è che potevamo ≈ non è che potevamo…
vederci spesso, ad esempio i primi anni che eravamo assieme, il suo regalo di compleanno
V
era poter venire a trovarmi. ( ? ) niente, non poteva venire a trovarmi un pomeriggio. E…
adesso che siamo cresciuti e magari abbiamo un po’ più di possibilità, lui ha dovuto andare
via a studiare; fa una scuola che qui non c’è… e le.. e questo mi è costato molta fatica,
accettare il fatto che lui dovesse andar via, però l’ho… l’ho proprio spinto.. anche a≥… a
andare avanti, a portare avanti questa scelta e coltivare questa sua passione. Perché son
convinta che se uno non.. non fa le cose che gli piacciono, non coltiva i propri interessi, e…
nella vita sarà sempre scontento insomma. Almeno magari non so se riuscirà… a sfondare
o ad entrare in quel campo lì, però perlomeno potrai dire: “c’ho provato, ho visto che non
ero all’altezza”, non gli rimarrà un… un rimorso. [ i.d.i. ] Al di là delle… degli studi io ho un
sacco da fare; faccio, adesso lavoro, sono educatrice in una cooperativa... e… per minori; è
un lavoro che mi piace, però è un lavoro anche che… richiede tanto, non è che puoi…
quando torni a casa, di dire: “va bé io ho finito le mie ore”, qui non puoi chiudere,
insomma ti vengono in mente le storie dei bambini, ti vengono in mente… e… magari
quando ti hanno fatto ridere, oppure quando ti hanno fatto arrabbiare. E… ti vengono in
mente i loro genitori ≈ e ₪ e senò cerchi sempre un po’ di ≈ si, ci resti anche un po’ nella
testa no, in tutto, in tutto quello che fai, e non riesci ≈ per loro sogni, speri qualcosa di
bello, una vita normale, un… un futuro sereno e così, invece, poi l’ambiente così [ i.d.i. ]
Ah.. un po’ tutti e due, nel senso che… durante la mia vita penso sempre al lavoro, poi al di
fuori comunque io faccio volontariato, eh… come, sono un gruppo di ragazzi che fanno
formazione per bambini e fanno dei lavori per sostenere delle missioni. E quindi l’idea
educativa, così.. i bambini.. cioè è sempre comunque presente un po’ nella mia vita; anche
il fatto di accettare questo lavoro, anche se non ho bisogno, rimane un po’ il mio desiderio
di stare con i bambini… il mio ruolo≥ educativo… che non è solo quello dell’insegnante ma
può essere insomma, anche quello, sia dell’animatore che dell’educatore [ i.d.i. ] si… ho..
ho il desiderio di fare bene… di diventare un.. una maestra, una brava insegnante ≈ ₪ non
come le insegnanti che ho avuto io, poi mi spaventa un po’ perché non se≥ sarò all’altezza,
perché sono un po’… disorganizzata, disordinata e.. invece, insomma l’insegnante deve
essere anche molto preci- sa, deve sapersi organizzare bene il lavoro, dividersi le cose… e≥
però proprio riuscire a fa- re una scuola che piaccia ai bambini, che li diverta, e che≥..
siano.. contenti e che sia anche utile, cioè non.. veniamo solo a fare delle belle cose ma
facciamo qualcosa che ci serve, impariamo qualcosa. ≈+ [ i.d.i. ] ho viaggiato, non
moltissimo, però mi piacerebbe un sacco… l’ultimo viaggio che ho fatto è stato a..
Budapest, e sono andata con≥ dei miei amici… e col mio ragazzo, è stato bellissimo.
Siamo… è stato un viaggio avventuroso, perchè era al super risparmio, quindi abbiam
fatto≥ un viaggio in treno infernale… di notte, ci han chiesto i documento otto volte,
continuavano… c’era il riscaldamento, siamo arrivati al caldo, spegnevano, siamo arrivati il
freddo e… siamo arrivati lì che eravamo stravolti, non abbiamo dormito niente. L’albergo
all’inizio sembrava una catapecchia, ( ? ) ci siam presi un infarto ☺ pensando che ci
avessero preso in giro, perché avevamo≥ ordinato via Internet, e invece… poi era anche
carino, poi… è stato bellissimo l’intera città. Poi io… volevo una seconda visita, volevo
veder tutto, avevo sempre la guida in mano, che tutti i miei amici, dopo un po’… ☺ me li
cantavan dietro perché≥ se non riuscivo a veder tutto rimanevo male. Dicevano be..
“stiamo in vacanza… bisogna anche≥ esser contenti di quello che abbiamo e.. e anche
divertirsi.” Poi anche due erano una coppia, è stato bello andare con loro, perché ins…
abb… unito anche.. in relazione le due, le due cose [ i.d.i. ] da sola si, un viaggio così
lungo si. Poi dopo sono stata a≥… invece a Parigi, a Berlino, però sempre con la famiglia.
Allora lì sei sempre un po’ un… pacco più o meno trasportato. La cosa bella di sto’ viaggio è
stato anche vedere che≥… siamo riusciti a organizzarci, siamo riusciti a≥ trovare≥ tutto, a
spendere anche poco, a divertirci, a vedere≥… e≥, era anche un po’ la prima volta che
provavamo noi quattro… una cosa così, invece abbiamo visto che se ci impegna- mo,
riusciamo anche dove vogliamo.
VI
Registrazione n°4 ( R4 )
Nome – Wanda
Età – 22
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Trento
R. effettuata a – Bressanone (BZ)
Data – giugno 2007
Durata – 6’ 11’’
Allora… e≥… quand’ero in quarta… in quarta liceo, sono andata a… a Barcellona in gita,
e≥… ho trovato una realtà che è completamente diversa dalla mia, che vengo da un paesino
di montagna abbastanza chiuso, piccolo, e≥… siamo in pochissimi abitanti. Sono arrivata
lì e… e c’era diciamo il mondo no! A differenza di quello… di quello che.. che c’è… che c’è da
me. E≥… sono stata una settimana, cinque giorni, però penso di non essermi mai divertita
così tanto… e≥… durante quel periodo, diciamo. Anche perché ero in una classe di tutte
donne, tutte… sai… tutte≥… ☺ non mi viene la parola… un po’… di… mai unite, sempre ≈
[ i.d.i. ] o.. esatto… ognuna per i fatti suoi, hhh… un po’ di rivalità… un po’ di≥… si… no..
non c’è.. esatto, invidia, gelosia, non c’è mai stato un… un bel clima, un bel rapporto, a
parte con una mia compagna che però non era venuta in gita, quindi ero partita un po’ prevenuta… e.. però devo dire che mi sono trovata molto bene anche perché siamo andati con
un’altra classe in cui c’erano dei miei amici così che conoscevo… e≥ hh.. e lì è stato bellissimo, perché… siamo andati a vedere un sacco di cose, il clima nonostante fosse aprile era
bellissimo, a differenza de… dalle mie parti diciamo… e≥ ≈ [ i.d.i. ] ma certo ☺ tornerei…
domani ≈ di… estremamente particolare, secondo me, rispetto alle nostre parti è che la
mattina non gira un cane, cioè noi alle nove prendevamo e andavamo per musei pe… e non
c’era ta.. non c’eran persone, non ce n’eran tante. Cioè si qualcuno probabilmente turisti
ma non incontravi… [ i.d.i. ] no no no no era aprile, però… e≥ la sera, cioè tipo una sera
ci han lasciato andare in discoteca così, torniamo alle quattro. Beh c’era… una marea di
gente, mai vista g.. tanta gente a quell’ora in giro… bellissima. A parte che era una delle prime volte che tornavo a quell’ora e a casa non… non lo faccio neanche adesso.. da un po’.
[ i.d.i. ] cinque giorni [ i.d.i. ] no no ☺ c’era questo viale gigantesco che era la Rambla no,
che ci portava da, dal nostro albergo alla città proprio. E.. e≥ era piena di artisti da… di
strada, i mimi, e≥ c’erano dei clown, c’era un po’ di tutto, e.. c’era una.. tipo una zingara
che faceva le carte, allora c’era una ragazza della mia classe voleva andare a farsi fare le
carte ma i nostri professori gliel’hanno impedito in modo abbastanza brusco…. Inoltre io
ero in camera con due delle mie compagne di classe e una sera.. siamo.. rientrate un po’
tardi, e.. andando in camera si vede che abbiamo fatto un po’ di… un po’ di rumore così, il
giorno dopo volevan mandarci via dall’albergo ☺ cosa che… ci ha lasciato un po’ così.. hh..
il nostro professore è andato giù lui a parlare, diciamo ha messo a posto le cose. Però dai.. è
stata un’esperienza un po’ particolare; siamo andati anche al… Camp Nou di Barcellona, e≥
appassionata di calcio come sono mi è molto… mi è molto piaciuto. [ i.d.i. ] si, si, ti ho già
detto che… domani [ i.d.i. ] no, cioè.. no.. cioè.. io non… non è che sono mai andata tanto
in giro nel senso anche in Italia, e mi ha.. mi ha colpito tantissimo l’acquario che c’è a Barcellona, m’han detto che quello di Genova tipo è il triplo, però non… non l’ho mai visto. Infatti mi piacerebbe molto andarci, perché… veramente è un posto fantastico; cioè… e passavi in mezzo a queste vasche con i pesci che ti giravano in.. da tutte le parti, bello. [ i.d.i. ]
VII
si, ma mai una gita fuori dall’Italia, da Roma in… si.. no.. a dir la verità ero andata in Austria in terza media, però… in Austria si, a Salisburgo e.. era bello mio Dio, era la prima
volta che stavo via a dormire. Però ≈ niente di≥… di entusiasmante diciamo. Poi ero più
piccola, forse vedevo anche meno le cose così.. però in Austria è un po’ come esser qui,
cioè… [ i.d.i. ] può darsi si.. cioè.. probabilmente mi organizzerei in modo diverso; penso
che organizzerei io quello che voglio andare a vedere, quello che vorrei fare… esatto, poi
magari fare i… che ne so, tipo un tour… per le… le varie città. Mi piacerebbe comunque tornare in Spagna bella, bellissima; poi abbiamo visto tra l’altro, una Spagna in miniatura no,
c’è anche un’Italia in miniatura che non ho mai visto, a Rimini… e infatti magari quest’estate… e… e c’è praticamente questo… questo posto dove ci sono delle case costruite≥… pi..
case piccoline, casette, fatte ognuna su.. su uno stile delle diverse regioni della Spagna:
casa catalana, casa… basca… la… bellissime perché poi vedi… anche la.. la differenza abissale diciamo tra un posto e l’altro. Bello, molto bello. E≥.. e infatti mi piacerebbe andare
qui però e≥ ₪ dovrei.. convincere il mio ragazzo perché ☺ da sola non ci vado, e≥ magari vado un altro anno se vado al mare con qual… quando mi laureo… se vado al mare con
qualche mia amica magari.. andrò lì.
Registrazione n°5 ( R5 )
Nome – Jasmine
Età – 21
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Bolzano
R. effettuata a – Bressanone (BZ)
Data – settembre 2007
Durata – 9’ 01’’
Allora… ti racconto un po’ il mio percorso scolastico. Allora, ho fatto le elementari a Laives
≈ e≥ dal.. 90’ al 96’ ≈ e≥… cinque anni belli e brutti. Belli perché avevo delle≥ insegnanti
abbastanza in gamba, brutti perché… spesso e volentieri mi sono trovata male con i miei
compagni… perché mi prendevano in giro, perché ero alta. Quindi mi chiamavano sempre
giraffa ≈+ e≥ abbiamo fatto parecchie gite, siamo≥.. siamo andati a… visitare parecchi castelli ≈+ e≥… poi sono venuti gli anni delle medie, sempre a Laives, ₪ in cui mi sono trovata bene… anche se lì, anche ci sono stati parecchi problemi≥… dal punto di vista relazionale in quanto c’erano… parecchie persone≥.. idiote. ≈ Anche lì abbiamo avuto diverse
esperienze≥.. fuori dall’Alto Adige… in prima media siamo andati in Spagna.. abbiamo visitato per quindici giorni la costiera meridionale… e≥ poi invece in seconda siamo andati in
Toscana ≈ abbiamo girato la Toscana [ i.d.i. ] e≥ è l’anno in cui ci hanno sospesi perché
eravamo in un convento di suore, e≥ praticamente durante le notti… eravamo fuori a salire
sui tetti, a far casino. Quindi immagina la reazione delle suore ☺ ehm≥… poi invece in
terza media, l’ultimo anno siamo andati a Roma… che è stata la gita più bella≥… di t… di
tutto≥.. di t.. di tutti gli anni scolastici. Infatti oggi a ( pronuncia il nome di un professore )
a Educazione ……………………….. ≈ ho riportato la gita a Roma ☺ perché è stata un..
un’esperienza emotiva forte e bella. Qualche ricordo che ci avevo in mente e≥ in quell’occasione siamo andati a vedere praticamente tutti i monumenti più importanti di Roma… abbiamo anche fatto una gita sempre nello stesso anno a Monaco ≈ dove abbiamo avuto
anche l’occasione di vedere il Bayern di quegli anni, perché siamo andati allo stadio a vedere la finale di Champions Bayern.. Bayern e Manchester United… e≥.. e appunto sono state
VIII
due esperienze belle.. e piacevoli. Poi è stato il momento di decidere la scuola superiore..
all’inizio spinta dalla mia insegnante di italiano avevo scelto per il liceo classico ≈ solo che
dopo… solo che dopo≥.. avevo≥.. diciamo≥ visto da vicino che questa scuola non mi piaceva per i personaggi che c’erano e anche per il curricolo scolastico che avevo avuto l’occasione di leggere. Quindi ho scelto il liceo pedagogico. E’ stata una decisione dura e sofferta in
quanto nessuna delle mie compagne delle medie non faceva il liceo pedagogico, quindi
ero.. sola tra virgolette… però questo per me non è mai stato un problema; quindi ho fatto
il liceo pedagogico, cinque anni. Inizialmente eravamo una classe.. di venti femmine e un
maschio. Poi ci siamo ritrovate in quinta che eravamo in quattordici. [ i.d.i. ] In Alto Adige… in Alto Adige vivo bene e.. anche se ho avuto un po’ di crisi negli anni delle superiori in
quanto≥.. ho avuto occasione di conoscere la realtà della Versilia, quindi mi ero molto attaccata alla Toscana… oppure anche alla realtà della Pianura Padana in quanto c’è mia zia
che ci abita, quindi ero spesso giù, avevo gli amici giù…. Però dopo≥.. diciamo che sono
maturata e… considero molto più importante l’Alto Adige.. i miei amici qui, i parenti, la
mia famiglia… e tutto quanto. Poi… la vita universitaria, come tu ben sai…, è molto scolastica, quindi vivi praticamente tutto il giorno qui, ti fai gli amici qui… vivi esperienze che
dopo≥ piacevolmente ricordi… E≥ [ i.d.i. ] come ti ho già detto la Toscana, Pianura Padana.. e≥ non ho mai avuto l’occasione di andare nel Meridione… d’Italia. Però è una cosa che
vorrei fare perché… quello che so, quello che conosco lo apprendo solo da.. telegiornali,
libri e racconti. Per vedere se è proprio vero questa differenza radicale che c’è… come viene
raccontata dalle persone meridionali che sono qui da noi… per vedere appunto≥.. proprio
come si vive, la differenza di vita proprio che c’è da qui a là. Perché comunque≥.. l’università mi ha offerto la possibilità di… di vedere che già tra… trentini e altoatesini ci sono delle
enormi differenze. Cioè, tipo noi ragazze altoatesine abbiamo di più la testa tra le nuvole,
nel senso che pensiamo a divertirci, a uscire con gli amici qua e là, invece le trentine già a
19 anni parlano di matrimonio, di figli. E≥ parlano costantemente il dialetto [ i.d.i. ] per il
momento no. ≈ E≥.. e poi questa cosa che comunque mi ha sempre colpito è il fatto che
parlano molto il dialetto, invece noi in Alto Adige, tra i giovani, almeno, non parliamo mai
il dialetto. Anche perché Bolzano come città non ha il dialetto, ci ha il tiroler che è il ted… è
il dialetto tedesco, quello≥ lo parlano anche i giovani, lo parlo anche con mia nonna a volte.
E≥ ≈ e invece il dialetto italiano è solo nella bassa atesina, Laives soprattutto… c’ha un
dialetto che assomiglia tipo al veneto. E.. è molto parlato dagli anziani, perché poi le nuove
generazioni oppure anche la generazione di mia madre non.. non lo parla; è incapace
proprio di parlare, lo capiamo però appunto non lo parliamo. Emh≥… poi altre realtà che
ho conosciuto, va bé le realtà austriache… e≥.. tedesche, perché sono andata a fare più di
una volta le.. le gite scolastiche per… per motivi di studio e anche per parenti, emh≥ è
comunque molto simile all’Alto Adige… emh≥ è molto simile all’Alto Adige soprattutto per
un aspetto che mi ha colpito che è quello del fatto che molti ragazzi giovanissimi bevono
tantissimo. E≥ ₪ è una cosa che soprattutto qui a Bressanone si nota, se esci la sera ci sono
ragazzi da… dai 14 ai 17 anni che bevono… troppo.. e troppo spesso. E≥ a questo proposito
la provincia ha cercato di.. di dare una frenata a questa cosa ₪ inserendo l’obbligo di non
distribuire più alcolici dopo le 2 di notte qua e là, però… e≥.. non conta niente perché la
gente comunque co… continua a comprare gli alcolici prima delle 2 di notte per poi berli
dopo le 2. Quindi, in questo senso, per non parlare poi del divieto di dare alcolici ai minori
di 15 anni perché alla fine non viene rispettato, anche perché ci sono.. le ragazze che
dimostrano più anni di quelli che effettivamente hanno. Io invece che ne ho 22 me ne
danno 17, quindi mi chiedono spesso la carta d’identità. ≈ Però≥ alla fine ci si trova bene,
ci sono anche quelle agevolazioni che credo che in nessuna altra parte d’Italia ci siano. E≥
e questo è buono, insomma ti permette di vivere.. bene qua in Alto Adige, di riconoscere
insomma… viviamo in un certo lusso… anche perché se dopo ci mettiamo a parlare con
gente che abita≥ anche in altre città del Nord, però≥ ci sono… diverse discrepanze
insomma
IX
Registrazione n°6 ( R6 )
Nome – Marzia
Età – 22
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Bolzano
R. effettuata a – Bressanone (BZ)
Data – ottobre 2007
Durata – 6’ 55’’
Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano precisamente…
frequento il quarto anno della facoltà di Scienze della Formazione, con indirizzo.. Scienze
della Formazione Primaria. ≈ Per la scuola primaria per l’appunto. ≈ ₪ Sinceramente…
non sono convintissima della facoltà che sto frequentando, mi ha un po’ deluso, i corsi mi
hanno deluso. Mi aspettavo qualche cosa di diverso, mi aspettavo qualcosa di più pratico, e
più… utile, alla… mia professione. E.. comunque non sono lo stesso convinta di… proprio
di voler svolgere questo… lavoro. Probabilmente l’ho fatto un po’ più per ripiego questa
università, che per altro, non per una vera e propria passione. ≈ Però… vedremo insomma, adesso termino quest’anno… i corsi e cercherò di laurearmi entro luglio. Spero di
iniziare comunque a lavorare presto proprio per… rendermi effettivamente conto se… mi
piace o meno questo genere di lavoro. ≈ Mi piacciono molto i bambini, per questo avevo
scelto di fare l’insegnante, anche se mi sono resa conto che ci sono troppe difficoltà; e…
non mi sento effettivamente pronta o capace di affrontarle… per questo… ogni tanto penso
anche a delle altre, delle alternative… come… professioni completamente diverse come
quella dell’insegnante che non hanno nulla a che fare con l’insegnamento. Ogni tanto≥…
mi viene così, l’idea di≥… scrivermi ad altre facoltà come per esempio Psicologia, come oppure≥ Storia, perché sono interessata anche ad altre discipline, altri ambiti. U.. a dir la verità, ho scelto Scienze della Formazione Primaria un po’ anche proprio per questo motivo,
perché… pensavo di≥ avere quindi una.. diciamo una.. formazione piuttosto completa, che
andasse un pò≥… in tutti gli ambiti. Quindi dalla pedagogia ma anche alla storia, geografia… proprio perché mi interessava anche, riuscire, quindi a trasmettere queste… questa
cultura diciamo ai.. bambini più piccoli. Però come dicevo, appunto, non sono convintissima, quindi ogni tanto fantastico anche su altre possibili professioni. Mi piacerebbe molto
fare la guida turistica, ho iniziato da un paio di anni a farlo , così come passatempo, come
lavoro estivo nel mio paese. E’ una cosa che mi appassiona molto ≈ altre volte penso anche
a lavori di tutt’altro genere ≈ comunque vedremo poi ne… la prossima estate… che cosa
succederà dopo la laurea, se mi chiamano subito o meno. Nel frattempo comunque ho iniziato anche a frequentare il corso per≥… insegnante, diventare insegnante anche di sostegno. Eh… perché mi sono accorta che≥ ₪ molto spesso, anche se non ti capita comunque
di fare effettivamente l’insegnante di sostegno, le informazioni che ti vengono date durante
i corsi e quello che si studia, quello che si impara è comunque molto utile per… affrontare
anche i vari problemi che ci sono in una classe… diciamo, così normalmente, anche con i
bambini tra virgolette normali, non solamente con quelli… problematici. ≈+ [ i.d.i. ] Non,
non ho mai insegnato finora e quindi effettivamente non so che cosa significhi, comunque..
o.. in questi anni di università, ho fatto diversi periodi di tirocinio, ho quindi avuto modo
di≥ ₪ vedere un po’ com’è l’ambiente, e come un insegnante generalmente si muove. Anche se, per l’appunto, ho notato, ci sono tantissime cose… ₪ tra gli insegnanti che ho coX
nociuto che non mi sono piaciute e le prendo quindi come esempi negativi per≥ nel senso…
non… cercherò io di non essere una maestra come le maestre che… mi hanno affiancato nel
ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio. ≈+ [ i.d.i. ] La mia vita futura, spero di≥
quindi laurearmi, appunto in fretta, in modo da poter cominciare qualcosa di nuovo, io sinceramente sono una persona che dopo un paio di anni inizia a stufarsi, ad annoiarsi e quindi vuole sempre cambiare, conoscere cose nuove, quindi non≥ da un lato non≥ mi aspetto
nemmeno, non mi facc…, non mi faccio nemmeno dei programmi diciamo così a lungo termine, quello che accadrà accadrà, mano a mano, se nel frattempo… avrò anche altri interessi, cercherò di coltivare anche questi altri interessi. [ i.d.i. ] Mi piacerebb… a volte si,
sinceramente mi piacerebbe spostarmi, preferirei vivere in, effettivamente in Italia, tra gli
Italiani, perché la difficoltà della lingua è enorme, non parlando e non conoscendo il tedesco quindi, cioè praticamente tagliato fuori dalla società. E quindi, appunto, mi sent… infatti quelle poche volte che mi capita di viaggiare nelle altre regioni d’Italia, mi sento più a
casa che in Alto Adige. Non ci sono i problemi di≥ comunicazione nemmeno per
comprare… un chilo di zucchero al supermercato; in Alto Adige invece già questo motivo
di… di… [ i.d.i. ] Ho visto già altre realtà, un po’ poche, cioè dic… poche ma molto varie,
sono stata in Sicilia e ho visto un modo di vivere completamente diverso dal… quello che
c’è in Alto Adige. Ovviamente ci sono i pro e i contro ₪ dell’Alto Adige mi piace l’ordine,
mi piace il rispetto delle regole, la pulizia cosa che non esiste in tantissime altre regioni
d’Italia e non riesco a tollerare. Per esempio guardo soltanto il caso del traffico, come si
guida in Alto Adige e come si guida in Sicilia… penso che non prenderei mai una macchina
in mano ☺ non mi metterei mai al volante in Sicilia, proprio perché non, non ci riuscirei.
Eh… [ i.d.i. ] se ce ne sarà occasione… si, spero di si. Non si sa mai; mai dire mai quindi…
ho avuto anche… più volte ho pensato di≥ trasferirmi effettivamente per motivi personali
in un’altra regione, e più volte ho pensato appunto che avrei potuto lavorare in un’altra regione. Fortunatamente la regione in questione era una regione che offriva molto dal punto
di vista dell’istruzione, quindi… non avrei avuto sicuramente problemi a… trovare un
impiego o≥ mi sarei… penso mi sarei trovata bene. Se ci sarà≥ modo di farlo, si senza
problemi.
Registrazione n°7 ( R7 )
Nome – Miriam
Età – 22
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Trento
R. effettuata a – Bressanone (BZ)
Data – gennaio 2008
Durata – 9’ 30’’
Eh ☺ fare monologhi non è proprio il mio forte, perché di solito io non parlo molto ma
penso molto. Penso, penso, penso tanto che alla fine faccio le mie cose, me le distruggo; come dicono a casa mia: “me le faccio e me le mangio”. E quindi vengon fuori anche di quei
casini mostruosi, perchè io poi penso un sacco di cose che poi non sono la realtà. Riesco a
confondere anche realtà e fantasia, però ☺ tutto bene. Ehmm, però non volevo parlare di
realtà e fantasia, quanto più di… di una cosa spiacevole che mi è successa ieri. Ieri sono tornata ad essere una studentessa normale, non che prima… non fossi una studentessa norXI
male, ma prima almeno avevo un… un… minimo di incarico, ero rappresentante del Consiglio di facoltà per… rappresentante degli studenti nel Consiglio di facoltà, e quindi
avevo… un privilegio e mezzo… legato a questa carica, che era quello di poter fare le stampe
in ufficio studenti e di avere ☺ la… la chiave dell’ufficio studenti. Bene, con le elezioni la
mia carica è decaduta e ieri tutto di un colpo ho avverato che, che non ho più questi privilegi, perché mi è arrivata una mail dalla cara e simpaticissima segretaria del… di facoltà
che è una grandissima rompiscatole, ma non ne parliamo, che gentilmente mi diceva: “ ciccia, consegna le chiavi al signor ₪ .. tecnico, ☺ e fallo anche in fretta” e io, tipo in cinque
minuti le ho portate lì, tanto che questo pover’uomo mi ha guardato come per dire: “ tu sei
un alieno, me le hai già portate? ” e… ha strappato sotto i miei occhi la firma che avevo
fatto, con la quale appunto≥… mi veniva dato… questo≥ questo fardello, perchè alla fine
avere una chiave dell’università è un fardello. E subito dopo, ho anche realizzato che non
potevo più stampare, avevo da stampare un.. una tesina per un… un esame e non mi
stampa proprio niente, ma non solo lì, anche in tutte le altre stampanti dell’università. ☺
allora.. da un bravissimo tecnico dei computer, il quale mi ha detto: “ ma tu non hai più
diritto di stampare ” e io: “ come non ho più diritto di stampare? ” e fa: “ no, perché tu non
hai più privilegi ” e io, sinceramente: “ tanti calci nel culo prima.. e anche adesso. ” ☺ però
vabbé è lo stesso. E.. ( ? ) questa cosa, e mentre sono passate un paio d’ore, quelle≥ insomma di routine, che si trascorrono a far nulla all’interno dell’università, e io sono andata
in crisi perché sono tornata una studentessa normale: non ho più privilegi, non faccio più
niente, mi rompo le scatole come prima a correre dietro agli studenti, che non vanno dal
loro rappresentante nuovo ma vengono ancora da me, però insomma va tutto bene, non ho
più niente ma ho solo un sacco di problemi. ☺… Se non altro pensiamo che oggi è il 30
gennaio, sono tre mesi che sto insieme al mio fidanzato che non vedo da dieci giorni, perchè casualmente è ammalato. Cioè gli uomini e le malattie sono una piaga cosmica. Perché
lui non so… ☺ non so bene come funzioni però comincia con… “Miriam, ho un po’ di mal
di gola ” e io dico: “ Roberto, attacco doppio: propoli più argotone: uno su per il naso, l’altro giù per la gola. In due giorni sei guarito ” La cosa funziona con me, con lui che non fa
questa cura no che non funziona. E quindi il giorno dopo “ e sto un po’ peggio ”, quello dopo “ sto ancora più peggio ” e.. ₪ dopo… “più peggio” non si dice, ☺ fa lo stesso. Eh.. e
dopo due giorni praticamente ha la febbre.. cioè lui è riuscito ad ammalarsi martedì scorso
e domenica aveva ancora trentasette e due. Io posso capire che il virus che gira ultimamente sia di una potenza abnorme, ma mio padre, quel sant’uomo, in due giorni l’ha sconfitto,
lui no. A ventisei anni è ancora lì, che c’ha mal di pancia, mal di stomaco, poi mi dice che..
che c’ha… c’ha male alla pancia, che però≥ fa: “ io son tutto duro ” facc.. io penso: “ Wow
che figo! ☺ ho un uomo con gli addominali di ferro! ” ☺ “ Veramente no, non sono gli
addominali, è lo stomaco che mi fa male ” Ma hey permaloso! ☺ e va bé, c’è chi può e chi
non può, lui può… e.. ☺ e io penso: “ mannaggia, ho un moroso super figo ” e invece no, ho
solo un moroso che c’ha il mal di pancia. Però venisse su questa sera, me lo auguravo di
tutto cuore, mi facesse compagnia, di potersi vedere… ma penso che non stia ancora tanto
bene, perché ieri ancora si lamentava per dolorini vari. E va bé, cosa ci volete fare! Intanto
sono passati tre mesi, tre mesi nei quali, io praticamente ho subito un sacco di cambiamenti, tutti positivi ma anche alcuni negativi, perché comunque avere il moroso vuol dire mettersi in gioco il triplo, avere una persona.. onnipresente nella tua vita o quasi, o comunque
verso la quale, che devi curare il più possibile, perché abbia ancora voglia di rimanere insieme a te, cosa che invece prima non accadeva perché davo per scontato che mia mamma
e il mio papà volevano stare vicino a me, se mi hanno dato alla luce ☺ ₪ ci sarà qualche
motivo. Non è solo l’Enel che ha contribuito, insomma ☺… si perché mi è arrivato un bellissimo messaggio per il mio compleanno che era mercoledì scorso… ☺ no, il 16, era già
due mercoledì fa. E≥ da un mio amico di Brescia che mi ha scritto, e≥ “ tre anni fa venivi
alla luce…” diamo… ringraziamo l’Helen per il contributo… qualcuno mi fa segno che è
XII
roba vecchia, io l’ho vista come una cosa super originale… gli ho detto che era un grande
perché mi ha detto una cosa così carina, ma evidentemente gli scriverò che è un brutto pezzo di cacchetta perché… ☺ mi ha scritto una cosa… riciclata! ☺ E a me non si possono
riciclare le cose, perché io sono una persona originale ☺ e soprattutto non sono una
persona ordinaria… ecco! Forse è una delle cose, tra le mie caratteristiche migliori il fatto
di non essere ordinaria, ma di riuscire a…a zigzagare fra le regole del mondo, dando sempre un po’ di originalità. ≈ E questa è una cosa che mi piace perché comunque le persone
poi mi prendono p.. per pazza, per una.. sclerata fuori dal comune… o senò l’altro ca… ₪
perché c’è anche la, la parte d’al di là, mi credono una suorina casa-scuola e≥… e chiesa,
ovviamente. Mah.. però non mi conoscono ta… e coro ovviamente, perché.. viva il mio
coro!... Coro giovanissime della parrocchia di Tione di Trento ☺ .. facciamo un po’ di pubblicità… e≥ però non è vero, perché… non c’è solo nero, e non c’è solo bianco, c’è anche
una.. tutta una serie di gradazioni di grigio in mezzo… però il grigio a me non piace, quindi
facciamo tutta una serie di colori che ci sono in mezzo e io sono un… un… tutta una serie di
questi colori, perché.. a volte≥ c’è la parte di me casa, chiesa e scuola, tutta ordinaria, ma
c’è anche la parte fuori dal comune che comunque.. si abbina molto bene alla parte casa,
chiesa e scuola, perché.. dopo ventitrè anni di lotte interiori così, siamo riusciti a≥ a… fare
unire bene queste due anime che ci sono in me. Il mio moroso però sta apprezzando questa
cosa, perché da una parte continua a dirmi di smetterla di fare la buona, perchè≥ mi sto
guadagnando solo un posto in paradiso. Dall’altra parte mi dice che sono adorabile,
perchè≥ con me chi può non andare d’accordo? cioè tutti vanno d’accordo con me, perché
alla fine riesco sempre a conciliare le cose. Sono un tipo come direbbe… il nostro caro professore del quale abbiam fatto oggi.. il.. l’esame, direbbe che sono una moderatrice all’interno del gruppo. ☺ perché io cerco di prendere un po’ di buono da una parte e un un po’
di buono dall’altra, ma senza fare come i politici del giorno d’oggi che cambiano bandiera
come cambiano le mutande… io non cambio bandiera, io ho una bandiera mia, nella quale
cerco di vedere il buono e il brutto delle cose. Sono 7 minuti e 34 secondi che parlo e non
mi sembra vero, perché… è la prima volta che parlo così tanto, così… come… se… ☺ e forse
ce n’era bisogno. Grazie alla persona che mi ha fatto fare questa cosa, perché ogni tanto si
ha bisogno di parlare con se stessi, perché si parla sempre con gli altri ma alla fine non si
dice mai veramente quello che si pensa… o… intanto vengono fuori di quelle boiate che
dici: “ l’ho pensato veramente io? ” però ☺ insomma, va tutto bene… Ecco, va tutto bene,
ma delle frasi che sto dicendo di più, per autoconvincermi, penso… perchè≥… a parte questa musica or… orripilante [ poco distante due ragazzini ascoltano una musica dal
telefonino ] che non ascoltavo neanche quando avevo… cinque denti in più ☺ o sedici del
giudizio, ☺ qui, che sono quattro del resto. E≥… no mi devo autoconvincere che va tutto
bene perché comunque le cose da fare sono tante e il tempo a mia disposizione è poco, perchè comunque sono una persona che quando gli.. si .. chiede di prendersi un impegno.. accumula, e≥… e quindi insomma, sono un po’ infognata, però≥ ce la si può fare. Comunque
vada sarà un successo diceva Chiambretti.. mi sembra.. a.. al Festival di Sanremo di qualche decennio fa. Festival di Sanremo, cazzarola! Inizia anche quest’anno è una piaga eh!
Perché comunque ce lo propinano in tutte le salse, in tutti i modi; prima, durante e soprattutto dopo, perché dopo fan tutte le critiche e dopo ti dicono: “ eh ma perché il prossimo
conduttore sarà… ” e si sa un anno prima chi lo conduce, le vallette e ci rompono le scatole
per un anno, nell’attesa di un Festival di Sanremo che sia migliore di quelli prima, ma che
alla fine non è migliore di quelli prima, perchè ormai è ro-ba vec-chia, VECCHIA! ☺ Perchè Sanremo è Sanremo! taratattatarà
Registrazione n°8 ( R8 )
XIII
Nome – Michela
Età – 23
Professione - Studentessa
Provincia di residenza – Trento
R. effettuata a – Bressanone (BZ)
Data – gennaio 2008
Durata – 8’ 53’’
Allora lunedí mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei per andare a far tirocinio,
perché io devo far tirocinio.. a un quarto alle 8 il lunedì mattina devo essere a Chiusa. Son
partita, da Fiera faccio il passo, l’avevo fatto venerdì e dici… il passo è riaperto venerdì, tre
giorni di bello è riaperto anche il lunedì mattina! No perché non avevo calcolato che la domenica c’erano state le raffiche di vento e… c’era… 6 met… la neve avevan chiuso anche gli
impianti, c’era neve dappertutto. No a parte, guardare il cartello non esiste. Parto, vado, arrivo su in cima, 20 minuti andare su ta ta ta, arrivo in cima al passo vedo neve per terra.
Boh! Va bé! Ho detto “magari… sono scesi dall’albergo han portato neve”… va bé ho detto
“vado” di punto fatto vado in giù, faccio… 5 metri ≈ faccio 5 metri e mi tro… non c’è più la
strada. Come non c’è più la strada? Chiusa!... prendo il telefono chiamo al mio moroso
“amore non c’è più la strada” ☺ “co.. come non c’è più la strada?” “no, non c’è più la strada” C’eran 6 metri di neve in strada; torna in giù, torna indietro, vai in giù, se dovevo fare il
giro da Ora.. ci mettevo 2 ore, a Chiusa non arrivavo più, anche perché avevo 1 ora e mezzo
di tirocinio e potevo anche stare a casa. Per fortuna era aperto l’altro passo, vai su, vai giù a
Bolzano, arrivo a Chiusa, fai tirocinio… cotta! Tra l’altro.. era divertente, abbiamo fatto il
gioco dello sceriffo. Il gioco dello sceriffo praticamente ti metti tutti i bambini in cerchio,
c’è il maestro in mezzo che fa lo sceriffo, che è diventato lo sceriffo la volta prima, che deve
praticamente sparare a un bambino… quel bambino si abbassa e gli altri due si devono sparare, l’ultimo che spara viene eliminato. Così fino alla fine, poi alla fine praticamente, e≥
devono fare il… il duello finale; c’è il duello finale, si devono mettere schiena contro schiena, conti 10 passi, ti giri, e il primo che si gira e spara e l’altro è morto e vince. Ieri ho vinto
io e sono diventata il nuovo sceriffo… e allora adesso i bambini mi chiamano sceriffo. Perchè prima mi chiamavano Little Hut… perché e.. praticamente il primo giorno mi hanno
chiesto qual è il mio soprannome, il mio soprannome è capannina. Allora il maestro l’ha
tradotto, siccome faccio il tirocinio con il maestro di inglese, ha tradotto in inglese “noi ti
chiameremo Little Hut” Allora invece adesso sono lo sceriffo. ≈+ Poi sono arrivata a casa
e ho dovuto studiare per questo esame simpatico, e il pomeriggio sono arrivata qua e c’erano i miei bambini del tirocinio con la ( nomina una prof. dell’università ) ≈ Ah con la prof.
☺ e.. e allora la prof mi ha chiesto se andavo con loro ma ho dovuto dire di no, “prof perché
ho da studiare per il suo… esame”… e allora… ☺ ho detto no. Va bene, vado a studiare, poi
c’erano i miei bambini preferiti ≈++ [ i.d.i. ] Ah, quest’estate spero di laurearmi a luglio,
non so se ce la farò, penso di no, non lo so andrò a rompere un po’ il prof. e.. e ☺ tipo in
questi giorni che non ci sono esami e ₪ anzi, quasi quasi vado a dirglielo. Ehm≥ allora
quest’estate andrò e… mi laureo a luglio, ad agosto non faccio niente, anzi il mio moroso
vuole che faccio il trasloco perché vuole andare a vivere ☺ insieme. E≥ però devo ancora
dirlo alla mamma, anche perché devo andare in un appartamento che abbiamo noi… però
devo ancora dirlo a mia mamma, perché è il mio, quindi sarebbe il mio, c’è mio fratello che
si è mollato con la morosa ☺ però ha deciso di rimanere comunque a vivere da solo, e allora non si può. Poi poretto, adesso si è anche spaccato i legamenti [ i.d.i. ] Progetti per
l’estate, andare in vacanza, fare una vacanza, le ferie de.. della laurea ☺ ₪ mi laureo, o
senò starò a casa con il mio bambino. Cioè.. non ho programmi, boh non lo so, và dove ti
porta il cuore oh… em≥ … e poi passerò, spero di passare un’estate bella come quella scorsa
XIV
e≥ e niente ≈ e poi si, e.. perchè è stata bella, perché è stata bella, perchè ero tranquilla,
perchè≥ ho passato l’estate con la mia amica di tanti anni fa che c’eravamo perse e adesso è
diventata mamma di una bellissima bambina che adesso ha 1 anno e… 2 mesi. Ho passato
tutta l’estate con la.. piccola.. e con la sua mamma e.. e adesso è incinta un’altra volta. ☺ e
ha 1 anno in più di me ☺ e gli ho detto “tu sei matta”… e non era programmato questo, il
primo si, il secondo no. Allora.. spero di passare un’altra bella estate, poi vado.. al mare, sicuro al mare. Si, là a Palos, caldo, sole [ i.d.i. ] No, guar… sai dove voglio andare? A Santo
Domingo, adesso ti spiego anche perché… no ti spiego… perché dovevo andare quest’estate
scorsa.. con la mia mamma e il mio papà, mi hanno detto “vieni in ferie con noi, perché un
amico del mio papà c’ha la casa a Santo Domingo… vieni anche tu”… l’idea ho detto “va bene vado anch’io”, poi ho detto “ma, sono a casa 10 giorni da sola ☺” e io non sono più abituata a stare a casa con i miei, perché≥… non sono più abituata a tornare a cas…. a dirgli
ogni volta che vado fuori dalla porta a dirgli dove vado, non sono più abituata a mangiare
quando voglion loro ma mangio quando ho fame, se ho voglia di arrivare a casa e mettermi
sul divano sdraiata e invece arrivan loro a dirmi “fai qualcosa di concreto” dimmi cosa fare
perché io non so cosa fare, io adesso dormo ☺ qua non arrivano le mie coinquiline a dirmi
“Miki alzati”, no, se ho voglia di dormire dormo e non son più abituata. E allora… anche
per quello che… prima me ne vado di casa, dopo che mi laureo e meglio è. E allora ho detto
no, sto a casa da sola, però ₪ insomma visto che c’è la possibilità di questo amico che mi
impresta le chiavi di casa [ i.d.i. ] no, non sono mai stata, tranne alcune.. niente… no..
non più di tanto [ i.d.i. ] ah no, tanto chi lo sa! ☺ è da otto mesi, quindi. Non c’è problema, è da maggio che… ☺ quindi… ₪ poi no, te li passano voglio dire, se posso andare in un
posto così… magari incontro anche Jack Sparron nel Mar dei Caraibi… e ma mi hanno detto che non c’è ☺ speravo io. Difatti quando mi hanno detto, mio fratello mi ha detto che…
questo tipo ha la casa ma non sulla costa del Mar dei Caraibi dall’altra, ho detto “beh non
incontro neanche Capitan Jack Sparron, Johnny Depp posso anche starmene a casa”
[ i.d.i. ] ma si, con la zattera non lo so, io volevo Johnny Depp urlando “blum” non è che
mi dispiaceva. E allora ho detto “va bé dai” però mi piacerebbe tornarci insomma… oppure fare un’altra vacanza con la.. mia amica Mara, non sarebbe male; siamo state in Croazia:
un degenero. Ci siamo stradivertite: partite con la mia macchina, con la Yaris.. io.. guidavo,
l’altra co-pilota con la ( vm slam ? ) non sapevamo neanche non aveva.. non avevamo una
casa, non avevamo niente, partite alle 4 di mattina da casa mia co’ sta Yaris.. vai giù, a un
certo punto gli dicevo “da che parte?” e lei “di là” e a un bivio dimmi “destra sinistra!” e
allora la vedevi Pam! Legnate in testa.. per capire che quella era la destra perchè era il segno della croce. Mi diceva “destra!” “eh grazie!” ☺ Insomma siamo arrivate.. la mia Michelin guidava ( porage ? ) in Croazia a 6 ore, io con la Yaris ci ho messo 6 ore con due
pause da mezzora l’una. Siamo arrivate… va’ a cercare una casa, allora gli ho detto ”Mara
adesso dobbiamo trovare un’agenzia”… cartello “Agenzia” a 50 metri. Arriva giù, parcheggia, vai dentro: “e noi volevamo una casa≥ … per la settimana” e fanno “da due?” “eh si”… e
“ho questa, questa e questa” no mi fanno, io “qual è la più vicina al mare?” “questa”,
“quant’è?” “27 euro al giorno” “bon! Promosso.” Tempo 10 minuti noi eravamo in casa,
tranquille, ci siamo fatte una settimana… da fuoco, poi tre giorni di brutto a dormire.. in
giro la sera. Tra l’altro a settembre non c’è in giro un cane, quattro vecchi… e≥ però ce le
siamo godute le vacanze.. mille foto, filmini, la Mara che canta “auimbà wè” ☺ sul cellulare ce l’ho, da morir dal ridere… e poi siam tornate dai.
Registrazione n°9 ( R9 )
Nome – Angelina
Età – 68
XV
Professione - Pensionata
Provincia di residenza – Caserta
R. effettuata a – Pignataro Maggiore (CE)
Data – 2007
Durata – 14’ 26’’
Allora nel 1964 sono≥… espatriata dall’Italia, mi sono recata in Isvizzera. Ho lasciato la
mia bambina di 7 mesi alla nonna paterna… il mio dolore era immenso. Sono arrivata in
quella terra così fredda, non capivo la lingua.. ho trovato molti disagi. Ho frequentato gente della Sicilia, della Calabria, insomma molte persone e≥.. e di tutto posso dire, di tutta
l’Europa… E≥ .. tante volte non trovavo cose belle. Andavo nelle fabbriche, facevo i turni di
notte e anche lì avevo tanta paura di ritornare a casa da sola. Perchè si finiva di lavorare a
mezzanotte. Io e le mie amiche ci mettevamo in un cantuccio così, aspettando il treno…
mah mano mano, mano mano ho≥.. ho imparato un po’ la lingua tedesca… mi sono messa
a vendere in un negozio, facevo la commessa. Anche lì ho conosciuto tanti stranieri… ma≥
mi sentivo sempre triste, perché pensavo sempre alla mia bambina che stava in Italia… Dopo 7 anni mi è nata la seconda figlia, è nata in Isvizzera e la tenevo con me ≈ la portai in
mano a una famiglia≥ leccese … quando la mia bambina tornava, questo mi ha colpito molto, quando la mia bambina l’andavo a prendere la sera… gli tro… trovavo segnato la faccia
con le dita.. perché la schiaffeggiavano. La mia bambina mangiava così poco, io la mattina
quando la portavo, gli portavo tanto di quella roba.. e≥ questa donna aveva un bambino
che aveva l’età della mia bambina, mi lasciava la mia bambina digiuna per far mangiare il
figlio ≈ me ne ritornavo a casa sempre piena di lacrime, ma io piangevo veramente perché
una figlia l’avevo in Italia.. e non la potevo portare in Isvizzera perché eravamo≥ stagionali
≈ Dopo 3 anni ₪ no dopo 5 anni siamo diventati annuali, ma purtroppo mio marito non
voleva portare la mia bambina in Isvizzera. Per non dare dispiacere a sua mamma, perché
sua mamma si era tanto attaccata alla mia bambina.. che mio marito preferiva vedere soffrire me anziché vedere soffrire la mamma… e quando la mia bambina veniva in Isvizzera
al primo posto doveva stare mia suocera.. veniva prima mia suocera davanti e poi la mia
bambina dietro… Stavano con me all’incirca 3 mesi e dopo se ne ritornavano in Italia… La
seconda bambina poi, passando da un… da una famiglia all’altra, chi buona chi male, poi
finalmente trovai una famiglia svizzera, veramente che me l’accudivano bene questa bambina. ≈ ₪ che lo.. li chiamava finanche mammà e papà, mammi e pappi li chiamava. Me
l’hanno tenuta così bene, e così incominciavo≥ a sentirmi un po’ felice perché vedevo che
la mia bambina era felice in quella casa. Quindi le pene andarono man mano svanendo..
ma poi≥ dopo un po’ di tempo… è successa qualche altra cosa molto grave.. nella mia famiglia ≈+ ecco, mio marito, buonanima, conobbe un’altra donna.. una donna spagnola.
Ecco, sono incominciate le pene d’inferno; io amavo tanto mio marito ≈ lo amavo talmente che soffrivo dalla gelosia. Lui usciva di sera e.. e si andava a incontrare con quella, ma io
facevo la det… detective. Mi mettevo le parrucche, mi mettevo gli occhiali neri per seguire
mio marito… Dopo 3 anni ho scoperto che la sua amante lavorava proprio di fronte casa
mia, e me lo disse una signora leccese che abitava vicino a casa mia. Disse: “signora lei non
sa niente, sono 3 anni che suo marito ci ha un’amante.” E≥.. e ci ha dicias… ci ha 17 anni,
quindi 10 anni più giovane di me ≈ questa storia è durata per… e.. 10 anni. Io volevo ritornarmene in Italia, ho fatto finanche le valigie quando l’ho saputo, ma mio marito diceva:
“no quella è stata solo una scappatella, una scappatella” ma non è stato vero. Un giorno…
₪ mentre stavo a casa, nevicava tanto, e mio marito ha detto: “sentimi Angelina io a
mezzogiorno non vengo a mangiare a casa, me ne sto.. ₪ dentro alla barracca con i miei
amici, mangio lì perché fa freddo.” E io ricordo che avevo una febbre altissima… Verso le
10 su.. squilla il telefono.. alché andai a rispondere e mi telefonò quella bella donna. Mi..
XVI
dicendomi: “sentimi un po’ non aspettare tuo marito a mezzogiorno perché viene a mangiare a casa mia”… non so dire com’ero triste. Con tutta la febbre mi sono incappucciata,
perché nevicava, e mi sono recata a.. vic.. a vic.. vicino a casa di quella donna che era una
fermata di tram dalla mia casa alla casa di quella donna. D’un tratto io avevo l’ombrello in
testa, mio marito non se n’è accorto di niente, ha suonato il campanello, quella donna è
uscita, l’ha baciato, se ne sono entrati dentro… Io≥ non sapevo cosa fare, se suonare il
campanello non suonare il campanello; mi sono decisa, ho suonato il campanello.. questa
donna è uscita e mi ha detto: “cosa vuoi qui?” ho detto io: “no.. non cerco mica te, cerco
mio marito” “tuo marito non è qui, entra in casa, parliamo in casa” ho detto io: “nooo io
non entro in casa tua.. senò mi sporco le scarpe”… “entra entra vogliam parl… voglio
parlare con te, entra” “noo” ho detto fa.. “ti do un minuto di tempo, se non esce mio marito
chiamo la polizia.” Alché mio marito è uscito e mi ha chiesto che cosa facevo lì; gli ho risposto: “cosa ci fai tu qui” mentre ho girato la testa, quella donna mi ha colpito con una sbarra
di ferro.. e io sono svenuta sul marciapiede.. in mezzo alla neve. Non capivo più niente.
Quando mi so.. mi sono rinvenuta ho visto che si era fermato il tram che volev… che voleva≥ chiamare l’autoambulanza. E allora mio marito, sentivo le parole di mio marito, “no no
andate tutti via io conosco questa donna, non vi preoccupate non è niente.” E io≥ quando
mi sono alzata ho detto a quelle donne che abitavano nella casa con quella donna, ho detto:
“sentite, mi fate la cortesia? Venite da≥ al commiss.. da.. la polizia criminale insieme con
me?” stavano venendo, ma quella donna li ha trattenuti, perché quella era l’unica mia speranza di mandarla via.. da.. dalla Svizzera. Comunque sono andata.. alla polizia e mio marito mi ha raggiunto, ha detto.. vicino al commissariato: “io… mi vengo a dichiarare che da
questa sera in poi io non dormo più con mia moglie.” E≥ il capo della polizia che ci
conosceva, stavano a abitare vicino dove abitavo io, ha detto: “Signor C………. non pensa
che la fa… la facc… la fa franca così ma noi andremo avanti.” “Comunque io sono venuto a
dire che non abito più con mia moglie da questa sera” E’ andato a casa si ha preso tutti i
vestiti.. e se n’è andato. Io ho telefonato al fratello dicendogli: “Graziano vedi che tu.. tuo
ma.. fratello se n’è andato via di casa” ≈ “se n’è andato via di casa.” Così il fratello e la moglie alla sera mi hanno portato a dormire a casa lor… a casa sua. E’ passata… son passati 15
giorni e abbiamo dovuto andare a rispondere dal giudice ≈ la sera precedente che dov…
che dovevamo andare dal giudice per far la causa.. e venne mio fratello… ma io, no non me
l’hanno fatto vedere a me, ha suonato il campanello.. dicendo che io dovevo partire ₪ per
l’Italia con lui… ma non mi hanno detto niente. Alchè siamo andati a fare la causa e il giudice mi diceva, diceva a mio marito: “signor C………. ma perché ha fatto questo a sua moglie? Ma forse sua moglie lo tradisce?” “no, non sia mai!” “ma è pulita in casa?” “si signor
giudice, mia moglie è molto pulita, anzi mi fa togliere le scarpe quando entro in casa.”
“ma.. lavora?” “si lavora, su questo lavora, mi porta pane in casa” “alla bambina la tratta
bene?” “eh signor giudice, qualche schiaffo glielo dà” però il giudice gli ha risposto: “embè
per educarla qualche schiaffo ci vuole.” Comunque gli ha dato la sentenza che lui do≥ doveva venire una volta al mese a casa mia, mi doveva telefonare prima.. di arrivare a casa per
vedere la bambina. Se la doveva portare per un’ora fuori e dopo io gliela dovevo portare
fuori alla porta. E così uscendo dal giudice… mia cognata che stava vicino a me ha detto:
“senti… un dolore ce l’hai adesso e un altro te lo do… tu ci hai tua mamma morta in mezzo
alla casa” ≈ io rimasi così≥… scioccata, non capivo più niente e quella mi scuoteva, diceva: “ma l’hai capito quello che ti ho detto?” Comunque sono arrivata a casa, piangevo
perché me l’ha ripetuto un’altra volta, piangevo disperatamente: “accompagnatemi in Italia, accompagnatemi in Italia perché c’è.. ci ho mamma morta.” Nessuno ha voluto farmi
partire perché avevo delle percosse.. ah.. stavo tutta livida in faccia e mio cognato ha detto:
“io non ho il coraggio di metterti nel treno per farti partire per l’Italia.” .. dopo di ciò mio
marito è venuto a casa, ha detto: “ti manca qualche cosa?” ho detto: “no, non mi manca
niente.” Anzi gli ho fatto questa proposta, dico: “senti il giudice ha detto che tu mi devi avvertire prima di venire a casa, ti dico non mi avvertire, vieni a qualsiasi ora, non aspettare
XVII
neanche un mese, vieni a mezzanotte, l’una, le due… per vedere tua moglie che donna è..
vieni non aspettare come ha detto il giudice.” Comunque lui veniva più delle volte la sera
e.. mi voleva tenere.. non lo posso dire, come un’amante. Ma io non glielo consentivo.
“sono stata tua moglie e adesso.. hh.. mi sento di essere una signorina libera, a me non mi
devi toccare. Vieni quando.. vedi tua figlia, ti posso offrire anche un caffé però stattene a
casa con quella donna.” A me piangeva il cuore perché mio marito lo facevo andare sempre
elegante… pulito e quando lo vedevo.. quando usciva dalla casa di quella donna… tutto il
pantalone macchiato di unto. E questo non… non era mai esistito in casa mia. E più di una
volta lui veniva e dice: “ fammi tornare a casa.. no.. con quella non ci sto più.” Allora io prima di fare il passo andavo a consiglio da mio cognato: “posso fare? Lui ha detto che vuole
tornare” ma il fratello diceva “non farlo ritornare, perché lui ci ha questa tendenza, non
farlo ritornare a casa che lui continua ancora.” Una bella sera sono tornata a casa e ho visto≥ tutta la sua roba da.. fuori al.. nel mio corridoio, lì per terra e lui seduto come un
pezzente. Ho avuto compassione e l’ho fatto entrare dentro… Sono passati quindici giorni,
lui faceva finta di non uscire… ma dopo quindici giorni lui è uscito, io ho telefonato subito
al fratello, ho detto: “senti adesso è uscito.” Gli hanno fatto la spia e ha messo di nuovo
quella donna nella macchina ≈ e se.. se ne andavano a spasso. Io non potevo fare più
niente perché la legge dopo diceva “ma tu ci prendi in giro? Prima vieni qui.. perché.. per
separarti da tuo marito e dopo te lo.. lo riprendi in casa. Che stiamo facendo dei giochi
qua?” Ma le mie lacrime≥ scottavano quando mi scendevano sul viso, piangevo tanto.
Tuttavia non è… non lo.. non riuscivo ad odiarlo. E un giorno poi è ritornato a casa… e perché a me portav… io mettevo le spie, e quando glielo dicevo: “tu ieri sera sei stato lì, hai
fatto questo, hai fatto quello, hai fatto quello..” Lui per la rabbia prese il libretto dei risparmi, lo voleva incendiare… Ha detto: “dimmi adesso chi è questo che ti porta le spie” non
gliel.. gliel’ho voluto dire. Lui ha preso.. un… un cavo elettrico me l’ha avvolto da.. intorno
alla gola perché voleva strangolarmi. Io so.. stavo sul divano, io sono stata molto sveglia, gli
ho dato un calcio nella pancia e l’ho sbattuto vicino alla finestra, ho preso la bottiglia di
vetro, ho detto: “adesso ti ammazzo, stai lontano da me.” Lui ha avuto paura, ha abbassato
la testa e se n’è uscito… Poi lui ci.. si calmava, si calmava un po’ alla volta, però a quella
donna non la lasciava mai. Tutti i sabati mi portava insieme con un’altra famiglia a≥ a.. in
Francia ai Quattro Cantoni; facevamo il picnic così.. però come arrivavano le 7 di sera lui
doveva scattare perché quella donna l’aspettava… Mi divertivo quella mezza giornata, ma
subito si oscurava il mio cuore pensando che dovevo tornare a casa.. e mio marito si faceva
anche vedere quando si faceva il bagno… si improfumava dappertutto… nelle parti intime,
si faceva vedere a me. E io piangevo, piangevo; una volta ha detto lui: “non te ne accorgi
che ti tengo come≥.. una scopa? che non.. che non.. ti tengo come una scopa davanti che
non è più≥.. da usare.” Lui se n’è uscito e dico la verità mi sono in.. inginocchiata a terra e
ho imprecato contro di lui. Ho detto: “speriamo che il Signore mi ha mangiare la tua pensione.” E me ne sono pentita dopo, perché dopo un mese mio marito è morto.
Registrazione n°10 ( R10 )
Nome – Maria
Età – 60
Professione - Pensionata
Provincia di residenza – Caserta
R. effettuata a – Pignataro Maggiore (CE)
Data – Luglio 2008
Durata – 6’ 21’’
XVIII
Un giorno è arrivata una zia.. che≥ suo fratello era caduto. E mi interpellò co… come
nipote. Dice io sono vecchia ho ottant’anni e non posso più≥ fare la servitù. Dice: “Maria
vedi di provvedere tu, interpella le altre nipote e vedi se volete prendere a sto’ zio Giorgio”
che aveva alle soglie dei novant’anni. E così ho interpellato le mie… le mie cugine.. e chi ha
detto di si e chi ha detto di no. E siamo rimaste in sette a fargli la servitù… Lo≥.. di mattina
si andava, si faceva fare la colazione.. hh.. si puliva, si vestiva e l’accompagnavamo in piazza… Poi a mezzogiorno gli portavamo da mangiare, poi di sera lo andavamo a mettere a letto. E lui era tutto felice e contento. Per me aveva sempre un debole veramente e le cugine a
volte erano pure gelose… Un bel giorno, aveva una bella casetta, e≥.. gli dissi: “zio Giorgio
che facciamo co’ sta casetta? Che poi dopo ci danno fastidio gli altri nipoti che non hanno
voluto fare la servitù.” Dice: “allora Maria dimmi come devo fare.” E gli feci fare una carta
privata dove mi dava sta casa come servitù. Però.. e.. lui era contento, era felice e l’abbiamo
fatto per otto anni. E poi è venuto a mancare ₪ il 14 febbraio. Adesso ci ho sta casetta intestata.. e.. lo so che non è solo la mia, e lo ₪ l’ho registrata, adesso la metto, la so messa ij
vendita e poi del ricavato dividiamo tutte le nipote. E così stiamo tutte belle tranquille. E
questo mi è successo ≈+ [ i.d.i. ] Ah però.. era.. era uno zio che si poteva tenere perchè
era arzillo, era≥.. era.. hh.. non si era mai sposato, era un signorino. E lui gli piaceva vestirsi, cambiarsi, andare in piazza, prendersi il caffé, e≥.. era tutto contento perché.. eh.. tutto
che, stavamo tutti intorno a farci la servitù. ≈+ [ i.d.i. ] ah è stata una cosa troppo bella,
perché tutto Pignataro veramente aveva riconosciuto quello che noi avevamo fatto e abbiamo fatto. Perché dice, ci sono i genitori e non gli vogliono, non vogl… fare, non gli fanno
della servitù, anzi… pure se tengono soldi, case, terreni gli mandano all’ospizio, perché vogliono essere libere, vogliono uscire, vogliono andare in ferie. Invece noi sia… facevamo ‘na
giornata per ciascuno e tutte erano contente di fargli sta servitù, nessuno mai è venuto a
mancare. Poi se uno aveva dei problemi, allora soccorrevamo≥, chi era≥ … facevamo ‘na
giornata in più, facevamo ‘na nottata in più e la cosa più bella che≥ disse ‘na mia cugina,
disse: “guarda Maria che zio Giorgio muore nelle tue mani” e dice.. perché tu sei più capace. Dopo otto.. dopo otto anni così è andata a finire. E’ stato due tre giorni veramente che
non… non si alzava più, non.. non tanto si sentiva. E≥ .. un giorno non era neanche la mia
giornata, dissi adesso mi prendo il lavoro a uncinetto e vado da zio Giorgio… gli faccio un
poco di compagnia e mi metto a lavorare. Ma lui stava bene perché so andata di mattina,
ho fatto ‘na bella zuppa di latte e≥ e stava bene. E.. e di pomeriggio sono andata verso le
due e lui stava a letto tutto fresco e per bene, e dissi: “zio Giorgio vuoi qualcosa di fresco?
Nu’ yogurt nu’ succo di frutta?” dice “no, non voglio niente sto bene” e mi so’ messa a rassettare un poco e aveva dei panni: n’asciugamano, dei calzini e li stavo lavando. A un tr… a
un bel ₪ stavo in mezzo al cortile e dice, e mi ha chiamato, dice: “Maria” dico: “zio Giò
cosa vuoi? Sto stendendo i panni” dice: “vieni qua, io hh mi credevo che te ne eri andata”
dicetti: “no sono venuta per farti un poco compagnia” e ho visto zio Giorgio che aveva cambiato espressione… e dissi: “zio Giò che è successo?” dice: “no, niente” e mi so’ messa seduta vicino al letto e≥ mano mano vedevo zio Giorgio che hh… perdeva conoscenza. E≥ ho
chiamato: “zio Giorgio, zio Giorgio che è successo?” l’ho abbracciato e l’ho sollevato sui cuscini ≈ nel giro di pochi attimi l’ho chiamato e non… non mi ha risposto più, mi son trovata sola io e zio Giorgio. E poi≥ ho chiamato na’, nu’ signore che passava, dice: “vammi a
chiamare mio cugino che zio Giorgio non sta bene.” Ma infatti lui già era morto e me lo
son dovuto lavare, cambiare, vestire e poi siamo≥ sono accorsi tutti i miei nipoti. E in tutti i
modi… si è avverato quello che avevano detto, che zio Giorgio mor.. moriva quando ci stavo
io, perché loro avevano paura. E questa è la mia storia che ₪ che mi è successa. E poi… a
parte che non so’ neanche la nipote diretta, sono la moglie di un suo nipote che.. è pure deceduto. Io gliel’ho fatto con tutto il cuore perché era.. era come un ragazzino, era… si poteva tenere, era un vecchietto proprio a modo. Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato
scostumato. Lo lamava… lo lavavamo come un bambino proprio e lui si faceva fare tutto. E
XIX
questa è stata una bella esperienza, mi sento contenta, mi sento soddisfatta perché ho fatto
del bene.
Registrazione n°11 ( R11 )
Nome – Lina
Età – 60
Professione - Pensionata
Provincia di residenza – Caserta
R. effettuata a – Pignataro Maggiore (CE)
Data – Luglio 2008
Durata – 4’ 55’’
Ho conosciuto mio marito quando avevo ventidue anni ≈ siamo stati fidanzati due anni e
tutto andava bene, felici e contenti. Poi un giorno ha conosciuto un’altra ragazza e se n’è
andato… se n’è andato. Io sono andato appresso e l’ho visto… l’ho visto che prendeva una
ragazza in macchina. Da allora sono passati due anni, non ci siamo più visti ≈ poi… ci siamo rincontrati, ci siamo risposati. Dopo due anni ci siamo sposati… dopo due anni ci siamo
sposati, è andato tutto bene. Però mio marito è un tipo che non mi ha fatto ma≥i mai mai
andare ☺ a fare delle gite… delle gite… delle passeggiate. E’ un tipo molto≥ riservato, dipinge tutto il giorno, gli piace dipingere i quadri; io ho lavorato in 3M, lui maresciallo dell’Aeronautica però abbiamo avuto due bei figli: uno oggi è professore di lettere, l’altro è professore di musica, sono due ragazzi che.. che non mi hanno dato mai modo di dire… “attenti, studiate!” sono due ragazzi a modo. L’unica pecca dei miei figli che non si trovano
con nessuna donna… non si trovano con nessuna donna, sono un poco sfortunati nel campo amoroso. Però.. sono ragazzi a modo ed io li terrei per me fino all’ultimo giorno della
mia vita. Purtroppo la vita non dura in eterno e io ogni giorno gli dico: “dovete trovare la
compagna della vostra vita.” E ogni giorno i miei figli: “Ma’ fatti i fatti tuoi!... fatti i fatti
tuoi” Io≥ … sono una signora che ho sempre lavorato, sempre da.. adesso sono anziana, accudisco mio padre che ha otta.. no.. ottantacinque anni e un.. fino a due anni fa ho accudito
mia suocera… che purtroppo è andata via dopo un anno di .. letto. Adesso.. accudisco mio
padre fino alla fine e… questa è la nostra vita, non abbiamo niente di… nuovo da raccontare
niente di bello. Ci divertiamo andando a vedere qualche serata di liscio, qualche passeggiata, mangiare un gelato e così trascorre la nostra vita. Mi piace tanto vedere la televisione,
seguo molte puntate, anche con≥ … i≥.. lamenti di mio marito e dei miei figli, però è l’unica
nostra soddisfazione, vedere.. telenovele, vedere film e così passano le nostre giornate e serate. Adesso è venuto il gran≥ il gran desiderio a mio figlio di aprire un negozio.. ed io la
mattina, pomeriggio sto in negozio e sto tutto il giorno affaccendata. Questo ci voleva per
un certo limite… però… adesso la mia vita si svolge nel negozio. Faccio la commessa a tempo pieno, andiamo fuori a fare le spese, così ci divertiamo… e lavoriamo. E non.. non facciamo avvilire i nostri figli che purtroppo dovrebbero lavorare e loro… e loro si divertono.
Facciamo anche que… li facciamo divertire perché sono giovani, noi al tempo nostro volevamo tanto divertirci ma non c’era né modo e né tempo. Si doveva lavorare, non c’erano
soldi e≥.. e adesso cerchiamo di dare ai figli, come fino ad oggi, di dare tutto quello che non
abbiamo avuto noi. La vita comunque.. è an.. è andata avanti si è≥ si è≥ hh.. emancipati e
noi.. guardiamo quello che fanno loro, siamo soddisfatti e.. purtroppo loro devono seguire
la loro vita. Un.. un mio figlio va’ fuori… a insegnare, ades… è stato tre anni fuori≥ … è
stato tre anni fuori≥ … della bassa Italia dall’alta Italia e l’altro sta≥.. insegna chitarra, vengono i bambini a casa e≥ la nostra vita si svolge guardando i figli, seguendoli e≥ aspettiamo
il giorno che il Signore ci chiama con grande soddisfazione di quello che abbiamo fatto.
XX
INDICE
PREMESSA
pg. 2
CAPITOLO I
1. METODOLOGIA E STRUMENTI
1.1.1
1.1.2
1.1.3
Descrizione esperimento ( luoghi – tempi – strumenti – contesto )
Caratteristica dei parlanti: le variabili
Convenzioni di trascrizione
pg. 5
pg. 8
pg. 10
2. ANALISI DEGLI STRUMENTI
1.2.3
1.2.4
Analisi degli strumenti e delle modalità di raccolta dati
Analisi del contesto extralinguistico
pg. 15
pg. 16
CAPITOLO II
1. IL PARLATO
2.1.1 Tratti caratteristici del parlato
2.1.2 Parlato colloquiale come varietà dell’italiano neo-standard
2.1.3 Il parlato colloquiale come varietà diamesica
pg. 18
pg. 21
pg. 24
2. IL MONOLOGO
2.2.1 Testualità e organizzazione del discorso
2.2.2 Costruzione degli enunciati ( dislocazioni – frasi scisse - segnali discorsivi
– deittici )
2.2.3 Altre particolarità riscontrate
pg. 26
pg. 31
pg. 47
3. LA GRAMMATICA DEL PARLATO
2.3.1
Possibile una grammatica del parlato?
pg. 58
CAPITOLO III
1. ANALISI QUANTITATIVA
3.1.1 Durata e lunghezza delle registrazioni
pg. 60
3.1.3
3.1.3
3.1.5
3.1.6
Tabella dei termini ricorrenti ( pause, connettivi, segnali discorsivi )
Tabella delle frequenze dei deittici
Tabella dei Forestierismi e dei termini “di moda”
Tabella di frequenza del dittico pausa-i.d.i.
pg. 63
pg. 66
pg. 67
pg. 68
2. CONCLUSIONI
3.2.1 In conclusione
pg. 69
BIBLIOGRAFIA
pg. 71
ALLEGATI
pg. 74
-2-
DICHIARAZIONE
Il Sottoscritto Natale Giuseppe dichiara sotto la propria responsabilità ai sensi
dell’articolo del D.P.R. 445/2000 di aver elaborato la presente tesi autonomamente. I pensieri e le formulazioni riprese da fonti non proprie sono debitamente evidenziati.
Il presente lavoro, in forma uguale o simile, non è stato fino ad ora presentato ad
altra commissione d’esame nonché pubblicato.
Sono consapevole delle conseguenze legali che una falsa dichiarazione può comportare.
DATA
…………………………….
Firma dello studente
5